GPII 1985 Insegnamenti - Messaggio a sacerdoti, laici - Città del Vaticano (Roma)

Messaggio a sacerdoti, laici - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: In occasione del terzo incontro ispanico di pastorale

Cari fratelli nell'episcopato, cari sacerdoti, diaconi, religiosi, religiose, operatori della pastorale, fratelli tutti in Cristo Gesù.

Sono molto lieto di inviarvi da Roma il mio saluto più cordiale e affettuoso in occasione del Terzo incontro ispanico di pastorale. Nei mesi passati avete riflettuto e pregato nelle vostre parrocchie e comunità in tutti gli Stati Uniti sui diversi temi di questo incontro che ora, a livello nazionale, vi vede riuniti a Washington per mettere in comune le vostre esperienze di vita cristiana e programmare la futura azione pastorale, condividendo i vostri successi e le vostre difficoltà, le vostre gioie e le vostre speranze, uniti nella stessa fede e confortati dall'amore di Cristo.

Il programma di questo incontro, che avete voluto ricentrare sui temi dell'evangelizzazione, dell'educazione integrale, dei giovani, della giustizia sociale e dell'autorità, vi apre un orizzonte di esigenze, di promesse e di sfide a cui, in unione con i pastori, siete chiamati a rispondere a partire dal Vangelo e secondo la vostra condizione di fedeli figli della Chiesa.

Mi compiaccio nel vedere l'atteggiamento incoraggiante e di sostegno dei vostri vescovi nel loro documento collettivo (n. 16): "La presenza ispanica: esperienza e impegno", in cui affermano: "Nell'impegnarci a compiere un'opera insieme agli ispanici - e non semplicemente a loro favore - accettiamo la responsabilità di riconoscere, rispettare e apprezzare la loro presenza come un dono... Grazie ad essa si realizza un valido servizio alla nostra Chiesa e alla società".

Come successore di Pietro incoraggio tutti i partecipanti a questo importante incontro a unire gli sforzi e le modalità di azione pastorale, con spirito cattolico, cioè universale, in modo che, con l'aiuto della grazia divina, si possa ottenere una più penetrante e feconda opera evangelizzatrice nei vostri ambienti sociali, culturali e familiari che sono tanto ricchi di valori umani e religiosi e che, nello stesso tempo, sono tanto bisognosi di Dio.

Che le vostre famiglie siano piccole "chiese domestiche" capaci di dare testimonianza di autentica e profonda fede cristiana, che siano focolari in cui si formino i figli secondo i comandamenti del Signore, in cui li si inizi alla fede, li si educhi alla castità, li si prepari alla vita.

Il Papa desidera incoraggiare la gioventù, speranza della Chiesa, a un impegno cristiano autentico e senza riserve. Proponete ai giovani mete elevate; educateli ai valori morali e spirituali dello spirito superando le tendenze egoiste e materialiste; infondete fiducia in loro. Come indicavo di recente nel mio messaggio al direttore generale dell'Unesco in occasione del Congresso mondiale della gioventù celebrato a Barcellona: "Soltanto infondendo loro fiducia in se stessi e negli adulti, capacità di saper sperare, impegno e senso di responsabilità, possiamo farli incamminare verso un futuro che stimoli la loro creatività e ravvivi il loro entusiasmo".

Guardando al futuro, alla vigilia del V Centenario della scoperta e dell'evangelizzazione dell'America, è consolante sapere che le comunità cattoliche di origini ispaniche di questa accogliente nazione, così come gli altri cattolici dei diversi Paesi dell'America Latina, in generosa risposta all'appello da me espresso durante il viaggio apostolico a Santo Domingo per celebrare l'inizio della Novena di anni, si stanno preparando a questo grande avvenimento ecclesiale con profondo spirito di ringraziamento al Signore per l'inestimabile dono della fede. In questo modo, e grazie anche alla cooperazione sempre più stretta e feconda tra le Chiese sorelle del Nuovo Mondo e del Vecchio Continente, si realizzerà il regno di Dio in ognuno di voi, e la tanto desiderata "civiltà dell'amore", aspirazione di tutti gli uomini e donne di buona volontà, occuperà un posto determinante nei vostri cuori e nell'umanità intera.

Che la Vergine Maria, la cui festa dell'Assunzione del 15 agosto è tanto presente nell'anima di tutti i cattolici ispanici, interceda presso il suo divin Figlio perché effonda grazie abbondanti in questi giorni di riflessione, di preghiera e di studio. Come prova della mia benevolenza e affidando a Dio le vostre intenzioni, le vostre persone e i vostri cari, vi imparto con affetto la mia benedizione apostolica.

Data: 1985-08-20 Data estesa: Martedi 20 Agosto 1985











Recita dell'Angelus - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Con Maria ringraziamo per il pellegrinaggio in Africa

Gesù Cristo è re dei cuori. Sappiamo che durante la sua attività messianica in Palestina il popolo, vedendo i segni che faceva, voleva proclamarlo re. Vedeva in Cristo un giusto erede di Davide, che durante il suo regno porto Israele al culmine dello splendore.


2. Sappiamo pure che dinanzi al tribunale di Pilato Gesù di Nazaret, alla domanda "Tu sei il re..."?, rispose: "Il mio regno non è di questo mondo... Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce" (Jn 18,3 Jn 3 Jn 18,36-37).


3. In questo modo Cristo è re dei cuori. Non ha mai voluto essere sovrano temporale neppure sul trono di Davide. Ha desiderato solo quel regno che non è di questo mondo e che, al tempo stesso, in questo mondo si radica mediante la verità nei cuori umani: nell'uomo interiore. Per questo regno annunzio il Vangelo e fece grandi segni. Per questo regno, il regno dei figli e delle figlie adottivi di Dio, ha dato la vita sulla croce.


4. E ha riconfermato questo regno con la sua risurrezione, donando lo Spirito Santo agli apostoli e agli uomini nella Chiesa. In questo modo Gesù Cristo è il re e centro di tutti i cuori.

Riuniti in lui mediante la verità ci avviciniamo all'unione del regno, in cui Dio "tergerà ogni lacrima" (Ap 7,17) perché sarà "tutto in tutti" (1Co 15,28).


5. Oggi, riuniti per la consueta preghiera domenicale dell'Angelus Domini, eleviamo - insieme con la madre di Dio - al cuore del suo Figlio l'invocazione: "Cuore di Gesù, re e centro di tutti i cuori, abbi pietà di me".

Il cuore immacolato di Maria guidi la nostra preghiera, che oggi vuol essere di ringraziamento al Signore per il recente viaggio apostolico in Africa.

Ringrazio cordialmente, per l'accoglienza riservatami, i presidenti dei vari Paesi, i vescovi, i sacerdoti, i religiosi, le religiose e le buone popolazioni africane. A tutti vada l'espressione della mia viva riconoscenza.

Solidarietà della Chiesa verso i Lituani Ed ora, un ricordo e un'intenzione di preghiera che mi sta particolarmente a cuore. L'anno scorso, proprio in questo giorno, mi univo spiritualmente, nella santa messa, alla comunità cattolica della Lituania, che a Vilnius concludeva solennemente le celebrazioni del 500° anniversario della morte del suo patrono, san Casimiro.

Quest'anno, sotto la guida dei suoi degni pastori, la Chiesa che è in Lituania ha iniziato un triennio di preparazione a un'altra e ancor più significativa ricorrenza; il 600° anniversario della conversione della nazione al cristianesimo, che sarà celebrato nel 1987. I vescovi, con una lettera pastorale, hanno invitato i fedeli a vivere questo primo anno di preparazione come "anno della buona novella".

Con la conversione, popolarmente indicata come "Battesimo della Lituania", quella nobile nazione si inseri nella grande famiglia dei popoli cristiani d'Europa, alla quale, nel corso dei secoli, apporto forti e generose testimonianze di fede e di santità. Alla sua secolare tradizione cristiana il fedele popolo lituano non venne mai meno, nonostante le molteplici vicende della sua storia antica e recente.

Desidero che i nostri fratelli della Lituania, in questo tempo di grazia della loro vita religiosa, sentano la profonda solidarietà di tutta la Chiesa. Per questo, vi invito ad associarvi alla mia preghiera, affidando quella vivace e fedele comunità all'intercessione materna di Maria santissima.

Data: 1985-08-25 Data estesa: Domenica 25 Agosto 1985











Omelia nella chiesa di San Tommaso - Castel Gandolfo (Roma) - Domenica 1 settembre 1985

Titolo: La croce, impegno vivo tracciata dalla strada di Cristo


1. "Chi vorrà salvare la propria vita la perderà, ma chi perderà la propria vita per me la salverà" (Lc 9,24).

La presentazione del martirio di san Sebastiano, fatta da sant'Ambrogio in un commento al Salmo 118, ci permette di raccogliere la testimonianza di questo martire come una concreta illustrazione della frase evangelica che abbiamo ora sentita. Sebastiano - secondo le parole di Ambrogio - cerco il martirio, e volle perdere la propria vita terrena per salvare la sua vita nell'eternità. E' detto, dunque, che essendo forse cessata o non ancora giunta la persecuzione nella sua città natale, oppure mitigata e intiepidita la lotta per la fede, egli volle venire a Roma, dove proprio per il fervore della fede le crudeltà infierivano; e qui ottenne la corona del martirio. Giunse qui come ospite, ma ivi poté stabilire il domicilio dell'immortalità eterna (cfr. PL 15, 1497).

Le parole del Signore ci invitano a considerare una verità per noi misteriosa e difficile; essa tuttavia appartiene al sublime disegno di Dio che trova adempimento nella storia dell'umanità e della Chiesa: "E' necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel regno di Dio" (Ac 14,22). Siamo in un mondo che per tanti motivi ci è avverso e per le difficoltà morali che lo guidano ci è nemico, come è nemico di Dio. Eppure proprio questa condizione di tribolazione, quasi per un imperscrutabile mistero della provvidenza divina, suscita nelle anime, come nella Chiesa, una più chiara e fervida collaborazione nel disegno di salvezza. Là dove la Chiesa è tentata, sottoposta a persecuzioni, raggirata dall'astuzia dei suoi nemici, ivi la forza della fede si rivela, diviene più intensa, più chiara; si fa più vicina al mistero del Crocifisso la testimonianza dei veri discepoli di Cristo, di coloro che, come Sebastiano, vogliono seguirlo donando la propria vita, come Cristo sulla croce: "Chi perderà la propria vita per me, la salverà".


2. Ma "chi si vergognerà di me e delle mie parole, di lui si vergognerà il Figlio dell'uomo quando verrà nella gloria sua" (Lc 9,26).

Notate la pressante esortazione del Signore ad essere testimoni coraggiosi della fede in tutta la nostra vita. Perché c'è una prova, una "persecuzione", un'insidia alla nostra vita di credenti, che è intima a noi ed è di ogni tempo; essa è costituita dalle quotidiane provocazioni della tentazione e del dubbio. Ci sono persecutori - afferma ancora Ambrogio, mettendo a confronto la prova del martirio di Sebastiano con la quotidiana lotta per la fede - che senza il terrore della spada spesso dilaniano la mente e riescono ad espugnare le anime dei fedeli più con gli allettamenti che con le paure. "Tieni conto, afferma, di quanto grave sia questa lotta che si svolge all'interno dell'uomo, nel suo intimo" (PL 15, 1498). Noi avvertiamo che esistono pressioni e obiezioni che mettono in difficoltà il nostro credere. Ma sono questi i momenti in cui, a motivo della prova, il Signore vuole confermarci di più nella testimonianza della fede.


3. "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua" (Lc 9,3).

Noi dobbiamo raccogliere in questa frase la motivazione cristologica della prova. Le parole di Gesù, che ci invitano a prendere ogni giorno la croce, sono rivolte a tutti e costituiscono un messaggio fondamentale del Vangelo. Sono parole che Gesù dice non solo alla folla che lo ascolta, ma ai cristiani di ogni tempo. E' proprio quell'espressione "ogni giorno" che ci obbliga a considerare l'estensione universale dell'invito del Signore: la croce, un impegno sempre vivo, un'ascesi costante, un modello tracciato dalla strada di Cristo.

Ogni anima, come la Chiesa, si identifica con il suo Signore, e perciò ha da Dio il dono di una vocazione singolare, che consiste fondamentalmente nella disponibilità a ripercorrere con Gesù il cammino del dono di sé fino alla perfetta consumazione in Dio Padre. Ciò può comportare, rispetto al mondo, un passaggio obbligato verso l'incomprensione che umilia e rattrista. Ma il cristiano sa che l'annuncio legato alla croce contiene un messaggio di vita nuova, il segno di una voce divina che chiama il mondo a conversione e orienta la mente dell'uomo, di ogni uomo, verso la comprensione dei doni immensi di Dio. Prendere la croce e seguire Gesù potrà spesso significare proprio questo: prendere sulle proprie spalle il rifiuto del mondo, l'insuccesso terreno, la dura esperienza della fatica di superare con pazienza ogni avversità che contrasta con il disegno di Dio. Sebastiano, martire, divenne testimone di una disponibilità totale a seguire Cristo, al punto di perdere l'esistenza terrena, convinto che il suo sacrificio, come quello di Gesù, sarebbe stato una vittoria della vita sulla morte; "Chi perderà la propria vita per me la salverà".


4. Con pensieri conformi a questi ci incoraggia e ci conforta l'apostolo Pietro: "E se anche dovete soffrire per la giustizia, beati voi" (1P 3,14). Noi sentiamo in queste parole l'eco delle beatitudini proclamate dal Signore sul monte e da Pietro oggi riassunte con forza e chiarezza.

"E' meglio, infatti, se così Dio vuole, soffrire operando il bene piuttosto che fare il male" (1P 3,17). Patire il male è meglio che farlo, perché soffrire è testimoniare il valore e il dono della passione di Gesù Cristo. Nella povertà e nella debolezza del dolore il cristiano si accorge che continua in lui il mistero dell'amore misericordioso di Dio che si avvicina proprio agli uomini, poiché è proprio nel servo sofferente Gesù che egli ha cancellato, nella morte del Figlio suo, tutta l'iniquità e l'ingiustizia dei peccati del mondo, mentre, risuscitando il Cristo, ha liberato l'uomo dalla tristezza della colpa e dalla disperazione della morte. Accettare la croce, quindi, è vivere un annuncio che già raccoglie la prospettiva della gloria di Dio. Una gloria velata e nascosta al mondo senza fede, ma che per il credente, in forza della speranza, si trasforma in beatitudine quando ci si affida alla parola del Vangelo.


5. "Pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi" (1P 9,15).

"Pronti", perché anche il cristiano, che vive in mezzo al mondo, ha bisogno di essere vigile, prudente, attento nella preghiera, libero da illusioni, da sogni senza senso, capace di tenersi lontano da qualsiasi allettamento delle illusioni e delle piccolezze terrene.

"Rispondere della speranza che è in voi". Il cristiano in qualche modo è sottratto al mondo perché ha un'altra speranza; la speranza che Dio ha aperto nel cuore di ogni credente con la vocazione cristiana alla fede; perché i cristiani credono che Cristo è la loro vita, ora e in futuro. Non pero stranieri nel mondo; anzi, preoccupati e solleciti del destino dell'uomo, con impegno e solerzia.

Queste sono, carissimi fratelli e sorelle, alcune considerazioni basate sulla parola di Dio dell'odierna liturgia, della domenica in cui la vostra parrocchia in Castel Gandolfo celebra la solennità di Sebastiano martire romano, vostro patrono. Sono molto importanti questi pensieri, queste luci che ci porta la liturgia della parola di oggi.

Toccavano il cuore stesso del martire san Sebastiano, tanti secoli fa, e toccano nello stesso tempo il cuore dei cristiani odierni, di noi tutti, della nostra comunità. Celebrare la festa di un patrono, di un martire, di un Sebastiano, vuol dire aprire il cuore a quel messaggio che è incluso nella sua vita, nella sua morte, nella sua fede, nella sua speranza, nella sua carità, che si consuma finalmente per il Signore nel martirio. Accettare quel messaggio, portarlo fino al cuore, al cuore proprio di ciascuno, al cuore della comunità. E questo è anche il mio desiderio e il mio augurio per la vostra comunità, per voi tutti, presenti nella chiesa di Castel Gandolfo, e per tutti quelli che compongono questa comunità parrocchiale di Castel Gandolfo. Questo è il mio desiderio, questo è il mio augurio, questa è la mia preghiera, oggi, per voi e con voi, carissimi fratelli e sorelle.

Vi auguro questa fecondità spirituale, che ci hanno lasciato i seguaci di Gesù Cristo, i suoi apostoli, i suoi martiri. Questa fecondità, che non deve venir mai meno nella vita di ciascuno di noi, nella vita delle nostre comunità.

Ecco, salutiamo tutti con amore il vescovo di Albano, perché la parrocchia di Castel Gandolfo costituisce una parte della Chiesa di Albano, Chiesa antica, Chiesa celebre, e auguriamo lo stesso a tutta la comunità della Chiesa della diocesi di Albano, che a me specialmente è così cara, perché ogni anno così accogliente, come pure alla parrocchia di Castel Gandolfo così accogliente per il successore di Pietro.

Sia questo il conforto e l'appello che ci viene da questa festa, che invita gioiosamente noi a seguire, come Sebastiano, il Cristo crocifisso, noi, popolo in cammino che segue il suo Signore, confortato da un'indicibile speranza.

Amen.





Recita dell'Angelus - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Sapienza e scienza di Gesù creano l'"uomo nuovo"




1. "Cuore di Gesù, nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza".

Questa invocazione delle litanie del Sacro Cuore, tratta dalla Lettera ai Colossesi (2,3), ci fa comprendere la necessità di andare al cuore di Cristo per entrare nella pienezza di Dio.


2. La scienza, di cui si parla, non è la scienza che gonfia, fondata sulla potenza umana. E' sapienza divina, un mistero nascosto per secoli nella mente di Dio, creatore dell'universo. E' una scienza, nuova, nascosta ai sapienti e agli intelligenti del mondo, ma rivelata ai piccoli (Mt 11,25), ricchi di umiltà, semplicità, purezza di cuore.

Questa scienza e questa sapienza consistono nel conoscere il mistero del Dio invisibile, che chiama gli uomini a essere partecipi della sua divina natura e li ammette alla comunione con sé.


3. Noi sappiamo tali cose perché Dio stesso si è degnato di rivelarle a noi per mezzo del Figlio, che è sapienza di Dio (1Co 1,24). Tutte le cose, che stanno sulla terra e nei cieli, sono state create per mezzo di lui e in vista di lui (Col 1,16). La sapienza di Cristo è più grande di quella di Salomone (Lc 11,31). Le sue ricchezze sono imperscrutabili (Ep 3,8). Il suo amore sorpassa ogni conoscenza. Ma con la fede siamo in grado di comprenderne, insieme con tutti i santi, l'ampiezza, la lunghezza, l'altezza, la profondità (Ep 3,18).

Conoscendo Gesù, conosciamo anche Dio. Chi vede lui, vede il Padre (Jn 14,9). Con lui l'amore di Dio è sparso nei nostri cuori (Rm 5,5).


4. La scienza umana è come l'acqua delle nostre fonti: chi ne beve, torna ad avere sete. La sapienza e la scienza di Gesù, invece, aprono gli occhi della mente, muovono il cuore nella profondità dell'essere e generano l'uomo all'amore trascendente; liberano dalle tenebre dell'errore, dalle macchie del peccato, dal pericolo della morte, e conducono alla pienezza della comunione di quei beni divini, che trascendono la comprensione della mente umana (DV 6).


5. Con la sapienza e la scienza di Gesù, noi siamo radicati e fondati nella carità (Ep 3,17). Si crea l'uomo nuovo, interiore, il quale mette Dio al centro della propria vita e se stesso al servizio dei fratelli.

E' il grado di perfezione che raggiunse Maria, Madre di Gesù e Madre nostra, esempio unico di creatura nuova, arricchita della pienezza di grazia e pronta a realizzare la volontà di Dio: "Ecco l'ancella del Signore, sia fatto di me secondo la tua parola". Ed è per questo che noi la invochiamo "Sede della sapienza".

Recitando l'Angelus, le chiediamo di farci come lei e come suo Figlio.

Condanna della violenza in Angola Nei giorni scorsi, è giunta la notizia dell'uccisione di un sacerdote e di una religiosa della Congregazione del Santissimo Salvatore, avvenuta nel territorio della diocesi di Ondjiva, in Angola. Il reverendo Leonardo Sikufinde e suor Luzia Kautudia, entrambi angolani, stavano portando due ammalati all'ospedale quando una cieca furia si è abbattuta su di loro e altre cinque persone che li accompagnavano. E' un nuovo doloroso episodio di una violenza che in ripetute occasioni ha coinvolto missionari, religiosi e religiose, catechisti, colpendo così l'opera di evangelizzazione e di bene che svolgevano al servizio del Signore e dei loro fratelli di Angola. Da troppo tempo gravi lutti e sofferenze tormentano quelle popolazioni. Rinnovo in questa circostanza la più ferma condanna di ogni violenza, quali che siano le sue radici e da qualunque parte essa provenga.

La nostra preghiera implora dal Signore la ricompensa dei giusti per le vittime e il conforto per coloro che le piangono. Alta si eleva la nostra voce per supplicare che tutti gli uomini di buona volontà offrano il loro generoso contributo, con coraggioso impegno, per una vera pace, nella giustizia, in quell'amato Paese.

Data: 1985-09-01 Data estesa: Domenica 1 Settembre 1985





Ai vescovi del Giappone in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Evangelizzazione e inculturazione, sfida degli anni '80

Cari fratelli nell'episcopato.

Oggi si attuano le parole del nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo: "Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt 18,20).

Si, Gesù è in mezzo a noi, perché è nel suo nome che noi siamo riuniti ed è da lui che noi traiamo la nostra forza e la nostra unità.


1. Ho notato con grande soddisfazione nel vostro documento sulle fondamentali strategie e priorità della Chiesa cattolica in Giappone la seguente affermazione: "Riaffermiamo che si dovrebbe dare massima priorità all'annuncio del Vangelo e all'evangelizzazione della società e della cultura" (22 giugno 1984). Ed è realmente sotto il segno dell'evangelizzazione che noi siamo oggi qui riuniti.

Sappiamo che tutta la missione di Gesù si riassume in queste sue parole: "Bisogna che annunzi il regno di Dio" (Lc 4,43). Nello stesso tempo sappiamo che l'evangelizzazione è la missione essenziale della Chiesa. Nelle parole di Paolo VI: "L'evangelizzazione è la grazia e la vocazione della Chiesa, la sua più profonda identità" (EN 14). E' la sua più profonda identità in Giappone, e ovunque nel mondo.

Per questa ragione vi sono molto vicino in tutti gli sforzi che state compiendo per far si che l'evangelizzazione diventi sempre più lo scopo di tutta la vostra comunità ecclesiale. Ogni Chiesa locale è realmente chiamata ad essere una comunità che evangelizza. E' nella comprensione dell'evangelizzazione che tutti i vostri sforzi pastorali acquistano una sempre maggiore rilevanza. Il bisogno di proclamare la salvezza in Gesù Cristo come un libero dono dell'amore di Dio apre l'importante questione del contenuto, del metodo, dei beneficiari e degli operatori dell'evangelizzazione.


2. Il tema dell'evangelizzazione vi introduce immediatamente nella grande sfida dell'inculturazione, per la quale vi è fornita abbondantemente la grazia di Dio.

Allora si apre davanti a voi l'intero panorama della vita ecclesiale che vi spinge a prepararvi per l'assemblea nazionale del 1987, precisamente al fine di promuovere l'evangelizzazione. Siate certi del mio appoggio al vostro impegno, in unione con la Chiesa universale, di presentare il messaggio della rivelazione di Cristo il più efficacemente possibile nel contesto della società e della cultura giapponese.

La potenza della parola di Dio è così grande che una Chiesa veramente evangelizzata capisce immediatamente la sua chiamata ad evangelizzare. Ciò a sua volta implica il problema del metodo e l'incarnazione del messaggio cristiano nella vita di ogni popolo e di ogni comunità. Conosciamo la stima che la Chiesa ha per un'appropriata inculturazione congiunta alla fedeltà alla fede immutabile e universale. E sappiamo quanto Cristo stesso desideri, nelle membra del suo corpo, diventare pienamente una cosa sola con loro. Questo è veramente ciò che avviene quando Cristo si fa giapponese nella sua Chiesa.


3. Per raggiungere questo scopo ancor più efficacemente voi chiedete giustamente cooperazione e unità. Chiedete l'impegno di tutte le categorie della Chiesa, mentre voi stessi assumete la guida, essendo voi i principali evangelizzatori del popolo di Dio. Per questa ragione voi invitate il clero, i religiosi e i laici a ispirarsi ad un unico ideale e a lavorare insieme per raggiungerlo. Alla base di quest'azione comune c'è l'urgente bisogno di testimonianza e di buon esempio, che a loro volta sono legati alla santità di vita.

Questa santità di vita e la testimonianza che la rende possibile sono il comune denominatore dell'attività evangelizzatrice di ogni categoria di evangelizzatori. Per lo speciale titolo della loro ordinazione, i nostri sacerdoti sono chiamati a collaborare alla proclamazione del messaggio di salvezza e a far conoscere - con la parola e con le opere - il nome, l'insegnamento, la vita, le promesse, il regno e il mistero di Gesù di Nazaret, il Figlio di Dio. La proclamazione della rivelazione raggiunge il suo culmine nella celebrazione eucaristica resa possibile dal sacerdozio ministeriale. L'identità del sacerdozio deve sempre essere mantenuta nel suo speciale rapporto con la proclamazione del Vangelo di Dio (cfr. 1Th 2,9). Dunque ogni programma di evangelizzazione deve dare priorità alla promozione delle vocazioni al sacerdozio. A sua volta questo impegno contribuirà ad aiutare tutto il popolo cristiano a riflettere sia sulla natura del sacerdozio sia sulla sua responsabilità per l'evangelizzazione.

La Chiesa desidera che tutti i religiosi capiscano quanto intimamente essi collaborino all'apostolato dell'evangelizzazione attraverso la testimonianza di santità, che è di primaria importanza. La fedeltà delle loro vite di preghiera, di lavoro e di sacrificio ha efficacia in quanto tutta l'evangelizzazione trova origine nella grazia sovrannaturale. I religiosi contemplativi devono essere invitati ancora una volta a considerare tutta la loro vita come un'oblazione "perché la parola del Signore si diffonda e sia glorificata" (1Th 3,1).

La rinnovata sottolineatura del laicato nell'opera di evangelizzazione è una grande grazia del Concilio Vaticano II. Quali pastori del popolo di Dio, noi dobbiamo, insieme ai nostri sacerdoti, specificare le conseguenze del Battesimo cristiano e della Cresima in riferimento all'apostolato dei laici. Ricordiamo queste parole di Paolo VI: "Il loro campo di attività evangelizzatrice è il vasto e complicato mondo della politica, della società e dell'economia, ma anche il mondo della cultura, della scienza e delle arti, della vita internazionale, dei mass-media" (EN 70). Certamente la disponibilità dei mass-media nel vostro Paese è una speciale benedizione per il vostro popolo perché conosca meglio la Chiesa in Giappone e la Chiesa universale. Da parte mia, sono profondamente lieto di dare il benvenuto a tanti visitatori giapponesi in Vaticano alle udienze generali del mercoledi e di essere a loro noto attraverso la radio e la televisione.

Nel contesto del laicato, la famiglia cristiana ha un immenso contributo da rendere all'evangelizzazione. Il successo delle famiglie a questo riguardo è legato alla loro comprensione di essere "Chiesa domestica" e di essere chiamata ad evangelizzare e ad essere evangelizzata. Tutto questo corrisponde alla profondissima realtà sovrannaturale della Chiesa di Cristo e alla sua più sublime identità e missione.


4. Ciò che emerge chiaramente ad ogni momento è che l'evangelizzazione - gli sforzi concertati di sacerdoti, religiosi e laici in unione con i vescovi - è un'opera unitaria di tutta la Chiesa. E' l'espressione della sua vita; è la risposta alla sua vocazione di essere corpo di Cristo. L'evangelizzazione è anche il grande servizio che la Chiesa offre al mondo. E' la sua risposta all'angoscia dell'uomo moderno, alla solitudine di milioni di persone, all'alienazione di intere categorie o comunità. Si, la Chiesa proclama la suprema attualità dell'amore salvifico di Dio manifestato nel suo Figlio, il nostro Signore Gesù Cristo. La Chiesa, nella fedeltà al suo essere, offre Gesù Cristo nostra "sapienza, giustizia, santificazione e redenzione" (1Co 1,30); essa lo offre quale grande Manifestazione del Dio trascendente.


5. Tutti i vostri sforzi pastorali e missionari prendono ispirazione dall'evangelizzazione ed è alla luce di questo scopo che deve trovare orientamento il lavoro delle vostre Commissioni episcopali.

Per grazia di Dio, la Chiesa del Giappone ha per anni offerto un servizio pieno di dedizione attraverso l'educazione cattolica. Nella provvidenza di Dio questa educazione è stata un mezzo di evangelizzazione per molte persone e ha fornito l'opportunità di crescere nella fede attraverso una catechesi sistematica. Questo apostolato conserva oggi tutta la sua importanza e deve essere continuamente considerato in questa prospettiva.


6. Cari fratelli, la Chiesa è realmente "il popolo di Dio immerso nel mondo e spesso tentato da idoli, e ha sempre bisogno di ascoltare la proclamazione delle "grandi opere di Dio" (EN 15). Perciò la Chiesa ha costantemente bisogno di essere evangelizzata e deve evangelizzare. Per tutte queste ragioni desidero offrirvi il mio appoggio mentre convocate tutti i vostri sacerdoti, religiosi e laici per questo elevato compito, nel 1987. L'unità alla quale voi li invitate è la grande unità della Chiesa cattolica e la collaborazione alla quale sono chiamati include la cooperazione con tutto il corpo di Cristo nel mondo. In questo impegno pastorale siate certi ancora una volta dell'amore e della solidarietà del successore di Pietro, Vescovo di Roma.


7. E, infine, come in ogni immenso progetto di questo tipo, è ben conveniente che noi volgiamo il nostro pensiero allo Spirito Santo. Tutta l'evangelizzazione dipende da lui; il successo di ogni impegno è legato alla sua grazia. "Le tecniche di evangelizzazione sono cosa buona, ma anche le più progredite non potrebbero sostituire l'azione dello Spirito" (EN 75). Nel riaffermare questa verità della nostra fede noi riaffermiamo anche la natura sovrannaturale della Chiesa quale comunità di grazia, che ha la sua origine in Dio e che da lui totalmente dipende. E' nel contesto di questa verità che insieme noi affronteremo le sfide e i problemi della Chiesa in Giappone. Frattanto, esprimendo il mio amore e il mio affetto per la vostra amata Chiesa e per tutto il vostro popolo, come ho potuto fare quattro anni fa sul suolo giapponese, affido tutti voi alla materna sollecitudine di Maria, Madre del Verbo incarnato e Madre della sua Chiesa.

Data: 1985-09-02 Data estesa: Lunedi 2 Settembre 1985





Ai vescovi del Bangladesh in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La Chiesa porta i tratti del Cristo povero e sofferente

Cari fratelli nell'episcopato.


1. Sono molto lieto di salutarvi in occasione del vostro pellegrinaggio a Roma, nel corso del quale visitate le tombe dei santi Pietro e Paolo ed esprimete la vostra comunione con il successore del capo degli apostoli.

Il nostro incontro di oggi ha un profondo significato ecclesiale.

Manifesta la ricchezza della diversità entro l'unità della Chiesa di Cristo. Ci offre poi l'opportunità di rinnovare il nostro impegno reciproco in quanto fratelli nell'episcopato: voi, con la vostra stessa presenza qui a Roma oggi; e io, condividendo con ognuno di voi la mia sollecitudine per le vostre Chiese locali ed esprimendovi il mio sostegno fraterno e il mio amore poiché a me è stata affidata la responsabilità per tutte le Chiese.

Con san Paolo possiamo dire: grande è il mistero della Chiesa (cfr. Ep 5,32). E' un mistero che è una sola complessa realtà, risultante di un duplice elemento, umano e divino (cfr. LG 8). Cristo ha fondato e continua a sostenere la comunità di fede, di speranza e di carità che è la Chiesa, e attraverso di essa comunica verità e grazia a tutta l'umanità. La sollecitudine pastorale di quest'unica Chiesa è stata affidata a Pietro e agli altri apostoli che hanno ricevuto l'incarico di dilatarla e di guidarla.

Questo compito è stato trasmesso a noi, loro successori. Per quanto indegni possiamo essere per questo sacro compito, noi siamo nondimeno chiamati a servire il popolo di Dio offrendo loro ciò che noi stessi abbiamo ricevuto, cioè Cristo crocifisso e risorto dai morti. Il tesoro che portiamo, sebbene contenuto in vasi di creta, ha immenso valore. Lo presentiamo agli altri come il tesoro stesso di Cristo, la buona novella della salvezza proclamata da Gesù nostro salvatore.

Riecheggiano nelle nostre orecchie le parole rivolte dall'apostolo ai gentili: "Abbiamo avuto nel nostro Dio il coraggio di annunziarvi il Vangelo di Dio in mezzo a molte lotte... Come Dio ci ha trovati degni di affidarci il Vangelo, così lo predichiamo, non cercando di piacere agli uomini, ma a Dio, che prova i nostri cuori" (1Th 2,2 1Th 2,4). Dobbiamo considerare da questa prospettiva ogni servizio che rendiamo alla Chiesa.


2. La Chiesa del Bangladesh è realmente un "pusillus grex", il piccolo gregge al quale Cristo, il Buon Pastore, guarda con speciale amore e sollecitudine. Il seme della parola di Dio è stato seminato nella vostra terra secoli fa, come è testimoniato dalla presenza dei cosiddetti "cristiani Dacca". Questo seme è germogliato e maturato; ha messo radici ed è fiorito nei cuori dei credenti cristiani, spingendoli a nutrire la loro fede e poi a condividerla con altri.

Questo impulso esteriore, il dinamismo della rivelazione cristiana, non può mai essere ostacolato, poiché è della parola di Dio stesso che parliamo, la parola di colui che ha creato e che governa il cielo e la terra e ogni cosa contenuta in essi, il cui piano provvidenziale per noi e per il mondo noi cerchiamo continuamente di comprendere.


3. Al fine di adempiere più efficacemente il comando del Signore di pregare il Vangelo nel contesto del vostro ambiente culturale e nazionale, voi, vescovi, siete chiamati ad essere memori di un compito importante che a voi spetta in virtù del vostro ufficio, cioè quello di servire da "visibile fondamento e principio di unità" (LG 23) nelle vostre Chiese locali. Dovete chiamare il vostro popolo ad una sempre maggiore unità in Cristo servendo per loro da fulcro dell'unità. Questo compito ha molte dimensioni che dovrebbero essere esaminate e analizzate.

L'unità di fede nell'unico Signore è il fondamento di tutta la vita ecclesiale. Condurre il popolo a nutrirsi della parola di Dio è impegno centrale del vostro ministero. Questa unità deve estendersi anche alla disciplina della Chiesa. Quest'esigenza ha molte dimensioni che formano parte integrale della chiamata all'unità che Cristo desidera per la sua Chiesa. Il fatto di identificare e venire incontro ai bisogni particolari delle vostre situazioni locali deve sempre essere accompagnato dal rispetto per i vincoli di unità che la Chiesa cattolica condivide a tutti i livelli; deve, infatti, condurre ad una maggiore unità dello Spirito nel vincolo di pace (cfr. Ep 4,3). Tutti i battezzati devono essere consapevoli della loro responsabilità di ricercare la santità personale e di lavorare per il bene di tutta la Chiesa, come anche di essere testimoni davanti al mondo. I credenti cristiani divisi tra di loro sono occasione di scandalo, reale ostacolo alla diffusione del Vangelo. Mentre il movimento di solidarietà tra i popoli sta progredendo sempre più, ogni credente dovrebbe essere fermento di concordia, di unità e pace nel mondo.

Unità di fede e disciplina dovrebbero trovare ampia espressione nel servizio coordinato per gli altri, specialmente per coloro che più hanno bisogno della nostra compassione e della nostra sollecitudine. Tale azione unitaria nelle opere caritative è stata a lungo una caratteristica speciale della Chiesa nel vostro Paese. Le numerose istituzioni educative e caritative promosse dalla Chiesa cattolica sono una sorgente di grande edificazione per tutti, cristiani e non cristiani. Queste realizzazioni meritano un riconoscimento speciale e io esprimo il mio apprezzamento per tutto ciò che è stato fatto in questo campo. La presenza cristiana dovrebbe sempre riflettere chiaramente il suo fine ultimo, che è quello di proclamare Cristo agli altri, attraverso l'insegnamento, la cura degli ammalati, il dar da mangiare agli affamati, vestire gli ignudi, dare un tetto a chi ne è privo, o assistere coloro che sono perseguitati a causa della giustizia.

Quando l'amore fraterno è sincero e testimoniato dai fatti non ci può essere alcun dubbio che "l'amore di Dio è perfetto in noi" (1Jn 4,12).


4. L'unione della Chiesa in Bangladesh con la Chiesa universale continua a manifestarsi in molti modi. Sono grato delle iniziative intraprese quest'anno durante la vostra celebrazione dell'Anno internazionale della gioventù. La vostra comunione con la Chiesa di Roma nel sottolineare quest'occasione illustra la vostra sensibilità all'importanza di dare ai giovani una parte rilevante nelle vostre attività pastorali. Incoraggiarli ad approfondire il loro impegno nella Chiesa di oggi perché essi rendano un contributo alla Chiesa di domani è una meravigliosa priorità per il vostro tempo e i vostri sforzi. Vi incoraggio ad essere generosi e zelanti in questo campo, particolarmente nello spronare i giovani e le giovani a vivere profondamente la loro fede come laici impegnati, sfidandoli anche ad accettare la particolare chiamata del Maestro al sacerdozio e alla vita religiosa.


5. Il vincolo comune che condividete in quanto vescovi, rappresentanti di Cristo nelle vostre Chiese locali, non è un legame statico ma ha bisogno di essere rafforzato costantemente. Questo rafforzamento è prodotto, in primo luogo, da una sempre maggiore unità collegiale col Vescovo di Roma, capo del Collegio episcopale, ma richiede anche un rafforzamento dello spirito collegiale tra di voi, in quanto gruppo di pastori che appartengono ad una Conferenza episcopale.

L'azione collegiale non dovrebbe mai naturalmente pregiudicare il vostro ruolo di pastori e maestri nelle Chiese locali affidate alla vostra cura. Tuttavia l'incidenza della Chiesa sul vostro Paese, specialmente nell'area dell'evangelizzazione, potrà essere immensamente incrementata dalla vostra azione unitaria di vescovi del popolo di Dio, membri di una nuova nazione che ha un ricco patrimonio culturale e che è punto di incontro per molte tradizioni religiose.

Forgiare nuovi vincoli di comunione ecclesiale entro quest'ambito dovrebbe contribuire a far ascoltare sempre più chiaramente in Bangladesh la voce di Cristo e il suo messaggio di salvezza.


6. In anni recenti la Chiesa e diventata sempre più consapevole della necessità del dialogo come principio di azione sia al suo interno che all'esterno di essa.

Di conseguenza essa ha esaminato con maggior cura le sue relazioni con le religioni non cristiane. Questo dialogo ha speciale rilevanza per la Chiesa in Bangladesh. Una maggiore conoscenza dell'Islam ha portato i cristiani ad accrescere il loro apprezzamento per esso. I legami spirituali tra musulmani e cristiani, specialmente nella loro comune fede nel Dio unico, misericordioso e onnipotente e che si è rivelato all'uomo, sono un solido fondamento per incrementare la comprensione reciproca e per sforzi congiunti tesi a preservare e a promuovere la pace, la libertà, la giustizia sociale e i valori morali. La testimonianza dei cristiani all'autentica vita evangelica dovrebbe essere resa soprattutto in questo ambito, affinché la luce di Cristo possa risplendere e "far luce a tutti quelli che sono nella casa" (Mt 5,15).

Accogliere le esigenze della predicazione del Vangelo in queste circostanze richiede, da parte del ministro, pazienza, coraggio e incrollabile perseveranza. Tuttavia egli deve far sua questa convinzione di san Paolo: "Non è per me un vanto predicare il Vangelo; è per me un dovere: guai a me se non predicassi il Vangelo! " (1Co 9,16).


7. Cristo ha compiuto l'opera di redenzione nella povertà e nell'oscurità e la Chiesa compie la sua missione seguendo il cammino tracciatole dal suo divino Fondatore. Essa deve circondare con il suo amore coloro che sono afflitti. Anche questo ha particolare significato per la Chiesa in Bangladesh, che porta così chiaramente i tratti del Cristo povero e sofferente. Le condizioni in cui vivono tante persone del vostro Paese mi obbligano a fare appello alla compassione e all'aiuto di tutti gli uomini di buona volontà che possono vedere nei volti delle moltitudini di uomini, donne e bambini sofferenti l'immagine e la somiglianza del Figlio dell'uomo. In nome di questi "ultimi tra i fratelli" desidero esprimere profonda gratitudine ai molti sacerdoti, religiosi e laici del Bangladesh che si dedicano così disinteressatamente per il loro bene. Queste persone piene di dedizione, tra le quali vi sono molti generosi missionari così come sacerdoti locali, religiosi e apostoli laici, sono in prima linea nell'evangelizzazione e costituiscono dei fari di speranza per tutti.


8. La nostra partecipazione, fratelli miei, alla missione salvifica di Cristo ci porta ad aprirci per una sempre maggiore unità in lui. Sia con tutti voi lo Spirito Santo che fu mandato il giorno di Pentecoste a santificare la Chiesa e ad unificarla nella comunione e nelle opere ministeriali (cfr. LG 4).

Questo stesso Spirito Santo vi rafforzi e vi sostenga nel vostro lavoro per la causa del Vangelo ed effonda abbondanti benedizioni su tutti coloro che collaborano con voi in questo sacro compito: sacerdoti, religiosi e religiose, catechisti laici e tutti coloro che testimoniano Cristo con la loro vita di carità e generosità.

Mediante l'intercessione di Maria, Madre di Dio e Madre della Chiesa, prego Cristo, Figlio suo e nostro Signore, per voi e per tutto l'amato popolo del Bangladesh. Con la mia particolare benedizione apostolica.

Data: 1985-09-03 Data estesa: Martedi 3 Settembre 1985



GPII 1985 Insegnamenti - Messaggio a sacerdoti, laici - Città del Vaticano (Roma)