GPII 1984 Insegnamenti - Al collegio San Lorenzo da Brindisi - Roma

Al collegio San Lorenzo da Brindisi - Roma

Titolo: Essenziale legame tra sacramenti dell'Eucaristia e dell'Ordine

Testo:

Carissimi confratelli dell'ordine dei Cappuccini, e voi, in particolare, sacerdoti-studenti di questo collegio internazionale!


1. Motivo di speciale compiacimento è per me l'odierna visita in questa sede, perché mi consente non soltanto di corrispondere a un invito più volte e tanto amabilmente formulato, ma di celebrare, altresi, in raccolta comunione di carità e di fede, la santissima Eucaristia proprio nel giorno al quale è stata trasferita la solennità liturgica del corpo e del sangue del Signore. Questa circostanza o, meglio, coincidenza - e felice coincidenza! - fa salire immediatamente di tono il nostro incontro e, se pur vi sono in esso - come accennero più avanti - altri temi e motivi che lo individuano e definiscono, oggi tuttavia motivo dominante e tema centrale vuol essere, deve essere, quello eucaristico.


2. "In supremae nocte cenae recumbens cum fratribus...". Ecco, il luogo e il tempo del nostro ideale appuntamento sono là, presso il Cenacolo di Gerusalemme, dove il Signore Gesù si riuni con i suoi apostoli il giorno prima della sua passione redentrice, e dove oggi anche noi, tutti noi, vogliamo portarci con la mente e col cuore per considerare, o riconsiderare, il grande evento sacramentale ed ecclesiale, che là si verifico.

Che cosa fece Gesù quella sera? Troppo noti sono i particolari - gesti e discorsi, affermazioni e raccomandazioni, moniti e insegnamenti - che risultano dall'ultima Cena, perché io debba qui distintamente ricordarli. Certo è che Gesù vi parla e agisce da protagonista, fondendo insieme antico e nuovo in un intreccio di storiche memorie e di prospettive future, in un'alternanza di emozioni sublimi e di consapevoli decisioni, la cui profondità può esser solo intravista, ma rimane e rimarrà sempre radicalmente insondabile. Gesù, il Maestro e il Signore, dà innanzitutto una lezione di umiltà ai suoi discepoli, lavando i piedi a ciascuno di essi, compreso il traditore (cfr. Jn 13,4-15). Già questo gesto o rito iniziale - vorrei osservare di sfuggita - se ha grande importanza per tutti i credenti, ha un valore del tutto singolare per i seguaci di san Francesco, quali voi siete: si direbbe che il santo, concentrando il suo sguardo amoroso sull'intera esistenza del Cristo dall'umiltà del neonato di Betlemme alla "nudità" di lui crocifisso sul Calvario, abbia voluto includervi anche questo episodio che è, a un tempo, insegnamento ed esempio di profonda umiltà, come condizione per la disponibilità verso gli altri ed espressione di spirito fraterno.


3. Ma riprendiamo il filo degli avvenimenti: dopo la lavanda dei piedi ha luogo il vero e proprio banchetto pasquale, durante il quale Gesù prende nelle sue mani il pane e il vino. Sappiamo bene quale sia il "peso" di questi gesti, perché è Gesù stesso a dircelo. Non si tratto di una semplice distribuzione di cibo; non fu, quello, uno scambio amichevole tra commensali che si passano le portate: no, qui c'è molto di più, c'è infinitamente di più. "Prendete e mangiate, (perché) questo è il mio corpo"; "prendete e bevete, (perché) questo è il sangue della nuova alleanza" (cfr. Mt 26,26-28 Mc 14,22-24 Lc 22,17-20 1Co 11,23-25). La forza di queste frasi è nella loro implicanza causale: c'è tra esse un sottinteso perché, il quale come può rafforzare l'invito del Maestro a mangiare e a bere, così serve a introdurre una superiore verità, che è la realtà del corpo e del sangue del Signore. Voi - intende dire Gesù - dovete "consumare" il pane e il vino che vi distribuisco, perché in essi "sono" io stesso. Mistero di realtà, fratelli carissimi, è l'Eucaristia, quale autentico segno e sacramento del corpo e del sangue del Signore, ma è anche mistero da rinnovare, perché alla duplice affermazione, or ora ricordata, è contestuale, secondo la tradizione paolino-lucana, l'ordine esplicito di fare questo in sua memoria (cfr. Lc 22,19 1Co 11,24 1Co 11,25).


4. Gli apostoli capirono il senso di quelle parole e il valore di quest'ordine. Il gesto di Gesù altro non era che la consegna ufficiale e - si direbbe - "l'affidamento" del suo corpo e sangue, non semplicemente perché ne prendessero spunto per una commossa commemorazione dell'amato Maestro, ma per averlo sempre vivo e presente tra loro, con loro, in loro. Essi certamente capirono, come ci conferma non soltanto l'uso della Chiesa nascente che si soleva raccogliere "in fractione panis" (cfr. Ac 2,42), ma il programma altamente didattico del Signore, che a quel rito arcano li aveva preparati da tempo.

E' proprio ciò che leggiamo nel Vangelo di oggi, in quel brano del discorso sul pane della vita, che il Maestro aveva tenuto a Cafarnao dopo la moltiplicazione miracolosa dei pani. Procuratevi - aveva detto con lungimirante sapienza - un pane di qualità superiore: un pane celeste, un pane vivo. E questo pane - aveva ripetutamente affermato - sono io, e questo pane è "la mia carne per la vita del mondo". Fin da allora era stato anticipato l'invito a mangiare e a bere in termini di un'assoluta necessità spirituale: "Se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita, Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, ha la vita eterna... rimane in me e io in lui".

Insomma, la vita soprannaturale, la stessa vita come sopravvivenza alla morte fisica, il permanere in Cristo dipendono totalmente da questo cibo e questa bevanda, poiché il Maestro soggiungeva: "La mia carne è veramente cibo, e il mio sangue è veramente bevanda" (cfr. Jn 6, passim).

L'adempimento di tutto ciò non si fece attendere: fu esatto e puntuale secondo una linea di alta pedagogia e di rilevanza salvifica. Il Gesù del Cenacolo era colui che già aveva parlato a Cafarnao e che nella "Chiesa" della città santa dava attuazione alla promessa fatta nella "sinagoga" della cittadina lacustre.


5. Cari confratelli, io ritengo che questi pensieri, ricavati dal confronto di fondamentali testi evangelici, anche se noti, meritino permanente attenzione da parte di tutti i sacerdoti, e dunque anche di voi, sia membri della curia generalizia e dell'istituto storico dell'ordine Cappuccino, sia alunni di questo collegio internazionale, provenienti dalle più diverse province e studenti delle varie università pontificie dell'Urbe. Siamo tutti sacerdoti, e come potremmo dimenticare che il nostro sacerdozio ruota intorno a questo mistico banchetto? che esso è indissolubilmente legato all'Eucaristia in forza di un rapporto che non è solo di derivazione e di contatto, ma anche di destinazione e di funzione? Se le due realtà sacramentali dell'Eucaristia e dell'Ordine sacro sono tanto strette da combaciare geneticamente e finalisticamente, se tra esse sussiste un vincolo di straordinaria unione, come potremmo noi sacerdoti, nella concretezza della nostra vita e nella stessa diversità dei rispettivi uffici, fare a meno di considerare essenziale sempre e insopprimibile un siffatto rapporto? Nati dall'Eucaristia e abilitati a "fare" l'Eucaristia, come potremmo fare a meno di vivere di essa e per essa? E' questione di coerenza, è questione di fedeltà: fedeltà e coerenza a quel che siamo, al nostro "essere sacerdoti"! Per questo oggi, festa del corpo e del sangue del Signore, è anche la nostra festa, e faremo bene ad approfondire e sviluppare tutti comunitariamente e ciascuno "in secreto cordis sui" le accennate riflessioni, per confermare la nostra totale, convinta, incrollabile adesione a Cristo, sommo sacerdote e artefice unico del nostro sacerdozio.


6. A misura che tale indagine sarà profonda e sincera, ne risulterà indubbiamente più chiara la visione dei problemi particolari e, magari, delle difficoltà che oggi, nel vivo di un processo di trasformazione, che sembra tutto coinvolgere e travolgere, si pongono ad ogni sacerdote, sia secolare che regolare, a ogni famiglia religiosa, all'intera comunità ecclesiale. Anche i vostri problemi, anche le inevitabili difficoltà del presente, cari membri della famiglia serafica Cappuccina, possono prender luce da una verifica che sia condotta dal punto di vista dell'Eucaristia! E', questa, un'angolatura molto favorevole: è l'angolatura dell'unità e della carità che aiuta a veder bene il nocciolo delle questioni, per distinguere l'accessorio dal principale, per elevarsi dal contingente all'essenziale. Né si pensi che sia essa una forma di evasione dalla realtà, o un modo indebito di vedere le cose, o un alienante "transfert" al piano soprannaturale. La dimensione eucaristica può e deve essere assunta come un sicuro metro di valutazione anche da voi. Un solo esempio: giustamente le nuove Costituzioni (cap. VI) del vostro ordine insistono sul dovere di condurre la vita in fraternità, per dare a tutti i livelli, dal convento locale fino alla casa generalizia, la testimonianza del genuino amore evangelico, per superare ogni forma di individualismo egoistico, per costituire secondo verità un "ordine di fratelli". C'è forse bisogno di spiegare che la fonte primaria, donde si attinge questo spirito, è e resta la santa Eucaristia? Sia essa, pertanto, il superiore punto di riferimento nel lavoro personale e comunitario, a cui siete impegnati.


7. A me sembra che è lo stesso serafico Padre a ricordarlo, a raccomandarlo: pensate, cari Cappuccini, agli insuperati esempi di fraternità vissuta che vi ha lasciato, egli che per l'Eucaristia ebbe, più che devozione, una "passione" singolare, al punto di imporsi e di imporre ai suoi compagni la più grande riverenza verso ogni sacerdote, incontrato lungo la strada.

Con quanta commozione leggiamo nella vita di fra Tommaso da Celano: "Ardeva di amore in tutte le fibre del suo essere verso il sacramento del corpo del Signore, preso da stupore oltre ogni misura... Si comunicava spesso e con tanta devozione da rendere devoti anche gli altri. Infatti, essendo colmo di riverenza per questo venerando sacramento, offriva il sacrificio di tutte le sue membra e, quando riceveva l'agnello immolato, immolava lo spirito in quel fuoco, che ardeva sempre sull'altare del suo cuore" ("Vita seconda", cap. 152). E le citazioni si potrebbero moltiplicare...

Umiltà, dunque, fraternità e sacrificio sono gli essenziali richiami, che vi vengono nella festa del Corpus Domini, dalla lettura congiunta della parola di Dio, della biografia del vostro santo, nonché del testo delle vigenti costituzioni.

A presidio e nutrimento di queste stesse virtù sappiate collocare la spiritualità eucaristica, incentrata su colui che è la vita e che a questo mondo è venuto, perché tutti l'abbiano e l'abbiano in abbondanza (cfr. Jn 1,4 Jn 10,10).

Così sia.

Data: 1984-06-24 Data estesa: Domenica 24 Giugno 1984




Ai vescovi greci in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Esortazione a intensificare l'impegno ecumenico

Testo:

Cari fratelli nell'episcopato, caro monsignore responsabile dei cattolici di rito armeno, cari amministratori apostolici.


1. Si realizza oggi finalmente il nostro incontro, tanto desiderato da parte vostra e mia. Benediciamo il Signore per questi momenti grandemente privilegiati di comunione ecclesiale! Supplichiamo l'apostolo Paolo, che si è prodigato senza risparmiarsi per portare il Vangelo nell'antica Grecia, affinché con il suo aiuto la vostra visita "ad limina apostolorum" abbia la massima risonanza possibile.

Vedendovi così riuniti, non posso fare a meno di ricordare che, circa nell'anno 95 - quando l'apostolo senza dubbio viveva ancora e probabilmente risiedeva a Efeso - la Chiesa di Roma intervenne con pacatezza e autorità presso la giovane comunità di Corinto, ad appianare alcuni contrasti interni. così facendo, la Chiesa di Roma non giudico affatto necessario giustificare il proprio intervento, fiduciosa come era che esso sarebbe stato accettato. Altrettanto interessante è notare che il vescovo Denys di Corinto scriveva a papa Sotero, verso il 170, che nelle assemblee liturgiche si continuava a leggere la famosa lettera di papa Clemente, Tutto questo dà ragione al famoso storico Pierre Battifol, quando dice: "Ancor prima della fine dell'età apostolica, assistiamo all'"epifania del primato romano"" ("La Chiesa nascente e il cattolicesimo", p.


146). Sappiamo che sant'Ignazio d'Antiochia, sant'Ireneo di Lione, san Cipriano di Cartagine, sant'Ambrogio di Milano, sant'Agostino di Ippona ci hanno lasciato testi che non lasciano dubbi a questo riguardo.

Fratelli carissimi, è richiamando alla mente questi preziosi ricordi della nostra collegialità che vi accolgo oggi. Ognuno di voi è responsabile di una Chiesa locale e particolare, e nello stesso tempo è solidale con le altre comunità cristiane, proprio come lo furono gli apostoli di cui noi, gli uni e gli altri, continuiamo la missione. E, all'interno di questa unica Chiesa di Dio, diffusa in tutti i continenti, esiste un centro vitale, un punto di riferimento visibile: si tratta della Chiesa locale e particolare di Roma, presieduta dal successore dell'apostolo Pietro, "primo fra i dodici", secondo l'espressione di san Matteo.

Marco e Luca sottolineano allo stesso modo che la Chiesa è "Pietro e coloro che sono con lui", nella diversità dei riti. La vostra presenza intorno al Vescovo di Roma attesta e rafforza l'unità del corpo episcopale. Nel corso dei secoli, tutti i successori di Pietro sono il legame vivente tra i vescovi e - non lo si dimentichi - tra la Chiesa di oggi e la Chiesa degli apostoli.


2. Detto questo, e dopo aver preso attentamente visione delle vostre relazioni quinquennali o avervi ascoltato nell'ambito di contatti personali, vorrei, secondo la missione affidatami dalla Provvidenza, confermare la vostra fede in Cristo redentore e sostenere la vostra fiducia nel suo piano universale di salvezza per l'umanità, la vostra fiducia nell'edificazione della Chiesa, "sacramento di questa salvezza".

Certamente, quanto e ben più dei pastori, voi siete chiamati a vivere la fede di Abramo e la speranza dei profeti. Le vostre Chiese locali comprendono, ognuna, un numero limitato di fedeli, spesso disseminati nel territorio, come è il caso del vicariato apostolico di Tessalonica, o residenti in diverse isole, come nella diocesi di Naxos, Tinos, Miconos e Andros. E' questo un fatto che non vi deve scoraggiare. La fede e la speranza che sono nei vostri cuori vi guidino, al contrario, a fare di queste piccole comunità dei luoghi e dei momenti di rapporti interpersonali più profondi e calorosi. Le comunità dei discepoli di Cristo non devono forse liberare l'uomo moderno dal duplice male dell'isolamento e dell'anonimato? Comprendo bene le vostre domande e le vostre riflessioni riguardo alla ristrutturazione delle vostre diocesi in vista di un miglior servizio pastorale. Tuttavia gli emendamenti o anche le innovazioni meglio studiate non vi dispenseranno mai dagli sforzi perseveranti, e sempre più perfezionati, per ispirare in tutte le comunità dei fedeli una vitalità benefica per i suoi membri, tale che possa accreditare il Vangelo del Signore come la vera buona novella. Non possiamo dimenticare che le prime comunità cristiane sono nate in condizioni difficili: lo testimoniano tutte le lettere di Paolo.

Rendo grazie a Dio per la vostra fatica apostolica e a lui domando che voi continuiate a essere unicamente e totalmente mobilitati per la diffusione del messaggio evangelico, per una evangelizzazione integrale, penetrante, saggiamente aiutata dal linguaggio e dai mezzi di comunicazione del nostro tempo. Questa promozione "in ogni occasione, opportuna e non opportuna" manifesta il dinamismo interno e instancabile della parola di Dio, fa scaturire, dalla sua proclamazione, sorgenti ispiratrici in vista della costruzione o della ricostruzione di una società degna di Dio e dell'uomo (cfr. EN 18-20).

Ho notato che molti risultati ottenuti presso i bambini e gli adolescenti sono incoraggianti. Esortate senza sosta i responsabili delle parrocchie ad agire di comune accordo, a farsi aiutare, con tutti i mezzi concretamente possibili, per una fedele e ardente trasmissione delle verità della fede. Le vostre relazioni contengono anche delle statistiche sulla partecipazione alle assemblee domenicali. Posso immaginare i problemi dei vostri sacerdoti per coinvolgere e formare un numero sufficiente di laici cristiani in grado di cooperare all'animazione della liturgia. Nella Chiesa, gli esempi di comunità parrocchiali con effettivi limitati e nonostante ciò molto vivaci, sono numerosi e probanti. Auguro ardentemente che la pastorale liturgica, compresa a fondo, continui ad assicurare vita, giovinezza e dignità alla celebrazione dei divini misteri, aiuti i partecipanti a vedere e a vivere la loro vita quotidiana attraverso questi misteri, specialmente attraverso gli avvenimenti di Pasqua e della Pentecoste; attiri i giovani e gli adulti che si sono staccati da celebrazioni che potrebbero sembrare estranee alla loro esistenza.


3. La vita dei vostri fedeli si dispiega soprattutto nelle diverse professioni, di cui è intessuta la vita socio-economica del Paese, e all'interno della cellula familiare. Leggendo quanto avete scritto, e ascoltandovi, ho compreso quanto sentiate il bisogno di meglio accompagnare e guidare questi uomini e queste donne nella loro responsabilità. Molti tra di voi hanno sottolineato la penetrazione di un materialismo pratico, l'intorpidimento, se non addirittura la scomparsa, della coscienza morale. Con mezzi purtroppo limitati, ma che potrebbero essere migliorati - se non altro ottenendo il concorso, temporaneo o permanente, di congregazioni o diocesi aperte a situazioni come le vostre - la vostra Conferenza episcopale potrebbe svolgere un lavoro di evangelizzazione a beneficio dei focolari cattolici e delle famiglie che verranno, moltiplicando, con realismo e modestia, incontri sui problemi coniugali, familiari, professionali e altri ancora, che i cristiani del nostro tempo hanno così bisogno di vedere e rivedere nella luce di Cristo e del magistero della Chiesa. Non è questo il mezzo più sicuro per ricostruire il tessuto delle coscienze?


4. Mi sta a cuore anche darvi tutto il mio appoggio nel campo della pastorale dei giovani. Non ho dimenticato che voi avete organizzato, nel settembre scorso, il primo Festival dei giovani, e che esistono molti mezzi di apostolato per i giovani, all'interno delle vostre diocesi. La loro organizzazione è talvolta necessaria ed è molto impegnativa. In ogni caso, attraverso formule diverse, il loro scopo è sempre quello di formare progressivamente delle personalità temprate e nutrite della fede luminosa in Gesù Cristo. E' anche in questi contatti che educatori qualificati e amati possono indicare, soprattutto agli adolescenti, i valori morali, perché essi li acquisiscano. E' ancora in queste riunioni o in questi incontri di giovani che è possibile discernere adolescenti capaci di consacrare la loro vita al Signore e alla sua opera di redenzione. Nell'attesa di una successione sacerdotale, al momento assai ridotta, un certo gemellaggio delle vostre Chiese con altre diocesi ancora ben provviste di ministri ordinati è forse realizzabile. Non bisogna mai disperare.


5. Infine, non vorrei terminare senza esortarvi a continuare i vostri sforzi ecumenici, dato che voi vivete in mezzo ai nostri fratelli ortodossi. Se voi portate la pesante eredità del passato, avete pero la speranza della piena riconciliazione. Vescovi, sacerdoti, laici cristiani, esortatevi l'un l'altro senza posa per moltiplicare gli incontri amichevoli, i possibili servizi reciproci, le azioni socio-caritative condotte in comune. Il cammino percorso può sembrare modesto. Bisogna perseverare, lasciare tempo al tempo. Altri raccoglieranno ciò che voi avete seminato.

Cari fratelli nel Cristo, vi ringrazio vivamente per la vostra visita così fiduciosa e confortante! Essa mi ha permesso di conoscervi meglio e di partecipare di più alle vostre preoccupazioni pastorali. In alto i cuori! Lo Spirito del Signore vi accompagna in mezzo alle vostre responsabilità che voi avete generosamente accettato. Attraverso di voi, egli è capace di fare meraviglie. Lasciatevi pervadere dalla sua luce e dal suo dinamismo. Che i vostri fedeli cattolici vi ritrovino presto pieni di pace, di ardore, di gioia! Nelle nostre rispettive tribolazioni, dobbiamo sovrabbondare di gioia, come scriveva Paolo di Tarso agli abitanti di Corinto (cfr. 1Co 7,4). Ricordando anche tutti i vostri diocesani, i vostri sacerdoti, i vostri religiosi e religiose, vi benedico nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.

Data: 1984-06-25 Data estesa: Lunedi 25 Giugno 1984




All'Ordine di Malta - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Aggiornamento e fedeltà alle origini

Testo:

Altezza eminentissima, illustri signori.


1. Sono lieto di porgere il mio cordiale saluto voi tutti, membri del Sovrano consiglio del Sovrano militare ordine di Malta, in questo incontro così vicino alla solennità di san Giovanni Battista; e ringrazio vivamente il gran maestro per le nobili parole a me indirizzate anche a nome di tutti i diecimila Cavalieri presenti e operante nel mondo. La visita di quest'anno riveste un particolare significato perché avviene a breve distanza dalla celebrazione del capitolo generale, nel quale è stato eletto il nuovo governo che guiderà l'Ordine nei prossimi anni, e durante il quale è stato fatto il punto sui lavori di revisione della Carta costituzionale e del Codice, per adeguare la vostra normativa agli orientamenti del Codice Vaticano II e del nuovo Codice di diritto canonico.

Auspico che da quest'impegno, voluto dalla Chiesa per tutti gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica, scaturiscano nuovo slancio e nuovo vigore per la vostra operosità plurisecolare e un approfondimento evangelico di vita interiore.


2. Il vostro benemerito Ordine è nato in un periodo di storia caratterizzato sotto il profilo socio-politico da un'epoca di ferro, e sotto il profilo ecclesiale da una straordinaria fecondità d'istituzioni. In quest'ottica quel periodo remoto appare più vicino e la vostra ragione di essere più attuale.

In ogni epoca la vitalità perenne e incessante della Chiesa esprime le proprie figure insigni di santi e di eroi, come pure i propri movimenti per una risposta qualificata alle esigenze sempre urgenti e sempre nuove dell'uomo.

L'unica e identica grazia dello Spirito si manifesta attraverso la varietà dei carismi. Allora, alle vostre origini, il rinnovamento della vita religiosa si ebbe con la nascita e lo sviluppo dei grandi ordini contemplativi e insieme con quella originale forma di ordini religiosi che si chiamarono "cavallereschi".

Il vostro Ordine sorse col preciso intendimento di mettersi a servizio e a difesa della fede, e insieme a protezione degli oppressi e assistenza degli infermi e dei poveri. Con l'andare del tempo l'impulso originale verso questi obiettivi non è venuto meno. Esso viene stimolato dai documenti del Concilio e dal nuovo testo di diritto canonico, i quali non mancano di sottolineare l'urgenza del rinnovamento e adattamento alle mutate condizioni dei tempi (GS 7) e insieme la necessità di interpretare e di osservare lo spirito e le finalità dei fondatori (PC 2).

Sono indirizzi luminosi e vitali. La difficoltà consiste nel trovare il punto di armonia e di giusto equilibrio tra due esigenze: essere attuali senza tradire la genuinità delle origini. Come la Chiesa, ogni istituzione all'interno di essa è chiamata ad essere sempre nuova e sempre fedele a se stessa. Il vostro sforzo di ricerca, animato dal soffio dello Spirito, vi consentirà di trovare con chiarezza le vie nuove e i modi del vostro atteggiamento nel quadro del vostro carisma di fondazione, che fa parte del tesoro della Chiesa.


3. L'impegno per la difesa della fede e del povero voi lo realizzate nello sviluppo delle attività caritative, nelle quali vi prodigate con slancio generoso e animati da uno spirito qualificatamente cristiano. Voi siete nati come "Ospedalieri", e questa vostra primitiva denominazione non ha perso nulla della sua attualità. Il vostro cammino lungo i secoli attesta che è sempre stata ed è pure al presente una realtà, della quale anche gli uomini di oggi sentono l'urgenza e la necessità e verso la quale essi non mancano di manifestare la propria ammirazione.

Quel primo centro di assistenza ai malati e ai bisognosi, da Gerusalemme, dove esso nacque, accanto ai luoghi della sepoltura e della risurrezione del Signore, si è moltiplicato e via via si è diffuso per i cinque continenti in attività cristiana di ogni tipo: ospedali propriamente detti, lebbrosari, dispensari, ambulatori, banche di sangue, centri specializzati, scuole professionali, gruppi di soccorso, asili per i bambini, case di riposo per anziani, centri di raccolta e di smistamento di medicinali, borse di studio e patronati.

La carità evangelica, che porta a saper vedere Cristo nel fratello sofferente e bisognoso, non ha limiti. E vi ha spinto a portare soccorso alle popolazioni di quello che chiamano il Terzo mondo, nel Vietnam, nell'Oriente asiatico, nell'America Latina, nelle zone dell'Africa che soffrono la siccità, in regioni più vicine colpite da calamità naturali, come pure nel tormentato Libano.

L'attività multiforme, che va incontro all'infermo e all'indifeso, spinge ad operare nel quadro delle vecchie povertà e verso coloro che non hanno pane, vestito, casa, lavoro, patria, ossia delle povertà nuove, create dalla moderna società dei consumi.

Mi compiaccio per questa attività caritativa che è testimonianza di fede, perché esercitata in nome della paternità universale di Dio, ed è applicazione del Vangelo, che vuole tutti gli uomini fratelli; è costituzione del regno, dono di sé offerto per amore di colui che si è donato per noi.


4. Voglio esortarvi a interiormente arricchirvi di Dio, della sua vita trinitaria, per poter donare di più. Impegnatevi con cura, secondo i differenti vincoli che distinguono le tre classi dell'Ordine, alla vostra personale formazione religiosa, fatta di vita sacramentale, di preghiera, di ascolto della parola di Dio, di meditazione, di disponibilità alla guida dei pastori, di semplicità, autenticità, austerità vorrei dire, nei rapporti sociali interni ed esterni, di umiltà che ci porta a valorizzare più l'essere che l'avere.

Affido questo auspicio alla protezione di nostra Signora di Filermo, di san Giovanni Battista, del vostro fondatore, dei santi e dei beati del vostro Ordine.

Voglio assicurarvi infine che siete presenti nel mio cuore; nelle nomine recenti del cardinale patrono e mio rappresentante presso l'Ordine, e del prelato, vogliate vedere la sollecitudine di questa Sede apostolica, la quale, oltre che con il legame diplomatico che ha con il vostro Sovrano ordine, vuole essere vicina a voi, nel vostro cammino di perfezione, anche con una presenza pastorale.

Con questi sentimenti vi imparto di cuore la benedizione apostolica, che estendo a tutti i membri dell'Ordine gerosolimitano con un particolare pensiero per i cappellani dell'Ordine.

Data: 1984-06-26 Data estesa: Martedi 26 Giugno 1984




Alla facoltà di Medicina dell'Università Cattolica - Roma

Titolo: Aborto, eutanasia e manipolazioni genetiche: gravi pericoli

Testo:

Fratelli e sorelle carissimi!


1. Entrando in questo auditorium della facoltà di Medicina dell'università Cattolica, ho provato un sentimento di gioiosa riconoscenza: mi tornano in mente le parole che il mio predecessore Benedetto XV disse a padre Gemelli e a monsignor Olgiati, quando si accingevano a presentargli il progetto della fondazione della prima sede della Cattolica: "Fate una cosa grandiosa, degna del nome cattolico".

Questa sede universitaria è realmente grandiosa e degna della Chiesa! Da questo luogo, ove si vivono i momenti più solenni e qualificati della vita accademica e si celebrano i congressi di scienziati, che qui si ritrovano dall'Italia e dall'estero, sale al Signore il grazie del Papa e della Chiesa, un grazie che si espande nel ricordo di tante anime grandi ed esemplari, che ci hanno preceduto nel regno del Padre celeste: il padre Agostino Gemelli, Armida Barelli, Francesco Vito, Gian Carlo Brasca, personalità che per questa sede hanno dato idee, profuso energie, dedicato la vita ed elevato a Dio vibranti preghiere.

Il mio ringraziamento e il mio saluto vanno al signor rettore - al quale esprimo riconoscenza anche per le cortesi parole rivoltemi -, al preside, ai professori e agli studenti qui presenti e ai laureati sparsi in Italia e nel mondo; ma il mio pensiero va anche a tutti i servitori silenziosi e operosi, anime semplici di impiegati e operai; ai sacerdoti che svolgono il loro ministero di grazia e il mandato di formare le coscienze giovanili. A tutti dico il mio sentimento di affettuoso e grato apprezzamento.


2. Il padre Gemelli, che oggi ricordiamo in occasione del XXV della morte, spiegando ai cattolici italiani il perché della fondazione di questa facoltà di Medicina, affermava che si trattava non tanto e non solo di dare al futuro medico un'orientazione di pensiero, di farne cioè un medico, quanto di farne un medico cristiano. E aggiungeva che occorrevano medici i quali, avendo un'anima educata all'osservanza delle norme del Vangelo, vedessero nel malato un fratello da aiutare. Padre Gemelli aveva ben intuito la finalità prioritaria e caratterizzante di questa facoltà, la finalità educativa.

La professione medica oggi soffre fondamentalmente di una crisi di identità: c'è il pericolo grave che questa professione, nata e cresciuta come impegno di servizio all'uomo sofferente, dalle ideologie venga deviata e impiegata a danno della vita umana. Là dove la professione medica viene chiamata a sopprimere la vita concepita; là dove viene impiegata all'eliminazione del morente; là dove si lascia indurre a intervenire contro il disegno del Creatore nella vita della famiglia o si lascia portare dalla tentazione della manipolazione della vita umana e quando perde di vista la sua autentica finalizzazione verso l'uomo più sfortunato e più malato, essa perde il suo ethos, diventa a sua volta malata, smarrisce e offusca la propria dignità e autonomia morale.


3. Era necessario allora, ed è più necessario oggi, avere una scuola, ove tutte le componenti operino armonicamente al conseguimento della finalità educativa, che è quella di mantenere e arricchire nella professione medica la dimensione etica e la visione cristiana dell'uomo. Ricerca, didattica, testimonianza e ambiente educativo, tutto può fortunatamente convergere in una istituzione universitaria, per favorire una tradizione e una "scuola" che sappiano offrire ai giovani volonterosi una ricchezza educativa non altrimenti raggiungibile. Studenti credenti e docenti consapevoli della loro fede e delle loro responsabilità educative possono trovarsi in ogni altra analoga istituzione civile, ma sono proprio queste persone, che vivono l'esperienza e la testimonianza cristiana nella diaspora del mondo secolarizzato, che attendono da una istituzione provvidenziale come questa una linea, un pensiero e un punto di riferimento.

Dopo i vent'anni trascorsi e dopo che le strutture di ricerca, di didattica e di assistenza si sono ulteriormente sviluppate, si impone un impegno anche maggiore nel tutelare e sempre meglio promuovere l'identità morale e cristiana della facoltà voluta da padre Gemelli. La vostra facoltà ha avuto, fin dall'inizio, il beneficio di corsi istituzionalizzati di teologia e di etica, via via potenziati e armonizzati con la ricerca pluridisciplinare, in rapporto con le sempre nuove e gravi istanze provenienti dal mondo della scienza e della società; è perciò di estrema importanza che la dimensione etica e la testimonianza cristiana compenetrino tutto il clima didattico e tutto l'ambiente universitario, così che questa comunità, che padre Gemelli ha voluto limitata con il numero programmato degli studenti, diventi un ambiente educativo in sintonia con lo spirito ecclesiale e con quell'atteggiamento di servizio, che il fondatore vi ha trasmesso come suo testamento spirituale e realizzazione di quello che egli chiamava il "sogno" della sua esistenza; diventi, cioè, un ambiente di autentica fede cristiana! Vorrei qui ricordare le parole che il mio predecessore Paolo VI rivolgeva ai professori e agli studenti di tutta l'università Cattolica del Sacro Cuore in occasione del pellegrinaggio del 5 aprile 1964: "La fede è beatitudine! Non stupefacente illusione, non mitica finzione, non surrettizia consolazione; ma autentica felicità. La felicità della verità... la felicità della pienezza, la felicità della vita divina, resa possibile a qualche mirabile partecipazione umana. Non mortificazione del pensiero, non intralcio alla ricerca scientifica, non inutile peso per la snellezza dello stile spirituale moderno; ma luce, ma voce, ma scoperta, che allarga l'anima, e rende comprensibile la vita e il mondo; felicità del sapere supremo; ancora una volta, felicità del conoscere, del conoscere la verità" (Insegnamenti di Paolo VI, 11 [1964] 231-232).


4. Carissimi docenti e responsabili della direzione! A voi soprattutto la Chiesa affida questo compito educativo, impegnativo ed esaltante, e ve lo affida con trepidazione, con lealtà e con fiducia: i giovani studenti, futuri medici, e coloro che sono già laureati, guardano a voi come a maestri del sapere scientifico, esperti dell'arte della professione medica, ma anche, e soprattutto, come a maestri di vita e di impegno morale.

Questa testimonianza e questo impegno educativo esigono contatto continuato e fraterno con i collaboratori e gli studenti, richiedono dedizione di tempo e di energie, sacrificio di interessi personali forse anche legittimi; ma sarete ripagati dalla gioia di veder fiorire una generazione di professionisti adeguati ai tempi e alle necessità dell'umanità che attende il loro servizio.

Quando rifletto sul numero dei vostri laureati - sono già 2412, operanti in tutta Italia e all'estero e anche in Paesi di missione - quando penso al numero e alla qualificazione dei docenti e al personale amministrativo, che ogni giorno popola questa comunità e la rende operosa di bene, penso a quale dono padre Gemelli e i miei predecessori hanno fatto all'Italia, a Roma e alla Chiesa; penso a quanta illuminazione e aiuto potranno venire alla comunità ecclesiale e alla società civile con la formazione di medici, infermieri, diplomati nelle professioni sanitarie! Voglio ricordare anche, tra gli altri organismi, il "Centro di studio e ricerca sui problemi della fertilità umana" e il Consultorio dedito alla formazione dei consulenti familiari: da tutte le scuole di preparazione e di specializzazione e da questi centri può venire alla società e alla Chiesa un immenso impulso di bene e di testimonianza che è, e sarà sempre più, la vera gloria di questa provvidenziale istituzione.

Cari giovani studenti, sono venuto a portarvi il conforto e l'incoraggiamento della Chiesa; soprattutto sono venuto per proclamare con voi la fede in Gesù Cristo, Figlio di Dio incarnato, Redentore dell'uomo e centro della storia. Non trascurate la luce della fede; mettetela al primo posto nell'animo vostro; meditatela ogni giorno e dissetatevi alla purissima sorgente dell'insegnamento della Chiesa, che, insieme all'Eucaristia che ogni giorno si celebra in diversi orari nella vostra Chiesa, sarà il centro propulsore e il cuore vigoroso della vostra comunità, sorta dall'amore di Cristo, a cui attinsero i fondatori, e aperta all'amore degli uomini e dei fratelli più sofferenti e più bisognosi.


5. L'avvenire di questa facoltà, per la cui esistenza ed espansione i responsabili incontrano tante difficoltà di ordine materiale, dipenderà da una triplice armonia: l'armonia della vostra vita e dei vostri intenti educativi con l'insegnamento di Cristo e della Chiesa; l'armonia della vostra facoltà con la vita e i problemi della Chiesa di Roma e dell'Italia; l'armonia all'interno della vita universitaria fra le persone e le componenti di questa comunità. Armonia sostanziata di verità, di collaborazione leale e sincera, di reciproco aiuto.

Certamente il compito scientifico e le responsabilità operative sono immense, diuturne e quasi assillanti; la facoltà deve rispondere a impegni di ricerca, di didattica, di aggiornamento, di cultura, di assistenza medica; ma tutto questo ha bisogno di un'anima e di una chiara orientazione: la stella polare del lavoro quotidiano si può unicamente trovare nella parola di Dio e nell'insegnamento della Chiesa. E affinché questo contatto con la parola di Cristo e della Chiesa sia costante e duraturo, occorre potenziare e vivificare il legame con la comunità ecclesiale: con la Chiesa di Roma, che vi ospita e che ha bisogno del vostro pensiero e del vostro contributo; con la Chiesa italiana, che indubbiamente continuerà a sentire e a sostenere sempre meglio questa università e questa facoltà che già le rende tanti servizi; con la Chiesa universale, ricca di umanità e carica dei problemi di tutti gli uomini.

E' la natura stessa della ricerca della didattica universitaria, che richiede armonia e multiforme collaborazione, ma è ancor più l'esigenza di formare un ambiente educativo per un'espressione di alta tensione morale, che esige vera e fraterna collaborazione. Sarà tale armonia a far sentire ai giovani la gioia di trovarsi in una famiglia e in una comunità ecclesiale, che - con l'aiuto dei docenti, dei responsabili e dei sacerdoti - prosegua e intensifichi l'opera formativa delle parrocchie e delle diocesi, da cui essi sono stati inviati. Sarà questa armonia a consentire il raggiungimento dei fini istituzionali e l'adempimento delle molteplici responsabilità di servizio; sarà quest'armonia, arricchita dalla vita ecclesiale, a dare la testimonianza che oggi si attende sempre maggiormente da tutte le espressioni e le opere del mondo cattolico.

Con questi sentimenti ripeto la supplice preghiera, pronunciata nel giorno dell'inaugurazione del primo anno accademico, dal mio venerato predecessore Giovanni XXIII, mentre affidava a Maria, sede della sapienza, questa comunità esprimendosi con le parole scolpite nel marmo della parete della vostra chiesa centrale: "Beatissima Virgo Maria, sedes sapientiae, salus infirmorum, caelestis patrona, praesentissima opifera, in hoc domicilium, quod tuum est, misericordes oculos converte, hoc materno tuere praesidio!" ("O beatissima Vergine Maria, sede della sapienza, salute degli infermi, celeste patrona, potentissima soccorritrice, volgi i tuoi occhi misericordiosi verso questa casa che è tua, e proteggila col tuo materno aiuto").

La mia benedizione vi accompagni sempre!

Data: 1984-06-28 Data estesa: Giovedi 28 Giugno 1984





GPII 1984 Insegnamenti - Al collegio San Lorenzo da Brindisi - Roma