GPII 1985 Insegnamenti - Ai lavoratori - Lussemburgo

Ai lavoratori - Lussemburgo

Titolo: Contro l'ingiustizia una vera solidarietà




1. "Rafforza per noi, Signore, l'opera delle nostre mani" (Ps 89,17). E' questa la preghiera che vorrei rivolgere oggi con voi al Signore: che egli benedica l'opera delle mani umane e delle intelligenze umane, che egli benedica tutto il lavoro dell'uomo. Oggi i lavoratori del Lussemburgo partecipano al sacrificio eucaristico del Cristo e della Chiesa. così il lavoro stesso è offerto sull'altare del popolo di Dio; in un certo senso, il lavoro, con il pane e il vino che esso ha contribuito a produrre, costituisce la "materia" di questo sacrificio. E siamo riuniti in un importante luogo di lavoro nel vostro Paese del Lussemburgo. Ci troviamo davanti ad una fabbrica anche questa sera in piena attività. Vorrei vedervi un segno espressivo di come "l'opera delle nostre mani" è offerta al Signore.

Incontrandovi qui so bene ciò che il lavoro industriale significa per voi - e io vi saluto fraternamente - voi che vi dividete mansioni tanto diverse ma tutte indispensabili, voi che avete competenze diverse ma un'uguale dignità. Vi saluto, voi che contribuite insieme all'opera che Dio affida all'intelligenza dell'uomo, in questo luogo di moderna attività economica, dove sperimentate le difficoltà e i successi della nostra epoca.

Saluto, con i lussemburghesi, i membri delle diverse comunità linguistiche ed etniche qui presenti come pure i pellegrini venuti dal paesi di Arlon, dalla Lorena e dalla Sarra. Formando un crocevia delle nazioni, voi mettete in comune i vostri modi d'essere, i vostri modi di vivere e di esprimere la fede; voi vi arricchite reciprocamente. Saluto coloro che sono felici di trovare qui i mezzi per il proprio sostentamento e sviluppo. Saluto con affetto coloro che hanno un duro compito, coloro che sono privi di lavoro, coloro che la sofferenza colpisce in tanti modi. Con essi, in modo particolare, riprendero la preghiera del salmo: "Volgiti, Signore! Rafforza per noi l'opera delle nostre mani".


2. Quando la nostra offerta del pane e del vino, deposta sull'altare, sarà divenuta il sacrificio stesso di Cristo, il suo corpo e il suo sangue, noi tutti che partecipiamo all'Eucaristia ci uniremo nella preghiera del "Padre nostro" che il Signore Gesù stesso ci ha insegnato. Questa preghiera è stata scelta come tema conduttore di tutto il mio pellegrinaggio in Lussemburgo, nei Paesi Bassi e nel Belgio.

Oggi, il Vangelo ci ricorda il momento in cui Gesù ha insegnato a coloro che lo ascoltavano, e in primo luogo agli apostoli, la preghiera del "Padre nostro". Da quel momento questa preghiera ha il suo posto nella vita del popolo di Dio ogni giorno. Essa torna sulle labbra dei giovani e degli anziani. I padri e le madri delle famiglie cristiane si sentono in dovere di trasmettere questa preghiera ai loro bambini. Essi la recitano insieme in casa e in chiesa.

E' anche la preghiera che accompagna il nostro lavoro. Oggi vorrei meditare con voi, cari fratelli e sorelle, sugli importanti problemi del lavoro umano, alla luce delle diverse parole della preghiera che Gesù ci ha dato. così ispirati, ci sarà più facile rispondere all'appello di san Paolo: "E tutto quello che fate in parole e opere, tutto si compia nel nome di nostro Signore Gesù...

Qualunque cosa facciate fatela di cuore, come per il Signore..." (Col 3,17-23).


3. "Padre nostro, che sei nei cieli".

Rivolgendoci a Dio, è al Padre che ci rivolgiamo: al Padre onnipotente creatore del cielo e della terra, e desideriamo che il suo "nome sia santificato".

Il nome del Padre designa per noi "colui che è" secondo ciò che udi un giorno Mosè, dal roveto ardente, ai piedi del Monte Oreb (cfr. Ex 3,14).

L'Apocalisse (Ap 1,4) ci dice che Dio è "colui che è, che era e che viene, colui che è eterno e immortale".

Il salmo della liturgia di oggi gli rende testimonianza: "Signore, tu sei stato per noi un rifugio / di generazione in generazione. / Prima che nascessero i monti / e la terra e il mondo fossero generati, / da sempre e per sempre tu sei, Dio".

Ma le parole non bastano. Al di là di ogni misura umana, Dio, nel suo essere, supera tutta la creazione e nello stesso tempo abbraccia tutte le cose.

Ogni cosa ha la sua origine in lui. E, poiché Gesù ci permette di invocare Dio col bel nome di Padre, noi prendiamo coscienza di essere non i prodotti del caso sballottati dal vento, ma i figli diletti del nostro Creatore.


4. Creando l'uomo, Dio ha voluto rivestirlo di una dignità senza eguali, lo ha fatto a sua immagine e somiglianza, capace di realizzare un'opera di cui è responsabile. In questo modo il lavoro umano stesso appartiene all'opera della creazione, come testimonia già il primo capitolo della Genesi. Dio, infatti, creando l'uomo e la donna, dice loro: "Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra e soggiogatela" (Gn 1,28).

Questo è, per così dire, il primo comandamento di Dio, insito nell'ordine stesso della creazione. così il lavoro umano risponde alla volontà di Dio. Quando diciamo: "sia fatta la tua volontà" accostiamo queste parole anche al lavoro che riempie tutte le giornate della nostra vita! Ci rendiamo conto che ci conformiamo a questa volontà del Creatore quando il nostro lavoro e le relazioni umane che esso comporta sono impregnate dei valori di iniziativa, di coraggio, di fiducia, di solidarietà, che sono altrettanti riflessi della somiglianza divina in noi. Ma sappiamo anche che molti lavoratori si trovano in situazioni difficili o contrarie alla volontà del Creatore. Ricordero solo qualche esempio, non potendo dire tutto qui.

Ci sono tra di voi numerosi uomini e donne che hanno dovuto lasciare il loro Paese natale per ricominciare da capo in una nuova terra, certamente accogliente, pur tuttavia straniera. Malgrado gli sforzi di tutti, la loro vita può restare segnata da problemi come l'isolamento dovuto alle barriere linguistiche, la carenza di alloggi o l'educazione dei bambini divisa tra due culture. Ma so che si fa molto perché essi siano rispettati nella loro originalità propria e possano contribuire a una vita comune dove l'elevata percentuale degli immigrati sia riconosciuta come una ricchezza positiva.

Non dimentichiamo qui tutti coloro che non possono lavorare, cominciando da quelli impediti dalla malattia e dall'infermità o che hanno bisogno di posti di lavoro adeguati. E' necessario che tutti i loro fratelli abbiano a cuore di far muovere nei loro confronti una solidarietà effettiva e calorosa. La solidarietà è necessaria anche di fronte ai problemi della disoccupazione. Sebbene questo flagello raggiunga in Lussemburgo una dimensione inferiore rispetto agli altri Paesi, non bisogna cessare di ripetere che è sempre un male, soprattutto quando colpisce i giovani. Si è abbastanza coscienti del dramma che la disoccupazione rappresenta per i giovani che "vedono penosamente frustrate la loro sincera volontà di lavorare e la loro disponibilità ad assumersi la propria responsabilità per lo sviluppo economico e sociale della comunità"? Quando si analizzano i fattori economici e quando si prendono le decisioni rese necessarie dal loro evolversi, bisogna interrogarsi sullo spirito nel quale sono considerati i fattori umani, in modo da rendere vera la solidarietà di tutti, quali che siano le qualifiche, le età o le origini dei disoccupati.


5. Il Creatore ha investito l'uomo del potere di soggiogare la terra; gli chiede anche di dominare col suo lavoro il campo che gli affida, di mettere in atto tutte le sue capacità al fine di pervenire al felice sviluppo della propria personalità e della comunità intera. Con il suo lavoro, l'uomo obbedisce a Dio e risponde alla sua fiducia. Ciò non è estraneo alla domanda del "Padre nostro": "venga il tuo regno"; è perché il piano di Dio si realizzi che l'uomo agisce, cosciente di essere stato fatto a somiglianza di Dio e quindi di aver ricevuto da lui la sua forza, la sua intelligenza, le sue attitudini a realizzare una comunità di vita attraverso l'amore disinteressato che porta ai suoi fratelli. Tutto ciò che è positivo e buono nella vita dell'uomo si sviluppa e raggiunge il suo vero scopo nel regno di Dio. Avete scelto opportunamente il motto "Regno di Dio - vita dell'uomo", poiché la causa di Dio e la causa dell'uomo sono legate l'una all'altra, il mondo avanza verso il regno di Dio grazie ai doni di Dio che permettono il dinamismo dell'uomo. In altre parole, pregare perché venga il regno di Dio, è tendere tutto il proprio essere verso la realtà che è il fine ultimo del lavoro umano.


6. Ma preghiamo anche con semplicità perché Dio ci dia i mezzi di sostentamento, "il nostro pane quotidiano". Questa richiesta non ci allontana dal lavoro, essa sottolinea piuttosto che il lavoro può produrre i frutti necessari al benessere dell'uomo solo se egli beneficia di tutto ciò che la creazione mette a sua disposizione: la fecondità della terra, le sue ricchezze vegetali o minerali, come pure le capacità dell'uomo messe in comune al servizio della vita. Che Dio ci conceda, attraverso il nostro lavoro, di poter nutrire il nostro corpo, alimentare il nostro spirito, approfondire le nostre culture differenti e complementari, disporre delle risorse indispensabili all'esistenza umana di tutta la comunità! Poiché, quando chiediamo a Dio il nostro pane, noi non siamo isolati dai nostri fratelli; in verità, non possiamo pronunciare questa preghiera se non in uno spirito di solidarietà, in una disponibilità alla partecipazione aperta a tutta l'umanità e con un amore concreto per i milioni di uomini che non hanno di che sopravvivere.


7. Se noi diventiamo coscienti, recitando il "Padre nostro" che vi è ancora molta strada da percorrere perché il lavoro di tutti produca il pane, equamente distribuito tra noi, comprendiamo che bisogna continuare a chiedere al Padre: "rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori". Ci ricordiamo le parole stesse di Gesù nel momento di donare la sua vita sulla croce.

Nel campo del lavoro, la colpa e il peccato dell'uomo hanno troppo spesso costituito un peso enorme. Qui in modo particolare il peccato ha assunto una dimensione sociale, poiché l'egoismo degli uni priva gli altri del necessario, l'orgoglio e la brama di potere degli uni attenta alla dignità e ai diritti degli altri. Ciò si è manifestato in diverse forme di sfruttamento ingiuste, all'interno di una determinata regione o oltre frontiera. E' in un concatenamento talvolta tragico, il peso dell'ingiustizia sociale ha spesso provocato, soprattutto nelle ultime generazioni, delle reazioni violente, perfino rivoluzionarie, lotte tra i gruppi sociali e conflitti tra le nazioni.

Bisogna lottare senza posa per instaurare una migliore giustizia. Si tratta di una lotta, non contro l'uomo, ma contro le ingiustizie, e questo nell'amore e nel rispetto delle persone. E la preghiera di Gesù ci ricorda che senza lo spirito di riconciliazione che è un dono di Dio e che deve ispirare le nostre azioni, il nostro sforzo resterebbe in gran parte vano. "Il mondo degli uomini potrà diventare sempre più umano", solo quando in tutti i rapporti reciproci, che plasmano il suo volto morale, introdurremo il momento del perdono, così essenziale per il Vangelo. Il perdono attesta che nel mondo è presente l'amore più potente del peccato (cfr. DM 14).

Si, la Chiesa che prega ogni giorno "rimetti a noi... come noi rimettiamo" partecipa alla storia della società nello spirito del Signore. Essa si oppone a tutto ciò che l'odio provoca. Attraverso la sua dottrina sociale, essa invita a cercare le vie delle riforme che permettono all'uomo di utilizzare il suo lavoro o il capitale di cui dispone per superare i conflitti, evitare l'ingiustizia, accostarsi al disegno di Dio che "ha voluto che gli uomini formassero una sola famiglia e si trattassero tra loro con animo di fratelli". Su questo cammino, Dio ci fa capire "che l'uomo non può ritrovarsi pienamente se non attraverso un dono sincero di sé" (GS 24)!

8. "Non ci indurre in tentazione, ma liberaci del male". Nel quadro della nostra meditazione sul lavoro, anche questa domanda è necessaria. Essa può insorgere quando ci assale l'inquietudine. Che l'opera dell'intelligenza umana e delle mani umane, l'opera della scienza e della tecnica, non si rivoltino contro l'uomo! Quali minacce per l'uomo in quanto produce il suo lavoro! Esso moltiplica le armi in misura spaventosa. Dominando la terra, la degrada e la sfigura, ne sciupa le risorse. Perfezionando la sua tecnica e alleviando i suoi compiti diminuisce le possibilità d'impiego. Noi tutti conosciamo la portata degli effetti deleteri di un progresso che non sappiamo dominare o che dirottiamo dal suo senso positivo.

Liberaci, o Padre, dal male che generano in tanti modi le nostre azioni quando sono disordinate! Fa' che il nostro lavoro sia utile alla famiglia umana, secondo la tua volontà! Che esso risponda ai bisogni di questa famiglia sempre più numerosa, delle nazioni, della società intera! Fa' che il nostro lavoro serva a dare a tutti una vita degna dell'uomo nella giustizia e nella pace! Grazie alla potenza del Salvatore che ci libera dalle catene del male, ritroviamo il senso positivo della responsabilità umana, la verità della missione ci affida il Creatore! E lavoriamo per edificare per tutti gli uomini la civiltà dell'amore! Ascoltiamo ancora l'apostolo Paolo: "Al di sopra di tutto poi vi sia la carità, che è il vincolo della perfezione" (Col 3,14).


9. E' in questo spirito che prego per voi, cari fratelli e sorelle, io, Vescovo di Roma e servo dei servi di Dio: prego per il lavoro di tutti i lavoratori, per il lavoro di tutti gli uomini e di tutte le donne, nel vostro Paese, in Europa e in tutti i continenti della terra che, per volontà del Creatore, è divenuta la patria dell'uomo.

"L'opera delle nostre mani rafforza, o Signore..."; "Padre nostro... venga il tuo regno!"

Data: 1985-05-15 Data estesa: Mercoledi 15 Maggio 1985





Alla comunità ecclesiale - Lussemburgo

Titolo: Molteplicità di doni e di vocazioni a favore della Chiesa

Fratelli e sorelle carissimi.


1. E' una grande gioia per me, in questo mattino dell'Ascensione di Cristo, prima che celebriamo la santa Eucaristia assieme a molte migliaia di fedeli, incontrarmi nell'intimità con voi, che in tanti modi diversi vi siete posti ad uno speciale servizio del popolo di Dio. A tutti voi, al mio carissimo confratello vescovo che vi guida, ai sacerdoti e religiosi e a voi che come laici vivete e testimoniate la vostra fede nel mondo: a tutti voi porgo stamattina il saluto del Signore risorto ai suoi discepoli: "Pax vobis", la pace sia con voi! Siamo qui riuniti nella preghiera e nel comune ascolto della parola di Dio. Siamo riuniti nel nome del Signore. Per questo, Cristo, il Signore stesso risorto, è in quest'ora presente e operante in mezzo alla sua comunità. Egli ci ha assicurato infatti: "Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt 18,20).


2. Quest'ora del mattino dell'Ascensione è per noi un'ora di presa di coscienza e di missione; coscienza della preziosa eredità che Gesù ci lasciato nella Chiesa quando è tornato al Padre, e missione, perché il Signore ci dice ancora: "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura" (Mc 16,15). Egli si trova anche questa mattina sulla riva del lago di Tiberiade e invita Pietro e gli altri discepoli, il Papa e voi tutti: "Gettate la rete... e troverete" (Jn 21,6).

Pietro aveva già udito una simile parola dalla bocca del Signore. Aveva allora risposto: "Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola gettero le reti" (Lc 5,5).

Queste parole di Pietro, il suo successore vuole ripeterle oggi insieme con voi. Vorrei che tutti voi, ai quali è stato affidato un servizio o una carica nella Chiesa, vescovo e sacerdoti, religiosi e laici, diciate con me: Signore, sulla tua parola gettero le reti. Dopo un lavoro faticoso e forse addirittura vano, Gesù si ritrova sempre sulla riva e ci fa partecipi della gioiosa certezza: "E' il Signore!" (Jn 21,7).

La sua presenza che ci aveva promessa ci dà forza e fiducia per un impegno sempre nuovo nel suo mandato per il regno di Dio in questo mondo. Il Concilio Vaticano II ha impegnato con forza l'intero popolo di Dio e tutti i suoi membri ad un'attiva collaborazione alla missione di Cristo e della Chiesa. Esiste infatti "una vera uguaglianza riguardo alla dignità e all'azione comune a tutti i fedeli nell'edificare il corpo di Cristo" (LG 32). Analogamente abbiamo udito proprio nella lettura della Lettera agli Efesini: "Un solo corpo, un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo Battesimo, un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti" (Ep 4,4-6).

Questa uguaglianza fondamentale di tutti i credenti, che trova la sua espressione anche in questo incontro comune di laici, religiosi, sacerdoti e del vescovo con il Papa, non ci deve far dimenticare d'altra parte che la Chiesa è nello stesso tempo strutturata organicamente, un corpo con molte membra, che non svolgono tutte lo stesso servizio: "A ciascuno di noi, tuttavia, è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo. E' lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo" (Ep 4,7 Ep 4,11-12).

Gettate dunque anche voi le reti al comando di Gesù Cristo, ciascuno secondo il servizio affidatogli. Annunziate il Vangelo con la parola e con l'azione a tutte le creature. Fate che la sua luce splenda nella vostra vita personale e nelle vostre famiglie, affinché gli uomini "vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli" (Mt 5,16). Attraverso la vostra testimonianza di amore fraterno, che si prende cura delle odierne necessità spirituali e materiali, fate di nuovo di ogni comunità una città collocata sopra un monte che non può restare nascosta (cfr. Mt 5,14), una casa che è aperta anche all'ultimo e al più povero.

Gettate per Gesù Cristo le vostre reti! Portate la sua lieta novella in tutti i settori della realtà del creato: nelle comunità, nello Stato e nella società, nel mondo del lavoro, nell'educazione e nella scuola, nella produzione culturale e scientifica, nel mondo della stampa e dei mezzi di comunicazione, nello sport e nel tempo libero, nella struttura della vita pubblica. Non per dominare questi settori ma per rendere loro un prezioso servizio, per orientare tutto verso il vero bene dell'uomo. Il Vangelo porta veramente le cose alla loro verità ultima e le apre a Dio, cosicché l'uomo possa arrivare in esse al suo vero compimento. Restate nello stesso tempo fedeli alla gloriosa tradizione missionaria del vostro Paese. Oltre ai doni generosi per le missioni in tutto il mondo, per i quali vi ringrazio calorosamente anche a nome delle giovani Chiese, vi è anche oggi bisogno di persone come sacerdoti, religiosi e laici, disponibili per l'annunzio della fede in tutto il mondo. Possa il luminoso esempio dei numerosi missionari lussemburghesi spingere anche oggi molti giovani di questo Paese alla sequela di Cristo: questa forma così necessaria nella vita della chiesa.


3. Carissimi fratelli e sorelle laici. La vostra vocazione a partecipare alla missione della Chiesa si fonda sul sacramento del Battesimo, attraverso il quale siete stati incorporati in Cristo stesso. Mirate dunque a mantenere vivo e a rafforzare sopra ogni cosa questo legame vitale con il Signore crocifisso e risorto con la preghiera e la frequenza assidua ai sacramenti, specialmente all'Eucaristia e alla Penitenza. Sforzatevi di "comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto" (Ep 4,1).

Per un fruttuoso apostolato sono particolarmente importanti una formazione solida e un aggiornamento continuo, in cui si plasmi una personalità cristiana cosciente delle sue responsabilità, che vada di pari passo con un'educazione profonda nella dottrina religiosa e nella vita spirituale. Un'altra importante premessa è un rapporto fiducioso con coloro che lo Spirito Santo ha costituito a guidare la Chiesa di Dio (cfr. Ac 20,28), in pratica con il vostro vescovo e con i sacerdoti che curano l'ufficio pastorale nelle diverse forme dell'apostolato dei laici. Questo vale particolarmente per coloro che vengono chiamati a collaborare direttamente con i loro parroci nel servizio delle comunità e assumono così diversi compiti nella catechesi e nell'assistenza spirituale agli infermi, nella pastorale familiare e comunitaria, nel culto e in altri campi. Lo stretto legame con l'ufficio pastorale è tuttavia altrettanto indispensabile per ogni altra forma di apostolato dei laici nei molteplici settori già citati del mondo. Anche l'evangelizzazione delle realtà terrene è compito dell'intera Chiesa.

Ai sacerdoti incombe particolarmente l'obbligo di annunziare i principi riguardanti il fine dell'ordinamento della creazione e dare assistenza morale e spirituale, mentre i laici si occupano dell'immediata formazione dell'ordine temporale.

Questo campo particolare dell'apostolato dei laici sembra essere stato alquanto trascurato qua e là in questi ultimi anni in favore di compiti interni alla Chiesa. E' tempo di restaurare il giusto equilibrio e ridare ai movimenti di apostolato dei laici quel dinamismo senza il quale non possono svolgere efficacemente i loro compiti nella società. I movimenti di apostolato dei laici devono mirare da parte loro a orientarsi verso i nuovi settori della vita nei quali esiste oggi una particolare esigenza di evangelizzazione. Voglio citare i settori relativamente nuovi per il vostro Paese - almeno nella loro portata e impronta odierna - dell'informatica, del sistema bancario, delle organizzazioni internazionali, dei mezzi di comunicazione, della sanità.

Infine vorrei raccomandare alla vostra responsabilità cristiana in particolar modo la preoccupazione per i giovani nel vostro Paese. I giovani sono affamati della vera vita e cercano spesso disperatamente nuovi significati che rendano la loro vita degna di essere vissuta. Questa è una grande opportunità per la fede e per il Vangelo. E' un serio impegno per dischiudere alla giovane generazione la via a Cristo attraverso una testimonianza di fede coerentemente vissuta nelle famiglie, nella scuola e nell'assistenza sociale per la gioventù. La gioventù ha diritto alla piena verità della fede. In questo risiedono anche il valore e la responsabilità di un'appropriata istruzione religiosa, che tenga il passo con gli altri settori dell'educazione e per il cui consolidamento istituzionale voi lottate giustamente insieme con tutti coloro che sostengono la missione educativo-etica della scuola.


4. Su questo sfondo della vocazione generale dei laici nella Chiesa risalta ora chiaramente la funzione speciale di servizio del sacerdote fondata sul sacramento dell'ordinazione. Siete voi la forza del sacramento dell'ordinazione, fratelli carissimi nel sacerdozio, come dice con profondo significato il Concilio Vaticano II, "consacrati per predicare il Vangelo, pascere i fedeli e celebrare il culto divino, quali veri sacerdoti del Nuovo Testamento" (LG 28).

Questa identità sacerdotale non viene messa fondamentalmente in dubbio tra di voi. Cercate seriamente e fedelmente di svolgere i vostri compiti sacerdotali. A questo punto rivolgo un particolare ringraziamento ai sacerdoti più anziani che anche oltre i limiti del loro pensionamento continuano a prestare preziosi servizi pastorali.

D'altra parte non bisogna misconoscere che qualche confratello è insicuro nel suo sacerdozio. Sviluppi di varia specie nella mentalità degli uomini e nelle strutture sociali fanno sorgere in qualcuno di voi il dubbio se si trovi al posto giusto, se il suo sacerdozio abbia ancora senso. Questa insicurezza culmina nel dubbio angoscioso: chi continuerà il lavoro, di fronte alla penuria di nuove vocazioni sacerdotali? Una preoccupazione per il futuro che ci attanaglia tutti. Le reazioni a queste tensioni interne possono assumere la forma di un'eccessiva durezza o passività, delusione e rassegnazione, ripiegamento sul minimo necessario nell'espletamento rituale del ministero sacerdotale.

Da un punto di vista umano questi comportamenti possono essere comprensibili. Ma la risposta adeguata al nostro sacerdozio è un'altra: è la fede nel Signore anche oggi presente; è la fiducia nella sua parola: "Gettate le vostre reti", che è valida in particolar modo per noi sacerdoti. Importa sopra ogni altra cosa che noi siamo uomini di salda fede. Ricordiamoci di ciò che Gesù disse a Pietro poco prima di andare al monte degli Ulivi: "Simone... ho pregato per te, ché non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli" (Lc 22,31-32). Questo non è solo il particolare compito di Pietro, ma di ogni altro sacerdote nei confronti dei suoi confratelli sacerdoti e nei confronti dei fedeli, ai quali è inviato. La fede temprata nel fuoco delle prove e riconciliata nel perdono è una forza capace ancora oggi di spostare le montagne.

Ci incoraggia ad andare dietro alle pecore smarrite con spirito missionario, senza mai stancarsi.

Con una simile fede la nostra vita segue la via di Cristo, il crocefisso e il risorto: da lui solo il nostro essere sacerdoti deriva il suo senso e la sua missione. Per questo il nostro sacerdozio può dispiegarsi solo quando è radicato nel mistero pasquale. Non sono determinanti per il nostro agire i criteri terreni di "successo", ma la legge del chicco di grano, che deve cadere in terra e morire per produrre molto frutto (cfr. Jn 12,24). In questa luce pasquale dovete vedere anche le molteplici forme di rinuncia che caratterizzano il vostro sacerdozio, non ultimo l'impegno al celibato, preso nei confronti di Cristo e della sua Chiesa. Il celibato sacerdotale richiesto dalla Chiesa latina rende concreta nella maniera più appropriata la relazione, unica del suo genere, del sacerdote verso Cristo, fondata nel sacramento dell'ordinazione. Il sacerdote è ordinato proprio per richiamare alla mente che Cristo è il capo del corpo della Chiesa, ed è quindi chiamato a conformarsi il più strettamente possibile alla forma di vita di Gesù.

Ne deriva una maggior libertà per un servizio indiviso a Dio e agli uomini.

Questi, confratelli carissimi, sono doni preziosi che portiamo in "vasi di creta" (cfr. 2Co 4,7). Dobbiamo custodirli e averne cura con la preghiera quotidiana, con la celebrazione della messa, con la frequenza assidua al sacramento della Confessione e con il vincolo speciale della fratellanza, che unisce i membri del presbiterio con il loro vescovo e tra loro. Questa fratellanza deve avere anche oggi un'espressione concreta nella preghiera comune e in forme diverse di vita comune e di collaborazione sempre servizievole. E' anche necessario un solido e costante aggiornamento. Certamente incontriamo spesso difficoltà a causa della mentalità degli uomini di oggi proprio perché non conosciamo sufficientemente la cultura moderna e non troviamo un giusto accesso al mondo dell'istruzione della nostra epoca. Lo studio della Sacra Scrittura e della teologia dovrebbero aiutarci più di ogni altra cosa a valutare correttamente, vale a dire alla luce del progetto divino di salvezza, la situazione pastorale. La storia della salvezza non lascia dubbi infatti sul fatto che il popolo di Dio messianico, anche se spesso appare come un piccolo gregge, "costituisce effettivamente per tutta l'umanità un germe validissimo di unità, di speranza e di salvezza" (LG 9). Questa è la nostra incrollabile speranza, per la quale vale anche oggi la pena di essere sacerdoti o di diventare sacerdoti.

In voi, miei giovani amici, che vi preparate al sacerdozio, vorrei che questa speranza fosse scolpita nel profondo del cuore. Andate avanti con gioia e decisione sulla via alla quale il Signore vi ha chiamati. So bene con quanta bontà e premura il vostro vescovo vi accompagna su questa via. Dovete essere anche consapevoli dell'amore paterno e della preghiera del Papa.


5. La Chiesa che serviamo è il regno di Dio presente nel mistero. Ed è proprio la vostra vita, carissimi fratelli e sorelle religiosi, ad essere dedicata a questa parte interna della Chiesa, la realtà velata della venuta di Dio tra gli uomini già avvenuta e ancora incompiuta nella sua definitività. Attraverso l'impegno liberamente assunto dei consigli evangelici vi siete dedicati a Dio nella maniera più intima. così si compie nella vostra vita, con una forza di testimonianza esemplare, ciò che tutti chiediamo nel Padre nostro: "Venga il tuo regno.

Sia fatta la tua volontà, come in cielo e così in terra". In una forma di vita che riserva il primo posto alla preghiera, al silenzio e al raccoglimento, alla lettura spirituale e alla contemplazione, e per causa sua lascia molte altre cose apparentemente urgenti, voi prendete sul serio il comando del Signore: "Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia..." (Mt 6,33). Voi ricordate ai vostri fratelli cristiani che non devono perdersi nel temporaneo e nel provvisorio e non devono dimenticare l'unica cosa necessaria. La vostra rinuncia ai valori non ultimi che sono considerati validi in questo mondo: autodeterminazione e approvazione, ricchezza e beni, matrimonio e famiglia, è l'urgente esortazione di cui ha bisogno l'intera Chiesa per non conformarsi a questa terra ma tendere sempre, come popolo di Dio in cammino, al regno nel suo compimento.

Ma la vostra esistenza deve nello stesso tempo rendere evidente che il regno di Dio è già cominciato qui oggi. Attraverso un'umanità autentica purificata da ogni egoismo, alla scuola del sermone della montagna, potete testimoniare che il regno di Dio è in verità la vita degli uomini, come dice il vostro motto di questi giorni, e che la sequela radicale di Gesù serve all'autentico sviluppo della personalità umana e della libertà dell'uomo. Le vostre comunità devono essere soprattutto orientate, sull'esempio della Chiesa primitiva nella quale "la moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuore solo e un'anima sola" (Ac 4,32), ad attuare già ora la promessa di un'umanità riconciliata in Cristo attraverso una fratellanza sincera e leale.

Voi servite questo regno di Dio già presente nella Chiesa con i molteplici doveri dell'apostolato e della carità che avete assunti: attraverso la vostra presenza nella scuola, nell'assistenza sociale alla gioventù, al capezzale degli infermi e nelle diverse forme di misericordia evangelica con cui siete attenti ai segni dei tempi nell'ubbidienza allo Spirito di Dio e all'eredità dei vostri fondatori.

Siete profondamente convinti che la vostra vita secondo i consigli evangelici è irrinunciabile per il bene della Chiesa e degli uomini. Amate la vostra vocazione e siate sempre gioiosi nel profondo del cuore. Dio porterà allora già oggi nuove persone alle vostre comunità e le farà crescere con l'aiuto dello Spirito Santo. Questa è la mia preghiera e la mia fiduciosa speranza, sia per le vocazioni sacerdotali che per il rafforzamento di un laicato ispirato da spirito apostolico.

Di cuore imparto a voi oggi, fratelli e sorelle presenti e anche a tutti i sacerdoti e religiosi nonché a tutti i credenti della Chiesa del Lussemburgo la mia speciale apostolica benedizione.

Data: 1985-05-16 Data estesa: Giovedi 16 Maggio 1985





Omelia alla messa dell'Ascensione - Lussemburgo

Titolo: Scegliete la vita che Dio vi offre




1."Predicate il vangelo a ogni creatura" (Mc 16,15).

Queste parole del Signore restano valide ogni giorno, da quasi duemila anni. Ma oggi assumono un significato affatto particolare, perché oggi la Chiesa celebra il giorno in cui furono pronunciate per la prima volta: il giorno dell'Ascensione di Cristo.

"Ascende il Signore; gioiscono i cieli" (Ps 47,6). E' anche il giorno del suo congedo dalla terra. Gesù di Nazaret termina definitivamente la sua missione messianica in Israele, il popolo eletto del Vecchio Testamento. Con la sua croce e la sua risurrezione egli ha costituito la nuova ed eterna alleanza.

Con la sua carne e il suo sangue ha istituito l'Eucaristia: vittima unica di questa nuova alleanza tra Dio e gli uomini. Ed ecco le sue ultime parole su questa terra. Le rivolge agli apostoli: "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura" (Mc 16,15).


2. Queste parole del Signore che se ne va sono state osservate dalla Chiesa nel corso della sua storia con coraggio e spirito di sacrificio, e ancora oggi diventano di nuovo realtà. Anche questa regione, dove si trova oggi il vostro Paese del Lussemburgo, era già dai tempi antichi meta dei missionari che annunziarono ai vostri antenati la lieta novella del Signore risorto e asceso. Già nel periodo tardo romano il Vangelo fu annunziato nella vostra regione da soldati e commercianti e da missionari itineranti isolati provenienti da Treviri e da Liegi.

Molti importanti monasteri e abbazie furono fondati qui e svolsero le loro opere benefiche. Voglio ricordare il monastero di Echternach dove viene venerata ancora oggi la tomba del suo fondatore san Willibrordo. Il vostro Paese, nella fedeltà alla fede cattolica dei vostri padri, resse bene alle bufere della Riforma e alle tendenze ostili alla fede e alla Chiesa al seguito della Rivoluzione francese. Frutto ben meritato di questa fede matura e convinta fu la fondazione della diocesi autonoma del Lussemburgo nel 1870. E così voi formate oggi una Chiesa locale pienamente sviluppata; quella Chiesa locale che si è riunita qui per una grande celebrazione di fede alla quale voglio partecipare anch'io come pellegrino e fratello, come Vescovo di Roma e successore di san Pietro.

Saluto con gioia il vostro vescovo monsignor Hengen, con tutti gli altri vescovi e sacerdoti e religiosi presenti. Saluto con deferenza la famiglia granducale e i rappresentanti del governo e della società. Il mio saluto va infine a tutti voi, all'intero popolo di Dio nel Lussemburgo e ai numerosi ospiti convenuti dalle nazioni confinanti. La mia visita è rivolta a voi tutti. A nome di Cristo voglio incoraggiare e rafforzare voi tutti che, insieme con noi, costruite la grande comunità di quella Chiesa, che sa essere solidale anche con quelli che si sono stancati della loro fede e si sono estraniati dalla vita ecclesiale. Anche a costoro, dovunque seguano la nostra celebrazione eucaristica nella festa dell'Ascensione, voglio estendere il nostro saluto e la nostra mano fraterna.

Raccomandiamo loro, e noi tutti che siamo raccolti, davanti alla venerata immagine di Maria, in particolar modo all'intercessione alla "Consolatrice degli afflitti", alla Madre della speranza e della consolazione per il popolo di Dio pellegrino.


3. Ascensione di Cristo significa ritorno al Padre: "Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo, e ritorno al Padre" (Jn 16,28).

Dio stesso è entrato attraverso il suo Figlio nella storia del mondo e dell'umanità. In questo modo sostanza del Padre, si è fatto uomo. Per opera dello Spirito Santo è nato dalla Vergine Maria. Ha vissuto la sua vita terrena come vero uomo; ma quest'uomo cresciuto nel mezzo del popolo di Israele, chiamava Dio suo Padre. Poteva dire: "Io e il Padre siamo una cosa sola" (Jn 10,30). E da questa profonda unione con il Padre insegno anche a noi uomini a pregare: "Padre nostro...". Questa preghiera contiene inoltre l'intero Vangelo, l'intera lieta novella. Questa lieta novella dice: tu, uomo, hai la tua origine in Dio, e in Dio si trova anche la tua meta finale. In lui trovi la vita eterna.

Questa è la verità che Cristo ci ha rivelato: ha annunziato questo una volta per tutte al suo popolo d'Israele e a tutti gli uomini del mondo. La sua missione messianica si rivela proprio nel fatto che egli è uscito dal Padre e ritorna a lui. Il suo cammino terreno passa così attraverso ogni "cuore umano inquieto", che cerca e aspetta la salvezza.

Quanto profonde e significative sono le parole che Gesù rivolge al Padre alla fine dei suoi giorni su questa terra: "E ora, Padre, glorificami davanti a te, con quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse" (Jn 17,5).

Queste parole parlano della eterna unità trinitaria del Figlio con il Padre nello Spirito Santo. Richiamano anche alla morte di Cristo sul Calvario e annunziano nello stesso tempo che questa morte conduce alla risurrezione. Quella stessa gloria che Dio ha dall'eternità, viene donata ora anche al Figlio dell'uomo, che siede alla destra del Padre.

Per un certo tempo - il Vangelo parla di quaranta giorni - fu rivelata quella gloria del Risorto anche agli uomini, alla giovane Chiesa. Il suo compimento viene raggiunto nella gloria di Cristo quando con la sua Ascensione ritorna definitivamente al Padre.


4. I momenti del congedo prima del ritorno al Padre ci sono descritti negli Atti degli apostoli. Trovandosi per l'ultima volta a tavola con essi, ordina agli apostoli di attendere che si adempia la promessa del Padre, quella che ha annunciato loro: "Giovanni ha battezzato con acqua... voi avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra" (Ac 1,5 Ac 1,8). Queste parole concordano perfettamente con il comando di Gesù alla fine del Vangelo di Marco: "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura" (Mc 16,15).

Ecco, con l'Ascensione termina il tempo di Cristo su questa terra e incomincia il tempo della Chiesa. Dieci giorni dopo, alla Pentecoste, questo tempo della Chiesa viene rivelato e annunziato solennemente dallo Spirito Santo, che scende sugli apostoli nel cenacolo di Gerusalemme. Ogni istante di questo cammino della Chiesa attraverso la storia contiene tuttavia le sue radici profonde nella vita e nell'agire messianico di Cristo sulla terra. Incontriamo così sempre di nuovo il mistero dell'Ascensione.

Nel suo pellegrinaggio attraverso i secoli la Chiesa annunzia sempre colui che è uscito dal Padre, è venuto nel mondo, ha poi lasciato il mondo ed è tornato al Padre. E' Cristo, il Figlio eterno di Dio, che ora rimane con il Padre come uomo. In questo modo è così diventato la "via" dell'uomo, la via per tutti gli uomini che, tutti senza eccezione, sono chiamati alla sua sequela, sulla via al Padre.


5. Fratelli e sorelle carissimi: la Chiesa del Lussemburgo è chiamata a sua volta a seguire la via di Gesù Cristo; è anch'essa una Chiesa pellegrina. Ma dove si trova oggi? Quale è la sua via nel 1985? Il vostro Paese, il Lussemburgo, ha saputo superare bene molte difficoltà nel passato e respingere numerose minacce: minacce di guerra, di sconvolgimenti politici, di privazione e miseria. Grazie al vostro dinamismo il tenore di vita è migliorato nel Paese. Un aeroporto, stazioni radiotelevisive, organismi e banche internazionali hanno aperto la vostra città all'Europa e l'hanno resa accogliente per tutti. "Il Lussemburgo appartiene alla società dell'opulenza con i suoi vantaggi, le sue ombre e i suoi eccessi"; così si esprimeva il vostro quarto sinodo diocesano.

Ma oggi, in questo luogo che è stato testimone della prima venerazione dell'immagine della "Consolatrice degli afflitti", vorrei riprendere alcune importanti domande che vi furono poste dal vostro vescovo nella sua lettera pastorale dello scorso ottobre: "Che ne è della fede e della preghiera nelle nostre famiglie, della santificazione della domenica, della trasmissione della fede alle giovani generazioni? Cosa manca alla nostra comunità di fede, di fronte allo scarso numero delle vocazioni sacerdotali e religiose? La nostra speranza, sale della terra che deve ridare sapore, ossia senso e pienezza alla vita di tanti uomini, sarebbe forse diventata piatta e insipida nel vuoto spirituale della nostra epoca? Le nostre comunità cristiane sono ancora quelle città sulla montagna la cui luce splende agli occhi degli uomini, affinché rendano gloria al Padre che è nei cieli? L'amore che Dio ha per noi, ci apre ancora gli occhi a ciò che deve cambiare nei nostri rapporti umani, affinché la nostra società sia permeata sempre più di giustizia e d'amore?".

Il Cristo ci ha insegnato a vivere la nostra vita come un cammino verso il Padre. In quanto cristiani, la nostra riflessione e la nostra azione devono guardare continuamente al Dio dei cieli, e devono anche assegnargli il primo posto. "Padre nostro che sei nei cieli": poiché ci è permesso di dire questa preghiera, riprendiamola senza stancarci. Se contempliamo l'Ascensione di Cristo, se andiamo al Padre nella sua sequela, non è per guardare al cielo come a un sogno, non è per rimanere passivi e dimenticare le nostre responsabilità quotidiane negli avvenimenti concreti. Al contrario, il Padre nostro ci insegna nello stesso tempo a pregare e a fare tutto il possibile affinché la volontà di Dio si compia sin da ora tra di noi, perché "il cielo venga sulla terra", perché il regno di Dio s'instauri nei nostri cuori, nelle nostre famiglie e nella società.

Ma gli uomini di oggi, accecati dal progresso e dal benessere, volgono spesso il loro sguardo solo verso la terra; non guardano più in là del mondo in cui si chiudono, accettano la secolarizzazione. Si organizza coscientemente il proprio stile di vita in funzione delle sole realtà di questo mondo, senza curarsi di Dio e della sua volontà. E' da sempre quella stessa tentazione di dimenticare Dio, o almeno di vivere come se non esistesse (cfr. Sg 2,19). Questa maniera di vivere, nella quale ci si rifiuta di guardare al Padre che è nei cieli, non può tuttavia soffocare l'aspirazione profonda dell'uomo, perché il suo è un destino di eternità. Il suo accecamento lo conduce quindi a nutrirsi d'illusioni, a idolatrare le realtà terrene: ne resta profondamente deluso e assume comportamenti suicidi. Quando l'uomo crede di potersi realizzare con le sue sole forze, mette a tacere il desiderio di Dio che è in lui per dedicarsi alla ricerca insaziabile ed egoistica del piacere.

Ma vorrei essere per voi un messaggero di gioia (cfr. 2Co 1,24); nel nome di colui che ci ha promesso la pienezza della vera vita, proprio in questa festa dell'Ascensione di Cristo, vi incoraggio a volgere il vostro sguardo, i vostri pensieri e la vostra ricerca "in alto", verso Cristo che ci precede.

Abbiamo bisogno di questo sguardo volto al cielo, perché ci aiuta a fare buon uso dei beni temporali; non perderemo così il bene eterno, ossia l'amicizia di Dio.

Abbiamo bisogno di volgere il nostro sguardo di credenti a Dio, che è il nostro Padre comune. Lui solo ci rende capaci di quella fratellanza così necessaria per avere il coraggio di combattere la fame tra gli uomini, di stabilire la pace nel mondo, di attenuare i conflitti, per vincere il male con il perdono e scegliere la vita piuttosto che la morte.


6. Le parole che Mosè rivolgeva al popolo di Dio nell'antica alleanza conservano il loro valore per noi cristiani: "Io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza" (Dt 30,19).

Il nostro cammino di pellegrini sulla terra esige che scegliamo continuamente tra la "vita" e la "morte": la vita eterna si trova solo in Dio; da solo, il mondo in definitiva può offrire agli uomini solo la certezza della morte.

La fede orienta il nostro sguardo verso il Padre, ci trascina verso di lui attraverso Cristo che ha vinto il mondo. Aprite a Dio la vostra vita, aprite a Dio la vostra vita di ciascun giorno con la preghiera. Pregate ogni giorno il Padre nostro, come i cristiani ebbero consuetudine di fare sin dai primi tempi.

Aprite a Dio la vostra settimana di lavoro santificando la domenica e partecipando regolarmente all'Eucaristia. Osservate il giorno del Signore come un bene prezioso; sarà così possibile evitare di diventare schiavi del lavoro o dei divertimenti. Nel matrimonio e nella famiglia ricordate le vostre responsabilità gli uni verso gli altri. Santificate la vita del focolare secondo l'insegnamento della Chiesa! Vivete della fede affinché la fede cristiana possa crescere anche nei vostri figli e nei giovani.

Scegliete la vita che Dio vi dà nella Chiesa attraverso Cristo, perché la sua promessa è eterna. Nella vita, date il primo posto ai valori spirituali e religiosi, prima dei valori materiali. Difendete i valori morali fondamentali nella società; solo essi garantiscono una vita comune degna dell'uomo. Chi s'impegna risolutamente in favore del diritto e della giustizia laddove esercita le sue responsabilità personali può anche difendere fermamente le grandi aspirazioni dei popoli e dell'umanità. E colui che lo fa nello spirito di Cristo sa di contribuire alla venuta del regno di Dio nella nostra epoca; nel Padre nostro noi preghiamo specialmente perché questa via venga preparata. Nonostante tutte le minacce reali che la guerra atomica e la degradazione morale fanno pesare sull'umanità, il credente sa a chi alla fine apparterrà il futuro. Il Vangelo dell'Ascensione ce lo annuncia: "Egli tornerà". Dio è il primo, sarà anche l'ultimo. Gesù è l'Alfa e l'Omega dell'intera storia, colui che è, che era e che viene (cfr. Ap 1,8).


7. Carissimi fratelli e sorelle, possa la mia visita pastorale, ispirata al tema del Padre nostro, aiutarvi a prendere meglio coscienza della grazia della vostra vocazione cristiana e delle vostre responsabilità. La festa dell'Ascensione dà una forza incomparabile alla preghiera del Signore: celebrando il Cristo asceso ai cieli, tutta la comunità si volge al Padre, come facciamo umilmente ogni giorno nella preghiera che il Signore ci ha affidato.

L'apostolo Paolo ha scritto nella sua Lettera agli Efesini: "Che il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di lui. Possa egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi e quale è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi credenti" (Ep 1,17-19).

In questo Paese, i testimoni della fede hanno annunciato il Cristo, lui, l'uomo glorificato sulla croce e "seduto alla destra del Padre". In questo Paese, molte generazioni di uomini hanno ripetuto la preghiera del Padre nostro. Voi stessi l'avete scelto come tema conduttore della visita che sta compiendo tra di voi il Vescovo di Roma, il successore di Pietro.

Questa preghiera sia per voi sempre un sostegno, carissimi fratelli e sorelle: possa essa aiutare la vostra generazione e le generazioni che seguiranno a conoscere Dio più profondamente; possa "illuminare gli occhi del vostro cuore", affinché nulla vi turbi o vi acciechi; possa rendervi sempre più coscienti "della speranza data a voi cristiani dal suo appello"; possa farvi comprendere "quale regno vi dà la gloria senza prezzo dell'eredità" che Cristo ci ha lasciato, grazie alla sua nascita dalla Vergine Maria; possa farvi scoprire "l'infinita potenza che dispiega per noi credenti": quella potenza che è stata manifestata dalla sua risurrezione e dalla sua Ascensione.

Gesù Cristo: vero Figlio di Dio! Gesù Cristo: vero uomo, che siede "alla destra di Dio". Amen Preghiera al termine della Messa O Cristo, Signore, Figlio diletto del Padre, / amico dell'uomo, maestro che ami la vita, / tu non dimentichi nessuna creatura. / Guarda la Chiesa che è nel Lussemburgo, / infondi in lei il soffio vivificante e il fuoco del tuo Spirito. / Imprimile il sigillo dello Spirito Santo, / ricorda ai battezzati che essi sono membri del tuo corpo. / Dimora nei loro cuori con la fede. / Fa' che trovino le loro radici e il loro fondamento nell'amore. / Aprili alla lode della tua gloria.

O Cristo, Signore, potenza e sapienza di Dio, / tu condurrai ogni cosa al suo compimento, / perché la potenza del tuo amore supera ogni conoscenza; / tu puoi darci più di quanto noi sappiamo domandare.

Dona al tuo popolo uno spirito di sapienza, / illumina gli occhi del suo cuore / affinché accolga nella tua parola il fermento di tutta la sua vita: / della famiglia e della società, del lavoro e del tempo libero, / dell'infanzia e della giovinezza, / dell'età adulta e della vecchiaia.

O Cristo, sapienza di Dio, / riflesso splendente della sua gloria ed espressione del suo essere, / tu sostieni l'universo con la potenza della tua parola. / Insegna a questo popolo il vero senso delle cose di questo mondo / e l'amore dei beni eterni, / affinché egli sappia disporre dei tuoi doni / distinguendo il bene e il male.

Donagli l'amore all'interno delle famiglie, / la giustizia nelle relazioni sociali, / la verità nei mezzi di comunicazione, / la riconciliazione nei conflitti.

Aiuta gli uomini di questo Paese a utilizzare il tempo, / per servire il Padre tuo e tutti i loro fratelli, / per amarsi contro le forze del male / e vivere da figli della luce.

O Cristo, Figlio di Dio, / ti sei spogliato prendendo la condizione di servo, / e divieni simile agli uomini fino alla morte di croce. / Primogenito tra i morti, Cristo risorto, / attraverso di te è piaciuto al Padre riconciliare tutti gli esseri. / Mediante il nostro battesimo nella tua morte e nella tua risurrezione, / tu concedi anche a noi di vivere una vita nuova.

Per mezzo della Vergine Maria, Madre tua dal cuore immacolato, / noi ti preghiamo: / facci scoprire i tesori di sapienza nascosti in te. / Con Maria, noi vogliamo conservarli / e meditarli nel nostro cuore. / Con Maria, presente in mezzo ai discepoli, / donaci di essere testimoni fedeli, / nella fede e nell'amore.

Amen. Data: 1985-05-16 Data estesa: Giovedi 16 Maggio 1985






GPII 1985 Insegnamenti - Ai lavoratori - Lussemburgo