GPII 1985 Insegnamenti - Alla popolazione della capitale - Bruxelles (Belgio)

Alla popolazione della capitale - Bruxelles (Belgio)

Titolo: Bruxelles: luogo d'incontro e di dialogo dell'Europa

Cari fratelli e sorelle della Chiesa di Bruxelles, cari abitanti della città, che vi siete radunati questa sera per un primo incontro con il successore dell'apostolo Pietro, vi saluto con gioia.


1. Sono felice di condividere questo inizio di serata con voi, in questo quadro unico della Grand-Place di Bruxelles. Queste magnifiche facciate sono la testimonianza di un glorioso passato. Ma sono anche il pegno per l'avvenire.

Bruxelles è diventata un luogo d'incontro e di dialogo nel cuore del vostro Paese e dell'Europa.

La ricchezza delle vostre culture, l'apporto dei vostri fratelli e sorelle venuti da altrove, così differenti e così vicini nelle lotte quotidiane, la presenza di studenti stranieri, l'interpellanza di tanti profughi che vedono nel Belgio una terra di accoglienza, l'insediamento di istituzioni e organismi internazionali, l'attività di numerosi organismi delle Comunità europee, sono altrettanti elementi che fanno di questa una città aperta sul mondo.

Da questo balcone dell'Hotel de Ville, saluto tutti i brussellesi, d'origine e d'adozione, venuti dalle diverse parrocchie della città, dal centro o dalla periferia, e da più lontano ancora. Saluto anche tutti i belgi che ci ascoltano o ci vedono nel cuore di questa capitale del loro Paese: essa simboleggia la ricca storia della loro nazione che ha voluto vivere il suo destino nella libertà, nella fedeltà alle sue tradizioni e nella ricerca del bene comune delle regioni che formano il Belgio.


2. Ma non posso dimenticare le nuove domande che pone l'evoluzione della vostra grande città. E, prima di tutto, come rispondere al bisogno e al diritto dell'identità personale, culturale e religiosa di ciascuno, nel seno della pluralità brussellese? Come gestire i numerosi problemi sociali che ne derivano: problemi familiari ed educativi, quelli legati all'habitat e all'ambiente, e quello della convivenza quotidiana? Io non dubito che non arriviate a risolvere insieme questi problemi. La vostra città non è stata forse sempre attenta a riconoscere le situazioni particolari e ad accogliere le persone in difficoltà? Queste vengono da ogni parte. Sono disperse nell'anonimato della città, ma esse sperano di trovarvi un'accoglienza discreta e comprensiva.


3. Molti altri aspetti caratterizzano la vostra città. Il centro è diventato, soprattutto durante il giorno, il luogo d'incontro degli impiegati e la sede di molteplici servizi. Le istituzioni più diverse vi si sono stabilite, siano esse le amministrazioni che fanno affluire un numero impressionante di "pendolari" che vengono dai dintorni, siano esse i centri commerciali, il settore alberghiero o il turismo; o ancora le istituzioni culturali e artistiche, del tempo libero e dello sport, senza dimenticare tutti i sistemi dell'insegnamento e il settore ospedaliero. Questa semplice evocazione testimonia la ricchezza e la diversità delle funzioni che si esercitano nella vostra città e in tutto l'agglomerato brussellese.


4. Ma la domanda che viene posta, a voi, cristiani e cattolici di Bruxelles, è tanto più pertinente oggi: qual è la vostra vocazione specifica nel cuore della città? So che voi cercate di rispondere lucidamente a questa domanda: i vostri consigli, le vostre comunità e le vostre diverse équipes pastorali, riuniti intorno ai vostri pastori, vi aiutano. Da parte mia vi incoraggio ad operare in una duplice direzione. In questa terra del Belgio, la fede si è radicata profondamente da molti secoli, si è sviluppata magnificamente, ha resistito a molte tempeste e tentazioni, si è affermata intorno ai vostri vescovi, in comunione con il Vescovo di Roma. Coloro che oggi accettano questa eredità, e la fanno propria, hanno la missione di essere - nel pieno rispetto degli altri - i testimoni di Cristo, raggianti di fede e di carità, capaci di rendere conto della speranza che è in loro.

Il bisogno che tutti provano di essere riconosciuti per se stessi vi invita a situare meglio la vostra identità di cristiani. Voi siete, in effetti, contemporaneamente i figli benvoluti dal nostro Padre nei cieli e i testimoni della sua tenerezza presso i vostri fratelli e sorelle. La vostra preoccupazione pastorale sarà dunque di creare nelle vostre comunità cristiane, nelle vostre parrocchie, delle oasi di pace e di accoglienza, dei luoghi di profondo richiamo spirituale, di preghiera e di animazione della fede, dei punti di scambio e di dialogo.


5. Vorrei anche sottolineare l'importanza del vostro impegno culturale e sociale.

Riconoscendo l'importanza e l'interesse della vasta rete di istituzioni ufficiali e private alle quali voi partecipate, vi suggerisco di promuoverne soprattutto il carattere umano, l'utilità sociale e lo spirito di collaborazione. Vi esorto a tradurre nella vita quotidiana la domanda del Padre nostro: "Dacci oggi il nostro pane quotidiano". Come potrebbe il Signore non darcelo, se siamo disposti a condividerlo con gli altri? La nostra dignità, la nostra gioia di vivere, il nostro avere, il nostro sapere, il nostro potere sono altrettanti talenti che Dio ci ha affidato per permettere a ciascuno di partecipare al bene comune, e a tutti di essere solidali in un servizio per lo sviluppo di ognuno. E' così che voi potrete essere lievito della pasta e contribuire ad una convivialità nuova tra tutti i cittadini, alla formazione di una società pluriculturale dove l'identità di ciascuno possa essere riconosciuta e promossa e dove i valori dell'aiuto fraterno e della giustizia sociale vadano di pari passo con i legittimi interessi particolari. A questo riguardo la vostra città può divenire un simbolo di speranza per tutti, e la vostra Chiesa, il segno della casa di Dio tra gli uomini.


6. Cari fratelli e sorelle nella fede, cari abitanti di Bruxelles, ecco che la sera cala già sulla città. Che le tenebre della notte non oscurino i vostri cuori! Vegliate o riposatevi nella pace di Dio, affinché la sua luce sia più bella, più forte domani nei vostri cuori, che essa illumini tutte le vostre case e che rischiari i vostri passi sul cammino della vera felicità, sul cammino della salvezza piena che Dio ci prepara.

E' per questo che, prima di lasciarci, vi invito a ripetere tutti insieme la preghiera che Gesù ci ha lasciato in eredità, e che deve essere la preghiera quotidiana di ogni cristiano, di ogni famiglia cristiana. Noi preghiamo con Maria, che ha vegliato con gli apostoli aspettando la venuta dello Spirito Santo. [Padre nostro...]

Data: 1985-05-16 Data estesa: Giovedi 16 Maggio 1985





Ai laici impegnati nell'apostolato - Anversa (Belgio)

Titolo: Messaggeri delle beatitudini di Cristo nella società

Cari fratelli e sorelle.


1. Gesù invio i suoi discepoli a due a due, avanti a sé, con la missione di dire alle genti: "E' vicino a voi il regno di Dio" (Lc 10,9). Egli stesso aveva iniziato il suo ministero con queste parole: "Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino" (Mt 4,17). Ecco cos'è affidato al vostro apostolato di laici: la crescita del regno di Dio.

Dio si è fatto vicino agli uomini. "E il Verbo si fece carne" (Jn 1,14).

E' venuto ad abitare in mezzo a noi. Vuole dimorare in tutto ciò che gli uomini sono e realizzano. Se ha affidato una missione speciale ai suoi discepoli, ai pastori, ciò nondimeno il Signore "desidera dilatare anche per mezzo dei fedeli laici il suo regno di santità e di grazia, regno di giustizia d'amore e di pace" (LG 36).




2. Ogni giorno chiediamo nella preghiera al Signore: "Venga il tuo regno". E' la prima cosa che Gesù si aspetta dai suoi inviati: che preghino il Padre per l'avvento del suo regno come egli stesso lo prega. così noi domandiamo che si compia la sua opera e non soltanto la nostra: che venga il regno di Dio quale egli lo vuole. E una siffatta preghiera guarisce l'uomo dall'illusione di credersi unico responsabile di questo regno. Nessuno potrebbe portare con le proprie forze la preoccupazione del regno di Dio senza esserne schiacciato. Gesù ci dice: "Chiedetelo al Padre". Chi prega in tal modo si sintonizza sull'iniziativa di Dio.

Il Padre nostro è la preghiera per eccellenza di ogni cristiano impegnato.


3. Ma il Signore ha voluto aver bisogno degli uomini affinché si compisse il suo regno, affinché la creazione renda gloria a Dio, affinché la sua verità rivelata venga conosciuta, affinché il suo amore sia all'opera in ogni incontro tra gli uomini, in ogni relazione sociale, in ogni famiglia e nella vita associata tutta, affinché il suo Spirito penetri nelle comunità più lontane, e anche nelle strutture più refrattarie, affinché siano spalancate le porte alla sua azione salvifica.

E qui, cari fratelli e sorelle laici, voi avete un ruolo insostituibile.

Voi avete la vocazione propria di "cercare il regno di Dio trattando le cose temporali". Voi siete "da Dio chiamati a contribuire, quasi dall'interno a modo di fermento, alla santificazione del mondo" (LG 31). Ma ancor più, dopo il Concilio avete preso ben coscienza della vostra vocazione; me ne rallegro. Non è una concessione d'oggi dei pastori, che avrebbero maggior bisogno di voi per via del loro numero esiguo, o della gravità dei problemi. Voi partecipate alla missione salutare della Chiesa. Voi siete deputati a questo apostolato in virtù del vostro Battesimo, della vostra Cresima. Membri del corpo di Cristo, voi partecipate alla sua funzione sacerdotale, compiendo di voi stessi con lui un'offerta spirituale. Attraverso la vostra professione esplicita di fede e la testimonianza della vostra vita animata dalla fede, voi partecipate alla sua funzione profetica; è il vostro modo di far conoscere Cristo agli altri. Voi partecipate alla sua regale funzione, affinché il mondo sia liberato dal peccato e s'imbeva dello Spirito di Cristo. E' attraverso di voi, in un certo senso, che Cristo sta ad ascoltare le gioie e le pene dei suoi fratelli, che li ama, li incoraggia, cammina con loro. Voi siete testimoni nonché strumenti viventi della missione della Chiesa, all'altezza del dono di Cristo. In particolare, voi assicurate la presenza e l'azione della Chiesa in tutti i luoghi e le circostanze in cui essa non può divenire che tramite voi il sale della terra e la luce del mondo (LG 33). Voi siete chiamati a formare il popolo delle beatitudini. Ad esso operate insieme a molti altri uomini di buona volontà: rimanete consapevoli dei limiti della vostra azione in un mondo ancora incompiuto e ferito. Tuttavia contribuite a preparare la nuova terra promessa da Dio. Il vostro impegno è un segno di speranza nella storia del genere umano.


4. I vostri campi d'azione sono diversi e complementari. Le comunità ecclesiali hanno bisogno di voi perché siano assicurati, in collaborazione coi pastori e nel rispetto del loro sacro ministero, tutti quei servizi che permetteranno di rendere più profonda la fede, esprimere la preghiera, allargare la carità. Incoraggio pertanto chi tra di voi dà la propria collaborazione all'accoglienza degli altri, alla liturgia, alla preparazione ai sacramenti, alla catechesi dei giovani e degli adulti, all'indirizzare chi è più lontano dalla Chiesa, al sostegno dei malati, delle persone anziane, degli immigrati, alle opere missionarie, allo sviluppo del Terzo mondo. Si tratta di una vera e propria corresponsabilità, soprattutto nella misura in cui partecipate ai consigli pastorali, diocesani e parrocchiali.

Le parrocchie costituiscono il luogo privilegiato della vostra azione.

Il Signore vi riunisce uomini e donne di ogni indirizzo. Questa comunità si manifesta in modo visibile soprattutto nel corso della celebrazione dell'Eucaristia. In una parrocchia si deve poter constatare come cristiani così diversi sono "un solo cuore e un solo spirito". Questa concreta vita in comune è il primo spazio aperto alla vostra disponibilità.

Ho insistito appena ora sul vostro ruolo nella Chiesa. Ma penso anche al vostro ruolo in seno al mondo, come diro ai vostri fratelli e sorelle francofoni a Liegi. Si tratta in effetti, per i laici cristiani, di contribuire a impregnare di valore morale e di spirito evangelico le diverse realtà dell'ordine temporale: la cultura, l'arte, l'educazione; il campo della salute e le professioni mediche, i rapporti del mondo del lavoro; i rapporti sociali, le transazioni economiche, le responsabilità civiche, nazionali, i rapporti internazionali.

In questo campo, è necessario dare un posto privilegiato a quella comunità d'amore che è la famiglia, aiutarla a vivere l'amore coniugale, il rispetto per la vita, l'educazione, secondo il disegno di Dio. Non sono in gioco soltanto i valori etici o l'attività in seno alla società, ma la spiritualità stessa del matrimonio e della famiglia, cioè a dire la vita secondo lo Spirito. E' allora che Dio manifesta la propria presenza nella famiglia, a giusto titolo chiamata "Chiesa domestica".


5. Un certo numero di credenti laici ha sulle spalle grandi responsabilità nella società. Le loro qualità e la loro formazione sono utili a molti. Essi impiegano appieno le proprie capacità. Ma non meno importante è la testimonianza di semplici cristiani. La loro voce deve contare maggiormente nella comunità ecclesiale. Essi spesso hanno ascoltato e conservato il Vangelo con un cuore pieno di disponibilità. Gesù ha esultato di gioia dinanzi a tali testimonianze: "Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli" (Lc 10,21).

Se l'apostolato personale sotto tutte le sue forme, come testimonianza di una vita ispirata dalla fede, dalla speranza e dalla carità in tutte le circostanze, rimane principio e condizione di ogni apostolato dei laici, anche sotto forma collettiva, è tuttavia vero che l'apostolato organizzato ha il vantaggio di rappresentare il segno della comunione e dell'unità della Chiesa in Cristo; permette di meglio sostenere ciascuno dei membri e ha maggiore efficacia in tutti quei campi, sempre più numerosi, che richiedono un'azione d'insieme (cfr. AA 16-18). Non dice forse il Vangelo che il Signore ha inviato i suoi discepoli "a due a due" (Lc 10,1)? Si può così pensare a riunioni per il ritorno alle fonti nello studio della dottrina, di riesame di vita e confessionali, per agire, in conformità al loro ideale cristiano, insieme ad altri uomini di buona volontà in seno a istituzioni temporali miranti al bene comune. Ma i credenti hanno anche il diritto, e spesso il dovere, di esprimere i propri valori in proprie strutture. Il vostro Paese conosce numerosissime organizzazioni e istituzioni cristiane. Esse svolgono in un certo senso un ruolo di ponte. Tramite esse, i cristiani rendono un servizio a tutta la società. In molte organizzazioni socio-culturali maschili e femminili e nei movimenti giovanili avviene un'integrazione della fede nella vita.

Vi sono anche gli istituti d'insegnamento e il vasto settore caritativo.

Anche nella nostra epoca, tutte queste organizzazioni e istituzioni mantengono appieno il loro senso. Sono necessarie per dare al Vangelo un'espressione concreta nella società. E' del resto per questo che devono ancora e sempre riportarsi alla loro fonte: lo spirito del Vangelo. Solo così sfuggono alla tentazione dell'azione meramente ripetitiva. E' in tal modo, che potranno schierarsi continuamente a favore dei poveri e dei più deboli. E' essenziale che ciascun istituto, ciascun movimento, a ogni livello, si lasci porre regolarmente delle domande dal Vangelo.


6. Molti credenti laici si trovano, è vero, soli e talvolta isolati in un ambiente pluralista. Insieme a persone animate da convinzioni diverse, spesso loro amici, essi lavorano alla promozione dei valori umani. Grazie a questo stesso fatto, possono essere testimoni della buona novella. Essi trovano forza e ispirazione nell'Eucaristia. Possono trovare appoggio nella loro famiglia e negli amici. Ma senza dubbio dovrebbe essere fatta qualche altra cosa ancora. Non sarebbe importante mettere ancor più in pratica il suggerimento proposto dai vescovi belgi nelle loro lettere pastorali sull'Europa e sulla crisi? Essi proponevano in questi documenti la creazione di "gruppi di speranza". Si tratta di piccoli gruppi di cristiani che si scambiano le proprie esperienze. Essi mettono a raffronto la propria vita col Vangelo. Si danno coraggio a vicenda. Con un minimo di organizzazione, questi gruppi di amici possono costituirsi e svolgere il loro ruolo in tutti i campi: negli ambienti economici e sociali, nei gruppi professionali, negli ambienti sportivi, dello svago e della cultura. Sono piccole comunità vigorose, missionarie, che vogliono mettere in pratica il Vangelo.


7. In questa Chiesa locale molte donne cristiane assumono importanti responsabilità. Le prendono nel quadro di fiorenti organizzazioni socio-culturali, di istituzioni cristiane, nella catechesi familiare e in molte altre sedi.

L'apporto della donna è indispensabile per la pienezza e l'armonia della vita della Chiesa. E' comprensibile che molte donne soffrano di talune forme di paternalismo e di discriminazione. La comunità cristiana deve valorizzare il contributo e la responsabilità delle donne, ed esserne loro riconoscente.

La comunità cristiana riceve moltissimo dall'impegno della donna nella Chiesa, ma questo ancor più quando sa vedere nella donna un'immagine della Chiesa.

E' attraverso il suo particolare mondo interiore, e il suo insostituibile carisma, che la donna porta la propria testimonianza di fede, di speranza e di carità. Essa arricchisce allo stesso tempo e la Chiesa e la società. Porta profondità, autenticità, calore, spontaneità e molte altre qualità a lei proprie. Come potrebbe aver avuto inizio l'avvento del regno di Dio senza Maria, Madre di Gesù? Non fu forse Maria Maddalena colei che per prima vide e comprese che Gesù era risuscitato? Maria non ha forse avuto un ruolo centrale nell'evento della Pentecoste? La comunità credente aspetta l'apporto arricchente della donna, non solo in seno alla famiglia - nella quale il suo ruolo rimane d'importanza fondamentale per il coniuge e per i figli - ma in tutti i campi della vita: in quello spirituale, nella riflessione teologica, nella vita di comunità, nella vocazione missionaria, nelle sedi organizzative e nei servizi pastorali.


8. Nella società i laici, uomini e donne, devono essere soprattutto messaggeri delle beatitudini di Cristo. Gesù chiedeva ai discepoli: "In qualunque casa entriate, dite innanzitutto: Pace a questa casa". E' la prima parola di Cristo risuscitato, l'abituale saluto della Chiesa. Questo messaggio dev'essere una buona novella per l'uomo reale. Esso comporta la bontà, la dolcezza, il rifiuto della violenza: "Ecco io vi mando come agnelli in mezzo ai lupi" (Lc 10,3). Questo spirito di pace suppone anche il coraggio di resistere al male, alla persecuzione.

E' orientato soprattutto al guarire tutti coloro che soffrono in senso fisico e morale. Non può ignorare la giustizia. Il regno di Dio, "regno di giustizia e di pace", sarà annunciato innanzitutto ai "privilegiati del Vangelo", cioè ai piccoli e ai semplici, agli emarginati, agli stranieri, alle vittime della crisi e della violenza, ai malati, a chi è solo. Tutti aspettano un aiuto concreto ed effettivo.

Annunciare la pace significa lavorare per la giustizia, e questo significa anche porre attenzione e instaurare strutture e leggi che favoriscano la giustizia. In tempo di crisi, infatti, numerose sono le vittime anonime di strutture inadatte alle loro reali necessità.


9. Cari amici, la vostra meravigliosa missione di laici suppone, lo sapete, un certo numero di disposizioni nonché una preparazione. Nel Vangelo, Gesù invia i suoi discepoli "in ogni città e luogo dove stava per recarsi" (Lc 10,1). I discepoli vengono dunque inviati in vece di Gesù, avanti a lui. Essi devono preparare il terreno, e anche mostrare Gesù, essere trasparenti, affinché Gesù sia in essi riconoscibile.

Come i discepoli, dovete innanzitutto entrare in intimità con Gesù, per essere gli operai delle sue messi. Dovete frequentarlo regolarmente nella preghiera (cfr. Lc 10,2). Attraverso la preghiera vi mettete in diapason con l'anima di Gesù, col suo spirito filiale, con le sue beatitudini. La pace di Dio entra nella vostra vita, dalla quale potrà irraggiarsi (cfr. Lc 10,5-6). Il discepolo che prega si mantiene al servizio del Signore; non bada al successo, ancor meno all'insuccesso. Si rallegra unicamente del fatto che il suo nome sia scritto nei cieli (cfr. Lc 10,20).

Alla base dell'azione del discepolo sono due convinzioni fondamentali.

Innanzitutto quella che Dio ci ha amati per primo, che non cessa d'amarci, che noi viviamo per mezzo di lui (cfr. 1Jn 4,9), della sua grazia, come il tralcio sulla vigna, e che, senza di lui, non possiamo far nulla (cfr. Jn 15,5). Dunque - questa è la seconda convinzione - colui che si apre così alla misericordia divina riceve forza ed energia per seguire Gesù e consacrarsi a edificare un mondo conforme al Vangelo, un mondo contrassegnato dalla carità di Gesù. Lo fa a prezzo della croce, nella certezza della vittoria finale dell'amore, della resurrezione.

Laici cristiani, Cristo vi invita come suoi discepoli. Sostenuti dalla preghiera e certi nella convinzione di cui vi ho ora parlato, dovete familiarizzarvi con tutto il Vangelo, bere alle fonti della fede. In una società secolarizzata, è importante creare luoghi nei quali i laici approfondiscano la propria fede.

L'organizzazione e l'intesa non possono essere trascurate. Tuttavia oggi vi è soprattutto bisogno di modelli di vita evangelica. In ciascun incontro con gli altri, i credenti cercano di esprimere la loro esperienza di vita, di emettere insieme giudizi a partire dal Vangelo e di determinare così la loro responsabilità di fronte al mondo, vicino o lontano. "Vedere, giudicare e agire" insieme, nello spirito di Cardijn, rimane una notevole pedagogia per l'edificazione di un mondo secondo il Vangelo.

Voi partecipate alla missione della Chiesa. E' la Chiesa che conserva interpreta, attualizza il ricordo vivente di Gesù. E' con la Chiesa, sotto la guida del Papa e dei vescovi, che ogni cristiano può crescere nella fede, rafforzarla malgrado gli errori e le contestazioni. La Chiesa, purtroppo, non è mai "senza macchia e senza rughe". Tuttavia è ad essa che Gesù ha affidato la sua buona novella, e il canale ordinario della sua grazia. Il laico che vuole vivere e testimoniare Gesù Cristo deve amare la Chiesa, suo corpo, suo popolo in marcia.

Non solo amarla, ma aderire agli insegnamenti del suo magistero, ai suoi orientamenti pastorali fondamentali, oprare in solidarietà con essa. Inoltre deve aprirsi alla Chiesa universale. La Chiesa che è nelle Fiandre fa parte della Chiesa intera. In cambio, oggi può beneficiare della grazia che è all'opera nelle giovani Chiese.

Senza trascurare le missioni lontane, i cristiani devono preoccuparsi in modo particolare dei loro fratelli che cercano o non credenti. Si sforzano di portare loro, come i discepoli di Gesù, la guarigione, poiché molti di questi recano in sé qualche ferita nascosta inferta dalla vita. Essi devono far sentire loro il segreto della tenerezza di Dio, che rallegra e solleva la loro stessa vita; e anche dire con franchezza ciò che il Vangelo ha loro rivelato riguardo alle questioni vitali che affrontano insieme, con tutto rispetto, nella fiducia che Dio è all'opera nel cuore di ciascun uomo.

Nelle situazioni delicate, come scrivevo nell'esortazione sulla riconciliazione e sulla penitenza (cfr. n. 34), dobbiamo testimoniare allo stesso tempo compassione e misericordia, lasciando sempre alla persona la porta aperta sulla speranza, e contemporaneamente testimoniare la verità e la coerenza, riconoscendo con chiarezza che tra ciò che è un male e ciò che è un bene secondo la legge di Dio rimane un'ineluttabile contraddizione.


10. Un'ultima parola, cari fratelli e sorelle, sulle vocazioni sacerdotali e religiose. Vi ringrazio d'aver manifestato voi stessi la vostra preoccupazione a questo riguardo. Il ruolo dei pastori è altrettanto indispensabile di quello dei laici; sono essi che vi permettono proprio di compiere a fondo la vostra missione specifica, alimentando il vostro zelo cristiano mediante il Vangelo e i sacramenti, permettendo alla comunità di essere Chiesa. Quando Gesù deplora che gli operai siano poco numerosi e chiede di pregare per loro, intende senza dubbio tutti questi operatori evangelici, ma più in particolare coloro che si consacrano per intero alla sua missione. Se le vostre famiglie pregano intensamente con questa intenzione, se manifestano rispetto e sollecitudine per le anime consacrate, sono certo che le vostre comunità ecclesiali avranno quelle vocazioni di sacerdoti, di frati, di religiose di cui hanno assolutamente bisogno.

Che il Signore vi fortifichi, ciascuno secondo il vostro proprio carisma! Possiate essere testimoni autentici, ferventi, gioiosi, di Cristo Gesù! Io vi ripeto la fiducia della Chiesa. In nome del Signore benedico voi, benedico le vostre famiglie, e vi invio a portare la buona novella, testimoniare la verità, guarire i cuori feriti, portare la pace, suscitare comunità d'amore, annunciare e costruire il regno di Dio.

Data: 1985-05-17 Data estesa: Venerdi 17 Maggio 1985





Celebrazione per la pace - Ieper (Belgio)

Titolo: Da questa terra martire l'invocazione: Donaci la pace, Signore

Cari amici.


1. La pace sia con voi! Sono venuto volentieri a Ieper, per svariate ragioni.

Innanzitutto questa città, al centro stesso del campo di battaglia della prima guerra mondiale, è divenuta un simbolo dell'immensa sofferenza provocata dalla guerra, e allo stesso tempo simbolo della ricostruzione e della pace. La vostra città è dunque il luogo indicato per parlarvi della pace.

So anche che la vostra città e la vostra regione sono state liberate, verso la fine della seconda guerra mondiale, da soldati polacchi, e che voi onorate sempre con fedeltà il ricordo di questo avvenimento. Vogliate credere che ciò mi commuove.

In modo particolare sono venuto per incontrare i fedeli della diocesi di Bruges, che sono qui presenti in gran numero. La vostra diocesi è ben nota, al di là delle sue frontiere, per la sua dinamica vita sacerdotale e per il generoso impegno a favore delle missioni e delle Chiese giovani.

Infine, sono riuniti qui molti giovani, ragazzi e ragazze, uomini e donne, profondamente interessati alla pace e anche seminaristi che si preparano a divenire ministri della pace che viene dal Signore Gesù. Vi saluto tutti molto cordialmente nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Saluto i miei fratelli nell'episcopato, e soprattutto il giovane vescovo di questa diocesi, monsignor Roger Vangheluwe e i suoi vescovi ausiliari. Con gratitudine auguro anche la gioia e la pace del Signore a monsignor Emile-Joseph De Smedt, che per oltre trent'anni è stato il vostro pastore, e che ora consacra la propria vita alla preghiera.

Voglio ringraziare il signor sindaco e gli Scabini della città per la calorosa accoglienza che mi hanno riservato qui. Il mio omaggio va anche alle autorità civili e a tutta la popolazione delle Fiandre occidentali. La pace sia con tutti voi! 2. Il mio augurio di pace nel Signore è indirizzato anche a tutti gli amici di lingua francese, belgi e stranieri, in particolare coloro che sono venuti numerosi dalle città e dai villaggi del Nord della Francia. A tutti voi che siete venuti dall'altra sponda del Mare del Nord, i miei sinceri auguri. La vostra presenza qui oggi è un'ulteriore testimonianza della tradizione di amicizia e ospitalità risalente a vecchia data che lega la città di Ieper alle famiglie, agli amici e ai discendenti dei soldati che lasciarono la vita sui campi di battaglia delle Fiandre. Possa la pace del Signore essere con tutti voi! 3. Sono venuto qui, in questa regione in cui passano tante persone per raccogliersi presso le tombe di coloro che, vittime della violenza della guerra, hanno trovato qui la morte: uomini venuti da ogni dove, soprattutto giovani, uomini che sono sempre i figli di una famiglia. Sono venuto per riflettere con voi sul senso di queste morti, sul sacrificio di queste giovani vite.

Dinnanzi ai numerosi cimiteri che contrassegnano il paesaggio di questa regione, così come in qualsiasi parte del mondo, davanti a tutte le tombe nelle quali riposano le vittime militari e civili della violenza della guerra, è l'umanità intera che deve porsi delle domande fondamentali sul senso dell'esistenza dei singoli, delle nazioni e della grande famiglia delle nazioni.

La terribile esperienza della prima guerra mondiale, avvenuta settant'anni fa, è per taluni di voi un ricordo vivo, intessuto di nomi e di avvenimenti noti; per le attuali generazioni, è un ricordo che si perde nelle nebbie del passato, ma che resta vivo e deve restare vivo, richiamato dai segni iscritti sulla terra stessa, nei cimiteri, nei monumenti, nei libri e nelle immagini. Non si può bandire il ricordo delle vittime e del sacrificio della loro vita. Nel mio messaggio del giorno di Pasqua di quest'anno, ho invitato il mondo intero a riflettere, riferendomi alle vittime della seconda guerra mondiale; ho detto: "Anche oggi l'umanità si interroga sul significato di quelle vittime.

Soprattutto non può dimenticare gli uomini e le donne che, in ogni Paese, offrirono la propria vita "in sacrificio" per la causa giusta, la causa della dignità dell'uomo. Essi affrontarono la morte da vittime inermi, offerte in olocausto, o difendendo in armi la propria libera esistenza. Resistettero, non per opporre violenza a violenza, odio contro odio, ma per affermare un diritto e una libertà per sé e per gli altri, anche per i figli di chi allora era oppressore".

La storia ci insegna delle lezioni terribili. Essa ci parla, come qui sul campo di battaglia della prima guerra mondiale, della fragilità di uomini o di popoli che, ebbri di sogni di dominazione, possono dimenticare quanto di meglio vi è in loro per ricorrere alla violenza delle armi al fine di conquistare terre straniere o sottomettere intere popolazioni al dominio di sistemi e di ideologie che, malgrado le loro dichiarazioni, si oppongono alla dignità della persona umana, ai suoi diritti fondamentali, nonché al diritto dei popoli a un'esistenza nella libertà. Le tombe intorno a noi non cessano di parlarci di questa fragilità della comunità umana, e convincono dunque anche coloro che hanno il senso del reale e l'amore della vera libertà e dignità dei singoli e dei popoli, li convincono della legittimità del diritto alla difesa, o alla resistenza di fronte a un ingiusto aggressore.


4. I ricordi che evochiamo ci rimandano con altrettanta forza alla pace, questo bene tanto desiderato, ma sempre minacciato. E' il messaggio che ci lasciano tutte le vittime della guerra: la pace è necessaria, e dunque è un dovere per tutti. La salvaguardia della libertà e della sicurezza non può mai essere isolata da un dovere più grande: quello di costruire la pace. Questo compito è diventato ancor più urgente e attuale, oggi che siamo di fronte a una situazione internazionale di sempre crescente complessità: i progressi della scienza e della tecnica creano continuamente possibilità nuove che possono servire alla causa della pace, oppure possono essere impiegate per servire la guerra. La pace non è più una questione che possa essere trattata in modo retorico, unicamente sulla base di slogan facili o unilaterali. Occorrono convinzioni profonde e impegno totale; il semplice sentimentalismo non basta. Una ferma volontà di promuovere la pace deve andare di pari passo con idee chiare, e il compito non è sempre facile, quando ci si trova davanti tanti interessi diversi. L'impegno per la pace dev'essere accompagnato da una lucida comprensione dei principi e dei valori in gioco. Più grande è la minaccia gravante sull'umanità, più forte dev'essere la maturità morale dell'umanità. Accontentarsi del minimo sarebbe pericoloso. così la pace non dev'essere concepita come assenza della guerra, ma come un insieme di valori indissociabili: libertà della persona umana e rispetto della sua dignità, giustizia e solidarietà, misericordia e amore del prossimo, audacia della verità e speranza. I pericoli e le minacce che incombono sulla pace possono essere scongiurati unicamente da un progresso umano che coltivi i valori autentici, e non rinunciando a questi stessi valori.


5. Su tombe e monumenti impressionanti, che qui sono tenuti in si grande onore, è scritto: "Plus jamais la guerre!"; "Voot meer oorlog!"; "War never again!". E' il messaggio di coloro che sono caduti qui. ln questo stesso luogo, su questa immensa piazza, dinanzi a queste "halles" ricostruite dopo la guerra con amore e pietà, so che gli uomini trovano sempre il coraggio di spazzar via le macerie e di ricostruire di nuovo. So che sulle rovine dell'odio può sempre innalzarsi l'edificio dell'amore, la dimora della pace! In questa regione, una regione tra le molte altre nelle quali la guerra ha scavato per secoli solchi profondi, vengo come pellegrino della pace. In questa terra di cimiteri, s'innalza silenziosamente nel nostro cuore questa preghiera: Donaci la pace, Signore, donaci la pace! Ma davanti a queste tombe è anche opportuno parlare, e le ragioni per farlo non mancano. Poiché se tacciamo, lasciamo senza domani la visione che abbiamo appena ascoltata dalla bocca del profeta Isaia: "Egli sarà giudice fra le genti e sarà arbitro fra molti popoli. Forgeranno le loro spade in vomeri, e le loro lance in falci; un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo, non si eserciteranno più nell'arte della guerra. Casa di Giacobbe, vieni, camminiamo nella luce del Signore" (Is 2,4-5).

Se tacciamo, il rumore della violenza soffocherà il grido dei popoli che chiamano la giustizia e la pace. Se tacciamo, le minacce della guerra e dell'egoismo bloccheranno il dialogo e la ricerca della comprensione reciproca. Se tacciamo, la corsa agli armamenti proseguirà e attirerà a sé capitali, energie e creatività. Resterà allora poco denaro e poca attenzione per il cibo, la salute, lo sviluppo e gli alloggi, soprattutto per i Paesi meno abbienti. Se tacciamo, soffochiamo il messaggio di nostro Signore Gesù Cristo, che è il "Principe della pace", "Princeps pacis".


6. Si, se tacciamo, la pace del Signore non troverà dimora nel cuore dell'uomo.

Come può un uomo trovare la pace e creare la pace, se Dio non gli dà la pace? Come può l'uomo vivere in pace, quando non cerca, quando non accetta la pace che viene da Dio? Nel mistero dell'uomo si trova iscritto anche il peccato; nel mistero di Dio, quale ci è rivelato da Gesù Cristo, si trova iscritta l'abbondanza della grazia, della misericordia e della riconciliazione. "La pace sia con voi. Pace a questa casa". Tale è, secondo la volontà del Signore, il saluto fraterno del cristiano: pace a ciascuno, pace a ogni casa, pace alla terra intera! Nel nostro saluto cristiano, ci auguriamo la pace. Ma un saluto da solo non basta. Noi dobbiamo esser pronti a ricevere dall'altro questa pace, a realizzare, malgrado le ferite, la pace nel nostro cuore, e anche tra gli abitanti del nostro Paese. Dobbiamo esser disposti a lavorare per la pace nel mondo. Per tutto questo, dobbiamo aprire il nostro cuore a questa parola del Signore che abbiamo appena ascoltata nel Vangelo secondo Giovanni, una parola che non finiremo mai d'ascoltare e che ci viene ripetuta a ogni celebrazione eucaristica: "Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi" (Jn 14,27).

La Chiesa ogni domenica invita i fedeli all'Eucaristia. Quest'obbligo domenicale è un dovere sacro, perché è li che incontriamo il Signore, che prendiamo parte al sacrificio della sua vita, che partecipiamo della sua pace. E' li che veniamo a conoscere la pace del Signore, che impariamo il linguaggio della pace, che ci diamo reciprocamente la pace. E' li che riceviamo la pace del Signore come dono gratuito, ma anche come missione. Dio ci accorda gratuitamente la sua pace, ma sempre per farne qualcosa. La sua pace, la vera pace, non possiamo trovarla che seguendo colui che è la via, la verità e la vita, colui che è la via verso la pace e la verità ultima sulla pace: Gesù Cristo.


7. "Fissate bene la mente in Gesù" (He 3,1). Fissate la mente su Cristo risuscitato. E' in lui che troverete la vera pace. Cercare la pace significa camminare con lui, seguirlo, accogliere la sua parola e imitare i suoi atti. Il cammino ultimo e più lungo che ha percorso verso la pace definitiva altro non è che il cammino della croce. Ho sentito dire che da voi, in tutte le chiese, si trova una rappresentazione di questo cammino della croce, e che la buona abitudine cristiana di percorrere questo cammino della croce, il Venerdi santo, con una folla numerosa, in pubblico, è ben viva da voi. Seguite Cristo sul suo cammino della croce, poiché lungo il cammino della croce si giocano le sorti della pace.

Fissate dunque bene la mente in Gesù, specialmente voi giovani, poiché il Signore Gesù è la vostra pace! Nel mio messaggio per la Giornata mondiale della pace 1985 (n. 2), ho proclamato che la pace e i giovani camminano insieme. "Mentre ci prepariamo a entrare nel nuovo secolo e in un nuovo millennio, dobbiamo renderci conto del fatto che il futuro della pace e, quindi, il futuro dell'umanità sono affidati, in modo speciale, alle fondamentali scelte morali che una nuova generazione di uomini e di donne è chiamata a fare. Tra pochissimi anni, i giovani di oggi avranno la responsabilità della vita delle famiglie e della vita delle nazioni, del bene comune di tutti e della pace".


8. La guerra e la violenza nascono dal disconoscimento dei diritti fondamentali dell'uomo. La violenza che distrugge abitazioni ed edifici è grave, ma intollerabile e indegna dell'uomo è la violenza diretta contro la dignità della persona. Chi lavora alla pace comincerà col rispettare la dignità dell'uomo, in modo radicale, senza fame un oggetto di manipolazione o uno strumento al servizio di un'ideologia.

Rispettare la dignità della persona umana, significa rispettare la vita dell'altro, ogni vita umana, e in primo luogo la vita nel seno della madre.

Rispettare la dignità dell'uomo, è vedere in ciascuna persona un fratello o una sorella, figli dello stesso Padre. E' sentirsi toccati dall'angoscia e dalla povertà di chi non possiede nulla o è nella necessità. Più si è forniti di ricchezze materiali, più doveri si hanno verso coloro che sono sprovvisti di tutto. Fissate dunque bene la mente in Gesù, voi giovani, e camminate con Cristo! Seguite la chiamata e l'esempio di Gesù Cristo, il Principe della pace.

Nella loro lettera pastorale (luglio 1983, n. 2): "Disarmare per costruire la pace", i vostri vescovi hanno giustamente indicato questa strada, "La via realmente efficace: quella dell'amore in risposta all'amore del Padre e nella fede nella sua promessa, dell'amore mai a corto di immaginazione, di creatività e di speranza".

A voi, giovani, dico dunque: non cessate mai di proclamare e di cantare la pace! Non cessate mai di sperare e di lavorare per la pace! Dovunque andiate, seminate pace! Ai giovani seminaristi che sono qui presenti, dico in modo particolare: camminate con Cristo, nella vostra preparazione al ministero sacerdotale, in tutte le vostre attività pastorali. Non abbiate paura. E' con Cristo che sarete artefici di pace e porterete la pace intorno a voi.


9. E a tutti voi che partecipate a questa celebrazione, dico allo stesso modo: camminate con Cristo. Lungo il suo cammino, troverete sua Madre. Si, lungo il nostro cammino verso la pace, dobbiamo anche trovare Maria. E' per sua intercessione che imploriamo la pace che solo suo Figlio può darci. Siamo tutti responsabili della pace e dobbiamo tutti pregare per la pace. Preghiamo Maria, lei che è così fedelmente venerata in questa terra delle Fiandre, lei che nelle litanie invochiamo col

Titolo: nostra Signora, Regina della pace, lei che, in questa città, porta il nome di Notre-Dame de Thuyne.

Possa essa piantare intorno a noi un giardino di pace! Possa essa inviarci nel mondo per piantarvi giardini di pace! Notre-Dame di Thuyne, pregate per noi, pregate per la pace! Amen. Data: 1985-05-17 Data estesa: Venerdi 17 Maggio 1985






GPII 1985 Insegnamenti - Alla popolazione della capitale - Bruxelles (Belgio)