GPII 1985 Insegnamenti - Ai malati del Centro traumatologico ortopedico - Roma

Ai malati del Centro traumatologico ortopedico - Roma

Titolo: Ricordo del professor Antonio Mosca e di suor Luciana Iezzi

Cari fratelli e sorelle!

1. A voi in modo particolare, in


questa cappella dell'ospedale, rivolgo il mio saluto più cordiale e il mio augurio più sentito di guarigione. Infatti. sono venuto qui essenzialmente per voi e per coloro che vi curano e vi assistono; sono venuto per dimostrarvi il mio affetto di Vescovo di Roma, successore di san Pietro, e di fratello, che conosce la sofferenza e che cosa significhi essere ricoverati in ospedale; sono venuto per partecipare alle vostre ansie e preoccupazioni e per portare il conforto che proviene dalla fede e dall'amicizia; sono venuto per stringere la vostra mano e vedere il vostro volto: infatti, ogni volto umano esprime in qualche modo il mistero dell'uomo e il mistero di Dio, che bisogna saper scoprire e interpretare; sono venuto soprattutto per assicurarvi la costante preghiera mia e di tutta la Chiesa, per sottolineare la realtà meravigliosa del bene sempre presente nella storia umana e quindi anche nell'attuale società, e per farvi un dono di fiducia e di pace! Ringrazio di cuore voi tutti per la vostra accoglienza e coloro che hanno voluto questo incontro, e nell'avvicinarsi della solennità di Pasqua estendo il mio augurio a tutti i malati e i sofferenti della città di Roma.


2. Il trovarmi qui, con voi, suscita in me una profonda commozione. Infatti in questa cappella venivano a pregare il professor Antonio Mosca e suor Luciana Iezzi. Il cuore si riempie tuttora di grande tristezza pensando alla tragica morte, che li strappo improvvisamente al lavoro in quel giorno terribile, il 2 marzo dello scorso anno, quando, com'è noto, l'ascensore con cui scendevano per prelevare medicine, si incendio, ed essi morirono soffocati dal fumo velenoso.

Suor Luciana ebbe ancora il tempo di estrarre dalla tasca la corona del Rosario, e fu ritrovata così, con la corona stretta nella mano rattrappita. Le due vittime, su proposta del ministro della Sanità, furono insignite, dal presidente della Repubblica, della medaglia d'oro al merito della Sanità pubblica. Essi hanno lasciato un vuoto incolmabile in questa casa di cura, nella cui attività la loro vita aveva inciso notevolmente.

Il professor Antonio Mosca, primario di anestesia e rianimazione fin dal 1972, nel suo lungo e assillante servizio, aveva dato prova di eccezionale ricchezza professionale, morale, umana e cristiana. La sua dedizione era inesauribile, la sua presenza infondeva fiducia e sicurezza: davanti a lui non vi erano solo dei casi clinici, ma persone umane, per le quali sentiva il dovere e il bisogno di mettere a disposizione tutte le risorse di mente e di cuore. La sua alta professionalità era vissuta in un atteggiamento di singolare modestia e riservatezza. Nonostante i molteplici impegni trovava il tempo per la preghiera, che spesso faceva in questa cappella, e per una presenza cristiana nella comunità dell'ospedale, Partecipando attivamente al consiglio pastorale. Figura veramente esemplare di medico, di primario e soprattutto di credente.

Suor Luciana Iezzi, religiosa delle Minime dell'Addolorata, svolse in questo Centro la sua attività di infermiera in due periodi: dal 1974 al 1977, e poi dal 1980 al 1984. Il suo servizio fu multiforme: dalla sala operatoria ai reparti di degenza, alle varie sostituzioni in molteplici servizi. Le caratteristiche della sua spiritualità erano il profondo senso di Dio nelle realtà umane, la riservatezza, la precisione, la disponibilità e una forte carica di umanità. Chi poté conoscerla nella sua dedizione di religiosa e di infermiera, conserva vivo il ricordo della sua presenza affettuosa, discreta, attenta, incoraggiante, instancabile.


3. Riflettendo sulla tragica e improvvisa scomparsa di queste due persone così buone e preparate, tanto più in questo luogo di sofferenza e di speranza, sorge spontaneo nel credente l'interrogativo circa il motivo di certi eventi che turbano in modo tanto drammatico la storia umana: perché, o Signore, che tutto conosci e tutti ami, permetti avvenimenti così dolorosi e sconcertanti? E' Gesù stesso che dà la risposta, quando - come si legge nella liturgia di domani - egli afferma: "Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto" (Jn 12,24). Gesù si riferiva principalmente alla sua morte in croce, per la redenzione dell'umanità dal peccato; ma il cristiano è strettamente associato a questo mistero: per portare frutti di bontà, di creazione, di pace, bisogna passare attraverso il distacco, la sofferenza, talvolta addirittura la morte. L'amore autentico non è possibile se non attraverso il dolore. E' una logica superiore, soprannaturale, divina, che vale sempre, ma specialmente per la vita spirituale; se sconvolge i nostri piani umani, bisogna accettarla con fede illuminata e con totale fiducia. La sofferenza fisica o morale, che sopraggiunge talvolta improvvisamente, è una chiamata, un invito, un'esortazione pressante a migliorare, a cambiare vita, a rinascere, a convertirsi. Nulla avviene per caso. In ogni circostanza bisogna chiedersi: "Che cosa vuole da me il Signore? Da questa situazione in cui mi trovo, da questa forzata inattività, da queste persone che incontro, quale messaggio devo ascoltare per purificare i sentimenti, per elevare lo spirito, per sentire la voce della verità e della coscienza?".

In questo modo si forma un'atmosfera e un legame di amicizia, di familiarità, di bontà reciproca, che aiuta a superare i disagi della malattia e le eventuali sempre possibili insufficienze: allora le difficoltà non spaventano e non inaspriscono, non irritano, perché c'è la carità "che è paziente, è benigna, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta" (cfr. 1Co 13,4).

Questo aveva perfettamente compreso suor Luciana, che nella sua umiltà e nel suo nascondimento possedeva una profonda sapienza. In una pubblicazione recentemente edita si legge questo pensiero riprodotto da un suo diario spirituale: "Signore, rendimi attenta e vigilante alla tua chiamata. Per rispondere alla tua chiamata devo abbandonare ogni logica umana, immergermi nella tua logica e fidarmi di te, anche quando può essere molto doloroso, molto sconvolgente. Pero sono convinta che nella misura in cui mi unisco alla tua passione e morte, saro gioiosa, avro la pace e sarà viva la mia testimonianza di te, che sei l'amore" (24 novembre 1978).

Parole sapienti e di alta spiritualità che possono e devono essere programma di vita per tutti.


4. Carissimi! Ci avviciniamo alla Pasqua e io vi esorto a prepararvi alla grande solennità liturgica con profonda sensibilità cristiana, in modo da gustare veramente il messaggio di certezza e di salvezza che il salvatore Gesù ci ha portato con l'istituzione dell'Eucaristia, con la sua passione e morte in croce, con la sua gloriosa risurrezione.

Tenete presente l'ultimo pensiero che con scrittura affrettata suor Luciana vergo su di un foglietto la stessa mattina del suo olocausto: "Gesù, la tua morte dia significato alla mia morte e la tua risurrezione dia significato alla mia vita". Tenete presente la sua corona del Rosario! Vivete anche voi nella luce di Cristo risorto, nella letizia della sua pace fondata sulla verità e sulla carità! Confidate in Maria santissima, nostra buona Madre del cielo, pregandola e imitandola nelle sue virtù! E vi sia anche sempre di conforto la mia benedizione, che ora imparto a voi qui presenti e che estendo con affetto a tutti gli infermi ospiti della casa, al personale medico e paramedico, ai vari ausiliari, ai cappellani e alle care religiose.

Data: 1985-03-03 Data estesa: Domenica 3 Marzo 1985





Alla Pontificia commissione per le comunicazioni sociali - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: I mass-media strumento di unità e di carità

Cari fratelli nell'episcopato, fratelli e sorelle in Cristo.

E' una grande gioia per me essere qui con voi a questo incontro in cui, per la prima volta, vi riunite con il vostro nuovo presidente, l'arcivescovo John Foley. "Grazia a voi e pace da parte di Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo" (Ga 1,3).

Vent'anni fa, il Concilio Vaticano II dichiarava che tra le meraviglie della tecnologia che l'ingegno umano, con l'aiuto di Dio, ha tratto dal creato, quelle che hanno maggiore effetto sullo spirito dell'uomo sono quelle che interessano maggiormente la Chiesa (cfr. IM 1). Questa settimana siete venuti a Roma per dimostrare il vivo interesse della Chiesa per i mezzi di comunicazione sociale che hanno una così profonda influenza sulle menti, sulle aspirazioni e sul comportamento umano.

Innanzitutto, se i mezzi di comunicazione sociale vengono ben usati, essi sono un aiuto per arrivare a conoscere la verità e per liberarci dall'ignoranza, dal pregiudizio, dall'isolamento e dalla violazione della dignità umana che si verifica quando i mezzi della comunicazione vengono manipolati allo scopo di controllare e limitare il pensiero dell'uomo.

In questo momento voi siete sommamente consapevoli delle parole di Gesù: "Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" (Jn 8,2). La verità ontologica consiste nella conformità di ogni cosa esistente all'idea esemplare nella mente del Creatore; in questo senso, ogni essere è vero e ogni essere razionale è libero. La verità logica consiste nella conformità dei concetti mentali alla realtà attuale, ed è qui che individui senza scrupoli hanno cercato di rappresentare, attraverso i mezzi di comunicazione, una realtà falsa, così che la mente umana potesse essere ingannata e quindi controllata, e il pensiero dell'uomo potesse anche non riflettere il mondo così com'è, ma una visione del mondo secondo quello che una minoranza potrebbe voler imporre.

La Chiesa deve quindi continuare a dichiarare il diritto della famiglia umana alla verità, una verità che non è limitata alla realtà materiale ma che riconosce anche la trascendenza divina. La fede è l'accettazione di una verità comunicata ma non direttamente sperimentata, una verità rivelata da Dio nel mondo che egli ha creato e nel Verbo che ha mandato.

L'inganno è privazione della dignità umana e distrazione dal destino umano; ha la sua origine nel padre della menzogna. Dio, d'altra parte, è autore della verità ed è diritto e responsabilità della Chiesa non solo comunicare ma anche difendere la verità. La Chiesa deve essere modello di verità se vuole essere fedele alla sua vocazione, e deve essere testimone della verità, della buona novella di Gesù Cristo, se vuole essere fedele alla sua missione. San Paolo ci ricorda: "Non abbiamo alcun potere contro la verità, ma per la verità" (2Co 13,8).

Se la verità è liberatrice e se la buona novella di Gesù Cristo salva ed eleva, allora i mezzi di comunicazione possono veramente essere espressione dell'aspirazione umana e incentivo alla speranza cristiana.

La libertà che viene dalla verità può dare alla famiglia umana una visione di ciò che può essere, di ciò che dovrebbe essere e può dare ad ogni essere umano la consapevolezza del destino che Dio ci ha preparato in ragione della dignità che ci ha conferito. Ove i mezzi di comunicazione sociale non riflettono la verità, tolgono la speranza. E gli esseri umani subiscono l'oppressione, la schiavitù e la disperazione. I mezzi di comunicazione sociale devono offrire speranza alla famiglia umana, la speranza di realizzare la propria dignità come figli e figlie di un Padre amorevole che li ha chiamati qui ad una vita di santità e li ha destinati ad una vita di felicità eterna nell'altro mondo.

I cosiddetti mezzi di svago offrono speciali possibilità di trasmettere la speranza con la narrazione di vicende che incoraggiano, attraverso modelli che ispirano ed esperienze comuni che danno consolazione e conforto. I mezzi di comunicazione sociale possono davvero consolare gli afflitti e ravvivare la speranza.

Forse, tuttavia, gli effetti della comunicazione sociale più visibili sono quelli che si esprimono nel comportamento umano. E' noto che parole trasmesse per radio o scritte nei giornali possono incitare alla violenza; che le immagini proiettate nei film o in televisione possono scatenare le passioni. Questi sono certamente pericoli da evitare, tentazioni cui resistere.

Ciò che non è stato sufficientemente sottolineato, tuttavia, è che i mezzi di comunicazione - come dice il loro stesso nome - possono fungere da catalizzatore per l'unità ed essere un invito alla carità. I nuovi media di recente hanno focalizzato l'attenzione del mondo sulla tragica situazione delle vittime della fame in Africa e la generosità nell'aiuto da parte di coloro che sono stati toccati dal bisogno di tanti loro fratelli e sorelle ha avuto un effetto molto benefico. I nuovi media hanno avuto in questo caso il ruolo di suscitare una sempre maggiore risposta di solidarietà in situazioni di emergenza, e hanno contribuito ad unire più strettamente la famiglia umana attraverso la carità fattiva. Che continuino a farlo, ove ve ne sia bisogno.

Tramite drammatiche sequenze cinematografiche e televisive è possibile inoltre approfondire la conoscenza della gamma completa dei bisogni umani e si può essere messi in grado di rispondere con amore e comprensione alle persone angosciate, sole, ammalate e bisognose. Uno dei segni dell'amore, tuttavia, è la presenza. Dio è presente in tutte le cose che ha fatto. Altrimenti non continuerebbero ad esistere: per amore egli ci ha chiamati all'esistenza e per amore ci sostiene nell'esistenza. Quello che ci unisce come membri della famiglia umana - quello che ci fa presenti gli uni agli altri - dovrebbe, dunque, ricordarci che siamo tutti figli di un solo Padre.

I moderni mezzi di comunicazione rendono possibile tale unità attraverso la comune esperienza di quanto viene diffuso o anche la presenza simultanea a un avvenimento mediante i collegamenti elettronici che circondano il globo, raggiungendo perfino lo spazio. E' possibile condividere insieme l'emozione di una tragedia; esaltarsi insieme nella comune esperienza di un trionfo umano. Si può, in breve, essere uniti tramite i moderni mezzi di comunicazione, uniti nella verità di un'esperienza comune, uniti nei diversi aspetti di una comune aspirazione, uniti in una risposta comune ai bisogni umani o nell'ammirazione comune dell'eroismo umano. Si può forse, come mai prima d'ora, essere uno nella fede, nella speranza e nella carità.

Si, le vostre attività come membri della Pontificia commissione per le comunicazioni sociali sono estremamente importanti. Voi riflettete il vivo desiderio della Chiesa non solo di comunicare la buona novella di Gesù Cristo mediante i mezzi di comunicazione, ma anche di promuovere l'unità e la carità nel nostro mondo ancora diviso. Per mezzo delle meraviglie che l'uomo ha scoperto nel mondo creato da Dio, voi state cercando di comunicare la luce della verità liberatrice di Cristo e il calore del suo amore che salva.

Data: 1985-03-07 Data estesa: Giovedi 7 Marzo 1985





A genitori, docenti e alunni - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Scuola cattolica necessaria per la società contemporanea

Carissimi.


1. Sono lieto d'incontrarmi con voi, responsabili della presidenza regionale della Federazione istituti di attività educative, qui convenuti insieme con i genitori, i docenti e gli alunni delle scuole italiane operanti nel Lazio, con gli addetti ai vari servizi, nonché con i rappresentanti dei comitati dell'Associazione genitori scuole cattoliche e di altre categorie.

Saluto con grande affetto questa assemblea così numerosa e colgo volentieri l'occasione dell'incontro con voi per soffermarmi sul tema, mai sufficientemente ribadito, della funzione della scuola cattolica nella società contemporanea.


2. Il nuovo Codice di diritto canonico, nel primo canone del libro dedicato a questo importante problema, così afferma: "La Chiesa ha il dovere e il diritto nativo, anche con l'uso di propri strumenti di comunicazione sociale, indipendentemente da qualsiasi umana potestà, di predicare il Vangelo a tutte le genti" (CIC 747).

Sotto il linguaggio della formula giuridica si riconferma una verità teologica e pastorale. In forza del mandato, ricevuto dal suo divino Maestro, di portare al mondo l'annuncio della salvezza, la Chiesa, rivendicando a sé la piena libertà religiosa, che nessuna autorità umana ha il potere di ostacolare, mette in rilievo il suo compito specifico in ordine all'educazione di ogni uomo.

Ora, nell'ampio ventaglio dei mezzi educativi, appare evidente la priorità della scuola quale strumento atto a sviluppare in maniera sistematica le facoltà intellettuali, a maturare la capacità di giudizio, a promuovere il senso dei valori, a costituire un centro di riferimento, alla cui dinamica sono chiamati a partecipare famiglie, insegnanti, associazioni.

Consapevole di questa realtà, la Chiesa si è fatta sempre e dappertutto promotrice dell'attività scolastica, dando vita alle grandi università del passato, incoraggiando il sorgere e il dilatarsi di ordini religiosi dedicati all'educazione della gioventù come al loro campo privilegiato di apostolato. Senza simile strategia apostolica, il processo di evangelizzazione tra i popoli sarebbe avvenuto con maggiore lentezza e più difficoltosa sarebbe stata nei vari continenti la possibilità della "plantatio Ecclesiae".

Perciò la Santa Sede ha avuto cura, nelle circostanze più diverse e nelle epoche più difficili, come la nostra, d'impartire direttive opportune al raggiungimento del fine. In proposito voglio ricordare l'enciclica "Divini illius Magistri" del mio predecessore Pio XI; il documento conciliare "Gravissimum Educationis", di cui nel prossimo ottobre cade il ventesimo della pubblicazione; e la secolare attività della Congregazione per l'educazione cattolica, ristrutturata secondo gli ordinamenti del Vaticano II.

L'anno scorso, per la festività dei santi Pietro e Paolo, rivolgendo la parola ai miei collaboratori della Curia romana, ho voluto riprendere l'argomento dell'educazione e della scuola cattolica per indicarne la somma attualità in ogni parte del mondo. Il tema rappresenta infatti una costante dell'insegnamento ecclesiale, e una conferma della sua importanza.


3. L'educazione cattolica si trova indebitamente coartata dove manca la possibilità dell'insegnamento religioso nell'ambito della scuola statale, perché il messaggio evangelico non può essere escluso da una scuola che per sua natura è aperta a tutti, quindi obbligata ad offrire adeguati servizi educativi.

E' dovere dei pubblici poteri solleciti del bene comune venire incontro alle esigenze dei cittadini nel rispetto dei diritti di tutti, creando le condizioni perché l'educazione dei giovani in tutte le scuole dello Stato possa aver luogo secondo le convinzioni religiose e morali delle proprie famiglie.

Nella logica di questi principi in Italia sono state accettate da entrambe le parti le nuove disposizioni dell'accordo concordatario del 18 febbraio 1984. Ciò, pero, da solo non basta. Va qui riaffermato il diritto e il dovere dei genitori cattolici di "scegliere quei mezzi e quelle istituzioni attraverso i quali, secondo le circostanze di luogo, possano provvedere nel modo più appropriato all'educazione cattolica dei figli" (CIC 793). Di conseguenza, essi nello scegliere le scuole per i loro figli devono godere di vera libertà, riconosciuta e tutelata dalle autorità civili (CIC 797). Occorre inoltre riconoscere alla Chiesa la libertà d'istituire e di dirigere proprie scuole, di qualsiasi ordine e grado. Essa lo ha fatto per due millenni, e il testo del documento conciliare, prima ricordato, lo ribadisce con luminosa chiarezza (GE 8).

In altre parole, all'interno di una società pluralistica, come la nostra, in rapida evoluzione, la necessità della scuola cattolica si pone in tutta la sua chiara evidenza, quale contributo allo svolgimento della missione del popolo di Dio, al dialogo tra Chiesa e comunità degli uomini, alla tutela della libertà di coscienza, al progresso culturale del mondo, occasionalmente anche alla soluzione di problemi creati da carenze pubbliche, ma soprattutto al raggiungimento di due obiettivi, che per voi, qui presenti, devono costituire fonte d'ispirazione, di luce e di forza.

La scuola cattolica, infatti, punta di per sé allo scopo di condurre l'uomo alla sua perfezione umana e cristiana, alla sua maturità di fede. Per i credenti nel messaggio di Cristo, sono due facce di un'unica realtà. Promuovere la crescita integrale della persona umana significa aprire alle nuove generazioni orizzonti di cultura e di verità, educare gli animi all'esercizio delle fondamentali virtù naturali, non chiudersi alle spinte delle novità, con l'accorgimento di saperle interpretare, salvaguardando i contenuti dei valori perenni.

Purtroppo il quadro della società contemporanea, in cui peraltro sono presenti tanti aspetti positivi, appare carico di ombre, anzi di pericolosi fattori negativi. Ambiguità, ideologie, ingiustizie, violenze, allettamenti di varia natura, dalla sessualità sfrenata e pubblicizzata alla diffusione della droga, moltiplicano situazioni che, invece di facilitare il cammino educativo destinato a costruire uomini, finiscono col dare la spinta alla disgregazione, specie nel mondo dei giovani che, più indifesi, sono le prime vittime.

A neutralizzare l'irruzione del male la scuola cattolica efficiente appare la più indicata col suo programma di presentare una visione organica illuminata e vivificata dai valori del Vangelo, e con l'impegno a educare alla vera vita, che è Dio in noi, rivelato da Gesù, che è verità liberatrice. Essa offre al fanciullo e al giovane un progetto educativo in grado di coordinare l'insieme della cultura umana con il messaggio della salvezza, di aiutarlo nell'attuazione della sua realtà di nuova creatura, di allenarlo ai compiti di cittadino adulto.

Vista così, la scuola cattolica, oggi, soprattutto oggi, s'inserisce a pieno titolo nella missione salvifica della Chiesa, svolge un ruolo insostituibile nella formazione culturale e umana della gioventù, prepara per la società la prospettiva di un futuro migliore.


4. Pero la scuola cattolica è pure comunità educativa, dove avviene l'incontro di collaborazione tra tutti gli operatori del settore. I genitori sono i principali educatori della prole, i primi catechisti nel servizio della trasmissione della fede, perché la vita dei loro figli sia penetrata fin dall'inizio dallo spirito di Cristo. La famiglia è il luogo privilegiato della nascita e crescita umana e religiosa, la scuola naturale dove si fa la prima esperienza della comunità, si apprendono le virtù sociali, il senso di Dio, l'amore del prossimo.

Ma quando i bambini sono avanti nello sviluppo, i genitori, per svolgere adeguatamente il loro compito, hanno bisogno del sussidio di tutta la società; e, in primo luogo, devono godere di una reale possibilità di scelta nel campo della scuola, senza ulteriori aggravi economici. Gli educatori cattolici sono coloro che hanno una più viva coscienza di esercitare una funzione di supplenza e di sussidiarietà, loro affidata dai genitori, e, nell'adempimento della missione liberamente scelta, si sentono collaboratori della famiglia e della Chiesa.


5. Cari insegnanti e genitori, a questo punto voglio dirvi che dipende essenzialmente da voi, se la scuola cattolica riesce a realizzare i suoi scopi e le sue iniziative (GE 8). Voglio ripetere a voi, oggi, quanto ho affermato in altre parti del mondo: "La scuola cattolica è nelle vostre mani" (Agli educatori cattolici, 12 settembre 1984). Essa richiede uno sforzo continuo, che non può aver successo senza la cooperazione di tutti coloro che vi sono coinvolti: studenti, genitori, insegnanti, capi e pastori. Tutte le componenti del popolo di Dio devono sentirsi compartecipi e corresponsabili nell'impegno di un'opera comune.

A voi genitori, in particolare, ricordo il dovere non solo di scegliere la scuola in accordo con la vostra coscienza, ma di seguirla, anche, come prolungamento e complemento della famiglia, offrendo la vostra attiva collaborazione al migliore andamento dell'istituto scolastico. Non ritenetevi dispensati da altri interventi, una volta che avete affidato i figli a una scuola cattolica.

Ai rappresentanti degli istituti religiosi, tanto benemeriti nella storia dell'educazione, rivolgo la raccomandazione di salvaguardare il prestigio della scuola cattolica, così alto anche in Paesi a maggioranza non cristiana, perché le molteplici difficoltà di oggi e il desiderio di ritrovare nuove vie alla testimonianza evangelica non inducano ad abbandonare con facilità un così collaudato settore di promozione umana e di evangelizzazione. Lo spazio della scuola cattolica va, semmai, potenziato, non ridotto.

Ai carissimi alunni, poi, affido questa sola consegna: se volete garantirvi un avvenire ricco di prospettive e di speranze, approfittate del beneficio a voi offerto dai genitori ed educatori. Fuggite la mediocrità e darete anche voi un contributo non piccolo allo sviluppo della vostra scuola e della vostra città.

Una parola, infine, ai rappresentanti della Fidae, operante in una capitale come Roma e nel Lazio, che raccoglie centinaia di istituti scolastici d'ispirazione cristiana. Sorta quarant'anni fa, la vostra federazione è riconosciuta dalla Conferenza episcopale italiana allo scopo di rappresentare e tutelare gli interessi delle scuole cattoliche in Italia.

Sono al corrente dei vostri gravi e numerosi problemi: carenze legislative, insufficienze di ordine finanziario, contrazione delle nascite, diminuzione delle vocazioni, difficoltà di collaborazione. Ma so anche che coltivate la profonda convinzione della necessità e attualità della scuola cattolica come bene comune della Chiesa e dell'Italia.

Faccio appello al vostro senso di unità, al vostro spirito inventivo per il superamento delle difficoltà, affinché un patrimonio secolare di tanta ricchezza umana e cristiana sia convenientemente custodito e rilanciato.

Con questo auspicio imparto a ciascuno di voi la mia speciale benedizione.

Data: 1985-03-09 Data estesa: Sabato 9 Marzo 1985





Durante la visita al Magistero "Maria Assunta" - Roma

Titolo: Educare la ragione ad accogliere le verità della fede

Signori cardinali, signor ministro, illustri professori, care missionarie della scuola, care studentesse.


1. Ringrazio vivamente per le amabili espressioni rivoltemi dal direttore accademico professor Giorgio Petrocchi e dalle studentesse, interpretando sentimenti comuni. Porgo a tutti il mio saluto più cordiale, rivolgendo un deferente pensiero al signor ministro della Pubblica istruzione, senatrice Franca Falcucci, ai signori cardinali e ai vescovi: e un saluto affettuoso al consiglio di presidenza, alle missionarie della scuola, al corpo docente e in special modo a voi tutte studentesse, che costituite la speranza del domani.

E' con vero piacere che ho accolto il vostro invito a farvi questa visita in occasione del 45° anniversario della fondazione di questo istituto universitario, così vicino, materialmente e spiritualmente, alla Sede apostolica.

Il pensiero corre alle alte finalità che ispirano la fondazione, da parte di religiose Domenicane (le Missionarie della scuola), di questo istituto che mira a promuovere la dimensione culturale - in special modo teologica - della vita consacrata femminile, così da consentirle una valida e fruttuosa presenza nel mondo della scuola; un istituto ecclesiale impegnato, in una profonda comunione con la Santa Sede, ad "effettuare una presenza, per così dire, pubblica, costante e universale del pensiero cristiano in tutto lo sforzo dedicato a promuovere la cultura superiore" (GE 10); e per far si che, attraverso insegnanti qualificate, le stesse istituzioni pubbliche della scuola possano essere illuminate dal fermento evangelico.

La vostra università, in questi 45 anni di vita, ha fruttuosamente svolto tale importante compito; e oggi più che mai le esigenze e i problemi della Chiesa e della società la sollecitano a proseguire coraggiosamente nello sforzo intrapreso e in una sempre più piena attuazione degli obiettivi statutari. A nome della Chiesa, desidero ringraziarvi per quanto avete fatto e v'impegnate a fare, invocando l'assistenza del Signore.


2. Le parole rivoltemi dal direttore accademico e dalle studentesse m'invitano a proporvi alcune riflessioni sul come siete chiamati oggi - sia come docenti che studenti - a realizzare la "conquista di valori umani e cristiani, che danno senso profondo al nostro vivere".

E' chiaro che, in ciò, modello supremo per tutti è Cristo nostro Signore, egli che è "via, verità e vita" (Jn 14,6). Gesù è il Maestro che insegna all'uomo come giungere alla vera libertà, quella libertà che nasce dalla verità (cfr. Jn 8,32), cioè dal vero bene dell'uomo, vero bene che a sua volta si fonda sull'essere stesso dell'uomo, e quindi, in ultima analisi, sulla sua dipendenza ontologica da quel Dio che, mediante l'atto creativo, gli dona l'essere.

In questa conclusione fondamentale troviamo un punto d'orientamento centrale per la concezione cristiana dell'uomo e quindi per tutta l'opera educativa tesa a portarlo alla pienezza del suo essere e della sua libertà.

Su questo cardine della filosofia cristiana concordano e insistono due grandi dottori della Chiesa che a voi devono stare particolarmente a cuore: san Tommaso d'Aquino e santa Caterina da Siena. Il primo si esprime con le categorie della filosofia perenne e la seconda mediante l'effusione della sua sapienza mistica: ma dicono la stessa cosa attingendola alla fonte della Scrittura, laddove Dio rivela a Mosè il suo "Nome proprio", unico ed esclusivo: "Io Sono" (Ex 3,14).

Nome che Gesù attribui poi a se stesso, suscitando lo scandalo dei farisei (cfr. Jn 8,2-4 Jn 8,2 Jn 8,58).

Così, se per Tommaso Dio è l'"Ipsum Esse per Se subsistens", del quale egli parla speculativamente, per Caterina Dio è il medesimo "Ipsum Esse", col quale essa dialoga con tutto il fervore e l'intuito del suo cuore femminile: "Tu sei Colui che sei, e l'essere e ogni grazia che hai posta sopra l'essere ho da Te, che mèl desti e dai per amore e non per debito" ("Dialogo", 134).


3. E' questa originalità del pensiero cristiano, che dovete sempre meglio acquisire, testimoniare e comunicare agli uomini del nostro tempo, così spesso distratti e incapaci di andare al fondo del reale, al fine di trarne i principi sicuri e immutabili di un vero progresso umano, civile, culturale e spirituale secondo il piano di Dio.

Missione dell'insegnante cattolico è quella di condurre amorevolmente e gradualmente l'uomo a questa profonda consapevolezza, è quella di aiutarlo a purificare e ad educare la propria ragione, per renderla disponibile ad accogliere, con l'assistenza dello Spirito Santo, la verità della fede.

Come sappiamo, la ragione con le sue sole forze ha la capacità di dimostrare l'esistenza di Dio, come primo principio assoluto e necessario, e di conoscerne anche, per analogia, gli attributi; la rivelazione di Cristo aumenta la luce propria della ragione naturale e richiede la fede nella sua parola. E' perciò necessario preparare e purificare la ragione, affinché sia ben disposta ad accogliere la "parola di Dio" e a prestare il suo assenso.

Occorre stimolare la ricerca della verità in materia religiosa. Questo è uno dei principali compiti dell'educatore cattolico nel mondo d'oggi, soprattutto nella scuola pubblica. Infatti, come dice il Concilio, "a motivo della loro dignità tutti gli uomini, in quanto sono persone, dotate cioè di ragione e di libera volontà e perciò investiti di responsabilità personale, sono spinti dalla loro stessa natura e tenuti per obbligo morale a cercare la verità, in primo luogo quella concernente la religione" (DH 2).

Se pertanto molti non accettano la verità di fede, si può e si deve introdurli, mediante un dialogo paziente e caritatevole, alla comprensione dei valori spirituali e religiosi partendo dalle evidenze della ragione, delle quali tutti noi, credenti e non-credenti, in quanto persone, siamo capaci.


4. In questa missione delicata e non facile, occorre normalmente una lunga e accurata preparazione. Ecco la funzione provvidenziale del vostro istituto. Per assolvere alla finalità che vi ho appena proposta, occorre chiedere al Signore una forte dose di quella santa "discrezione" della quale parla spesso santa Caterina da Siena: vale a dire, quella spirituale capacità di discernimento, che consenta di valutare le moderne correnti di pensiero alla luce dei principi perenni del pensiero cristiano, così da ritenere e da aiutare a "ritenere ciò che" (in esse) "vi è di vero, a scoprire le radici degli errori e a confutarli" (OT 15).

Condurre il discepolo a questa spirituale maturità di giudizio, è e dev'essere sempre il supremo obiettivo educativo del maestro cristiano. Cristo si è proposto questo, nell'inviarci il suo Spirito di sapienza, come spiega molto bene san Paolo nella prima Lettera ai Corinzi (2,15), quando parla dell'"uomo spirituale", affermando che egli "giudica ogni cosa, senza poter essere giudicato da nessuno".

La donna educatrice, opportunamente preparata, può e deve rendere oggi alla Chiesa e al mondo, nel campo di questa spirituale sapienza, un servizio utilissimo e insostituibile, che mette in luce ed esalta le qualità e le ricchezze più proprie dell'anima femminile, nella sua capacità di diffondere la verità e di suscitare sempre nuove energie di bontà. E' chiaro che queste cose valgono in modo particolare per le religiose, ma ora intendo riferirle a qualunque forma di vocazione femminile.

La madre Tincani fu precorritrice su questo punto, e resta sempre modello di docente e di discente per il suo intenso impegno spirituale, per la sua serietà professionale, per la sua cristallina fedeltà alla Chiesa.


5. La madre Tincani affido alla Madonna la scelta del direttore spirituale che poi l'aiuto nella realizzazione delle sue imprese più impegnative. In tal modo appare chiaro che la grandezza di quella religiosa fu sotto il segno della Vergine santissima, di colei che, per ogni donna, è modello di maestra e discepola, del Signore Gesù. E il migliore discepolo è il migliore insegnante.

Maria santissima Assunta, alla quale è intitolata la vostra università, sia sempre dunque per ogni professoressa e studentessa modello ineguagliato e attuale, carico di virtualità sempre nuove, tali da arricchire la Chiesa.

Non è un caso che questo secolo abbia registrato una notevole promozione della donna accanto a un forte progresso della mariologia, e addirittura dello stesso dogma mariano. Perciò lo stesso titolo del vostro istituto sia un chiaro appello a una sempre maggiore attenzione ai valori essenziali della dottrina e del culto mariano, in corrispondenza ai segni dei tempi e alle indicazioni della Chiesa di oggi in ordine a un miglioramento della vita cristiana e a uno sviluppo della cultura cattolica e della promozione della donna nella società e nella Chiesa.

Nella gioia di questo pensiero rivolto alla Madre di Dio, formulo per l'intero istituto e per i responsabili della sua guida i miei più fervidi voti per un suo costante e fruttuoso progresso al servizio delle anime e della Chiesa e, mentre invoco a tal fine l'abbondanza delle grazie celesti, a tutti di cuore imparto la mia apostolica benedizione.

Data: 1985-03-09 Data estesa: Sabato 9 Marzo 1985






GPII 1985 Insegnamenti - Ai malati del Centro traumatologico ortopedico - Roma