GPII 1985 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)


1. Oggi vi invito tutti ad essere spiritualmente uniti ai nostri fratelli e sorelle della Cecoslovacchia, che celebrano solennemente a Velehrad l'XI centenario della morte di san Metodio, avvenuta, secondo la tradizione, in quella città.

La settimana trascorsa è stata vissuta dalla Chiesa universale nel ricordo dei santi fratelli Cirillo e Metodio. I fedeli di origine ceca e slovacca, residenti nei diversi Paesi europei, si sono raccolti rispettivamente a Ellwangen e a Reichenau in Germania. I popoli della Jugoslavia hanno celebrato i due santi fratelli a Djakovo, il 4 e 5 luglio. Analoghe manifestazioni celebrative si svolgono in Canada, ad Unionville, vicino a Toronto.

Questa mattina io stesso ho celebrato la santa messa alla presenza dei cechi e slovacchi che risiedono a Roma. Alle solenni celebrazioni di Djakovo e di Velehrad - non potendovi partecipare personalmente come avrei desiderato - ho inviato come mio legato il cardinale Agostino Casaroli, segretario di Stato, per manifestare in tal modo la mia spirituale e intensa presenza alla significativa ricorrenza, che interessa e coinvolge la religiosità, la cultura e la storia dei popoli slavi, di tutta l'Europa e della Chiesa intera.

Il nostro pensiero va in questa giornata a Velehrad al cardinale Casaroli mio legato, al cardinale Tomasek, ai vescovi, ai sacerdoti, alle famiglie religiose, ai fedeli tutti della Cecoslovacchia, che a Velehrad, presso la tomba di san Metodio, desiderano manifestare pubblicamente la loro adesione convinta alla fede cristiana, di cui sono debitori all'opera evangelizzatrice compiuta dai due santi fratelli undici secoli or sono.


2. Proprio in relazione a tale significativa ricorrenza ecclesiale, in questi giorni è stata resa pubblica la mia epistola enciclica "Slavorum Apostoli", che porta la data del 2 giugno, solennità della santissima Trinità. Con tale epistola ho voluto ricordare la santa vita e i grandi meriti dei fratelli Cirillo e Metodio, nativi di Salonicco (l'antica Tessalonica), i quali intrapresero tra i popoli slavi la missione evangelizzatrice, alla quale dedicarono tutta la loro vita.


3. Grazie agli sforzi missionari dei due santi, gli slavi poterono prender coscienza della propria vocazione e partecipare alla storia della salvezza; grazie al loro annuncio, quei popoli poterono sentirsi, insieme con le altre nazioni della terra, discendenti ed eredi spirituali della promessa fatta da Dio ad Abramo. La traduzione dei libri sacri, eseguita dai santi Cirillo e Metodio, unitamente ai loro discepoli, conferi capacità e dignità culturale alla lingua liturgica paleoslava, che divenne anche la lingua ufficiale e letteraria e persino la lingua comune delle classi più colte della maggior parte delle nazioni slave e, in particolare, di tutti gli slavi di rito orientale.

Tali meriti nei confronti della cultura slava rendono l'opera di evangelizzazione svolta dai due santi fratelli, in un certo senso, costantemente presente nella storia e nella vita di quei popoli e di quelle nazioni; giustamente i due santi fratelli furono presto riconosciuti dalla famiglia dei popoli slavi come "padri" tanto del loro cristianesimo quanto della loro cultura.


4. Poiché i santi Cirillo e Metodio sono compatroni d'Europa - insieme con san Benedetto - gli episcopati del continente europeo si preparano a venerare solennemente i due santi nel prossimo mese di ottobre, qui a Roma. Anche i nostri fratelli ortodossi hanno celebrato i santi Cirillo e Metodio a Salonicco, loro città natale, confermando con ciò che i due santi sono come un ponte spirituale tra la tradizione orientale e quella occidentale, che confluiscono entrambe nell'unica grande tradizione della Chiesa universale. In tale senso - come ho scritto nella mia citata epistola enciclica - i santi Cirillo e Metodio "sono per noi i campioni e insieme i patroni nello sforzo ecumenico delle Chiese sorelle d'Oriente e d'Occidente, per ritrovare mediante il dialogo e la preghiera l'unità visibile nella comunione perfetta e totale" ("Slavorum Apostoli", 27).


5. Seguendo con intensa partecipazione le celebrazioni in onore dei santi Cirillo e Metodio, prego perché l'eredità cristiana e culturale lasciata da questi due santi ai popoli slavi si conservi, si rafforzi e porti continuamente frutti di verità, di bene e di grazia per quei popoli, che sono stati i primi ad accogliere i benefici della loro opera, e anche per tutta l'Europa e per la Chiesa intera.

E' riconosciuto storicamente che, attuando il loro carisma, Cirillo e Metodio recarono un contributo decisivo alla formazione dell'Europa, non solo nella comunione religiosa cristiana, ma nella sua realtà civile e culturale.

Dietro il loro esempio, la Chiesa cattolica è pronta e disponibile ad operare con sempre rinnovato vigore e impegno perché tutti i popoli del mondo vivano in mutua comprensione, in vicendevole condivisione dei beni spirituali e culturali, in pace e concordia, e possano raggiungere anche la piena unità in Cristo.

Era doveroso che la Chiesa manifestasse ancora una volta ai due santi fratelli profonda riconoscenza per l'inestimabile contributo da essi dato all'annuncio del Vangelo tra le genti slave e, al tempo stesso, alla causa della riconciliazione, dell'amichevole convivenza, dello sviluppo umano e del rispetto della dignità di ogni nazione.

Santi Cirillo e Metodio, pregate per noi! [Dopo l'Angelus:] In questi giorni ho inviato nella martoriata terra del Libano il cardinale Roger Etechegaray, presidente del consiglio "Co unum" e della commissione "Iustitia et pax", perché visiti quelle popolazioni tanto provate e le conforti tra le sofferenze e le privazioni di ogni genere, alle quali continuano ad essere sottoposte. Oggi il cardinale è nella città di Jezzine, nel sud del Paese, per dire alle migliaia di cristiani, colà raccolti in grande ansia per il proprio futuro, che il Papa è vicino a loro con tutto l'affetto del suo cuore e per assicurare loro la solidarietà di tutta la Chiesa nella preghiera e nella carità. Voglia il Signore ascoltare la mia preghiera ed orientare gli animi dei responsabili a propositi di effettiva comprensione e di pace, così che tutte le persone e le diverse comunità di quell'amato Paese possono vivere in libertà e dignità.

Data: 1985-07-07 Data estesa: Domenica 7 Luglio 1985











Concelebrazione per il personale delle ville pontificie

Titolo: L'Eucaristia fonte di riconciliazione cristiana

Carissimi fratelli e sorelle.


1. Vi saluto nel nome di Cristo. Siamo tutti invitati ad essere una comunità con Cristo. Siamo tutti invitati a partecipare al suo sacrificio. Questo sacrificio dà gloria a Dio. Noi tutti siamo chiamati, oggi, giorno del Signore, a rendere gloria a Dio, a cantare le lodi di Dio, nostro Creatore. Siamo qui, ciascuno di noi, con la nostra esistenza, che è limitata. Ma siamo insieme, ciascuno di noi, come portavoce di tutte le creature e dobbiamo con la nostra intelligenza, la nostra volontà e il nostro cuore, rendere omaggio, cantare il canto di lode a colui cui tutti noi dobbiamo il nostro essere, come anche tutte le creature intorno a noi devono il loro essere, e cioè a Dio. Questa è la prima finalità della nostra convocazione, del nostro essere con Cristo e in Gesù Cristo durante la celebrazione della santissima Eucaristia.


2. Questo atto di lode a Dio è insieme un atto di riconoscenza. La parola Eucaristia vuol dire soprattutto questo: gratitudine, riconoscenza.

Siamo qui per ringraziare Iddio per tutto il bene che, grazie a lui, si trova nella creazione e costituisce il cosmo, cioè l'ordine e la bellezza di tutto. Nella santissima Eucaristia noi tutti e ciascuno di noi si rende portavoce di ogni creatura per ringraziare Dio per le cose magnifiche, per la magnificenza della sua bontà mostrataci nella creazione e mostrataci non solamente una volta, all'inizio di tutto, ma mostrataci sempre e ogni giorno, perché il mistero della creazione perdura sempre, si rinnova sempre, continua sempre.

Siamo chiamati e siamo venuti per prendere parte al sacrificio di Gesù Cristo. Con questo sacrificio egli ha offerto al Padre se stesso fino alla fine, fino alla morte di croce e, con questa morte in croce, ha risposto pienamente a tutto quello che era in sospeso fra Dio Creatore e Padre e noi uomini, sue creature fin dai tempi del primo Adamo. così, Cristo, tramite la sua croce e la sua morte sul Calvario, ci ha riconciliati con il Padre e ci ha offerto questa riconciliazione per sempre. Noi viviamo nella riconciliazione con Dio.

E, ogni volta, quando ci riuniamo per partecipare alla santissima Eucaristia, ogni volta entriamo di nuovo in questa realtà della riconciliazione con Dio offertaci in Gesù Cristo e per mezzo di Gesù Cristo. Nella santissima Eucaristia siamo testimoni della morte di Cristo che ci ha salvati e che ci salva continuamente. Siamo anche partecipi e testimoni della sua risurrezione. Con la sua risurrezione, infatti, come dice san Paolo, Iddio ci ha giustificati, ci ha fatto uomini nuovi, ha portato la novità della vita nel cosmo corrotto dal peccato. Ha portato e porta continuamente la novità della vita in ogni cuore umano.

Noi partecipiamo a questa santissima Eucaristia per ricevere nuovamente, ogni volta, questa novità della vita che è in Cristo risorto. così siamo partecipi della morte e della risurrezione di Gesù Cristo tramite un segno sacramentale.

Questo segno si chiama Eucaristia ed è un segno molto ricco ed efficace. Ci troviamo dentro una realtà soprannaturale e sacramentale che porta nei nostri cuori tutto il mistero di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo e porta così nei nostri cuori tutto il mistero della creazione e della storia della salvezza. così ricco è questo sacramento.


3. Noi, naturalmente, non ci rendiamo sempre conto di questa ricchezza. Ma, ogniqualvolta partecipiamo alla celebrazione di questo divino mistero, dobbiamo di nuovo ritrovare la consapevolezza di questa ricchezza infinita, soprannaturale, di questo sacramento di Gesù Cristo, offertoci nella croce e lasciatoci come sacramento nell'ultima cena.

Ci riuniamo per partecipare a questo sacramento e partecipandovi ogni volta diventiamo uomini nuovi, nuove persone umane, rinnovate da Cristo in forza della sua redenzione e rinnovate anche mediante un'attiva partecipazione da parte nostra. Per questo, noi incominciamo ogni volta la celebrazione eucaristica con la confessione dei nostri peccati. Questa confessione vuol dire volontà di cambiare se stessi. Dobbiamo quindi uscire dalla partecipazione eucaristica cambiati e rinnovati interiormente. Ogni volta si deve compiere nella celebrazione dell'Eucaristia quanto ha detto il profeta Ezechiele: la nascita di un cuore nuovo, che dobbiamo acquistare da Dio. Dobbiamo quindi uscire da questa stupenda esperienza spirituale che è la messa, interiormente rinnovati, più cristiani, più uomini, rinnovati gli uni per gli altri, perché l'Eucaristia è sempre una grande scuola e un'esperienza di fraternità.

Siamo qui, intorno all'altare, come una famiglia che ha il suo Padre nei cieli e questa paternità del Padre celeste diventa per noi reale, sacramentalmente tangibile tramite Gesù, unico Figlio di Dio. Se egli è Figlio per noi, dobbiamo essere in lui figli e fratelli fra noi.


4. Desidero, in questo nostro incontro sacramentale ed eucaristico di oggi, salutare voi tutti che qui, nelle ville pontificie di Castel Gandolfo, fate parte della comunità pontificia. Vi saluto uno per uno. Saluto tutte le vostre famiglie, perché le famiglie costituiscono la comunità più intima e più fondamentale. Saluto gli anziani, i nonni, i genitori, i figli, i nipoti, tutti. Saluto voi tutti, come comunità specifica, legata a questo luogo del Vescovo di Roma.

Vi auguro di portare da questo incontro che abbiamo oggi celebrato in comunione con Cristo Gesù, con la sua croce e con la sua risurrezione, nella realtà del suo sacramento, di portare Cristo al mondo. Vi auguro di diventare più consapevolmente cristiani, più consapevoli di ciò che siete e di ciò che dovete essere ogni giorno di più. Questo augurio che formulo per voi si trova nella preghiera della celebrazione della liturgia eucaristica: "O Dio, che mostri agli erranti la luce della tua verità perché possano tornare sulla retta via, concedi a tutti coloro che si professano cristiani, concedi a tutti noi, di respingere ciò che è contrario a questo nome e di seguire ciò che gli è conforme". A tutti voi, a tutti noi, e anche a me, auguro ciò che dice la preghiera dell'odierna liturgia.

Amen!

Data: 1985-07-14 Data estesa: Domenica 14 Luglio 1985





Recita dell'Angelus - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: La giustizia si rivela come amore infinito




1. Cuore di Gesù, "santuario di giustizia e di carità".

La preghiera dell'Angelus ci ricorda ogni volta quel momento salvifico, nel quale, sotto il cuore della Vergine di Nazaret, ha incominciato a battere il cuore del Verbo, del Figlio di Dio. Nel suo seno egli si è fatto uomo, per opera dello Spirito Santo. Nel seno di Maria è stato concepito l'uomo ed è stato concepito il cuore.


2. Questo cuore è - così come ogni cuore umano - un centro, un santuario nel quale pulsa con un ritmo speciale la vita spirituale. Cuore, insostituibile risonanza di tutto ciò che sperimenta lo spirito dell'uomo. Ogni cuore umano è chiamato a pulsare col ritmo della giustizia e della carità. Da ciò viene misurata la vera dignità dell'uomo.


3. Il cuore di Gesù batte col ritmo della giustizia e dell'amore secondo la stessa misura divina! Questo è appunto il cuore del Dio-uomo. In lui si deve compiere fino alla fine ogni giustizia di Dio verso l'uomo, e anche, in un certo senso, la giustizia dell'uomo verso Dio. Nel cuore umano del Figlio di Dio viene offerta all'umanità la giustizia di Dio stesso. Questa giustizia è al tempo stesso il dono dell'amore. Mediante il cuore di Gesù l'amore entra nella storia dell'umanità come amore sussistente: "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Jn 3,16).


4. Desideriamo fissare con gli occhi della Vergine immacolata la luce di quell'ammirabile mistero: la giustizia che si rivela come amore! Amore che riempie fino all'orlo ogni misura della giustizia! E la oltrepassa! Preghiamo: perché mediante il tuo cuore, o Genitrice di Dio, il cuore di Gesù come "santuario di giustizia e di carità", diventi per noi tutti "via, verità e vita".

[Dopo l'Angelus:] Nei prossimi giorni si svolgerà ad Aparecida, in Brasile, l'undicesimo Congresso eucaristico nazionale brasiliano. La città prescelta è sede del principale santuario mariano del Paese, e ciò vuol significare, nella mente degli organizzatori, l'intenzione assai opportuna di mettere queste importanti giornate di impegno morale e spirituale sotto la protezione della Madre del Signore. Inviero, come mio rappresentante, il cardinale Sebastiano Baggio, e saro io stesso spiritualmente presente in quel luogo santo, per me indimenticabile, che ho visitato il 4 luglio del 1980.

A tutti buone vacanze nella pace e nella serenità interiore. Siamo tutti ospiti della città di Castel Gandolfo che ci riceve molto volentieri. Cerchiamo tutti, Papa incluso, di comportarci abbastanza bene".

Data: 1985-07-14 Data estesa: Domenica 14 Luglio 1985





Messaggio per la Giornata mondiale dell'emigrazione - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il diritto dei fedeli alla libera integrazione ecclesiale

Venerati fratelli, carissimi figli e figlie della Chiesa!


1. Questo messaggio per la Giornata mondiale dell'emigrazione, che le Chiese particolari celebreranno nel corso dell'anno liturgico, vorrei che recasse l'espressione del mio affetto, della mia sollecitudine, della mia preoccupazione per milioni di persone, coinvolte in uno dei più complessi e drammatici eventi della storia: le migrazioni. L'argomento merita ogni interesse e suscita vive preoccupazioni; di recente, infatti, le migrazioni hanno talvolta assunto l'aspetto disumanizzante della persecuzione: politica, religiosa, ideologica, etnica; e ciò imprime il suo stigma sul volto dei profughi, dei rifugiati, degli espulsi, degli esiliati: uomini e donne, vecchi o giovani, e persino bambini, spesso tragicamente privati dei genitori! Reca tuttavia grande sollievo il fatto che la Chiesa si apra globalmente a tutta la complessa varietà del mondo delle migrazioni per additare e offrire condizioni di sopravvivenza, di vita, di lavoro, e, soprattutto, per creare un ambiente caratterizzato dal rispetto dei fondamentali diritti umani. Solo in tale ambiente questi nostri fratelli e sorelle potranno superare meno dolorosamente il dramma dell'inserimento, per loro troppo spesso traumatizzante, sia perché hanno una naturale inadeguatezza di adattamento e di apertura, sia perché si trovano ad affrontare una convivenza umana non di rado ostile, chiusa e intollerante verso tutto ciò che si ritiene diverso o che possa procurare disagio sociale ed economico.

Desidero, nello stesso tempo, manifestare apprezzamento per numerose iniziative legislative e sociali, che Paesi d'accoglienza hanno già messo in atto allo scopo di creare un'atmosfera non solo di tolleranza, ma di comprensione e di fraternità. Soprattutto le Conferenze episcopali si sono distinte con interventi coraggiosi, carichi di profonda ispirazione evangelica.

Vorrei pero riflettere in particolare, nel presente messaggio, su questa ondata di drammatica mobilità, che si presenta da un punto di vista pastorale come un serio problema di vita cristiana, sotto l'aspetto dell'integrazione ecclesiale.


2. Il Concilio Vaticano II (cfr. CD 18) ha sottolineato come la variata condizione umana assuma, anche in seno alla comunione ecclesiale, una configurazione di difficili intrecci, che soltanto il rispetto dei diritti e l'adempimento dei doveri possono aiutare a sciogliere.

A tutti coloro che, per qualsiasi motivo, si trovino a dimorare fuori dalla patria e della propria comunità etnica, le Chiese particolari sanno di dover dare la debita considerazione per la loro integrazione ecclesiale, nel rispetto dell'esercizio del diritto di libertà (cfr. GS 58).

La partecipazione libera e attiva, a livello paritario, con i fedeli nati nelle Chiese particolari, senza limiti di tempo e di restrizioni ambientali, costituisce la via dell'integrazione ecclesiale per i fedeli immigrati.

Trattandosi di un processo di autopromozione, è indispensabile che questi abbiano agio di comprendere e valutare e siano assistiti e aiutati a farlo in tutto ciò che può essere assimilato nella loro esperienza esistenziale, nelle maniere e nello stile della loro cultura fondamentale, nel pluralismo delle loro identità. I fedeli immigrati, nel libero esercizio del loro diritto e dovere di essere nelle Chiese particolari pienamente in comunione ecclesiale e di sentirsi cristiani e fratelli verso tutti, debbono poter restare completamente se stessi in quanto concerne la lingua, la cultura, la liturgia, la spiritualità, le tradizioni particolari, per raggiungere quell'integrazione ecclesiale, che arricchisce la Chiesa di Dio e che è frutto del realismo dinamico dell'incarnazione del Figlio di Dio.

Nell'ambito dell'emigrazione ogni tentativo inteso ad accelerare o ritardare l'integrazione, o comunque l'inserimento specie se ispirato da una supremazia nazionalistica, politica e sociale, non può che soffocare o pregiudicare quell'auspicabile pluralità di voci, la quale scaturisce dal diritto alla libertà d'integrazione che i fedeli migranti hanno in ogni Chiesa particolare, in cui l'accettazione reciproca tra i gruppi che la compongono nasce dal vicendevole rispetto culturale. In forza di questo diritto alla libertà d'integrazione, l'ecclesialità specifica che gli immigrati portano con sé dalle loro Chiese di provenienza non diviene motivo di alienazione e di estraniamento dell'unità della fede proprio in quanto universale, cattolica. Si pone in evidenza, in concreto, la cattolicità della Chiesa nella varietà delle etnie e culture; e tale cattolicità implica una completa apertura agli altri, una prontezza a condividere e a vivere la medesima comunione ecclesiale. "Per la piena cattolicità, ogni nazione, ogni cultura ha un proprio ruolo da svolgere nell'universale piano di salvezza. Ogni tradizione particolare, ogni Chiesa locale deve rimanere aperta e attenta alle altre Chiese e tradizioni; se rimanesse chiusa in sé, correrebbe il pericolo di impoverirsi anch'essa" (enciclica "Slavorum Apostoli", 27).

Nella lettera enciclica sul lavoro umano ho esortato a far di tutto perché il fenomeno dell'immigrazione, in quanto possibile, porti perfino un bene nella vita personale, familiare e sociale dell'emigrato, "per quanto riguarda sia il Paese nel quale arriva, sia la patria che lascia" (LE 23). Gli emigrati, infatti, offrono non solo l'apporto di un'intera esistenza di lavoro, ma molto spesso la ricchezza delle loro culture e tradizioni.


3. La libera integrazione dei migranti, nel suo evolversi e nel suo realizzarsi, è basata sulla natura della Chiesa, che è realtà di fede e di carità. Le Chiese particolari sono comunione in uno stesso corpo il corpo mistico di Cristo. Sono la Chiesa con riti vari, con la tradizioni liturgiche, culturali e religiose diverse.

Sono la Chiesa che vede nei fedeli immigrati persone alle quali occorre offrire tutti i mezzi atti a farle crescere nella vita di fede e di carità, aiutandole a consolidare e a intensificare in pienezza la loro vita ecclesiale, come quando si trovavano nei Paesi di provenienza. Pertanto le Chiese particolari si preoccupano di mettere a loro disposizione sacerdoti, religiosi e religiose, laici di istituti secolari e laici volontari, per offrire loro liturgie appropriate, celebrazioni nella loro liturgia e nel rispetto delle loro legittime usanze, il conforto della parola di Dio anche per mezzo di visite personali o familiari e faranno sentire la presenza della Chiesa nella loro vita quotidiana, nei loro quartieri, nelle loro famiglie. Gli immigrati si sentiranno così compresi e assecondati nei loro rapporti sociali e in quelli di lavoro, accompagnati nei momenti difficili del dolore, come nel sollievo e nei passatempi.

Occorre riconoscere che molte questioni sorgono dalla mescolanza di lingue, di nazionalità, di tradizioni cristiane, di valori culturali, di diversa intensità di vita religiosa, che possono appesantire e complicare la collaborazione, l'intesa e le prospettive comuni. Ora, se la complessità delle situazioni esige una grande dedizione e disponibilità, non di rado eroica, le Chiese particolari hanno coscienza e certezza che lo Spirito Santo saprà suscitare in esse doni e carismi, che la pastorale accoglierà, favorirà e svilupperà con gioia e impegno.

Il mio pensiero si volge anche ai benemeriti istituti di vita consacrata, ove si forgiano religiosi e religiose, che in virtù della loro radicale dedizione all'edificazione del corpo mistico di Cristo, sono pronti anche a un'azione pastorale difficile, specialmente in favore dei migranti più abbandonati e bisognosi, dei rifugiati, deportati, esiliati, perseguitati. Proprio tra coloro che sono coinvolti nella mobilità, vengono talvolta a trovarsi seminaristi, sacerdoti, religiosi, religiose e laici consacrati e impegnati: nel mistero della Provvidenza di Dio, con l'assistenza delle Chiese particolari, nelle quali si sono venuti a trovare, essi possono divenire operatori privilegiati di pastorale migratoria.

Le Chiese particolari di Paesi di popolazioni a prevalenza cattolica e cristiana, debbono inoltre affrontare anche l'impegno, spesso urgente, di dar vita all'apostolato della prima evangelizzazione missionaria tra la moltitudine di immigrati che non sono cristiani. può avvenire che dai Paesi, da cui provengono questi immigrati, siano stati espulsi anche missionari e missionarie che ne conoscono lingua, cultura, valori, tradizioni; essi perciò possono divenire apostoli pronti a offrire la loro competenza e disponibilità ai pastori responsabili.


4. Ho colto rapidi aspetti dell'incidenza religiosa di quella che è un'immensa realtà umana e storica: le migrazioni dei nostri giorni, alla luce del disegno trascendente di Dio, per scoprirne la collocazione sul piano della salvezza operata nella Chiesa e dalla Chiesa.

Mi è cara l'occasione per raccomandare che si moltiplichino in tutti i modi gli sforzi per una valutazione umana, politica, sociologica del complesso fenomeno delle migrazioni, proprio nei suoi drammatici e preoccupanti aspetti negativi. Uomini politici e sociologi hanno dato e potranno dare un grande contributo per alleviarne e, in quanto possibile, eliminarne le cause. La Chiesa, dal canto suo, non ha mancato e non mancherà di operare con accresciuto impegno perché la propria azione di carità si armonizzi con quanto compie la società civile.

Possa questo mio messaggio aiutare a superare nel campo delle migrazioni quelle barriere che si frappongono non solo a una giusta integrazione ma alla più autentica fraternità evangelica (cfr. Ac 2,42-48 Ac 4,32-35). Possa contribuire ad unificare gli immigrati e gli autoctoni dei Paesi di accoglienza, rendendo possibile a tutti di far risuonare nel proprio accento la stessa e unica espressione di fede e di amore in Gesù Cristo, Redentore dell'uomo! A voi tutti, fratelli e sorelle carissimi, la mia benedizione apostolica.

Dal Vaticano, 16 luglio 1985

Data: 1985-07-16 Data estesa: Martedi 16 Luglio 1985











Recita dell'Angelus - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: La pienezza della carità si manifesta nella bontà




1. Cuore di Gesù, "traboccante di bontà e di amore".

Desideriamo, nella nostra preghiera dell'Angelus Domini, rivolgerci al cuore di Cristo, seguendo le parole delle litanie. Desideriamo parlare al cuore del Figlio mediante il cuore della Madre. Che cosa vi può essere di più bello del colloquio di questi due cuori? Ad esso vogliamo partecipare.


2. Il cuore di Gesù è "fornace ardente di carità", perché la carità possiede qualcosa della natura del fuoco, il quale arde e brucia per illuminare e riscaldare. Al tempo stesso, nel sacrificio del Calvario il cuore del Redentore non è stato annientato con il fuoco della sofferenza. Anche se umanamente è morto, come accerto il centurione romano trafiggendo con la lancia il costato di Cristo, nell'economia divina della salvezza questo cuore è rimasto vivo, come ha manifestato la risurrezione.


3. Ed ecco, proprio il cuore vivo del Redentore risorto e glorificato è "traboccante di bontà e di amore": infinitamente e sovrabbondantemente traboccante. Il traboccare del cuore umano raggiunge in Cristo il metro divino.

Così fu questo cuore già durante i giorni della vita terrena. Lo testimonia quanto è narrato nel Vangelo. La pienezza della carità si manifesta attraverso la bontà: attraverso la bontà irradiava e si diffondeva su tutti, prima di tutto sui sofferenti e poveri. Su tutti secondo le loro necessità e aspettative più vere. E tale è il cuore umano del Figlio di Dio anche dopo l'esperienza della croce e del sacrificio. Anzi, ancora di più: traboccante d'amore e di bontà.


4. Nel momento dell'annunciazione è iniziato il colloquio del cuore della Madre con il cuore del Figlio. Ci uniamo oggi a questo colloquio, meditando il mistero dell'incarnazione nella preghiera dell'Angelus Domini.

[Dopo l'Angelus:] Il mio pensiero, e sento anche il vostro, va in questo momento, con senso di vivissima pena, alle vittime della sciagura che si è abbattuta nella Val di Fiemme sul centro turistico di Stava. Partecipo intimamente all'indicibile dolore di quanti sono stati colpiti nei loro affetti più cari, e sono spiritualmente vicino ai feriti, come anche a coloro che hanno visto distrutto in pochi istanti il frutto di lunghe fatiche. Vi invito ad unirvi a me nella preghiera al Signore, per implorare eterna pace ai morti, conforto ai familiari, coraggio a quanti devono ora accingersi all'opera di ricostruzione.

Sono certo che non mancherà loro il sostegno della comune solidarietà in questa durissima prova, che ha seminato morte e desolazione fra tanti nostri amati fratelli. Con loro siamo uniti e per loro invochiamo la Vergine santissima, confortatrice degli afflitti.

Fra un paio di settimane, come già sapete, mi rechero per la terza volta nel Continente africano. Visitero sette Paesi e, dal 16 al 18 agosto, saro nella capitale del Kenya, Nairobi, per partecipare alla conclusione del 43° Congresso eucaristico internazionale. Il tema del Congresso, "L'Eucaristia e la famiglia cristiana", ha una particolare importanza non solo per quella nazione e per tutta l'Africa, ma anche per tutte le componenti della Chiesa universale. Invito tutti a predisporci interiormente a tale eccezionale evento ecclesiale, che deve essere vissuto come una spirituale sosta di preghiera e di riflessione sul mistero eucaristico. ln questo periodo di preparazione, vi esorto ad approfondire la rivelazione del sublime dono, che Cristo ci ha fatto della sua presenza sacramentale e a partecipare sempre più attivamente, più responsabilmente e più fruttuosamente alla sacra liturgia, specialmente alla santa messa domenicale.

Data: 1985-07-21 Data estesa: Domenica 21 Luglio 1985





Al Congresso eucaristico brasiliano - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Messaggio: "No alla violenza, si all'amore"

Cari congressisti, cari pellegrini giunti ad Aparecida, cari fratelli e sorelle del Brasile, sia lodato nostro Signore Gesù Cristo!


1. Il mio primo pensiero va oggi al "Dio con noi" nel santissimo sacramento dell'Eucaristia, centro delle celebrazioni che si svolgono in questi giorni, in questo santuario di Nostra Signora, in cui si sente una presenza particolare della Madre celeste. Qui, accogliendo i suoi figli, oggi come ieri, ella continua a ripetere: "Fate quello che vi dirà" (Jn 2,5). E' lui il centro della nostra attenzione. A lui sono rivolti gli occhi di tutti. Per lui, con la mia adorazione, all'unisono con tutti voi, va l'azione di grazie, la riparazione e la supplica di misericordia: "Benedetto, lodato e adorato sia il santissimo sacramento dell'Eucaristia!".

Con lo spirito, torno ad Aparecida, in questi giorni dell'XI Congresso eucaristico nazionale. Con lo spirito torno in Brasile, rivivendo con gioia le giornate di cinque anni fa; mi dirigo a Fortaleza, dove si è svolto il precedente Congresso. Oggi, come allora, penso alle parole che vi riuniscono qui: "Pane per chi ha fame". Ogni specie di fame: corporale e spirituale. E prego Cristo perché faccia udire a ogni congressista e a ogni pellegrino le sue parole: "Io sono il pane della vita" (Jn 6,35), realmente presente, nel sacramento dell'amore.


2. Ma oltre che in spirito, desidero essere presente in questo santuario nazionale attraverso il mio inviato speciale, il signor cardinale Sebastiano Baggio, amico del Brasile e che, ne sono certo, il Brasile conosce e stima. Come nelle analoghe manifestazioni di affetto per il diletto popolo brasiliano - ricordo la concessione della seconda Rosa d'Oro, precisamente al santuario di Aparecida, nel 1967 - il successore di Pietro desidera essere con la Chiesa che è in Brasile, con tutti voi, "santificati in Gesù Cristo e chiamati alla santità" (cfr. 1Co 1,2), unito alla vostra preghiera, perché Dio benedica il Brasile.

Così mi unisco a tutto il popolo, sotto lo sguardo della Madre di Dio e Madre nostra, attorno all'altare, per proclamare la verità fondamentale della nostra fede e della vita cristiana: che tutto il santo sacrificio della messa è un rinnovamento incruento del sacrificio offerto sulla croce da nostro signore Gesù Cristo; in lui si perpetua attraverso i secoli il mistero pasquale: ogni volta che celebriamo l'Eucaristia "annunciamo la morte del Signore" (cfr. 1Co 11,26); ma annunciamo anche la sua vittoria sulla morte, la sua risurrezione. Annunciamo il mistero della redenzione, cioè annunciamo che l'amore è più forte della morte, più potente del peccato; annunciamo che "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia ma abbia la vita eterna" (Jn 3,16).


3. Perciò l'Eucaristia sta al centro della comunità dei fedeli, è sacramento di riconciliazione, nel senso che perpetua l'alleanza di Dio col suo popolo, prefigurata nel Sinai: "E il sangue dell'alleanza (il sigillo del Nuovo Testamento) versato per molti, in remissione dei peccati" (Mt 26,28).

L'Eucaristia, centro e apice della vita cristiana, riconcilia, purifica, cancella le radici del peccato, aumenta la carità e rende più solida la comunione ecclesiale. Noi, nell'Eucaristia, diventiamo ciò che riceviamo: "consanguinei" di Cristo, fratelli tra di noi. La Chiesa vive dell'Eucaristia, con essa si edifica, si rafforza. Non esiste Chiesa senza Eucaristia, né Eucaristia senza Chiesa.

In questi giorni riflettete, pregate e vivete come famiglia di Dio nella vostra terra. Se l'amore di Dio si stabilirà profondamente nelle vostre esistenze, creerete basi profonde di unità come Chiesa, unico corpo mistico di Cristo. E, uniti con i vostri pastori, in un solo cuore e in un un'anima sola, godrete tutti dell'abbondanza di grazia, attinta costantemente nella frazione del pane dell'Eucaristia e della parola di Dio (cfr. Ac 2,42 Ac 4,33), per mantenere e testimoniare l'identità cristiana: "Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri" (Jn 13,35).

4. L'ultima parola di supplica sia alla Madre di Dio e Madre nostra, la creatura più strettamente unita al mistero della redenzione dell'uomo e del mondo, al sacrificio di Cristo, che si perpetua nell'Eucaristia: o Madre che hai assistito la Chiesa primitiva, coloro che erano perseveranti nell'insegnamento degli apostoli, nell'unità, nella frazione del pane e nella preghiera, vivendo il progetto del Creatore che noi fossimo fratelli, fa' di noi degli esempi di fraterna condivisione e di impegno per l'unità degli uomini; o Madre, fa' che, pensando al passato, guardando al presente e progettando un futuro migliore per la famiglia brasiliana, tutti sappiamo dire di no all'indifferenza, al disinteresse, alla violenza e a ogni forma di disamore, e si alla solidarietà, alla fraternità, alla pace e all'amore perché Dio è amore; o Madre, fa' che l'Eucaristia sia rettamente intesa e seriamente celebrata, partecipata e vissuta. Che questo Congresso eucaristico abbia come frutto un rinnovato culto dell'Eucaristia, per l'adorazione e per le opere di carità: "Perché tutti abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza"; perché tutti scoprano e si incontrino personalmente con colui che ha detto: "Io sono il pane della vita". Amen! E con il cuore colmo di gioia per questo incontro, insieme a voi, con Cristo-Eucaristia, benedico tutti: nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo!

Data: 1985-07-21 Data estesa: Domenica 21 Luglio 1985






GPII 1985 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)