GPII 1984 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Sion (Svizzera)

Recita dell'Angelus - Sion (Svizzera)

Titolo: "Rispettate, amate e servite i fratelli di tutte le nazioni

Testo:

Miei cari fratelli e sorelle.


1. Al momento dell'Angelus, in questa domenica della Santa Trinità, sono quasi giunto al termine della mia visita pastorale alla Chiesa che è in Svizzera. E' naturale dunque che pensi al leit-motiv scelto per caratterizzare questo viaggio apostolico: "Aperti allo Spirito di Cristo". La Vergine Maria non è forse il modello per eccellenza dell'apertura del cuore allo Spirito Santo?


2. Secondo una felice tradizione della Chiesa cattolica, l'Angelus ricorda ogni giorno l'aurora della nostra salvezza: l'annuncio a Maria, la sua risposta il suo "fiat" e l'incarnazione del Figlio di Dio nel suo seno. Il suo "fiat" gioioso di Nazaret testimonia la sua libertà interiore, fatta di fiducia e di serenità.

Ella non sapeva come si sarebbe dovuto svolgere il servizio al Signore, né quale sarebbe stata la vita di suo Figlio. Ma, lungi dalla paura e dall'angoscia, ella appariva sovranamente libera e disponibile. Ella agisce già secondo la grazia di Cristo che "ci insegna che il miglior uso della libertà consiste nella carità che si realizza nel dono e nel servizio" (RH 21). "Ecco la serva del Signore". E' la volontà del Signore che sarà la luce della sua vita, la sua pace nella sofferenza e la sua gioia. Con lo stesso cuore ella è serva del Signore e attenta ai suoi fratelli.

Così, mettendosi a servizio dei fratelli, con un'attenzione tutta particolare ai più poveri di essi, l'uomo non solo contribuisce a rendere più ospitale e più giusta la nostra terra, ma riesce a superare le angosce e le paure, derivate dal cattivo uso della libertà. In mezzo a tanti uomini che servono se stessi, invece di servire il loro prossimo, il cristiano contempla in Cristo colui che si è fatto uomo per servire, e in Maria la serva del Signore.


3. La disponibilità di Maria, la sua apertura di cuore, è opera dello Spirito Santo. "Lo Spirito Santo scenderà su di te". Ella ha come "sposato" lo Spirito Santo. Fin dai primi istanti dell'incarnazione, per ispirazione dello Spirito Santo, ella canta al Signore il Magnificat, che esprime lo slancio di un cuore nuovo. In lei si realizza in modo stupendo la profezia di Ezechiele: "Vi daro un cuore nuovo, mettero dentro di voi uno spirito nuovo" (Ez 36,26). Insieme a lei, cari fratelli e sorelle dobbiamo senza posa chiedere allo Spirito Santo un cuore nuovo, la cui trasparenza lasci penetrare la verità che rende liberi e accolga l'amore di Dio per diffonderlo nel mondo, verso tutti gli uomini di cui Dio vuole la salvezza.

Durante i miei numerosi incontri in Svizzera, abbiamo spesso parlato di questa apertura di cuore che permette a ciascuno di rispettare, considerare, amare e servire tutti i fratelli e le sorelle di tutte le nazioni; e di amarli a tal punto da fare qualsiasi cosa perché anch'essi possano beneficiare del Vangelo di Gesù Cristo. Anche in questo caso, Maria è il nostro modello e la nostra madre.

"Al mattino della Pentecoste, ella ha presieduto con la sua preghiera all'inizio dell'evangelizzazione sotto l'azione dello Spirito Santo: sia lei la stella dell'evangelizzazione!" (EN 82).


4. Cari fratelli e sorelle cattolici della Svizzera, questa devozione alla Vergine Maria, tutta orientata verso Cristo, deve avere un posto nella vita di ognuno, per esempio nella preghiera della sera, e, se possibile, in ogni famiglia. E' venuta l'ora, nel momento centrale di questa giornata domenicale, di salutare e di supplicare insieme la santissima Madre. Che ella interceda per i sacerdoti ordinati questa mattina, per tutti i ministri di Cristo e per quelli che si preparano ad esserlo! Per tutti coloro che consacrano radicalmente la loro vita al Signore e alla sua Chiesa! Per tutte le famiglie, perché l'amore di Dio abiti in esse, e possano trasmettere la fede! Per le giovani generazioni! Per coloro che, nell'angoscia, cercano la speranza! Per tutti coloro che operano per una vita più degna dei loro fratelli! Perché tutti i cristiani cerchino l'unità nella verità del Signore! Per gli uomini di buona volontà che cercano il senso della loro vita e la pace per il mondo!

Data: 1984-06-17 Data estesa: Domenica 17 Giugno 1984




Agli immigrati polacchi - Sion (Svizzera)

Titolo: Siano fruttuosi gli sforzi per la giustizia e la solidarietà

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle, miei connazionali, che vivete in terra svizzera!


1. Rivolgendo a voi questo messaggio di fede, di amore e di pace, un messaggio che viene dal cuore, voglio prima di tutto ringraziare Dio perché, nell'ambito della visita alla Chiesa in Svizzera posso incontrarmi con voi e, tramite voi, con tutti i connazionali per i quali, attraverso le diverse vie della Provvidenza, la Svizzera è diventata la seconda patria.

Do il benvenuto e saluto tutti i presenti. Do il benvenuto e saluto con lo stesso affetto ognuno di voi. Voglio mandare, tramite voi, questo mio saluto e la mia benedizione, espressioni d'unione spirituale, a tutti i connazionali che non sono potuti venire a questo incontro. A tutte le generazioni, dalle più giovani alle più anziane. Ai genitori, ai bambini e ai giovani. A coloro che soffrono. A coloro che fanno un lavoro manuale e a quelli che svolgono un lavoro intellettuale. A tutti. Questi saluti e la benedizione li depongo, in un certo qual modo, nelle mani del vostro pastore, monsignor Franic, perché li porti nei luoghi che raggiunge con il suo ministero.


2. Consentitemi oggi, guardandovi e immedesimandomi con tutto ciò che riempie i vostri cuori, di tornare almeno per un momento al passato e di ricordare tutti coloro che vi hanno preceduto, in questa terra, nel destino degli emigrati.

Qui hanno trovato rifugio e appoggio i nostri connazionali nei momenti particolarmente difficili per la Polonia. Arrivavano, diseredati, con il cuore straziato, ma forti nello spirito e pieni di fede nella vittoria del bene e della giustizia, nella risurrezione della patria. A quella vittoria dedicavano le migliori energie e capacità. E anche se gli emigrati polacchi in Svizzera non furono mai numerosi, ciò nonostante costituivano una grande forza morale e, per questo, erano per la patria e per l'Europa un punto di riferimento importante.

Servivano alla conservazione e allo sviluppo dello spirito nazionale e patriottico, recavano aiuto al loro Paese in varie forme. Destavano la coscienza politica del mondo.

Ricordiamone solo alcuni. Tadeusz Kosciuszko, dopo la sconfitta di Maciejowice e il periodo di reclusione, è stato in Svizzera e anche qui si è dimostrato degno della leggenda. E' spirato a Soletta, e là è stato sepolto a Zuchwyll prima che le sue spoglie fossero traslate nella cattedrale di Wawel.

Quest'anno ricorre il 190° anniversario dell'insurrezione di Kosciuszko.

Durante il periodo delle spartizioni della Polonia, hanno vissuto qui diversi illustri polacchi che hanno combattuto per l'indipendenza.

Dopo lo scoppio della Prima guerra mondiale, in Svizzera si è stabilito Henryk Sienkiewicz, il quale, insieme ad Ignacy Paderewski e Antoni Oscuchowski, organizzava e curava diverse iniziative di carità attiva che recavano soccorso alla patria sofferente. Il Comitato di soccorso per le vittime della guerra in Polonia da loro fondato, collaborava con il grande elemosiniere di Cracovia e della Polonia, il vescovo di Cracovia di allora, Adam Stefan Sapieha, e il suo Comitato principesco e vescovile. Tra l'altro questo fatto è ricordato sulla medaglia "Polonia devastata", coniata nel 1915.

Henry Sienkiewicz così scriveva dell'attività di quella organizzazione: "Il Comitato anche se ha e deve avere un carattere filantropico e non politico, tuttavia parla continuamente al mondo intero della Polonia, della sua antica e attuale tragedia e con ciò attira su di essa l'attenzione di tutti, suscita l'interesse, la pietà e la coscienza politica dell'Europa" (lettera a Stanislaw Osada). Sienkiewicz non vide l'indipendenza. Mori in Svizzera, e gli obiettivi formulati allora restano straordinariamente attuali.

Sempre qui hanno svolto la loro attività per l'indipendenza: Jozef Pilsudski, Gabriel Narutowicz e Gnacy Moscicki.

Di fronte alla nuova emergenza determinata dallo scoppio della Seconda guerra mondiale, gli uomini di Stato e i politici si sono ritrovati un'altra volta in Svizzera, per deliberare, sotto la guida del già anziano Ignacy Paderewski, sulle possibilità di un rinnovamento politico della nazione.

Dopo la capitolazione della Francia nel 1940, la seconda Divisione tiratori non si è arresa e sotto il comando del generale Prugar-Ketling è passata in Svizzera. Qui ha avuto ospitalità e magnanime soccorso. Come non ricordare l'università polacca per gli internati fondata dal professor Edward Cros con l'aiuto delle autorità e della società svizzera, dove hanno studiato e ottenuto la laurea centinaia di polacchi? Nei memoriali di quei tempi leggiamo con quale affetto i soldati polacchi erano trattati dalla popolazione locale. Io, personalmente, a Cracovia, sono venuto in contatto con uno dei rappresentanti di questa università, il molto eminente professore Adam Ventulani.

Come non ricordare la Croce Rossa svizzera e la sua attività, durante e dopo la guerra, a favore della nostra nazione? La signora Marcelle Comte, che ha in questo campo dei meriti particolari, lavora e vive ancora presso i padri domenicani ad Albertinum.

Come non ricordare la "Mission catholique pour les victimes de la guerre"? Nel castello di Rapperswill, dove sin dal 1869 si trovava "la testa di ponte della Polonia libera" quando essa non esisteva sulla carta geografica, da anni, grazie agli "Amici Poloniae" svizzeri, esiste un magnifico museo polacco.

Un particolare riconoscimento spetta anche al domenicano padre Jozef Bochenski, il quale, nonostante i suoi impegni di professore all'università di Friburgo e in altre università europee, ha svolto il suo lavoro pastorale tra i polacchi in Svizzera, e ha iniziato la costruzione del centro a Friburgo.

E' un profilo storico molto breve. Nominiamo solo alcuni, ma pensiamo e preghiamo per tutti. A tutti esprimiamo la nostra gratitudine. E nello stesso tempo da loro vogliamo trarre l'ispirazione per realizzare quei compiti che la Provvidenza assegna alle generazioni del nostro tempo.


3. Gli eventi degli ultimi anni hanno causato una triplicazione del numero dei polacchi in Svizzera. I tempi sono nuovi, e anche le condizioni, ma i problemi e i compiti sono simili.

Vi trovate di fronte a un grave problema: dovete entrare in un ambiente nuovo e integrarvi in esso, mantenendo contemporaneamente, e approfondendo la vostra identità: ciò che portate con voi, ciò che ha in voi formato la fede, la ricca storia, la storia della redenzione nella vostra terra, la cultura dei padri e la storia nazionale, storia che era scritta e continua ad essere scritta, anche in terra svizzera; dovete conservare tutti quei valori che ultimamente si sono manifestati con grande forza nella vita della nostra nazione.

Vivete in condizioni di laicizzazione molto estesa, questo è un fatto.

Non voglio entrare nei particolari, forse non è il momento adatto. E' minacciato l'uomo nella sua più profonda essenza. Bisogna quindi tornare continuamente e con tenacia alle radici del nostro essere uomini e della nostra vocazione, così come essa è radicata in Cristo e come lui ce la rivela. perciò a lui noi tutti volgiamo con fiducia e con fede i nostri occhi. Al figlio di Dio che, per volontà del Padre e con la partecipazione dello Spirito Santo, attraverso la morte ha dato la vita al mondo. Poiché in Cristo risorto abbiamo il diritto alla nostra risurrezione e alla vita.

Lui ci ha dato la forza perché diventassimo figli di Dio (Jn 1,12).

Mediante questa forza l'uomo, quale figlio di Dio, dà dignità a tutta la sua vita.

La vita veramente umana, la vita degna dell'uomo si costruisce con la fede, la speranza e l'amore. Nel rivolgersi a Cristo consiste il senso più profondo dell'uomo e del suo lavoro. Si tratta dunque non solo di lavorare per trasformare il mondo perché serva ai bisogni dell'uomo, ma anche, e forse soprattutto, di rivolgersi continuamente a Cristo. Si tratta del lavoro sull'uomo stesso, un lavoro che comincia già nel grembo della madre, sotto il cuore, e dopo continua attraverso la vita in famiglia, mediante l'educazione. Quel lavoro che dà forza umana e cristiana all'anima umana, alla sua coscienza, al suo cuore e alla responsabilità di se stesso e degli altri. Questo è l'oggetto di quella lotta, di quella battaglia spirituale che noi, seguaci di Cristo, dobbiamo condurre in questo mondo.

Cristo ci ha condotto nell'orbita di quell'amore, che dà la vita, che Dio manda sulla terra e che ci conduce a lui. Lo Spirito Santo infonde questo amore nell'uomo e nella sua storia. Vi auguro e prego continuamente affinché questo Spirito vi guidi nelle profondità del mistero della redenzione, perché effonda l'amore nei vostri cuori e perché in esso maturi il vostro essere uomini.

Rafforzate in voi quei legami che vi uniscono sia alla Chiesa, sia alla nazione. I vostri sforzi rivolti verso il bene, la fedeltà alla fede, la giustizia, la libertà, la solidarietà e la pace diano frutti alla vostra comunità, nel Paese in cui vivete. Diano frutti alla comunità del nostro popolo in terra polacca, le cui aspirazioni ed esperienze stanno tanto a cuore a tutti noi. E più ancora servano al bene di tutti gli uomini.

Vegli su di noi una particolare, materna protezione della Signora di Jasna Gora, Regina della Polonia.

Data: 1984-06-17 Data estesa: Domenica 17 Giugno 1984




Benedizione del vessillo degli sciatori - Sion (Svizzera)

Titolo: Lo sport e l'amicizia sono nel piano di Dio

Testo:

Fratelli e sorelle, mi è gradito ritrovare i montanari e gli sportivi come voi, perché, come senza dubbio sapete, ho molto amato scalare le montagne del mio Paese e praticare lo sci quando potevo.

Qui da voi, le montagne e il clima hanno richiesto ai vostri antenati una rude energia per ricavare dal suolo di che vivere. Ed essi sono stati fedeli alla loro fede cristiana. Essi vi hanno trasmesso solide tradizioni: ne sono segni visibili, fino alla cima delle montagne, le croci e le cappelle; l'energia, il carattere fraterno e lo spirito cristiano degli svizzeri manifestano anche che essi conservano il meglio della loro eredità.

L'introduzione del turismo e degli sport invernali ha trasformato certe preoccupazioni di un tempo in fonte di introiti. Molti vengono da voi per cercare di sfuggire alla tensione che li opprime nella moderna società. Negli sport all'aria aperta essi trovano un fattore di equilibrio per la loro salute fisica e morale, uno stimolo per portare avanti i loro impegni.

La vostra associazione sostiene i club di sci locali, li riunisce per certi obiettivi comuni. Il suo scopo non è, propriamente parlando, religioso. Ma la vostra stessa presenza mostra che voi ne percepite l'aspetto cristiano. La vostra azione contribuisce semplicemente a servire l'uomo offrendo a quelli che vengono qui un clima sano e fraterno, una possibilità personale e comunitaria di rinnovamento, dove la dimensione spirituale può liberamente esprimersi, dove i valori cristiani hanno il loro posto, dove il culto di Dio ha il suo posto attraverso l'assemblea domenicale dei cristiani.

Poiché volete evitare di fare dello sport qualcosa di assoluto e di sacro, e poiché sapete che il pieno sviluppo dell'uomo esige che la sua attività non venga secolarizzata, la vostra associazione ha chiesto simbolicamente che la sua bandiera sia benedetta. Il vostro emblema stia a ricordarvi sempre che voi situate la vostra vita, il vostro sport e l'amicizia che vi unisce nel piano di Dio! Con gioia vi benedico e benedico ora il vostro vessillo.

Data: 1984-06-17 Data estesa: Domenica 17 Giugno 1984




Visita alla chiesa-madre - Sion (Svizzera)

Titolo: La cattedrale simbolo di unità per la Chiesa locale

Testo:

Cari fratelli e sorelle.


1. Tutti noi abbiamo molti motivi per rendere grazie a Dio. Questa chiesa-cattedrale, nel cuore della città di Sion, e di questa diocesi, che è la più antica di tutta la Svizzera è, come tutte le cattedrali, il simbolo della "casa spirituale", fatta di pietre vive (cfr. 1P 2,5), disposte attorno alla pietra angolare che è Cristo, cementate, in qualche modo, dallo Spirito Santo, per "formare un sacerdozio santo" in cui ciascun membro di Cristo occupa il suo posto, secondo la propria vocazione, al fine di contribuire all'edificazione della Chiesa nel suo insieme, attorno al vescovo, che presiede la comunità diocesana in nome e in luogo di Cristo.

Io incoraggio i membri del capitolo nel loro servizio a questa chiesa e nei compiti che il loro vescovo affida a ciascuno. Incoraggio i sacerdoti di Sion a formare un presbiterio unito, a sostenersi fraternamente, nella preghiera e nella riflessione comune, per rispondere sempre meglio ai problemi spirituali dei loro fedeli. Incoraggio le religiose a portare, nell'ufficio di lode o nelle diverse forme di apostolato, il dinamismo che esse traggono dalla loro consacrazione a Cristo e il loro talento di donne.

Incoraggio tutti coloro che partecipano ai diversi servizi della Chiesa: animazione della preghiera, catechesi, organizzazione delle attività di carità, e voglio nominare in particolare la liturgia, vedendo i cantori e i cori di questa mattina, che ringrazio vivamente. Ponete gran cura nel preparare decorose liturgie, in cui il popolo partecipi attivamente, secondo le norme e gli orientamenti della Chiesa di oggi, e tali da favorire, per la loro bellezza, il raccoglimento e il fervore, l'entrata nel mistero di Cristo.


2. Questa cattedrale non è che il simbolo del raccoglimento di tutta la Chiesa locale di Sion. Essa è per questo quartiere, per questa città, la casa di Dio. Io auspico che gli abitanti di questa città, pur pregando nelle loro case e durante le loro occupazioni, comprendano sempre più quanto sia bene per loro venire a pregare qui, insieme o personalmente, in un clima che permette loro di elevare i pensieri, di approfondire la meditazione, di allargare il cuore. Incoraggiamo questa preghiera mediante l'esempio e l'esortazione. Molte persone ne sono capaci e ne hanno anche desiderio; alcuni attendono che si insegni loro a pregare. Questo è il luogo privilegiato per l'Eucaristia e per il sacramento della Riconciliazione. Ma, in ogni momento, la presenza del santo sacramento al posto d'onore è un costante richiamo all'Eucaristia celebrata e permette di entrare nella preghiera di Cristo, con uno spirito di adorazione e di oblazione, la cui importanza tengo a ribadire.


3. L'antica cattedrale di Sion è stata dedicata a nostra Signora. So che questo patronato mariano della chiesa-madre della diocesi corrisponde a una devozione fedele verso la Madre di Dio in tutta la vostra diocesi. Il vostro vescovo di prima, monsignor Nestor Adam, l'aveva solennemente consacrata a Maria all'inizio del suo episcopato. Il suo successore, il vostro attuale pastore, ha rinnovato questo atto, e la sua prima lettera pastorale era dedicata al cantico del "Magnificat". Egli aveva allora espresso il seguente desiderio: "Come un reciproco richiamo alla vigilia di santificare il giorno del Signore, come segno sensibile e rinnovato di unità, e in onore a nostra Signora che ci conduce a Gesù, io vi invito tutti a recitare il "Magnificat" almeno una volta la settimana, il sabato sera".

Fratelli e sorelle, mi rallegro per la vostra pietà mariana e ne gioisco con voi. Sono sicuro che essa prevede in particolare il rosario. Con voi, ora, io prego la santissima Vergine Maria di conservarci fedeli discepoli di Cristo, riprendendo il suo cantico di rendimento di grazie.

Data: 1984-06-17 Data estesa: Domenica 17 Giugno 1984




Commiato dalla Svizzera - Sion (Svizzera)

Titolo: "Ascolta la tua vocazione all'accoglienza e alla pace"

Testo:

Signore, signori, cari fratelli e sorelle.


1. Eccomi al termine di un viaggio appassionante che il Signore mi ha dato l'occasione di compiere attraverso la Svizzera in questi sei giorni, secondo un intenso ritmo di incontri. Queste differenti tappe erano necessarie per prendere contatto con un Paese che raggruppa, in un'unità armoniosa, delle tradizioni così diverse.

Ritrovo qui i miei cari fratelli nell'episcopato che mi hanno accompagnato nel corso di questo viaggio ed esprimo loro, ad essi e ai loro collaboratori, la mia gratitudine per il contributo diligente che hanno dato alla preparazione e allo svolgimento di tutto l'insieme. Ringrazio i sacerdoti di Sion e gli altri cattolici qui presenti e, attraverso loro, ringrazio tutta la comunità cattolica della Svizzera; è questa che in definitiva desideravo incontrare in questa visita pastorale. Saluto con riconoscenza le altre comunità cristiane che hanno accettato di dialogare e di pregare con il Vescovo di Roma.

Ma mi rivolgo ugualmente alle autorità civili, al presidente della Confederazione e ai consiglieri federali, che hanno avuto la delicatezza di venire fino qui per congedarsi da me. Ho un lieto ricordo del nostro incontro a Lohn.

Saluto con gratitudine tutte le autorità locali, e in particolar modo il presidente del governo vallese, i consiglieri di Stato, il presidente del grande consiglio vallese, il prefetto, il presidente, le consigliere e i consiglieri municipali della città di Sion, il presidente della cittadinanza di Sion.

A differenti livelli, avete avuto la bontà di mettere all'opera tutto ciò che potesse facilitare la mia missione pastorale accanto ai vostri compatrioti. Penso, tra gli altri, a tutti coloro che hanno partecipato ai servizi d'ordine e di sicurezza che hanno assolto con efficacia, con la disciplina e la cortesia che fanno, per tradizione, onore alla Svizzera: penso anche a coloro che, militari o civili, hanno assicurato i numerosi trasporti, in maniera così ben organizzata e piacevole per me. Essi d'altronde mi hanno permesso di ammirare dall'alto i vostri meravigliosi paesaggi. Non vorrei dimenticare, nel mio ringraziamento, nessuno di coloro che hanno partecipato generosamente, spesso in maniera nascosta, alla preparazione e all'allestimento dei viaggi, alle installazioni, decorazioni, eccetera. So che avete costituito dei comitati diocesani efficaci, lavorando in stretto collegamento con i servizi civili dei Cantoni, e voglio citare il comitato centrale.

Voglio ringraziare anche le autorità degli altri Cantoni che sono venuti ad accogliermi molto cortesemente.

D'altronde, in questo momento, non penso soltanto a questi molteplici servizi di ordine pratico; credo sia compito della mia missione pastorale incontrare gli uomini e le donne che hanno la nobile missione di badare al bene comune del proprio Paese; e sono sempre contento, nel pieno rispetto delle loro proprie competenze, di ascoltarli, di esprimere loro la mia stima e i miei auguri per i loro esigenti compiti.

Infine, attraverso voi, saluto e ringrazio tutto il popolo elvetico di cui, soprattutto, ho apprezzato l'accoglienza benevola, fiduciosa e, posso dire, calorosa.


2. Lascio dunque oggi questo Paese, con lo spirito e il cuore colmi di ricordi piacevoli. Potrei ricordare i vostri paesaggi, sempre così attraenti, la maestosità delle montagne e dei ghiacciai, il luccichio dei laghi e delle tranquille riviere, il verde dei prati e il profumo dei fiori con l'arrivo dell'estate.

Penso ancora di più alle popolazioni incontrate a Friburgo, a Lugano, a Flüeli, a Einsiedeln, a Lucerna, a Sion. Molti sono venuti dagli altri Cantoni che, sfortunatamente, non abbiamo potuto visitare. Abbiamo pregato e cantato insieme; insieme, ci siamo aperti alla gioia di saperci figli di Dio e della Chiesa; abbiamo ricordato e pregato coloro che ci hanno preceduto nella fede e nella santità: san Maurizio, san Meinrad, san Nicola da Flüe, san Pietro Canisio.

Ci siamo confermati nella nostra vocazione di vescovi, di sacerdoti, di religiosi, di religiose, di laici, rafforzando la nostra identità al fine di compiere meglio il nostro ruolo specifico nella Chiesa; non abbiamo nemmeno dimenticato i gravi problemi del mondo contemporaneo; siamo stati in comunione con coloro che penano e soffrono. E, in mezzo a cittadini originari di questo Paese, poi siamo stati felici d'incontrare gruppi importanti di altri Paesi, di altri continenti, ai quali la Svizzera sa dare ospitalità, siano essi turisti, lavoratori immigrati, rifugiati.


3. Con tutto il cuore, formulo auguri ferventi a questo Paese, che occupa una posizione un po' privilegiata nel centro dell'Europa, una situazione che può essere segno di una vocazione d'accoglienza e di pace. La Svizzera ama la pace e ha imparato a far coesistere, nel rispetto e nella democrazia, culture e convinzioni diverse, equilibrando le distinte correnti in una complementarietà attiva che va al di là del semplice compromesso.

Io spero che questa saggezza e questa filantropia facciano scuola in un mondo così incline all'aggressività, che siano senza sosta approfondite e includano sempre il rispetto della vita in tutte le sue forme, la cura della giustizia, i legami di fraternità con chi vive accanto a noi, la simpatia, la generosità e l'amore verso tutti coloro che, nel mondo, soffrono per la mancanza di pane, di affetto, di considerazione e di libertà. Per i cristiani, è la carità - la vera carità - ciò che anima tutti questi comportamenti umani.


4. Rivolgo anche, in particolare, degli auguri ferventi ai miei fratelli cattolici, ai sacerdoti, ai religiosi e alle religiose, ai diversi movimenti ecclesiali, alle famiglie, a tutti coloro che sono stati battezzati e confermati, e a coloro che sono alla ricerca della verità. Malgrado le tentazioni di secolarizzazione o d'indifferenza religiosa, ho incontrato un popolo di credenti, che è stato felice di esprimere la sua fede attorno al successore di Pietro e degli altri vescovi. Non abbiate paura, cari amici. Dio è più grande dei nostri cuori esitanti. Aprite le porte al Redentore che sta in mezzo a voi. Aprite il vostro cuore allo Spirito Santo di Gesù Cristo. Ch'egli fortifichi la vostra fede! Egli animi la vostra preghiera senza la quale la fede non saprà mantenersi fedele! Che egli vi faccia comprendere e amare la Chiesa di cui siete membri! Che egli v'ispiri un amore fraterno tra voi! Che egli vi tenga solidali con la Chiesa universale! La mia preghiera si nutrirà di ciò che ho visto e sentito nei miei incontri con tutti voi. Come posso dimenticare la Svizzera, quando alcuni dei vostri compatrioti sono, per tradizione, i custodi della mia casa di Roma? Pregate anche per me, perché il Signore mi aiuti, malgrado i miei limiti, a portare avanti il ministero che egli mi ha affidato sulla scia di Pietro, per professare la fede, servire l'unità e incoraggiare i miei fratelli.

Sia lodato Gesù Cristo! Che egli vi benedica infondendo in voi la sua pace e la sua gioia! Nel momento del congedo dal vostro stimato Paese ringrazio il Signore per i giorni ricchi di grazia di questa visita pastorale e per la cordiale, ospitale amicizia che i cittadini della Svizzera mi hanno dimostrato.

Possa la comunione spirituale, che ci ha uniti così strettamente qui nella meditazione religiosa e nella comune lode a Dio, superare quest'ora di divisione esteriore e portare abbondanti frutti per tutti. Che san Nicola conservi la pace e la concordia nelle vostre famiglie e comunità!

Data: 1984-06-17 Data estesa: Domenica 17 Giugno 1984









Al patriarca d'Antiochia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Essere strumenti disponibili al ristabilimento dell'unità

Testo:

Vostra Santità.

L'amore di Dio che "è stato anche riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato" (Rm 5,5), ci permette di incontrarci come fratelli durante la vostra visita alla Chiesa di Roma e mi dà la grande gioia di ricevervi. E' in quest'amore del Signore che con tutto il cuore io vi do il benvenuto.

Quale osservatore del Concilio Vaticano II voi avete incontrato il mio predecessore Giovanni XXIII. Voi accompagnavate Mar Ignatius Jacoub III quando venne a far visita a Paolo VI, né io dimentico il nostro primo incontro.

Ma la vostra presenza qui ora ha un'importanza nuova e particolare.

Innanzitutto, io do il benvenuto nella vostra persona al capo dell'antichissima Chiesa siriana che ha le sue radici nella comunità apostolica di Antiochia.

Poiché, secondo il modello del Buon Pastore, il vescovo è intimamente legato al suo gregge, nel salutarvi io saluto tutti i vostri fedeli. A voi, a sua Beatitudine il Catholicos, agli illustri rappresentanti della vostra Chiesa che sono con voi, al clero e a tutto il popolo rivolgo un cordiale e fraterno saluto, pieno di stima per la vostra Chiesa, la cui storia è così gloriosa, sebbene segnata dalla sofferenza, per le sue tradizioni di teologia, liturgia, spiritualità e disciplina e per la coraggiosa testimonianza che rende oggi alla croce e alla risurrezione di nostro Signore Gesù Cristo.

C'è un'altra ragione che aumenta la nostra gioia e dà particolare importanza a questo momento. La vostra visita rientra nella serie iniziata dal vostro venerato predecessore, il patriarca Mar Jacoub III, che mirava a ricreare i vincoli tra le nostre Chiese, deterioratisi fino al punto della separazione e dell'estraneità reciproca. Ora vi incontro qui a Roma come patriarca della Chiesa siro-ortodossa. Voi venite per contribuire ad accelerare il progresso verso la piena comunione tra di noi. Voi sapete quanto questo desiderio sia condiviso da me e dal solenne impegno che la Chiesa cattolica ha reso nel Concilio Vaticano II per entrare pienamente e attivamente nel movimento ecumenico. Per dare espressione pratica a questo desiderio del quale lo Spirito Santo ci ha colmati, siamo in grado in quest'occasione di fare insieme una dichiarazione congiunta della nostra comune fede in Cristo, il Figlio di Dio che mediante lo Spirito Santo si è fatto uomo prendendo carne dalla vergine Maria. così noi progrediamo realmente sulla via dell'unità, e speriamo che, avendo confessato insieme Gesù Cristo vero Dio e vero uomo come nostro unico Signore, egli ci darà la grazia di superare le divergenze che rimangono e che impediscono la piena comunione canonica ed eucaristica tra di noi. Benediciamo Dio per quanto abbiamo già riguadagnato in fraternità e per i progressi che abbiamo fatto insieme.

Poiché il Signore Gesù Cristo ha pregato per l'unità dei suoi, "perché il mondo creda" (Jn 17,21), e ha dato se stesso perché tutti gli uomini potessero essere riconciliati l'un l'altro e col Padre, noi dobbiamo essere sempre i suoi strumenti disponibili al ristabilimento dell'unità visibile tra i cristiani e per la pace tra tutti i popoli.

"La cura di ristabilire l'unione riguarda tutta la Chiesa, sia i fedeli che i pastori, e ognuno secondo la propria virtù, tanto nella vita cristiana di ogni giorno quanto negli studi teologici e storici" (UR 5).

I fedeli delle nostre Chiese dovrebbero incontrarsi ancora di più, imparare a conoscersi meglio e rendere insieme testimonianza al Vangelo di Cristo. Le possibilità della comune testimonianza nella preghiera, nella solidarietà, nell'aiuto reciproco e nel servizio a coloro che sono nel bisogno, non sono state ancora sufficientemente sfruttate. Qui il clero delle nostre Chiese può avere un'influenza decisiva. Già in molti luoghi c'è una collaborazione pastorale in risposta ai bisogni dei fedeli. Vorrei che questo si sviluppasse dovunque con coraggio, fiducia e rispetto. Per quanto riguarda le ricerche teologiche e storiche, esse hanno già prodotto apprezzabili risultati, particolarmente nel quadro di incontri della Fondazione pro-Oriente tra i rappresentanti della Chiesa cattolica e le antiche Chiese orientali. Dovremmo continuare questi incontri affinché essi segnino nuovi progressi per la gloria di Dio.

Se io parlo così della necessità urgente di affermare insieme la nostra comune vocazione all'unità, non è perché le nostre Chiese sono interessate esclusivamente ai loro problemi. Cristo è la luce delle nazioni ed è per rendere testimonianza alla sua luce che i cristiani dovrebbero sempre fare la sua volontà.

Il mondo ha bisogno del messaggio di pace e della realtà di salvezza portata da Cristo. Alcuni fedeli delle nostre Chiese vivono in regioni devastate dalla guerra e dalla violenza. In gravi circostanze essi sono chiamati a vivere le Beatitudini del Vangelo e ad essere operatori della riconciliazione. I miei pensieri e la mia preghiera si volgono a loro in questo momento. Che Dio sproni i governi delle nazioni in conflitto affinché l'odio sia bandito e si stabilisca una solida concordia tra i popoli.

Nonostante la forza dell'amore fraterno che ci unisce, spesso noi ci sentiamo deboli e indifesi di fronte a tanti bisogni e a tanta sofferenza; ma non dobbiamo scoraggiarci. Noi fissiamo i nostri occhi sul "pioniere della nostra fede" e sappiamo che siamo circondati da un gran numero di testimoni (cfr. He


12,1-2) che sono i nostri padri nella fede, i santi e i martiri che intercedono per noi. Essi hanno pregato e combattuto per la fede, per l'unità della Chiesa e per l'amore tra i cristiani. Vivendo ora in Cristo, ci sostengono e ci attraggono a loro.

Vostra Santità, vi ringrazio sinceramente per la vostra visita. So che la vostra permanenza in questa città è anche un pellegrinaggio al luogo del martirio dei santi apostoli Pietro e Paolo, la cui memoria è molto cara alla Chiesa di Antiochia come lo è a quella di Roma. Grazie alla loro intercessione Dio benedica noi, il nostro clero e tutti i fedeli delle nostre Chiese.

Data: 1984-06-21 Data estesa: Giovedi 21 Giugno 1984





GPII 1984 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Sion (Svizzera)