GPII 1985 Insegnamenti - Recita del Regina Coeli - Lussemburgo

Recita del Regina Coeli - Lussemburgo

Titolo: Autentici cristiani solo nell'unità di fede della Chiesa

Fratelli e sorelle carissimi.

Al termine della nostra celebrazione festiva, nella quale abbiamo preso nuovamente coscienza della nostra missione quali discepoli del Signore risorto, rivolgiamoci ancora una volta a Maria. I vostri antenati la elessero protettrice e patrona del vostro popolo. Grazie al suo materno aiuto avete continuamente rafforzato e portato a maturità la vostra fede cattolica.

La sua protezione accompagni anche il vostro odierno cammino di fede.

Essa ci ricorda che possiamo essere cristiani solo nell'unità vivente con la fede trasmessa dalla Chiesa, quale la spiega il magistero della parola di Dio odierna.

Con fiducia e fermezza essa ci dice e ci ripete costantemente: "fate quello che (Cristo) vi dirà" (Jn 2,5). Alla sua parola di madre amorevole rispondiamo con completa disponibilità e dedizione. A lei affidiamo noi stessi e le nostre famiglie, i giovani e gli anziani, i forti e i deboli. Alla sua materna protezione affidiamo il nostro vescovo, i sacerdoti e i religiosi, tutti i credenti e cittadini di questo Paese.

Maria vada incontro a Cristo, il suo Figlio risorto, che è stato elevato alla destra del Padre, alla testa del popolo di Dio pellegrino. Nella gioiosa attesa dei doni dello Spirito Santo nella Pentecoste, lodiamo insieme ad essa la grandezza del Signore, che ha fatto cose meravigliose a Maria e a tutti noi.

Data: 1985-05-16 Data estesa: Giovedi 16 Maggio 1985





Ai giovani e alle giovani del Granducato - Lussemburgo

Titolo: Fedeltà, dono di sé, libertà di Cristo per un futuro migliore

Carissimi giovani amici.


1. La lettura degli Atti degli apostoli che avete scelto parla di Pietro. Ma parla anche di voi: "Pietro si alzo in mezzo ai fratelli" (Ac 1,15). Benché fossero in molti, diversi vengono chiamati per nome; sono ricordati personalmente gli apostoli, le donne con Maria, madre di Gesù, e gli altri. Anche a voi voglio parlare oggi personalmente; ognuno di voi lo considero fratello o sorella. Sono qui "in mezzo ai fratelli" e vi rivolgo la mia parola.

Riusciremo a capirci? A tale riguardo questa stessa lettura indica un'importante condizione: "Erano assidui e concordi nella preghiera" (Ac 1,14).

Così aspettavano il dono dello Spirito Santo. così anche noi vogliamo incoraggiarci e rafforzarci gli uni gli altri sul comune cammino come cristiani.

Il successore di Pietro è cosciente della sua missione: "Conferma i tuoi fratelli"; "Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecorelle"; Sii come una roccia per la Chiesa di Cristo e per la sua unità (cfr. Lc 22,32 Jn 21,15ss; Mt 16,18).


2. così mi sono inginocchiato e ho pregato dinanzi alla tomba di san Willibrordo.

Egli ha dato nome e fama alla città di Echternach - i cui cittadini saluto molto cordialmente - fondando nel 698 la rinomata abbazia. Lo venero qui come messaggero di fede in grandi zone dell'Europa nordoccidentale, e non ultimo come fondatore della Chiesa neerlandese, che ho potuto visitare in questi giorni. "Trascinato da fervore apostolico, si mise in marcia a trentatré anni per condurre molti popoli alla fede". così la liturgia loda l'opera del grande missionario (Officio di san Willibrordo).

E quanto era urgente per san Willibrordo "vedere Pietro" (Ga 1,18) e compiere la sua missione tra i pagani in unione con il Papa nella vita di tutta la Chiesa. Due volte si reca a Roma affrontando difficili viaggi attraverso le Alpi per cercarvi consiglio e direttive per la sua missione e infine per ricevere, con la consacrazione a vescovo, la convalida della sua fondazione della Chiesa tra i frisoni. Dobbiamo quindi essere grati a Willibrordo se queste comunità del nord sono arrivate a un'unità vivente con la Chiesa madre di Roma e con l'intera tradizione apostolica.


3. Ho piacere di sapere che anche voi, cari giovani amici, amate questo grande santo, la sua basilica e la città di Echternach. Ogni anno vi riunite qui per la Pentecoste per presentare a Dio nella processione primaverile, con la preghiera del cuore e del corpo, le difficoltà e i problemi, le preoccupazioni le angosce, ma anche la profonda nostalgia, la speranza e la fede nella vostra giovane vita. A buon diritto avete scelto questo posto, che vi è familiare e caro, per il nostro incontro odierno.

Con questa scelta fate nello stesso tempo presente che il retaggio del passato non vi è indifferente. Proprio in un posto come questo, dove siamo circondati dai testimoni di pietra di un passato cristiano forte nella fede, ci diventa chiaro che possiamo costruire un avvenimento consistente solo sul fondamento delle verità basilari e dei valori durevoli, quali ci vengono tramandati nella Chiesa di generazione in generazione e sono testimoniati e ci sono d'esempio in tutti i tempi dalle grandi strutture della fede. In rappresentanza di tanti altri voi menzionate Willibrordo, Francesco d'Assisi, la religiosa sconosciuta, il missionario lontano. Sono essi che in voi tengono desto il sogno di un mondo migliore.

Nello spirito voi volete guardare negli occhi il futuro. Perché naturalmente non è il passato, ma il futuro che appartiene al vostro cuore. In verità, brilla già nella gioventù ciò che sarà domani. Ma non vi cade in grembo come un frutto maturo. Vi è affidato per essere costruito in maniera responsabile.

A voi va la responsabilità di ciò che un giorno diventerà presente con voi. Di ciò che vi è oggi, il bene e il male nel nostro mondo, sono responsabili altre generazioni; ma ciò che vi sarà domani e postdomani, ciò che vi sarà nel 2000, questo dipende in misura sempre maggiore da voi. Dipenderà dalla vostra impostazione di vita e dal vostro impegno, dalla condizione della vostra coscienza morale e dalla vostra coscienza che il sogno di un mondo migliore si avveri.


4. Con i giochi e i canti e con le parole dei vostri oratori avete annunziato prima che siete decisi a mettere mano alla costruzione di un mondo migliore.

Volete farlo in quell'amicizia che travalica i confini con i vostri vicini del Belgio, di Germania e di Francia, ai quali in segno di pace stendete ogni anno la mano per la processione di primavera.

Ringrazio i vostri amici dei Paesi vicini per aver voluto essere presenti a questa festa oggi. Voi tutti volete preparare insieme la via per una nuova Europa, un'Europa non solo delle merci e dei beni, ma dei valori, degli uomini e dei cuori; un'Europa che ritrova la sua anima nella fede in Dio e in Cristo e nella coscienza del suo autentico passato cristiano. A questa anima dell'Europa, la sua anima autenticamente cristiana, che ha plasmato un tempo l'uomo europeo, si addice sempre distaccarsi dalle angosciose preoccupazioni e dagli interessi propri e aprirsi al dialogo e alla condivisione fraterna in tutto il mondo, per gli uomini in altre parti della terra. E' vocazione tipica dell'Europa, che ha ricevuto in misura così abbondante il seme del Vangelo da altri continenti, non tenere per sé questo dono ma trasmetterlo nella parola dell'annunzio e nei segni dell'amore che accompagnano la parola della salvezza.


5. Avete già posto oggi un tale segno. La casa che state costruendo, la casa di un miglior futuro, è fondata sulla fiducia in Dio, nostro Padre; è saldamente cementata nella solidarietà che deriva dall'amore di Cristo; culmina nella libertà che Dio ci dona. Questa casa non deve essere per noi un castello in aria; chiede una solidarietà pratica con uomini che non hanno casa, un aiuto robusto per chi abita nelle baraccopoli di Nairobi, che non hanno un tetto per ripararsi. Faccio ogni augurio per questa grandiosa iniziativa di amore cristiano per il prossimo.

Mi rallegro di poter portare nel Kenya, in occasione del mio viaggio in Africa nel prossimo agosto, il vostro contributo ad una vita più a misura d'uomo, e vi ringrazio dal profondo del cuore, a nome dei destinatari, per questa prova dei vostri sentimenti autenticamente cattolici e universali.

Quando vedo e medito su tutte le cose che vivono qui in mezzo a noi, alla ricchezza della vostra gioventù e dei vostri ideali, sento crescere in me il desiderio ardente che tutto ciò possa dare il maggior frutto possibile per il regno di Dio. Per questo vorrei portare voi giovani cristiani più vicini a Gesù stesso, il Buon Pastore, il quale ha detto: "Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (Jn 10,10). Con il giovane del Vangelo non esitate a porre al Maestro la domanda: "Cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?" (Mt 19,16). Cosa devo fare affinché la mia vita abbia il suo pieno valore e il suo pieno senso?

6. "Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?" (Mc 10,17). così parla il giovane nel Vangelo. Potremmo tradurre così: come agire affinché la mia vita abbia un senso, tutto il suo senso e tutto il suo valore? E Gesù risponde prima con un'altra domanda: "Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, se non Dio solo" (Mc 10,18). E prosegue: "Tu conosci i comandamenti: non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre" (Mc 10,19).

Amici carissimi, nell'impegnarvi sulle vie della fiducia, della solidarietà, della libertà, avete fatto la vostra scelta: la via dei comandamenti, che è innanzitutto un cammino di vita. Non aveva forse Mosè detto al suo popolo lasciandogli in eredità il decalogo: "Io ti ho posto davanti la vita e la morte... scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza, amando il Signore tuo Dio, obbedendo alla sua voce e tenendoti unito a lui" (Dt 30,19-20)? Infatti, come può l'uomo vivere le sue relazioni con gli altri secondo i comandamenti se non ha fiducia? Una fiducia che implica il rispetto della parola data, il rispetto della verità, il rispetto della dignità del prossimo anche nel suo corpo, il rispetto della sua identità di uomo e di donna; una fiducia che è anche fedeltà a prova di tutto nell'amore.

Come può essere concepita la vita degli individui e dei popoli se non nella solidarietà? Solidarietà che è ben diversa dalla legge del taglione (cfr. Ex 21,24), che sollecita a fare più di quanto gli altri fanno per noi (cfr. Mt 7,12); una solidarietà che si basa sul comandamento stesso dell'amore (cfr. Lv 19,18 Mt 22,39), e che va fino alla giustizia nuova del Vangelo che ci chiede di amare i nostri nemici (cfr. Mt 5,44).


7. Mi chiederete forse: è possibile parlare dell'amore come di un comandamento? Si può vivere contemporaneamente sotto la legge e nella libertà? A prima vista ogni legge sembra essere un vincolo, fino al momento in cui viene intesa come la giusta espressione della coscienza. I comandamenti sono scritti nel cuore dell'uomo (cfr. Rm 2,14-15). Lo testimonia Paolo: questa legge esprime il desiderio più profondo del nostro essere, anche se viviamo nel fondo di noi stessi la contraddizione con l'altra legge che ci trascina al peccato. La legge di Dio, quando ce ne lasciamo modellare, ci libera dalle catene dell'uomo passionale, rivela in noi l'essere di libertà.

E' qui che la parola di Gesù al giovane prende tutto il suo senso: "Nessuno è buono se non Dio solo"; perché Dio è amore. Perché l'amore ricapitola tutta la legge, in esso tutti i valori hanno la loro sorgente prima, in esso solo trovano la loro autenticità e la loro conferma decisiva (cfr. Lettera apostolica a tutti i giovani del mondo, 31 marzo 1985, n. 4).

Questo vale per i valori di cui avete affermato l'importanza. Come "osare di avere fiducia", infatti, in un mondo instabile e fragile, pieno di menzogna? Soltanto confidando nella bontà dell'essere creato da Dio che è amore.

Come raggiungere il massimo della fiducia? Camminando al seguito di Cristo che, nel momento supremo della fedeltà, ha potuto dire: "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito" (Lc 23,46). Con Cristo affidatevi al Padre. Nella fede, gettatevi nelle braccia di Dio. Egli non vi disilluderà. La sua fedeltà non viene mai meno.

8. Saprete allora, per esperienza propria, che la fedeltà è forte, che è bella, che è possibile, che è inseparabile dall'amore. Avete detto che la fedeltà coniugale fino alla morte vi pone problemi. Troppe unioni coniugali intorno a voi si infrangono, e so quante sofferenze ne derivano. Alcuni esitano a contrarre il vincolo matrimoniale. Ma il dolore è segno che la rottura del vincolo sacro del matrimonio costituisce un disordine e sfigura l'immagine di Dio nell'uomo. Cristo ha voluto ristabilire il matrimonio in tutta la sua bellezza, nella sua primitiva integrità, nella verità dell'inizio che rivela il disegno di Dio scritto nel più profondo della natura umana (cfr. FC 13). Appunto perché l'uomo deve realizzare il proprio destino secondo l'immagine di un Dio totalmente fedele, e a causa della fedeltà alla parola del suo fondatore, la Chiesa deve affermare l'esigenza dell'indissolubilità del matrimonio. Non ignora che questa esigenza è sentita da molti come una sfida. Ma non è forse un rendere servizio all'uomo questo incoraggiamento che gli viene dato ad andare fino al fondo della sua capacità di amare? La Chiesa è convinta delle immense capacità di amore, di fedeltà e di perdono di un cuore rinnovato nel Battesimo, nutrito dal pane dell'Eucaristia, riconciliato con Dio, con se stesso e con gli altri nel sacramento della Penitenza. Lo Spirito diffuso dal Signore nell'uomo dà all'uomo un cuore nuovo, capace di amare come Dio ama. "E voi, mariti, amate le vostre moglie come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei" (Ep 5,25). Tale è la vocazione del matrimonio cristiano.


9. Voi fornite oggi una generosa testimonianza di solidarietà. Paolo vi dice quale ne è la misura: "Imitate Dio, perché voi siete dei figli che egli ama" (Ep 5,1).

L'amore di Cristo sarà la misura del vostro amore: "Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri" (Jn 13,34). Qual è questa novità? L'amore che Gesù ci chiede è quello che egli stesso vive, fino al dono della sua vita. Ci viene chiesto molto: siamo umili.

Ma ci sono mille modi di dare la propria vita, di rinunciare a se stessi, di andare oltre se stessi nella generosità. Su ogni strada che prenderete, preparatevi a ispirare la vostra vita a questo amore, nella famiglia, tra di voi, al servizio degli handicappati, degli infermi, dei poveri. E se sentite la chiamata del Signore perché gli facciate dono della vostra intera esistenza, in una vita interamente consacrata a lui e ai fratelli, non esitate. L'umanità e la Chiesa hanno bisogno di uomini e di donne che, dandosi incondizionatamente al Signore, diano testimonianza dell'amore con il quale Dio ci ama in Cristo e della speranza come lui, si lasciano alle spalle i beni della ricchezza, del potere e dell'amore umano. Danno nella Chiesa la testimonianza speciale della vita religiosa "per il regno dei cieli" (Mt 19,12).

Coloro che afferrano la grandezza di questa vocazione comprenderanno anche le ragioni del celibato sacerdotale. Chiamato a rappresentare Cristo sul piano sacramentale nella sua funzione di capo del corpo e di gran sacerdote, il sacerdote deve rendere credibile questa assimilazione a Cristo con una vita che gli sia vicina, libera da legami che non siano quelli del suo servizio.


10. Gesù ha promesso ai suoi amici: lo Spirito di Dio "vi guiderà alla verità tutta intera" (Jn 16,13) e "la verità vi farà liberi" (Jn 8,32).

La vera libertà. Dei tre valori che avete proclamato, è la più fragile, la più difficile da discernere e specialmente da realizzare. Ricordiamoci della storia della liberazione d'Israele dalla schiavitù: essa comincio quando Mosè chiese al faraone di permettere al popolo di andare nel deserto per celebrare una festa in onore del Signore (cfr. Ex 5,1). Tutta la legge dell'alleanza ha come scopo finale di garantire quella libertà: la libertà di adorare il Signore, la possibilità per l'uomo di vivere in un rapporto libero con Dio e di servire i poveri e gli oppressi.

Ma quella del deserto, nell'Esodo, non era che una prefigurazione provvisoria della piena redenzione in Cristo. Con la sua croce Gesù, nostro liberatore, ci ha liberati dalla servitù sostanziale del peccato, nel quale hanno la loro radice tutti gli asservimenti e tutti gli avvilimenti dell'uomo. "Immagine del Dio invisibile" (Col 1,15), "irradiazione della sua gloria" (He 1,3), Cristo è l'uomo perfetto che ristabilisce in noi la somiglianza divina alterata dal momento del primo peccato. Il paradosso della nostra libertà è questo: arriviamo ad essa lasciando che Cristo ci liberi dalla legge del peccato e della morte. E' lui, morto e risorto che ci dischiude lo spazio infinito della libertà. E' lui che ci rende capaci di rinunciare alla cupidigia che ci rinchiude in noi stessi, capaci di volere ciò che fa la gioia dell'"uomo nuovo creato secondo Dio" (Ep 4,24), che diventiamo attraverso il Battesimo.


11. Ecco alcune pietre che ho voluto portare alla vostra costruzione: la costruzione del vostro progetto di vita e la costruzione di un mondo nuovo. Porto queste pietre come anziano, come testimone di Gesù Cristo, come testimone della Chiesa che ha una lunga e viva "esperienza di umanità" (cfr. Paolo VI, all'Onu, 1965). Non ho voluto "porre un fondamento diverso da quello che già si trova, che è Gesù Cristo" (cfr. 1Co 3,11). Ed è ancora il Signore "la pietra angolare" (1P 2,7), "in lui ogni costruzione cresce bene ordinata" (Ep 2,22). così, in questo senso, amici carissimi, ben volentieri e a vostra richiesta pongo l'ultima pietra a questa costruzione che simbolizza le vostre ricerche e la vostra generosità, pregando il Signore affinché tutto ciò che inizierete riceva sempre consistenza e coesione da lui che è il capo (cfr. Col 2,19).

Data: 1985-05-16 Data estesa: Giovedi 16 Maggio 1985





Congedo dal Granducato - aeroporto di Findel (Lussemburgo)

Titolo: "Non dimentichero questo popolo cordiale"

Signore e signori, cari amici lussemburghesi.

Abbiamo trascorso insieme due giornate di cui conservero un meraviglioso ricordo. Ho potuto scoprire, in questo breve tempo, la terra del Lussemburgo, i suoi memorabili luoghi storici e anche i centri della vita economica e le sedi degli organismi al servizio della comunità internazionale. Ma lieto soprattutto di aver potuto prendere contatto con voi, amici lussemburghesi, e con coloro che, venuti da altre nazioni, vivono in mezzo a voi. Le vostre vive tradizioni e la vostra attività creatrice rendono veramente affascinante il vostro Paese.

Nel lasciarvi questa sera, so che non dimentichero il cordiale popolo del granducato. Voi avete riservato al Vescovo di Roma un'accoglienza alla quale sono stato molto sensibile, e ve ne ringrazio. Vorrei esprimere specialmente la mia gratitudine alle loro altezze reali il granduca Giovanni e la granduchessa, come pure al governo del Lussemburgo, per le delicate dimostrazioni di stima e di rispetto che mi hanno prodigato. A monsignor Jean Hengen e a tutti i suoi collaboratori dico di nuovo quanto ho apprezzato la diligenza che hanno posto nel preparare la mia visita sia sul piano pastorale che nel suo svolgimento pratico. E vorrei ringraziare di tutto cuore l'insieme delle persone che hanno contribuito all'organizzazione e all'animazione di queste giornate, assicurando - spesso in maniera molto discreta - l'assolvimento di numerosi compiti.

Grazie al tema di questo pellegrinaggio presso la Chiesa lussemburghese, noi abbiamo meditato tutto ciò che il Padre nostro contiene. In comune, abbiamo celebrato la festa dell'ascensione del Cristo. Spero che il nostro incontro sia stato un momento di vero incontro con Dio. Spero che le nostre riunioni segneranno una tappa nel cammino della Chiesa nella vostra diocesi, e un invito ad accogliere sempre meglio nella nostra vita di uomini il regno di Dio. Nel congedarmi da voi, vi lascio la consegna che l'apostolo Paolo dava ai Corinzi: "Vigilate, state saldi nella fede, comportatevi da uomini, siate forti. Tutto si faccia tra voi nella carità" (cfr. 1Co 16,13-4). In questo spirito, vi incoraggio a dare una nuova giovinezza, una nuova generosità alla vostra comunità cristiana.

A tutti i lussemburghesi auguro felicità e gioia per se stessi e per le loro famiglie. Vi auguro di saper lavorare coraggiosamente per il bene comune e di saper vivere una solidarietà che supera i confini di ciascun gruppo. Vi auguro l'esperienza gioiosa di una comprensione pacifica e di un arricchimento reciproco tra uomini di tradizioni diverse. Vi auguro la gioia di riconoscere in ogni uomo un fratello.

Invoco sul Lussemburgo l'aiuto di nostra Signora, Consolatrice degli addolorati. Vi accompagni nelle vostre preoccupazioni e nelle vostre gioie! Prego Iddio di sostenere la vostra fedeltà, di illuminare la vostra vita di cristiani, di darvi la forza della speranza e di conservarvi nella pace. Prego il Signore che vi benedica! Che Dio benedica e protegga il Lussemburgo e tutti i suoi abitanti.

Ho il piacere di annunciarvi una bella notizia che, penso, vi rallegrerà tutti: a conclusione della mia visita pastorale in Lussemburgo, in data odierna, conferisco a monsignor Jean Hengen, vescovo di Lussemburgo, il titolo personale di arcivescovo.

Onorando così il vostro vescovo, io voglio onorare la diocesi che lavora in collaborazione con lui.

Data: 1985-05-16 Data estesa: Giovedi 16 Maggio 1985





Messaggio ai carcerati belgi - Bruxelles (Belgio)

Titolo: Vi auguro la speranza di Gesù

Ai miei fratelli e sorelle carcerati in Belgio.

Io vi saluto con tutto il cuore. Durante la mia visita pastorale in Belgio, non avro l'occasione di incontrarvi, tanto più che voi siete sparsi, uomini e donne, in vari luoghi di detenzione nel Paese. Ma io tengo ad assicurarvi che voi siete presenti nel mio pensiero, e rivolgervi questo messaggio: vi esprimerà ciò che mi sarebbe piaciuto dire a viva voce a ciascuno di voi, stringendogli la mano, in un colloquio personale, come ho potuto fare in molteplici circostanze nella mia diocesi di Roma.

Voi lo sapete, la mia missione non è quella di esercitare la giustizia umana, sostituendomi alle autorità legali di un Paese. Ma ho appreso - e me ne rallegro vivamente - che in occasione della mia visita pastorale in Belgio, un gran numero di voi beneficerà di una riduzione della pena, modesto segno di speranza. Di questo ringrazio le autorità responsabili. La mia missione è evangelica, come quella dei cappellani che sono al vostro servizio. Io tengo a ringraziarli cordialmente e pubblicamente. Essi vi offrono il loro sostegno rispettoso e discreto, illuminato e paziente.

Cari fratelli e sorelle, molti fra voi sono credenti. Vi sono anche degli uomini e delle donne - lo dico con tutto il rispetto - che hanno preso le distanze dalla fede o dalla Chiesa. Solo Dio può valutare la situazione di ciascuno. Egli è sempre il "Dio infinitamente ricco di misericordia". E' il tema di una lettera enciclica che ho promulgato il 30 novembre 1980.

Cari amici credenti o non credenti; mi permetto di aprire con voi il Vangelo di Gesù Cristo alla pagina sconvolgente del Giudizio finale (cfr. Mt 25,31-46) e di fermarmi su questa sola frase: "Io ero carcerato, e siete venuti a trovarmi". Questa identificazione, incredibile a prima vista, di Gesù con i carcerati, ma anche con i malati, gli stranieri, gli affamati, i mal vestiti, infine con i più piccoli di coloro che egli chiama suoi "fratelli", è una rivelazione divina. Già il racconto biblico della creazione presenta la persona umana come il coronamento dell'opera del Creatore, nel senso che essa è in modo particolare fatta a somiglianza di Dio. Noi ben sappiamo che ogni essere umano - uomo e donna - può smarrirsi o lasciarsi sviare lontano dalla retta via della propria coscienza, e - per i credenti - fuori dalle precise vie tracciate da Dio nei dieci comandamenti dati a Mosè, e da suo figlio Gesù nel Vangelo. La dignità della persona umana per questo si sente ferita, sconvolta anche, e gravi danni sono allora causati ingiustamente al prossimo, danni che bisogna riparare. Ma questa dignità non è mai totalmente distrutta. Essa può sempre ritrovare il suo vigore, il suo fulgore. Incommensurabile mistero della persona umana! Vittoria sempre possibile dello spirito sulla materia, sugli impulsi istintivi, sul male! La storia conserva il ricordo di una moltitudine di "convertiti" sul piano semplicemente umano, o sul piano umano e religioso. Allo stesso modo, la storia ci assicura che dovunque e sempre uomini e donne hanno saputo aiutare i loro fratelli e le loro sorelle a riprendere la strada della vita e della vera felicità. "Ero carcerato e siete venuti a trovarmi".

Come se vi vedessi vicino a me, sento il bisogno di riprendere le stesse parole del mio venerato predecessore Paolo VI, quando visito il 9 aprile 1964 i carcerati di Roma: "Io vi amo, non per sentimentalismo romantico o compassione umanitaria, ma vi amo veramente poiché scopro sempre in voi l'immagine di Dio, la somiglianza con Cristo, l'uomo ideale che voi siete ancora e che voi potete essere. Fratelli e sorelle, che voi siate credenti o soltanto ai confini della fede, pensate innanzitutto a Gesù Nazareno! A Gesù, arrestato nell'orto degli Olivi, portato di tribunale in tribunale, giudicato e condannato, flagellato e ridicolizzato, infine crocifisso fra due briganti, di cui uno oso confessare: "Egli, invece, non ha fatto nulla di male" (Lc 23,41). Gesù ha preso tutto della nostra condizione umana, eccetto il peccato; o piuttosto, è come se Dio l'avesse fatto "peccato" per noi (cfr. 2Co 5,21), lasciandogli scontare la pena del peccatore.

Gesù è in qualche modo sceso nelle profondità della sofferenza umana per illuminarla, darle un significato, un peso di redenzione. Tutto può concorrere al bene di coloro che Dio ama, anche la sofferenza, anche il peccato di cui ci si pente. In un altro documento pubblicato l'11 febbraio 1984, ho voluto aiutare il popolo cristiano a riflettere sul grandissimo mistero della sofferenza e ad accogliere la sola luce decisiva che ci sia stata data su questo piano: Cristo in persona, Cristo innocente, Cristo crocifisso, Cristo vincitore della sofferenza e della morte, Cristo che propone ai suoi fratelli di rivivere in essi e con essi il mistero della sua passione e della sua resurrezione.

Amici miei, vi invito, quando potrete, a raccogliervi qualche istante in preghiera, a raggiungere in spirito Cristo salvatore. Questo atteggiamento non ha niente di insolito, di artificiale. Cristo, che i cristiani professano vivo per l'eternità, credono che egli è Dio, ha per così dire una dimensione universale che gli permette di essere presente a ogni persona umana, specialmente a coloro che soffrono, che sono disorientati. Molto semplicemente, senza parole, rimettete a lui la vostra prova. Essa è troppo pesante per voi soli. Con lui, se almeno gli aprite il vostro cuore, il vostro luogo di reclusione potrà essere generatore di una nuova visione dell'esistenza, di una trasformazione benefica del vostro temperamento, e, per alcuni, di una scoperta del vero volto di Dio. Fratelli e sorelle carissimi, la peggiore delle prigioni sarebbe il cuore chiuso e indurito, e il peggiore dei mali, la disperazione. Io vi auguro la speranza. Io la chiedo e la chiedero ancora per voi tutti al Signore: la speranza di riprendere un posto normale nella società, di ritrovare la vita in famiglia, e, fin da ora, di vivere, degnamente sforzandovi di mettere dentro di voi, che vi trovate tutti nella prova, un po' più di giustizia, di spirito fraterno, di sostegno amichevole. In una parola, io vi auguro di realizzare il piano del Signore che vi ha chiamato all'esistenza. Poiché lui non dispera mai delle sue creature.

Amici miei, vi porto nel mio cuore e nella mia preghiera. Estendete anche alle vostre famiglie, ai vostri congiunti, ai vostri figli, i miei saluti cordiali e l'assicurazione della mia preghiera. Il Cristo risorto vi invita tutti a una vita nuova, e, attraverso il mio ministero, vi benedice.

Data: 1985-05-16 Data estesa: Giovedi 16 Maggio 1985





Risposta alla calorosa accoglienza - Bruxelles (Belgio)

Titolo: Vengo a ricevere testimonianza di umanità e di fede




1. La mia gioia è grande, e la mia emozione profonda, per poter finalmente compiere, in Belgio, la visita pastorale che desideravo fare e che era stata sollecitata da molto tempo attraverso cortesi inviti. Ero già stato, diverse volte, ospite di questo caro Paese. Ma è la prima volta che ci torno dopo che la Provvidenza mi ha affidato la sollecitudine di tutte le Chiese. E' d'altronde, in questi tempi moderni, la prima visita di un Papa in questa regione, molto legata alla Sede apostolica. Ringrazio tutti per la vostra calorosa accoglienza.


2. Mi rivolgo innanzitutto alle loro maestà, il re dei belgi e la regina. Sire, signora, avete voluto essere presenti fin da questo primo incontro. Saluto, in voi, i sovrani che onorano il Belgio con la loro discendenza da una famiglia reale che fa corpo con la sua storia a partire dalla fondazione del regno, e che si sono attirati la stima deferente e unanime, non solo dei belgi, ma anche dei popoli stranieri. Conosco, peraltro, l'interesse attivo che, per convinzione, voi avete per la causa spirituale dei vostri compatrioti, come per lo sviluppo di tutto ciò che arricchisce la loro umanità. Vi esprimo la mia gratitudine per l'accoglienza benevola e calorosa che mi riserva il Belgio.

Con voi, saluto le autorità del governo, provinciali e comunali, che mi ricevono con simpatia, e tutte le personalità religiose e civili che sono venute qui per incontrarmi. E, attraverso voi, saluto tutta la nazione belga che voi rappresentate. Nel corso della sua storia movimentata, questo popolo ha dimostrato la sua volontà di vivere libero, con la sua fede religiosa ben radicata, con le sue culture. Tutto il mondo conosce il carattere raffinato e commovente delle sue opere d'arte, ma anche il suo spirito d'iniziativa e la sua vitalità economica, la sua ricerca di un equilibrio politico che tenga conto delle diverse convinzioni e delle tradizioni linguistiche e culturali differenti, i legami che ha instaurato con i grandi Paesi d'Africa dove ha lasciato un'impronta profonda, e, aggiungerei, l'influenza spirituale dei suoi numerosi missionari attraverso il mondo. Oggi questo Paese ha acquistato un posto importante nel concerto delle nazioni e più particolarmente nell'Europa dell'ovest, specialmente per il fatto che le istituzioni europee hanno stabilito qui una parte importante dei loro organismi comunitari. Le relazioni diplomatiche che il Belgio ha intrecciato con la Santa Sede sono particolarmente significative: praticamente ininterrotte risalgono al 184 2.

Sono tutte queste realtà positive che ho presenti nel momento in cui, con un gesto simbolico, bacio questa terra. Non dimentico comunque le difficoltà d'ordine temporale o spirituale che i cittadini di questo Paese conoscono, i loro problemi quotidiani, i loro sforzi laboriosi, le loro prove e i loro limiti. Io vengo ad incontrare questo popolo, a comunicargli la mia stima e il mio affetto, e vengo a ricevere da esso la testimonianza della sua umanità e della sua fede.


3. Rivolgendomi particolarmente a coloro che condividono questa fede cattolica, saluto il caro cardinale Godfried Danneels, arcivescovo di Malines-Bruxelles, presidente della Conferenza episcopale, e insieme con lui i vescovi di Anversa, Bruges, Gand, Hasselt, Liegi, Namur e Tournai, senza dimenticare i vescovi emeriti, tra i quali ricordo, al primo posto, il cardinale Suenens. Io li ringrazio particolarmente per il loro invito e per la preparazione e l'organizzazione di questo viaggio nell'anima del popolo cristiano. Attraverso voi, cari fratelli nell'episcopato, saluto tutti i vostri diocesani, sacerdoti, religiosi, religiose e laici, che incontrero nelle mie diverse tappe. Innumerevoli monumenti come cattedrali, collegi, monasteri, abbazie, beghinaggi e altre opere d'arte di grande diversità, testimoniano, attraverso tutto il Paese, le vostre tradizioni di fede che risalgono a più di quattordici secoli fa. Oltre a questi, pero, ci sono anche molti segni moderni che dimostrano la loro vitalità, come le organizzazioni cattoliche che manifestano l'impegno dei cristiani.

La mia visita ha in effetti innanzitutto un carattere pastorale: è la visita del successore di Pietro ai successori degli altri apostoli, del Vescovo di Roma ai vescovi delle Chiese particolari delle quali essi hanno la piena responsabilità come ministri di Cristo. Per noi cattolici, la piena comunione tra le comunità ecclesiali è fondamentale, essa è scritta nel disegno del Cristo fondatore. La Chiesa universale è presente in ogni Chiesa particolare che prega, che celebra, che testimonia la sua fede e la sua carità intorno al suo vescovo. E tra tutte le Chiese particolari, che devono conservare le loro caratteristiche proprie per la ricchezza multiforme di tutto il corpo ecclesiale, c'è un'unità essenziale di fede e disciplina, una solidarietà nella missione universale, dei legami d'affetto e di aiuto reciproco. E' lo Spirito del Cristo che anima la Chiesa; esso è la fonte invisibile della sua unità, della quale Pietro costituisce un principio perpetuo e un fondamento visibile. Voi lo sapete bene, cari cattolici del Belgio, che, lungo tutta la vostra storia, avete attribuito molto valore alla vostra unione con il romano pontefice e, attraverso di lui, con la Chiesa universale. Non è il luogo né il momento, in questo primo appuntamento, per enumerare qui tutti i segni commoventi di questo attaccamento. La Sede di Roma ne conserva la memoria, e sono felice di dirvi solennemente oggi quanto esso lo apprezzi.

Del resto, numerosi figli di questo Paese hanno importanti responsabilità nella curia romana: il cardinale Maximilien de Fürstenberg, monsignor Jean-Jérôme Hamer, monsignor Jan Schotte.

La comunione si realizza in modo tangibile, tra l'altro, quando i vostri vescovi, o voi stessi, venite a Roma, "ad limina apostolorum". Ma, secondo la felice iniziativa del mio predecessore Paolo VI, è bene che anche il Vescovo di Roma venga sul luogo, come amava fare l'apostolo Paolo, per essere presente là dove i suoi fratelli lavorano e penano per il Vangelo, per affermare la loro fede nella fedeltà alla grande tradizione, e affrontare l'avvenire con una speranza rinnovata, una carità aperta all'universale.


4. Questa visita comporta necessariamente grandi raduni di preghiera, il più possibile intorno al mistero eucaristico, nel cuore stesso delle vostre grandi città. A coloro che si stupissero del loro carattere pubblico e imponente, dico semplicemente che è dovere del Pastore radunare la comunità che gli è stata affidata, come il gregge di cui parla Gesù nel Vangelo. Ed è normale che i credenti abbiano a volte la possibilità di manifestare così la fede che hanno tanto a cuore e di rinforzare la loro unità, visto che vivono abitualmente piuttosto dispersi. Noi lo facciamo con un grande rispetto verso coloro che non condividono pienamente la nostra fede. Per di più, noi vorremmo gettare ponti di fraternità con loro, specialmente con gli altri cristiani, e attingere dal nostro Signore l'amore che noi vogliamo portare a tutti i nostri simili.

Avro degli incontri con dei gruppi particolari delle differenti categorie del popolo di Dio, universitari, artisti, operai, movimenti di laici cristiani, adulti e giovani, malati, con coloro che hanno cariche pubbliche nel governo, nella diplomazia e nelle istituzioni europee. Esprimo tutto il mio rammarico a tutti gli altri che mi hanno ugualmente invitato a incontrarli e che sono parimenti meritevoli. Ma ho dovuto accettare dei limiti in un programma di cinque giorni già molto intenso.


5. Ho appena parlato dei miei fratelli cattolici, ma il mio pensiero e il mio cuore, lo ripeto, sono rivolti a tutti gli abitanti di questo Paese. A tutti io auguro la pace. A tutti coloro che agiscono secondo la rettitudine della loro coscienza, dedicandosi alla loro famiglia, al loro prossimo, al loro Paese, al Terzo mondo, adempiendo gli oneri che richiede il bene comune, a tutti coloro che cercano di costruire un mondo più umano, nella giustizia, nella verità e nella pace, a tutti coloro che sono nella prova, io esprimo il mio rispetto, la mia stima e il mio incoraggiamento. Spero anche di aggiungere la mia pietra all'opera che voi avete a cuore, per il bene del vostro Paese e del mondo.

Che il Signore benedica il mio pellegrinaggio su questa terra! Che vi colmi tutti della sua pace e della sua gioia!

Data: 1985-05-16 Data estesa: Giovedi 16 Maggio 1985






GPII 1985 Insegnamenti - Recita del Regina Coeli - Lussemburgo