GPII 1985 Insegnamenti - Alla popolazione del capoluogo vallone - Namur (Belgio)

Alla popolazione del capoluogo vallone - Namur (Belgio)

Titolo: Namur, luogo di accoglienza e di rispetto per l'uomo

Cari abitanti di Namur, venendo da Beauraing, cuore mariano della vostra bella diocesi, eccomi in un'altra città mariana, dal momento che Notre-Dame du Rempart è la patrona popolare della vostra città.

Sono lieto di trovarmi davanti alla vostra cattedrale, la chiesa dei vostri vescovi che si sono via via succeduti. Saluto qui con una particolare cordialità monsignor Joseph-Robert Mathen, il vostro vescovo, con monsignor Jean-Baptiste Musty, suo ausiliare, che dimostrano per la vostra diocesi una grande sollecitudine pastorale. Ricordo volentieri la memoria degli antichi vescovi che alcuni tra voi hanno conosciuto. Monsignor Heylen: egli presiedette a lungo i Congressi eucaristici internazionali, riecheggiando la figura di santa Giuliana di Mont-Cornillon, che soggiorno qui nel XIII secolo e che contribui a ravvivare nella Chiesa la celebrazione della festa del santissimo Sacramento del corpo e del sangue di Cristo. Quanto a monsignor Charue, sono stato seduto al suo fianco durante il Concilio Vaticano II; fu un padre conciliare eminente per la sua dottrina e conosco anche tutto ciò che ha fatto per fortificare la fede dei suoi diocesani e le vocazioni.

Questa diocesi ha conosciuto e conosce tuttora, spero, una forte vitalità cristiana; grandi educatori cristiani vi hanno lasciato la loro impronta e soprattutto i religiosi che la Chiesa ha elevato agli onori degli altari; santa Julie Billiart e il beato Mutien-Marie, che hanno dedicato la loro vita all'educazione della gioventù.

La tradizione della vostra città nel campo dell'insegnamento è antica e non ha cessato di estendersi. Affiancando il ruolo insostituibile della famiglia nell'educazione morale e spirituale, le vostre scuole offrono a numerosi giovani una grande varietà di indirizzi, fino al livello universitario nelle prestigiose facoltà dirette dai padri Gesuiti. La vostra città si vanta dell'accoglienza che offre a tutti questi giovani della regione, che sono lieto di incontrare tra qualche istante. Tutti gli educatori, specialmente gli educatori cristiani, hanno molto da fare per aiutare i giovani ad affermare la loro personalità umana e la loro speranza cristiana. E' un aspetto importante del ministero del sacerdote.

La posizione di Namur ne fa una città di incontro anche su altri piani.

La vostra città diventa la sede degli organismi politici della regione vallone, di cui sono lieto di salutare le autorità responsabili, come pure le autorità provinciali e comunali. Nelle numerose amministrazioni che hanno qui la loro sede, voi desiderate certamente di continuare a onorare il senso dell'accoglienza e dei rapporti umani, facendo in modo che ogni amministrato sia considerato come una persona, con le sue preoccupazioni e le sue speranze, in un mondo fin troppo segnato dall'anonimato. Penso anche agli sforzi che debbono compiere i vostri centri sociali di assistenza e i vostri organismi di solidarietà per porre rimedio alle difficoltà e talvolta ai drammi di numerose persone o famiglie, soprattutto in questa epoca di crisi e di disoccupazione.

Namur, d'altro lato, per il suo suggestivo paesaggio che è anche la gioia dei turisti, è una città in cui soggiornano volentieri le persone anziane.

Questo, per sottolineare ancora l'importanza della virtù dell'accoglienza. Infine, numerose sono presso di voi le istituzioni commerciali e di servizio dove possono fiorire il sorriso e l'ascolto che rendono la vita più piacevole.

Ma non dimentico che la regione di Namur resta in gran parte rurale: i miei cordiali auguri vanno anche a quanti si dedicano al lavoro dei campi e all'artigianato nelle cittadine e nei paesi. Alla città di Namur, luogo di incontro e di dialogo, centro di servizi pubblici e privati, auguro di risplendere per il suo senso delle relazioni umane, per il suo rispetto degli altri.

E' la grazia di questo amore fraterno, in parole e atti, che imploro per voi e per tutti coloro che incontrerete, ringraziandovi io stesso dell'accoglienza che mi riservate. Il mio augurio è quello dell'apostolo Pietro (cfr. 1P 1,2 1P 5,14). Che il Signore vi dia la sua pace!

Data: 1985-05-18 Data estesa: Sabato 18 Maggio 1985





Ai giovani della Vallonia - Namur (Belgio)

Titolo: Pace, giustizia, fraternità possibili seguendo Cristo




1. "Ho scritto a voi, giovani, perché siete forti, e la parola di Dio dimora in voi e avete vinto il maligno" (1Jn 2,14).

Queste parole dell'apostolo Giovanni le ho riprese al termine della lettera che ho indirizzato il 31 marzo a tutti i giovani del mondo. Ho voluto, come l'apostolo Pietro, renderli pronti a giustificare la speranza che è in loro (cfr. 1P 3,15). E' lo stesso messaggio di speranza, cari giovani, cui vorrei rendervi partecipi questa sera. Questo momento di incontro è una grazia per voi e per me.

L'esperienza della giovinezza è una ricchezza unica. Non solo la Chiesa guarda a voi con simpatia, con speranza, cosciente che l'avvenire dipenda da voi; ma, attraverso di voi, essa vede se stessa e la sua missione nel mondo. La vostra presenza è per me come un meraviglioso dono di compleanno. Vi ringrazio di aver risposto con fiducia a questo invito dei vostri vescovi, i miei fratelli nell'episcopato.


2. Ho ascoltato e osservato bene quel che avete voluto dirmi attraverso la rappresentazione scenica sulle difficoltà della partecipazione dei giovani nella vostra società. Non abbiate paura di parlare, per voi e per altri gruppi sociali, di "esclusione", di rifiuto, di rottura. E si avverte in voi una profonda sofferenza di fronte a queste miserie che ostacolano il vostro sviluppo, che ipotecano l'avvenire.

Comprendo e rispetto le vostre inquietudini. I vostri dubbi e le vostre speranze si ricongiungono a quelle di molti altri giovani che ho incontrato per il mondo, per esempio a Friburgo, a Montréal. Voi sottolineate soprattutto le "esclusioni" della vostra società: l'impossibilità di ottenere un lavoro adeguato alle vostre capacità, laddove l'esercizio di un mestiere è essenziale, per vivere e per diventare più uomini; è un diritto dell'uomo. Alcuni giovani si sentono ignorati, scartati dalle responsabilità, dall'accesso ad una vita degna, dalla possibilità di esprimersi. Fatevi portavoce di coloro che, intorno a voi, sono emarginati, vedono derisa la loro dignità umana.

Senza parlare di esclusione propriamente detta, vi sono ugualmente delle divisioni, pericolose e anche distruttrici, nelle famiglie, tra coniugi, tra genitori e figli, tra amici, tra vicini, tra colleghi di lavoro, tra generazioni, tra gruppi sociali di uno stesso Paese! E bisognerebbe aggiungere altri tipi di miserie, inconsapevoli o accettate, ma tanto pericolose, come la carenza spirituale nelle nostre società del consumo.

Non contraddiro ciò che rivela il vostro sguardo lucido, ciò di cui soffre il vostro cuore. Dev'essere vero. I profeti Isaia, Geremia e tanti altri, rilevavano con vigore i mali e le ingiustizie che contrassegnavano il loro tempo.

Vi invitero anche ad estendere il vostro sguardo e il vostro cuore a miserie ancora più drammatiche e più estese, che affliggono milioni di uomini e di donne nel mondo.

Si, a buon diritto potete chiedere alle generazioni precedenti, come dicevo nella mia lettera ai giovani: "Perché si è arrivati a questo? Perché è stato raggiunto un tale grado di minaccia all'umanità sul globo terrestre? Quali sono le cause dell'ingiustizia che ferisce gli occhi? Perché tanti che muoiono di fame? Tanti milioni di profughi alle diverse frontiere? Tanti casi in cui vengono calpestati i diritti elementari dell'uomo? Tante prigioni e campi di concentramento, tanta sistematica violenza e uccisioni di persone innocenti, tanti maltrattamenti dell'uomo e torture, tanti tormenti inflitti ai corpi umani e alle coscienze umane? E... anche il fatto di uomini in giovane età che hanno sulla coscienza tante vittime innocenti" (n. 15). In questi casi si può veramente parlare di "esclusi".


3. Questi fatti negativi non bisogna negarli, né dimenticarli. Ma non bisogna neppure soffermarsi su questa zona d'ombra. Il problema non è quello di puntare un dito accusatore sugli altri, su questo o quello, quando le complicità sono molteplici, e forse anche in noi. Bisogna ricercare la ragione più profonda, le cause spirituali: perché un così grande progresso dell'umanità nel dominio della materia si rivolta sotto tanti aspetti contro l'uomo? Perché tante discordie, esclusioni, ingiustizie, sono radicate nel cuore dell'uomo? (cfr. GS 10). In ogni modo, non restate passivi, con un senso di impotenza o di inutilità. E' necessario arrivare alla domanda: "Che dobbiamo fare?". Bisogna innanzitutto cercare la luce, svelare le ragioni della speranza. Sono venuto a dirvi questa sera: "Alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina!" (Lc 21,28). Accanto alla zona d'ombra, c'è una zona di luce. Un'alba è già sorta. Una salvezza è apparsa.

Già potete constatare i segni positivi di questa luce, di questa salvezza, che si oppongono agli episodi di esclusione. Tesori di bellezza, di capacità, di bontà, di apertura, risiedono nel cuore di tanti nostri contemporanei perché, anche se essi lo ignorano, il loro cuore umano è stato creato a immagine di Dio. E gesti d'amore, di riconciliazione, di dono di sé non cessano di apparire, suscitati dallo Spirito Santo. Ma non voglio accontentarmi di questi segni. Voglio svelarvi o ricordarvi il messaggio stesso di Dio che è luce senza tenebre. Il Signore mi manda a voi per darvene testimonianza, lui che lo ha affidato a Pietro e ai Dodici, per farlo conoscere a tutte le nazioni.


4. Al giovane ricco del Vangelo Gesù diceva: "Nessuno è buono, se non Dio solo" (Mc 10,18). Lui solo è il bene, la luce, la verità. Lui è il fondamento ultimo di tutti i valori. Lui solo dà senso decisivo alla nostra esistenza umana. E Dio solo e buono perché è amore (cfr. 1Jn 4,8 1Jn 4,16). E' amore nella comunione misteriosa delle tre persone divine. E' amore poiché "ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Jn 3,16). Questa e la buona novella annunciata a tutti gli uomini di buona volontà.

La bontà che vediamo sul volto e nel cuore di Cristo è il riflesso della bontà del Padre. Egli è venuto nella notte: era la luce vera che illumina il cammino di ogni uomo (cfr. Jn 1,9). Egli è venuto nell'indifferenza; non è stato accolto dai suoi; ma ha amato e ci ha insegnato ad amare: "Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici" (Jn 15,13).

Egli era cosciente e ha annunciato che sarebbe stato "rifiutato" dalla sua generazione, dagli anziani e dai capi del suo popolo (cfr. Mc 8,31 Lc 17,25), quindi ha vissuto liberamente l'esclusione più radicale, l'umiliazione della croce, offerta per l'obbedienza a suo Padre, per amore ai suoi fratelli.

Egli fu eliminato dalla terra dei viventi (cfr. Is 53,8) ma Dio lo ha rivelato, risuscitato. Egli è la pietra scartata dai costruttori, ma che è diventata pietra angolare (cfr. Mt 21,42 Ac 4,11), e la salvezza non è in nessun altro. Gli umiliati e gli esclusi della terra guardano verso di lui con la speranza d'essere, in lui, risollevati e riconciliati.

Egli è venuto a suggellare col suo sangue, per mezzo del suo sacrificio, l'alleanza di Dio con gli uomini, in cui tutti sono invitati ad entrare attraverso la fede e il Battesimo. Egli ha nello stesso tempo abbattuto il muro dell'odio che separava gli uomini e che manteneva i non giudei lontani, estranei ai patti della promessa, senza speranza (cfr. Ep 2,12-14). Questa alleanza non è un semplice atteggiamento d'amicizia: essa è l'adozione filiale per suo Padre che è anche nostro Padre; lui, il figlio, "a quanti l'hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio" (Jn 1,12). In lui, noi che ci diciamo frustrati dalle forme di partecipazione umana, partecipiamo alla vita stessa di Dio, alla natura divina.

Questo Cristo, cari amici, è presente in mezzo a noi: "lo sono con voi tutti i giorni" (Mt 28,20). Con lui, non siamo mai degli esclusi da Dio. "Colui che viene a me, non lo respingero" (Jn 6,37). Egli ha trascorso la sua vita terrena ad accogliere coloro che altri consideravano come esclusi: lebbrosi, indemoniati, pubblicani, peccatori, samaritani, pagani. fino al giudizio finale, egli si identifica con gli "esclusi" che sono nel bisogno: affamati, malati, prigionieri.

Egli ci chiede di credere e di amare, di lasciarci invadere dall'amore di Dio effuso nei nostri cuori, dal Dio vivente, Padre di tutti i viventi.

Diventare adulti nella vita come nella fede è essere capaci di riconoscersi come figli, come figlie di suo Padre, del nostro Padre che è nei cieli.

Cristo guarda ciascun uomo con amore. Vi guarda ciascuno come il giovane ricco dalla coscienza retta e avida di vita eterna: "Gesù, fissatolo, lo amo" (Mc 10,21).


5. Certi dell'amore di Dio manifestato in Gesù Cristo - da cui nulla potrà separarci (Rm 8,39) - voi potete, cari amici, non solo entrare in questa grande alleanza di Dio con gli uomini, ma prendervi parte attiva perché effettivamente venga il suo regno.

La speranza di cui abbiamo appena parlato vi assicura che i vostri sforzi sinceri per costruire la pace, la giustizia, la fraternità in questo mondo, nella misura in cui essi sono compiuti secondo lo Spirito di Cristo e uniti a lui, non cadranno mai nel vuoto; essi condurranno, come fu per Cristo, alla risurrezione; prepareranno, certamente attraverso la croce e a prezzo di molta pazienza, un mondo nuovo che supera quello che noi possiamo immaginare.

Questa opera appassionante mobiliterà tutte le vostre energie; voi parteciperete alle lotte "per la dignità dei figli di Dio", come diceva il vostro cardinale Cardijn. Sarà la vostra opera ma nello stesso tempo l'opera di Dio in voi, per voi. Essa sarà una continua conquista e nello stesso tempo un dono di Dio, dunque una grazia da chiedere nella preghiera. La preghiera non è utilizzare Dio al nostro servizio, è entrare attraverso il suo piano in lui, colui che Gesù ci ha indicato quale Padre nostro. E' di capitale importanza riferirsi sempre a questa preghiera, quando si vuole cambiare il mondo secondo Dio.

Infatti, dire "Padre nostro... dacci oggi il nostro pane quotidiano" è chiedere che ogni uomo, qui e ovunque nel mondo, possa saziare la sua fame e disporre di ciò che gli permette di vivere decorosamente; ed è anche preparare se stessi a lavorarvi, per permettere una migliore produzione, una migliore distribuzione e utilizzazione dei beni del creato. E' anche lottare perché ogni uomo possa trovare un'occupazione per guadagnarsi degnamente da vivere. E' interrogarci sul senso che diamo al guadagno, al denaro, alla condivisione, allo studio, al tempo libero, alla creatività.

Dire "Padre nostro... rimetti a noi i nostri debiti" è chiedere a Dio la nostra riconciliazione con lui, che non possiamo procurarci da soli; è anche impiegare tutta la nostra energia per comprendere gli altri, per perdonare, per essere artefici di pace, per non escludere nessuno.

Dire "Padre nostro... non indurci in tentazione" è chiedere a Dio la lucidità e la forza per aggirare gli inganni per mezzo dei quali la nostra società sfrutta i deboli, attraverso i quali il maligno sfrutta le nostre debolezze e le nostre passioni: la promessa del godimento immediato e facile, la sessualità sfrenata, le droghe di ogni genere, i paradisi artificiali, le mode costose, il frastuono che abbrutisce, i mercanti di illusioni e di evasione, tutti gli idoli moderni che mantengono i nostri egoismi in tutte le loro forme. Un cristiano del II secolo scriveva già: "La carne detesta l'anima e gli fa la guerra, senza che questa gli abbia fatto mai torto, perché essa gli impedisce di godere dei piaceri" (Lettera a Diogneto). Con la parola "carne" egli designava non il corpo stesso, che è l'espressione meravigliosa della persona umana, ma la condizione dell'uomo debole e peccatore. Il cristiano conosce le tentazioni del "mondo", deve discernerle, lottare, scegliere il bene, a prezzo di sacrifici e sempre con la preghiera.

Dire "Padre nostro... liberaci dal male" è lottare dentro di sé e attorno a sé contro ciò che mira a distruggere la fede: indifferenza, dubbio sistematico, scetticismo, come se la felicità e la grandezza dell'uomo consistessero nell'affrancarsi da Dio. E' lottare contro la disperazione e il male di vivere, come se la vita non avesse più senso. E' lottare contro le deviazioni dell'amore, la seduzione della violenza e dell'odio, giustificate come mezzi per cambiare efficacemente il mondo, senza cambiare i cuori. E' lottare insomma, contro la menzogna e il padre della menzogna: "Scrivo a voi, giovani, perché avete vinto il maligno" (1Jn 2,13). Ma come vincerlo? Il discepolo che Gesù amava aggiunse: "Perché voi conosciate il Padre".

Dire "Padre nostro... sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra", è aprirsi alla volontà di Dio, è mettere a sua disposizione tutte le nostre forze perché si giunga a un'umanità liberata dai falsi dèi e riconciliata con la fonte di vita vera nell'amore. E' già considerare tutti gli uomini come figli dello stesso Padre, come nostri fratelli.

Nel disegno di Dio, non ci sono mai uomini "da scartare". Che l'uomo non sia escluso dall'uomo! E' una grazia da chiedere per la conversione del cuore degli uomini. Ed è una lotta da portare avanti, non contro gli uomini, ma contro le forze del male, contro il maligno.


6. Voi comprendete questo programma, cari amici. Sono certo che vi aderite. Ma, concretamente, ciascuno di voi può chiedere: in quale cammino impegnarmi? Che cosa devo fare? Era la domanda del giovane ricco del Vangelo.

Gesù dirà più tardi ai suoi discepoli: "Io sono la via" (Jn 14,6). Al giovane comincia col dire: "Tu conosci i comandamenti" (Mc 10,19), quei comandamenti che chiedono di evitare che si faccia torto al prossimo e chiedono anche di onorare i propri familiari. E' questo codice di moralità che bisogna in primo luogo rispettare. E' scolpito nella coscienza di ogni uomo, nella coscienza retta e ben formata, come lo era nella legge trasmessa da Mosè e meglio ancora nel Vangelo che riassume tutto nel comandamento dell'amore: "Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro" (Mt 7,12).

Cristo vi chiede, cari amici, a che punto siete nel vostro discernimento morale, nella vostra coscienza. Siate uomini di coscienza. Perciò, cercate la verità. E siate veramente liberi, cioè capaci di far uso della vostra libertà secondo la verità, secondo quello che è il vostro vero bene, il vero bene degli altri.

Ma, come il giovane del Vangelo, di certo voi volete fare di più, oltre che osservare i comandamenti. Allora Cristo vi dice: "Quello che hai dallo ai poveri e seguimi". Nessuno potrà far questo in maniera radicale, alla lettera, ma Gesù indica una direzione che vale per tutti. Vi invita a comprendere il dono di Dio e a mettere la vostra vita sotto il segno del dono, del dono di voi stessi, del dono senza riserva a Dio, agli altri.

Coloro che sono chiamati al servizio del sacerdozio, al carisma della vita religiosa, lo comprendono bene. E a questi io dico: "Non soffocate questo appello. Lasciate che si sviluppi fino a maturare. Il Signore cerca operai per la sua messe abbondante".

Ma penso anche a tutti gli altri giovani cristiani che sono qui. Siete in quell'età in cui si forma in voi un progetto di vita. Tale progetto di vita è anche una vocazione, la vocazione cristiana del laico battezzato e cresimato alla quale Dio vi chiama, il disegno di Dio su di voi, ciò che potete liberamente diventare per voi stessi, per gli uomini, per Dio.

Pensate al vostro progetto di vita come a un appello di Dio, a un servizio. Per questo servizio abbiate a cuore di sviluppare le doti affidatevi da Dio, ricevute in eredità dai vostri genitori e dalla vostra educazione familiare, dalla cultura del vostro popolo. Accogliete la formazione che viene dalla scuola, l'auto-formazione che viene dal lavoro. Integrate progressivamente tutto ciò che il contatto con la natura, l'iniziazione alle grandi opere umane, al frequentare gli altri nel cameratismo e nell'amicizia, vi permettono di scoprire di vero, di buono, di bello, e anche l'esperienza di certe sofferenze. Tutto questo plasma la vostra personalità, tesse la vostra vocazione, che i doni dello Spirito arricchiscono. Se Dio vi concede così di crescere in saggezza e grazia, non è perché apportiate il vostro contributo alla civiltà dell'amore? Penso all'amore dei fidanzati e a quello degli sposi che, per la maggior parte di voi, sarà il grande avvenimento della vita. Preparatevi a questo amore nuziale, a questo sacramento. E' un disegno divino. Non degradatene la bellezza.

Penso anche a tutti i gesti fraterni di accoglienza, di condivisione, di dono, di perdono che intraprendete insieme in una solidarietà sempre più grande e che, nella maggior parte dei casi, già compite. Poiché è oggi che si costruisce, con le vostre mani e il vostro cuore, un mondo nuovo nell'amore.


7. E' un'impresa esaltante risvegliare così le forze della vita e dell'amore, suscitare la speranza. E' un cammino esigente. "E' angusta la via che conduce alla vita" diceva Gesù (Mt 7,14). Voi avete bisogno di aiuti, di appoggi. Per cambiare il mondo, a voi si chiede di vivere in altro modo. Non alla superficie di voi stessi, in preda alle molteplici sollecitazioni che vi propone la nostra società dei consumi, ma in profondità.

Trovate una pausa per la preghiera, per la riflessione, per il silenzio, per nascere alla verità di voi stessi in una relazione vera con Dio, con gli altri. Vi sarà inoltre necessario vivere una vera solidarietà di credenti. Alcuni, tra voi, nell'ambiente scolastico, del lavoro e degli svaghi, hanno potuto fare la penosa esperienza di essere isolati, talvolta presi in giro e anche esclusi perché credenti; e in tutti i casi si sentono fragili. Non si può vivere e crescere nella fede senza il sostegno di un gruppo, di una comunità cristiana. So che esistono tra voi numerosi gruppi di preghiera, di catechesi, di riflessione biblica, di partecipazione, di azione cattolica, di assistenza caritativa, di impegno cristiano di ogni genere. E' qui che imparerete a costruire insieme un mondo migliore.

Questi gruppi non saranno chiusi in se stessi. Essi hanno bisogno di allargarsi ad altri giovani, come questa sera, come nell'incontro internazionale che abbiamo avuto a Roma per le Palme. Essi hanno bisogno di aprirsi agli altri membri del popolo di Dio e la parrocchia, con la sua assemblea eucaristica domenicale, è il luogo per eccellenza di questa apertura. Essa ci permette di ricongiungerci alla fonte, questa Chiesa cattolica, universale, fondata sugli apostoli, che vi accompagna per trasmettervi senza sosta il Vangelo di Cristo, il suo Spirito, il suo perdono, il sacramento del suo corpo e del suo sangue, per incorporarvi veramente a lui. Al di fuori di essa, un gruppo di credenti diventa presto sterile o parziale. Non fermatevi alle rughe della Chiesa; siamo tutti responsabili delle sue rughe.

Non cercate in essa solo il riflesso di voi stessi. Essa è il sacramento di una salvezza che viene da altrove, essa è il segno efficace di Gesù Cristo. Vi ho parlato così, cari giovani, "perché siete forti, e la parola di Dio dimora in voi, e avete vinto il maligno" (cfr. 2Jn 2,14).

Come un campo si lascia seminare, possa il vostro cuore, questa sera, avere la semplicità di aprirsi alla parola di verità e di speranza che Dio vi rivolge! Come la pioggia fa germogliare il seme, possa la vostra preghiera, da domani, trattenere questa parola e farla risuonare in voi! Come il seminatore attende con pazienza la crescita, possa la vostra fiducia di figli di Dio, dopo-domani, lasciare che lo Spirito guidi la vostra maturazione. Come l'agricoltore si dà da fare nei giorni del raccolto, disponete la vostra intelligenza e il vostro cuore ad essere presenti e attivi laddove uomini e donne levano il capo e si uniscono per creare un mondo rinnovato, secondo il cuore di Dio.

Con i vostri vescovi, ve lo chiedo, partecipate largamente alla vita della Chiesa. Siate i giovani di questa Chiesa per essere testimoni, nel nostro mondo, della gioventù di Dio.

Data: 1985-05-19 Data estesa: Domenica 19 Maggio 1985


Alla comunità mussulmana - Namur (Belgio)

Titolo: Collaborazione fraterna per avvicinarsi a Dio

Cari fratelli e sorelle fedeli dell'Islam.

E' per me una gioia avere l'occasione di incontrarvi. Come capo spirituale della Chiesa cattolica, ho avuto molte altre occasioni di accogliere dei musulmani a Roma o di render loro visita in diversi Paesi, nel corso dei miei viaggi.

Cristiani e musulmani, ci incontriamo nella fede al Dio unico, nostro Creatore, nostra guida, nostro giudice giusto e misericordioso. Noi tutti ci sforziamo di mettere in pratica nella nostra vita quotidiana la volontà di Dio seguendo l'insegnamento dei nostri rispettivi libri santi. Noi crediamo che Dio trascende il nostro pensiero e il nostro universo e che la sua presenza d'amore ci accompagna ogni giorno. Nella preghiera ci mettiamo in presenza di Dio per adorarlo e rendergli grazie, per chiedere perdono delle nostre colpe e ottenere il suo aiuto e la sua benedizione.

Oggi ci incontriamo in Belgio, un Paese che ha una lunga tradizione di ospitalità nei confronti delle persone appartenenti a religioni diverse e la cui legislazione garantisce la libertà del culto e dell'educazione. Sappiamo che questo non risolve tutti i problemi, peraltro comuni a tutti gli immigrati.

Tuttavia, le difficoltà stesse devono incitare tutti i credenti, cristiani e musulmani, a conoscersi meglio, a dialogare per trovare la maniera pacifica di vivere insieme e di arricchirsi reciprocamente. E' bello conoscersi accettando le proprie differenze, superare i pregiudizi nel rispetto reciproco, lavorare per la riconciliazione e il servizio ai più umili. E' questo un dialogo fondamentale che tutti devono portare avanti nei quartieri, nei posti di lavoro, nella scuola. E' il dialogo che si addice a dei credenti che vivono insieme in una società moderna e pluralista.

Non ci è dato di formare una comunità unica; ecco una prova che ci è imposta. Di fronte a questa situazione, permettetemi di riprendere una consegna dell'apostolo san Paolo: "Perché coloro che credono in Dio si sforzino di essere i primi nelle opere buone" (cfr. Tt 3,8). Questo tipo di emulazione può beneficiare tutta la società, soprattutto coloro che avvertono in modo più vivo il bisogno di giustizia, di consolazione, di speranza, in una parola coloro che hanno bisogno di ragioni per vivere. Sappiamo collaborare fraternamente, questo ci avvicinerà alla volontà di Dio.

Data: 1985-05-19 Data estesa: Domenica 19 Maggio 1985





Omelia alla solenne concelebrazione - Bruxelles (Belgio)

Titolo: La Chiesa, in Cristo, consacrata alla verità e all'unità




1. "Per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità" (Jn 17,19).

Cari fratelli e sorelle, oggi, nella liturgia di questa domenica dopo l'Ascensione del Signore, la Chiesa proclama le parole della preghiera sacerdotale di Cristo. In mezzo agli apostoli riuniti in preghiera nel Cenacolo con Maria, la Madre di Cristo, queste parole risuonano con un'eco ancora attuale. Cristo le ha pronunciate da pochissimo, nel suo discorso d'addio la sera del giovedi santo, prima di entrare nella passione. Si rivolgeva allora al Padre, come tante altre volte, ma in modo del tutto nuovo. Ha chiesto: "Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi... Custodiscili... come io li ho custoditi, come ho vegliato su di loro... ma ora io vengo a te... Lascio il mondo... non chiedo che tu li tolga dal mondo ma che li custodisca dal maligno... Consacrali nella verità. La tua parola è verità... Coloro che ho mandati nel mondo, come tu hai mandato nel mondo me. Per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità" (Jn 17,11ss).


2. Ecco la grande preghiera del cuore di Cristo. Oggi, essa viene pronunciata in questa liturgia che celebriamo nel centro del vostro Paese, ai piedi della basilica del Sacro Cuore. E' il linguaggio del cuore del Redentore. Vi si trovano espresse le caratteristiche più profonde che hanno contrassegnato tutta la sua vita, tutta la sua missione messianica. Ecco venuto il momento in cui questa vita e questa missione giungono al loro termine e allo stesso tempo toccano il loro culmine.

Il culmine è questo: "Io consacro me stesso". Parola misteriosa, profonda, che equivale in un certo senso a dire: "Io mi santifico", "mi do totalmente al Padre", o anche "io mi sacrifico", "offro la mia persona, la mia vita in offerta santa a Dio per gli uomini e, così facendo, essi passano da questo mondo a mio Padre". E' la parola suprema e definitiva, e allo stesso tempo la parola più elevata in quel dialogo che il Figlio intrattiene col Padre. Tramite questa frase egli pone, in un certo senso, il sigillo messianico su tutta l'opera della redenzione.

Allo stesso tempo, in questo "Io consacro me stesso" sono compresi gli apostoli; vi è compresa la Chiesa intera, fino alla fine dei secoli. E anche tutti noi che siamo qui riuniti davanti alla basilica del Sacro Cuore. Nelle parole della preghiera sacerdotale, la Chiesa nasce dalla consacrazione del Figlio al Padre, per nascere successivamente sulla croce quando queste parole "si incarneranno", quando questo cuore sarà trafitto dalla lancia del centurione romano.


3. Che cosa chiede Gesù per i suoi apostoli, per la Chiesa, per noi? Che anche noi veniamo consacrati nella verità. Questa verità è il Verbo del Dio vivente. Il Verbo del Padre, il Figlio. Ed è anche la parola del Padre attraverso il Figlio: il Verbo si è fatto carne, poi si è espresso, in seno al mondo. In seno alla storia dell'umanità.

Allo stesso tempo egli, Cristo, il Verbo incarnato, "non è del mondo".

La parola che egli ha trasmesso dal Padre, la buona novella, il Vangelo, non è del mondo. E coloro che accettano interamente questa parola possono facilmente attirare l'odio su di sé, per il fatto di non essere del mondo. E tuttavia, solo questa parola è verità. E' la verità suprema. E' la pienezza della verità. Essa fa partecipare a quella verità della quale vive lo stesso Dio.

Tramite l'espressione appassionata della preghiera sacerdotale, attraverso la profonda emozione del cuore di Cristo, la Chiesa ha coscienza, una volta per tutte, che solo questa verità è salvifica, che non le è consentito, a nessuna condizione, cambiare questa verità a favore di qualunque altra, confonderla con qualunque altra, anche se, umanamente, essa dovesse sembrare più verosimile, più suggestiva, più adatta alla mentalità odierna. Attraverso il grido del cuore di Gesù nel cenacolo e attraverso la croce che l'ha confermato, la Chiesa si sente consolidata in questa verità: consacrata nella verità.

La preghiera sacerdotale è nello stesso tempo una grande "supplica" della Chiesa. L'apostolo Paolo la riprenderà scrivendo a Timoteo: "Custodisci il deposito..." (1Tm 6,20), o ancora: "Non conformatevi alla mentalità di questo secolo" (Rm 12,2), in altre parole, non divenite simili a ciò che è transitorio, a ciò che proclama il mondo.


4. Tale è la grande preghiera del cuore del Redentore. Essa spiega tutto il disegno della redenzione e la redenzione trova in essa la propria spiegazione.

Cosa chiede il Figlio al Padre? "Custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi" (Jn 17,11). Da questa preghiera del cuore di Gesù la Chiesa nasce col segno dell'unità divina. Non solo dell'unità umana, sociologica, ma dell'unità divina "perché siano come noi una cosa sola" (Jn 17,22). "Come tu, Padre, sei in me e io in te" (Jn 17,21). Questa unità è frutto dell'amore. "Se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in a questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha fatto dono del suo Spirito... Dio è amore; chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui" (1Jn 4,12-1 1Jn 3 1Jn 4,16).

Si tratta dunque dell'unità che ha la propria origine in Dio. L'unità che è in Dio è la vita del Padre nel Figlio e la vita del Figlio nel Padre, nell'unità dello Spirito Santo. L'unità nella quale Dio uno e trino si comunica nello Spirito Santo ai cuori umani, alle coscienze umane, alle comunità umane.

Questa unità deve essere vissuta concretamente, a livello di ogni famiglia cristiana, di ogni comunità ecclesiale, di ogni Chiesa locale, della Chiesa universale, come un riflesso del mistero dell'unità di Dio. Questa unità stimola anche lo spirito comunitario nella società, nella nazione, nella comunità mondiale.


5. "Siano una cosa sola, come noi"! L'unità ereditata da Cristo trova la sua prima realizzazione nel matrimonio e nella famiglia, in quella Chiesa che è il focolare.

Tale è il disegno del Creatore sin dall'origine: "L'uomo si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne" (Gn 2,24). Tale è allo stesso modo il destino degli uomini e delle donne redenti da Gesù Cristo: l'unione sacramentale degli sposi diviene il segno dell'amore totale di Cristo per la sua Chiesa, della sua indissolubile unione con essa. "Questo mistero è grande" (cfr. Ep 5,32).

Questo dono reciproco dei coniugi per la vita sarà ispirato da un amore umano totale, fedele, esclusivo e aperto a nuove vite (cfr. HV 9). Gli sposi cristiani terranno sempre a cuore di meditare il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia e di corrispondere a ciò che Dio si aspetta da loro nei rapporti interpersonali, nella trasmissione della vita, nella castità coniugale, nell'educazione dei figli e nella partecipazione allo sviluppo della società secondo la dottrina della Chiesa che ho ricordato loro nell'esortazione apostolica "Familiaris Consortio" echeggiando quanto avevano espresso i vescovi del mondo intero nel Sinodo del 1980.

Sono dunque felice di rivolgermi specialmente a voi, cari sposi e genitori che siete venuti a questa Eucaristia in famiglia. Voi sapete, sia tramite l'insegnamento della Chiesa che per vostra esperienza, tutto ciò che è richiesto dal quotidiano rinnovamento del vostro amore coniugale e di genitori. Esso acquista, nei sentimenti e nelle azioni, ogni giorno un volto concreto, nel quale la carne è sostegno ed espressione dell'unità nello spirito; presuppone in particolare: una sensibile attenzione all'altro, un atteggiamento di riconoscenza per ciò che è e che vi apporta, la volontà di far sbocciare in lui ciò che vi è di meglio, il condividere gioie e prove bandendo incessantemente l'egoismo e l'orgoglio, il dedicare del tempo a un dialogo sincero su tutto ciò che vi sta a cuore, il condividere il "pane" quotidiano, e, se necessario, il perdono, come chiediamo nel "Padre nostro". In queste condizioni, il vostro amore vi colma di gioia e risplende nel vostro focolare e al di là di esso.

Soprattutto non dimenticate mai che la vostra unità, la vostra fedeltà, lo splendore del vostro amore sono grazie che vengono da Dio, dal seno della Trinità. Il sacramento del matrimonio vi permette di attingervi costantemente. Ma è necessario che chiediate spesso a Dio, che è amore, di aiutarvi a dimorare nell'amore (cfr. 1Jn 4,16). Quale forza, quale testimonianza, quando avete la semplicità di pregare in famiglia, genitori e figli! Insieme, davanti al Padre, davanti al Salvatore, tutta la vostra vita può ritrovare luminosità e gioia.

Allora, veramente, la famiglia merita il suo nome di Chiesa domestica.


6. "Padre, custodiscili nel tuo nome"! Questa preghiera di Gesù per i discepoli, non è forse quella dei genitori per i loro figli? Il vostro amore profondo tra coniugi, "nella verità", e il vostro comune amore per i vostri figli costituiscono per essi il primo libro nel quale leggono l'amore di Dio. Questa lettura resta iscritta per sempre nel ricordo del loro cuore e li dispone ad accettare, liberamente, la rivelazione della tenerezza di Dio.

Certo, ai giorni nostri la solidarietà familiare non è sempre un compito facile. I figli che avete chiamato alla vita e ai quali avete dato il meglio di voi stessi, influenzati da una società che ha i suoi valori e i suoi disvalori, scelgono talvolta altre strade, speriamo per un piccolo lasso di tempo. Sono, per voi, momenti di sofferenza ma anche di profonda devozione. Con voi, io prego come fece Gesù: "Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno" (Jn 17,15).

Le famiglie cristiane rimangono uno spazio privilegiato per la trasmissione del Vangelo, non solo ai figli, ma ai vicini, a tutta la comunità ecclesiale. Esse possono offrire una casa ospitale a chi ha delle preoccupazioni, ai bambini che non ricevono abbastanza amore a casa propria, ai giovani che desiderano approfondire la propria fede per prepararsi alla cresima o al matrimonio. Nelle famiglie cristiane, i giovani imparano anche tramite l'esempio dei genitori a impegnarsi per gli altri, sia in parrocchia che negli altri luoghi in cui sono presenti.

Cari genitori, il modo in cui Pietro propone, nella prima lettura di questa cerimonia, di scegliere un nuovo "testimone della risurrezione di Gesù", un nuovo apostolo (Ac 1,22) vi ha forse colpito. Questa scelta è stata preparata dalla preghiera: "Tu, Signore, che conosci il cuore di tutti, mostraci quale di questi due hai designato" (Ac 1,24).

Il Signore conosce i cuori dei giovani di questo tempo. Conosce anche la loro generosità, talvolta frenata dagli adulti. Conosce anche il cuore dei vostri figli. Pregate perché possano scoprire la loro vocazione e siate riconoscenti se scelgono la via del Vangelo! E voi, cari figli, la cosa più bella che potete chiedere ai vostri genitori è quella che chiedevano gli apostoli a Gesù: "Insegnaci a pregare".

D'altra parte, siate felici se i vostri genitori fanno molto per gli altri, anche se il loro impegno vi priva, certe sere, della loro presenza a casa. Voi stessi cercate sempre d'essere più fraterni tra di voi, in famiglia. E cercate di fare già della vostra vita un servizio per gli altri. Questa parola di Gesù è anche per voi: "Come il Padre mi ha mandato nel mondo, anch'io vi ho mandato nel mondo".


7. "Perché siano una cosa soia, come noi" (Jn 17,11). Al di là della famiglia, questa preghiera di Gesù vale per tutte le comunità dei suoi discepoli, ovunque si realizzano, per le vostre comunità parrocchiali, per i vostri movimenti cristiani qui largamente rappresentati. Vi si possa sempre trovare l'unità ereditata da Cristo! La fedeltà alla sua verità! L'accoglimento fraterno e il sostegno effettivo delle persone che sono nel bisogno, straniere o malate. Saluto qui con particolare affetto i malati e gli handicappati, specialmente quelli che hanno partecipato ieri alle "Spartakiadi".

Cari fratelli e sorelle, per voi - come per le vostre famiglie e per tutti coloro che non hanno potuto essere qui presenti a causa dell'età o della malattia - io chiedo a Dio, non solo di conservarvi nel suo nome, ma anche di fare di voi, in questo mondo, ovunque vi portino i vostri rapporti sociali e il vostro lavoro professionale, i testimoni della sua verità, del suo amore, per dare testimonianza diretta di Cristo Salvatore, della sua buona novella, in modo da facilitare ai vostri contemporanei l'accesso alla fede e per contribuire, con essi, a mettere la vostra società sulle vie della pace, della giustizia, della devozione, della fraternità, che corrispondono al regno di Dio.


8. L'unità ereditata dagli apostoli, è quella della Chiesa universale, affidata ai vescovi in stretta comunione col successore di Pietro. Essa è presente a Bruges, a Gand, a Liegi, a Namur, che sono felice di visitare.

Saluto in modo particolare i fedeli giunti dalle diocesi di Tournai e di Hasselt. Il tempo necessariamente limitato del mio soggiorno nel vostro Paese non mi permette di incontrarmi con voi nelle vostre diocesi. Vi ringrazio pero d'esser venuti qui in gran numero per incontrarvi con me.

Cari cristiani della diocesi di Tournai, voi appartenete a una diocesi dalla ricchissima tradizione. Oggi voi cercate d'essere testimoni fedeli del Vangelo in un periodo difficile. Vivete in una delle province del Belgio più colpite dalla crisi economica. Come cristiani praticanti, siete spesso una minoranza in mezzo a molte altre persone che amate e che volete servire. ln questa situazione, vi incoraggio a conservare la pace e la gioia, poiché, come dice il motto del vostro vescovo, "la gioia del Signore è la nostra forza".

Cari cristiani della diocesi di Hasselt, voi cercate di approfondire la fede nella vostra comunità per mezzo di molteplici iniziative d'animazione pastorale. Nella vostra diocesi i giovani sono molto numerosi. Grazie alla formazione ricevuta nei loro movimenti e nei gruppi di spiritualità, essi cercano di essere testimoni del Vangelo ovunque vivono. Siate solidali nella crisi economica che vi colpisce così duramente. Continuate a sviluppare il dialogo tra le culture degli autoctoni e degli immigrati della vostra diocesi. E che la santa Vergine, "ragione della nostra gioia", venerata a Tongres, il più antico luogo di venerazione mariana dell'Europa settentrionale, sia per ciascuno di voi una fonte di continua gioia! Si, nel nome di Gesù, ripeto la sua preghiera sacerdotale per ciascuna delle vostre Chiese, per il suo vescovo, il pastore che ha l'incarico di radunarla nell'unità, di vegliare su di essa come Gesù sui suoi discepoli, di conservarla nella fedeltà al nome del Signore, nella fedeltà alla tradizione apostolica, in unione con la Sede apostolica di Roma, di farla procedere nell'amore che viene da Dio.


9. In questo luogo, che è la capitale del Paese, come non pensare alla nazione belga tutt'intera? Questa terra nella quale vivete ha avuto una storia movimentata; ha dovuto lottare per conservare la propria personalità culturale, economica, amministrativa, politica e anche religiosa. La ricca personalità di questa nazione e la sua disponibilità sono del resto state spesso fonte di scambi culturali, artistici ed economici con tutti i Paesi che la circondano. Non perdete la vostra ricca personalità, la vostra comunione nella pace, la reciproca stima e il dialogo tra le diverse comunità belghe e straniere. Siatene consapevoli: le cose che vi uniscono sono più di quelle che vi dividono. Coltivate questo modello di convivenza che può essere d'esempio al mondo. Fondatelo sull'amore, sul rispetto delle istituzioni della nazione, dei suoi governi e del re, nella fedeltà alla civiltà cristiana che tanto vi ha segnati.


10. Oggi, la Chiesa di questo Paese prega insieme al successore di Pietro con le parole del salmo: "Benedici il Signore, anima mia, quanto è in me benedica il suo santo nome" (Ps 102,1). Il nome di Dio ci è stato rivelato nella pienezza di Gesù Cristo: è "Padre nostro": Dio che è amore, che è stato il primo ad amarci, che è all'origine della nostra vita, al suo orizzonte, è continuamente in cammino con noi, anche se la vita ci ferisce, anche se noi non siamo vissuti all'altezza del suo amore; Dio che ci fa partecipare alla sua vita divina, che ci fa avere la pienezza della gioia di Cristo, il Figlio suo diletto (cfr. Jn 17,13).

Si, Padre nostro, che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà...! La preghiera che ci ha insegnato Gesù Cristo è profondamente radicata nella preghiera sacerdotale del Cenacolo.

"Benedici il Signore, anima mia, non dimenticare tanti suoi benefici" (Ps 102,2).

Non dimenticare! Cari cristiani di lingua tedesca, non dimenticate l'eredità di tante generazioni dell'alleanza di Dio con la Chiesa di Cristo, non dimenticate! Cari cristiani di lingua fiamminga, non dimenticate l'eredità di tante generazioni dell'alleanza con Dio nella Chiesa di Cristo, non dimenticate.! Cari cristiani di lingua francese, non dimenticate l'eredità di tante generazioni dell'alleanza con Dio nella Chiesa di Cristo, non dimenticate!

Data: 1985-05-19 Data estesa: Domenica 19 Maggio 1985






GPII 1985 Insegnamenti - Alla popolazione del capoluogo vallone - Namur (Belgio)