GPII 1985 Insegnamenti - Alla messa crismale - Città del Vaticano (Roma)

Alla messa crismale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il giovedi santo: natale del nostro sacerdozio in Cristo

1 "Lo Spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione; mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai poveri" (Is 61,1). Sono parole del profeta Isaia nei riguardi di Mosè.

"Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l'unzione e mi ha dato per annunziare ai poveri un lieto messaggio..." (Lc 4,18).

Queste parole scritte nel libro d'Isaia profeta furono lette da Gesù nel giorno in cui diede inizio alla sua Missione messianica a Nazaret.

La Chiesa ritorna oggi a quel giorno - oggi giovedi santo - per sottolineare che la missione messianica di Gesù Cristo raggiunge, proprio adesso, il suo zenit. "Oggi": proprio oggi si devono realizzare fino in fondo le parole d'Isaia profeta.


2. La liturgia mattutina del giovedi santo si chiama "Missa chrismatis" (Messa del crisma); essa infatti è collegata alla consacrazione degli oli sacri: olio del sacro crisma, dei catecumeni, e degli infermi.

ln questo modo la Chiesa ci ricorda quell'"unzione" mediante lo Spirito Santo, che ci è stata partecipata da Gesù di Nazaret: da Cristo, cioè dal Messia.

Il crisma, l'olio, l'unzione ci parlano della penetrazione nell'uomo di quella potenza divina, che è concessa dallo Spirito Santo. Tale potenza nella sua abbondante pienezza è stata donata a Cristo per l'umanità: per la Chiesa. Per l'umanità per il tramite della Chiesa.

Questa potenza è legata, in definitiva, con la dipartita di Cristo mediante la croce; attraverso il suo sacrificio. Proprio oggi, che ricorda il suo discorso di congedo nel Cenacolo, sentiamo le parole: "Se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne saro andato, ve lo mandero" (Jn 16,7).

Proprio oggi è il giorno dell'"andarsene" di Cristo. Il suo "andare" significa la "venuta" del Consolatore: dello Spirito di verità e dell'amore. Gesù di Nazaret, nel suo "andare" conferisce agli apostoli quell'eterna "unzione" mediante lo Spirito Santo, con la quale è stato inviato come Messia al mondo: come Cristo. "Quando me ne saro andato, ve lo mandero".

La Chiesa, celebrando la liturgia mattutina del giovedi santo, si prepara ad accogliere quell'"unzione" mediante lo Spirito Santo; si prepara ad accogliere quella potenza che le è stata data nell'"andarsene" di Cristo: nel mistero della Pasqua salvifica.


3. A questa "unzione", a questa potenza messianica ha la sua conveniente partecipazione tutto il popolo di Dio, come insegna la costituzione "Lumen Gentium" (LG 10), che dice: "Per la rigenerazione e l'unzione dello Spirito Santo i battezzati vengono consacrati a formare un tempio spirituale e un sacerdozio santo, per offrire, mediante tutte le opere del cristiano, spirituali sacrifici, e far conoscere i prodigi di colui che dalle tenebre li chiamo all'ammirabile sua luce (cfr. 1P 2,4-10".

A questa "unzione", a questa potenza messianica, abbiamo una conveniente e singolare partecipazione tutti noi che, mediante l'imposizione delle mani apostoliche, siamo diventati sacerdoti della Chiesa: servi di Cristo e amministratori dei misteri di Dio. Noi, cari fratelli nell'episcopato e nel sacerdozio! Noi pure in modo particolare partecipiamo alla liturgia del crisma.

Concelebrando, confessiamo la nostra fede in questo sacerdozio, la cui pienezza è soltanto in Gesù Cristo. Concelebrando, dimostriamo che egli è l'unico, egli è il solo sacerdote in eterno: sacerdote della nuova ed eterna alleanza; e ognuno di noi partecipa con umiltà a questo suo sacerdozio.

Il giovedi santo è il giorno del natale del nostro sacerdozio in Cristo.

Come il giorno della nuova nascita della nostra umanità in Cristo è quello in cui abbiamo ricevuto il sacramento del Battesimo, così il giorno del natale del nostro sacerdozio in Cristo è quello del sacramento, che durante l'ultima cena è stato istituito insieme con l'Eucaristia.


4. Rinnoviamo spesso le promesse del Battesimo. Oggi desideriamo rinnovare gli impegni che sono collegati con il sacramento del sacerdozio, ricevuto per grazia di Dio, da ciascuno di noi.

Desideriamo che Cristo, che "se ne è andato" attraverso la Pasqua salvifica, "venga" sempre a noi nello Spirito Santo: che "venga" nella sua potenza messianica e ci trovi vigilanti. Che si compiano su di noi le parole di Isaia: "Io daro loro fedelmente il salario, / concludero con loro un'alleanza perenne... / Coloro che li vedranno ne avranno stima, / perché essi sono la stirpe che il Signore ha benedetto" (Is 61,8-9) Questo ci auguriamo a vicenda in occasione del giovedi santo.

Data: 1985-04-04 Data estesa: Giovedi 4 Aprile 1985





Messa in Coena Domini - San Giovanni in Laterano (Roma)

Titolo: Dall'ultima cena alla Pasqua mistero di morte e di amore



1. "Non mi laverai mai i piedi!" (Jn 13,8).

Oggi, riuniti in questa basilica Lateranense per la liturgia della Cena del Signore, risentiamo queste parole di rifiuto di Pietro. Tuttavia Gesù convince l'apostolo. La lavanda dei piedi è si una funzione di servizio, ma è anche espressione e segno della partecipazione a tutta l'opera messianica di Cristo.

Pietro non lo vede ancora. "Se non ti lavero, non avrai parte con me". Pietro ancora non comprende; ma il suo cuore è già tutto rivolto all'opera messianica di Cristo: a ciò che vuole Cristo. Per questo dice: "Non solo i piedi, ma anche le mani e il capo!" (Jn 13,8-9).


2. Cristo lava i piedi a Pietro e a tutti gli apostoli. Fra poco, a ricordo e a imitazione di quel gesto del Signore, lavero i piedi a dodici sacerdoti che concelebrano con me nella liturgia eucaristica di questa sera. La lavanda dei piedi da parte di Gesù agli apostoli fu un'introduzione alla Cena pasquale. Questa funzione di servizio deve confermare ancora una volta che Gesù non è venuto nel mondo per essere servito, ma per essere egli stesso servitore: lui il Maestro e il Signore.

Gli apostoli devono pensare e agire similmente: "Vi ho dato... l'esempio" (Jn 13,15).

La funzione di servizio all'inizio di questa sera pasquale manifesta la presenza del "servo". Si tratta del "servo di Jahvè" della profezia di Isaia. Gesù vuole indicare così che la Cena pasquale dà inizio al compimento delle parole di Isaia. Anzi la stessa Cena diverrà il sacramento del servo: "Io sono tuo servo, figlio della tua ancella" (Ps 115,16).


3. Durante la Cena pasquale tutti i partecipanti dirigono il loro ricordo verso l'agnello pasquale, il cui sangue sugli stipiti delle case aveva salvato i primogeniti d'Israele dalla morte e aperto la strada all'esodo dall'Egitto.

Anche Gesù dirige lo sguardo della sua anima verso l'agnello pasquale, ricorda la liberazione dalla schiavitù dell'Egitto. E nello stesso tempo egli ha nelle orecchie la voce di Giovanni Battista, che sulle sponde del Giordano l'addito e proclamo: "Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo" (Jn 1,29).

Giunge adesso l'Ultima cena. Gesù sa che è venuto il momento del compimento delle parole di Giovanni presso il Giordano. Il sangue dell'agnello deve togliere i peccati del mondo.


4. In questo modo la Cena pasquale raggiunge il suo zenit. Gesù prende prima il pane, lo spezza e, pronunziata la preghiera del ringraziamento, lo dà agli apostoli, perché lo mangino: "Questo è il mio corpo che è dato per voi; fate questo in memoria di me" (Lc 22,19). Poi prende il calice colmo di vino. E dice (secondo il testo di Paolo): "Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me" (1Co 11,25).

Il profeta Isaia paragona il servo sofferente a un agnello. Giovanni Battista dice espressamente: l'agnello di Dio. Gesù, dovendo compiere le parole del profeta e di Giovanni, istituisce nell'Eucaristia la nuova ed eterna alleanza nel suo sangue.

Nell'Eucaristia è già contenuto misticamente tutto ciò che fra poco comincerà a realizzarsi. La Scrittura dice: "Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga" (1Co 11,26). In questo modo l'Eucaristia dell'Ultima cena anticipa la realtà di cui è segno. E contemporaneamente, mediante l'Eucaristia, si preannuncia anche un'altra realtà: la redenzione del mondo, la nuova alleanza nel sangue dell'agnello di Dio, una realtà che continua.

Mediante l'Eucaristia, questa realtà ritorna costantemente e si rinnova in modo sacramentale: "Voi annunziate la morte del Signore finché egli venga".


5. Questa realtà si spiega mediante l'amore: la croce e la morte dell'agnello di Dio si spiegano mediante l'amore. La redenzione del mondo si spiega mediante l'amore. La nuova ed eterna alleanza nel sangue di Cristo si spiega mediante l'amore. "Dio infatti ha tanto amato il mondo..." (Jn 3,16).

E Gesù "sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amo sino alla fine" (Jn 13,1). Proprio questo è l'Eucaristia. L'Eucaristia si spiega mediante l'amore.

L'Eucaristia proviene dall'amore e fa nascere l'amore. In essa pure è iscritto e definitivamente radicato il comandamento dell'amore. "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amato (Jn 13,34). Ecco l'Ultima cena: il mistero della Pasqua.

D'ora in poi l'amore e la morte cammineranno insieme attraverso la storia dell'uomo, fino a quando verrà di nuovo colui, che li ha uniti con un legame inscindibile e ce li ha lasciati nell'Eucaristia, affinché noi facciamo lo stesso in memoria di lui.

Data: 1985-04-04 Data estesa: Giovedi 4 Aprile 1985





Per la XXII Giornata delle vocazioni - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Giovani, Cristo vi ama, vi chiama, vi manda"

Venerati fratelli nell'episcopato, carissimi figli e figlie di tutto il mondo.


1. La XXII Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, che verrà celebrata come ogni anno nella quarta domenica di Pasqua, è un'occasione in cui, come Pastore della Chiesa universale, sento l'urgente dovere di esortare tutti i battezzati a collaborare con la preghiera incessante e l'azione pastorale nella promozione delle vocazioni sacerdotali, delle vocazioni alla vita consacrata nelle sue molteplici forme, delle vocazioni all'impegno missionario. E' questo un problema vitale che si colloca nel cuore stesso della Chiesa; dalla sua soluzione, infatti, dipende il suo avvenire, il suo sviluppo e la sua missione universale di salvezza.

Fin da quando l'indimenticabile Paolo VI volle istituire questa Giornata mondiale, i messaggi pontifici, pur rivolti a tutto il popolo da Dio, hanno avuto come destinatari privilegiati i giovani. Questa attenzione assume in qualche modo una motivazione e un significato singolare per il 1985, che le Nazioni Unite, come è noto, hanno proclamato Anno internazionale della gioventù.

E' un appuntamento al quale la Chiesa non vuole essere assente. Intende anzi offrire contributi e apporti originali connessi con la fede e i valori cristiani. Numerose iniziative sono state programmate e altre verranno promosse sia a livello di Chiesa universale, sia a livello di Chiese particolari. Io stesso ho già rivolto l'invito ai giovani di tutto il mondo per un grande incontro a Roma, nella domenica delle Palme, per proclamare insieme che "Cristo è la nostra pace".

E' mio vivo desiderio che in tale anno si promuova anche un accostamento straordinario dei giovani alle vocazioni consacrate. La Giornata mondiale è un punto ideale di riferimento per un'azione più vasta e più incisiva. E' la testimonianza specifica che dalla gioventù si attendono le comunità cristiane. In questa prospettiva la mia parola si rivolge prima alle nuove generazioni e in secondo luogo a tutti coloro che sono investiti da responsabilità pastorali ed educative.


2. Giovani, Cristo vi ama! Ecco il lieto annuncio che non può non riempirvi di stupore. Il mio messaggio per voi non può essere altro che quello stesso del Vangelo: Cristo ha per voi giovani un amore di predilezione e vi provoca all'amore.

Il mio colloquio con voi ha conosciuto ormai le vie del mondo e dappertutto ho incontrato giovani assetati di amore e di verità, anche se assillati da molti interrogativi e problemi circa il senso da dare alla propria vita. Non raramente vi imbattete purtroppo in false guide e falsi maestri, che tentano di lusingarvi, di abusare della vostra generosità e di spingervi anche verso attività che generano solo amarezza e delusione.

Ora vorrei chiedervi: avete incontrato colui che si è proclamato l'unico vero "Maestro" (Mt 23,8)? Non sapete che lui solo "ha parole di vita eterna" (Jn 6,68) e possiede le risposte più vere ai vostri problemi? L'amore di Cristo è la forza più grande del mondo, è la vostra forza. Avete fatto questa meravigliosa scoperta? Quando un giovane o una giovane lo ha incontrato personalmente e ha scoperto il suo amore, ha fiducia in lui, ascolta la sua voce, si mette alla sua sequela, disposto a tutto, anche a dare la vita per lui.


3. Giovani, Cristo vi chiama! L'amore conosce vie diverse, così differenti sono i compiti che egli affida a ciascuno e a ciascuna di voi.

Nell'ambito della vita cristiana ogni battezzato ha dal Signore la sua "chiamata", e tutte le vocazioni sono importanti, tutte meritano grande stima e riconoscenza, tutte debbono essere accolte e seguite con generosità. Tuttavia il Signore Gesù, nel fondare la Chiesa, ha voluto istituire particolari ministeri, che affida a quelli, fra i suoi discepoli, che liberamente sceglie.

Così a molti di voi, più numerosi di quanto si possa credere, il divin Redentore vuole partecipare il sacerdozio ministeriale per donare l'Eucaristia all'umanità, per perdonare i peccati, per predicare il Vangelo, per guidare le comunità. Cristo conta su di loro per questa missione meravigliosa. I sacerdoti sono necessari al mondo perché Cristo è necessario.

A molti di voi il Signore Gesù domanda di lasciare tutto per seguire lui, povero, casto, obbediente. A molti giovani rivolge l'appello misterioso a vivere un progetto di amore esclusivo con lui nella vita verginale.

Pensate forse che queste chiamate riguardino altri e non possano indirizzarsi, forse, alle vostre persone? Vi sembrano molto difficili perché comportano rinunce, sacrifici e perfino l'offerta della vita? Guardate la prontezza degli apostoli. Guardate la magnifica esperienza di migliaia e migliaia di sacerdoti, diaconi, religiosi, suore, laici consacrati, missionari, giunti fino all'eroismo per testimoniare all'umanità Cristo morto e risorto. Guardate la generosità di migliaia e migliaia di giovani, i quali, nei seminari, nei noviziati e in altri istituti di formazione si stanno preparando ai sacri Ordini, alla professione dei consigli evangelici, al mandato missionario. A tutti questi giovani vada il mio incoraggiamento e l'invito a proporre ai loro coetanei l'ideale che stanno realizzando.


4. Giovani, Cristo vi manda! "Andate in tutto il mondo e annunziate il Vangelo a ogni creatura" (Mc 16,15). Queste parole pronunciate dal Signore Gesù prima di salire al Padre, oggi le rivolge a molti di voi. Alla soglia del terzo millennio dalla venuta di Gesù, una grande massa di uomini non ha ricevuto ancora la luce del Vangelo e versa in gravi condizioni di ingiustizia e di miseria.

Lo stesso Signore rivela la sproporzione tra gli immensi bisogni di salvezza universale e il numero insufficiente dei suoi collaboratori. "La messe è molta ma gli operai sono pochi" (Mt 9,37), così esclamo vedendo le folle di ogni tempo stanche e sfinite come gregge senza pastore. Nei miei viaggi apostolici in ogni parte della terra, constato sempre di più l'attualità del lamento del Salvatore.

Solo la grazia di Dio, sollecitata dalla preghiera, può colmare questa dolorosa sproporzione. Resterete indifferenti ascoltando il grido che sale dall'umanità? Vi esorto a pregare e anche a offrire le vostre persone, se il Padrone della messe vuole inviarvi come operai nella sua messe (cfr. Mt 9,38).

Mettetevi in prima fila tra coloro che sono pronti a lasciare la propria terra per una missione senza frontiere. Attraverso le vostre persone Cristo vuole raggiungere l'umanità intera.


5. Il mio messaggio si dirige ora a tutte le comunità cristiane, perché tutte hanno responsabilità nei confronti dei giovani. In particolare mi rivolgo a voi, venerati fratelli nell'episcopato, e a quanti condividono con voi compiti specifici pastorali ed educativi: presbiteri, persone consacrate, animatori vocazionali, genitori, catechisti, insegnanti, educatori.

In quest'anno dedicato ai giovani prendiamo nuova coscienza di ciò che essi rappresentano per la Chiesa. Ricordate: servire i giovani è servire la Chiesa! E' un compito prioritario, davanti al quale spesso devono essere subordinati e orientati altri compiti, impegni, interessi. Amate i giovani come Cristo li ama. Conosceteli e fatevi conoscere personalmente. Andate da loro perché spesso non verranno spontaneamente. Fatevi soprattutto strumenti coraggiosi della chiamata che il Signore rivolge ai giovani.

La pastorale giovanile di base sarebbe incompleta se non si aprisse anche alle vocazioni consacrate. Lo ha sottolineato con forza anche il documento conclusivo del II Congresso internazionale per le vocazioni (cfr. n. 42), che ancora una volta raccomando alla vostra attenzione.

La Chiesa ha ricevuto da Cristo il diritto e il dovere di chiamare e proporre le vocazioni consacrate: non per imporre carismi e ministeri a chi non li ha ricevuti dallo Spirito Santo, ma per rivelare il progetto di Dio iscritto nel cuore di tanti giovani e spesso soffocato dalle circostanze ambientali. Dal canto loro i giovani e le giovani hanno il diritto e il dovere di farsi aiutare a scoprire e vivere la chiamata di Dio.

L'Anno internazionale della gioventù veda moltiplicare gli sforzi anche in tal senso. Soprattutto la Giornata mondiale sia un momento forte di preghiera per una sempre nuova fecondità vocazionale.


6. In comunione con tutti i giovani del mondo, eleviamo la nostra preghiera al Padrone della messe perché moltiplichi gli operai del Vangelo, nella certezza che vorrà esaudire quanto il Signore Gesù espressamente ci ha comandato di fare: "Dio nostro Padre, ti affidiamo i giovani e le giovani del mondo, con i loro problemi, aspirazioni e speranze. Ferma su di loro il tuo sguardo d'amore e rendili operatori di pace e costruttori della civiltà dell'amore. Chiamali a seguire Gesù, tuo figlio. Fa' loro comprendere che vale la pena di donare interamente la vita per te e per l'umanità. Concedi generosità e prontezza nella risposta.

Accogli, Signore, la nostra lode e la nostra preghiera anche per i giovani che, sull'esempio di Maria, Madre della Chiesa, hanno creduto alla tua parola e si stanno preparando ai sacri Ordini, alla professione dei consigli evangelici, all'impegno missionario. Aiutali a comprendere che la chiamata che tu hai dato loro è sempre attuale e urgente. Amen!".

Nella fiduciosa speranza che il Signore non mancherà di esaudire la preghiera della Chiesa per le vocazioni, imparto di cuore a voi, venerati fratelli nell'episcopato, ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose, a tutto il popolo di Dio e, in particolare, ai giovani e alle giovani che hanno generosamente accolto la chiamata divina, l'apostolica benedizione, propiziatrice di copiosi favori celesti.

Data: 1985-04-04 Data estesa: Giovedi 4 Aprile 1985





Lettera al patriarca Khoraiche - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: I cristiani libanesi esortati a ritrovare l'unità

A sua beatitudine, il cardinale Antoine-Pierre Khoraiche, patriarca maronita d'Antiochia.

Nel momento in cui la Chiesa celebra i misteri della Pasqua e fa memoria di Cristo che ha trionfato sulle forze del peccato e della morte, il mio pensiero raggiunge i nostri fratelli che più soffrono, soprattutto a causa della guerra e delle sue dolorose conseguenze.

Inoltre, il fatto di sapere che il caro popolo libanese vive anche dall'interno tensioni e opposizioni che alimentano timori e scoraggiamento è per me ulteriore motivo di sofferenza e di preoccupazione.

Nella luce e nella speranza della Pasqua che è per tutti una festa di salvezza, rivolgo, attraverso vostra beatitudine, un vivo augurio di pace e di riconciliazione a tutte le Chiese cattoliche del Libano, a tutti coloro che professano la fede nel Cristo salvatore e a tutto il popolo del suo amato Paese. Il patriarca d'Antiochia dei maroniti, che i libanesi considerano il simbolo del loro Paese e il garante dei valori propri a ciascuna delle loro comunità, sarà un fedele interprete della sollecitudine e dei voti che, nell'animo del Papa, si traducono in una preghiera intensa e costante.

Sono anche certo che vostra eminenza vorrà svolgere un'efficace azione volta a pacificare gli spiriti e, in particolare, a far si che i cristiani del Libano sappiano trovare un modo concreto e degno di intendersi tra di loro e di collaborare con tutti i loro compatrioti per il bene del Paese.

La preghiera sacerdotale indirizzata da Gesù al Padre - "custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi" (Jn 17,11) - possa ispirare i cuori, soprattutto ora che, nella sofferenza e nell'incertezza del futuro, la tentazione delle divisioni è ancora più forte. Queste parole del Signore siano per tutti i cristiani libanesi un motivo di speranza e li stimolino a cooperare con i pastori delle Chiese, in un leale atteggiamento verso le autorità e le istituzioni legittime, per la salvezza della nazione libanese.

Dio non permetta che la disunione dei cristiani possa contribuire a mettere in questione la salvezza stessa del Libano, alla cui storia essi hanno portato, con tanta generosità e per lungo tempo, un contributo essenziale. Il triste avvenimento da me ricordato metterebbe anche in pericolo la libertà di vivere la loro fede e di testimoniarla davanti agli altri.

La nostra fede ci insegna che l'uomo è chiamato, sull'esempio di Cristo, a mettersi al servizio dei suoi fratelli. Nelle relazioni sociali, la violenza, l'aggressività, i sentimenti ostili, la durezza delle parole e dei comportamenti devono cedere il posto alla benevolenza, alla disponibilità e al dialogo. Tutto questo, ben inteso, senza rinunciare alla giustizia, alla verità e alla dignità di ciascuno.

Fortificati dall'insegnamento di Cristo che "ci fa partecipare al suo trionfo" (2Co 2,14), tutti insieme, in quanto membri di comunità che hanno la missione fondamentale di rendere testimonianza poiché discepoli del divino Maestro, i cristiani libanesi hanno il dovere di superare le opposizioni, anche nel caso in cui esse sembreranno motivate dai gravi avvenimenti attuali. E' la loro fede e il loro amore per la patria che ne fanno un dovere per loro. E' soltanto così che essi potranno compiere il compito delicato di assicurare in modo profetico il dialogo e la riconciliazione che trovano la loro sorgente nel cuore di Cristo morto e risorto per tutti. E' anche un servizio che essi possono rendere al Paese e all'umanità, contribuendo alla ricostruzione di una civiltà caratterizzata da leale convivenza e collaborazione.

Sono certo che tali sentimenti sono condivisi dagli altri patriarchi e pastori cristiani, ai quali rivolgo un saluto particolare, e che sono ben presenti nel cuore di ogni cristiano libanese sincero e di buona volontà.

Signor cardinale, ripetendole tutta la mia solidarietà con le sofferenze e i timori dei libanesi cristiani e dei loro compatrioti di ogni comunità, affido la mia speranza alla preghiera della Chiesa per intercessione della Vergine santissima. Che Dio onnipotente accordi al popolo libanese di saper trovare, attraverso e al di là di tante sofferenze e incertezze, il cammino della riconciliazione e della risurrezione.

Con la mia benedizione apostolica.

Dal Vaticano, 5 aprile 1985

Data: 1985-04-05 Data estesa: Venerdi 5 Aprile 1985


A studenti cattolici fiamminghi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Progettare la vita futura come una vita nell'amore

Con grande letizia vi saluto tutti, professori e studenti di diversi istituti scolastici del Belgio fiammingo. Specialmente saluto il collegio San Huberto di Neerpelt, che ora per la venticinquesima volta ha organizzato questo pellegrinaggio pasquale a Roma.

L'anno scorso ho detto che l'incontro era per me motivo di gioia molto grande, perché era quasi l'epilogo della celebrazione grandiosa del Giubileo della redenzione. Il mio cuore trabocca di gioia, perché quest'anno può essere di nuovo così. Anche questa volta la vostra presenza qui è quasi l'ultimo accordo della celebrazione dell'Anno internazionale della gioventù, che ho potuto vivere domenica scorsa in modo indimenticabile con centinaia di migliaia di giovani.

In quell'occasione ho consegnato ai giovani una lettera nella quale ho scritto fra l'altro della ricchezza che la gioventù rappresenta, non soltanto per gli stessi giovani, ma per tutti gli uomini. Questa ricchezza consiste nelle molteplici possibilità che la gioventù offre per un progetto del futuro, un progetto di vita che ognuno fin da giovane si propone di realizzare nel suo avvenire. Voglio invitare anche voi a inserire il Cristo nel progetto di ciascuno, ciascuna di voi, anzi, di metterlo addirittura al centro del vostro progetto di vita, perché lui, Gesù, è la chiave della storia umana e di ogni esistenza umana.

Mediante la sua predicazione e la sua vita ci ha rivelato che il senso della storia dell'umanità e dell'esistenza di ogni uomo si trova nell'amore.

L'amore infinito della santissima Trinità, l'amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, trabocca nella creazione e ancora di più nella redenzione, nel mistero dell'incarnazione, della morte sulla croce e della risurrezione del Figlio di Dio. Per questo siamo stati liberati dal potere del male e abbiamo ricevuto la possibilità di costruire la nostra vita nell'amore, secondo il comandamento nuovo che Gesù ci ha dato: "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amati, così amatevi anche voi gli uni gli altri" (Jn 13,34).

Progettate quindi la vostra vita futura come una vita nell'amore, come partecipazione alla costruzione di una società che può offrire all'umanità nel passaggio dal secondo al terzo millennio la speranza ferma di una civiltà dell'amore. Per questo imparto di cuore a voi tutti la benedizione apostolica.

Arrivederci fra un mese in Belgio!

Data: 1985-04-06 Data estesa: Sabato 6 Aprile 1985


Alla Polizia stradale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Auguri pasquali e ringraziamento per quanto fanno



1. Sono lieto di accogliervi in questo nostro tradizionale incontro del sabato santo, signori ufficiali e agenti della Polizia stradale italiana che assistete i miei viaggi in Roma e in Italia.

Il mio primo pensiero è un doveroso atto di ringraziamento per la vostra opera, che facilita il mio ministero pastorale presso tante comunità ecclesiali qui nell'Urbe come in altre regioni. Il vostro è un servizio generoso, attento, responsabile, tecnicamente ineccepibile, ricco di esperienza e di umanità. Io vi sono riconoscente, con animo profondamente grato, e desidero dare pubblicamente testimonianza alla vostra premurosa e discreta presenza nei miei viaggi, ben conoscendo i sacrifici che accettate di fare, con abnegazione e con profondo senso del bene comune delle popolazioni.

Desidero rivolgere a tutti voi un fervido augurio pasquale, ricambiando così le vostre attenzioni, e assicurandovi che apprezzo molto la vostra opera e la vostra eccellente bravura.


2. La Pasqua ci fa rivivere e ci presenta il duplice mistero della croce e della gloria di Gesù Cristo. La croce indica un chinarsi di Dio verso l'uomo, un avvicinarsi del Signore alle condizioni di povertà e di fatica, di rischio e di dolore di ogni persona; indica la presenza di Gesù nelle nostre fatiche quotidiane, un accostarsi del Figlio di Dio alle frequenti croci della nostra vita. Soffrendo e morendo il Figlio di Dio assume queste nostre croci e le fa sue.

D'altro canto la risurrezione e la gloria ci annunciano che la sofferenza e la morte non sono il punto di arrivo dell'opera di Dio, poiché il destino ultimo voluto dal Signore consiste nella piena vittoria sul dolore e sulla distruzione dell'uomo.

Nella Pasqua la Chiesa rivive questo profondo e confortante mistero. Sul destino dell'uomo lasciato a se stesso pareva trionfare la morte, il peccato, la violenza. Gesù risorto annuncia invece la vittoria dell'amore, della grazia, della libertà. Questo mistero del trionfo del Crocifisso sostiene così i nostri pesi quotidiani e ci dà forza; infonde in noi la fondamentale speranza che, come con Gesù portiamo la croce, così, con lui, saremo innalzati nella piena condivisione della gloria.


3. Vogliate avere sempre, nella vostra missione, spesso non facile, il ricordo di questo esaltante mistero. In ogni attività dell'uomo c'è sempre una parte di rischio, di sacrificio, di umiliazione; c'è, quindi, un aspetto di croce e di sofferenza che emerge dalle consegne umane. Pero sappiamo che da queste condizioni di croce si erge la figura del Risorto che ci attesta come oltre la sofferenza ci sia per noi il passo definitivo della gloria.

Questa speranza vi conforti, vi sostenga, vi aiuti ad affrontare la fatica e il sacrificio quotidiano. E con questo augurio volentieri imparto a ciascuno di voi, ai vostri familiari e alle persone che vi sono care la mia benedizione.

Data: 1985-04-06 Data estesa: Sabato 6 Aprile 1985


A giovani thailandesi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Pace e fraternità in Thailandia

Cari giovani della Thailandia, sono passati undici mesi da quando ho avuto la grande gioia di visitare la vostra patria. E oggi la vostra visita richiama alla memoria molti ricordi di quella visita. Desidero ricambiare il caldo benvenuto che voi e i vostri concittadini mi avete rivolto nel maggio scorso a Bangkok.

Ancora una volta desidero darvi assicurazione del mio profondo rispetto e della mia stima per le venerabili tradizioni della vostra terra. E' ulteriore motivo di gioia per me darvi il benvenuto in quanto voi siete i giovani rappresentanti della Thailandia alle celebrazioni dell'Anno internazionale dei giovani a Roma. Con la vostra presenza avete fatto partecipare la Thailandia al grande raduno mondiale dei giovani e anche voi siete stati personalmente arricchiti dalla solidarietà di tanti vostri fratelli e sorelle impegnati nella costruzione - compiuta insieme - di un mondo migliore: una vera civiltà dell'amore e della verità, della giustizia, della libertà e della pace.

La vostra visita a Roma coincide inoltre con la celebrazione della Settimana Santa e della Pasqua. Per quelli di voi che sono cristiani, la ricorrenza odierna del sabato santo ha un significato molto particolare: è il giorno in cui la Chiesa vi chiede di ricordare e rinnovare il vostro Battesimo. Vi chiede di capire che il Battesimo è il più grande avvenimento della vostra vita, perché vi lega a Cristo; vi fa partecipare alla sua morte e risurrezione e vi impegna in un nuovo stile di vita. In ragione del vostro Battesimo avete una speciale vocazione a "camminare nella carità, nel modo che anche Cristo vi ha amato e ha dato se stesso per voi, offrendosi a Dio in sacrificio" (Ep 5,2).

E oggi è il giorno in cui siete chiamati a ratificare le promesse battesimali, l'impegno della vostra vita cristiana. Oggi, come mai prima d'ora, dovete vedere chiaramente ciò che significa, in pratica, essere cristiani, seguire Cristo, accogliere la sua parola e seguirlo attraverso la sua passione alla gloria della sua risurrezione.

Ma per tutti voi, cristiani e non cristiani, oggi è un giorno di gioioso impegno negli ideali di un comune servizio all'umanità, di una comune missione di pace, di un comune sforzo per promuovere l'amore fraterno in Thailandia e in tutto il mondo.

Dio sia con voi e vi benedica tutti!

Data: 1985-04-06 Data estesa: Sabato 6 Aprile 1985





Omelia alla Veglia pasquale - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nella risurrezione di Cristo la Chiesa nasce alla vita



1. "O vere beata nox!". O notte veramente beata! così canta la Chiesa durante la vigilia pasquale, vegliando presso la tomba di Cristo. In questa tomba è deposto il suo corpo, martoriato, calato dalla croce in fretta a "motivo della festa di Pasqua". Era ancora la Pasqua dell'antica alleanza.


GPII 1985 Insegnamenti - Alla messa crismale - Città del Vaticano (Roma)