GPII 1984 Insegnamenti - Al Centro ortodosso - Chambésy (Svizzera)

Al Centro ortodosso - Chambésy (Svizzera)

Titolo: Le speranza di dividere l'unica Eucaristia si fonda sul dialogo

Testo:

Eminenza, cari fratelli in Cristo.

L'incontro tra fratelli nel nome del Signore Gesù è sempre fonte di gioia. La vostra accoglienza così fraterna accresce la gioia che provo nel trovarmi in mezzo a voi. Vi ringrazio di tutto cuore.

In questi giorni che seguono la festa di Pentecoste, che quest'anno i cattolici e gli ortodossi celebrano nella stessa domenica, la nostra meditazione si concentra sulla venuta dello Spirito Santo e sulle opere straordinarie che egli realizza in mezzo agli uomini. così si presenta a noi la visione della prima comunità cristiana ricolmata dello Spirito Santo: "Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere" (Ac 2,42). Gli apostoli e i primi discepoli avevano atteso la venuta dello Spirito "tutti assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, Madre di Gesù e con i fratelli di lui" (Ac 1,14). Per questo, nell'attesa della comunione completa delle nostre Chiese, noi non cessiamo di sperare questo dono supplicando colui che realizza l'unità: "Il Consolatore, lo Spirito di verità, presente dappertutto e che tutto riempie".

Questo Centro ortodosso del Patriarcato ecumenico, attraverso le sue diverse attività, assicura un servizio fraterno a favore di tutte le Chiese ortodosse e favorisce una migliore conoscenza tra l'Oriente e l'Occidente. Questa conoscenza reciproca è ancora da approfondire e da purificare da qualsiasi pregiudizio o giudizio errato, perché la verità ci renda liberi. A tal fine, per preparare una nuova generazione, formata nel dialogo e attraverso il dialogo, si tengono qui regolarmente dei colloqui. Io auguro che siano benedetti dal Signore e portino frutto.

Attraverso di voi, saluto anche tutte le Chiese ortodosse che hanno qui il loro segretariato per la preparazione del loro "grande e santo Concilio". Nella sua fase di preparazione come nelle fasi di realizzazione e di applicazione, l'esperienza conciliare è feconda per la vita della Chiesa e per la sua missione.

In profonda comunione con voi, auguro che la preparazione del vostro Concilio si svolga nelle migliori condizioni possibili, che esso vi porti una ricca esperienza e possa rispondere alle necessità delle Chiese ortodosse, nelle diverse situazioni in cui esse vivono e rendono testimonianza a Cristo morto e risuscitato per la salvezza di tutti gli uomini, mediante l'annuncio dell'immutabile parola di Dio.

Il Concilio Vaticano II ha dato un contributo decisivo alla ricerca della piena unità dei cristiani poiché il rinnovamento delle Chiese è intimamente legato alla grande causa dell'unità. Mi ricordo l'aula conciliare. La presenza degli osservatori delegati dalle altre Chiese, comprese quelle ortodosse, esprimeva da se stessa la triste realtà delle nostre divisioni, ma testimoniava anche il profondo desiderio comune di ritrovare la piena unità. Ed era fonte di vera gioia, talvolta persino di entusiasmo. Ognuno sa anche quanto la riflessione dei padri conciliari abbia beneficiato della presenza degli osservatori delegati.

Prego per la prosperità delle Chiese ortodosse, ricche di tradizioni teologiche, spirituali e canoniche, che provengono dal patrimonio comune della Chiesa primitiva e che sono state vivificate in ogni tempo dalla presenza ininterrotta dei santi, uomini e donne, che hanno dato la loro vita per il servizio a nostro Signore Gesù Cristo.

Finché le nostre Chiese restano attente in ascolto di quello che lo Spirito dice loro oggi, la nostra azione di grazie sale verso il Signore che ci fa avanzare verso la piena unità. Le nostre Chiese sono impegnate attualmente in un dialogo che si esprime sia attraverso lo studio teologico che attraverso i rapporti fraterni sempre più intensi, sia attraverso una reciproca attenzione e uno spirito di solidarietà che non cessano di crescere grazie alla comunione di fede quasi totale che esiste fra di noi. Questo impegno e questi diversi gesti ci permettono di sperare che le difficoltà che restano saranno progressivamente superate e che presto verrà il giorno benedetto in cui potremo condividere lo stesso pane eucaristico e bere allo stesso calice.

Ancora una volta vi ringrazio della vostra accoglienza così cordiale, e da qui vorrei rivolgere ancora il mio saluto caloroso al mio caro fratello, sua santità il patriarca Dimitrios I; conservo nel mio cuore il ricordo prezioso del nostro incontro e spero che il Signore ci concederà di ripeterlo.

Su voi tutti che, in questo Centro, siete al servizio delle Chiese ortodosse, io invoco la benedizione divina. "La grazia del Signore Gesù Cristo, l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi" (2Co 13,13). Amen.

Data: 1984-06-12 Data estesa: Martedi 12 Giugno 1984





Dopo le lodi con i religiosi - Friburgo (Svizzera)

Titolo: Maggiore vitalità degli Istituti rinnovando la vita comunitaria

Testo:

Miei cari religiosi e religiose della Svizzera romanda e di altre regioni della Svizzera. Sia lodato Gesù Cristo!


1. La sua promessa di essere presente quando due o tre discepoli si riuniscono nel suo nome (cfr. Mt 18,20) ci riempie di una letizia spirituale difficile da esprimere. Voi siete venuti molto numerosi. Vi ringrazio vivamente nel nome del Signore.

Insieme abbiamo innalzato lode e intercessione al Padre, per mezzo del suo Figlio, nostro unico mediatore e redentore, sotto l'azione dello Spirito Santo. E ora desidero commentare l'esortazione dell'apostolo Paolo ai cristiani di Efeso, che abbiamo appena ascoltato: "Vi esorto a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto: con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, cercando di conservare l'unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace" (Ep 4,1-2).


2. Le vostre congregazioni e comunità sono preoccupate - lo so bene - per il diradarsi dei candidati alla vita religiosa. Questa constatazione obiettiva, parzialmente spiegabile sulla base di ragioni d'ordine socio-culturale ma anche d'ordine religioso, non è una fatalità, e soprattutto non deve mai portarvi allo scoraggiamento. Un rinnovamento è possibile e, con l'aiuto del Signore, voi siete capaci di fare tutto quanto esso richiede. Gli incoraggiamenti di san Paolo agli Efesini sono precisamente per voi tutti un invito pressante a lasciarvi convincere che una vitalità nuova dei vostri istituti implica tra le altre cose e necessariamente un rinnovamento della vita comunitaria. Il passato ha conosciuto comunità numerose, con i vantaggi, e forse con certe pesantezze, inerenti a questo stile di vita. Oggi queste stesse comunità si sono ridotte di numero sia per l'invecchiamento e la scomparsa dei loro membri e la diminuzione delle nuove leve, sia al tempo stesso per la nascita di numerose fraternità più ristrette, desiderose di adottare forme nuove di presenza al mondo degli uomini (cfr. discorso ai religiosi a San Paolo, 3 luglio 1980). Al momento presente sembra che si dovrebbe trovare o ritrovare un giusto mezzo.

Per avere forza di attrazione, una comunità religiosa dev'essere visibile e viva, composta di persone abbastanza numerose e complementari nei loro doni e nelle loro funzioni; importa anche che sia caratterizzata da un grande spirito di coesione umile e autentico nella ricerca del Signore, nelle gioie e nelle sofferenze apostoliche, e ragionevolmente aperta alle iniziative intelligenti. La gioventù contemporanea non è, come troppo facilmente si dice, chiusa all'appello evangelico. Essa può certo indirizzarsi più spontaneamente verso istituti nuovi; tuttavia è non meno attirata dalle congregazioni antiche che le mostrino un volto vivo e restino fedeli a delle esigenze radicali e adeguatamente presentate. Ne abbiamo la prova da lungo tempo: basta consultare la storia della Chiesa. Si rendono talvolta necessari degli adattamenti, ma quelli eventualmente ispirati al rilassamento, o che ad esso conducono, non possono assolutamente sedurre i giovani, i quali portano nel fondo di loro stessi delle capacità di dono radicale, anche se talvolta queste capacità sembrano esitanti o bloccate.

Questo rinnovamento può essere grandemente favorito da una collaborazione attiva, fiduciosa, intensificata tra le vostre famiglie religiose, specialmente quando esse hanno un medesimo spirito, usanze e scopi affini. Le federazioni, le associazioni e anche le unioni, già prospettate dai papi Pio XI e Pio XII, incoraggiate dal Concilio e dal papa Paolo VI, secondo le indicazioni date dal decreto "Perfectae Caritatis" (PC 22) e dal motu proprio "Ecclesiae Sanctae" (nn. 39, 40 e 41), sempre nel rispetto della libertà delle persone, potranno essere benefiche alla vita della Chiesa e agli Istituti stessi.

In ogni caso, la vita comunitaria non può reggere e progredire senza la rinuncia a se stessa, senza umiltà. E' così che essa porta i suoi frutti, quali la purificazione della sensibilità, la crescente maturità delle persone, lo sviluppo autentico delle qualità umane e spirituali. In un mondo diviso, nel quale spesso trionfano gli interessi particolari, gli egoismi individuali e collettivi, il disprezzo della persona e dei suoi diritti, il Vangelo può essere reso credibile dalla testimonianza di vere comunità religiose riunite dallo Spirito Santo e che vivono una reale fraternità, costituendo così per il mondo un segno potente di speranza.


3. Desidero ancora sottolineare quanto il rinnovamento della vita comunitaria religiosa trovi la sua sorgente e il suo dinamismo nell'Eucaristia, "sacramento d'amore, segno d'unità, vincolo di carità" (SC 47).

L'Eucaristia sarà la via sicura della comunione, cioè dell'unione e dell'unità con Dio nel Cristo, la via sicura della comunione di tutti, gli uni con gli altri, nell'amore fraterno. L'Eucaristia farà della comunità "un solo corpo e un solo spirito" (Ep 4,4). L'Eucaristia permette a ciascun membro e a tutta la comunità di realizzare progressivamente la sua Pasqua, il suo passaggio da un'esistenza più o meno impregnata di egoismo o di debolezza a una vita più donata a Dio e agli altri. Cari religiosi e religiose, date sempre la priorità alla celebrazione quotidiana dell'Eucaristia, che si tratti del tempo riservato alla celebrazione o della dignità, del raccoglimento e della viva partecipazione che devono caratterizzare ogni celebrazione eucaristica ed edificare coloro che vi prendono parte occasionalmente. Una comunità religiosa dà testimonianza della sua autenticità, del suo fervore, anzitutto dal modo in cui celebra, venera e riceve il corpo e il sangue del Signore.

Questa realtà che sta al centro della vostra vita non può minimizzare o supplire ad altri momenti e ad altre forme di contatto con Dio, che sono esercizi di respirazione spirituale assolutamente indispensabili alla vita di ogni religioso e di ogni religiosa. Noi tutti sappiamo che le insufficienze respiratorie sono dannose alla salute fisica e talvolta disastrose. Aiutatevi a vicenda nel salvaguardare o nel rimettere in onore l'Ufficio delle ore, l'orazione personale, la lettura delle Scritture dei padri, l'adorazione eucaristica, la pietà mariana conforme agli insegnamenti del magistero, il ritiro mensile, la pratica regolare e fervorosa del sacramento della Riconciliazione, generatore di una ripresa del cammino della conversione. Questi modi di accostarsi al Signore siano ordinati con equilibrio in ogni famiglia religiosa.

Per quelli e quelle di voi che sono impegnati, sotto la guida dei vescovi, in diverse attività apostoliche, l'Eucaristia, ma anche gli altri esercizi spirituali, sono la sorgente di una gioiosa fedeltà al Signore e di una dedizione secondo il suo Spirito, fedeltà e dedizione che ispirano e vivificano la pastorale sia essa parrocchiale, sanitaria, sociale, scolastica.

E voi, cari religiosi e religiose che vi dedicate alla vita contemplativa, attingete all'Eucaristia e alle altre forme di preghiera comunitaria o individuale in uso nei vostri monasteri il segreto del vostro irradiamento silenzioso presso i partecipanti ai ritiri o i visitatori di passaggio. Il segreto della vostra felicità sia di aver tutto abbandonato per il Signore e di compiere la vostra missione spirituale, in nome della Chiesa, per un'umanità che si lascia tutta assorbire da compiti assillanti, da preoccupazioni incombenti; e anche dal miraggio dei beni terreni.

Voi, fratelli e sorelle che l'età o la malattia hanno costretto a rinunciare alle vostre generose attività apostoliche sia nel vostro Paese sia in terra di missione, e che sentite, almeno in certi giorni, qualche sentimento d'inutilità, siate condotti, dall'Eucaristia e in ogni momento di preghiera, ad approfondire e a vivere la misteriosa fecondità dell'oblazione di Cristo, lui che ha conosciuto l'immobilità della croce.

Si, l'Eucaristia modelli le vostre persone, consacrate fondamentalmente dal Battesimo e più tardi dai voti religiosi, sul mistero del Cristo Gesù radicalmente disponibile a Dio suo Padre e totalmente donato a tutti i suoi fratelli, specialmente i più poveri!


4. Cari religiosi e religiose di tutta la Svizzera, abbiate coraggio e fiducia, riprendendo coscienza della grandezza e dell'importanza della vostra vocazione religiosa, per voi stessi, per la Chiesa d'oggi, e anche per la società contemporanea! Nell'esortazione apostolica "Redemptionis Donum" che ho avuto a cuore di pubblicare al termine del recente Anno Santo, ho voluto rileggere e meditare con i religiosi e le religiose del mondo intero le parole stesse di Gesù riguardanti la vocazione, tra le quali le seguenti sono per lo meno sconvolgenti: "Allora Gesù, fissatolo, lo amo" (Mc 10,21) e gli disse: "Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi" (Mt 19,21). Lo sguardo e la chiamata di Gesù si posano sempre "su una persona determinata". E' un "amore di elezione" che riveste un "carattere nuziale". L'amore di Cristo "abbraccia la persona intera, anima e corpo, sia uomo o sia donna, nel suo unico e irripetibile "io" personale" (cfr. "Redemptionis Donum", 3).

Rispondendo personalmente e liberamente a Gesù di Nazaret, il Redentore del mondo, voi avete consentito ad abbandonare un programma di vita centrato sull'"avere" per impegnarvi sui sentieri stretti e magnifici dell'"essere".

Auspico ardentemente e chiedo al Signore che ciascuno e ciascuna di voi scopra lo splendore e l'attualità della sua professione religiosa.

Nella sua umile realizzazione quotidiana, essa può e deve essere profetica, nel senso che può e deve mostrare agli uomini e alle donne di questo tempo ciò che costruisce secondo verità la persona umana, grazie alla ricerca, al discernimento, all'acquisizione, allo sviluppo di convinzioni e modi di essere che trascendono le variazioni del tempo e dei costumi. La vostra vocazione, al pari della vocazione cristiana ma ad un livello molto più risoluto, è escatologica.

Essa dovrebbe aiutare il mondo a uscire dalle sabbie mobili in cui imprigionano il consumismo e un certo numero di anti valori.

Si, il mondo contemporaneo, e particolarmente i giovani, dovrebbero scoprire, attraverso le vostre comunità e il loro stile di vita, il valore di una vita povera al servizio dei poveri, il valore di una vita liberamente impegnata nel celibato per consacrarsi a Cristo e con lui amare specialmente quelli che sono male amati, il valore di una vita in cui l'obbedienza e la comunità fraterna contestano con discrezione gli eccessi di un'indipendenza spesso capricciosa e sterile. "Che questa testimonianza diventi dappertutto presente e universalmente leggibile. Che l'uomo del nostro tempo, spiritualmente stanco, trovi in essa un sostegno e una speranza. "Possa il mondo del nostro tempo... ricevere la buona novella non da evangelizzatori tristi e scoraggiati, ma da ministri del Vangelo la cui vita irradi fervore, che abbiano per primi ricevuto in loro la gioia di Cristo"" ("Redemptionis Donum", 16, con citazione dalla EN 80).

Venuto in mezzo a voi come il servitore dell'unità e della verità, prego Dio, che è "luce", "amore" e "vita", di suscitare un nuovo soffio evangelico nelle vostre comunità e nelle vostre fraternità. Affido alla Vergine Maria, modello di vita consacrata, il fervore e la perseveranza di ciascuno di voi. La mia preghiera vi accompagni sempre. Abbiate anche la bontà di accompagnare il mio servizio apostolico con il vostro sostegno spirituale.

Nel nome del Signore, benedico di tutto cuore le vostre persone, i vostri Istituti, i vostri monasteri e il vostro servizio del Vangelo.

Data: 1984-06-13 Data estesa: Mercoledi 13 Giugno 1984




All'università - Friburgo (Svizzera)

Titolo: La scienza è libera se si lascia determinare dalla verità

Signor rettore, signore e signori membri del corpo insegnante o rappresentanti della cultura, signori rappresentanti del governo di Friburgo e della Confederazione, cari fratelli nell'episcopato, cari studenti, e voi tutti, amici di questa università.


1. Ringrazio di cuore il signor rettore per le sue calorose parole di benvenuto e per il delicato ricordo dei legami tra l'università di Friburgo e la Polonia, la mia patria. Provo certamente una gioia molto profonda in questo contatto con la comunità universitaria di Friburgo, il cui irradiamento si estende ben oltre questo Paese. Mi piace sottolineare anzitutto l'originalità della vostra università. Essa mi sembra riflettere il genio politico della Svizzera, fatto di ponderazione, di manifesta attenzione alle tradizioni religiose e culturali di ogni cantone e all'autonomia delle sue autorità costituite. Infatti, l'università di Friburgo è allo stesso tempo università di Stato e università dei cattolici svizzeri. Per questo si può ammirare il suo rispetto del pluralismo e la sua fedeltà all'eredità della civiltà cristiana. Felicitazioni a tutti per il vostro contributo tendente a fare della vostra università un luogo di dialogo tra le scienze e la fede, tra le tradizioni culturali dell'umanità, un luogo dove si sanno accogliere i rappresentanti degli altri centri universitari, un luogo di fruttuosa collaborazione tra i professori delle diverse facoltà di teologia della Svizzera.

In questo incontro amichevole, mi preme intrattenervi sulle scienze e sulla cultura, sulla crisi che esse attraversano e sulle vie per superarla.


2. La cultura moderna, caratterizzata dal sorprendente progresso delle scienze e delle loro applicazioni, conosce una crisi profonda. Ma sarebbe insufficiente fermarsi a denunciarne la diagnosi, pessimista o nostalgica di un passato finito.

Sopra ogni cosa importa ritrovare e affermare i principi di ogni autentica cultura, che permetteranno all'umanità di fare un'opera veramente costruttiva. La nostra epoca, e quelle che l'hanno preceduta, hanno creduto troppo facilmente che le conquiste scientifiche e tecniche sarebbero state l'equivalente, o per lo meno il garante, del progresso umano, generatore di liberazione e di felicità. Oggi, numerosi scienziati, e con essi un numero crescente di nostri contemporanei, si rendono conto che la sconsiderata trasformazione del mondo rischia di compromettere gravemente gli equilibri complessi e delicati della natura, e sono angosciati per quelle realizzazioni tecniche suscettibili di diventare terrificanti strumenti di distruzione e di morte, nonché per altre recenti scoperte, gravide di minacce di manipolazione e di asservimento dell'uomo. Per questo alcuni spiriti sono tentati di gettare il discredito sulla grande avventura moderna della scienza in quanto tale. D'altra parte, scienziati sempre più numerosi sono consapevoli della loro responsabilità umana e sono convinti che non ci può essere scienza senza coscienza. Questa riflessione fondamentale e un'acquisizione positiva e incoraggiante della nostra epoca che misura meglio i limiti dell'ideologia scientista, che ci si guarderà bene dall'identificare con la scienza stessa.


3. E' in questo contesto che appare la responsabilità e la grandezza della vostra missione di intellettuali cristiani. Voi dovete essere sempre più consapevoli del dono fatto dal Creatore all'uomo, dotandolo della ragione. E' da Dio fondamento di ogni verità e prima origine di ogni senso che viene l'incoercibile aspirazione della ragione umana alla verità. La ragione è capace di conoscere la verità e di trovare in essa quasi la sua perfezione. L'intellettuale che riflette sul senso della sua missione comprende che l'anima di questa missione è l'amore della verità al di sopra di tutto. Il suo atteggiamento fondamentale non può essere che la ricerca e l'accoglienza del vero. Occorre molta forza d'animo, di libertà interiore, d'indipendenza nei riguardi delle mentalità e delle mode dominanti, di lealtà e di umiltà. Ma la più grande gioia degli intellettuali, al termine delle loro ardue ricerche, è il "gaudium de veritate" di cui sant'Agostino parlava con entusiasmo.

Certo, non posso dimenticare gli interrogativi senza risposta e le penose angosce di molti spiriti alla ricerca sincera della verità. Anche le loro sofferenze testimoniano la grandezza e la nobiltà della vocazione intellettuale, e pure esse costituiscono una forma di servizio alla verità. Se la scienza è opera della ragione, non è dunque diffidando di essa che si supererà la crisi della cultura contemporanea. Al contrario, bisogna avere fiducia nell'immenso sforzo scientifico degli uomini: le loro crescenti scoperte sono un arricchimento del patrimonio delle verità e, per questo, corrispondono al disegno del Creatore.

Tuttavia gli uomini di scienza, legittimamente fieri delle applicazioni tecniche del loro sapere, veglieranno a non identificare questi risultati con la suprema finalità della scienza. Questa sarebbe allora ridotta a un semplice strumento di dominazione della natura. Gli scienziati devono convincersi sempre che le verità scoperte hanno anzitutto valore in se stesse.


4. Inoltre, la procedura dello scienziato obbedisce a un metodo rigoroso. E' nella natura delle scienze ottenere risultati precisi ma limitati, tanto che le scienze da sole non sono capaci di rispondere alle domande fondamentali che sorgono dalle loro scoperte. La scienza non è in grado di rispondere alla domanda del proprio significato. E la crisi odierna è in gran parte una crisi dell'ideologia scientista che persiste nell'affermare l'autosufficienza del progetto scientifico, come se da se stesso potesse soddisfare tutte le domande essenziali che l'uomo si pone, e affrontare la cultura come una realizzazione dell'uomo nella totalità del suo essere. La presa di coscienza dei limiti della scienza è una grande occasione offerta al nostro tempo. Infatti, essa orienta verso uno dei compiti maggiori della cultura: quello dell'integrazione del sapere, nel senso di una sintesi nella quale l'insieme impressionante delle conoscenze scientifiche troverebbe il suo significato nel quadro di una visione integrale dell'uomo e dell'universo, dell'"ordo rerum". Sono consapevole delle difficoltà di una tale impresa, in un tempo in cui molti spiriti sono tentati di rassegnarsi all'evidenza del sapere o, al contrario, a delle sintesi affrettate e fragili. Ma l'università di oggi può e deve essere il luogo privilegiato del confronto dei metodi impiegati e dei risultati ottenuti nei molteplici settori della ricerca. Un tale confronto è indispensabile per gettare le basi di un umanesimo integrale, radicalmente differente dalla giustapposizione artificiale delle conoscenze particellari sull'uomo, il quale ha bisogno d'essere compreso nella sua unità e nella sua dimensione trascendente.


5. A questo punto vorrei soffermarmi sul compito che deriva da questa integrazione della filosofia e in particolare modo dell'ontologia. Dalla sua fondazione l'università di Friburgo è diventata famosa grazie a molti metafisici. Vorrei brevemente ricordare quanto ho detto in occasione del centenario della nascita di Albert Einstein. I conflitti che una volta potevano determinarsi in quanto le istanze religiose esercitavano un influsso sullo sviluppo della conoscenza scientifica, non derivano dalla natura dell'intelletto e della fede e adesso sono superati. Se dovessero ripresentarsi, bisogna stabilire un dialogo che sia libero dal giudizio delle passioni esterne e pronto a difendersi con efficacia dalle pressioni di un'opinione pubblica informata soltanto superficialmente e che beneficia ben poco della portata dei problemi scientifici, innanzitutto per chiarire i quesiti che nascono e per trovare una possibile convergenza della verità. Tra le conseguenze della scienza non dovrebbe esserci quindi alcun conflitto fra l'opera dell'intelletto e le affermazioni della fede. Naturalmente la teologia che si occupa in modo scientifico dell'"intellectus fidei", della "comprensione della fede", nell'ambito di un'università come la vostra può e deve dare un contributo sostanziale e decisivo per la menzionata integrazione del sapere. La cultura del giorno d'oggi, caratterizzata dal raggruppamento delle singole scienze, che debbono essere raccolte in una vitale e significativa unità, ha bisogno di questa sapienza, che è nata dal pensiero greco e si è approfondita alla luce del Vangelo. Quando la scienza conduce alla verità più alta e cerca di giudicare da quassù gli altri campi dell'essere, allora tale scienza diventa sapienza. Quando questa ordina tutte le cose alla luce dei principi più alti, essa dà alle singole conoscenze la loro ben articolata unità e il loro vero significato. perciò la sapienza è un'autentica creatrice di cultura e solo attraverso di essa il ricercatore sviluppa una personalità veramente spirituale.

Io desidererei che l'università di Friburgo produca e formi tali scienziati, di cui il nostro tempo, caratterizzato dalla scienza e dal suo impiego, ha tanto bisogno.


6. Da quanto fin qui detto nasce un'ultima riflessione. Essa riguarda la libertà.

Un luogo importante della scienza e della cultura deve allo stesso modo essere un luogo importante della libertà. A causa del suo radicamento nello spirito e nella ragione, questa libertà non deve essere intesa come una forza sregolata e arbitraria. L'uomo è libero quando è in grado di decidere secondo l'unità di misura dei valori e delle mete più alte. Ricorderete certamente le vigorose parole del Vangelo: "La verità vi farà liberi" (Jn 8,32). L'uomo che trova la verità scopre allo stesso modo i fondamenti della sua perfezione e della sua autonomia.

Da una tale riflessione è facile comprendere che la scienza è veramente libera soltanto quando si lascia determinare dalla verità. perciò l'impegno scientifico non dovrebbe dipendere da mete immediate, da esigenze sociali o da interessi economici.

La libertà della ricerca è un bene fondamentale al quale la comunità universitaria mira giustamente e scrupolosamente. Esclusivamente guidato dalle rigide regole del suo metodo e da un retto uso del proprio sapere, lo scienziato, nella sua ricerca, respinge tutti i fattori, che vorrebbero influenzarlo dall'esterno, vale a dire che non fanno parte dell'oggetto della sua ricerca.

Affinché quindi il suo agire sia veramente credibile, lo scienziato deve rispettare d'altra parte con il suo lavoro quelle richieste che derivano soprattutto dalla vera logica della scienza. Io menziono qui la fedeltà a quella verità, che deve essere ricercata, una ferma autodisciplina e libertà da interessi egoistici, la disponibilità al lavoro comune, che porta a confrontare i risultati delle proprie ricerche con quelli dei colleghi e in tal modo a metterli perfino in discussione, quando questi vengono vagliati con competenza.

E quando si tratta di ricerca teologica, la menzionata fedeltà porta con sé come oggetto di ricerca soprattutto la fedeltà a quella verità che viene da Dio e che è affidata alla custodia della Chiesa. Vorrei qui affermare con gioia che un numero crescente di uomini di cultura e di ricercatori ad alto livello e con una visione particolarmente chiara delle esigenze di questo mondo, sono sempre più consapevoli della propria responsabilità etica nei confronti della convivenza politica e umana come pure - se sono cristiani - nei confronti della comunità ecclesiale.

Così la libertà rende lo scienziato aperto e pronto alla verità e la verità, che egli comprende e annunzia, crea a sua volta la sua libertà. Mantenere questo libero accesso alla verità, è compito della responsabilità dello scienziato e della grandezza della sua missione.


7. Possano queste mie parole incoraggiare tutti i membri della famiglia universitaria di Friburgo e gli ospiti che sono qui presenti oggi negli impegni che di volta in volta debbono affrontare, e riempirli di fiducia! Questo è il mio augurio sincero per voi tutti, ma soprattutto per gli studenti. E perché? Perché già oggi, e domani ancor più, vi toccherà contribuire alla civilizzazione dei secoli che si vedono all'orizzonte. In campo locale, nazionale e internazionale dovrete preoccuparvi che la persona umana trovi sicurezza e sviluppo in tutti i campi della propria esistenza.

Ringrazio ancora una volta tutti voi molto cordialmente per l'amichevole accoglienza che mi avete riservato e raccomando ognuno e tutti voi con i vostri compiti a Dio, il Signore della storia.

Data: 1984-06-13 Data estesa: Mercoledi 13 Giugno 1984




Ai professori di teologia - Friburgo (Svizzera)

Titolo: La testimonianza oggi esige una rinnovata intelligenza di Dio

Testo:

Signori professori.


1. Dopo aver incontrato l'insieme dei rappresentanti del mondo universitario di questo Paese, sono felice di poter dedicare un momento a voi, professori delle tre facoltà di teologia cattolica di Coira, Lucerna e Friburgo. Ricordo con piacere di essere stato vostro invitato, alcuni anni fa, nell'università in cui siamo di nuovo riuniti.

Avendo esercitato per molto tempo il vostro compito, ho ascoltato con interesse e simpatia il presidente della Commissione teologica della Conferenza episcopale svizzera e i vostri decani presentare la situazione, il funzionamento e le preoccupazioni delle vostre istituzioni. Essendo il tempo contato, permettetemi d'entrare "media in res" e di proporre alcune riflessioni sulla specifica attività del teologo e, più brevemente, sulla formazione dei futuri sacerdoti.


2. Il compito del teologo lo pone sulla soglia del mistero di Dio. così l'azione della grazia lo anima e la contemplazione lo ispira, mentre lo sforzo dell'intelligenza si estende per aprire all'uomo il senso della speranza. Perché Dio si rivela, si fa conoscere; Dio ama l'uomo e il mondo, si dona per essere amato. Il Verbo, luce vera, illumina ogni uomo; egli ha dato il potere di diventare figli di Dio (cfr. Jn 1,9 Jn 1,12). La presenza di Dio noi la scopriamo mediante la fede e l'amore che lo Spirito mette nei nostri cuori con il dinamismo della speranza (cfr. Rm 5,5). L'incontro e la conoscenza del Dio d'amore che si rivela, appartiene ai teologi di favorirne l'intelligenza per i credenti, di farne scoprire la bellezza a ogni uomo che cerca la sorgente e il senso della sua vita.

La parola di Dio ci è data come espressione degli avvenimenti fondatori nella storia della salvezza di cui ne svela il senso; essa esprime il disegno di Dio rivelato all'uomo: la Chiesa non cessa di trasmettere il suo messaggio. Tra coloro che ricevono la Scrittura come un dono senza misura, uniti alla Chiesa che la porta e che la presenta nella Tradizione, voi avete la missione di scrutarne l'inesauribile ricchezza, per aiutare i vostri fratelli a trovare in essa "la via, la verità e la vita", ossia ad avanzare verso Cristo stesso (cfr. Jn 14,6). Servo della verità di Dio, il teologo partecipa, nella Chiesa, al grande atto di tradizione che continua attraverso la storia. Rispondendo oggi all'invito di Pietro, tra i suoi fratelli e davanti al mondo, egli "risponde della speranza che è in lui" (cfr. 1P 3,15).

Il teologo ode anche i molteplici appelli del mondo, di questo mondo inquieto e mobile in cui viviamo. Incerto sul suo avvenire, l'uomo contemporaneo brancola; spesso non discerne più chiaramente il senso della sua storia, né i criteri del suo comportamento. Di fronte al fatto religioso, egli s'interroga con una crescente esigenza critica. La fede dei credenti è messa alla prova. Più che mai a servizio dei suoi fratelli, il teologo partecipa alla "pedagogia fidei": egli chiarisce i problemi, nuovi o antichi, aprendo lo sguardo alla luce di Dio.

La sua opera consiste meno nel prolungare indefinitamente l'estensione del campo d'indagine, che a situare i problemi parziali nella loro reale prospettiva intorno al centro della fede. Oggi, la vita spirituale, l'azione e la testimonianza dei cristiani hanno bisogno d'essere sostenute da una rinnovata intelligenza del mistero di Dio, di Cristo e della Chiesa, prima di poter affrontare in modo pertinente i molteplici interrogativi della prassi.

Un campo in cui la collaborazione dei teologi è particolarmente importante, voi lo sapete, è il lavoro svolto in favore dell'unità dei cristiani: è bene che ciascuno vi contribuisca nella verità, chiaramente consapevole della propria identità ecclesiale e portatore del suo patrimonio dottrinale, morale, liturgico e, nello stesso tempo, aperto, rispettoso dell'identità altrui.


3. La teologia si pone a un livello scientifico; essa può trovare un credito duraturo solo per il rigore della sua ricerca. Questa esigenza conduce all'incontro di tutte le indagini che noi designiamo globalmente sotto il titolo di "scienze umane": un insieme di metodi e di scoperte sulla storia, il linguaggio, la società, la psicologia. Esprimendo oggi il messaggio cristiano, la teologia ricorre a quello che le apportano queste scienze dell'uomo, e ciò è utile per rispondere ai problemi contemporanei e per far udire la parola su nuovi terreni.

Tuttavia, la funzione critica della teologia si deve esercitare qui: si tratta di operare un attento discernimento. Le correnti di pensiero, le tecniche investigative non devono avere il sopravvento sul messaggio. Nessun linguaggio può diventare normativo per se stesso, perché Dio non può lasciarsi chiudere in un sistema di pensiero chiuso e il discorso su Dio non può essere assimilato ad alcun altro discorso. La parola di Dio precede la nostra e nessuna generazione ne esaurirà mai la portata. L'oggetto del discorso teologico è il Dio vivente e personale: la rivelazione ci dona l'intelligenza della sua realtà e della sua opera, ma non è affatto in nostro potere dominarle quando le cogliamo. La teologia conosce i suoi limiti, perché è consapevole della grandezza di ciò che tratta.

L'equilibrio del discorso teologico e il rigore stesso della sua ricerca sarebbero compromessi se gli strumenti di pensiero oggi disponibili non fossero confrontati lucidamente con quelli che hanno contribuito alle elaborazioni precedenti. E' necessario pertanto conoscere e praticare quello che il patrimonio filosofico apporta all'esercizio della ragione. Perché sia fedele a se stessa, la teologia ha bisogno che si domini bene l'insieme delle discipline che le sono utili, con una lucida attenzione al carattere specifico del loro apporto.

Se si integra nella vita intellettuale della nostra epoca, l'atto del teologo entra pure nella continuità della tradizione vivente, e si pone sulla traiettoria che traccia la parola di Dio lungo la storia.


4. L'esercizio della sua missione vincola strettamente il teologo a tutto quanto accade nella Chiesa. Per il popolo di Dio egli spiega le Sacre Scritture e interpreta la tradizione in unità con l'insegnamento. Il suo compito si riferisce all'insegnamento, senza pero fondersi con questo. Ascoltiamo qui soprattutto il Concilio Vaticano II, che nella costituzione sulla rivelazione divina dice: "E' chiaro dunque che la sacra tradizione, la Sacra Scrittura e il magistero della Chiesa, per sapientissima disposizione di Dio, sono tra loro talmente connessi e congiunti che non possono indipendentemente sussistere, e che tutti insieme, ciascuno secondo il proprio modo, sotto l'azione di un solo Spirito Santo, contribuiscono efficacemente alla salvezza delle anime" (DV 10). Il Concilio esprime qui una regola fondamentale di metodo della teologia: essa si fonda su tutto ciò che è stato affidato alla Chiesa sul bene della fede tramandata ("depositum fidei") e sulle decisioni, che l'insegnamento della Chiesa ha preso nel corso della storia.

Queste diverse funzioni si completano alla luce della grazia dello Spirito Santo. Il Papa e i vescovi in unità con lui hanno per primi il compito di annunciare la fede e di affermare l'autenticità delle sue forme di espressione. In forza del loro ministero episcopale essi confermano la missione del teologo e hanno nei suoi confronti una funzione regolatrice. Con un dialogo fraterno e attraverso incontri aperti e pieni di fiducia, dovrebbe essere possibile imparare a comprendere meglio i problemi e le eventuali necessità dell'una e dell'altra parte. In questo spirito di fiduciosa unione sono venuto oggi fra voi.

Una tale reciproca solidarietà è tanto più necessaria, quanto più i compiti del teologo sono difficili e rischiosi. Egli deve fra l'altro studiare anche i problemi controversi; questo è il suo dovere. Poiché pero egli non agisce a sua propria discrezione, né sta al servizio di un singolo gruppo, egli non è chiamato a giudicare, ma ad una leale collaborazione con coloro che, grazie al loro ufficio, hanno il compito dell'unità per tutti; egli deve anche poter accettare che non può risolvere al suo livello di conoscenza tutti i problemi che gli si presentano.

Un lavoro così impegnativo secondo le severe regole della scienza deve essere accompagnato dall'umile atteggiamento di un discepolo di Dio; deve derivare dall'adesione interiore al fatto che libertà della ricerca non significa piena autonomia, ma è diretta al suo obiettivo e deve servire il popolo di Dio.

Attraverso uno più grande di noi, attraverso Cristo, ci è stata trasmessa la responsabilità della "pedagogia fidei", dell'educazione alla fede; perciò dobbiamo occuparci soprattutto dei "deboli" e dei "poveri". Si raggiungeranno perciò i maggiori risultati nella ricerca quando, nell'ambito di una scuola di teologia o di un Paese, questi vengano esaminati da altri studiosi, prima di presentarli all'opinione pubblica. Bisogna quindi agire in modo da non confondere quei fedeli, che sono meno istruiti nei problemi della fede, quando si espongono ufficialmente delle tesi non riconosciute e talvolta non ancora mature senza la necessaria differenziazione.


5. So che il vostro non è un compito facile. Esige da voi un disinteresse tanto maggiore, quanto più passione mettete nel vostro impegno. Siate perciò consapevoli che la materia della vostra ricerca e del vostro insegnamento è la rivelazione di Dio per la salvezza dell'uomo. Fondamento del vostro impegno è quello di essere, conformemente alla vostra attività, discepoli di Cristo, nostro Signore e Salvatore, riceverete la luce decisiva per il vostro cammino nella preghiera, nella meditazione del mistero di Cristo. Li troverete la vera sapienza. Quando nella fede ci si lascia catturare da Cristo, si scopre che servire lui, l'unico Maestro, può essere la fonte della gioia più profonda. Quando ci si lascia condurre dallo Spirito dell'amore, si scopre la felicità dell'autentica libertà (cfr. 2Co 3,17).

Vi sono stati fatti molti doni spirituali. Secondo la misura di questi doni siete chiamati ad essere i testimoni di Cristo in questo mondo, dove molti uomini cercano la luce nella fede, dove tanti fratelli e sorelle sono stati chiamati perfino alla testimonianza decisiva, il martirio.


6. Come testimoni della fede della Chiesa avete una responsabilità particolare, in quanto siete stati incaricati dai vescovi della Svizzera, di prendervi cura della formazione teologica dei candidati al sacerdozio nelle vostre diocesi. Voi esercitate in tal modo per la Chiesa un servizio di prim'ordine. Sapete che ciò sta molto a cuore anche a me; infatti penso a tutti quei Paesi, nei quali questi seminaristi saranno inviati domani e che attendono il loro servizio.

Voi istruite questi giovani uomini a leggere la Sacra Scrittura con profitto, a scoprire le ricchezze della tradizione e a sviluppare una comprensione critica per i problemi dell'umanità. E' un vantaggio che il livello superiore di questi studi permetta ai giovani di rafforzare la loro capacità di giudizio e che assimilino metodi scientifici sicuri mentre si impratichiscono nella ricerca teologica.

Nelle vostre facoltà i seminaristi condividono la loro formazione teologica con altri studenti che non si propongono di diventare sacerdoti. ciò dà agli uni come agli altri la possibilità di distinguere il ruolo particolare del sacerdozio istituito da Cristo, dai diversi servizi che i laici possono assumere nella Chiesa. E' quindi importante approfondire in modo particolare con gli studenti, l'ecclesiologia del Concilio, come pure la teologia dei sacramenti e del ministero sacerdotale.

Certo sapete anche che non bisogna mischiare completamente questi due metodi formativi. A motivo del loro particolare impegno, al quale i seminaristi si preparano e della loro prossima missione nel presbiterio della loro diocesi, devono vivere negli anni della loro preparazione all'ordinazione sacerdotale in un clima sacerdotale. Hanno bisogno di un accompagnamento spirituale indipendente in un seminario dove la preghiera, la vita liturgica e la riflessione sul sacerdozio abbiano largo spazio. Un tale istituto, nel quale essi vivano dall'inizio dei loro studi, favorisce la loro unione con il vescovo e i sacerdoti della diocesi. E' perfino auspicabile che essi facciano una tale esperienza pastorale, attraverso la quale imparino a conoscere il loro futuro servizio e possano rafforzare la loro risposta alla particolare vocazione sacerdotale.

I loro insegnanti dovrebbero testimoniare che nessuno sceglie da solo di diventare prete, ma che è chiamato, si, che il sacerdozio è uno dei servizi più belli, affidato da Dio e che questa vita consacrata al Signore può portare alla gioia! Possa la testimonianza degli insegnanti di teologia far si che vengano formati dei veri servitori del Vangelo nel ministero sacerdotale della Chiesa.


7. Per concludere vorrei riprendere le parole di san Paolo: "Ognuno ci consideri come ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio. Ora, quanto si richiede agli amministratori è che ognuno risulti fedele" (1Co 4,1-2). Possa Dio concedervi di diventare fedeli nell'adempimento dei compiti fondamentali che la Chiesa vi affida e di servire, uniti nella gioia, l'uomo nello Spirito di Cristo.

Sono felice di questo incontro di oggi con voi e prego il Signore con tutto il cuore di benedirvi.

Data: 1984-06-13 Data estesa: Mercoledi 13 Giugno 1984





GPII 1984 Insegnamenti - Al Centro ortodosso - Chambésy (Svizzera)