GPII 1984 Insegnamenti - Ai Benedettini confederati - Città del Vaticano (Roma)

Ai Benedettini confederati - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Conoscere Cristo per testimoniarlo agli uomini d'oggi

Testo:

Carissimi fratelli Benedettini.


1. Sono assai lieto di vedervi qui in quest'aula, di salutarvi nel Signore con tutta la mia affezione e di cogliere questa attesa occasione per consolidare il vostro animo nella sequela scrupolosa e ferma della Regola benedettina, nel rinnovamento dei criteri della vostra vita, nell'esame del significato delle vostre opere e istituzioni. So bene che partecipate al grande congresso della Confederazione benedettina presso il Cenobio di Sant'Anselmo sull'Aventino; so anche che, con tutto il vostro assenso e la vostra fervida approvazione, avete confermato per il prossimo quadriennio il reverendissimo abate Vittorio Dammertz nella carica di abate primate, al quale porgo le mie congratulazioni e insieme prometto preghiere per l'assolvimento più felice del suo compito e il più sereno governo della famiglia benedettina secondo le norme della Federazione. Siete dunque venuti qui questa mattina per poter "vedere Pietro" e forse anche ricevere da lui una parola fraterna, come ricordo del vostro congresso a Roma e di questo incontro con il Vicario di Cristo.


2. Non voglio trattenervi qui troppo a lungo né con troppe parole. Tuttavia il titolo del vostro Congresso suggerisce alcuni pensieri propriamente benedettini: "E voi chi dite che io sia?" (Mc 8,29). Si tratta, come è evidente, di una conoscenza e di una familiarità con Cristo, innanzitutto, poi della testimonianza di Cristo tra gli uomini di oggi. Anche oggi Cristo chiede agli uomini chi pensano che egli sia o, ancor meglio, chi voi stessi pensate che egli sia. La vostra vita è la sequela di Cristo, voi seguite Cristo, poiché sapete chi egli è. E gli uomini verranno a voi per imparare, per sperimentare, per vedere chi è Gesù Cristo, dall'esempio della vostra vita, dai riti della vostra liturgia, dai frutti dei vostri studi. I vostri conventi sono il luogo dove voi per primi avete conosciuto Gesù di Nazaret, dove lo avete sempre con voi come ospite e compagno. perciò i vostri conventi saranno anche il luogo dove altri uomini e donne della nostra epoca cercheranno i segni della presenza di Cristo, della fraternità di Cristo, della carità di Cristo, della santità di Cristo.


3. La vostra vita con Cristo si dovrebbe chiamare più propriamente la vita di Cristo con voi. Allora, davvero, quando sentite la difficoltà del cammino, vi sostiene la sua affermazione: "Coraggio, sono io, non temete!" (Mc 6,50). Egli è il vostro compagno e la vostra guida: vostro cibo e bevanda, bastone e vincastro (Ps 23). Di questo vostro cammino quotidiano con Cristo parla il decreto conciliare "Perfectae caritatis" (PC 9): "I religiosi, fedeli alla loro professione, lasciando ogni cosa a causa di Cristo (cfr. Mc 10,28), seguono (cfr. Mt 19,21) lui come l'unico necessario, ascoltando le sue parole (cfr. Lc 10,42 Lc 10,39), preoccupati di ciò che è suo (cfr. 1Co 7,32).


4. Voi Benedettini percorrete questo cammino con Cristo nella "scuola del servizio del Signore", come si dice chiaramente nella regola di Benedetto (Prol. 45).

Questa scuola rende perpetua la regola donata dallo Spirito Santo nell'ascolto delle parole del Maestro (cfr. "Regola", Prol. 1) che è Cristo. La "Lectio divina" vi offre un aiuto straordinariamente efficace per raggiungere "la perfezione della scienza del Signore Gesù Cristo" (Ph 3,8 DV 5). Nello stesso tempo, questa scuola è anche scuola di continua orazione, poiché nella celebrazione dell'"opera di Dio" si rinnova e viene esaudita contemporaneamente la domanda dei discepoli: "Signore, insegnaci a pregare" (Lc 11,1).

L'energia e la gioia di questo vostro cammino quotidiano con Cristo nascono nei vostri conventi dalla celebrazione in comune della stessa liturgia delle Ore e dell'Eucaristia. Il primato e l'obbligo quotidiano di tali celebrazioni vi devono indicare l'eredità di san Benedetto fedelmente custodita e immune da qualsiasi discussione o esperimento. In questo modo la vostra vita diventa sempre più una vera ricerca di Dio Padre (cfr. "Regola" 58,7) e una partecipazione alla Pasqua del Signore che egli stesso celebra con voi.


5. Ecco che dunque vi riunite a congresso per meditare quale sia il metodo migliore perché le vostre case possano diventare luogo di comunità cristiana, fortezze - per così dire - di preghiera, e anche sedi di studi: secondo le vostre regole e i vostri statuti. I vostri conventi sono "piccole chiese monastiche", secondo la celeberrima espressione del padre Benedetto: "[i monaci] si superino a vicenda, sappiano sopportare con estrema pazienza le loro infermità sia fisiche che morali; facciano gara nell'obbedienza; nessuno persegua il proprio vantaggio personale, ma metta al primo posto gli altri; esercitino una carità fraterna nella totale gratuità" ("Regola" 72,4-8). Cristo si fa presente tra di voi se vivete la vostra vita con tali virtù e percorrete questo cammino; e se saprete esercitare queste virtù tra di voi, mostrerete sia a tutta la Chiesa sia agli uomini che cercano Cristo che voi sapete chi è Cristo, e che cosa significhi il nome di cristiano. Mediante questi tesori del vostro cammino e queste ricchezze della vita spirituale, voi stessi comprenderete quale sia la persona e l'opera di Cristo, e sarete in grado di dare una risposta agli uomini: chi voi siete, perché seguite Cristo, come anch'essi nelle loro condizioni di vita possono oggi incontrare lo stesso Signore Gesù.


6. Ancora secondo l'insegnamento di san Benedetto, il monaco non conosce nulla che sia più degno di essere amato che Cristo ("Regola" 5,2), quel Cristo che il monaco cerca, come suo operaio ("Regola", Prol. 14); il monaco a sua volta, mediante l'amore di Cristo, percorre la via regale dell'obbedienza e dell'umiltà, del silenzio e del servizio, del dolore e della gioia. Tutte queste dunque sono considerate giustamente le risposte date a quella suprema domanda: chi voi pensate e dite che sia Cristo, o fratelli Benedettini, abati dei conventi, partecipanti a questo congresso. Vi si apre una prospettiva chiarissima per il futuro; vi si apre anche un vastissimo campo di apostolato benedettino. Questa è la parte che a voi compete: conoscere tra di voi e dentro di voi lo stesso Signore Gesù e il suo ricchissimo mistero, poi porgere agli uomini un insegnamento costruttivo, a tutti gli uomini, che si presentano alla vostra casa, in chiesa, nelle vostre scuole. Mi congratulo assai con voi del titolo dato con tanta saggezza a questo vostro congresso. Mi congratulo con voi della vostra tradizione benedettina e della grandissima forza della vita benedettina in tutta la Chiesa.


7. Invoco da Dio ottimi frutti dalle vostre delibere e dai vostri dialoghi di questi giorni. Mi sarà anche gradito poter vedere ed esaminare le conclusioni finali del congresso e i vostri propositi. Intanto abbraccio con affetto e grande fraternità il reverendissimo abate primate, e ciascuno di voi. Saro presente spiritualmente tra di voi nei prossimi giorni, pregando e auspicando l'esito migliore del vostro lavoro, per la futura prosperità della famiglia benedettina.

Riflettete su queste mie semplici parole. Ricevete anche la mia benedizione e il mio saluto cordiale, come augurio della protezione divina e testimonianza della mia benevolenza verso voi tutti.

Data: 1984-09-27 Data estesa: Giovedi 27 Settembre 1984




Ai maestri dei novizi Cappuccini - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Educate i giovani a guardare con spirito di fede dentro di sé

Testo:

Fratelli carissimi!


1. E' con viva gioia che mi incontro con voi, all'antivigilia della festa del vostro Serafico padre san Francesco d'Assisi. Una gioia, che mi nasce nel cuore anche perché vedo l'impegno con il quale andate realizzando le raccomandazioni della Chiesa sulla formazione permanente.

All'inizio dello scorso marzo ho incontrato i vostri ministri provinciali della Conferenza italiana, e ora incontro voi che avete il delicato compito di formare coloro che vogliono donarsi a Dio secondo il carisma del Poverello di Assisi. Quando si parla a dei cosiddetti "maestri" vengono spontanee alla mente le parole di Gesù ai due discepoli del Battista che lo seguivano e gli chiedevano: ""Maestro, dove abiti?". Disse loro: "Venite e vedete"" (Jn 1,38).

E' una delle occasioni, in cui vediamo che Gesù si pone come punto di riferimento col suo agire. L'autore degli Atti dirà: "Ha incominciato a praticare e a insegnare" (Ac 1,1). Nessuno, come dice il Vangelo, deve chiamarsi "maestro" (cfr. Mt 23,8), o se lo è, può farlo nella misura in cui egli imita il Signore Gesù.


2. Il primo dono che, come formatori di giovani novizi, dovete loro presentare è il dono della fede. Non si può concepire una vita religiosa che non sia fortemente radicata nella fede e che non cresca dalla fede. Vi esorto pertanto a educare i giovani a guardare con spirito di fede dentro di sé e nelle proprie scelte.

Pertanto, carissimi, animate i giovani, a voi affidati, a una vita di vera fede!


3. Educate anche alla speranza. Il mondo ha fame di speranza! I giovani che si danno ai diversivi più tristi e vuoti, lo fanno perché non sanno spesso cosa significhi sperare. Voi sapete bene che la vita religiosa chiama a lasciare tutto nel presente per una realtà futura, a lasciare il sensibile per l'invisibile, il materiale per lo spirituale. La speranza è sostenuta dalla fede e, a sua volta, alimenta la fede. E l'una e l'altra vanno vissute nella carità.


4. A volte forse lo dimentichiamo; eppure la parola di Gesù è ferma e luminosa, e infrange ogni resistenza: è il comandamento suo, il comandamento nuovo (Jn 13,34).

Non si può concepire una vita cristiana, tanto meno una vita religiosa, che non sia immersa nella carità. Voi certo ne dovete dare per primi l'esempio; ma avete anche la responsabilità della verifica nei vostri giovani.

Mentre il mondo contemporaneo si agita in un contesto spesso dominato dall'egoismo, dall'odio e dalla violenza, voi dovete essere segno splendente, testimonianza viva di carità.

E come potrebbe un figlio di Francesco continuare ad essere tale, se non ha la carità? Se, come il suo Serafico padre, non sente, non ama, non vive la carità? Questo vale particolarmente per voi che nella fraternità fondate la vostra vita e in essa riconoscete un elemento essenziale del vostro carisma. Tanto che le vostre Costituzioni vi esortano continuamente ad accogliervi a vicenda con animo riconoscente quale dono di Dio e anzi esse, secondo l'insegnamento di san Francesco e la vostra tradizione, vogliono che vi consideriate tutti eguali e che "vi chiamiate, senza distinzione, fratelli" (Costituzioni dei Cappuccini, n. 84 §§ 1.3).


5. Questa vita di carità sfocia spontaneamente nella vita di preghiera, che - come dicevo ai vostri fratelli ministri provinciali italiani - costituisce l'obiettivo fondamentale della formazione permanente, perché pilastro della vostra vita: "Se il cammino di questi ultimi anni vi ha portati a un'attività apostolica forse troppo intensa e dispersiva, è ora di rivedere le vostre scelte a questo riguardo; date maggior tempo e cuore e mente a Dio, insegnate con la vita ai fratelli che Dio ha diritti sacrosanti nell'esistenza dell'uomo, e non può essere relegato all'ultimo posto della casa, all'ultimo momento della giornata. La ricerca dell'intimità con lui deve essere l'insonne impegno dei vostri giorni" ("L'Osservatore Romano", 2 marzo 1984, p. 5).

Specialmente durante il periodo del noviziato, i giovani, assieme a voi, devono essere impegnati a trovare quel Dio che si manifesta a chi lo cerca con cuore sincero (cfr. Costituzioni dei Cappuccini, n. 29). E voi li dovete educare a questo soprattutto con la vostra vita, la vostra condotta quotidiana, la vostra passione per la casa di Dio.


6. Quali francescani-cappuccini, dovete non solamente vivere ma anche far risplendere l'austerità, la povertà della vita. Il consumismo che oggi tormenta il mondo ed è causa di tanti suoi mali deve trovare in voi come una diga: le vostre Costituzioni affermano: "Lo spirito di penitenza in una vita austera è la caratteristica del nostro ordine: sull'esempio di Cristo e di san Francesco, noi scegliamo una vita stretta" (Costituzioni dei Cappuccini, n. 101 § 5). Formate i giovani alla povertà autentica! I giovani, specialmente quelli di oggi, sono generosi, sono pronti a dare, a donare! Vi accompagni in questa vostra opera così delicata e così difficile, ma anche così meritoria, la Madre di Gesù e Madre nostra, che visse nel silenzio e nella preghiera insieme al Figlio.

Come segno del mio affetto e come pegno della grazia divina vi imparto di cuore l'apostolica benedizione.

Data: 1984-09-28 Data estesa: Venerdi 28 Settembre 1984




Santa messa per i predecessori - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Una risposta all'impulso sincero del cuore"

La sesta ricorrenza anniversaria dell'ingresso nell'eternità dei sommi pontefici Paolo VI e Giovanni Paolo I ci convoca a questa Eucaristica celebrazione di riconoscente suffragio e di filiale memoria.

E' un pio dovere ecclesiale che noi compiamo, ed è una risposta all'impulso sincero del cuore. perciò non posso non ridire ancora una volta il grande affetto e la profonda venerazione, che mi legano personalmente ai due insigni predecessori e alla loro pontificale eredità.

Questi sono anche i sentimenti vostri, cari fratelli e sorelle, e i sentimenti dell'intero mondo cattolico, che in questo momento sentiamo qui presente con noi intorno all'altare, sul quale ci apprestiamo a celebrare, con animo memore e grato, il divin Sacrificio.

Data: 1984-09-28 Data estesa: Venerdi 28 Settembre 1984




A "Comunione e liberazione" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nella Chiesa chiamati a collaborare in intensa comunione

Testo:

Carissimi fratelli e amici! Voglio prima di tutto ringraziare monsignor Giussani per le sue parole introduttive come anche tutti gli altri che hanno partecipato a questa introduzione.


1. Esprimo la mia viva gioia per l'incontro con voi, che siete venuti qui a Roma per festeggiare i trent'anni di vita del vostro movimento e per riflettere insieme con il Papa sulla vostra storia di persone che vivono nella Chiesa e sono chiamate a collaborare, in intensa comunione, per portarla all'uomo, per dilatarla nel mondo.

Guardando i vostri volti, così aperti, così felici per quest'occasione di festa, provo un intimo sentimento di gioia e il desiderio di manifestarvi il mio affetto per la vostra dedizione di fede e di aiutarvi ad essere sempre più adulti in Cristo, condividendo il suo amore redentivo per l'uomo.

La mostra fotografica, che ho avuto modo di ammirare, entrando in quest'aula, le parole (testimonianza, racconti, canti), che ho ascoltato poco fa mi hanno permesso di ripercorrere come dall'interno questo periodo della vostra vita, che è parte della vita della Chiesa italiana, e ormai non solo più italiana, del nostro tempo. Mi hanno dato la possibilità di vedere con chiarezza i criteri educativi propri del vostro modo di vivere nella Chiesa, che implicano un vivace e intenso lavoro nei più svariati contesti sociali.

Di tutto questo sono grato al Signore, che ancora una volta mi ha fatto ammirare il suo mistero in voi, che portate e dovrete sempre portare con l'umile coscienza di essere duttile creta nelle sue mani creative. Proseguite con impegno su questa strada perché, anche attraverso voi, la Chiesa sia sempre più l'ambiente dell'esistenza redenta dell'uomo (cfr. Omelia a Lugano, 12 giugno 1984), ambiente affascinante dove ogni uomo trova la risposta alla domanda di significato per la sua vita: Cristo, centro del cosmo e della storia.


2. Gesù, il Cristo, colui in cui tutto è fatto e consiste, è quindi il principio interpretativo dell'uomo e della sua storia. Affermare umilmente, ma altrettanto tenacemente, Cristo principio e motivo ispiratore del vivere e dell'operare, della coscienza e dell'azione, significa aderire a lui, per rendere presente adeguatamente la sua vittoria sul mondo.

Operare perché il contenuto della fede diventi intelligenza e pedagogia della vita è il compito quotidiano del credente, che va realizzato in ogni situazione e ambiente in cui si è chiamati a vivere. E in questo sta la ricchezza della vostra partecipazione alla vita ecclesiale: un metodo di educazione alla fede perché incida nella vita dell'uomo e della storia; ai sacramenti, perché producano un incontro con il Signore e in lui con i fratelli; alla preghiera, perché sia invocazione e lode a Dio; all'autorità, perché sia custode e garante dell'autenticità del cammino ecclesiale.

L'esperienza cristiana così compresa e vissuta genera una presenza che pone in ogni circostanza umana la Chiesa come luogo dove l'evento di Cristo "scandalo per i Giudei... stoltezza per i pagani" (1Co 1,23-24) vive come orizzonte pieno di verità per l'uomo.


3. Noi crediamo in Cristo morto e risorto, in Cristo presente qui e ora, che solo può cambiare e cambia, trasfigurandoli, l'uomo e il mondo.

La vostra presenza sempre più consistente e significativa nella vita della Chiesa in Italia e nelle varie nazioni, in cui la vostra esperienza inizia a diffondersi, è dovuta a questa certezza, che dovete approfondire e comunicare, perché è questa certezza che tocca l'uomo. E' significativo a questo proposito, e occorre notarlo, come lo Spirito per continuare con l'uomo d'oggi quel dialogo iniziato da Dio in Cristo e proseguito nel corso di tutta la storia cristiana, abbia suscitato nella Chiesa contemporanea molteplici movimenti ecclesiali. Essi sono un segno della libertà di forme, in cui si realizza l'unica Chiesa, e rappresentano una sicura novità, che ancora attende di essere adeguatamente compresa in tutta la sua positiva efficacia per il regno di Dio all'opera nell'oggi della storia.

Già il mio venerato predecessore, papa Paolo VI, rivolgendosi ai membri della comunità fiorentina di Comunione e liberazione il 28 dicembre 1977, affermava: "Vi diciamo grazie anche delle attestazioni coraggiose, fedeli, ferme che avete dato in questo periodo un po' turbato per certe incomprensioni da cui siete circondati. Siate contenti, siate fedeli, siate forti e siate lieti e portate attorno a voi la testimonianza che la vita cristiana è bella, è forte, è serena, è capace davvero di trasformare la società in cui essa si inserisce".


4. Cristo è la presenza di Dio all'uomo, Cristo è la misericordia di Dio verso i peccatori.

La Chiesa, corpo mistico di Cristo e nuovo popolo di Dio, porta al mondo questa tenera benevolenza del Signore, incontrando e sostenendo l'uomo in ogni situazione, in ogni ambiente, in ogni circostanza.

Così facendo la Chiesa contribuisce a generare quella cultura della verità e dell'amore, che è capace di riconciliare la persona con se stessa e con il proprio destino. In tal modo la Chiesa diviene segno di salvezza per l'uomo, di cui accoglie e valorizza ogni anelito di libertà.

L'esperienza di questa misericordia ci rende capaci di accettare chi è diverso da noi, di creare nuovi rapporti, di vivere la Chiesa in tutta la ricchezza e profondità del suo mistero come illimitata passione di dialogo con l'uomo ovunque incontrato.

"Andate in tutto il mondo" (Mt 28,19) è ciò che Cristo ha detto ai suoi discepoli. E io ripeto a voi: "Andate in tutto il mondo a portare la verità, la bellezza e la pace, che si incontrano in Cristo Redentore". Questo invito che Cristo ha fatto a tutti i suoi e che Pietro ha il dovere di rinnovare senza tregua, ha già intessuto la vostra storia. In questi trent'anni vi siete aperti alle situazioni più svariate, gettando i semi di una presenza del vostro movimento. So che avete messo radici già in diciotto nazioni del mondo: in Europa, in Africa, in America, e conosco anche l'insistenza con la quale in altri Paesi è sollecitata la vostra presenza. Fatevi carico di questo bisogno ecclesiale: questa è la consegna che oggi vi lascio.


5. So che ben comprendete l'imprescindibile importanza di una vera e piena comunione fra le varie componenti della comunità ecclesiale. Sono certo pertanto che non mancherete di impegnarvi con rinnovato ardore nella ricerca dei modi più adatti per svolgere la vostra attività in sintonia e collaborazione con i vescovi, con i parroci e con tutti gli altri movimenti ecclesiali.

Portate in tutto il mondo il segno semplice e trasparente dell'evento della Chiesa. L'autentica evangelizzazione comprende e risponde ai bisogni dell'uomo concreto perché fa incontrare Cristo nella comunità cristiana. L'uomo d'oggi ha un particolare bisogno di avere di fronte a sé, con chiarezza ed evidenza, Cristo, quale segno profondo del suo nascere, vivere e morire, del suo soffrire e gioire.

La Madonna, Madre di Dio e della Chiesa, vi guidi costantemente nel cammino della vita. Conoscendo la vostra devozione alla Vergine auspico che ella sia per tutti voi la "Stella del mattino", la quale illumini e corrobori il vostro generoso impegno di testimonianza cristiana nel mondo contemporaneo.

E ora di cuore vi do la mia benedizione apostolica.

Data: 1984-09-29 Data estesa: Sabato 29 Settembre 1984




Rito di beatificazione - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Fedeli servitori di Cristo e della Chiesa

Testo:


1. "Alleluia, alleluia. / Le mie pecore ascoltano la mia voce / e io le conosco ed esse mi seguono" (Canto al Vangelo, Jn 10,27).

Oggi desideriamo cantare un "alleluia" particolare al Buon Pastore. Egli ha dato la vita per le sue pecore. Mediante questa morte, questo sacrificio della vita, si è compiuta quella conoscenza salvifica di cui ci parla il Vangelo: "Conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre" (Jn 10,14-15).

La voce del Buon Pastore risuona lungo i secoli e le generazioni. In mezzo a queste generazioni raggiunge i singoli uomini. Essi ascoltano la voce del Redentore, che comunica loro il Vangelo e annuncia il mistero pasquale della croce e della risurrezione. Seguono quindi il Maestro, seguono Cristo. Lo conoscono e fanno in modo di essere conosciuti da lui fin nel profondo del loro essere.

Vengono, al tempo stesso, abbracciati dalla conoscenza con cui Cristo è conosciuto dal Padre ed egli stesso conosce il Padre. Dalla conoscenza nasce l'amore. Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo compenetrano le anime attratte dalla potenza salvifica della redenzione e della grazia.

Esse seguono il Buon Pastore sulle vie della vita terrena, fedeli alla loro vocazione. Il Signore le raccoglie fra i popoli e le raduna da tutte le regioni (cfr. Ez 34,13). Fa si che dai confini della patria terrena passino alla casa del Padre, alla patria della comunione eterna dei santi.


2. Oggi vogliamo cantare un particolare "alleluia" al Buon Pastore. Desidera cantarlo la Chiesa che si rallegra dell'elevazione agli altari mediante la beatificazione di due italiani, di un belga e di una spagnola. Ma sono soprattutto i nuovi beati a cantare quel particolare "alleluia". Sono essi a guidare la nostra preghiera, quando cantiamo: "Il Signore è mio pastore... / su pascoli erbosi mi fa riposare, / ad acque tranquille mi conduce. / Mi rinfranca" (Ps 22,1-3).

Si. Egli è il mio pastore: "mi guida per il giusto cammino". E' il mio pastore: "non manco di nulla". E' il mio pastore: non temo alcun male. "Felicità e grazia mi saranno compagne / tutti i giorni della mia vita / e abitero nella casa del Signore" (Ps 22,6).

Ecco, la Sede di san Pietro a Roma e, insieme con essa, le singole Chiese e le comunità, nella beatificazione dei loro figli e figlie, adorano l'opera del Buon Pastore.


3. Adorano Cristo, Buon Pastore nella testimonianza che il beato don Federico Albert offri quale ministro di Dio, totalmente dedito al bene delle anime a lui affidate e ai bisogni dei poveri. Egli, avendo maturato la vocazione al sacerdozio in età adulta, non ebbe la possibilità di frequentare il seminario, tuttavia si preparo a diventare prete in modo da essere oggi proposto come valido modello per i sacerdoti, i quali possono ammirare in lui l'approfondita vita spirituale, alimentata da una costante comunione con Cristo, e il generoso impegno per acquisire una solida formazione culturale che consentisse di proporsi come guida sicura in mezzo al popolo di Dio.

Il suo spirito di fede, la sua obbedienza incondizionata al Papa e al vescovo, la sua carità sacerdotale fecero di lui un elemento equilibratore, fra i membri del presbiterio e un pastore zelante particolarmente attento ai giovani e ai poveri. Guardando al nuovo beato ci si rende conto con singolare evidenza come sia possibile rispondere alle esigenze concrete dell'uomo, proprio perché si è fedeli servitori di Cristo e della Chiesa.


4. Anche nel beato don Clemente Marchisio rifulge l'immagine di Cristo Buon Pastore: preoccupato di essere sempre "esempio ai fedeli nelle parole, nel comportamento, nella carità, nella fede" (1Tm 4,12), egli si studio di progredire nella grazia di cui ogni prete è dotato in Cristo, divenendo così strumento ogni giorno più valido e vivo di Gesù eterno sacerdote.

Uomo di preghiera, come deve essere ogni sacerdote, fu consapevole di dover invocare Dio, Signore dell'universo e della sua vita, ma fu pure consapevole che la vera adorazione, degna dell'infinita santità di Dio, si realizza soprattutto mediante il sacramento del corpo e del sangue di Cristo. Ebbe perciò sempre grande zelo nel celebrare devotamente il mistero eucaristico, nel fare assiduamente l'adorazione e nel curare il decoro delle varie celebrazioni liturgiche. Egli era infatti persuaso che la Chiesa si edifica soprattutto intorno all'Eucaristia, partecipando alla quale i membri della comunità cristiana si identificano misticamente con Cristo e diventano una cosa sola fra loro.


5. [In lingua fiamminga:] Nel beato Isidoro De Loor ci è dato di contemplare soprattutto il volto di Cristo sofferente, nel quale si rivela l'amore infinito di Dio. Il nuovo beato seppe cogliere il valore supremo e assoluto della volontà di Dio, e si impegno a compierla nella propria esistenza con amore e fiducia, sull'esempio di Gesù Cristo, il quale si mosse sempre, anche quando si tratto di prendere la croce, per fare quello che era gradito al Padre. Fu tale la docilità e la prontezza con cui il beato De Loor si abbandono in tutto alla volontà del Signore, per seguire Gesù crocifisso e risorto, da essere chiamato "fratello della volontà di Dio". Colpito da una delle malattie più diffuse del nostro secolo, il cancro, fratel Isidoro si preparo alla morte con la stessa docilità, con cui era vissuto, prendendo questa drammatica prova come occasione per conformarsi pienamente al Redentore, oggetto delle sue continue e prolungate meditazioni.

Il novello beato invita ognuno di noi ai piedi di Cristo morto per amore, esortandoci a unire le nostre fatiche e le nostre sofferenze a quelle di Cristo, per trovare così il senso salvifico e costruttivo del lavoro, del dolore e delle fatiche, e ricevere risposte valide agli interrogativi dell'esistenza (cfr. "Salvifici Doloris", 31).


6. [In lingua francese:] Il nuovo beato Isidoro De Loor è certamente, per la nostra epoca desiderosa di un'indipendenza talvolta equivoca, un esempio provvidenziale e affascinante di crescente conformità alla volontà del Padre celeste alla sequela di Cristo Gesù. Alcuni suoi contemporanei, testimoni della vita di fratel Isidoro di san Giuseppe lo chiamavano "il fratello della volontà di Dio". Che il beato ci aiuti tutti ad avanzare nella comprensione e nel compimento quotidiano del piano del Signore sulla nostra esistenza. Non c'è altra via verso la vera felicità!


7. [In lingua spagnola:] Troviamo un altro riflesso dell'infinita perfezione di Cristo nella beata Rafaela Ybarra che cerco di crescere sempre verso Cristo, per edificarsi nella carità (cfr. Ep 4,15-16). E' ammirevole il suo impegno incondizionato per Dio e per gli altri nelle diverse circostanze della sua vita: da giovane, da sposa e come fondatrice di un istituto religioso.

Dalla croce e dalla preghiera seppe trarre la forza per un'offerta di se stessa sull'altare dell'amore cristiano. Quante persone beneficiarono della sua capacità di donazione per Cristo! Quanti, in considerazione della sua dolcezza con chi era nel bisogno, non sapevano chiamarla se non "la madre"! Ella, dalla sua agiata posizione, seppe guardare con sensibilità umana e cristiana la società del suo tempo. Da qui nacquero diverse iniziative di carattere sociale e apostolico, che indirizzarono la sua azione verso ospedali, una casa di maternità, un rifugio per donne e giovani senza lavoro o in pericolo morale. Proprio per la difesa e la promozione umana e cristiana delle giovani creo l'Istituto dei Santi Angeli custodi. Un eccellente esempio per la nostra società di oggi e per coloro che desiderano vivere per Dio, contribuendo anche alla costruzione del regno di Cristo! Ai cristiani del popolo basco desidero dire nel loro idioma: Seguite gli esempi della nuova beata.


8. Ecco il profilo dei nuovi beati. In ciascuno di loro "c'è il conforto derivante dalla carità". In ciascuno di loro "c'è una qualche comunanza di spirito" (Ph 2,1). In ciascuno di loro c'è un nuovo compimento della gioia della Chiesa.

Infatti non soltanto hanno seguito il Buon Pastore, lasciandosi guidare da lui; il "conforto derivante dalla carità" si manifesta nell'amore. Quindi ciascuno di loro ha dato, insieme con Cristo, la vita per le pecore, e ha cercato di "condurre" gli altri, con la parola, con le opere, con l'esempio, con il servizio, verso la salvezza.

Ciascuno ha guardato Cristo che assunse "la condizione di servo, divenendo simile agli uomini", e che "umilio se stesso facendosi obbediente fino alla morte" (Ph 2,7-8).

Quanto profondamente ha penetrato le vostre anime - cari fratelli che oggi proclamiamo beati della Chiesa - Cristo "obbediente fino alla morte"! Quanto egli è diventato la vita delle vostre anime! Questo Cristo che Dio "ha esaltato" e a cui "ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome" (Ph 2,9).

Oggi, mediante il servizio della Chiesa, Dio dà a ciascuno di voi un nome nuovo in Gesù Cristo "esaltato". Oggi ricevete una parte nuova nell'"esaltazione" resa a Cristo dal Padre. Accettatela! Accettate dalla Chiesa questo nome! In ciascuno di voi "c'è il conforto derivante dalla carità". In ciascuno di voi "c'è qualche comunanza di spirito". In ciascuno di voi c'è anche "qualche consolazione in Cristo" (Ph 2,1), per noi, per tutto il popolo di Dio, per l'umanità! Alleluia! Ti ringraziamo, eterno Pastore, che in questi nostri fratelli hai reso piena la gioia della Chiesa (cfr. Ph 2,2).

Data: 1984-09-30 Data estesa: Domenica 30 Settembre 1984




Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Questi nostri fratelli [i nuovi beati] hanno risposto a Dio

Testo:


1. "Benedictus Dominus in Sanctis suis / et Sanctus in omnibus operibus suis".

Nel nostro Angelus domenicale desideriamo adorare Dio nelle opere della sua grazia. Nelle opere che egli compie nei cuori umani. Nelle opere che ha compiuto nei nostri fratelli, oggi elevati alla gloria degli altari mediante la beatificazione.

I beati Federico Albert e Clemente Marchisio sono sacerdoti piemontesi; il beato Isidoro De Loor fu un religioso passionista, nato in Belgio, da famiglia fiamminga; la beata Rafaela Ybarra, spagnola, fu la fondatrice delle Suore degli angeli custodi.

Questi nostri fratelli hanno, ciascuno nel modo suo proprio, risposto all'opera di Dio in loro generosamente e totalmente. Ognuno di essi abbia nella Chiesa quella venerazione che compete ai beati. Sia adorato sopra ogni cosa Dio stesso, infinitamente santo e sorgente di ogni santità.


2. Il mese di ottobre, che inizia domani, è dedicato al Rosario. Desidero raccomandarvi la recita di tale preghiera, richiamando alla vostra memoria alcune parole che scrisse il mio venerato predecessore, papa Paolo VI, sul Rosario, nell'esortazione apostolica "Marialis Cultus" (n. 46).

"Preghiera evangelica incentrata nel mistero dell'incarnazione redentrice, il Rosario è preghiera di orientamento nettamente cristologico.

Infatti, il suo elemento caratteristico - la ripetizione litanica del "Rallegrati, Maria" - diviene anch'esso lode incessante a Cristo, termine ultimo dell'annuncio dell'angelo e del saluto della madre del Battista: "Benedetto il frutto del tuo seno" (Lc 1,42). Diremo di più: la ripetizione dell'Ave Maria costituisce l'ordito, sul quale si sviluppa la contemplazione dei misteri: il Gesù che ogni Ave Maria richiama, è quello stesso che la successione dei misteri ci propone, a volta a volta, Figlio di Dio e della Vergine, nato in una grotta a Betlemme; presentato dalla Madre al tempio; giovinetto pieno di zelo per le cose del Padre suo; Redentore agonizzante nell'orto; flagellato e coronato di spine; carico della croce e morente sul Calvario; risorto da morte e asceso alla gloria del Padre, per effondere il dono dello Spirito".

Il mese di ottobre ci unisca con la Regina del santo Rosario in questa beata preghiera. Si diffonda, in questo mese, il Rosario. Maria desidera chiedere insieme con noi la salvezza per gli uomini e per il mondo minacciato.

Saluto i numerosi pellegrini provenienti da varie parti d'Italia e specialmente dal Piemonte, terra di origine di due dei nuovi beati.

Rivolgo poi un saluto particolare a tutti i membri dell'Associazione nazionale famiglie di fanciulli e adulti subnormali, i quali oggi celebrano la prima Giornata nazionale dell'informazione.

Invito tutti a unirvi con me nella preghiera perché i diritti civili degli handicappati siano sempre meglio tutelati e perché a questi nostri fratelli meno favoriti non manchino quell'amore e quell'assistenza spirituale di cui hanno bisogno oltre che del pane.

Sono molto lieto di rivolgere un saluto speciale ai pellegrini venuti da Courtrai e da tutto il Belgio. Che la beatificazione del loro ammirevole compatriota, Isidoro De Loor, aumenti in noi il coraggio di vivere più vicino a Cristo, più disponibili al prossimo, nella semplicità e nella gioia! Vi benedico ancora di tutto cuore.

Il mio cordiale saluto a tutti i pellegrini di lingua spagnola, specialmente ai membri della Missione speciale e ai numerosi fedeli venuti dalla Spagna per la beatificazione di suor Rafaela Ybarra de Vilallonga. Che attratti dal suo esempio e con il suo aiuto seguiamo più generosamente Cristo con una vita autenticamente cristiana. Che la Vergine Maria, nostra Madre, ci aiuti in questo cammino.

Libertà per la Chiesa a Malta Negli ultimi giorni sono giunte da Malta notizie di episodi di intolleranza e di violenza, diretti contro la Chiesa e anche contro la persona dell'arcivescovo. Davanti a tali fatti dolorosi, che contrastano con il profondo sentimento religioso di quel popolo, desidero esprimere alla comunità cattolica e ai suoi pastori una viva simpatia e solidarietà. Vi invito a pregare con me per i nostri fratelli maltesi, perché siano forti e sereni nelle attuali difficoltà e, stretti attorno ai loro vescovi, sappiano offrire una testimonianza efficace di giustizia e di verità. La Chiesa, infatti, rivendicando i diritti fondamentali della libertà religiosa e della libertà di insegnamento, sa di portare alla comunità degli uomini un contributo ispirato a tali due irrinunciabili valori.

Chiediamo al Signore, per l'intercessione della Vergine santissima e dei nuovi beati, di dare conforto alla Chiesa che è a Malta e di illuminare le menti di tutti, affinché si possa giungere, nel rispetto e nella fiducia reciproca, a soluzioni degne delle tradizioni cristiane di quella cara nazione.

Data: 1984-09-30 Data estesa: Domenica 30 Settembre 1984





GPII 1984 Insegnamenti - Ai Benedettini confederati - Città del Vaticano (Roma)