GPII 1984 Insegnamenti - Ai Canonici regolari confederati - Città del Vaticano (Roma) - Preghiera e vita comune nello spirito di sant'Agostino

Ai Canonici regolari confederati - Città del Vaticano (Roma) - Preghiera e vita comune nello spirito di sant'Agostino



Dilettissimi Canonici regolari.

Sono lieto di salutarvi in questi Palazzi vaticani: sono lieto di salutare innanzitutto il vostro abate primate, che ringrazio delle sue parole piene di riverenza, gli abati generali delle congregazioni, compreso il superiore generale della congregazione dell'Immacolata Concezione e gli altri abati. Una ragione specifica vi ha spinto a confluire a Roma da varie parti del mondo, per riunirvi a congresso: infatti 25 anni fa, in questa alma città, e proprio nella Basilica Lateranense, che per un periodo abbastanza lungo è stata retta dal vostro ordine, con un solenne rito avete dato origine alla Confederazione. Ad essa fu dato lo scopo di "unire" le parti del vostro ordine in un vincolo di carità, accrescere le forze di tutto l'ordine e prestarsi aiuto vicendevole, specialmente per quanto riguarda la parte spirituale, l'educazione dei giovani e la cultura (lettera apostolica "Caritatis unitas", 4 maggio 1959).

Il vostro ordine, che conoscevo già bene attraverso la congregazione lateranense del Santissimo Salvatore, dato che tale congregazione ha sede a Cracovia, capo della provincia della Polonia, e opera in vari luoghi della mia patria nella vigna del Signore, è un ordine molto antico puramente clericale, giacché mette in relazione la vita religiosa, da condurre in comune, con il ministero liturgico e pastorale. In questo vi è di luminoso esempio sant'Agostino, del quale seguite la regola e che "volle avere nella casa del vescovo il monastero del clero" (cfr. "Serm." 355, 1: PL 39, 1570).

Sull'identità delle famiglie religiose si parla molto in questi tempi, in cui gli uomini e le cose vanno incontro a veloci cambiamenti, acquistano importanza nuovi motivi psicologici, specialmente tra i giovani, si attribuisce forse troppo peso all'azione esteriore. perciò anche voi dovrete attentamente riflettere sulla vostra vera identità. Poiché "torna a vantaggio della Chiesa stessa che gli istituti abbiano una loro propria fisionomia e una loro propria funzione" (PC 2), dovrete adoperarvi perché il luogo che la divina Provvidenza vi ha assegnato nella Chiesa stessa, voi lo difendiate con operosità, venendo incontro, per quanto è necessario, alle nuove esigenze senza allontanarvi dalle tradizioni consolidate.

Come Canonici siete legati al solenne culto divino della Chiesa, che consiste soprattutto nella Liturgia delle Ore e nella celebrazione dell'Eucaristia, fatte coralmente. Memori che "la liturgia è il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e, insieme, è la fonte da cui promana tutta la sua virtù" (cfr. SC 10), dovrete curare con un nuovo ardore dell'animo che a questo compito, a voi proprio e peculiare, adempiate secondo il mandato della Chiesa, degnamente e fruttuosamente. In questo vi viene proposta anche una singolare forma di apostolato, come ai sacerdoti cui è affidata la cura delle anime, che ha lo scopo di portare i fedeli "alla partecipazione consapevole e attiva alle celebrazioni liturgiche", partecipazione che si esprime anche specificamente nella Liturgia delle Ore almeno in parte con voi.

L'azione liturgica, naturalmente, deve essere accompagnata dalla preghiera personale, dato che il Signore ci insegna che dobbiamo pregare nel nostro cuore (cfr. Mt 6,6) e san Paolo ci esorta a pregare senza interruzione (cfr. 1Th 5,17). In tanto rumore del mondo, in tanta concitazione dell'attività umana, tra tante cose che distolgono facilmente la mente da quell'"unico necessario" (cfr. Lc 10,42), soprattutto in questi tempi, ci si deve adoperare in ogni modo per trascorrere una vita il più possibile unita a Dio. A questo proposito riescono molto appropriate le parole di sant'Agostino: "Il suono della voce si alterni nel tempo, perpetua sia la voce interiore.

Quando vieni in Chiesa a recitare l'inno, la tua voce fa risuonare le lodi di Dio: hai recitato le preghiere, quanto hai potuto, te ne sei andato; risuoni la tua anima delle lodi di Dio" ("Enarr. in Ps." 102, 2: PL 37, 1317).

Questi alimenti spirituali della pietà personale riguardano anche, com'è naturale, il ministero pastorale. Vi sia di esempio Alano di Solminihac, luce del vostro ordine, al quale tre anni fa sono stati decretati gli onori dei beati; certamente egli rese feconda la vita liturgica e l'azione apostolica, intensissima, con la consuetudine della preghiera.

Voi vi chiamate Canonici regolari da quando il vostro istituto di Canonici è stato riformato dal Sinodo Laterano del 1059, essendo stata ripristinata la vita comunitaria "sine proprio".

Giustamente è scritto nella dichiarazione sulla vita canonica, che dopo il Concilio Vaticano II avete steso come opera di collaborazione: "La vita comune, che è una delle caratteristiche proprie dell'ordine... somministri le forze alle famiglie dei Canonici per meglio assolvere ai ministeri e per il conseguimento della perfetta carità, realizzi la personalità di ciascuno e la difenda dai pericoli".

Sia dunque ciascuna comunità dei Canonici regolari "una vera famiglia, riunita nel Signore" (PC 15), nella quale ci sia la comunione dei cuori, giacché i fratelli "abitano unanimi nella casa e hanno un cuore solo e un'anima sola in Dio" (cfr. Regola di sant'Agostino, 1), nella quale poi ci sia la comunione della preghiera, cui essi "si dedicano in ore e tempi stabiliti", soprattutto per ciò che riguarda l'attività pastorale e la comunione dei beni, dato che essi hanno "tutto in comune". Da una tale comunità "promana grande energia per l'apostolato", come il Concilio Vaticano II dichiara con un'appropriatissima formulazione (PC 15).

La celebrazione del 25° è stata stabilita dalla vostra Confederazione quasi come una sosta, nella quale è necessario che facciate una pausa per considerare la vostra condizione con maggior attenzione: questa riunione delle vostre congregazioni, fondata soprattutto sulla carità, è assai opportuna per i nostri tempi, nei quali è più agevole il rapporto tra gli uomini e più incline la loro volontà di associarsi. Non sia dunque fa Confederazione come un nome senza sostanza, ma è necessario che essa venga continuamente vivificata e sia animata da spirito di vera fraternità e cooperazione. Risponderà così all'aspettativa della Chiesa che l'ha approvata.

Siate dunque figli sinceri e fedeli della Chiesa. Ascoltate di nuovo sant'Agostino, vostro padre legislatore: "Amiamo il Signore Dio nostro, amiamo la sua Chiesa: quello come il Signore, questa come la sua serva, poiché siamo figli della sua serva. Considerate dunque, carissimi, considerate tutti unanimemente Dio come padre e la Chiesa come madre" ("Enarr. in Ps", 88, 14: PL 37, 1140-1141).

Figura singolare della medesima Chiesa è la beatissima Vergine Maria, al cui Cuore Immacolato il vostro ordine è consacrato. Imitate Maria che era sempre sottomessa alla volontà di Dio! Obbedite a lei, che sembra esortarvi per quanto riguarda suo Figlio: "Fate tutto quello che vi dirà" (Jn 2,5).

Infine, per darvi forza e solidità per realizzare compiutamente la vostra nobile vocazione, impartisco di tutto cuore la benedizione apostolica a tutti voi, che siete qui presenti, benedizione che voglio giunga anche alle vostre singole famiglie religiose, alle Canoniche regolari e alle altre sorelle che seguono la regola del vostro Ordine, e anche agli altri fratelli, cioè ai sacerdoti diocesani e ai laici aggregati al vostro ordine spiritualmente.

Data: 1984-07-10 Data estesa: Martedi 10 Luglio 1984










All'arrivo nella residenza estiva - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Saluto ai presenti e augurio di buona permanenza

Testo:

Buona sera. Sia lodato Gesù Cristo. Il mio arrivo era ufficialmente fissato per il giorno 15, domenica. Allora questo mio arrivo di oggi non è un arrivo! Almeno nel senso ufficiale. Vi sono grato per la vostra presenza qui e vi saluto cordialmente tutti: cittadini e ospiti di Castel Gandolfo perché in questo periodo di vacanze Castel Gandolfo diventa una cittadina molto più numerosa. Saluto le suore, saluto i carissimi confratelli nel presbiterato, i sacerdoti; voglio salutare le autorità, il signor sindaco che vedo sul balcone, così anche le autorità della diocesi di Albano. Mi trovo sempre molto bene sotto la giurisdizione del vostro vescovo monsignor Dante Bernini. Lo saluto cordialmente. Sta qui dietro a me.

Saluto poi l'autorità della casa, il direttore delle Ville pontificie e tutti i suoi collaboratori; infine la Specola vaticana, i padri Gesuiti che dirigono questa Specola. Forse non tutti lo sanno ma è un'istituzione molto importante. Ci affidiamo alla Madonna che è tanto venerata nella vostra chiesa parrocchiale. così devo salutare e saluto, lo faccio anche con grande piacere e di tutto cuore, il vostro parroco. E così divento, come già per tutte le altre volte, il vostro concittadino e il vostro parrocchiano.

Mi raccomando alle vostre preghiere; attendo le vostre visite, le visite dei cittadini di Castel Gandolfo e degli ospiti, per incontrarci e per approfittare della nostra permanenza comune creando così anche una comunità e una comunione. Questa comunione la viviamo con la presenza di Gesù, così come lui ha detto: "Dove sono due o tre congregati nel mio nome, io sono con loro".

Vi benedico, carissimi, e vi auguro una buona permanenza a Castel Gandolfo e nei dintorni.

Data: 1984-07-11 Data estesa: Mercoledi 11 Luglio 1984




Recita dell'Angelus - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Primo appuntamento estivo per il papa a Castel Gandolfo

Testo:


1. Il Vangelo dell'odierna domenica ci ricorda la parabola del seminatore. Cristo, prima, annuncia questa parabola alla folla riunita sulla riva del lago e poi la spiega ai suoi discepoli. La parola ai Dio è simile al seme che il seminatore sparge perché porti frutti nelle anime degli uomini Il profeta Isaia ha preparato un largo terreno per tale comprensione della parabola evangelica. Ecco che cosa leggiamo nell'odierna liturgia: "Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo e non vi ritornano senza avere irrigato la terra, senza averla fecondata e fatta germogliare, perché dia il seme al seminatore e pane da mangiare, così sarà della parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata" (Is 55,10-11); così dice il Signore.

Ci siamo riuniti in questa domenica per recitare insieme l'Angelus Domini. Desideriamo venerare con questa preghiera la parola di Dio operante nell'anima di Maria ai Nazaret. Vogliamo onorare Maria, sulla quale si è compiuta nel modo più perfetto la parabola evangelica, come pure la profezia di Isaia. La parola di Dio seminata nel cuore di Maria ha dato i frutti più belli! Desideriamo pregare, in pari tempo, affinché la parola di Dio porti i suoi frutti anche nei nostri cuori, secondo le parole delle parabole di Cristo.

Affinché non ritorni "senza effetto". Preghiamo perché la potenza salvifica della parola di Dio sia accolta generosamente nelle anime degli uomini. Preghiamo perché vi sia il soprannaturale buon raccolto nei cuori.


2. In questa domenica desidero ripetere il mio affettuoso saluto anzitutto agli abitanti di Castel Gandolfo, in mezzo ai quali trascorrero il periodo delle ferie estive; penso in particolare alle autorità qui rappresentate dal sindaco e dalla giunta comunale, ai padri e madri di famiglia, alla gioventù, agli ammalati e alle persone anziane, a cui raccomando un ricordo costante nella preghiera.

Il mio saluto si estende anche a quanti si trovano, in questo momento, in piazza San Pietro a Roma, per unirsi a me, mediante il collegamento radio, nella preghiera mariana dell'Angelus, e a tutti coloro che, nel mondo, stanno ascoltando la mia voce.

Vorrei anche indirizzare uno speciale ricordo a tutti coloro che in questi giorni hanno iniziato, o fra poco inizieranno, le loro vacanze dal lavoro e dallo studio; al saluto si aggiunge l'auspicio che questa pausa di atteso e necessario riposo giovi a rinfrancare non soltanto le energie fisiche, ma anche - e soprattutto - quelle spirituali, mediante la riflessione, la meditazione, l'ascolto più attento e docile della parola di Dio, la preghiera più calma e prolungata, specialmente nel contatto diretto ed esaltante della natura, creazione di Dio.

A tutti, buone e serene vacanze! Preghiera per le vittime della sciagura jugoslava Ho appreso con vivo dolore la triste notizia della sciagura ferroviaria avvenuta ieri a Divaccia, in Jugoslavia. Nell'elevare preghiere di suffragio per le 36 vittime, esprimo agli afflitti familiari la mia solidarietà e la mia partecipazione, e assicuro ai feriti la mia spirituale vicinanza.

Data: 1984-07-15 Data estesa: Domenica 15 Luglio 1984




Udienza generale - La norma dell'"Humanae Vitae" deriva dalla legge naturale


1. Nell'enciclica "Humanae Vitae" (HV 11) si legge: "Richiamando gli uomini all'osservanza delle norme della legge naturale interpretata dalla sua costante dottrina, la Chiesa insegna che qualsiasi atto matrimoniale deve rimanere per sé aperto alla trasmissione della vita".

In pari tempo lo stesso testo considera e perfino pone in rilievo la dimensione soggettiva e psicologica, quando parla del "significato", ed esattamente dei "due significati dell'atto coniugale". Il "significato" nasce nella coscienza con la rilettura della verità (ontologica) dell'oggetto. Mediante questa rilettura, la verità (ontologica) entra per così dire nella dimensione conoscitiva: soggettiva e psicologica.

L'"Humanae vitae" sembra volgere particolarmente la nostra attenzione verso quest'ultima dimensione. ciò è confermato tra l'altro, indirettamente, anche dalla frase seguente: "Noi pensiamo che gli uomini del nostro tempo sono particolarmente in grado di afferrare il carattere profondamente ragionevole e umano di questo fondamentale principio" (HV 12).


2. Quel "carattere ragionevole" riguarda non soltanto la verità nella dimensione ontologica, ossia ciò che corrisponde alla struttura reale dell'atto coniugale.

Esso riguarda anche la stessa verità nella dimensione soggettiva e psicologica, vale a dire la retta comprensione dell'intima struttura dell'atto coniugale, cioè l'adeguata rilettura dei significati corrispondenti a tale struttura e della loro connessione inscindibile, in vista di un comportamento moralmente retto. In questo consiste appunto la norma morale e la corrispondente regolazione degli atti umani nella sfera della sessualità. In tal senso diciamo che la norma s'identifica con la rilettura, nella verità, del "linguaggio del corpo".


3. L'enciclica "Humanae Vitae" contiene dunque la norma morale e la sua motivazione, o almeno un approfondimento di ciò che costituisce la motivazione della norma. Poiché, per altro, nella norma si esprime in modo vincolante il valore morale, ne segue che gli atti conformi alla norma sono moralmente retti, gli atti contrari sono invece intrinsecamente illeciti. L'autore dell'enciclica sottolinea che tale norma appartiene alla "legge naturale", vale a dire, che essa è conforme alla ragione come tale. La Chiesa insegna questa norma, sebbene essa non sia espressa formalmente (cioè letteralmente) nella Sacra Scrittura; e ciò fa nella convinzione che l'interpretazione dei precetti della legge naturale appartenga alla competenza del magistero.

Possiamo tuttavia dire di più. Anche se la norma morale, in tal modo formulata nell'enciclica "Humanae Vitae", non si trova letteralmente nella Sacra Scrittura, nondimeno dal fatto che essa è contenuta nella tradizione e - come scrive il papa Paolo VI - è stata "più volte esposta dal magistero" ai fedeli, risulta che questa norma corrisponde all'insieme della dottrina rivelata contenuta nelle fonti bibliche.


4. Si tratta qui non solo dell'insieme della dottrina morale racchiusa nella Sacra Scrittura, delle sue premesse essenziali e del carattere generale del suo contenuto, ma di quel complesso più ampio, al quale abbiamo dedicato in precedenza numerose analisi trattando della "teologia del corpo".

Proprio sullo sfondo di tale ampio complesso si rende evidente che la menzionata norma morale appartiene non soltanto alla legge morale naturale, ma anche all'ordine morale rivelato da Dio: anche da questo punto di vista essa non potrebbe essere diversa, ma unicamente quale la tramandano la tradizione e il magistero e, ai giorni nostri, l'enciclica "Humanae Vitae", come documento contemporaneo di tale magistero.

Paolo VI scrive: "Noi pensiamo che gli uomini del nostro tempo sono particolarmente in grado di afferrare il carattere profondamente ragionevole e umano di questo fondamentale principio" (HV 12). Si può aggiungere: essi sono in grado di afferrare anche la sua profonda conformità con tutto ciò che viene trasmesso dalla tradizione scaturita dalle fonti bibliche. Le basi di questa conformità sono da ricercarsi particolarmente nell'antropologia biblica.

D'altronde, è noto il significato che l'antropologia ha per l'etica, cioè per la dottrina morale. Sembra essere del tutto ragionevole cercare proprio nella "teologia del corpo" il fondamento della verità delle norme che riguardano la problematica così fondamentale dell'uomo in quanto "corpo": "i due saranno una sola carne" (Gn 2,24).


5. La norma dell'enciclica "Humanae Vitae" riguarda tutti gli uomini, in quanto è norma della legge naturale e si basa sulla conformità con la ragione umana (quando, s'intende, questa cerca la verità). A maggior ragione essa concerne tutti i credenti membri della Chiesa, dato che il carattere ragionevole di questa norma trova indirettamente conferma e solido sostegno nell'insieme della "teologia del corpo". Da questo punto di vista abbiamo parlato, nelle precedenti analisi, dell'"ethos" della redenzione del corpo.

La norma della legge naturale, basata su questo "ethos", trova non soltanto una nuova espressione, ma anche un pieno fondamento antropologico ed etico sia nella parola del Vangelo, sia nell'azione purificante e corroborante dello Spirito Santo.

Vi sono tutte le ragioni affinché ogni credente e in particolare ogni teologo rilegga e comprenda sempre più profondamente la dottrina morale dell'enciclica in questo contesto integrale.

Le riflessioni, che da lungo tempo facciamo qui, costituiscono appunto un tentativo di tale rilettura.

[Ai pellegrini polacchi:] Prego ardentemente perché l'importante questione della vita coniugale e familiare sia trattata con grande serietà e responsabilità nella mia patria, in quanto il futuro della nazione dipende dalle famiglie, e quindi dai coniugi. Se i coniugi vivono nello spirito di responsabilità cristiana, di responsabilità paterna, i frutti che da ciò scaturiscono per la società, per la nazione, sono sani. Ed è così importante che il futuro della nostra nazione sia assicurato dai sani frutti della paternità responsabile nella nostra terra polacca. La forza è nella morale, la forza è nello spirito. Non cediamo alle debolezze del corpo. Cerchiamo la forza nel Cristo, in colui che ci ha dato il suo Spirito ed è lo Spirito che plasma e penetra nella nostra vita, in tutte le sue sfere, e soprattutto in questa importantissima sfera della vita coniugale. Dio benedica tutti gli sforzi della Chiesa e degli uomini di buona volontà in Polonia che capiscono e costruiscono questa forza morale; ci riflettano sopra invece coloro che cercano di distruggerla. Si tratta di una questione fondamentale per la vita umana, la vita coniugale, la vita familiare e nazionale.

Data: 1984-07-18 Data estesa: Mercoledi 18 Luglio 1984




Ai dipendenti delle Ville pontificie - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Partecipazione all'Eucaristia come missione di vivere in Cristo

Testo:

Siamo venuti qui a portare al Signore un dono specifico: il pane e il vino.

Possiamo dire che con questo dono ciascuno di noi ha portato all'altare tutta la propria vita, in tutte le sue componenti, siano esse negative che positive, siano esse dolorose o gioiose. Questo giardino, tanto ricco di elementi naturali, è solo una parte del mondo visibile che si è unito alla nostra offerta. Noi uomini invece, portando noi stessi in dono, offriamo anche la parte invisibile, quella parte cioè che corrisponde alla nostra vita, al nostro lavoro; ma con essa portiamo anche tutta la parte visibile del mondo, e non solo una parte: la terra, il cielo, tutti i pianeti, l'universo, cioè tutto il mondo visibile creato da Dio.

Così, venendo a questo incontro, abbiamo portato con noi la ricchezza del creato.

E siamo venuti per offrire questo mondo creato al suo Creatore, e abbiamo voluto farlo in Gesù Cristo, il centro della nostra assemblea liturgica.

Egli stesso ha ricevuto i nostri doni simbolici, il pane e il vino, per fare di questi doni un'offerta di sacrificio del suo corpo e del suo sangue. così, nei nostri semplici doni, abbiamo celebrato la morte di Cristo sulla croce, e la sua risurrezione. Ecco quale contenuto hanno acquistato questi nostri poveri doni, pane e vino.

Abbiamo celebrato Cristo morto e risorto, crocifisso e asceso al cielo; Cristo uomo vero, figlio della vergine Maria, fedele a Dio che, figlio unigenito, porta a suo Padre tutto il dono del creato e tutto il bene del cuore umano. Ecco, tutto questo, carissimi fratelli e sorelle, tutto questo ha fatto parte del nostro sacrificio.

Così poveri, andando con il nostro povero dono, dono del pane e del vino, dono della nostra esistenza quotidiana, siamo diventati immensamente ricchi per la transustanziazione di questo dono nel corpo e sangue di Cristo. Ecco, lui stesso porta al Padre, offre al Padre noi tutti e tutto il mondo. Ecco l'Eucaristia, qual è la sua vera dimensione; qual è il mistero che abbiamo celebrato. E per ottenere i frutti di questa celebrazione, i frutti di questo sacrificio, tutti abbiamo ricevuto pane consacrato e vino, il corpo e il sangue di Cristo, perché lui vuole trovare una dimora in ciascuno di noi.

Ecco la nostra ricchezza di questa mattina: siamo diventati ricchi quanto la santissima Eucaristia, quanto quel mistero sacramentale cui abbiamo preso parte. Carissimi, per confermare tutto questo ringraziamo con l'ultima preghiera e poi riceviamo la benedizione. Tutta la celebrazione è una benedizione.

Abbiamo vissuto un'ora nella benedizione di Dio, dentro la benedizione di Dio, Padre e Figlio e Spirito Santo. E il segno della fine della celebrazione eucaristica è l'ultima conferma della benedizione in cui abbiamo vissuto. E' anche un augurio affinché sempre viviamo in quella benedizione del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Che essa costituisca la nostra vita; che ciascuno interpreti questa partecipazione all'Eucaristia come la missione di vivere in Cristo; la missione di vivere in quella dimensione che Cristo ci ha aperto, che Cristo ci ha costituito: vivere la sua vita quotidiana. E anche tutto il mondo, tramite noi, deve svolgere questa missione, questa dimensione: essere, esistere in Cristo. così la nostra vita si incammina sulla strada della verità. Auguro a tutti questa via, la vita che Cristo ci ha impartito come un cibo di ogni giorno della settimana e che si apre con questo giorno del Signore, con questa domenica.

Data: 1984-07-22 Data estesa: Domenica 22 Luglio 1984




Recita dell'Angelus - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: La grazia cresce in noi mediante la preghiera

Testo:


1. Nella liturgia dell'odierna domenica la Chiesa ci ricorda la parabola con cui Gesù Cristo ha parlato del regno di Dio. "Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa... si può paragonare al lievito..." (Mt 13,31-33). Il regno dei cieli si può pure paragonare a un campo, in cui si semina il buon seme, ma un nemico semina zizzania in mezzo al buon grano. Il padrone lascia che l'uno e l'altra crescano insieme fino alla mietitura (cfr. Mt 13,24-30). Ricordando questo insegnamento, la Chiesa ci invita a trovare il nostro posto nel regno di Dio e a far si che esso cresca in ciascuno di noi.

E perciò ci insegna a pregare. Infatti il regno di Dio cresce in noi, prima, mediante la preghiera. Nella preghiera la debolezza dell'uomo si incontra con la potenza di Dio. "Lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza, perché nemmeno sappiamo che cosa sia conveniente domandare, ma lo Spirito stesso intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili; e colui che scruta i cuori sa quali sono i desideri dello Spirito, poiché egli intercede per i credenti secondo i disegni di Dio" (Rm 8,26-27). così scrive san Paolo apostolo ai romani.

Nessuno degli uomini, nessuno dei santi, ha pregato così intensamente nello Spirito Santo come Maria. Quando recitiamo l'Angelus Domini preghiamo in unione con lei. Che lo Spirito Santo, per intercessione della Vergine santissima, suo tempio immacolato, sostenga la nostra preghiera, perché mediante essa si avvicini il regno di Dio in noi stessi e in tutto il creato!


2. Conclude oggi i suoi lavori in Kinshasa, nello Zaire, la settima assemblea del simposio delle Conferenze episcopali dell'Africa e del Madagascar. Ad essa prende parte anche monsignor Dermot J. Ryan, pro-prefetto della Sacra congregazione per l'evangelizzazione dei popoli.

Nell'inviare un cordiale saluto ai venerati fratelli cardinali, arcivescovi e vescovi, colà raccolti, esprimo l'auspicio che l'importante incontro valga a favorire una sempre più profonda armonia di intenti e di iniziative pastorali, per l'espansione della Chiesa in Africa e per il crescente sviluppo di quel grande e amato continente. Per questi scopi invito anche voi, qui presenti, ad elevare con me la vostra preghiera al Signore.

[Dopo la preghiera:] Si apre oggi a Budapest la settima assemblea generale della Federazione luterana mondiale, che mediterà sul tema: "ln Cristo, speranza del mondo". Desidero rivolgere il mio saluto ai partecipanti a tale importante riunione. Dai giorni del Concilio Vaticano II, il Segretariato per l'unione dei cristiani conduce un fecondo dialogo teologico con la Federazione luterana mondiale; invito pertanto i presenti e tutti coloro che ascoltano la mia voce a invocare lo Spirito Santo per l'assemblea di Budapest, perché i lavori diano frutti di bene e contribuiscano al ristabilimento della piena unità tra tutti i cristiani.

Data: 1984-07-22 Data estesa: Domenica 22 Luglio 1984




Alla Compagnia giapponese del "Noh" - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: L'arte teatrale giapponese in uno spettacolo offerto al Papa

Testo:

[Omissis. Rivolgendosi alle personalità presenti:] Desidero aggiungere un cordiale saluto a tutti gli italiani presenti, tra i quali mi piace notare le autorità e gli ambasciatori. Carissimi, sono lieto della vostra partecipazione a questo importante avvenimento artistico, quale è stato la rappresentazione del dramma Noh, intitolato "Hagaromo".

Questa singolare e straordinaria esperienza teatrale, che ci ha messo in contatto con una delle forme più raffinate e significative dell'antichissima cultura del Giappone, ha indubbiamente posto il nostro essere in una particolare sintonia con quel grande popolo, aperto alla bellezza, alla verità, alla religiosità. Con l'auspicio che questi valori siano sempre affermati, esaltati e diffusi dalle varie forme della cultura, esprimo a voi tutti i miei ringraziamenti per la vostra presenza, e rinnovo le mie congratulazioni agli attori, al regista e agli organizzatori di questa iniziativa.

Vi accompagni la mia benedizione apostolica.

Data: 1984-07-22 Data estesa: Domenica 22 Luglio 1984




Alla messa per giovani olandesi - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Ogni uomo nella vita è chiamato a una vocazione particolare

Testo:

Voi avete fatto il vostro pellegrinaggio a Roma, riflettendo sul tema speciale della vocazione. Ogni uomo è chiamato da Dio ad aderire a lui nella libertà e a vivere la propria vita come un pellegrinaggio verso la terra promessa, verso la felicità eterna nel cielo. Questa è una vocazione all'amore, perché l'amore è il passaporto, con cui l'uomo sarà ammesso nel regno che il Padre ha preparato per gli eletti fin dalla fondazione del mondo.

Per mezzo del Battesimo avete accettato in principio l'invito di Dio, cioè la vocazione all'amore. Ma l'amore conosce vie diverse e perciò Dio chiama gli uomini a diverse forme di vita. La maggior parte degli uomini vengono chiamati al matrimonio, al patto d'amore fra un uomo e una donna che promettono per tutta la vita fedeltà nel loro amore reciproco e nell'amore per i figli che Dio dona loro come frutto e coronamento del loro amore. Altri sono chiamati da Dio al sacerdozio, in virtù di una vocazione particolare, come Cristo ha chiamato in modo speciale gli apostoli, affinché per mezzo della predicazione del Vangelo e dell'amministrazione dei sacramenti invitino tutti gli uomini a rispondere alla vocazione generale alla fede in Dio e all'amore per lui e per il prossimo. E altri ancora vengono chiamati in virtù di una vocazione particolare alla vita religiosa, per dare testimonianza, per mezzo della povertà, verginità e obbedienza, delle dimensioni più profonde della vocazione evangelica all'amore e della relatività di tutti i valori terrestri rispetto al valore infinito della vita di amore perfetto nel cielo.

Voi siete adesso nell'età nella quale dovete scegliere un proprio modo specifico col quale realizzare, nella vostra vita di adulti, la vocazione generale alla fede e all'amore. Dovete ancora rispondere alla vocazione particolare che Dio rivolge a ciascuno di voi personalmente. Di cuore voglio invitarvi a pregare Dio con fervore e insistenza in questa celebrazione eucaristica per ottenere la grazia di poter discernere con chiarezza ciascuno la propria vocazione specifica e di potervi rispondere in modo generoso e con fedeltà sincera.

Data: 1984-07-23 Data estesa: Lunedi 23 Luglio 1984



Messaggio all'arcivescovo di Papeete - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Incoraggiata l'evangelizzazione delle Chiese del Pacifico

Testo:

A monsignor Michel Coppenrath, arcivescovo di Papeete.

"Cantate al Signore un canto nuovo, lode a lui fino all'estremità della terra; lo celebri il mare con quanto esso contiene, le isole con i loro abitanti" (Is 42,10).

E' facile oggi far nostro questo inno di azione di grazia del profeta Isaia, testimone della bontà di Dio per il suo popolo e che vuol far condividere la sua gioia all'universo intero. Esso assume un significato nuovo e una nuova dimensione.

Ecco ormai trascorsi 150 anni da quando i primi missionari della congregazione del Sacro Cuore di Gesù e di Maria sbarcavano a Mangareva, nella laguna dei Gambier e vi celebravano la prima messa il 10 agosto 1834. Dopo il fallito tentativo dei Francescani spagnoli nel 1774 e il generoso annuncio del Vangelo da parte dei missionari protestanti della Società missionaria di Londra sin dal 1797, fu quello l'inizio dell'evangelizzazione cattolica di tutta la Polinesia, nel Pacifico del Sud. E oggi, gli abitanti di queste isole molteplici e sparse su un immenso spazio marino, intorno a Tahiti, hanno ampiamente offerto la loro fede al Cristo. Formano delle comunità vive che fanno onore alla Chiesa e recano una bellissima testimonianza.

Nella visione dei profeti dell'antica alleanza, le isole chiamate a conoscere la gloria di Dio potevano sembrare "lontane" (Is 69,19 Jr 31,10). Non lo erano nel cuore e nel pensiero di Dio, che vuole riunire e salvare i figli di tutte le nazioni e di tutte le culture. Quando fu data alla Chiesa l'occasione provvidenziale, quando fu piantato il seme, l'albero non tardo a crescere e a portare i suoi promettenti frutti.


2. Ecco perché sono felice di unirmi alla vostra gioia e a quella di tutti coloro che celebreranno quest'anniversario con voi, a Tahiti e nelle isole vicine. Vi unisco la Chiesa di Roma. E invito tutta la Chiesa a unirsi alla nostra azione di grazia. La nostra lode s'innalza a Dio che ha suscitato questo movimento di fede nella parola del suo Figlio Gesù, l'ha conservato e rafforzato con il suo Spirito Santo.

La nostra gioia si esprime dinanzi a Maria, nostra Signora di pace, "Maria no te Hau", nella quale sin dall'inizio hanno confidato i missionari. Allo stesso tempo la nostra riconoscenza è rivolta a quei pionieri che non avevano altra meta che l'annuncio del Vangelo del Salvatore e l'amore per i popoli dei quali avevano appena appreso l'esistenza: i Padri di Picpus, le Sorelle di san Giuseppe di Cluny, i fratelli dell'Istruzione cristiana di Ploërmel ai quali si sono aggiunte le Suore missionarie di Nostra Signora degli angeli, le Figlie della carità del Sacro Cuore, le Suore del Buon Pastore di Angers, le suore Clarisse, i padri Oblati di Maria Immacolata, i fratelli del Sacro Cuore, i sacerdoti "Fidei Donum"... Ma il merito è dei popoli "maohi" e degli altri del Pacifico che hanno saputo accogliere il messaggio evangelico e contribuire loro stessi a farlo splendere, in particolare i "Katekita".


3. Oggi basta sviluppare questo dono di Dio perché è stato seminato nelle vostre isole da preti animati da una profonda spiritualità, discepoli di padre Marie-Joseph Coudrin il quale aveva appena fondato la congregazione dei missionari del Sacro Cuore. Il loro primo annuncio era centrato sulla persona stessa di Gesù, sul suo "Cuore" che manifesta l'amore di Dio Padre, sulla sua Eucaristia che rende presente il suo sacrificio, E' l'Eucaristia che costruisce la Chiesa e il Concilio Vaticano II ha ripetuto con forza che la liturgia è il culmine dell'amore della Chiesa e la fonte da cui sgorga la sua virtù (DV 10). Era l'amore che di primo acchito riuniva le comunità intorno al prete, con la partecipazione attiva dei battezzati; e questo senso della comunità è oggi una caratteristica della vostra Chiesa.

La convinzione dei missionari e la dispersione geografica hanno fatto sentire a queste comunità il bisogno di essere unite intorno al loro vescovo, in contatto con il Papa, garante dell'unità cattolica. Quando esse vivono in una simile comunione, è lo Spirito Santo stesso che assicura il loro dinamismo, la loro gioia. E la preghiera fedele a nostra Signora che manifestano così felicemente numerosi movimenti mariani a Tahiti, renderà sempre più disponibili allo Spirito Santo. Si, la vostra Chiesa ha ricevuto le basi di tutto ciò che è necessario per crescere in Cristo, per rimanere in contatto vivo con lui, per comunicare il suo mistero. E' sulla potenza di Cristo che potrete costruire l'avvenire delle vostre comunità cristiane (cfr. allocuzione ai vescovi del Pacifico in visita "ad limina").


4. Con questo spirito, pensate arditamente e con speranza alla nuova tappa di evangelizzazione che il Signore vi affida. I vostri sinodi, le vostre "revisioni apostoliche", i mezzi di concertazione e di partecipazione che vi procurate, vi impegnano già in un vasto programma; il Papa non può che incoraggiarvi pregando lo Spirito Santo di sostenere la vostra chiaroveggenza, il vostro coraggio e la vostra perseveranza. L'approfondimento della catechesi, il sostegno delle diverse forme di preghiera e di liturgia, la volontà di proseguire con saggezza nella diffusione della cultura cristiana, la penetrazione delle usanze evangeliche nella cultura maori, nelle culture cinesi ed europee che a essa si sono mescolate, la preoccupazione di affrontare con coscienza cristiana i difficili problemi umani e sociali di un rapido mutamento, di raccogliere la sfida di un nuovo materialismo, la partecipazione allo sviluppo e all'opera di istruzione in una popolazione così giovane, un dialogo franco e approfondito con i cristiani di altre confessioni, le molteplici iniziative per preparare e aiutare le famiglie cristiane, l'incoraggiamento dato alle vocazioni locali di sacerdoti, di coadiutori permanenti, di religiosi e religiose, di laici responsabili, tutte queste azioni, tra cui nessuna deve essere trascurata, contribuiranno a dare alla vostra Chiesa particolare vitalità e forza, non solo per evitare gli ostacoli che possono sorgere, ma per divenire essa stessa Chiesa missionaria. In particolare i laici, le religiose e i diaconi devono desiderare e stimolare lo sbocciare delle vocazioni sacerdotali che serviranno i loro propri carismi e si prenderanno cura della Chiesa locale. Senz'altro l'insufficienza dei mezzi di cui disponete vi spinge a puntare sull'essenziale, a lavorare insieme e con ardore, a guardare verso il Signore che suscita con il suo Spirito delle innovazioni inattese. Dio lo farà in voi se continuerete ad appoggiarvi a lui.


5. La vostra dispersione e la vostra lontananza rimangono un handicap che vi invita, secondo il senso della comunione universale così viva in voi, a vivere la solidarietà con le altre Chiese e prima di tutto con quelle del Pacifico rappresentate nella Cepac. La storia vi ha fatto tessere dei legami solidi e fruttuosi con le Chiese più lontane. Tutti si rallegrano oggi con voi, pregano per voi e si sentono solidali con i vostri sforzi. La Santa Sede, da parte sua, con la mediazione della Congregazione per la diffusione della fede come si chiamava allora, si era molto interessata ai primi progetti missionari in Oceania, poiché proponeva nel 1825 la missione nelle isole Sandwich (Hawaii) all'Istituto nascente di padre Coudrin, affidandogli sin dal 1833 il vicariato apostolico di Oceania. La Santa Sede continuerà ad assecondare i vostri sforzi, a seguire le vostre difficoltà e le vostre speranze, e a dare alla vostra Chiesa locale il suo posto nella missione evangelizzatrice della Chiesa universale.

Pensando alle prime parole dell'apostolo Pietro nel giorno della Pentecoste in favore di "tutti coloro che sono lontani" (Ac 2,39) e allo zelo missionario dell'apostolo Paolo nei confronti di tutte le Chiese, vi assicuro che vi saro molto vicino con la preghiera e con il cuore in questa celebrazione giubilare. Mi avevate gentilmente invitato, non sono potuto venire personalmente.

Ma ho nominato quale mio inviato speciale il caro cardinale Bernardin Gantin, prefetto della Congregazione per i vescovi e molto familiare con i problemi dell'evangelizzazione. Vi porterà i miei più cari auguri. E già da adesso, in segno della mia sollecitudine, da Roma mando a voi, ai miei fratelli vescovi del Pacifico, ai sacerdoti, ai coadiutori, ai religiosi e alle religiose, ai catechisti, ai padri e alle madri di famiglia, a tutti i fedeli della Polinesia e a tutti coloro che partecipano alla cerimonia, la mia cordiale benedizione apostolica.

Dal Vaticano, 1 agosto 1984

Data: 1984-08-01 Data estesa: Mercoledi 1 Agosto 1984






GPII 1984 Insegnamenti - Ai Canonici regolari confederati - Città del Vaticano (Roma) - Preghiera e vita comune nello spirito di sant'Agostino