GPII 1985 Insegnamenti - All'incontro con i poveri - Villa El Salvador (Perù)

All'incontro con i poveri - Villa El Salvador (Perù)

Titolo: L'impegno a favore dell'uomo concreto



1. Con quanta ansia ho desiderato avere quest'incontro con voi, cari abitanti di Villa El Salvador! Dal mio arrivo in Perù e anche prima di venire, la visita a questo "pueblo joven", che già col suo nome ci parla della vicinanza a Cristo, il Salvatore del mondo, ha sempre occupato un posto di privilegio nel programma del mio viaggio, appunto perché si trattava dei più bisognosi.

In questi giorni che sto passando insieme al caro popolo peruviano, mi è spesso tornato alla memoria quel passo del Vangelo, che abbiamo ora ascoltato, nel quale Gesù ebbe compassione della folla "perché erano come pecore senza pastore, e si mise ad insegnar loro molte cose" (Mc 6,34). Ma inoltre ordino ai suoi discepoli: "Voi stessi date loro da mangiare" (Mc 6,37).

Desidero dirvi, questa mattina, nel venire a trovarvi, che quelle parole di Gesù ispirano nel Papa lo stesso sentimento di compassione verso gli abitanti di tutti i "pueblos jovenes", gli abbandonati, gli infermi, gli anziani, coloro che non hanno lavoro, i bambini senza pane e senza istruzione per il loro futuro.

Vengo a farvi visita per condividere con voi quello che ho: il pane della parola di Cristo che dà senso e dignità piena alla vita; per dimostrare la mia vicinanza a voi che siete una parte importante della Chiesa. Voi, cari fratelli, siete tutti membri del corpo di Cristo; e se uno soffre, tutti gli altri soffrono con lui (cfr. 1Co 12,26).


2. Il testo del Vangelo che abbiamo ascoltato mette in rilievo due ministeri della Chiesa. Il ministero della parola e il ministero del servizio della mensa: Gesù "si mise a insegnare loro molte cose", "spezzo i pani e li diede ai discepoli perché li distribuissero" (Mc 6,3 Mc 4 Mc 6,41). E' un duplice servizio che la Chiesa ha ritenuto come suo fin dal principio, per procurare a tutti, per quanto da essa dipende, il pane dello spirito e del corpo. Che senso ha questo oggi nel Perù e in questo "pueblo joven"? Voglio dirvi anzitutto che ammiro e incoraggio di tutto cuore il lavoro e l'abnegazione dei sacerdoti, dei religiosi, delle religiose e dei laici che, sull'esempio di Gesù e in comunione con tutta la Chiesa, si dedicano al vostro servizio e aiuto, dando testimonianza a Cristo che, essendo ricco si fece liberamente povero, nacque nella povertà di un presepe, annunzio la liberazione ai poveri, si identifico con gli umili e promise il suo regno. Come ho detto recentemente ai vostri vescovi, la Chiesa vuole mantenere la sua opzione preferenziale, non escludente, per i poveri, e appoggia l'impegno di quanti, fedeli agli orientamenti della gerarchia, si dedicano generosamente a favore dei più bisognosi (cfr. Discorso ai vescovi, 4 ottobre 1984). Lo stesso ho confermato nel messaggio "Urbi et Orbi" dello scorso Natale: "Noi affermiamo la nostra solidarietà con tutti i poveri del mondo contemporaneo nell'attualità drammaticamente concreta e quotidiana delle loro sofferenze".


3. Il passo del Vangelo, proclamato all'inizio del nostro incontro, mostra l'attenzione di Gesù per la duplice dimensione dell'uomo: il suo spirito e il suo corpo. E' un esempio che la Chiesa cerca di raccogliere. Perciò i vostri pastori e i loro collaboratori si sforzano con ogni mezzo disponibile di aiutarvi a vivere nella crescente dignità umana che esige la vostra condizione di figli di Dio.

Ma essi, sentendo inoltre la stessa inquietudine degli apostoli per la vostra mancanza di mezzi, non dispongono purtroppo di tutti i mezzi che sarebbero necessari. D'altra parte, sanno che spetta loro prima di tutto aver cura della vostra ricchezza interiore, quella che non si esaurisce nella dimensione terrena dell'uomo. Perciò, nell'insegnarvi a recitare nel Padre nostro: "Dacci oggi il nostro pane quotidiano", vi esortano a chiedere e cercare, si, maggiore dignità e progresso materiale, ma senza dimenticare che "non di solo pane vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio" (Mt 4,4). In una parola, vogliono per voi anche la dignità dello spirito, la dignità cosciente della vostra libertà interiore e il progresso nella vostra vita morale e cristiana.

Pero, benché la Chiesa senta il dovere di essere fedele alla sua missione prioritaria di carattere spirituale, non dimentica nemmeno che l'impegno a favore dell'uomo concreto e delle sue necessità costituisce parte inseparabile della sua fedeltà al Vangelo. La compassione di Gesù per l'uomo bisognoso dev'essere fatta propria dai pastori e dai membri della Chiesa, quando - come in questa Villa El Salvador e in tanti altri "pueblos jovenes" del Perù - vedono le piaghe della miseria e delle malattie, della disoccupazione e della fame, della discriminazione e dell'emarginazione. In tutti i casi come il vostro, non possiamo ignorare "il volto sofferente di Cristo, il Signore, che ci chiama in causa e ci interpella" (Puebla, 31): ci chiama in causa e ci interpella per ogni indifferenza o passività, perché l'autentico discepolo di Cristo deve sentirsi solidale con il fratello che soffre; ci chiama in causa e ci interpella davanti al crescente divario tra ricchi e poveri, per cui privilegi e sprechi contrastano con situazioni di miseria e di privazione; ci chiama in causa e ci interpella a proposito di criteri, meccanismi e strutture che si ispirano a principi di pura utilità economica, senza tener conto della dignità di ciascun uomo e dei suoi diritti; ci chiama in causa e ci interpella dinanzi all'insaziabile concupiscenza del denaro e del consumo, che logorano il tessuto sociale, dove unica guida sono gli egoismi e le dissimulate violenze della legge del più forte.

So bene che in certe situazioni di ingiustizia può presentarsi il miraggio di ideologie seduttrici e di alternative che suggeriscono soluzioni violente. La Chiesa, da parte sua, vuole un processo di riforme efficace sulla base dei principi del suo insegnamento sociale, perché ogni situazione ingiusta deve essere denunziata e corretta. Ma la via non è quella di soluzioni che sfociano nella privazione della libertà, nell'oppressione degli spiriti, nella violenza e nel totalitarismo.


4. La parola del Vangelo che ispira il nostro incontro ci mostra Gesù che, dopo aver dato miracolosamente da mangiare alla moltitudine, fa raccogliere i resti (cfr. Mc 6,43). Quei pezzi di pane e di pesce non dovevano essere sprecati. Erano il pane di una folla bisognosa, ma doveva essere ii pane della solidarietà, diviso con altri bisognosi, non il pane dello spreco insolidale. Questa parola del Vangelo ha un grande significato fra di voi.

Con grande piacere ho preso conoscenza della generosità con la quale molti abitanti di questo "pueblo joven" aiutano i fratelli più poveri della comunità, nelle mense popolari e familiari, nei gruppi per assistere gli infermi, nelle campagne di solidarietà per soccorrere i fratelli colpiti dalle catastrofi naturali. Sono testimonianze stupende di carità cristiana, che mostrano la grandezza d'animo del povero nel compatire. "Beati i misericordiosi" proclamo il Signore nel sermone della montagna (cfr. Mt 5,7). Beati quelli che hanno un animo misericordioso; quelli che non chiudono il loro cuore alle necessità dei fratelli; quelli che dividono il poco che hanno con l'affamato. Gesù stesso lodo senza riserve quella povera vedova che diede come elemosina non quello che le avanzava, il superfluo, ma perfino quello che le era necessario per vivere (cfr. Lc 21,1-4).

Tante volte, infatti, i "poveri di spirito", che per questo il Signore chiamo beati, sono molto più aperti a Dio e agli altri; da lui attendono tutto; in lui confidano e pongono la loro speranza.

Continuate, cari fratelli, per questa via di testimonianza cristiana, di comportamento degno e di elevazione morale, affinché gli altri "vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli" (Mt 5,16).

Ma, mentre date questo esempio di ammirevole apertura di spirito, lottate contro tutto quello che umilia la vostra situazione morale e vi sommerge nel peccato: contro l'alcolismo, le droghe, la prostituzione, la mentalità maschilista che trascura e sfrutta la donna, contro la promiscuità, il concubinato. Date stabilità alle vostre famiglie, abbiate cura dei vostri bambini, regolarizzate le vostre unioni santificandole con il sacramento del matrimonio. Il mutuo rispetto sia la norma tra gli sposi; la paternità responsabile secondo la dottrina della Chiesa sia il criterio per la procreazione e l'educazione dei figli. Non dimenticate che la solidità morale delle persone, delle famiglie, della comunità, è condizione fondamentale per essere forti e ricchi in umanità, capaci di affrontare le difficoltà della vita e aprirsi vie di sviluppo.


5. Le parole di Cristo: "Date loro da mangiare", continuano a risuonare all'orecchio della Chiesa, del Papa, dei pastori e dei loro collaboratori. E' la voce di Gesù, ieri e oggi. La Chiesa vuole essere, con questa voce di Cristo, avvocata dei poveri e degli abbandonati. Essa offre la sua dottrina sociale come animatrice di autentiche vie di liberazione. La Chiesa non cessa di denunciare le ingiustizie, e vuole soprattutto mettere in movimento le forze etiche e religiose, affinché siano fermento di nuove manifestazioni di dignità, di solidarietà, di libertà, di pace e di giustizia. Essa aiuta per quanto può a risolvere i problemi concreti, ma sa che le sue forze sono da sole insufficienti.

Perciò vuole indirizzare da qui, attraverso la mia voce, un urgente appello alle autorità e a tutte le persone che dispongono di abbondanti risorse o che possono contribuire a migliorare le condizioni di vita dei diseredati. Il "date loro da mangiare" deve risuonare all'udito e alle coscienze. Date loro da mangiare, fate tutto il possibile per dare dignità, educazione, lavoro, casa, assistenza sanitaria a queste popolazioni che non l'hanno. Raddoppiate gli sforzi a favore di un ordine più giusto che corregga gli squilibri e le sperequazioni nella distribuzione dei beni. Perché così ogni persona e famiglia possa avere con dignità il pane quotidiano per il corpo e il pane per lo spirito.

Per parte vostra, abitanti di questa Villa El Salvador siate i primi nell'impegnarvi per la vostra elevazione. Dio ama i poveri che sono i preferiti nel suo regno. E la dignità di un povero, aperto a Dio e agli altri, è molto superiore a quella di un ricco che chiude il suo cuore. Dio pero non vuole che restiate in una forma di povertà che umilia e degrada; vuole che vi sforziate per migliorarvi in ogni senso. Come dissi in Brasile: "Non è permesso a nessuno di ridurre arbitrariamente alla miseria se stesso e la propria famiglia; ognuno deve fare tutto ciò che è lecito per assicurare a se stesso e ai suoi quanto è necessario per la vita e il sostentamento" (Rio de Janeiro, visita alla "Favela Vidigal", 2 luglio 1980).


6. Miei cari fratelli e sorelle, prima di congedarmi da voi desidero di nuovo manifestarvi il mio profondo affetto. Vi assicuro che mi sento molto vicino a voi e che preghero per tutti; in modo speciale per i più deboli, gli orfani, gli infermi, per quelli che non hanno familiari che li assistano, per gli anziani, i bambini, i giovani che non trovano lavoro, per coloro che sono trattati ingiustamente, per i carcerati che vogliono cambiare vita e reinserirsi utilmente nella società, per quelli che sono vittime degli egoismi umani... Vi chiedo che preghiate anche voi per il Papa.

Vi raccomando alla Vergine santissima, Madre vostra, mia e di tutta la Chiesa. E la supplico di ispirare sentimenti di generosa apertura in quanti posseggono risorse e umanità affinché la serenità, la giustizia e la pace regnino in tutti i "pueblos jovenes" e nell'intera nazione peruviana. Con questi desideri benedico di cuore voi, le vostre spose, i vostri figli e i vostri familiari.

Data: 1985-02-05 Data estesa: Martedi 5 Febbraio 1985





Agli indios dell'Amazzonia - Iquitos (Perù)

Titolo: In Cristo la radice suprema della vostra dignità di uomini

"Ammaestrate tutte le nazioni".


1. Gesù, al termine della sua missione, prima di tornare al Padre, dà agli apostoli le sue ultime disposizioni: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo (Mt 28,18). I successori degli apostoli, e in primo luogo i successori di san Pietro, ricevono un obbligo permanente in virtù di quest'ultimo mandato del loro Maestro e Signore. Per questo essi attribuiscono particolare importanza all'incontro che abbiamo oggi durante questo pellegrinaggio apostolico per le terre dell'America Latina e del Perù.

Rendo grazie al Padre eterno, perché posso stare qui tra voi. Vi esprimo la mia gioia, perché i messaggeri del Vangelo di Gesù Cristo sono giunti in questa zona e hanno portato la grazia del Battesimo ai suoi abitanti, la maggior ricchezza esistente tra questi estesi boschi, perché siete immagine di Dio.


2. Giunto in questa immensa ed esuberante foresta amazzonica, solcata dai grandi fiumi che si addentrano nei vari Paesi, voglio estendere il mio più cordiale saluto a tutti i suoi abitanti. Innanzitutto al pastore di questa città di Iquitos che mi accoglie, e che sorge nel luogo dove, 224 anni fa, il missionario padre José Bahamonde inizio la costruzione di un villaggio con l'intenzione di evangelizzare gli indigeni di queste terre, che hanno lasciato il loro nome in eredità alla città.

Il mio saluto si estende anche a tutti gli abitanti del vicariato apostolico di Iquitos, così come ai pastori e ai fedeli dei vicariati di San José del Amazonas, Jaén, Yurimaguas San Ramon, Requena, Madre de Dios, Pucallpa e della prelatura di Moyobamba.

Insieme ai pastori, rivolgo il mio più cordiale saluto ai padri agostiniani, francescani, domenicani, gesuiti, passionisti e della Società delle missioni straniere di Quebec, così come ai 16 fratelli, alle religiose e ai 46 laici missionari che svolgono la loro attività in queste terre amazzoniche.

Pero in modo molto speciale voglio salutare i 250 mila nativi che vivono fra i due milioni circa di persone che popolano l'Amazzonia peruviana. So che essi formano 12 famiglie linguistiche e 60 gruppi etnici. Vorrei per questo che il mio saluto giungesse a ogni membro di questi gruppi, e fra questi i Campa-Ashaninca, Aguaruna-Huambisa, Coca-Cocamilla-Omagua, Quichua-Lamista, Shipibo-Conibo, Machiguenga-Napo, Chayahuita, Ticuna, Amuesha, Candoshi e Piro. Il mio saluto anche ai lebbrosi di cui ho ricevuto il messaggio e che ringrazio cordialmente. Mi rallegra profondamente incontrarmi con voi, che rappresentate tante e così diverse comunità native del Perù, che siete pero tutti fratelli in "un solo Signore, una sola fede, un solo Battesimo, un solo o Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti" (Ep 4,5-6).

Ho voluto venire fin qui per dirvi che il Papa sente un profondo affetto per voi, proprio perché per molto tempo siete stati i più dimenticati. Grazie anzitutto per essere venuti a questo incontro col Papa. Conosco le difficoltà, i lunghi e scomodi tragitti per fiumi e sentieri che molti di voi hanno dovuto percorrere.


3. Sui passi dei missionari pieni di abnegazione che dall'inizio dell'evangelizzazione vennero a cerarvi per annunziarvi la buona novella del Vangelo, giunge oggi a voi il Papa. Nel suo cuore continua a risuonare il comando di Gesù: "Andate. Ammaestrate tutte le nazioni" (Mt 28,18).

Fra questi destinatari del messaggio di Gesù Cristo ci siete voi, poiché per il Papa e per la Chiesa non c'è distinzione di razza né di cultura, perché di fronte a Dio non c'è greco, né ebreo, né schiavo, né libero, ma Cristo è tutto in tutti (cfr. Col 3,9-11).

Vengo dunque a voi per ricordarvi gli insegnamenti di Gesù, nostro Signore e Salvatore, il Figlio di Dio che si fece uomo come noi per redimerci, che nacque come un bambino a Betlemme, che predico che cosa dobbiamo credere e come dobbiamo comportarci, che mori liberamente per i nostri peccati, risuscito e ci offre la vita che non ha mai fine, la vita eterna, se mettiamo in pratica ciò che lui ci comanda, che fondo la Chiesa sotto la guida di Pietro e dei suoi successori, e che continua ad essere presente in essa, che ci ha lasciato come compendio del suo messaggio l'amore a Dio e l'amore agli altri.

Questo stesso Gesù ha voluto farsi nostro fratello e ci ha insegnato l'ammirevole verità che chi riceve il Battesimo diventa figlio di Dio (cfr. Rm 8,21). Precisamente per darci questo insospettato dono della filiazione divina e ottenerci la libertà dei figli di Dio, oggi Gesù Cristo comanda di ammaestrare tutte le genti, battezzandole nel nome del Padre, e del Figlio e dello Spirito Santo. E affinché possano essere fedeli a lui e guadagnare così la vita eterna egli ordina ai suoi apostoli di istruire tutti i popoli, "insegnando loro a osservare tutto ciò che io vi ho comandato" (Mt 28,1 Mt 9 Mt 28,20).


4. Questa libertà dei figli di Dio in Cristo - ottenuta mediante la liberazione dalla schiavitù radicale del peccato - e la dignità di ogni uomo come immagine di Dio con un destino eterno, unisce e esige la liberazione da altre piaghe di ordine culturale, sociale e politico che, in definitiva, derivano dal peccato, e costituiscono seri ostacoli a che l'uomo viva secondo la sua dignità di figlio di Dio.

Il Dio e Padre del nostro Signore Gesù Cristo è il vostro Dio e Padre.

Egli è stato sempre fra di voi, anche se non da sempre l'avete conosciuto. In lui si trova la radice suprema della vostra dignità di uomini che lui ama, che vuole vedere ogni volta più degni "perché Cristo possa, con ciascuno, percorrere le strade della vita, con la potenza di quella verità sull'uomo e sul mondo, contenuta nel mistero dell'incarnazione e della redenzione, con la potenza di quell'amore che da essa irradia" (RH 13). Ne consegue che dovete preoccuparvi per un giusto progresso nella vostra vita, per la difesa dei vostri diritti, ma facendolo come Cristo ci ha comandato, mai ispirati dall'odio ma dall'amore. Per questo, nel difendere i vostri legittimi diritti, non potete considerare nessuno come nemico.

So che avete motivi di sofferenza, poiché, essendo possessori pacifici da tempo immemorabile di questi boschi e "cochas", assistete con frequenza al risvegliarsi della cupidigia degli ultimi arrivati, che minacciano le vostre riserve, sapendo che molti di voi sono privi di titoli scritti a favore delle vostre comunità, che garantiscano legalmente le vostre terre. Secondo le leggi del Perù e i vostri diritti ancestrali, faccio mia anche la richiesta dei vostri vescovi della Selva, perché vi siano concessi - senza oneri né ritardi ingiustificati - i titoli che vi spettano (Lettera pastorale, marzo 1982, 32).

Pero non potete chiudervi agli altri. Aprite le porte a coloro che si avvicinano a voi con un messaggio di pace e disposti ad aiutarvi. Entrate in comunicazione con le altre culture e ambiti più ampi, per arricchirvi reciprocamente senza perdere la vostra legittima identità. Fatevi illuminare dal Vangelo che purifica e nobilita le vostre tradizioni. Non considerate una perdita l'abbandono di ciò che vi allontanerebbe da quello che Cristo insegna e, pertanto, dal proseguire un vita degna dei figli di Dio. Per questo, come voi stessi avete sperimentato, non si può vedere come offesa l'evangelizzazione che invita con rispetto ad abbandonare false concezioni di Dio, condotte contro natura e aberranti manipolazioni dell'uomo (cfr. Discorso ai nativi del Guatemala, Quezaltenango, 7 marzo 1983).

Difendete, si, i vostri boschi, le vostre terre, la vostra cultura come qualcosa che legittimamente vi appartiene, ma senza dimenticare la comune condizione di figli di uno stesso Dio, che ripudia la violenza, la vendetta, l'odio. Vedete nelle altre razze, popoli e genti che condividono il vostro stesso cielo, fiumi, boschi, quello che in realtà sono: fratelli in Cristo, riscattati dal suo prezioso sangue, chiamati con voi a una convivenza in pace. così dovete essere apprezzati anche voi dagli altri: come figli di Dio, membri dell'unica Chiesa, fratelli tra fratelli.


5. In questo cammino di elevazione umana alla luce di Cristo, so che ha grande importanza, anche se meno evidente, il problema dell'educazione per le vostre comunità native. Nonostante gli sforzi compiuti dagli organismi pubblici competenti, dalle istituzioni cattoliche e di altre denominazioni religiose, manca a volte una degna ed efficace attenzione alle concrete necessità educative delle comunità native.

Nella vostra realtà esistenziale vi è una pluralità di culture e gruppi etnici che sono al tempo stesso ricchezza, problema e sfida, come affermarono i vescovi del Perù nella Lettera pastorale del 1982 su: "Formazione integrale della fede all'interno del contesto culturale ed educativo peruviano". E' a questa sfida che devono rispondere la società e la Chiesa nel Perù.

Per questi motivi, chiedo ai governanti, a nome della vostra dignità, una legislazione efficace, sempre più adeguata, che vi protegga efficacemente dagli abusi e vi offra l'ambiente e i mezzi necessari per il vostro normale sviluppo.


6. Queste sono le vie verso le quali ci orientava nostro Signore nel proclamare in Galilea le parole che continuano a vincolare in ogni epoca storica: battezzate tutte le genti, "insegnando loro a osservare tutto ciò che io vi ho comandato" (Mt 28,20).

Con profondo amore verso di voi vi esorto anche a non fermarvi unicamente alla vostra elevazione umana e ai miglioramenti sul piano sociale.

Sforzatevi anche di essere buoni cristiani e di osservare i comandamenti del Signore. Formatevi nelle esigenze morali e religiose. Non fatevi trascinare dall'ubriachezza. Non soccombete di fronte al terribile, immorale flagello del consumo e del traffico della droga. Non dimenticate soprattutto il precetto distintivo del cristiano: "Che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amato" (Jn 13,34). Il Papa vi vuole felici e per esserlo è necessario dire no a tutto ciò che ci allontana da Dio, e dire si a tutto ciò che il Signore ci chiede di osservare.

Per conoscere e seguire meglio il cammino cristiano, non dimenticate la spiegazione della catechesi, assistete alla messa domenicale, avvicinatevi ai sacramenti, pregate voi e insegnate ai vostri figli le preghiere fondamentali che avete imparato, come il Padre nostro, il Gloria, il Credo, l'Ave Maria; curate la formazione e la salute del vostro spirito, cercando di conoscere e di praticare tutto ciò che il Signore ci ha comandato (cfr. Mt 28,20).

Conosco egualmente, e mi causa profondo dolore, l'insufficiente attenzione che potete prestare alla vostra salute fisica per mancanza di medici e di mezzi per conservare sana la vostra vita. Per questo vorrei chiedere al resto del paese che non dimentichi questa zona, bisognosa di tanti professionisti che diano impulso al suo progresso spirituale e materiale. Rimane molto da fare in queste immense regioni, per il bene di tutti.


7. Anche voi, cari coloni, che venite da altri luoghi del Perù in cerca di nuove terre da coltivare, Gesù invita ad osservare tutto ciò che lui vi ha comandato (cfr. Mt 28,20). Avete diritto a condividere il dono di Dio che è la terra, pero non dimenticatevi che questo diritto ha un limite, laddove inizia il diritto degli altri; e in primo luogo quello dei nativi, anche se non possiedono titoli legali, se sapete che si tratta di terre occupate da tempo dalle loro famiglie e comunità.

Dimostrate con la vostra presenza e condotta il valore della dottrina della fede che per eredità avete ricevuto dai vostri progenitori.

Voglio che sappiate che anche per voi provo vivo affetto. So che in molti avete lasciato con dolore le vostre terre d'origine per andare in terre molto diverse in cerca di mezzi di sostentamento, di fronte a fenomeni di aridità o di esaurimento del terreno. Che il legittimo desiderio di raggiungere i vostri obiettivi non vi faccia dimenticare la vostra ricchezza interiore: la vostra fede e le vostre tradizioni religiose e familiari. La Chiesa vi guarda con profonda simpatia e aspetta molto da voi nel suo compito di evangelizzazione. Che l'amore alla terra vi porti sempre a Dio e ad aiutare i vostri fratelli della Selva, con cui andate a convivere.


8. Salutando adesso molto affettuosamente i Riberenos che costituiscono la maggior parte della popolazione amazzonica, mi tornano alla mente le parole del Maestro: andate e ammaestrate tutte le nazioni, insegnando loro tutto ciò che io vi ho comandato. In effetti so che fra di voi ci sono non pochi laici cristiani che hanno accolto con entusiasmo le parole di Gesù. Sono quelli che chiamate con il significativo nome di animatori di comunità cristiane, che condividono la responsabilità della catechesi e dell'evangelizzazione con i vostri vescovi, sacerdoti e religiose. So come vi sforzate di vivere più pienamente la fede, impegnandovi con le vostre comunità in tutto ciò che contribuisce al loro sviluppo e alla loro crescita, per renderle veramente cristiane (cfr. Lettera pastorale dei vescovi della Selva, 1982).

Vi esprimo il vivo incoraggiamento e la gratitudine della Chiesa per il vostro prezioso lavoro, e confido che le vostre comunità si apriranno alla chiamata del Signore che invita i suoi figli al pieno servizio ecclesiale, al ministero sacerdotale e alla vita consacrata. Per questo, fate in modo che le vostre famiglie, santificate dal sacramento del matrimonio, diventino luoghi di preghiera e di vita cristiana - Chiese domestiche - dove sia possibile ascoltare la voce del Signore attraverso la vocazione sacerdotale e religiosa.


9. Da ultimo, permettetemi in nome di Cristo di esprimere la mia più viva riconoscenza ai missionari e alle missionarie. Essi, docili al comandamento del Signore: "Andate dunque e ammaestrate tutte le genti" (Mt 28,19), sono stati i pionieri della fede, da padre Gaspar de Carvajal venuto come cappellano della spedizione di Orellana, fino ai nostri giorni. Essi, con il contatto umano rispettoso delle vostre culture, vi hanno predicato il Vangelo, anche a prezzo di grandi sacrifici, e con la più grande prova d'affetto che è dare persino la vita per gli amici (cfr. Jn 15,13). Quanti di loro, in tempi passati e recenti, hanno lasciato qui la vita! Dal primo momento vi hanno cercato nel nome del Signore, vi hanno difeso in momenti di persecuzione e hanno organizzato la vostra forma di vita e cultura. Le "reducciones" dei nativi di Maynas, l'esempio di padre Samuel Fritz e l'opera dei vostri padri nella fede oggi, danno una buona testimonianza di questo fatto. A questo tendono il Coordinamento pastorale della Selva e gli sforzi del Centro amazzonico di antropologia e applicazione pratica.

A voi, missionari e missionarie della Selva peruviana, cominciando dagli amati fratelli nell'episcopato, voglio esprimere tutto il mio apprezzamento, stima e incoraggiamento, poiché siete l'avamposto della Chiesa nella zona più difficile per comunicazione e ambiente di questa terra generosa. Grazie per la vostra donazione, grazie per il vostro sacrificio pieno di abnegazione, grazie per la vostra vita di servizio ecclesiale e umano.

So della vostra preoccupazione di studiare e inserire il messaggio cristiano nella realtà stessa della vita dei nativi di questa Selva. E' questa la linea di evangelizzazione - della quale ho parlato in altre occasioni - necessaria perché il Vangelo penetri, rispettando e potenziando le culture. Tutto quello che fate in questo senso sarà ben accolto dalla Chiesa.

Ricordate sempre che la vostra presenza qui - lo sapete bene - ha come motivo quello di essere l'annunzio del Vangelo per volontà di Gesù Cristo: "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura" (Mc 16,15). Siete missionari, sacerdoti o religiosi, che adempiono il mandato di Cristo di evangelizzare tutte le genti. Siete ministri di Cristo e dispensatori dei misteri di Dio (cfr. 1Co 4,1), siete religiosi prima che antropologi, linguisti o sociologi. Siete messaggeri di amore e di unità fra i popoli e i diversi gruppi linguistici. Per questo, in ogni vostra azione non privilegiate nessun gruppo ed evitate che la vostra donazione ai più poveri vi porti al "servizio di cause che non sono propriamente evangeliche e portano piuttosto il contrassegno di colori politici che snaturano la sublimità della vostra missione" (Lettera pastorale dei vescovi della Selva, marzo 1982).

Il messaggio che portate ha un contenuto universale: "Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi" (Jn 15,15). Uno degli obiettivi del vostro lavoro è quello di conseguire l'unità di una popolazione composta da esseri umani di diverse culture, come succede anche fra voi, che avete lasciato le vostre terre lontane così diverse.

Nella ricerca di questa unità sorgeranno comunità native, Chiese giovani in piena comunione con i loro pastori e con la Sede apostolica, che si uniranno nella lode a Dio e nell'amore ai fratelli. Chiese che, come tutta la Chiesa in Perù, non possono chiudersi in se stesse, ma devono aprirsi - dimostrando maturità e generosità - all'impulso missionario anche in altre zone. Questi sono i vostri desideri, in questa direzione vanno i vostri sforzi e le vostre preghiere, per questo vi impegnate giustamente nell'opera volta a suscitare nuove vocazioni.

Sappiate che alle vostre voci e suppliche si unisce la mia, affinché proseguiate nell'opera iniziata.


10. Nel concludere questa visita, dedicata a tutto il popolo credente dell'Amazzonia, lascio il Perù, terra costellata di santuari dedicati alla Madre di Dio. A lei, Maria, Regina della foresta amazzonica, affido le intenzioni e le necessità dei responsabili della fede e di tutto il popolo di questa estesa area geografica. Ella vi protegga e vi accompagni. Vi dia incoraggiamento e vi faccia sentire la grande serenità e fiducia che derivano dalla parola di Gesù: andate e predicate a tutte le genti battezzandole. "Ecco, io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo" (Mt 28,20).

Data: 1985-02-05 Data estesa: Martedi 5 Febbraio 1985





Saluto all'arrivo Piarco (Trinidad-Tobago)

Titolo: Una convivenza pacifica che è segno di speranza

Signor presidente, monsignor arcivescovo Pantin, fratelli e sorelle carissimi.


1. Nell'esprimere la mia profonda gratitudine a Dio che mi ha concesso di mettere piede sul suolo della nazione di Trinidad e Tobago, porgo a voi tutti il mio caloroso saluto di amore e di pace, e vi ringrazio per il vostro cordiale benvenuto.

Nel corso di questo viaggio pastorale che mi ha portato nel Venezuela, nell'Ecuador e nel Perù, sono felice di questa possibilità di fermarmi tra di voi.

Vengo a voi in spirito di fratellanza e di amicizia e voglio darvi l'assicurazione del mio profondo rispetto e della mia stima per voi tutti. Ringrazio Dio in particolare modo per l'occasione che mi viene data di celebrare l'Eucaristia con i miei fratelli e le mie sorelle della Chiesa cattolica. Con cuore gioioso rivolgeremo la nostra lode e renderemo gloria alla santissima Trinità, e la nostra fede sarà rafforzata dalla parola di Dio e dalla comunione eucaristica.


2. Desidero esprimere la mia ammirazione per il modo con cui convivono in armonia nel vostro Paese tante persone di razza, di religione e di tradizioni differenti.

Mentre in tante altri parti del mondo esistono conflitti dovuti a pregiudizi, voi siete un segno di speranza. La vostra fraterna comprensione rende possibile una fruttuosa cooperazione tra i gruppi fortemente diversi, e questa cooperazione porta a un reciproco arricchimento. Vi raccomando intensamente di perseverare nel riconoscimento dell'uguale dignità di ogni uomo, ogni donna, e ogni bambino.


3. Lasciate che dica alcune parole ai giovani di Trinidad e Tobago. Quando penso a voi e a tutti gli altri giovani in tutto il mondo, sono pervaso da un profondo senso di gratitudine e di speranza. Vedo nei vostri occhi la luminosa promessa del domani, perché il futuro della società vi appartiene. E voi cominciate a modellare questo futuro già adesso, attraverso le scelte che fate, le mentalità che formate, i valori che decidete di scegliere o di ignorare come fondamento della vostra vita. Nel momento in cui state per assumere delle responsabilità, restino saldi i vostri cuori. Ponete la vostra fiducia in Dio che vi ha creati e che vi ama. Non temete di andare verso gli altri con speranza e con fiducia, di unire le vostre mani e i vostri cuori nell'amicizia per la costruzione di un mondo migliore.


4. Voglio anche cogliere quest'occasione per rivolgere una parola di saluto molto particolare a coloro che vivono nell'isola di Tobago. Anche se limiti di tempo m'impediscono di venire a voi come avrei desiderato, siate sicuri che sono con voi nello spirito e nella preghiera.

Su tutti gli abitanti di Trinidad e Tobago invoco il dono di Dio della pace e della gioia. Il Signore vi benedica tutti.

Data: 1985-02-05 Data estesa: Martedi 5 Febbraio 1985






GPII 1985 Insegnamenti - All'incontro con i poveri - Villa El Salvador (Perù)