GPII 1984 Insegnamenti - Messa di mezzanotte - Città del Vaticano (Roma)

Messa di mezzanotte - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La "Notte" della speranza illumini le tenebre dell'umanità

Testo:


1. "Apparuit gratia...". A tutti voi, riuniti in questa basilica, il Vescovo di Roma, servo dei servi di Dio, rivolge il suo cordiale saluto. Egli saluta anche tutti coloro che in questa mezzanotte sono riuniti in tanti luoghi della terra.

Tutti ci riunisce la notte di Betlemme. Ogni anno la medesima notte. La richiamiamo attraverso i secoli e le generazioni con la stessa trepidazione di speranza iscritta nel "cuore dell'uomo", nel suo destino eterno.

"Apparuit gratia... / Apparuit gratia Dei... / Apparuit gratia Dei Salvatoris nostri". Questa notte è santa per noi.


2. Che cosa è la grazia? Lo domandiamo a questa notte, alla notte di Betlemme.

Essa è peraltro simile a tante altre notti, che nel loro ritmo immutabile si avvicendano sul globo della terra. Questa notte in apparenza è una notte come tante altre. Ma è la notte in cui sul piccolo angolo della terra, nelle vicinanze di Betlemme, a Sud di Gerusalemme, le tenebre della notte si trasformarono in luce.

In questa luce si compi il divino "mysterium tremendum et fascinosum": la gloria di Dio illumino totalmente i pastori che in questo luogo "facevano la guardia" al loro gregge, così che "essi furono presi da gran spavento...".

La luce diventa voce: "Non temete... / Oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore... vi annunzio una grande gioia" (Lc 2,10 Lc 2,11).

"Apparuit gratia... / Puer natus est nobis": / è nato un Bambino. La luce e la voce indicano il luogo e il significato della sua nascita.


3. E' veramente nato. E' nato nella stalla destinata agli animali: perché non c'era posto per lui in nessuna casa umana. E' nato durante il censimento della popolazione di Israele, mentre Cesare Augusto era a capo dell'Impero romano e Quirino era governatore in Siria.

Colui che è nato era della stirpe di Davide, e perciò, al momento della venuta al mondo, gli avvenne di trovarsi a Betlemme, che era la "città di Davide".

E' nato dalla Vergine. Il suo nome era Myriam, cioè Maria. Era la sposa di Giuseppe, della famiglia di Davide, tutti e due provenivano da Nazaret.

Dal centro della grande luce che li avvolge, i pastori odono queste parole: "Troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia" (Lc 2,12). E così è stato effettivamente. "Apparuit gratia"...


4. Grazia. Che cosa è la grazia? Dice il profeta: "Puer natus est nobis, Filius datus est nobis". E' nato un bambino, un figlio ci è donato. In questo bambino, nato dalla Vergine, ci è stato dato il figlio. La Madre e Vergine. In terra egli non ha padre.

E' nato eternamente. Ed eternamente nasce: Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero; generato e non creato: della stessa sostanza del Padre.

In questa notte egli ci è stato dato: dato mediante la nascita terrena dalla Vergine, mediante la nascita nella notte di Betlemme, mediante la nascita nella povertà. Ci è stato dato. La grazia è appunto dono. E' il "donarsi" di Dio alla creatura, all'uomo: il "donarsi" di ciò che è divino a ciò che è umano.

In questa notte, la Grazia è diventata palese: "apparuit". Si è manifestata nella sua dimensione definitiva. Dio "dona se stesso" nel Figlio: nell'eterno Figlio che è della stessa sostanza del Padre. Dona se stesso per opera dello Spirito Santo, che la Vergine di Nazaret ha ricevuto nell'annunciazione.

"Apparuit gratia".

Dio dona se stesso grazie al suo infinito amore: "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Jn 3,16). Dio dona se stesso non solo in modo invisibile, nell'intimo dei cuori umani. Dona se stesso anche in modo palese: "rivela" veramente l'eterno mistero del suo amore nelle tenebre di questa notte di Betlemme.


5. "Apparuit gratia salvatoris"... Nella notte di Betlemme Dio viene all'uomo con il programma della nuova vita: "rinnegare l'empietà e i desideri mondani e vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo", scrive san Paolo (Tt 2,12).

Questo è ugualmente il programma della speranza salvifica, perché il figlio che ci è donato in questa notte di Betlemme, come fanciullo deposto in una mangiatoia, darà "se stesso per noi per riscattarci da ogni iniquità e formarsi un popolo puro che gli appartenga, zelante nelle opere buone" (Tt 2,14): il nuovo popolo di Dio. La manifestazione della gloria di Dio stesso


6. "Apparuit gratia"... Tutto ciò è diventato palese in questa notte. E contemporaneamente la notte di Betlemme nasconde tutto ciò con la sua misteriosa oscurità. Soltanto Maria e Giuseppe, e insieme a loro qualche pastore, si sono trovati nel profondo della luce che ha penetrato questa notte.


7. così fu allora... Ormai quasi duemila anni ci dividono da quell'"allora". Ed ecco che sempre veniamo, sempre ci riuniamo a mezzanotte. Richiamiamo da lontano quest'una e unica notte nella storia dell'uomo.

Apparteniamo alla generazione che apertamente ha sposato gli accenti da Dio al mondo, dall'eternità alla temporalità... "Il popolo che cammina nelle tenebre... abitanti in terra tenebrosa".

Alcuni pensano: non siamo forse già in un'epoca post-cristiana? Alcuni hanno fatto dell'ateismo un programma del progresso dell'uomo. Ma questo preteso "progresso" ha portato con sé di fatto anche una permanente minaccia nucleare, e forme di sfruttamento dell'uomo e di perdita dei valori che danno senso alla vita, senza eliminare la piaga della fame che drammaticamente affligge certe regioni della terra.

"Il popolo che cammina nelle tenebre"; tenebre di ogni epoca. E tuttavia ogni anno ritorna questa notte. La medesima notte di Betlemme in ogni luogo della terra. E noi ci riuniamo. Siamo qui accanto al Verbo incarnato, come Maria e Giuseppe con cuore aperto ad accogliere il messaggio di speranza che il Natale reca anche oggi all'umanità.

"Apparuit gratia"...

Data: 1984-12-24 Data estesa: Lunedi 24 Dicembre 1984




Messaggio natalizio - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La Chiesa desidera trasformare uomini, società e sistemi

Testo:


1. Te, che ti sei fatto povero per noi, da ricco che eri, perché noi diventassimo ricchi (cfr. 2Co 8,9); Te, Gesù Cristo, nato la notte di Betlemme in una stalla e deposto in una mangiatoia, perché non c'era posto per te nell'albergo (cfr. Lc 2,7); Te, Figlio del Dio vivente, della stessa sostanza del Padre, non creato, ma eternamente generato; Te, Verbo, Dio da Dio, luce da luce: Te salutano oggi la Chiesa e l'umanità, la città di Roma e il mondo intero ("Urbs et Orbis"); Te circondano i cuori inquieti degli uomini contemporanei, contemplandoti nel mistero della tua nascita.


2. Sei diventato povero: povero nella notte di Betlemme, povero nella casa di Nazaret, spogliato di ogni cosa nell'ora della tua morte sulla croce. Gesù Cristo! Tu solo hai potuto dire: "Beati voi poveri..." (Lc 6,20), "Beati i poveri in spirito" (Mt 5,3). L'hai potuto dire perché tu solo sapevi di quanta povertà avesse bisogno l'uomo, per poter diventare ricco della ricchezza che Dio dona al cuore umano.


3. Ecco, nella notte di Betlemme, noi contempliamo - ogni anno contempliamo - con grandissimo stupore, il mistero della tua nascita. Oh, quanto povero è diventato Dio! Oh, quanto ricco è diventato l'uomo! Beata povertà di Dio, che è diventata la sorgente del più grande arricchimento dell'uomo!


4. "Beati i poveri in spirito": ecco le parole scritte nel cuore stesso del tuo Vangelo, sin da quella notte di Betlemme. Le parole che sono l'eredità più santa della Chiesa.

Non cessiamo di professare la stupefacente verità, contenuta nella profondità di quelle parole. Non cessiamo di rileggere tale verità attraverso il mistero della notte di Betlemme, mediante l'intera testimonianza di colui che non aveva "dove posare il capo" (Mt 8,20), mediante la croce, sulla quale egli stesso "spoglio se stesso" per arricchire l'uomo in modo pieno e definitivo. La rileggiamo per avere in noi, con cuore puro, a testa alta, "gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù" (Ph 2,5), per non cedere in nessuna epoca alle tentazioni dei vari materialismi, che colpiscono al cuore proprio questa verità: "Beati i poveri in spirito perché di essi è il regno dei cieli".


5. Rileggiamo questa verità: per essere forti di essa, e pienamente umili dinanzi ad essa; per saper far fronte ad ogni rivoluzione o cambiamento di sistema col Vangelo della dignità umana, del lavoro umano e dell'amore comunitario; per saper dare testimonianza - forti di questa verità e infinitamente umili dinanzi ad essa - a tutti coloro che, in ogni vocazione, in ogni stato di vita e in ogni professione, "sono poveri in spirito", a tutti coloro ai quali appartiene il regno del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.


6. Non ci sono forse oggi, in tutta la terra, numerosi uomini "ricchi", che sono terribilmente poveri? Non ci sono forse uomini ricchi di beni materiali, ricchi di potere, ricchi di fama... eppure poveri? Poveri a causa del grande vuoto del cuore umano che non si è aperto verso Dio e verso il prossimo! E non esistono forse uomini poveri, svantaggiati materialmente, perseguitati, oppressi, discriminati... che sono ricchi? Ricchi di quella ricchezza interiore, che scaturisce direttamente dal cuore del Dio-uomo! Dal mistero della nascita di Dio!


7. La Chiesa, che cammina attraverso un mondo, nel quale esiste tanta disuguaglianza, oppressione, lotta, che cammina attraverso un mondo diviso tra l'Occidente e l'Oriente, tra il Sud e il Nord, questa Chiesa sta oggi davanti a te, Figlio di Dio, nato da Maria Vergine - "Figlio del carpentiere" (Mt 13,55) - e desidera leggere di nuovo nel mistero della notte di Betlemme il senso della sua missione nel mondo.

In te, che ti sei fatto povero per noi, la Chiesa desidera ritrovare di nuovo la forza della beatitudine dei poveri, dei poveri in spirito, dei quali è il regno dei cieli, e desidera restarle fedele! Con la forza di questa beatitudine desidera trasformare gli uomini, le società e i sistemi. Desidera costruire "la nuova terra e i nuovi cieli", in cui abitano la giustizia e la pace.

"Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama" (Lc 2,14).


8. Profondamente consapevoli di questa missione e forti della verità della beatitudine, da te pronunciata con la tua nascita quale Figlio di Dio e dell'uomo, noi desideriamo confessare in modo particolare la nostra unione fraterna con tutti gli uomini e, specialmente, con coloro che soffrono perché sono privi del necessario, con coloro che costituiscono la grande moltitudine dei poveri.

Questa moltitudine - forse senza saperlo - segue te, proprio te, buon Pastore, Figlio di Dio, che ti sei fatto povero per noi, perché noi diventassimo ricchi per mezzo della tua povertà.

I giorni appena trascorsi ci hanno recato segni consolanti di una rinnovata sensibilità da parte di cittadini e governanti. Nel rallegrarci per il contributo che autorità civili, organismi ecclesiali e istituzioni private stanno dando alla lotta contro la fame, noi manifestiamo ancora una volta la nostra solidarietà con la sterminata moltitudine dei poveri, con i loro diritti, con le loro speranze.

Noi affermiamo la nostra solidarietà con tutti i poveri del mondo contemporaneo, nell'attualità drammaticamente concreta e quotidiana delle loro sofferenze: con le popolazioni dell'Etiopia, del Mozambico e di altre regioni africane decimate dal flagello della carestia e della siccità e con tutti coloro che, anche in altre parti del mondo, muoiono di fame; con le migliaia di profughi che si trovano forzatamente lontani dalla patria e, privi come Cristo di un tetto, vivono tanto spesso in condizione indegna di esseri umani; con i disoccupati in attesa di un lavoro che consenta loro di procurarsi un onesto sostentamento e di recare il proprio contributo all'edificazione della società; con le persone che, per malattia, vecchiaia o sventura, bevono il calice amaro della solitudine e dell'abbandono.

Affermiamo, ancora, la nostra solidarietà: con le vedove e con gli orfani, che piangono i mariti e i padri proditoriamente sottratti a loro affetto e mai più ritornati nelle loro case; con tutte le vittime della violenza, rivolgendo uno speciale pensiero alle famiglie italiane in lutto per la tremenda strage avvenuta l'altro ieri sul rapido Napoli-Milano e indirizzando una parola di conforto ai numerosi feriti; con i familiari di quanti hanno pagato con la vita il loro impegno per la predicazione del Vangelo e l'attuazione della dottrina sociale della Chiesa; con le vittime dei sequestri, tuttora nelle mani dei loro rapitori; con le famiglie che soffrono per il dissesto morale in esse introdotto dalla cinica società dei consumi; con quanti lottano per sottrarsi alle spire della droga, della violenza, delle organizzazioni criminose.

Affermiamo, infine, la nostra solidarietà con tutte le vittime di quelle altre povertà che colpiscono la sfera dei valori spirituali e sociali della persona; con quanti sono privati del diritto alla libertà di movimento, alla sicurezza della persona, alla stessa vita; con quanti sono esclusi, per motivi di nazionalità o di razza, dall'uguale dignità con gli uomini e le donne della medesima terra; con quanti non possono liberamente esprimere il loro pensiero, né liberamente professare e praticare la loro religione; con quanti devono pagare con l'emarginazione sociale o addirittura col carcere il loro legittimo dissenso verso le ideologie del regime; con quanti sono sottoposti a violenze psicologiche, che profanano l'intimo santuario della coscienza, mortificando in modo ignobile la dignità personale.

Davanti a te, Verbo eterno che hai voluto nascere nello squallore di una stalla per arricchire gli uomini della tua divinità, la Chiesa rinnova la sua opzione preferenziale per i poveri. Essa inoltre prega perché la luce proveniente dal presepe dissipi le tenebre dell'errore, dell'odio e dell'egoismo, che gravano sui cuori umani, e li convinca a impegnarsi per un mondo in cui i valori della giustizia e dell'amore - sempre più condivisi e tradotti nei fatti - preparino la strada a quella pace che gli angeli annunciarono, per la speranza e la gioia di tutti, nel cielo di Betlemme.

[Omissis: messaggi natalizi nelle varie lingue]

Data: 1984-12-25 Data estesa: Martedi 25 Dicembre 1984




Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Anche nella tragedia abbiamo la certezza che Dio ama l'uomo

Testo:

Carissimi fratelli e sorelle!


1. Oggi, per la nostra comune preghiera dell'Angelus, ritorniamo ancora a meditare sulla grande solennità del Natale, che ieri abbiamo celebrato.

Dio si è incarnato per noi! Il Verbo divino si è fatto uomo come noi, per assicurarci che nella storia umana e nella nostra personale esistenza egli è sempre presente col suo amore, con la sua salvezza, con la sua Provvidenza. Il Natale esige fede, perché Natale è mistero. La nostra ragione non riesce a comprendere come Dio abbia potuto amarci fino a questo punto. Il segno di riconoscimento per i pastori fu la mangiatoia della capanna, dove era stato deposto da Maria santissima il bambino Gesù: era cioè il segno dell'estrema povertà e della suprema umiliazione. Questo avvenimento così sconcertante insegna che per accogliere il messaggio di Cristo, il divin Redentore, è necessaria l'umiltà della ragione. Solo l'umiltà, che diventa confidenza e adorazione, può comprendere e accogliere l'umiliazione salvifica di Dio. Torniamo perciò ogni giorno a meditare sul Presepio, e preghiamo Maria e san Giuseppe che ci donino la grazia dell'umiltà adorante e della fede confidente!


2. Oggi commemoriamo anche il martirio di santo Stefano, il primo martire, che diede coraggiosamente la vita per testimoniare la sua fede in Cristo. Egli anche nel nostro tempo insegna che il messaggio di verità e di salvezza portato da Gesù all'umanità esige ferma convinzione e coraggio intrepido. Gesù ha portato la luce e, come santo Stefano, dobbiamo camminare con questa luce diradando le tenebre che ci avvolgono, superando le insidie e le tentazioni, lottando contro il male. Come santo Stefano dobbiamo portare con noi in oggi luogo la certezza che solo con Cristo conosciamo il senso del nostro terreno cammino e troviamo la forza e la gioia di impegnarci nelle opere della giustizia e della carità. Egli vi sia sempre di esempio, e vi aiuti con la sua protezione.


3. Oggi, vorrei inoltre ricordare le vittime della terribile strage di domenica sera: il clima sereno e gioioso del Natale è stato offuscato e amareggiato in Italia dall'orribile massacro avvenuto sul treno rapido Napoli-Milano. Si rimane turbati e sgomenti davanti a tanto orrore e tanta malvagità. E tuttavia la commemorazione del Natale ci stimola a non mancare di fiducia nell'amore dell'Altissimo: Gesù è nato a Betlemme appunto per assicurarci che nella storia umana è presente la potenza di Dio, che ama l'uomo.

Continuo a elevare le mie preghiere di suffragio per le vittime innocenti e invoco conforto e sollievo a quanti piangono per l'immane tragedia.

Sono vicino col mio affetto ai parenti nel dolore e ai feriti, e invito tutti alla preghiera e all'impegno per vincere il male col bene.

Data: 1984-12-26 Data estesa: Mercoledi 26 Dicembre 1984




Alla casa di formazione dei Rogazionisti - Grottaferrata (Roma)

Titolo: Preghiera per le vocazioni e carità totale per i poveri

Testo:

Carissimi!


1. Sono molto lieto di trovarmi qui con voi, superiori e chierici Rogazionisti, in occasione delle feste natalizie: sono venuto per visitare il presepio da voi allestito, ma anche per avere la gioia di incontrarmi con voi e di poter pregare insieme a voi nella soave commemorazione della nascita del divin Redentore.

Saluto cordialmente il superiore generale e lo ringrazio per le parole rivoltemi; saluto ognuno di voi, cari giovani, che in questa casa di raccoglimento e di formazione attendete a prepararvi al sacerdozio e alla missione pastorale, seguendo la spiritualità e le direttive del vostro venerabile fondatore, il servo di Dio Annibale di Francia.

Vicino al presepio, e cioè al luogo della povertà e dell'umiltà in cui Gesù volle nascere, sembrano risaltare ancora maggiormente gli ideali, che stimolarono e illuminarono il vostro fondatore e che egli lascio ai suoi figli e alle sue figlie spirituali.


2. Egli visse in un periodo non facile, ma non si spavento mai né dei tempi né degli uomini e non si perse mai in vane chiacchiere. C'era molta gente che soffriva la povertà, la miseria, l'abbandono; molti orfani specialmente erano vittime della situazione precaria: e allora bisognava aiutare questi poveri, amarli, proteggerli, difenderli, come già facevano don Bosco, padre Ludovico da Casoria, don Orione, il Murialdo e molti altri. Con alcune leggi governative erano stati chiusi molti conventi e dispersi i religiosi (29 maggio 1855, 7 luglio 1866): e allora era necessario che fossero presenti molti sacerdoti, ben preparati e soprattutto totalmente consacrati all'annunzio del Vangelo e alla pratica della carità. Si potrebbe dire che l'accettazione della realtà umana e storica e la santificazione di essa formano gli elementi essenziali della spiritualità di Annibale di Francia, realizzati concretamente nell'esercizio costante e totale della carità e nella preghiera assidua per le vocazioni sacerdotali e religiose.

Ed è proprio questo il messaggio che ascoltiamo da Gesù Bambino: egli non è venuto per cambiare la storia e mutare la natura dell'uomo; egli è nato per insegnarci ad accettare la storia umana, perché in essa c'è un disegno di infinita sapienza e di perenne provvidenza, e ad amare ogni singolo uomo, per salvarlo.

Egli è venuto per manifestare la verità che salva e per recare la grazia che santifica. Infatti "dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia" (Jn 1,16).


3. Perseverate pertanto con entusiasmo e con impegno nell'opera della vostra formazione spirituale, culturale e sociale. La quantità di bene che domani potrete seminare dipende molto dalla generosità con cui saprete vivere questi anni di preparazione al vostro avvenire. Cercate di diventare religiosi santi e santificatori. Padre Annibale di Francia non era tanto preoccupato per il numero delle vocazioni, quanto per la qualità; egli voleva far capire che l'essere sacerdoti ed esercitare il sacerdozio non è un "mestiere", bensi una vocazione divina, che bisogna prima chiedere con insistenza con la preghiera e poi realizzare con una donazione totale e generosa.

Accogliete e custodite con gioia e serietà il carisma di Rogazionisti, pregando per le vocazioni, promuovendole nel servizio dei giovani bisognosi e dei poveri. Non dite mai di no, imitandolo nella sua spiritualità eucaristica e nella sua eroica carità, tenendo sempre presente la grande esortazione di Cristo: "La messe è molta, gli operai sono pochi. Pregate dunque il Padrone della messe, affinché mandi operai nella messe" (Mt 9,28).

Si legge nella biografia del vostro fondatore che egli si senti sempre profondamente lieto di portare il nome di Maria antecedente a quello di Annibale, scorgendo in questo una particolare appartenenza fin dal Battesimo a Maria santissima. Siate felici anche voi di amare e di pregare Maria, nostra Madre, per la perseveranza nella vocazione e per la vostra futura vita pastorale: sia tutta consacrata agli ideali che Cristo ha annunziato da Betlemme al Calvario. E' questo servizio più grande che potete recare ai vostri fratelli.

Augurando di cuore ogni bene per il nuovo anno a voi qui presenti, a tutti i membri della congregazione dei Rogazionisti e anche a tutte le Figlie del Divino zelo, vi imparto con affetto la mia benedizione.

Data: 1984-12-29 Data estesa: Sabato 29 Dicembre 1984




All'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La salvezza del mondo è affidata ad ogni famiglia umana

Testo:


1. L'angelo del Signore porto l'annuncio a Maria. / Ed ella concepi per opera dello Spirito Santo". Questo concepimento dà inizio alla vita umana del Verbo Eterno. Viene concepito nel seno della Vergine-Madre colui che è generato eternamente dal Padre come Figlio a lui consostanziale.

Il concepimento per opera dello Spirito Santo è condizione per la nascita di Dio. Nel tempo a ciò stabilito il Figlio di Dio, concepito nel seno della Vergine, viene al mondo nella notte di Betlemme e si rivela come uomo. Con la nascita di Gesù di Nazaret giunge a feconda pienezza in mezzo all'umanità questa famiglia meravigliosa, in cui al Figlio di Dio è stato dato di diventare uomo.

Maria, già prima del concepimento per opera dello Spirito Santo, era la sposa di Giuseppe; e dopo la nascita - anch'essa per opera dello Spirito Santo - egli, lo sposo della Vergine, divenne dinanzi agli uomini "padre putativo" di Gesù. A lui è stato dato di partecipare alla sollecitudine dello stesso Padre Eterno per l'Eterno Figlio che, quale uomo, è nato nella notte di Betlemme.


2. Oggi la Chiesa con una particolare venerazione e amore si rivolge verso la Sacra Famiglia di Nazaret. Al tempo stesso - mediante quest'unica Famiglia nella storia dell'umanità - si rivolge a tutte le famiglie umane. E prega per loro. Dice loro con le parole dell'apostolo che si ascoltano nella liturgia della domenica odierna: "E la pace di Cristo regni nei vostri cuori... la parola di Dio dimori tra voi abbondantemente" (Col 3,15-16).

Ogni famiglia prende inizio dall'alleanza matrimoniale dell'uomo e della donna, i quali, collaborando con la potenza creativa di Dio, diventano genitori.

Nel mistero della nascita di Dio essi sono chiamati a guardare con gli occhi della fede alla loro vocazione: umana e cristiana.

La salvezza del mondo è venuta mediante il cuore della Sacra Famiglia e si è radicata nella storia dell'uomo una volta per sempre. La salvezza del mondo, l'avvenire dell'umanità, dei popoli e delle società passa sempre attraverso il cuore di ogni famiglia. Si forma li.

Preghiamo oggi per ogni famiglia del mondo, affinché riesca a rispondere alla sua vocazione così come vi ha risposto la Sacra Famiglia di Nazaret.

Preghiamo in particolare per le famiglie che soffrono, che si trovano in molteplici difficoltà, che vengono minacciate nella loro indissolubilità e nel grande servizio all'amore e alla vita, per il quale sono scelte da Dio.

Data: 1984-12-30 Data estesa: Domenica 30 Dicembre 1984




Celebrazione di fine d'anno - Chiesa del Gesù (Roma)

Titolo: L'educazione cristiana dei giovani, garanzia per l'avvenire

Testo:


1. "In principio era il Verbo... / tutto è stato fatto per mezzo di lui, / e senza di lui niente è stato fatto / di tutto ciò che esiste" (Jn 1,2-3).

Veniamo oggi, ultimo giorno dell'anno, nella chiesa del Gesù per concentrarci ancora una volta su quelle parole meravigliose della liturgia della divina nascita, sulle parole del Prologo del Vangelo di Giovanni. Proprio oggi, quando finisce l'anno, quando sta per giungere al termine una certa tappa del tempo umano, quella testimonianza dell'"inizio" ci parla in modo particolare. E non parla soltanto dell'"inizio" che giunge a "termine" - come questo anno che è passato tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 1984 - ma dell'"inizio" (principio) che è senza inizio e che non conosce termine. Questo principio è in Dio. Egli stesso - senza inizio - è "alfa e omega", "principio e fine" di tutto.

Nella sua eternità si iscrive ogni tempo creato. Si iscrive quindi il nostro tempo umano, e perciò anche l'anno 1984 che sta per tramontare e che è metro del tempo umano nella dimensione universale del passare terreno.

Dio è eternità. In questa eternità "il Verbo è presso Dio e il Verbo è Dio". E' il Dio unico nella comunione insondabile del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.


2. La liturgia dell'ottava del Natale del Signore ci permette di riferire il nostro tempo umano all'eternità divina. Ci permette di ritrovare nell'eterno Verbo tutto ciò che compone questo tempo, perché: "Tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. In lui era la vita...".

Ascoltando il Vangelo, il nostro pensiero entra nella dimensione "cosmica"; "tutto" vuol dire l'intero universo. Il nostro tempo umano passa insieme col tempo dell'universo.

I cosmologi e i fisici meditano sul suo sviluppo e si domandano: in che direzione va questo mondo visibile, i cui limiti - nel tempo e nello spazio - cerchiamo di raggiungere con l'aiuto dei più moderni telescopi? E l'evangelista dice: "Tutto è stato fatto per mezzo di lui": "per mezzo di lui" vuol dire per il "Verbo", della stessa sostanza del Padre e dello Spirito Santo. E quindi tutto fu in lui, prima di diventare il nostro mondo visibile, il nostro universo.


3. Ascoltando il Vangelo, il nostro pensiero entra contemporaneamente - e soprattutto - nella dimensione "antropologica". L'uomo è centro dell'universo visibile, è corona del creato... Il Verbo eterno è riflesso soprattutto nell'uomo.

Proprio il Verbo, come luce eterna, "illumina ogni uomo che viene al mondo".

Proprio il Verbo - Figlio della stessa sostanza del Padre - nella pienezza dei tempi "venne fra la sua gente"; "si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi". Questo divino "Kairos" permane. Permane il tempo del Verbo incarnato, permane nell'umanità mediante la Chiesa.

Noi siamo la Chiesa. Come è presente, attraverso di noi, nella grande famiglia umana il Cristo, Verbo incarnato? Vediamo "la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità"? Attingiamo dalla sua pienezza "grazia su grazia"? (secondo le parole del Vangelo). Infatti il Verbo, che è Figlio eterno, ci "ha dato potere di diventare figli di Dio" (Jn 1,12).


4. Queste sono le domande che si pone sempre la Chiesa. Sono le domande che si pone in particolare in questa circostanza, perché oggi è anche giorno propizio per un "esame di coscienza", il giorno delle domande più fondamentali. Infatti ci troviamo, con il nostro tempo che passa, dinanzi alla divina eternità. Ci troviamo dinanzi al Verbo che si fece carne.

La Chiesa pone le medesime domande anche all'umanità e al mondo, poiché la Chiesa del Verbo incarnato è in pari tempo la Chiesa della storia ed è quindi la Chiesa dell'anno 1984. Anche la Chiesa, che è a Roma, la Chiesa degli apostoli Pietro e Paolo, si pone le stesse domande e le pone alla comunità di questa città particolare.


5. Nel corso dell'anno che sta per finire, un avvenimento di particolare importanza è stata la chiusura del Giubileo della redenzione nella domenica di Pasqua. Per questo straordinario evento Roma si è aperta ai pellegrini di tutto il mondo, anche se contemporaneamente il Giubileo si svolgeva nelle varie diocesi di tutte le nazioni. Grandi moltitudini si sono riversate ogni giorno nella basilica di San Pietro e nelle altre basiliche designate per l'acquisto dell'Indulgenza.

Roma ha intensamente partecipato a queste manifestazioni di fede e di devozione.

Roma ha vissuto con particolare impegno soprattutto due momenti forti dell'Anno Santo: il Giubileo delle famiglie, avvenuto domenica 25 marzo, e il Giubileo dei giovani, terminato con la domenica delle Palme. Il Giubileo delle famiglie si è inserito nel programma pastorale diocesano della santificazione della famiglia, che occupa costantemente ogni parrocchia con la catechesi, la formazione dei giovani, la preparazione al matrimonio.

Il Giubileo internazionale dei giovani è stato preparato dal Giubileo dei giovani di Roma alle Catacombe di San Callisto il mercoledi delle Ceneri e poi è stato intensamente vissuto dalle parrocchie e dalle famiglie, che hanno dato ospitalità ai giovani venuti dal mondo intero. Roma è stata commossa spettatrice delle interminabili folle giovanili, che l'hanno attraversata in quei giorni, dando un singolare spettacolo di preghiera, di gioia e di entusiasmo.


6. Con l'Anno Giubilare della redenzione è strettamente unito l'atto di affidamento al Cuore immacolato di Maria, che ho compiuto in unione con tutti i vescovi del mondo.

Avevo già fatto tale atto di affidamento e di consacrazione, ricollegandomi ai due atti compiuti da Pio XII nel 1942 e nel 1952, il 13 maggio del 1982 durante il mio pellegrinaggio a Fatima. Il 25 marzo di quest'anno, il medesimo atto di affidamento e di consacrazione ha avuto un carattere collegiale, perché compiuto contemporaneamente da tutti i vescovi della Chiesa: è stato compiuto a Roma e nel medesimo tempo in tutta la terra.

Questo atto di consacrazione è stato un avvicinare il mondo, mediante la Madre di Cristo e Madre nostra, alla sorgente della vita, scaturita nel Golgota: è stato un riportare il mondo alla fonte stessa della redenzione, e, in pari tempo, un farsi aiutare dalla Madonna a offrire gli uomini e i popoli a colui che è infinitamente santo.

Davanti alla venerata statua della Madonna di Fatima, portata a Roma per la circostanza, ho voluto offrire le speranze e le angosce della Chiesa e del mondo, invocando l'aiuto di Maria nella lotta contro il male e nella preparazione al secondo millennio. Occorre ora che ogni persona si sforzi di vivere fedelmente questo atto di affidamento a Maria.


7. Contemporaneamente a questi avvenimenti straordinari, la Chiesa di Roma ha continuato a svolgere la sua missione quotidiana mediante il lavoro complesso e articolato dalle 320 parrocchie, divise nelle trentacinque prefetture dei cinque settori. Ho avuto quest'anno la possibilità di compiere la visita pastorale in undici parrocchie, e precisamente nelle parrocchie di San Giovanni Battista al Collatino, di Santa Rita a Torbellamonica, di San Marco in Agro Laurentino, di Sant'Ippolito a Villa Massimo, di Santa Maria in Portico in Campitelli, di Santa Maria ausiliatrice al Tuscolano, della Gran Madre di Dio, di Santa Maria del Popolo, di Sant'Anna a Casal Morena, della Regina degli Apostoli alla Montagnola e di Santa Maria delle Grazie, al Trionfale. Ritengo che ognuna di queste visite sia un avvenimento di particolare importanza, che mi permette di realizzare quanto dice sant'Agostino: "Per voi sono vescovo e con voi sono cristiano" ("Sermo 340",1: PL 38, 1483). Infatti, come Vescovo della città di Roma, ho potuto avvicinare tanti fedeli, di tutte le categorie; portare il mio insegnamento, la mia preghiera, il mio incoraggiamento per le tante attività pastorali, particolarmente per quanto riguarda la catechesi e la liturgia; vedere le necessità e ascoltare direttamente fedeli, associazioni e gruppi. E come cristiano ho potuto vivere con voi fedeli la stessa fede cattolica. Desidero ringraziare cordialmente il cardinale vicario, i vescovi ausiliari e i sacerdoti per la dedizione con cui si prodigano per la crescita della fede e per rendere la diocesi di Roma una Chiesa viva. Ringrazio inoltre loro e tutti i fedeli per la preparazione alle mie visite domenicali e per la calorosa accoglienza, e auguro copiosi frutti di intensa vita cristiana.

Durante l'anno trascorso ho potuto recarmi anche in vari altri luoghi di Roma: in alcuni collegi e monasteri, al policlinico Gemelli, alla basilica di Santa Cecilia e ultimamente all'ospedale di San Pietro, per mantenere sempre vivi i legami tra i vari settori della città e il suo Vescovo.

Sento il dovere di rivolgere una parola di ringraziamento per l'opera svolta nella diocesi di Roma dai religiosi e dalle religiose. In particolare esprimo il mio apprezzamento per l'impegno cui essi si sono inseriti nel programma papale diocesano di rinnovamento nella dimensione evangelica, sforzandosi di essere presenti in tutti gli ambienti, specialmente dove vi sono poveri, profughi ed emarginati.


GPII 1984 Insegnamenti - Messa di mezzanotte - Città del Vaticano (Roma)