GPII 1985 Insegnamenti - Omelia nel parco del paese - Riese Pio X (Treviso)

Omelia nel parco del paese - Riese Pio X (Treviso)

Titolo: San Pio X, uomo di Dio e pastore infaticabile

"Simone di Giovanni, mi ami tu più di costoro?" (Jn 21,15).


1. Il Vangelo odierno ricorda questa domanda che il Cristo, dopo la risurrezione, ha posto a Pietro. Per tre volte, sempre la stessa domanda.

Leggiamo questo passo del Vangelo secondo Giovanni nella liturgia del santo pontefice Pio X. Vogliamo con questo affermare e ricordare che la stessa domanda, posta a Pietro da Cristo risorto, egli ancora rivolge a ognuno dei suoi successori sulla sede di Pietro.

Affinché Simone, figlio di Giovanni, potesse diventare Pietro, era indispensabile quell'"esame sull'amore". Il servizio, infatti, che egli doveva assumere nella Chiesa, è un particolare "servizio di amore". così ha scritto sant'Agostino, il grande Padre della Chiesa.

Quando, dunque, il Cristo risorto, per tre volte chiede a Simon Pietro "mi ami tu?", Pietro, assistito dalla grazia dello Spirito Santo, e nel contempo pieno di umiltà a motivo della sua infedeltà umana, risponde: "Signore, tu lo sai che ti amo" (Jn 21,16).


2. Quando a Giuseppe Sarto, vostro conterraneo di Riese, è toccato di udire - come risulta dal conclave del 1903 - la stessa domanda di Cristo, egli poté, sostenuto dalla grazia dello Spirito Santo, e insieme pieno di umiltà, rispondere: "Signore, tu lo sai che ti amo". Quella risposta determino una nuova tappa nella storia della Chiesa, dopo la dipartita da questo mondo del grande pontefice Leone XIII.

Quella risposta permeo tutto il nuovo pontificato sino all'agosto del 1914, quando, dopo il tragico scoppio della prima guerra mondiale, Pio X, successore di Leone, successore di Pietro, fu chiamato anche lui alla "casa del Padre".

Questa risposta, pero: "Signore, tu lo sai che ti amo", ebbe il suo inizio qui, a Riese, tra i vostri avi. Tra loro viveva a Riese la povera famiglia Sarto, il cui figlio avrebbe dovuto, un giorno, diventare il successore di Pietro nella sede romana col nome di Pio X. San Pio X: la risposta alla domanda di Cristo "mi ami tu?", che egli imparo prima qui, nel suo paese natio, l'ha portato non solo sulla sede romana dei successori di Pietro, ma l'ha guidato sopratutto alla santità.


3. E' giusto tener presente l'influsso che l'ambiente umano in cui si formo Giuseppe Sarto ebbe sulla sua sensibilità cristiana e poi sulla vocazione al sacerdozio.

Scrive un suo biografo che "fin dai primi anni, fino cioè da quell'età in cui vivissime si ricevono le impressioni di quanto ci sta e ci vive intorno, impressioni che sono poi quelle che maggiormente concorrono nella formazione del nostro carattere e di tutta l'educazione interiore di noi stessi, ebbe la grande fortuna di avere sotto gli occhi modelli di uomini e di sacerdoti... colti, pii, caritatevolissimi" (cfr. Marchesan, "Papa Pio X nella sua opera e nella sua parola", pp. 2 7.42).

Lo stesso Pio X, in un suo discorso, dirà del vecchio parroco, con fedele riconoscenza: "Mi fu sempre largo di consiglio, d'aiuto, così che dopo Dio e i miei genitori tutto a lui devo. A lui, dalle cui mani ricevevo la prima volta il pane eucaristico, a lui che ai piè di quell'altare mi vestiva dell'abito clericale, a lui che mi ricordava frequente alla vocazione del sacerdozio doversi porre fondamento di pietà, di modestia, d'intemerato costume" (cfr. "Scritti inediti di san Pio X", vol. II, p. 231). Ci fu, quindi, un ambiente impregnato di cristianesimo che educo il ragazzo alla fedeltà al Signore e all'attenzione verso la chiamata di Cristo.


4. Una grande disponibilità per il Signore Giuseppe Sarto l'apprese dalla famiglia. Povera, come è noto e come egli spesso ricordava ricorrendo volentieri all'amata espressione veneta; ma fiduciosa in Dio. Quando il parroco riferi a Giovanni Battista Sarto l'intenzione del figlio, espressa dopo la prima comunione, di farsi sacerdote, facendogli notare le straordinarie disposizioni del ragazzo, il padre, che forse lo avrebbe voluto a casa per l'utilità della famiglia rispose: "Se Dio lo vuole, se lo prenda! E' suo!".

Ecco, il senso della fede: è suo, è del Signore, come ogni figlio che nasce ed è chiamato da Dio per nome, per una vocazione sublime. Pio X ricordo sempre questo episodio, e si considero come cosa di Dio, votato al suo amore totale.

So che tra di voi si racconta una graziosa battuta della mamma di Giuseppe Sarto. Egli venne a visitarla qui, a Riese e le mostro l'anello cardinalizio, dicendole: "Vedete, mamma, quanto è bello!". La madre, facendogli a sua volta notare la fede matrimoniale gli replico subito: "Si, figliolo, ma se non ci fosse stato questo...". Se non ci fosse stata una famiglia ricca di fede e di educazione cristiana, se non ci fosse stata quella testimonianza viva di disponibilità alla volontà di Dio, formata alla dottrina fedelmente insegnata nella parrocchia, la figura sacerdotale del futuro pontefice non si spiegherebbe; noi non troveremmo la radice della sua grande personalità di uomo di Dio e di assiduo e infaticabile servitore della Chiesa.


5. Molti punti del suo programma di Pontefice si può dire che hanno avuto proprio nella vita comunitaria della parrocchia un loro primo fondamento. Pensate all'amore dell'Eucaristia, alla liturgia che egli imparo a conoscere da chierichetto, al canto sacro, all'esperienza del catechismo. Sulla testimonianza dei contemporanei e dei compagni di scuola è stato scritto che "egli non mancava mai alla dottrina cristiana, al catechismo e alle altre istruzioni, che in tempi determinati dell'anno s'usavano allora, e s'usano fare ai ragazzi tuttodi nei nostri paesi" (Marchesan, o.c., p. 26).

In questo clima maturavano i primi frutti della santità di Giuseppe Sarto e in questo clima maturava la sua vocazione sacerdotale.


6. "Il Signore è il mio pastore" (Ps 22,1).

Giuseppe Sarto assimilava con tutto il cuore questa verità, che l'autore ispirato ha scritto nel salmo che inneggia a Dio come pastore dell'uomo; il pastore delle vocazioni umane e degli umani destini. Questo salmo trova la sua magnifica corrispondenza nella parabola del Buon Pastore, narrata a suo tempo da Gesù di Nazaret.

Ecco, al figlio della famiglia Sarto è stato dato di conoscere che il Signore, Buon Pastore, "su pascoli erbosi lo fa riposare" quando egli si affida alla paterna Provvidenza di Dio. E' il Signore che "lo rinfranca", concedendogli la grazia della preghiera; che, ancora, "per amore del suo nome lo guida per il giusto cammino". Quanto importante è questa certezza interiore della strada che si sceglie, della voce della coscienza, alla quale si obbedisce! Infine, l'importanza della luce interiore, che illumina la strada con i doni dello Spirito Santo. Con questa luce uno può "non temere alcun male", anche se dovesse "camminare per una valle oscura".


7. Il salmo dell'odierna liturgia è estremamente appropriato, e giustamente esso delinea le strade della vita e della vocazione di Giuseppe Sarto: "Davanti a me tu prepari una mensa". Non è questa un'allusione all'Eucaristia, alla quale gli fu dato di accostarsi per la prima volta qui a Riese nell'anno 1847, quando aveva quasi dodici anni? E non si può dire che, in questa data, tale esperienza lo porto a desiderare che tutti i bambini in età ancor più tenera potessero incontrare il Cristo nel sacramento? Non si può pensare che da questa ineffabile e familiarissima esperienza del Signore egli prese lo spunto per invitare tutto il popolo di Dio alla comunione frequente e quotidiana? "Cospargi di olio il mio capo": non è questa ancora un'allusione al sacramento della Confermazione, che Giuseppe Sarto ricevette ad Asolo nel 1846 per le mani di monsignor Sartori Canova, fratellastro del celebre scultore Antonio Canova? Infine, all'orizzonte del giovane animo appare quel "calice... traboccante", segno della vocazione sacerdotale che il giovane Sarto segui entrando in seminario nel 1850, a Padova.


8. "Mi ami tu".

Doveva aver sentito tante volte queste parole di Cristo. Specialmente chiare dovette sentirle il giorno degli ordini sacri, il 18 settembre 1858, nel duomo di Castelfranco; e per opera dello Spirito Santo poté rispondere con tutta umiltà: "Signore, tu sai che ti amo".

Anche allora, per la prima volta, gli giunse chiara la risposta di Cristo: "Pasci i miei agnelli" (Jn 21,15). Con il sacerdozio, Giuseppe Sarto infatti inizio il suo servizio pastorale. La stessa domanda e la stessa risposta si sono ripetute, in maniera sempre nuova, quando egli fu chiamato al servizio episcopale, prima a Mantova, poi a Venezia. Infine, nel 1903, nella Cappella Sistina, Cristo gli chiese per la terza volta: "Mi ami?".

E può anche darsi che il patriarca di Venezia, cardinale Giuseppe Sarto, rimanesse rattristato così come Simon Pietro. E rispose, così come Pietro: "Signore, tu sai tutto; tu sai che ti amo" (Jn 21,17). Lo disse e lo penso tra le lacrime copiose che, come attestarono i presenti al conclave, gli irroravano, il giorno dell'elezione, la prima veste bianca di pontefice, quella che voi conservate ancora con venerazione quale suo speciale dono, nel seminario vescovile. E allora Cristo rispose per la terza volta: "Pasci le mie pecorelle".


9. Questo dialogo di Cristo - crocifisso e risorto - con Giuseppe Sarto - Pio X, ebbe inizio qui a Riese. Qui fu scritto il primo capitolo - forse, sotto un certo aspetto, il più importante - della sua vita.

Vi invito a considerare tutto questo, perché voi siete eredi di una tradizione e di una cultura cristiana, che ha prodotto un simile dono. Sappiate anche voi dire a Dio un "si" generoso e confidente per ogni vocazione che egli, "a piene mani" effonde nella Chiesa. Sappiate imprimere con l'educazione e con la catechesi il senso di Dio e il desiderio della sua esperienza e del suo servizio, dando valore alla predicazione della parola di Dio, che sempre e con abbondanza si celebra in mezzo a voi. così Cristo potrà chiedere con efficacia a ciascuno: "Mi ami tu?".

Carissimi fratelli e sorelle di Riese, e voi tutti fedeli di Tombolo e di Salzano, di Asolo e di Castelfranco e dell'intera Marca che siete qui convenuti: auspico di cuore che gli uomini delle sempre nuove generazioni di giovani possano a loro volta rispondere a Cristo con gioia, con interiore fiducia e confidenza: "Signore, tu sai tutto; tu sai che ti amo".

Si, proprio a Cristo; perché lui solo è "via, verità e vita". Amen. Data: 1985-06-15 Data estesa: Sabato 15 Giugno 1985





Saluto alla cittadinanza - Treviso

Titolo: Una fede antica che si fa vita

Signor sindaco! Signor ministro! Carissimi cittadini di Treviso!


1. Grazie vivissime per le nobili espressioni rivoltemi in questo incontro con la vostra città, in occasione del mio pellegrinaggio ai luoghi di san Pio X, di cui ricordiamo il 150° anniversario della nascita. E' motivo di grande gioia per me incontrarvi in questa piazza, che è come il cuore della vostra città e della vostra storia. Le istituzioni medioevali dell'antica comunità sono nate qui, e in questo luogo ha avuto significativa espressione quella cultura veneta, che nei secoli passati pose Treviso al centro di importanti vicende civili, religiose, letterarie e artistiche. Questa piazza ricorda anche eventi più recenti, segnati purtroppo dai tristi ricordi delle due guerre, ora evocati dal signor sindaco.

La storia di Treviso è profondamente legata alla cultura e alla fede cristiane. Ne sono visibile testimonianza i monumenti sacri e le interessanti tracce dell'arte cristiana, che adornano gli edifici civili. Le immagini della Madonna e del Crocifisso dominano le pitture del salone dei Trecento, sede ancor oggi delle assemblee cittadine. Il santuario della Vergine - la Madonna Grande, come voi dite - è da sempre meta dei vostri pellegrinaggi. La vostra fede s'intreccia, così, fin dalle origini, con la vita civile della vostra comunità; fin da quando cioè san Liberale fu scelto come vostro patrono e difensore della fede cattolica, minacciata dall'eresia ariana.

Le cronache recenti dicono chiaramente quanto hanno operato, nelle due ultime guerre, gli zelanti vescovi monsignor Longhin e monsignor Mantiero. Essi hanno dato eroici esempi di carità, di coraggio, di fiducia in Dio per difendere la popolazione da seri pericoli e per venire incontro a gravi situazioni di disagio e di indigenza della popolazione. Questi eventi attestano una viva tradizione di corretti e fecondi rapporti tra le autorità civili e quelle ecclesiastiche, e fanno ben sperare per il bene comune anche in avvenire.


2. Ci si potrebbe dunque chiedere quale sia la specifica testimonianza che il popolo di Dio dovrà proporsi in una comunità laboriosa ed efficiente come la vostra, che ha raggiunto condizioni lodevoli di benessere, stabilendo un sano equilibrio tra il lavoro agricolo delle antiche tradizioni e quello artigianale e industriale dell'epoca moderna.

Purtroppo anche nella società del benessere e del progresso molti problemi profondi dell'uomo sono rimasti irrisolti. C'è un'esigenza di promozione interiore della persona umana che non troverà mai un'adeguata soluzione, se si cede alla tentazione di separare i valori tecnici da quelli dello spirito, i problemi dello sviluppo economico e materiale da quelli dei valori morali. L'uomo non può essere scisso nella sua unità materiale e spirituale.

La religione cristiana, che ha avuto nella vostra civiltà un posto così importante, va riaffermata da voi stessi come una ricchezza inseparabile dalle espressioni della vita sociale. Solo le giuste linee morali possono infatti salvare le comunità umane dall'autodistruzione, e renderle vittoriose di fronte alla tentazione del consumismo. Senza questi principi etici, con i quali il cristianesimo, fedele alla voce di Dio e di Cristo, illumina le coscienze, la società perderebbe la sua forza.

Col crescere della quantità del benessere, della produzione dei beni di consumo e della prestazione dei servizi, occorre che non si verifichi una svalutazione dei valori spirituali. L'uomo non può rinunciare a questi, senza che ne soffrano il senso della responsabilità personale, lo sviluppo della solidarietà negli incontri tra persone, l'onestà nei rapporti di commercio e di lavoro.

Occorre che le scelte dell'uomo siano ispirate a una linea etica, corrispondente alla verità profonda della natura umana.


3. Invito tutti voi, trevigiani, a conservare sempre quell'armonia tra coscienza cristiana e coscienza umana, tra comunità religiosa e comunità civile, che sta alla base del vero bene. Ciò comporta la necessità di rafforzare la fede e di difenderla da quelle ideologie che disattendono i valori cristiani, esaltando una concezione materialistica della vita, e generando, specialmente nell'animo dei giovani, sospetto e incomprensione verso i valori trascendenti del cristianesimo.

Voi sapete che tale processo conduce allo smantellamento di molti valori umani, logora i rapporti di fraternità e di comprensione, che sono necessari alla vita comune, e trasmette germi preoccupanti di violenza, di rigetto dell'intesa, di impoverimento del senso umano.

Chiedo al Signore che doni a tutti voi una concordia oprante e fruttuosa; che consenta a tutti di risalire alle radici delle virtù cristiane nel quadro delle mirabili tradizioni che hanno fatto della Marca trevigiana una terra benedetta da Dio.

Mi è stato detto che su una delle monumentali porte che immettono in Treviso c'è scritto: "Dominus custodiat introitum tuum et exitum tuum".

Accogliendo anch'io, da pellegrino, questo augurio che scende su chiunque oltrepassi i confini della città, sono lieto di poter restituire con larghezza di cuore lo stesso augurio per chi questa città la abita, per chi la governa, per chi si prodiga a renderla sempre più degna di Dio e dell'uomo, mentre invoco su tutti la benedizione del Signore.

Data: 1985-06-15 Data estesa: Sabato 15 Giugno 1985





Ai giovani in piazza Duomo - Treviso

Titolo: "Ho atteso e desiderato questo incontro con voi"

Cari giovani della diocesi di Treviso!


1. Vi saluto cordialmente, lieto di potermi incontrare con voi in questa piazza che rappresenta il cuore della Chiesa locale e che conserva le memorie vive dei vostri santi. La vostra chiesa cattedrale è dedicata a san Pietro, come la Basilica vaticana.

Vi ringrazio, amici carissimi, per la vostra accoglienza, maturata in clima di preghiera. Tale atteggiamento non dissolve né attenua i sentimenti della festa, ma li affina e nello stesso tempo crea un ambiente interiore, ideale per un incontro nella verità quale vuol essere il nostro.


2. Voi avete percorso un itinerario spirituale, che vi ha portato a considerare alcuni aspetti caratterizzanti del "ministerium Petri". Essi vanno dalla domanda: "Mi ami tu più di costoro?", che Gesù pone a Pietro, alla risposta fidente, quasi sommessa di Pietro: "Signore, tu sai tutto, tu sai che io ti amo", per concludersi con l'invito suadente e insieme risoluto: "Seguimi" (Jn 21,1 Jn 5 Jn 21,1 Jn 7 Jn 21,19).

Mi consentite così d'inserirmi nella stupenda cornice della parola di Dio, che avete letto e meditato, e che ci ricorda come la singolare missione del Papa sia essenzialmente "un ministero di amore in tutte le sue manifestazioni ed espressioni" (cfr. "Insegnamenti", vol. I [1978], p. 16). Asserivo questo, nel momento in cui iniziavo il mio servizio pontificale. Lo ripeto volentieri qui davanti a voi, confidandovi che solo l'amore mi spinge, solo l'amore rende inarrestabile il mio cammino in ogni parte del mondo per incontrare, come questa sera a Treviso, fratelli e sorelle, figli tutti dell'amore di Dio.

Di qui nasce una domanda che attende risposta: "Mi ami tu, mi ami più di costoro?". La conoscenza di Cristo diventa pressante impegno a decidere del proprio avvenire nella luce di Gesù, conosciuto e divenuto amico.

Ogni vocazione cristiana sta tutta in questo dialogo, che coinvolge personalmente ogni progetto di vita. Per alcuni la consegna specifica del Signore potrebbe essere quella già affidata agli apostoli: "Vi faro pescatori di uomini...

Andate e ammaestrate tutte le nazioni" (Mt 4,19 Mt 28,19). Per tutti è una risposta a colui che ci ha amati per primo.


3. Questo appuntamento con voi non poteva mancare: l'ho atteso, l'ho desiderato, in continuazione ideale con il convegno mondiale della domenica delle Palme, a Roma, al quale partecipo una folta rappresentanza di giovani trevigiani, e in collegamento anche con quello da voi svolto, insieme al vostro vescovo, nel successivo mese di aprile. Di entrambi ripropone l'occasione di fondo, ossia l'Anno internazionale dei giovani; anno che - lo sapete bene - "riveste un particolare significato anche per la Chiesa, quale custode di fondamentali verità e valori e insieme ministra degli eterni destini che l'uomo e la grande famiglia umana hanno in Dio stesso" (Lettera apostolica ai giovani, 1).


4. Ma ho desiderato questo momento soprattutto per adempiere presso di voi il mio specifico ministero di amore e per affidarvi a Gesù, nostro Signore. L'apostolo Pietro, che aveva visto la mattina di Pasqua nel sepolcro il sudario ripiegato e le bende per terra (cfr. Jn 20,7), poté in seguito gridare alla folla riunita a Gerusalemme per la Pentecoste: "Costui è quel Gesù che Iddio ha risuscitato: noi tutti ne siamo testimoni" (Ac 2,32). Io sono venuto per additarvi quel medesimo Gesù. Non c'è, ricordatelo, un nome più grande sotto il cielo (cfr. Ac 4,12). Non c'è nome più dolce. Non c'è nome più attraente (cfr. Jn 12,32). Egli è colui "in virtù del quale esistono tutte le cose" (1Co 8,6); nel quale sono "tutti i tesori della sapienza e della scienza" (Col 2,3). Colui che è "la via, la verità... la risurrezione e la vita" (Jn 11,25), il principio e la fine, il segreto della storia, il cuore del mondo, la chiave dei nostri destini, il palpito della creazione, il Salvatore e il Redentore.

Questo annuncio non può arrestarsi, questa novella non può invecchiare; è qui "l'unico orientamento dello spirito, l'unico indirizzo dell'intelletto, della volontà e del cuore" (RH 7).


5. Carissimi, con l'apostolo vi dico: altro io non so, null'altro fra di voi ritengo di sapere che Cristo (cfr. 1Co 2,2): innalzato vergognosamente sulla croce e veramente risorto, è ora vivo presso il Padre. Là ci attende e ci ama; ma in maniera ineffabile è tra noi nell'Eucaristia e per mezzo del suo Spirito. Egli è il grande presente nella storia e nella vita.

Proviamo a riflettere sulla situazione in cui si vive oggi. Non ritenete voi che una delle cause del distacco dalla fede, da parte dei giovani, sia proprio un'idea inadeguata e riduttiva che essi hanno di Cristo? Non è forse vero che l'indifferenza, quando non addirittura l'opposizione ostentata, deriva dal fatto che circola, nei loro ambienti, l'immagine di un Dio ostile all'uomo? Non è forse vero che nella società consumistica è sceso un certo disinteresse verso il Dio cristiano, perché al suo nome santissimo si abbina una rappresentazione molto lontana dell'uomo concreto? Gesù destina ad ognuno la personale attenzione testimoniata dall'approccio col giovane del Vangelo: "Fissatolo... lo amo" (Mc 10,21).

L'abbiamo mai intravisto, sperimentato, gustato, lo "sguardo amorevole" di Cristo (cfr. 2Co 5,14)? "Si può dire - ho scritto ai giovani di tutto il mondo - che in questo sguardo amorevole di Cristo sia contenuto quasi il riassunto e la sintesi di tutta la buona novella" (Lettera ai giovani, 7).

Questo è il vero avvenimento della vita, la svolta centrale, l'inserzione decisiva: dopo un tale incontro, nell'esistenza giovanile, tutto diventa profondamente diverso. Posto questo incontro, tutto il resto viene ridimensionato. Anzi, per dar seguito in maniera totale a questo incontro, ogni altra cosa può essere venduta (cfr. Mt 13,44).


6. Andrea, dopo aver incontrato Gesù e aver passato con lui una giornata, corre dal fratello Simone e gli confida il senso dell'esperienza accadutagli: "Abbiamo incontrato il Messia...". L'evangelista Giovanni con una rapidità che impressiona, aggiunge: "E lo condusse da Gesù" (Jn 1,41-42). Non si può trattenere per sé la scoperta: troppo grande, e troppo affascinante è il volto del Signore. L'evento deve manifestarsi; l'esperienza deve diventare comunicazione; l'evento interiore diviene pubblico.

Ecco pertanto una seconda ricognizione relativa al tempo in cui viviamo: per parlare di Gesù ai giovani è necessaria, amici, la presenza di altri giovani.

E' indispensabile la loro testimonianza. Il Vaticano II è stato esplicito in merito: occorre promuovere l'apostolato "del simile verso il simile" (cfr. AA 13). Siete disponibili a questo passo? No, non temo di essere esigente con voi: Cristo lo è prima di me.

può anche darsi che qualche giovane se ne vada rattristato - scrivevo ai sacerdoti - "quando gli sembrerà di non poter far fronte all'una o all'altra esigenza... A volte i giovani debbono farsi strada attraverso tali tristezze salvifiche, per giungere gradualmente alla verità e a quella gioia che essa dà" (Lettera ai sacerdoti, 5). Ma non v'è dubbio che l'animo giovanile è propenso ad accogliere l'invito del Signore, con generosità pronta ed effusiva.

Oh, si: vi è bisogno di giovani in missione nei loro ambiente; giovani lieti e forti, umili e coraggiosi, tenaci e intraprendenti; indicatori convincenti di Cristo, testimoni di lui in parole e in opere, nella loro vita quotidiana.

Guardate al vostro patrono principale, san Liberale: un giovanetto intrepido, un cavaliere convertito alla causa del Vangelo, che in un tempo estremamente difficile e rischioso, diventa discepolo di Cristo, tutto dedito a difendere la verità, in intima comunione col suo vescovo Eliodoro. E' incoraggiante per voi avere come protettore e intercessore questo santo, lontano nel tempo, ma modernissimo e vicino alle situazioni attuali.


7. Tutto questo vi impegna in un affinamento spirituale tale da farvi vivere in pienezza le più profonde esigenze del Vangelo, quali la semplicità, la mitezza, il distacco e la castità, la sobrietà e l'amor di Dio, fino al sacrificio. Pensate al vostro beato Enrico da Bolzano, povero in maniera impressionante ed esemplare, tanto amato dai trevigiani; e pensate alla sorprendente figura di santa M. Bertilla Boscardin: quale fascino proviene da questa piccola-grande donna, immolatasi nel nascondimento e nel servizio! Non scordate mai che dal vostro ambiente partirono, nel corso dell'ultimo secolo, iniziative e attività che hanno poi segnato l'Italia nei campi della promozione sociale, dell'istruzione catechistica e religiosa, della stampa militante, dell'Azione cattolica.


8. Cari giovani, l'avvenire della società e della Chiesa è nelle vostre mani, nella vostra capacità di scoprire la vostra vocazione e di realizzarla; sta nella risposta che darete con forza e con impegno alla chiamata di Dio.

Seguite con gioia gli esempi che vi ha lasciato san Pio X nella sua giovinezza vissuta qui nella vostra terra. Siate sempre pronti "a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi" (1P 3,15).

Vi sia di conforto in questo vostro impegno la mia benedizione apostolica.

Data: 1985-06-15 Data estesa: Sabato 15 Giugno 1985





Alle religiose nella cattedrale - Treviso

Titolo: Al servizio del Vangelo e della promozione umana

Care sorelle.


1. Con grande gioia vi incontro in questa cattedrale di Treviso, e ringrazio il vescovo monsignor Mistrorigo, il quale ha presentato così bene l'intenso lavoro che voi svolgete in questa diocesi in cui è nato alla luce del sole e della grazia il mio predecessore, papa Pio X.

Un mio primo saluto va alle sorelle dei due monasteri di clausura. La Chiesa infatti vive interamente il suo carisma di comunione con Cristo grazie innanzitutto a questa porzione eletta del popolo di Dio che, nei monasteri, persevera nella preghiera in nome e a favore di tutto il corpo mistico di Cristo.

Il mio saluto, unito a vivo compiacimento, va poi a voi che operate nelle istituzioni di apostolato della dinamica diocesi di Treviso.

Nonostante la dolorosa diminuzione di forze a causa del calo delle vocazioni, voi gestite ancora la quasi totalità delle scuole materne parrocchiali, continuate ad assistere gli infermi nelle case di cura o di riposo per anziani, negli ospedali, negli istituti dove si raccolgono i nostri fratelli sofferenti, e continuate a dare una preziosa testimonianza con la vostra assistenza rispettosa, amorosa, materna. Sono lieto anche per la vostra intensa presenza nelle scuole medie e superiori, la quale vi consente di dedicarvi alla formazione cristiana dei giovani.

Uno speciale pensiero desidero rivolgere a coloro tra di voi che cooperano con i sacerdoti nell'apostolato parrocchiale, condividendo quella missione evangelizzatrice che a voi spetta, in maniera peculiare, per la consacrazione religiosa. Questa grande varietà di situazioni e di servizi vi mette a contatto, quotidianamente, con un'imprevedibile e complessa varietà di esperienze e di problemi.

L'incontro con i genitori dei vostri alunni vi fa toccare quasi con mano i problemi vivi e talvolta drammatici vissuti dalle famiglie, le preoccupazioni educative che sorgono nel rapido evolversi delle culture e i disagi di situazioni di emergenza.


2. A volte, specialmente negli ospedali, vivete voi stesse con apprensione certe situazioni che interpellano, quasi con atteggiamento di sfida, la vostra disponibilità e richiedono una coraggiosa testimonianza di fede. Voi oggi più che mai sentite il peso gravoso delle crisi di coscienza che mettono alla prova il cristiano per il contrasto che avverte tra la morale del mondo e le severe linee di condotta che il Vangelo vi propone in forza della vostra consacrazione al Signore.

Vivendo e svolgendo il vostro specifico apostolato nel crogiolo delle odierne situazioni in continuo e imprevedibile mutamento, potrebbe accadervi di sentire talvolta un certo disagio nei confronti della regolarità della vostra "vita comune", che può apparirvi quasi troppo rigida, distante, anacronistica nei confronti di certe esigenze della mentalità e sensibilità contemporanea, e di giudicare, per conseguenza, legittima e valida l'opportunità di condividere concezioni, stile di vita e modi di comportamento, che invece si oppongono a quel regime austero ma sapiente, che i voti emessi e la vostra consacrazione a Dio con cuore indiviso "per il regno dei cieli" (cfr. Mt 19,12) richiedono da voi in ogni circostanza. La vostra deve essere una costante, gioiosa e generosa testimonianza del primato della vita spirituale! (cfr. PC 6).

Desidero ricordarvi un saggio principio che san Pio X detto a dei religiosi, un giorno, con fine senso pastorale: "I vincoli con Dio mediante i voti e con la comunità religiosa non debbono essere posposti a nessun altro servizio, per quanto legittimo, a vantaggio del prossimo" (cfr. "Pii X Acta", vol. II, pp.87-88).

Tale criterio di comportamento vale anche oggi. Il sincero desiderio di servire il Vangelo e la promozione integrale dell'uomo richiedono da voi, con urgente istanza, che coltiviate nella viva fraternità delle vostre comunità il carisma che vi è proprio, vivendo intensamente e con chiara testimonianza lo spirito dei vostri voti. ln questo modo sarete, insieme, voce e segno efficace dell'opera della Chiesa che, in nome di Cristo, sa chinarsi sulle necessità dell'uomo per portarlo a Dio in qualsiasi condizione si trovi.


3. La religiosa - sull'esempio di Cristo e dei santi - non deve temere di essere, nei confronti di questo mondo, un "segno di contraddizione", secondo l'insegnamento di san Paolo: "Non conformatevi alla mentalità di questo secolo, ma trasformatevi rinnovando la vostra mente, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto" (Rm 12,2).

Occorre fare attenzione a non confondere l'"adattamento" del carisma del proprio istituto alle esigenze del mondo d'oggi - un'istanza proveniente dal recente Concilio - con quella specie di "imborghesimento" della vita religiosa, per il quale ci si lascia allettare da ideologie e comportamenti che hanno in realtà ben poco a che vedere con l'austera dedizione a Cristo voluta dal Vangelo e dallo spirito delle vostre regole di vita.

Anziché allora assumere - mediante un vagIio giudizioso - quanto di valido offre il mondo d'oggi, si finisce con il lasciarsi invischiare negli aspetti deteriori di una certa mentalità mondana e terrena, perdendo quella dirittura di vita e quel vigore profetico, che rendono la persona consacrata un autentico testimone dell'assoluto divino e promotore della dignità dell'uomo.




4. Se spesso vi accorgete di essere immerse in un mondo che tende ad emarginare i valori dello spirito o ad offuscare la voce della Chiesa, sappiate che proprio in queste situazioni si richiede da voi una più profonda adesione a Cristo e alla sua Chiesa, mediante una testimonianza chiara e inconfondibile, con amore sponsale fedele al Cristo, e grande generosità. Come ebbe a dire papa Paolo VI: "Bisogna che impariate a trovare Dio anche in queste condizioni di esistenza, segnate da ritmi sempre più accelerati, dal frastuono e dalle sollecitazioni delle realtà effimere" (cfr. "Evangelica Testificatio", 33).

La diocesi di Treviso attende molto da voi, perché vi ha affidato molte delle sue opere di apostolato. Sappiate accogliere con generosità e intelligenza le grandi iniziative che vi sono proposte. La vostra vita sia trasparenza della presenza di Dio, che cammina a fianco degli uomini e delle donne nel mondo di oggi.

Vi conforti e vi sostenga Maria santissima e vi accompagni la benedizione apostolica che volentieri imparto a voi, ai vostri cari, e a tutti coloro che voi assistite e servite con zelo e carità.

Data: 1985-06-16 Data estesa: Domenica 16 Giugno 1985






GPII 1985 Insegnamenti - Omelia nel parco del paese - Riese Pio X (Treviso)