GPII 1985 Insegnamenti - Durante la sosta all'arcivescovado - Mechelen (Belgio)

Durante la sosta all'arcivescovado - Mechelen (Belgio)

Titolo: E' l'ora di intraprendere una seconda evangelizzazione

Cari fratelli nell'episcopato,


1. Sono stato felice di ricevervi a Roma il 18 settembre 1982, in occasione della vostra visita "ad limina". E lo sono ancor più di ricambiare oggi la vostra visita, di attraversare il vostro Paese, molte località delle quali mi erano già familiari, d'incontrare sul posto il caro popolo del Belgio, di ricevere la testimonianza di fede delle vostre comunità ecclesiali e, con voi, di confermare i vostri sacerdoti, religiosi e fedeli nella loro vocazione cristiana. Il momento più importante di questo viaggio apostolico rimane l'incontro con voi, pastori di questa Chiesa, per porci insieme di fronte al sacro ministero affidatoci dal Signore come successori degli apostoli.


2. Dobbiamo cominciare con il rendere grazie a Dio per tutta l'opera apostolica che lo Spirito Santo ha permesso di realizzare su questa terra belga fin dalla fondazione della Chiesa, i cui indizi certi risalgono al VI secolo con le diocesi di Tongres e di Tournai. Nell'attuale periodo, che riteniamo molto difficile per l'evangelizzazione, ci piace contemplare la fede e l'audacia missionaria dei pionieri, dei fondatori, degli evangelizzatori, che ritenevano le popolazioni di quel tempo - i gruppi originari o i discendenti delle successive ondate d'invasione - capaci di ricevere e di vivere il Vangelo. Citiamo almeno sant'Amand e san Remacle nel VII secolo, san Norberto e san Bernardo nel XII secolo. I monasteri si moltiplicavano, sviluppando contemporaneamente la fede, la cultura e l'agricoltura, come in molti luoghi della Chiesa latina. E anche i capitoli e le collegiate; poi i conventi dei Francescani, dei Domenicani, nonché quelli di religiose: Norbertine, Cistercensi, Francescane, Beghine. In questo Medioevo, un posto singolare occupavano mistici come santa Giuliana del Mont Cornillon e Giovanni Ruysbroek.

Le vostre stesse città sono diventate splendidi centri religiosi. Qui è nata e si è sviluppata una civiltà cristiana, in armonia con le Chiese degli altri Paesi, nella comunione cattolica, ma con qualità e tradizioni particolari che hanno segnato le arti e i costumi in ciascuna provincia. Come non pensare alla pittura fiamminga, con il suo senso dell'interiorità, alla fioritura di miniature nei libri delle Ore? Ciò che allora si chiamava Paesi Bassi è stato segnato da un "umanesimo" alleato alla fede cristiana. Fin dal 1425 l'università di Lovanio è il simbolo di questa simbiosi tra fede e cultura. I nuovi istituti religiosi contribuiscono alla rinascita cristiana: i Gesuiti, i Cappuccini, i Recolletti, gli Oratoriani. Quello che più colpisce dal Medioevo ai nostri giorni, è la solidità del popolo cristiano che sa tradurre il suo ideale e il suo impegno in molteplici associazioni.

La storia ci mostra chiaramente l'adesione ferma e coraggiosa delle popolazioni belghe alla fede cattolica. Si è visto bene di fronte alla fede riformata o a provvedimenti di sovrani protestanti, nel XVI secolo e durante una rivolta del 1830. Ma anche quando i cattolici belgi e i loro vescovi si opposero alle dottrine enciclopediste francesi, alle legge antiecclesiastiche austriache e alla politica antireligiosa dell'occupazione francese. L'attaccamento alla fede cattolica fu uno dei cimenti essenziali della nazione belga.

Questa adesione cattolica si è sempre espressa anche con un particolare legame con Roma e con la Sede apostolica, e una fedeltà incondizionata alla persona del Papa, che si manifesto in maniera commovente durante gli avvenimenti del 1870.

In un periodo ancor più vicino a noi, ricordo l'importante contributo di vescovi belgi ai Concili: il cardinale Descamps al Vaticano I, i monsignori De Smedt, Charue, Heuschen, il cardinale Suenens al Vaticano II. Parecchi vostri compatrioti hanno assunto o assumono attualmente grandi responsabilità negli organismi della Santa Sede: mi limito a nominare due amici che sono deceduti: monsignor Uylenbroeck e monsignor Albert Descamps.

Dovrei citare pure, come segni di vitalità cristiana, sia la fioritura di molteplici congregazioni religiose a partire dal secolo scorso, sia l'organizzazione, da parte dei laici, di numerose opere cattoliche. Ma termino con una ricchezza che è cara a tutta la Chiesa: le vocazioni missionarie, ad intra e ad extra. Basti ricordare padre Verbiest, in Cina, padre Lievens in India, padre Damien, nelle isole Molokai (il suo processo di beatificazione prosegue), il fondatore dei padri di Scheut, Teofilo Verbist, con tutti i missionari di questa famiglia religiosa. Senza parlare dei circa tremila missionari, uomini e donne, che sono partiti verso quello che si chiamava il Congo belga e, in un altro senso, il cardinale Cardijn. Perciò il Belgio ha avuto un irradiamento non proporzionato alla limitata estensione del Paese, nella Chiesa universale e nel mondo. In parecchi Paesi dell'Asia, dell'America e soprattutto d'Africa, il cristianesimo è nato in parte grazie ai belgi che hanno lasciato tutto per portare la Buona novella.

Si, cari fratelli, la Chiesa che è in Belgio può essere fiera, e ho voluto condividere con voi questa fierezza. Una fierezza che prima di tutto è un rendimento di grazie al Signore. E una speranza: i doni di Dio sono senza pentimento. La via è magnificamente tracciata anche se il contesto attuale è tutto diverso. Come possiamo pensare che questa linfa cristiana s'inaridisca, che il soffio missionario venga a mancare, quando lo Spirito Santo è il medesimo sia ieri che oggi? L'ora è venuta, al contrario, d'intraprendere la seconda evangelizzazione che voi auspicate di cuore.


3. Infatti, nel vostro stesso Paese vi trovate di fronte a nuovi bisogni di evangelizzazioxe. Il compito può sembrare molto inedito, più arduo che mai. Le realtà come "società pluralista", "secolarizzazione", laicismo, distanza in rapporto all'istituzione religiosa, indifferentismo religioso, anche ateismo, sono altrettante sfide che scoraggiano alcuni dei vostri sacerdoti e dei vostri fedeli.

Lo so che voi, vescovi, volete rimanere lucidi, vigilanti, inventivi, senza capitolare in nessun modo davanti a queste sfide.

Lucidi, ossia vedere i fatti - in base a inchieste e statistiche - e soprattutto essere consapevoli delle cause di una più grande difficoltà a credere in un Dio personale, ad aderire all'insieme del messaggio cristiano e alle sue implicazioni etiche a formare obiettivamente la propria coscienza, a rispettare il carattere sacro dell'amore, e della vita umana, a trasmettere la fede o il Battesimo ai bambini, a partecipare regolarmente ai sacramenti dell'Eucaristia e della Riconciliazione, a consacrare la propria vita al servizio esclusivo di Cristo e della Chiesa.

Tra le spiegazioni vi sono i mutamenti della società e simultaneamente delle concezioni della vita che sono evidenti. Le correnti di pensiero più diverse colpiscono in pieno, e a volte senza preparazione, i giovani e gli adulti. La società dei consumi e dei piaceri facili - come nella maggior parte dei Paesi occidentali ricchi e liberi - riduce la prospettiva a ciò che è materiale ed abitua a temere gli sforzi. In un senso apparentemente contrario, certi ritmi di lavoro, specialmente per le donne, certi sradicamenti, difficoltà di alloggio e la grave penuria di posti di lavoro, turbano la fedeltà e la pratica religiosa.

Ma il nostro sguardo non deve limitarsi a questi elementi che sono delle condizioni, più o meno sfavorevoli, piuttosto che delle cause: in un certo senso, non sono più gravi delle difficoltà incontrate dagli evangelizzatori dei secoli passati, o degli ostacoli che altre Chiese conoscono oggi nel mondo, soprattutto quando sono prive di libertà e di mezzi.

Bisogna fermarsi piuttosto alle cause spirituali che provengono dall'interno degli uomini, o delle famiglie, specialmente la mancanza di fede, di vigore, di formazione e di sostegno ecclesiale. Questa crisi è importante e profonda. Oggi vi è la tentazione del rifiuto di Dio, in nome della propria umanità. E la secolarizzazione - che, in sé potrebbe essere un aspetto della legittima distinzione tra temporale e spirituale (cfr. GS 36) - è grave nella misura in cui colpisce la Chiesa stessa, persino la vita sacerdotale e religiosa. Il Concilio Vaticano II ha dato alla Chiesa i principi di base e i mezzi per operare un adatto rinnovamento spirituale. Ma, nella misura in cui certuni l'hanno studiato male, male interpretato, male applicato, può avere causato qua o là scompiglio, divisioni e non si è potuto impedire un cedimento religioso. Piuttosto di gemere sulle condizioni difficili, dobbiamo portare rimedio a ciò che provoca la debolezza spirituale dei cristiani: in altre parole, lavorare per formare la loro fede e per annunciare la fede a tutti i nostri contemporanei. E siccome l'uomo non è un individuo isolato, ma è preso in una rete d'influssi sociali che i media amplificano, bisogna rifare il tessuto cristiano della società.


4. Parlare di rifare questo tessuto, significa evocare, tra l'altro, le diverse organizzazioni cristiane. So che esse sono numerose e forti nel vostro Paese, nel quadro delle libertà riconosciute dalla costituzione. Questa è l'espressione normale di una Chiesa viva e libera; non solo queste istituzioni hanno permesso di sostenere la fede dei cattolici, secondo le esigenze della loro coscienza, ma sono state un modo per manifestare la loro testimonianza e il loro benefico contributo alla società, per esempio nel campo dell'insegnamento, della salute, del reciproco aiuto. Esse continuano ad avere la loro ragion d'essere, nel rispetto e nella stima delle altre iniziative, degli altri gruppi sociali, al di fuori di ogni spirito di concorrenza, di settarismo o di ghetto. Questa armonia di rapporti specifici è una ricchezza per una società che ha un'esatta nozione del bene comune, con la libera partecipazione di ciascuno.

Ad ogni modo, le organizzazioni cattoliche non costituiscono delle linee di demarcazione tra i cristiani e gli altri. I cristiani ci tengono a testimoniare e a lavorare anche in altre organizzazioni non confessionali. Gli uni e gli altri possano conservare la preoccupazione di ciò che è onesto e vero, la benevolenza, lo spirito di fraternità e di cooperazione, diciamo l'amore; questi valori sono benefici alla vita in società e si attendono sempre dai discepoli di Cristo! Ma abbiamo detto che l'essenziale è di formare autentici cristiani, e di trovare i mezzi per sostenerli. A questo proposito, mi piace contemplare con voi la triplice missione che abbiamo ricevuta con l'ordinazione episcopale: insegnare, santifcare, governare. So che ne siete consapevoli; io stesso ho ammirato lo zelo di molti vescovi belgi del passato e del presente. Penso soprattutto ai vostri collaboratori che devono essere con voi dei maestri della fede, degli intenditori dei sacri misteri, dei pastori.


5. Il nostro primo ufficio di vescovi è l'insegnamento della fede (cfr. LG 25 decreto CD 12-14). "Predicate a tempo e a contrattempo, esortate con una pazienza instancabile e con la cura d'istruire", ci dice il vescovo consacrante, facendo eco a san Paolo. Non è in nostro potere suscitare l'adesione, che dipende dalla libertà, con o senza molte condizioni favorevoli, e dalla grazia di Dio. Se non altro dobbiamo essere gli "araldi della fede", i "dottori autentici", le "guide delle coscienze", affinché la verità del Vangelo brilli con chiarezza e persuasione. Non dimentichiamo mai che il Vangelo è stato posto al di sopra della nostra testa, durante la preghiera di ordinazione.

Si tratta di annunciare il kerygma - l'essenziale del messaggio che chiama a credere coloro che sono ancora sulla soglia, e sono numerosi oggi - ma anche di approfondire il mistero integrale di Cristo e la conoscenza di tutta la dottrina dela Chiesa, di trarne del nuovo e vecchio rispettando l'identità del "deposito" di cui siamo responsabili, rispondendo alla problematica della mentalità attuale con i mezzi moderni posti a nostra disposizione.

La dottrina è quella della salvezza. Si tratta di un grande disegno messianico per l'uomo, con le sue implicazioni etiche, le sue conseguenze sociali per la persona, la famiglia, la società, per la giustizia e per la pace, eccetera (cfr. CD 12). Ma i nostri contemporanei, sensibili a questa dimensione, non sempre collegano la morale a un Dio personale; essi separano facilmente i comandamenti verso il prossimo dai comandamenti verso Dio. Noi dobbiamo iniziarli a una prospettiva teocentrica, perché il nostro umanesimo cristiano si basa sul Dio creatore e redentore. Tutte le realtà terrestri sono ordinate dalla salvezza degli uomini.

A Roma vi chiesi di essere voi stessi dei vescovi teologi sul posto, in collegamento con i teologi professionisti che esplorano metodicamente il contenuto della fede, senza formare un magistero parallelo, perché essi insegnano in virtù della missione che hanno ricevuto dal legittimo magistero (cfr. Pio XII, AAS 1954, p. 314-315). C'è solo un magistero, affidato agli apostoli uniti a Pietro e ai loro successori. Con questi teologi, siate i promotori di un'intelligenza della fede. Ci sono degli errori che devono essere dichiarati con il loro nome e ci sono delle proposizioni rinnovate della fede da approfondire.

So che, per conto vostro, consacrate i vostri sforzi a questo ministero della parola, nelle omelie e nelle diverse istruzioni, nelle lettere pastorali, nelle dichiarazioni pubbliche e nei molteplici incontri con i vostri cristiani. Ma il problema consiste nel realizzare una profonda educazione della fede in tutto il popolo cristiano e, di conseguenza, di aiutare i vostri sacerdoti, i vostri religiosi e religiose, i vostri insegnanti cristiani, i vostri catechisti laici, che sono numerosi, ad essere autentici formatori della fede. Ponete tutte le vostre cure a procurare ad essi una formazione dottrinale solida, esigente, integrale; a suscitare in essi una grande fedeltà al magistero autentico, perché devono trasmettere la fede che hanno ricevuto, con l'amore della Chiesa e uno zelo illuminato, per presentare la fede di cui essi stessi si sforzano di vivere. Fate in modo che la catechesi sia curata a tutti i livelli: bambini del catechismo, scuola, preparazione ai sacramenti, adolescenti, adulti. Si potrà allora sperare che questi cristiani avranno la maturità sufficiente per non essere sballottati ad ogni vento di dottrina, per essere testimoni di Cristo ed intraprendere essi stessi, con i fratelli separati, con quelli che sono in ricerca e con i non credenti, un "dialogo di salvezza", con intelligenza e amore, verità e carità (cfr. CD 13).


6. Nello stesso tempo abbiamo la missione di santificare il popolo che ci è affidato. La parola di Dio lo consacra già nella verità (cfr. Jn 17,17). Ma bisogna formare questo popolo a pregare, a ben ricevere i sacramenti.

A noi stessi, il vescovo consacrante ha detto: "Intercedete con la preghiera e con il sacrificio". Le grazie di conversione, di rinnovamento, di santità, sono di un ordine diverso dai nostri metodi d'apostolato; esse saranno date solo a una Chiesa in preghiera. D'altra parte, molti movimenti di giovani hanno riconosciuto questo bisogno di preghiera; al contrario, coloro che si lasciano assorbire da un'azione sociale senza preghiera, rischiano di perdere la loro specificità cristiana e la loro vera efficacia. La contemplazione, l'adorazione, devono ritrovare il loro posto nella vita del popolo cristiano. I vostri collaboratori, sacerdoti, religiosi, religiose, avranno a cuore d'essere dei testimoni e dei maestri della preghiera.

I nostri cristiani devono saper cogliere anche l'importanza capitale dei sacramenti. Non abbiamo molte occasioni di parlarne durante questo viaggio, centrato sul tema principale del "Padre nostro".

Facciamo comprendere ai genitori la grazia inaudita del Battesimo dei loro figli, che li impegna, naturalmente, ad assicurare l'educazione cristiana. Il fatto che questo Battesimo e l'educazione catechetica siano trascurati in certe famiglie, è un segno preoccupante.

D'altra parte sono al corrente della nostra coraggiosa pastorale per preparare i cresimandi a professare la loro fede ed a prendere il loro posto nella Chiesa, con i doni dello Spirito Santo.

Il senso della domenica, giorno del Signore, quello dell'Eucaristia domenicale, e la grave necessità di riunirsi attorno al corpo del Signore per vivere veramente della sua vita, devono poter essere oggetto di una catechesi più intensiva, più chiara, per non lasciare i fedeli - ed in particolare i giovani - nella condizione di ritenere che si tratti di un atto secondario, facoltativo, che si compie soltanto quando il desiderio, o il bisogno, si fa sentire. Nello stesso tempo vegliamo affinché queste celebrazioni siano degne, vive, oranti, accessibili a tutti, rispettose del mistero della fede. Il Belgio non ha dato forse un notevole contributo al movimento liturgico? Il Concilio ha d'altra parte ricordato ai vescovi che essi sono gli "organizzatori, i promotori e i custodi di tutta la vita liturgica" (CD 15).

Quanto al sacramento della Penitenza o della Riconciliazione, restano da compiere ancora molti sforzi per farne comprendere la portata e la necessità, rinnovando il senso di Dio e il senso del peccato. Su questo argomento ho espresso il pensiero dei padri del Sinodo e il mio nell'esortazione che voi conoscete. La forma personale, essendo la confessione e l'assoluzione individuali, preparate quando è possibile in modo comunitario, rimane la via ordinaria. Questa pastorale si scontra, lo so, con molti ostacoli, pregiudizi e, forse, con pratiche contrarie. E' tuttavia a questo prezzo che i fedeli si situeranno nella verità davanti al Signore, ossia in stato di conversione. Ricordiamo ai nostri sacerdoti il posto che devono dare a questo ministero del perdono.


7. Infine, il Signore ci ha chiamati a condurre il popolo di Dio come il Buon pastore. Il Buon pastore è colui che cammina davanti, che indica il cammino, che intuisce le insidie, che conduce il gregge verso ciò che lo può nutrire veramente.

Egli ama le sue pecore, le conosce bene, è vicino alle loro necessità.

Tra di esse, egli è a servizio della verità. E' come un padre, con l'autorità conferitagli dal suo ufficio, come vicario e legato di Cristo. E' a servizio dell'amore e della misericordia, nella verità, come un fratello. E' a servizio della comunione.

Questo ministero di unità è particolarmente importante. Dopo il Concilio Vaticano II, i fedeli non hanno seguito lo stesso passo; certi non sono soddisfatti, per nostalgia o per impazienza. Altri si fronteggiano per ragioni di livelli sociali, di metodi apostolici, di culture. Spetta al vescovo, mentre vigila per allontanare i legittimi motivi di dissenso e di scandalo, insegnare ai suoi diocesani a rispettarsi, ad amarsi pur nella diversità, a comprendersi, ad accettarsi ed a collaborare nella complementarietà. Lo stesso vescovo deve evitare di lasciare che gruppi particolari esercitino l'apostolato in modo esclusivo, perché l'apostolato è aperto a tutti, può essere opera di tutti, con metodi diversi. Il vescovo è il pastore di tutto il suo popolo. E' artefice di pace. Di fronte ai fermenti di sfiducia, di divisione, di rottura, egli assicura il servizio della comunione perché predica l'amore e pone il popolo cristiano al centro delle realtà fondamentali della fede nella verità.

Questa comunione, cari fratelli, sta a cuore viverla anzitutto tra voi, nell'ambito della Conferenza episcopale, malgrado la diversità dei problemi, delle lingue e delle culture. E questa testimonianza ha una grande importanza per la Chiesa e per la nazione belga.

Infine, questa collegialità, affettiva ed effettiva, comprende necessariamente la comunione profonda con la Sede apostolica. Non solo nel senso di un sentimento di adesione. So che l'episcopato belga ha una solida tradizione in questo senso. Ma nella condivisione della sollecitudine della Chiesa universale e nell'adesione a decisioni e orientamenti: "Tutti i vescovi devono promuovere e difendere l'unità della fede e la disciplina comune all'insieme della Chiesa, formare i fedeli all'amore per tutto il corpo mistico di Cristo" (LG 23).




8. Parlandovi così, cari fratelli, non ho smesso di pensare ai vostri sacerdoti.

Non ho un incontro speciale con essi, al di fuori della messa a Beauraing. Dite loro il mio affetto, la mia fiducia, la mia speranza. Se ho ricordato le esigenze del loro sacerdozio, in rapporto con le tre missioni del vescovo, è per la verità della loro vocazione, è per il bene del popolo cristiano, specialmente della gioventù, che conta tanto su di essi, come su dei padri spirituali! Che possano liberarsi delle teorie che talvolta hanno tentato di oscurare la loro meravigliosa identità di sacerdoti! E con il pretesto che i laici sono chiamati a svolgere molti servizi ecclesiali, così pure non lascino ridurre il loro sacerdozio a una semplice funzione. I laici stessi adempiranno bene la loro missione soltanto con dei sacerdoti la cui vita, tutto l'essere - corpo, cuore e spirito - è consacrata al Signore e alla sua missione.

So che vi sta a cuore di manifestare loro il vostro amore, di sostenerli come dei figli e degli amici. Auspico che anch'essi mostrino nei vostri riguardi la premura e tutta la disponibilità indispensabile per il servizio coerente al popolo di Dio, perché la direzione della pastorale è affidata a voi.

Ho notato che avete molti diaconi permanenti e me ne rallegro.

Un grande problema rimane quello del cambio dei sacerdoti, del risveglio delle vocazioni, della formazione dei seminaristi e dei sacerdoti. Ne abbiamo parlato durante la visita "ad limina". Incoraggio quello che fate per le vocazioni dei giovani adulti, senza dimenticare tuttavia che la chiamata al sacerdozio si a sentire spesso fin dall'infanzia. E non bisogna temere di chiamare! La maggior parte delle vostre diocesi hanno il loro seminario, ed è bene così. Le condizioni della vita spirituale, della formazione dottrinale, dello spirito pastorale, della vita comunitaria in questi seminari, costituiscono per voi una responsabilità primordiale.

Evidentemente, dobbiamo fare gli stessi sforzi per risvegliare le vocazioni alla vita religiosa, alla vita consacrata. Sappiamo tutti quanti ragazzi o ragazze sono capaci di consacrarsi con gioia all'amore del Signore, al servizio della sua Chiesa, della quale vedono i bisogni urgenti. E nello stesso modo penso alle vocazioni missionarie, per le quali la Chiesa in Belgio ha brillato con tanto fulgore! Che cosa manca perché sboccino queste vocazioni, perché si realizzino? Noi pregheremo tutti per questa intenzione.


9. So l'importanza che attribuite ad altri temi di pastorale: la collaborazione tra sacerdoti e laici, il ruolo evangelizzatore dei laici, uomini e donne, il bambino e la famiglia, la catechesi, il rinnovamento delle istituzioni cattoliche, il modo di vivere da cristiani la crisi economica, l'invio in missione ad extra.

Sono certamente problemi fondamentali. Penso specialmente alla famiglia.

Quando incontrai il cardinale Cardijn, durante il viaggio da Roma alla Polonia, mi disse: "Mettete tutta la vostra cura a preparare famiglie veramente cristiane". E' perciò evidente il vostro assillo.

Gli incontri previsti attraverso il Belgio, particolarmente con i laici, i giovani, i missionari mi permetteranno di affrontare altrove questi problemi; altri, scaturiscono da una riflessione speciale o da una ricerca di mezzi pastorali che spetta a voi.

Ci siamo posti di fronte all'essenziale della nostra missione di vescovi. Che lo Spirito Santo vi assista con la sua luce e con la sua forza! Che vi permetta di condurre il vostro popolo cristiano, con speranza, verso una fede più matura e verso un nuovo slancio missionario!

Data: 1985-05-18 Data estesa: Sabato 18 Maggio 1985





Omelia alla celebrazione eucaristica - Beauraing (Belgio)

Titolo: Coscienti della propria vocazione per il bene della Chiesa




1. "In verità in verità vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome egli ve la darà" (Jn 16,23). Ecco, cari fratelli e sorelle, le parole che abbiamo udito nella liturgia. Cristo le ha pronunciate davanti agli apostoli, nel Cenacolo, la vigilia della sua passione, e anche nella prospettiva della sua partenza, dell'ascensione.

"Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo, e vado al Padre" (Jn 16,28). In questa prospettiva l'appello del Cristo diviene particolarmente eloquente. Con tutto il fervore del suo cuore egli invita alla preghiera; anzi di più, ci chiede di pregare, e ce lo dice con insistenza.

Questa volta, non parla più per mezzo di parabole, ma direttamente: agli apostoli parla apertamente del Padre. Infatti, invitare alla preghiera è un modo particolare di parlare del Padre, perché significa: "Il Padre stesso vi ama, poiché voi mi avete amato, e avete creduto che io sono venuto da Dio" (Jn 16,27).

Si, la nostra via al Padre è stata ampiamente aperta. Di conseguenza, "chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena" (Jn 16,24).


2. Tutta la Chiesa, dopo l'ascensione del Signore, ritorna al Cenacolo per attendere nella preghiera la discesa dello Spirito Santo nel giorno della Pentecoste: è in questo momento privilegiato che noi veniamo a Beauraing. Ci veniamo per essere assidui nel pregare con un cuore solo, come gli apostoli con Maria, la Madre del Signore (cfr. Ac 1,14).

Da più di cinquant'anni questo luogo è divenuto un importante centro di pellegrinaggio mariano, per tutto il Belgio e per i Paesi vicini, un luogo privilegiato di preghiera e di rinnovamento nel quale i fedeli avvertono in maniera speciale la presenza di Maria, la Vergine immacolata, la Regina dei cieli, e Ia sua potente intercessione per la conversione dei peccatori.

Per accogliere i pellegrini voi avete disposto questo santuario all'aperto collocandovi la statua di Maria, avete edificato una cappella le cui pietre stanno a testimoniare l'origine del pellegrinaggio; poi avete costruito una grande chiesa; avete aperto una casa d'accoglienza per i malati, il "Castel Sainte-Marie" per i ritiri, e un luogo di contemplazione. Tutto questo mi rallegra, perché attraverso il vostro atteggiamento di fede e le vostre riunioni di preghiera viene onorata la Vergine Maria. E con lei, il suo divin Figlio, Dio Padre e lo Spirito Santo sono glorificati; per mezzo di lei la Chiesa si avvicina sempre più alla fonte della salvezza.

E' bene che ciascuna regione abbia uno o più santuari mariani, eretti per una ragione particolare, con il benestare dei vescovi responsabili; è li che si concretizza la devozione mariana, tanto importante nella fede cattolica e posta in chiara luce dal Concilio Vaticano II al culmine della costituzione sulla Chiesa. Maria "ha cooperato in modo tutto speciale all'opera del Salvatore, con l'obbedienza, la fede, la speranza e l'ardente carità, per restaurare la vita soprannaturale delle anime. Per questo è stata per noi la madre nell'ordine della grazia. Assunta in cielo, ella non ha deposto questa missione di salvezza, ma con la sua molteplice intercessione continua a ottenerci i doni della salvezza eterna" (LG 61-62). E se ella attira in modo particolare l'attenzione dei suoi figli in dati luoghi e in dati momenti, attraverso fatti la cui interpretazione è soggetta al giudizio del magistero della Chiesa, la Madre di Dio è costantemente presente nella missione del Cristo e della Chiesa. Questa presenza si rende particolarmente intensa nel santuario, luogo della permanenza della preghiera con Maria.


3. Qual è l'oggetto della preghiera della Chiesa nascente nel Cenacolo di Gerusalemme? La liturgia di oggi ci dice che, prima di tutto, la Chiesa ringrazia: "Noi ti rendiamo grazie, Signore Dio onnipotente, che sei e che eri, perché hai messo mano alla tua grande potenza, e hai instaurato il tuo regno" (Ap 11,17).

La Chiesa rende grazie per il mistero messianico della Pasqua: essa ringrazia per la croce - attraverso la quale il Cristo ha riportato la vittoria - e ringrazia per la risurrezione nella quale egli ha rivelato la potenza di Dio sulla morte e ha inaugurato definitivamente il suo regno nella storia dell'uomo e del mondo. La Chiesa rende dunque grazie per l'opera della redenzione: "Ora si è compiuta la salvezza, la forza e il regno del nostro Dio e la potenza del suo Cristo". La Chiesa rende grazie per l'opera della giustificazione dell'uomo davanti a Dio, "poiché è stato precipitato l'accusatore dei nostri fratelli, colui che li accusava davanti al nostro Dio" (Ap 12,10).

Con la sua croce e la sua risurrezione, il Cristo ha giustificato l'uomo che Satana non cessava - e non cessa - di "accusare" estendendo su di lui il potere della sua apostasia da Dio e il mistero di iniquità, la potenza del peccato. così dunque gli uomini, figli di Adamo, "lo hanno vinto per mezzo del sangue dell'Agnello e grazie alla testimonianza del loro martirio, poiché hanno disprezzato la vita fino a morire" (Ap 12,11). La Chiesa rende grazie per il permanere della testimonianza apostolica di generazione in generazione.

Anche noi ringraziamo, riuniti in questa comunità di preghiera con Maria la Madre della Chiesa, a Beauraing, in Belgio. Noi ricordiamo la fedeltà e il coraggio di tanti credenti su questa terra, nel corso dei secoli.


4. Al tempo stesso, unita nella preghiera, la Chiesa esprime una domanda. Che cosa domanda? Ciò che in quei giorni essa domandava nel Cenacolo di Gerusalemme. Essa domandava certamente di poter nascere come Chiesa, di poter nascere dallo Spirito Santo.

E che cosa chiede oggi, qui a Beauraing? Che cosa dovrebbe chiedere? Penso che chieda - che dovrebbe chiedere - la stessa cosa. Infatti la Chiesa, nata all'inizio dalla croce di Cristo e dallo Spirito Santo, nasce ancora costantemente dalla croce del Cristo e dallo Spirito Santo. Costantemente. In ogni generazione.

ln ogni luogo. In ogni nazione. Essa vive della forza che l'ha fatta nascere. Essa rivive, si sviluppa nelle diverse epoche. Costantemente, essa cerca di "conservare l'unità dello Spirito per mezzo del vincolo della pace". Non c'è che "un solo corpo, un solo Spirito... un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo, un solo Dio Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, agisce per mezzo di tutti ed è presente in tutti" (Ep 4,3-6). La Chiesa cerca costantemente di conservare questa unità! L'unità che essa ha da Dio! E per la quale prega con sempre maggior fervore.


5. Essa prega nel nome di quell'"unica speranza" alla quale siamo stati chiamati.

Nel nome della speranza che ci è stata data attraverso la nostra vocazione (cfr. Ep 4,4). La dove c'è la speranza, li nasce la preghiera, li si rinnova la speranza.

Il contenuto di questa speranza e della preghiera è la nostra vocazione in Gesù Cristo; la nostra vocazione cristiana. L'ultimo Concilio ha stabilito uno stretto legame tra la causa della Chiesa e la causa della vocazione. Quando preghiamo perché si rinnovi la nascita della Chiesa in questo Paese, in questa fine del secondo millennio dopo Cristo, secondo la misura dei bisogni della nostra epoca, e per ciò stesso secondo la misura dell'immensa speranza che ci viene dalla nostra vocazione cristiana, noi preghiamo perché le vocazioni siano abbondanti.


6. "A ciascuno di noi è stata data la grazia secondo la misura del dono di Cristo... per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo" (Ep 4,7 Ep 4,12).

Nella Chiesa, popolo di Dio, tutti i membri sono incorporati al Cristo mediante il Battesimo, partecipano alla sua vita grazie ai sacramenti, alla sua funzione sacerdotale, profetica e regale; sono tutti chiamati alla santità, ed esercitano nella Chiesa e nel mondo la missione che è propria di tutto il popolo cristiano; ciascuno ha la sua parte di apostolato. Tale è la vocazione cristiana per tutti. Ma le vocazioni particolari sono diverse. Lo Spirito Santo "dispensa tra i fedeli di ogni ordine grazie speciali, con le quali li rende adatti e pronti ad assumersi varie opere o uffici, utili al rinnovamento della Chiesa e allo sviluppo della sua costruzione" (cfr. LG 3 LG 1 LG 39).

A tre riprese, qui in Belgio - ad Anversa, a Laeken, a Liegi - ho l'occasione di parlare ai laici della loro missione cristiana nella Chiesa e nel mondo. Oggi la nostra attenzione viene portata più particolarmente sulla vocazione sacerdotale e religiosa.


7. Si, è con grande gioia e con molto affetto che saluto qui, assieme ai vescovi del Belgio, numerosi sacerdoti, diaconi, seminaristi, religiosi e religiose, membri di istituti di vita apostolica e missionaria, membri di istituti secolari.

Cari amici, vi invito anzitutto a rendere grazie a Dio. Egli vi fa un dono straordinario nel chiamarvi a lasciare tutto per seguirlo e servirlo in questo modo. Questa chiamata ha potuto farsi sentire in molti modi: ciò fa parte della storia segreta di ciascuno; poi la Chiesa l'ha ratificata. Custodite la memoria dei benefici del Signore, e camminate nella speranza. I doni del Signore sono senza pentimento.

Su questo cammino della vita sacerdotale o religiosa voi, come il Cristo, come Maria, trovate evidentemente la croce. Soffrite a causa degli ostacoli che il Vangelo incontra, quando avete la missione di predicarlo al mondo; soffrite anche delle vostre fatiche, dei vostri limiti, talvolta delle vostre debolezze. Ma guardate con fiducia verso colui che vi ha chiamati e che rimane con voi, che opera in voi, per mezzo di voi, grazie allo Spirito Santo. Siate contenti di essere così vicini al Cristo e così utili alla Chiesa. Anche se spesso non potete verificare visibilmente il risultato del vostro ministero, rallegratevi, come Gesù diceva ai suoi apostoli, del fatto che i vostri nomi sono scritti in cielo (cfr. Lc 10,20). Se sarete fedeli, troverete sempre la pace del Cristo.

Valgono specialmente per voi queste parole di Gesù ai suoi apostoli: "Il Padre stesso vi ama, poiché voi mi avete amato" (Jn 16,27).

Voi conoscete il cammino della fedeltà. Mettete la preghiera al centro della vostra vita. Vivete in stretta unione con Cristo. Vivete con lui tutti gli incontri o le azioni del vostro apostolato. Rimanete molto uniti tra di voi, perché a nessuno di voi manchi il sostegno fraterno.


8. Ma, innanzitutto, ravvivate il dono che avete ricevuto. Non rimettete in discussione la vostra identità particolare nel popolo di Dio. Umilmente, poiché è un dono di Dio, ma fermamente, mantenete una viva coscienza della vostra vocazione. I laici stessi hanno bisogno della vostra vocazione. Per voi e per loro ne parlero brevemente.

Cari amici sacerdoti, voi sapete quanto la vostra funzione ministeriale sia indispensabile alla Chiesa: voi cooperate al ministero del vescovo per partecipare, in un modo speciale, alla missione dell'unico mediatore che è il Cristo, capo della Chiesa, per agire in suo nome, in vista del bene soprannaturale di tutti i battezzati membri del suo corpo (cfr. LG 28). L'apostolo Paolo scriveva agli Efesini: "E lui che ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri... al fine di edificare il corpo di Cristo" (Ep 4,11-12).

Voi annunciate la parola di Dio, voi santificate i credenti con i sacramenti, li radunate e li guidate a imitazione del Buon Pastore, preoccupato che neanche una pecora si perda per la vostra negligenza. Questa funzione sacra è tale che non impegna soltanto alcuni momenti della vostra vita, alcuni gesti, ma richiede una consacrazione di tutta la vostra persona, della vostra vita, del vostro amore a Cristo Gesù. Questo mistero è grande! 9. E voi, cari religiosi e religiose, voi avete lasciato tutto per seguire il Cristo, secondo i consigli evangelici. Avete scelto uno stato di vita che può permettervi di incarnarli quotidianamente. Questa professione religiosa appartiene inseparabilmente alla vita e alla santità della Chiesa. In un mondo che conosce tante schiavitù o che si lascia ingombrare da ricchezze non necessarie, voi potete manifestare il radicalismo del Vangelo, la sua libertà, l'obbedienza e la povertà del Cristo. In un mondo che è legato all'immediato, che limita il suo orizzonte alle realtà terrestri, che si inebria delle proprie conquiste o, al contrario, che si dispera, voi annunciate il regno di Dio che verrà. ln un mondo che dubita o si sente lontano da Dio, voi mostrate che vale la pena di amarlo gratuitamente; fin d'ora, voi gli consacrate in una maniera particolare tutte le risorse del cuore. E siete liberi per la preghiera nel cuore della Chiesa, o per le molteplici forme di apostolato e di servizio alle comunità cristiane che esigono la disponibilità totale.

Penso nel medesimo tempo a tutti coloro che, negli istituti secolari, consacrano la loro vita a Dio. Il Concilio affermava che il segno della vita religiosa può e deve esercitare un'influenza efficace su tutti i membri della Chiesa nel compimento coraggioso dei doveri della vocazione cristiana (cfr. LG 44).

Invito tutti i cristiani qui presenti, tutti i cristiani del Belgio, a onorare la vostra vocazione sacerdotale e religiosa, a rendere grazie di essa, a sostenervi, a pregare per voi. Non si può davvero concepire una Chiesa senza sacerdoti. E una Chiesa senza religiosi sarebbe privata di una testimonianza impareggiabile.


10. "La messe è molta, ma gli operai sono pochi" (Lc 10,21). Quello che appunto ci sta tanto a cuore è il reclutamento delle vocazioni. Per quali vie trovarle? L'apostolo Paolo diceva: "Vi esorto io, prigioniero del Signore, a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto" (Ep 4,1).

Desidero ripetervi questa esortazione: il comportamento che corrisponde alla vostra vocazione - cristiana, sacerdotale, religiosa - fa nascere nuove vocazioni. Questo comportamento coerente costituisce come una base permanente per la preghiera: esso la prepara, la preghiera ne è lo sboccio; e reciprocamente la preghiera suscita costantemente questo comportamento.

Le vocazioni sacerdotali e religiose suppongono nelle famiglie, nelle comunità ecclesiali, un clima di vita cristiana, una riflessione sul Vangelo e una testimonianza trasparente. Al giovane ricco, il Cristo ha cominciato col domandare se osservasse i comandamenti. Occorre anzitutto condurre una vita retta, coscienziosa, che troverà il suo coronamento, in certo modo la sua pienezza, nella decisione di donare la propria vita. Queste vocazioni suppongono dunque una preoccupazione di vita morale e un'educazione al servizio, al dono generoso di se stessi. Esse suppongono soprattutto un clima di preghiera, un'abitudine a conversare con il Cristo, abitudine che s'imprime nel bambino o nella bambina fin dalla sua infanzia.

I sacerdoti, i diaconi, i religiosi e le religiose, hanno una particolare responsabilità nello sboccio e nel sostegno delle vocazioni. Se essi danno una testimonianza della gioia di servire il Cristo in questo modo, se a causa della loro fede irradiano la speranza pur in mezzo alle loro fatiche, se si prodigano veramente per le anime, se sono capaci di iniziarle alla preghiera che impregna la loro stessa vita, come dubitare che non sorgano attorno a loro delle vocazioni? E come chiedevo nella mia lettera ai sacerdoti quest'anno, siamo vicini ai giovani, molti dei quali cercano un senso nella loro vita. Invitiamoli a collaborare alle nostre attività pastorali: celebrazioni liturgiche, catechesi, cura dei poveri e dei malati, animazione dei movimenti. Invitiamo a partecipare alla nostra vita religiosa: "Venite e vedete". Ma, anche, non abbiamo timore di chiamarli esplicitamente a questo servizio. Cessiamo di essere pessimisti, rassegnati, timidi nel parlare delle vocazioni. Il seme è senza dubbio nel cuore di molti giovani, esso attende un'occasione favorevole per germinare.


1 1. E non dimentichiamo questa intenzione nella nostra preghiera: preghiamo e facciamo pregare per le vocazioni sacerdotali e religiose. Tutta la Chiesa ha realmente bisogno di una tale preghiera. La Chiesa che è nella vostra patria ne ha grande bisogno, per sé, e per continuare il suo apporto missionario alle altre Chiese. "Pregate il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe" (Lc 10,2).

Ecco perché siamo qui riuniti, come gli apostoli dopo l'ascensione.

Preghiamo con Maria, nostra Signora di Beauraing. Ella è la prima chiamata alla soglia del Nuovo Testamento. Ella è il modello del cuore che piace a Dio, familiare di Dio. Ella rimane, per i sacerdoti, il modello della cooperazione all'opera di Cristo, della disponibilità allo Spirito Santo. Ella è il modello della vita consacrata al Signore. Ella orienta i discepoli verso il Cristo perché aderiscano a lui, con amore, e facciano tutto ciò che egli dirà.

Con lei, ci è facile dire, nel "Padre nostro": "La tua volontà sia fatta!". Con lei, nel rosario, noi seguiamo passo dopo passo la vita gaudiosa, dolorosa e gloriosa nel suo Figlio, la sua propria vita. Con Maria, noi apriamo i nostri cuori allo Spirito Santo. Preghiamo nel nome del Cristo. Forse, finora, non avete abbastanza domandato invocando il nome del Cristo. Continuate ad essere convinti che "nulla è impossibile a Dio" (Lc 1,37). "Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena" (Jn 16,24). Si, le vocazioni sono il frutto della preghiera, esse sono la sorgente della gioia della Chiesa. Amen. Data: 1985-05-18 Data estesa: Sabato 18 Maggio 1985



GPII 1985 Insegnamenti - Durante la sosta all'arcivescovado - Mechelen (Belgio)