GPII 1985 Insegnamenti - A luterani americani - Città del Vaticano (Roma)

A luterani americani - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Amichevoli relazioni sulla via dell'unione

Cari fratelli e sorelle in Cristo, desidero ringraziarvi, innanzitutto, per essere venuti a trovarmi. Ho incontrato il vescovo presidente della Chiesa luterana americana. Vi prego di estendergli i miei cordiali saluti. Sono felice ora di dare il benvenuto a Roma al vice-presidente, il reverendo Lloyd Svendsbye, e a questo illustre gruppo di laici luterani, guidati dal signore e dalla signora Arley Bjella della "Lutheran brotherhood fraternal benefit society".

Dalle relazioni inviatemi dai vescovi cattolici americani, conosco i buoni rapporti che si stanno sviluppando tra luterani e cattolici negli Stati Uniti. La vostra visita di oggi si aggiunge a questi crescenti rapporti. I laici hanno un importante ruolo nella ricerca dell'unità. "La cura di ristabilire l'unione riguarda tutta la Chiesa, sia i fedeli che i pastori, e ognuno secondo la propria virtù, tanto nella vita cristiana di ogni giorno quanto negli studi teologici e storici" (UR 5).

Il nostro impegno è sempre per Cristo, e per questa ragione dobbiamo sempre ricercare l'unità dell'uno con l'altro in Cristo. Lo facciamo nella preghiera, nel dialogo e nella collaborazione. Quando, nel dicembre 1983, ho visitato la chiesa luterana di Roma, ho detto: "Sono venuto perché lo Spirito di Dio ci ha indirizzati in questi giorni, attraverso il dialogo ecumenico, alla ricerca della completa unità dei cristiani". Sento che la stessa motivazione vi ha condotti qui oggi. Viviamo in uno straordinario tempo di grazia. Un tempo in cui lo Spirito sta trasformando le vecchie ostilità del passato in nuovi modelli di riconciliazione così che la preghiera di Cristo per l'unità dei suoi seguaci possa compiersi. E' un impegno per tutti noi a pregare e lavorare affinché i cristiani rispondano ovunque alla grazia dello Spirito che li conduce all'unità.

Vi prego di accettare i miei migliori auguri e l'assicurazione delle mie preghiere durante questo santo tempo pasquale. "La grazia del Signore Gesù sia con voi. Il mio amore con tutti voi in Cristo Gesù!" (1Co 16,23).

Data: 1985-04-29 Data estesa: Lunedi 29 Aprile 1985





A vescovi brasiliani in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'integrità della fede per l'unità della Chiesa

Venerabili e cari fratelli nell'episcopato.


1. Siate benvenuti in questo incontro collegiale, che è per me motivo di profonda gioia. Esso corona i graditissimi incontri con ciascuno di voi, vescovi delle province ecclesiastiche di Belém e Manaus. In essi ho avuto l'opportunità di partecipare alle vostre preoccupazioni e gioie, di conoscere i vostri fervidi desideri e le vostre speranze e di condividere la vostra gratitudine a Dio per gli obiettivi raggiunti, nella pastorale dei fedeli che il Signore vi ha affidato.

In questo momento di "Cenacolo", desidero rinnovarvi l'espressione di sentimenti di affetto e di apprezzamento, nei quali includo i presbiteri, i religiosi e tutti i fedeli delle vostre diocesi e prelature, di una vasta e bella regione dell'immenso Brasile. Grato a Dio, fonte di ogni consolazione (cfr. 2Co 1,3), vi ringrazio anche per la testimonianza di comunione nella fede e nella carità, costituita da questa visita "ad limina", che avete preparato con tanto interesse e impegno. Ciò mostra la coscienza che avete della natura collegiale dell'episcopato, in continuità con l'"antichissima disciplina, nella quale i vescovi di tutto il mondo comunicavano tra loro e col Vescovo di Roma nel vincolo dell'unità, della carità e della pace" (cfr. LG 22).


2. Parlando con voi, dopo aver letto le relazioni quinquennali, con insistenza sono tornate al mio spirito le immagini di luce, di affetto e di vita, in cui si attuano le concrete situazioni delle vostre Chiese particolari, riferite o descritte; immagini che ho colto nella visita pastorale di cinque anni fa, a Belém e Manaus, sorvolando la meravigliosa foresta amazzonica. Terre ricche e generose, non soltanto dal punto di vista della natura, ma anche dal punto di vista umano e religioso; ciò hanno manifestato le vostre genti, con la bontà del cuore, il sentimento dell'ospitalità, il culto dei grandi valori spirituali e cristiani e le loro radicate tradizioni e devozioni, prima fra tutte la devozione a Nostra Signora.

Si fa presente, soprattutto, l'immagine di uomo che mi è rimasta, gli incontri e le celebrazioni che ho avuto la gioia di realizzare in quell'

dell'uomo che fatica e soffre, dell'uomo che spera e ha fiducia... Belém-Marituba e Manaus-indios dell'Amazzonia sono binomi a significare che, nello stesso tempo, dal punto di vista sociale, si tratta di terre dove l'uomo è prevalentemente povero e sofferente, come voi mi avete unanimemente confermato.

Mi congratulo con voi, poi, anche perché in quelle regioni dove siete stati chiamati a guidare il gregge, di cui lo Spirito Santo vi ha costituiti vescovi (cfr. Ac 20,28), la Chiesa cerca di rispondere alle sfide e "cresce, come un edificio, colma del conforto dello Spirito Santo" (Ac 9,31). E' il frutto dell'azione divina e anche del ministero e dell'apostolato, costante e generoso, degli operai della messe, delle famiglie religiose e degli istituti di vita consacrata e dei numerosi laici, generosamente impegnati nel lavoro pastorale delle comunità.


3. Tutto considerato, rimane, grazie a Dio, l'impressione della "buona terra" e, in generale, della "buona semente". A ritardare la crescita di questa semente della parabola del regno, non mancano, certamente, difficoltà, carenze e delusioni. Ma vale anche per noi la regola formulata dall'apostolo: "In ogni cosa ci presentiamo come ministri di Dio, con molta fermezza" (cfr. 2Co 6,4); e, nello stesso modo, la lezione di vita dell'apologia di san Giacomo, ben verificabile da voi: "Guardate l'agricoltore: egli aspetta pazientemente il prezioso frutto della terra finché abbia ricevuto le piogge d'autunno e le piogge di primavera. Siate pazienti anche voi, rinfrancate i vostri cuori" (Jc 5,7-8).

Nella mia visita a Manaus, ho voluto offrirvi un messaggio di incoraggiamento a quell'attività sempre prioritaria, in tutta la pastorale, che è l'evangelizzazione, guidata dal magistero dei vescovi, per orientare il cammino del popolo pellegrino nelle terre benedette in cui siete pastori. Non è il caso di ripetere le considerazioni allora proposte e che ritengo pienamente attuali. Sono lieto di verificare, d'altra parte, che siete solleciti nel fare delle vostre comunità una "Chiesa evangelizzata per poter evangelizzare", per usare una formula felice del mio predecessore Paolo VI.


4. Lo stesso Sommo Pontefice, come si sa, ha presentato l'evangelizzazione come qualcosa di complesso, ma che consiste "anzitutto nel testimoniare in modo semplice e diretto Dio rivelato da Gesù Cristo nello Spirito Santo". Consiste in ciò la grazia e la vocazione della Chiesa, la sua identità più profonda. "Essa esiste per evangelizzare, cioè per annunziare e per insegnare, per essere il canale del dono della grazia, per riconciliare i peccatori con Dio e perpetuare il sacrificio di Cristo, nella santa messa, che è il memoriale della sua morte e risurrezione" (EN 26).

L'evangelista Giovanni, dal suo punto di vista, soprattutto nella prima lettera, insiste nella spiegazione di ciò che costituisce la fede in Dio, verità e luce, e la sua testimonianza: è dare il rilievo dovuto all'amore del Padre, manifestato in Gesù Cristo, fatto uomo, morto e risorto, nel quale è offerta a tutti gli uomini, come dono di grazia e di misericordia, la salvezza; una salvezza non soltanto immanente nel mondo, ma che lo trascende, con dimensioni di eternità: "Dio ci ha dato la vita eterna e questa vita è nel suo Figlio" (1Jn 5,11). E' su questa base, come ha sottolineato in modo incisivo il documento di Puebla, che dovete far consistere la "parte integrante" dell'evangelizzazione: la ricerca e il tentativo di dare risposta alle domande di vita concreta degli uomini, situati nel tempo e nello spazio loro propri.


5. Scorrendo la storia del Brasile, emergono figure di missionari che hanno lasciato tutto per inoltrarsi in zone sconosciute e portare il Vangelo di Cristo a queste regioni vastissime, con un coraggio e un'abnegazione a tutta prova. Hanno fatto tutto ciò che stava alle loro forze, superando un'infinità di ostacoli, perché in questo nuovo continente si dilatasse la fede cattolica, che ancor oggi lo distingue. A causa delle distanze e della mancanza di vie di comunicazione e a causa dell'esiguo numero di evangelizzatori; non sempre essi poterono portare a compimento, come avrebbero desiderato, l'istruzione e la formazione religiosa delle popolazioni.

Nonostante le lacune, che ancor oggi si riscontrano ovunque, dovute a circostanze particolari, è necessario riconoscere il grande merito del lavoro di questi pionieri dell'evangelizzazione, che hanno contribuito perché il Brasile diventasse la maggiore nazione cattolica del mondo e mantenesse la sua fedeltà, nel corso del tempo, alla fede che essi le hanno trasmesso.

Le vostre regioni di Nord 1 e Nord 2 si caratterizzano anche per le enormi distanze. E' senza dubbio molto difficile per il pastore contattare un gregge tanto disperso. La sua voce molte volte non arriva ai fedeli se non attraverso la radio che è ascoltata con molta attenzione in quelle regioni. Le pastorali itineranti esigono vero spirito di avventura e un intenso amore per ciascuno di quegli abitanti dispersi nell'immensità della foresta vergine.

Al di là di questo, si verificano situazioni concrete, dal punto di vista umano e sociale, che voi incontrate, di evidente povertà, ignoranza, malattia e, talvolta, di emarginazione, che non possono lasciarvi indifferenti.

Innanzitutto, mancano gli "operai per la messe", gli operatori dell'evangelizzazione. Sta qui una delle principali fonti delle vostre comprensibili preoccupazioni pastorali.


6. Senza scoraggiamenti, "in ogni cosa ci presentiamo come ministri di Dio". Egli è il "Signore della messe". So che voi ne avete coscienza chiara e, anche, sofferta. Abbiate perciò coscienza operosa e diligente nel cercare di percorrere le due uniche vie che, nella normale economia della grazia e provvidenza di Dio, mi si presentano per uscire dall'impasse.

La prima consiste nel valorizzare la collaborazione dei laici, in compiti precisi, che ampliano e moltiplicano l'azione dei sacerdoti, molte volte assorbiti, fino allo stremo delle forze, dal ministero. Oltre alla testimonianza personale della buona novella, come cristiani, divenuti operatori dell'evangelizzazione, in continuità con la vocazione battesimale e in virtù del sacerdozio comune dei fedeli, i laici sono chiamati ad attuare la missione della Chiesa, fin dove possono. Soprattutto dove scarseggiano i ministri ordinati. Come tali essi devono essere apprezzati e utilizzati, sollecitando in tutti i modi la loro collaborazione, formando e promuovendo le loro coscienze e capacità di cristiani convinti, portandoli a realizzare, infine, la propria vocazione nell'apostolato.

Un'altra via è quella della pastorale e della promozione vocazionale, in cui devono essere impegnati i laici stessi, la famiglia e la scuola, ben consapevoli dell'importanza, della necessità e dei requisiti del ministero sacerdotale. Questa consapevolezza si esplicita nella certezza dei poteri che il divino fondatore della Chiesa ha legato al sacerdozio ministeriale: offrire il sacrificio dell'Eucaristia, perdonare i peccati e predicare la parola di Dio. così i tentativi di trasferire alla comunità tali poteri si dimostreranno vani e saranno incapaci di servire la vitalità religiosa delle comunità. C'è un modo di dire brasiliano - a quanto mi hanno detto - che può essere programmatico a questo proposito: "Chi semina raccoglie"; mi rallegro di sapere che alcuni di voi pastori lo stanno prendendo come motto; in ogni caso, pero, sempre nella grande fiducia che è Dio che fa crescere (cfr. 1Co 3,7).


7. A questo punto, come in altri, a proposito dei quali vorrei aprirvi il mio cuore e manifestarvi il mio desiderio fervido che si trovino soluzioni adeguate ai problemi delle vostre comunità, si può valutare l'importanza che hanno per voi le direttive comuni per tutta la Chiesa, in una lodevole ricerca di purezza e di integrità di fede e di unità nella vita ecclesiale. E' così, nella comunione col successore di Pietro e in accordo con l'unico Vangelo, illuminato dal magistero vivo, che si deve verificare l'impegno nell'agire e nel chiarire la coscienza dei fedeli "in ogni occasione, opportuna e non opportuna" (cfr. 2Tm 4,2), aiutandovi a superare i dubbi e a evitare tutto ciò che è causa di disorientamento e di deviazione. "Non si può evangelizzare senza la Chiesa e tanto meno contro la Chiesa" (EN 16).

Questa Chiesa che è nel mondo, al servizio dell'uomo concreto, munita da Cristo del dono del magistero - come ho avuto occasione di far notare nella Favela Vidigal - è la Chiesa universale, la Chiesa del mistero dell'incarnazione, che parla nel nome della propria verità, ma che è una verità "realista", che ci porta a "tener conto di ogni realtà umana, di ogni lotta, di ogni ingiustizia e di ogni tensione". E che, tuttavia, rimane un mistero di unità nello Spirito Santo: "Un solo corpo e un solo spirito" (Ep 4,4). Perciò, quanto più gravi saranno i problemi da affrontare tanto più profonda dev'essere l'unità col capo visibile del Collegio e dei pastori tra di loro, frutto di quell'amore in Cristo, da cui tutti conosceranno che siamo suoi discepoli (cfr. Jn 13,35 Lc 11,23).


8. E' a questa luce che voi avete voluto informarmi dei piani e dei programmi di evangelizzazione che desidero si concretizzino, sotto la sapiente guida del vostro magistero. Siate certi che vi illumina l'unica intenzione di edificare la Chiesa, nell'unità e nella pace di Cristo, in modo da accreditarvi "come ministri di Dio".

Questi piani e programmi, per ricordarne soltanto alcuni, riguardano: l'ambito della liturgia e della vita sacramentale, con particolare incidenza nella celebrazione dei sacramenti dell'Eucaristia e della Penitenza, e nell'annuncio della parola di Dio; l'ambito della famiglia, in ordine alla formazione di matrimoni stabili e di secolari sani; nell'esortazione apostolica "Familiaris Consortio" ho avuto occasione di dire che "il futuro dell'umanità passa per la famiglia"; ben orientata, essa svolge un ruolo importantissimo anche nel futuro delle vocazioni sacerdotali e religiose; il campo dell'educazione cristiana, dove un mal inteso pluralismo e una tolleranza che facilmente degenera in permissivismo quasi fanno scomparire il sentimento del peccato, come recentemente accennavo nell'esortazione apostolica "Reconciliatio et Paenitentia" (RP 16); il campo della formazione per partecipare attivamente alla vita della comunità, in cui il senso cristiano deve essere salvaguardato dalla polarizzazione politica o dalla tirannia delle ideologie di moda, l'una e l'altra pronte a sfruttare il potenziale umano, dove esiste un malessere generalizzato; il vastissimo campo sociale, in cui la preoccupazione di aiutare la promozione umana integrale di ampi strati della popolazione, o di favorire e ristabilire la giustizia, non può soffocare o far relegare in secondo piano il contenuto essenziale dell'evangelizzazione; il delicato campo dell'attenzione agli indios, in relazione ai quali la sollecitudine pastorale dei pastori non ha risparmiato sforzi, sia portando loro la buona novella della salvezza cristiana, sia promuovendo i loro diritti, sia, principalmente, dedicando loro un amore autenticamente cristiano.


9. Non vorrei terminare queste considerazioni, senza rinnovare davanti a voi il commosso omaggio ai molti missionari, che lavorano e lottano per il regno di Dio in Brasile - particolarmente nella regione amazzonica - che ho reso loro venendo a Manaus. Omaggio che è, nello stesso tempo, un appello. La Chiesa anche oggi è conscia di aver bisogno di anime innamorate di Cristo che abbraccino la causa missionaria, della necessità che molti dedichino la loro vita a lavorare e a soffrire per la causa del Vangelo (cfr. Mc 8,35).

Concludendo queste parole, imploro su di voi, miei fratelli vescovi, e sulle vostre comunità ecclesiali, per intercessione di Maria santissima, Stella dell'evangelizzazione, Madre della divina grazia e Nostra Signora di Nazaret - titoli con i quali è tanto invocata nelle vostre regioni - l'effusione dei doni dello Spirito Santo, con un'ampia benedizione apostolica.

Data: 1985-04-29 Data estesa: Lunedi 29 Aprile 1985





Alle delegazioni di Argentina e Cile - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Un atto esemplare in un mondo lacerato da tanti conflitti

Dopo il definitivo compimento dell'iter richiesto dal Trattato di pace e di amicizia concordato tra la repubblica di Argentina e la repubblica del Cile, con profonda soddisfazione e in gioiosa comunione di sentimenti con i vostri concittadini, signori ministri, abbiamo atteso l'alba di questo giorno nel quale si completa la firma dell'atto che dà fede dello scambio degli strumenti di ratifica del detto Trattato da parte dei due amati Paesi.

Si pone così termine alla lunga controversia sulla zona australe e, nello stesso tempo, si conclude felicemente la prolungata opera di mediazione che, sollecitata da ambo le parti con la firma degli accordi di Montevideo, l'8 gennaio 1979, fu da me accettata con la migliore disposizione in vista del bene supremo della pace e a beneficio dei popoli, a me tanto cari, delle due nazioni. Inoltre, questo atto costituisce l'inizio di una nuova tappa delle reciproche relazioni tra le due repubbliche.

Come non ricordare i momenti carichi di preoccupanti presagi del dicembre 1978 e le aspettative che si sono create con la richiesta di mediazione? Desidero confidarvi ora che, dopo aver meditato e soppesato la gravità della situazione e cosciente della responsabilità che mi era chiesta, ho preso la decisione di assumere il delicato incarico di aiutare a cercare e a trovare le vie idonee per una soluzione definitiva, completa, giusta, equa e generosa per entrambe le parti, nella controversia che turbava e minacciava le loro relazioni.

Rendiamo grazie a Dio perché la realtà di oggi compensa abbondantemente i timori di allora.

Compiendosi dopodomani sei anni dall'inizio effettivo di questo processo, è impossibile non ricordare con gratitudine e ammirazione la persona del compianto cardinale Antonio Samorè, al quale ho affidato l'arduo compito di rappresentarmi nel lavoro concreto che la mediazione implicava e che, con costanza e saggezza, egli ha saputo orientare e promuovere.

Mi è gradito inoltre rivolgere una particolare espressione di gratitudine ai signori presidenti dei due Stati, con la cui chiaroveggenza, l'intelligente intervento, il franco e positivo apporto, sono stati superati tutti quei problemi che sembravano non poter trovare soluzione o ritardare ancora il completo accordo tra le parti.

Lungo questi anni e in ripetute occasioni ho ricevuto le persone autorizzate delle vostre nobili nazioni e le loro delegazioni, avendo così l'opportunità di ascoltare direttamente i vostri punti di vista e di esprimervi personalmente ciò che consideravo adatto. Desidero ricordare espressamente l'udienza del 12 dicembre 1980, quando ho consegnato ai signori cancellieri dei due Paesi la mia proposta, i miei consigli e suggerimenti; quella del 23 aprile 1982, con la quale vi chiedevo di iniziare la fase attiva del negoziato per lo svolgimento della proposta stessa; quella del 29 novembre 1984, giorno nel quale si è firmato il Trattato. Il mio ricordo pieno di gratitudine va a tutti coloro che ho incontrato in queste o in altre occasioni e a tutti coloro che hanno dato la loro valida collaborazione nello svolgimento delle loro funzioni.

Oggi noi tutti ci rallegriamo perché, ottenuto l'obiettivo della mediazione e avendo superato i contrasti, le difficoltà e le incertezze del complesso procedimento, salutiamo il fatto che l'una e l'altra parte hanno potuto salvaguardare i loro diritti, interessi e aspirazioni legittime, mediante un negoziato in cui ha prevalso in entrambe le parti un'efficace saggezza e volontà di governo, capace di coniugare la difesa delle proprie posizioni con la comprensione e l'apertura reciproche e la considerazione del bene supremo della pace. A ciò ha anche contribuito grandemente il deciso appoggio manifestato da una considerevole maggioranza di entrambi i popoli e della Chiesa cattolica, tanto radicata in entrambi i Paesi. Tutto questo ha favorito il compito della Santa Sede, che ha sempre operato senza interessi propri e con la preoccupazione di mantenere una visione obiettiva e un atteggiamento imparziale.

Senza dubbio, come dicevo prima, la cerimonia che stiamo compiendo non è soltanto un punto di arrivo. E' anche l'inizio di una nuova èra, che si apre piena di promesse per i due Paesi e che corrisponde alle esigenze delle loro radici e dei loro destini sostanzialmente comuni, per ragioni geografiche, storiche, spirituali nel senso più ampio, ed economiche.

Indubbiamente, la prima e principale ragione della nostra gioia è che oggi si consolida la pace e in un modo tale che può giustamente dare la fondata fiducia della sua stabilità. Questo dono della pace richiede, nondimeno, uno sforzo quotidiano per preservarla dagli ostacoli che le si possono opporre e per incoraggiare tutto ciò che può arricchirla. D'altra parte, il Trattato offre i mezzi adatti per il conseguimento di una duplice finalità, tanto per ciò che si riferisce al superamento delle divergenze che eventualmente potrebbero sorgere - ma che speriamo non si presentino - come per la promozione di un'armoniosa amicizia attraverso una collaborazione in tutti i campi, finalizzata ad una più stretta integrazione delle due nazioni.

E' fonte di soddisfazione, inoltre, ciò che la completa e definitiva soluzione di una controversia con mezzi pacifici e la conclusione di un Trattato di pace e di amicizia significano come esempio nell'attuale congiuntura internazionale, in cui tanti conflitti perdurano e si aggravano in questi anni senza che si tenda realmente a risolverli con l'assoluta esclusione del ricorso alla forza o alla minaccia del suo uso! Voglia Dio che questo cammino sia la via percorsa da altri Paesi che si vedono affrontati da diverse controversie! Sono motivo di fondata speranza, infine, le grandi possibilità di legittimo e maggiore progresso materiale che oggi si aprono ai vostri due Paesi: in primo luogo, perché l'ingente quantità di risorse umane ed economiche utilizzate fino ad ora per coprire settori che consideravate ineludibili e primari potrà essere dedicata più vantaggiosamente per attendere ad altre necessità e per lo sviluppo pacifico dei vostri popoli; inoltre poiché, dopo l'entrata in vigore del Trattato, arriverà ad essere realtà la desiderata cooperazione, tanto opportuna tra le vostre due nazioni.

Mi rendo ben conto che esistono altri problemi comuni a molti Paesi latinoamericani e del resto del mondo, la cui soluzione - ne sono convinto - non può essere raggiunta in base a criteri e a mezzi unicamente economici: basti pensare al problema dell'enorme debito estero contratto, al quale mi sono riferito ricevendo il 12 gennaio scorso il corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede.

Faccio voti, ancora una volta, perché nei complessi negoziati relativi a questo tema tanto spinoso trovi applicazione l'auspicato nuovo sistema di solidarietà che conduca ad una soluzione soddisfacente e prepari un futuro più sereno ai Paesi gravati da un peso tanto opprimente.

In questo momento solenne e di importanza storica per le vostre nazioni, sorge spontaneamente il nostro rendimento di grazie al Signore, dal quale proviene ogni bene, che in questi sei anni ci ha dato prova piena della sua vicinanza, della sua luce e del suo sostegno, attraverso sua Madre, la Vergine Maria, Regina della pace.

E' anche naturale che desideriamo porre nelle mani di Dio e sotto la protezione di Maria il buon inizio e l'ulteriore felice svolgimento della rinnovata fraternità e comprensione tra i vostri popoli; e nella speranza di poterli incontrare e benedire personalmente, invio ora la mia cordiale benedizione apostolica a ciascuno degli amati figli argentini e cileni.

Data: 1985-05-02 Data estesa: Giovedi 2 Maggio 1985





Alle pontificie opere missionarie - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nessuna vocazione dev'essere perduta per mancanza di mezzi

Carissimi nel Signore!


1. In occasione dell'annuale assemblea generale del consiglio superiore delle Pontificie opere missionarie, avete voluto incontrarvi con me, come negli anni scorsi, al fine di infervorarvi nel vostro meritorio impegno a dilatare il regno di Dio in tutto il mondo e ad infondere nel cuore di tutti i seguaci di Cristo l'ardore e la consapevolezza del carattere "missionario" del loro Battesimo.

Porgo il mio saluto al nuovo pro-prefetto della Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli, monsignor Jozef Tomko; a monsignor Simon Lourdusamy, segretario del dicastero e presidente delle Opere pontificie; ai segretari generali, ai consiglieri, ai direttori nazionali giunti da tutti i continenti, e al personale dei segretariati generali.

Il mio fervido saluto, unito alla mia sincera ammirazione e viva gratitudine - che è quella di tutta la Chiesa - va anche e soprattutto agli innumerevoli, nascosti, silenziosi vostri collaboratori e collaboratrici nelle diocesi, nelle parrocchie, nelle associazioni, nei movimenti, e ai missionari e missionarie dei vari ordini, congregazioni e istituti religiosi e secolari, che, lontani dalla patria terrena e dai loro cari, in mezzo a grandi difficoltà ma in piena adesione al comando di Cristo, cooperano nell'opera dell'evangelizzazione, disposti sempre a donare tutto per tale altissima finalità spirituale, financo la loro stessa vita. Il mio commosso ricordo va in questo momento all'indimenticabile figura, del giovane missionario del Pime, il padre Tullio Favali, barbaramente trucidato nelle Filippine, l'11 aprile scorso, mentre svolgeva il suo ministero di riconciliazione e di pacificazione. Tali sanguinosi episodi ci richiamano alla memoria quanto Gesù disse agli apostoli nell'ultima cena: "Ricordatevi della parola che ho detto: un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi" (Jn 15,20).


2. Esprimo a voi, qui presenti, il mio compiacimento per quanto le Pontificie opere missionarie - della Propagazione della fede, di san Pietro apostolo, della Santa infanzia, dell'Unione missionaria - hanno realizzato e intendono continuare a realizzare per diffondere lo "spirito missionario" tra i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i seminaristi, i laici, per renderli più aperti e lungimiranti nella visione dei problemi della Chiesa, a carattere universale, secondo la felice espressione del decreto conciliare sull'attività missionaria: le Opere missionarie sono lo strumento principale "per infondere nei cattolici, fin dalla più tenera età, uno spirito veramente universale e missionario" (AGD 38). Tale sensibilità missionaria si è accresciuta col Concilio Vaticano II, in particolare per merito della costituzione dogmatica "Lumen Gentium" e del citato decreto "Ad Gentes". Auguro a tutti i fratelli e sorelle nella fede, che svolgono in qualsiasi modo opera di evangelizzazione, di mantenere e di accrescere il loro fervore dello spirito: "Conserviamo la dolce e confortante gioia di evangelizzare, anche quando occorre seminare nelle lacrime. Sia questo per noi - come lo fu per Giovanni Battista, per Pietro e Paolo, per gli altri apostoli, per una moltitudine di straordinari evangelizzatori lungo il corso della storia della Chiesa - uno slancio interiore che nessuno, né alcuna cosa potrà spegnere. Sia questa la grande gioia delle nostre vite impegnate": sono le vibranti parole del mio grande predecessore Paolo VI (EN 80).


3. Durante i lavori dell'assemblea generale avete approfondito il tema dell'"animazione missionaria della gioventù", in concomitanza con l'Anno internazionale della gioventù, proclamato per quest'anno dall'Organizzazione delle Nazioni Unite. I giovani e le giovani sono aperti e disponibili ai grandi ideali; e quale ideale più alto che quello di collaborare, con tutta la donazione e dedizione possibili, all'avvento del regno di Dio sulla terra e nei cuori? Partecipare alle iniziative per aiutare spiritualmente ed economicamente le missioni, le giovani Chiese? Offrire il proprio tempo, le proprie energie e, nel caso di una specifica "vocazione", tutta la propria esistenza? Nella mia recente Lettera ai giovani e alle giovani del mondo, rivolgendomi a ciascuno di loro, dicevo (n. 8): "Se una tale chiamata giunge al tuo cuore, non farla tacere! Lascia che si sviluppi fino alla maturità di una vocazione! Collabora con essa mediante la preghiera e la fedeltà ai comandamenti... C'è un enorme bisogno di molti che siano raggiunti dalla chiamata di Cristo: "seguimi"". Auspico di gran cuore che tanti giovani e tante giovani sappiano ascoltare e accogliere la parola e l'invito di Cristo! 4. In questa udienza ricordo con grande gioia le mie visite pastorali in Asia, in Africa e in America Latina; ripenso in particolare all'incontro con i sacerdoti novelli ordinati in Corea e con i numerosi studenti di teologia nei seminari, che sono talmente sovraccarichi da non aver posto per tutti i candidati. E' proprio uno dei grandi doni, offerto dallo Spirito Santo alla Chiesa del nostro tempo, il fatto che sia giunto a maturità, durante gli ultimi decenni, un clero locale nelle giovani Chiese, con un'ampiezza ancora sconosciuta precedentemente. Si, noi possiamo fare un grande passo in avanti; una nuova tappa si annuncia. Già missionari delle giovani Chiese, che erano fino a poco tempo fa Paesi di missione, si slanciano verso altre contrade del mondo per rispondere anch'esse alla missione di evangelizzazione del Cristo! Tale sviluppo, così benvenuto, non rende certamente superfluo il servizio realizzato finora dai missionari. E' nell'amalgama tra missionari e clero locale, che appare chiaramente il carattere cattolico, universale della Chiesa.

Con speciale compiacimento ho sentito parlare della vostra decisione, in quanto direttori nazionali dell'Opera di san Pietro apostolo, di sviluppare per il centenario dell'Opera, nel 1989, una particolare iniziativa: quella di vivificare da qui ad allora l'Opera di san Pietro apostolo per le missioni in tutta la Chiesa. Chiedo fin d'ora ai vescovi e a tutti i fedeli cattolici di sostenere questo impegno: nessuna vocazione deve essere perduta per mancanza di mezzi disponibili! Al presente, in alcuni Paesi dell'Asia e dell'Africa, ci sono più candidati allo studio della teologia di quanti se ne possano accettare. Molti vescovi del Terzo mondo hanno inoltre grandi difficoltà a raccogliere i mezzi necessari per le necessità della vita corrente e degli studi, in quanto molte vocazioni provengono da famiglie povere. Essi hanno bisogno di un forte aiuto finanziario! Quanti frutti porterebbero la condivisione e l'aiuto dei fedeli! Si faciliterebbe il comando del Signore: "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura" (Mc 16,15 cfr. Mt 28,19-20).


5. Ho appreso anche con sincera soddisfazione che, nell'ambito di tale iniziativa, si pensa di rendere più intensa la preghiera per le vocazioni, in particolare quella comune, perché mediante la preghiera si ottengono le vocazioni (cfr. Mt 9,37-38), ad esempio per mezzo della preghiera dell'Angelus, recitato per ottenere vocazioni in tutte le parti del mondo. Maria santissima è infatti la prima creatura vissuta totalmente per Gesù Cristo, e la cui esistenza non ha avuto altro scopo che lui, suo Figlio e suo Dio! Ella ebbe la vocazione di appartenere a Gesù e di vivere nella sua vicinanza e nel suo amore. Ella precorse, nella sua vocazione e nel suo dono di sé, tutte le vocazioni, in particolare quella di quanti sono chiamati a seguire più da vicino il Signore.

Vi incoraggio in questa decisione, perché pregare con Maria e come Maria significa chiedere in maniera eccellente vocazioni allo Spirito Santo. L'Angelus è particolarmente appropriato come preghiera Per le vocazioni. Ed è a Maria santissima, Regina delle missioni, "Stella dell'evangelizzazione" (EN 82) che, agli inizi del mese a lei particolarmente dedicato, affido le Pontificie opere missionarie, il loro ulteriore e crescente sviluppo perché il messaggio del suo figlio Gesù, Redentore dell'uomo e del mondo, si diffonda, si dilati sempre più in tutti i continenti, penetri e trasformi i cuori degli uomini tutti. Ottenga ella la grazia che tutti i battezzati, consapevoli della loro altissima dignità di figli di Dio, siano sempre animati da un intenso spirito missionario.

Con questi voti ben volentieri imparto la benedizione apostolica a voi, ai vostri collaboratori, a tutti i missionari e a tutte le missionarie, sparsi nel mondo.

Data: 1985-05-03 Data estesa: Venerdi 3 Maggio 1985



GPII 1985 Insegnamenti - A luterani americani - Città del Vaticano (Roma)