GPII 1985 Insegnamenti - Lettera al presidente della Chiesa luterana d'America - Città del Vaticano (Roma)

Lettera al presidente della Chiesa luterana d'America - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Difficile l'evangelizzazione causa la non unità fra i cristiani


Con gratitudine ho ricevuto la vostra lettera del 12 maggio 1985, come un nuovo gesto ecumenico da parte vostra verso la Chiesa cattolica. I vostri tre viaggi a Roma hanno permesso un proficuo scambio di vedute tra luterani e cattolici, soprattutto negli Stati Uniti.

La vostra lettera esprime apprezzamento per i progressi che si vanno realizzando all'interno dei movimenti ecumenici negli Stati Uniti. In effetti molti vescovi cattolici del vostro Paese mi hanno testimoniato questi progressi.

Un tale sviluppo è particolarmente importante, per i cattolici, perché il Concilio Vaticano II ha avuto tra le sue principali preoccupazioni "Il recupero dell'unità fra tutti i cristiani" (cfr. UR 1). Questo compito riveste la massima importanza nella Chiesa d'oggi. Ed è per me preoccupazione primaria, soprattutto da quando sono stato chiamato al soglio di Pietro, il quale esiste, per sua natura, per servire l'unità della Chiesa di Cristo. Le Scritture ci mostrano come sia Cristo stesso a darci l'esempio, pregando per i suoi discepoli "affinché siano una sola cosa, come tu sei in me, o Padre, e io in te, affinché anche loro siano una sola cosa in noi, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Jn 17,21). E' una grande gioia sentire del vostro strenuo, personale impegno perché questo progresso prosegua, come è confermato dal documento ufficiale della Chiesa luterana in America: "Ecumenismo: un impegno luterano" (1982).

E' sempre opportuno, nelle nostre considerazioni, soffermarci sulle Scritture. Tutti i cristiani devono nutrirsi della buona novella in esse contenuta. In particolare il Vangelo, che ha preservato per tutti noi la parola di Cristo, e per questo è caro a tutti noi, e tutti desideriamo con tutto il cuore di essere fedeli al suo Spirito e al suo insegnamento. Il dialogo internazionale tra Chiesa cattolica e Chiesa luterana ci ricorda che "l'unità della Chiesa può essere tale solo nella verità del Vangelo (cfr. Atti di Malta, 1972, § 14). Ancora, ci ricorda che "in fondo, cattolici e luterani sono divisi proprio sul punto della corretta comprensione del Vangelo". Per questo oggi la nostra tensione all'unità è prima di tutto tensione ad essere più profondamente evangelici. Allo stesso tempo, la parola è strumento prezioso nelle potenti mani di Dio per poter raggiungere quell'unità che il Salvatore ha offerto a tutti gli uomini (cfr. UR 21). Rispondere alle richieste dello Spirito cercando l'unità significa lasciare che noi stessi veniamo formati dalla Parola di Dio. Significa divenire testimoni più credibili del Vangelo di Cristo.

Il Concilio Vaticano II ha parlato del movimento ecumenico come veramente "sotto la protezione dello Spirito Santo" (cfr. UR 1). Questa grazia si manifesta nei vari modi attraverso i quali prende forma l'unità fra i cristiani. Nella vostra lettera avete gentilmente richiamato l'attenzione sulla testimonianza che ebbi a dare di questo, in occasione del 450° anniversario della Confessione Augustana (25 giugno 1980), quando dissi che il dialogo ecumenico "ci ha permesso di scoprire quanto grandi e solide siano le fondamenta della nostra Chiesa cattolica". Il vostro stesso richiamo al fatto che ci ha resi ancora più consapevoli di quanto siamo vicini gli uni agli altri, nel "cuore del Vangelo", ci ricorda l'affermazione del rapporto di Malta quale sia il centro del Vangelo: "L'escatologico atto salvifico di Dio nella croce e risurrezione di Cristo".

Dobbiamo essere grati per i progressi che si sono fatti in questa affermazione comune. Pure, sperimentiamo un profondo dolore perché la piena unità non è ancora stata raggiunta. Non abbiamo forse parlato di questa angoscia quando siete stato a Roma l'ultima volta? Questo perché la mancanza di unità è un problema pastorale, oltre che storico e teologico. Non vi viene forse alla mente l'immagine del Nuovo Testamento di nostro Signore come il pastore che raccoglie le pecore disperse in un unico gregge"? Perché la divisione fra i cristiani oscura l'immagine di Cristo, rendendo al mondo più difficile il credere. So che, a livello locale, membri di parrocchie cattoliche e di altre comunità cristiane delle stesse zone sperimentano le pressioni della divisione. Questo perché ancora non professano in pienezza di unità la stessa fede e perciò non possono prendere parte insieme alla pienezza della vita della Chiesa. E quando membri della medesima famiglia appartengano a comunità cristiane separate, devono vivere nella speranza e lavorare per costruire quell'unità che già dovrebbe esistere. Ma le persone in questa situazione possono anche sperimentare la confusione, o addirittura l'alienazione che possono intervenire quando i componenti di una stessa famiglia seguono confessioni diverse, addirittura conflittuali in termini di fede cristiana. Situazioni pastorali di questo genere ci danno la consapevolezza profonda di quanto sia vitale lavorare per l'unità dei credenti. Perché "c'è un solo Signore, una sola fede, un solo Battesimo, un solo Dio e Padre di tutti, il quale è sopra tutti, e opera in tutti e in tutto" (Ep 4,5-6).

Anche le parole che ho indirizzato al Concilio della Chiesa evangelica tedesca il 17 novembre 1980 sono in tal senso significative: "Tutta la gratitudine per ciò che ci resta di comune e ci unisce non ci può rendere ciechi su quanto ancora ci divide. Insieme dobbiamo prendere in considerazione ciò il più possibile, non per approfondire i fossati, ma per superarli. Siamo chiamati a tendere insieme alle piena unità della fede. Solo l'unità piena ci dà la possibilità di radunarci con gli stessi sentimenti e la stessa fede all'unica mensa del Signore". Possiamo aggiungere alla luce di quanto ci unisce che siamo in grado di capire la serietà di quanto ci divide e l'urgenza di trovare il modo, nella fedeltà alla parola di Dio, per camminare verso quell'unità che è voluta e donata, tramite la grazia per la sua Chiesa.

Per queste stesse ragioni sono lieto che negli Stati Uniti prosegua il dialogo tra luterani e cattolici, dialogo che inizio prima ancora che si concludesse il Concilio Vaticano II. Esso ha prodotto un gran numero di documenti, tra cui il recente "Giustificazione per la fede". Dobbiamo senza dubbio lodare questi sforzi. A partire dal Concilio Vaticano II, la Conferenza episcopale degli Stati Uniti, prendendo spunto dal decreto per l'ecumenismo, in spirito di collaborazione con il Segretariato per la promozione dell'unità fra i cristiani, è stato coinvolto in numerosi iniziative di dialogo con molte chiese e comunità ecclesiali. I dialoghi inseriti in un contesto nazionale, come è il caso dei rapporti tra cattolici e luterani negli Stati Uniti, sono importanti non soltanto per la ragione nella quale si sviluppano, ma anche per il contributo che possono dare alle relazioni tra le nostre rispettive famiglie cristiane a livello internazionale. Insieme al contributo al dialogo negli altri Paesi, e in continuo contatto con il Segretariato per la promozione dell'unità fra i cristiani e con la Federazione mondiale luterana, il vostro dialogo negli Stati Uniti può dare un contributo fondamentale al raggiungimento di quell'unità nella fede, che è il fine cui tendiamo. Le parole di san Paolo ci esortano: "Faccio appello a voi, fratelli, nel nome di nostro Signore Gesù Cristo, affinché siate in accordo e tra di voi non vi siano discussioni, ma siate uniti nello stesso pensiero e nello stesso giudizio" (1Co 1,10).

Sono lieto di sentirvi parlare della collaborazione nella preghiera e nelle opere buone che è in atto negli Stati Uniti, a vari livelli, tra luterani e cattolici. Il raduno annuale dei vescovi presidenti delle diverse Chiese luterane impegnate nel dialogo, insieme ai vescovi cattolici del BCEIA, nel quale si discute come incoraggiare l'ecumenismo nelle Chiese locali, riveste grande importanza. Nella Chiesa cattolica, i vescovi hanno una responsabilità nel guidare la promozione e "la protezione dell'ecumenismo, così come inteso dalla Chiesa" (cfr. CD 16). E' una grande gioia udire ancora di tali sforzi, e noi tutti speriamo che proseguano. Per i fedeli cattolici la collaborazione ecumenica, sotto la guida dei vescovi e in stretta comunione con il Vescovo di Roma, è un compito stabilito già nel Concilio Vaticano II e una continua responsabilità per la Chiesa cattolica.

So che la Chiesa luterana in America prosegue nel cammino verso una nuova relazione ecumenica con le altre Chiese luterane degli Stati Uniti; sappiate che questa ricerca di unità è presente nelle mie preghiere. Mentre voi tutti, cristiani di differenti comunità e di diversi Paesi, ci avviciniamo al XXI secolo, possiamo forse vedere questo tempo come una nuova occasione di grazia. Il nuovo stadio della storia che si apre davanti a noi ci offre l'opportunità di lasciarci alle spalle le vestigia dell'ostilità e delle incomprensioni, eredità di un millennio che si avvia alla conclusione. I problemi da affrontare per raggiungere l'unità possono non essere di facile soluzione. Ma "la speranza non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori attraverso lo Spirito Santo che ci è stato donato" (Rm 5,5).

Possiamo dunque non lavorare perché l'alba del terzo millennio sia l'inizio di un tempo particolarmente ricco di grazie per la ricerca della piena unità in Cristo? La mia preghiera è che sia così.

Dal Vaticano, 22 luglio 1985

Data: 1985-07-22 Data estesa: Lunedi 22 Luglio 1985





Ai giovani della Tendopoli mariana - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Supplica a Maria per la sorte umana ed eterna degli uomini

Carissimi partecipanti alla Tendopoli mariana! Sono assai lieto di incontrarvi! Vi siete riuniti presso il santuario del Divino Amore per l'iniziativa mariana, che si rinnova ormai da dieci anni e, venuti da ogni regione d'Italia e anche dall'estero, state trascorrendo insieme otto giorni di preghiera, di dialogo, di riflessione sul tema: "Maria, armonia perfetta dell'amore umano e divino".

Vi sono riconoscente per la vostra visita a Castel Gandolfo, che dimostra la vostra fedeltà alla Chiesa e anche il vostro affetto per il Papa e desidero esprimere a ciascuno di voi, a don Pasquale Silla, rettore e parroco del santuario, ai collaboratori e ai dirigenti il mio vivo compiacimento per il vostro incontro di preghiera e di formazione che esige impegno e sacrificio per tutti, ma che certamente illumina le vostre menti e vi prepara per il futuro della società e della Chiesa, nell'atmosfera seria e tuttavia soave dell'amore e dell'imitazione di Maria.

E' questa per voi una settimana di intensa attività spirituale: avete oratori e maestri esperti e sensibili; avete l'entusiasmo dei vostri anni giovanili, ricchi di ideali e protesi verso mete di autentica testimonianza cristiana, nell'ardore della fede, nella purezza dei sentimenti e dei comportamenti, nel dono della carità; non resta altro che pregare fervorosamente il Signore e la Vergine santissima che vi illuminino, vi confermino nei propositi, vi sostengano nelle decisioni, affinché la settimana trascorsa nella Tendopoli mariana sia una tappa veramente decisiva nello sviluppo della vostra vita. Oggi, nel mondo moderno, i cristiani hanno bisogno di certezza, di coerenza e di coraggio! Prepariamoci adesso alla celebrazione eucaristica.

[Al termine della concelebrazione:] Sottolineando il tema di studio: "Maria, armonia perfetta dell'amore umano e divino", vorrei richiamare la vostra attenzione su di un'affermazione che scrissi nella lettera apostolica inviata ai giovani, in occasione dell'Anno internazionale della gioventù. così mi esprimevo nella lettera suddetta: "L'uomo senza Dio non può comprendere se stesso e non può realizzarsi senza Dio. Gesù Cristo è venuto nel mondo prima di tutto per rendere ognuno di noi consapevole di questo. Senza di lui, questa dimensione fondamentale della verità sull'uomo sprofonderebbe facilmente nel buio" (n. 4). Cristo, con la sua parola di verità e la sua grazia è "la luce venuta nel mondo" (Jn 1,9 Jn 3,19).

Carissimi giovani! Grande è la vostra fortuna nell'essere chiamati a meditare su questi temi di estrema validità e grande anche la vostra responsabilità! Io vi accompagno con la mia preghiera e, ricordando quella storica data del 25 marzo dello scorso anno, quando - in occasione del Giubileo delle famiglie durante l'Anno santo della redenzione - affidai l'umanità intera, e quindi anche voi, al cuore immacolato di Maria, concludo questo nostro incontro con la supplica che elevai allora davanti all'immagine della Madonna di Fatima: "O Madre degli uomini e dei popoli! Tu che conosci tutte le loro sofferenze e lo loro speranze, tu che senti maternamente tutte le loro lotte tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre, che scuotono il mondo contemporaneo, accogli il nostro grido che, mossi dallo Spirito Santo, rivolgiamo direttamente al tuo cuore: abbraccia, con amore di Madre e di Serva del Signore, questo nostro mondo umano, che ti affidiamo e consacriamo, pieni di inquietudine per la sorte umana ed eterna degli uomini e dei popoli... Nel tuo cuore immacolato si sveli per tutti la luce della speranza!".

Pregate allora Maria santissima! Ascoltate e fate tutto quello che ella, in nome di Cristo e della Chiesa, vi dirà.

Data: 1985-07-23 Data estesa: Martedi 23 Luglio 1985











Messaggio televisivo alla Cina - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Cordiale saluto alla nobile nazione cinese

Sono felice di dare il benvenuto alla troupe televisiva, presente a Roma per preparare un programma destinato alla Cina e mi reca grande gioia poter inviare, attraverso di voi, il mio cordiale saluto alla nobile nazione cinese.

La Chiesa cattolica guarda alla Cina come a una grande famiglia, il luogo d'origine di elevate tradizioni e di vitali energie, radicate nell'antichità della sua storia e della sua cultura. La Chiesa è solidale con l'impegno del popolo cinese per la modernizzazione e il progresso. Fu questo l'atteggiamento del famoso padre Matteo Ricci quando entro in contatto con la Cina.

Sono certo che i cinesi che sono discepoli di Gesù Cristo, come lo fu Matteo Ricci, contribuiranno al bene comune del loro popolo, mediante la pratica delle virtù insegnate dal Vangelo, virtù che sono altamente stimate dalla secolare tradizione cinese, come la giustizia, la carità, la moderazione, la saggezza e il senso di fedeltà e di lealtà.

Con questi pensieri, prego perché Dio onnipotente benedica abbondantemente il popolo cinese e le sue degne aspirazioni al progresso e alla pace.

Data: 1985-07-24 Data estesa: Mercoledi 24 Luglio 1985





Recita dell'Angelus - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: "Affido a Dio la mia visita in Africa"




1. Cuore di Gesù - "abisso di tutte le virtù".

Sotto il cuore della Madre è stato concepito l'uomo. Il Figlio di Dio è stato concepito come uomo. Per venerare il momento di questo concepimento, cioè il mistero dell'incarnazione, ci uniamo nella preghiera dell'Angelus Domini.

Alla luce del momento del concepimento, alla luce del mistero dell'incarnazione guardiamo a tutta la vita di Gesù, nato da Maria. Cerchiamo, seguendo le invocazioni delle litanie, di descrivere in un certo senso questa vita dall'interno: attraverso il cuore.


2. Il cuore decide della profondità dell'uomo. E, in ogni caso, esso indica il metro di questa profondità, sia nell'esperienza interiore di ciascuno di noi, come pure nella comunicazione interumana. La profondità di Gesù Cristo, indicata col metro del suo cuore è incomparabile. Supera la profondità di qualsiasi uomo, perché è non soltanto umana, ma al tempo stesso divina.


3. Questa divina-umana profondità del cuore di Gesù è la profondità delle virtù.

di tutte le virtù. Come un vero uomo Gesù pronuncia l'interiore linguaggio del suo cuore mediante le virtù.

Infatti, analizzando la sua condotta si possono scoprire ed identificare tutte queste virtù, come, storicamente, emergono dalla conoscenza della morale umana, come le virtù cardinali (prudenza, giustizia, fortezza, temperanza), e le altre che ne derivano. (Queste virtù sono state possedute in alto grado dai santi e, pur sempre con la grazia divina, dai grandi geni dell'ethos umano).


4. L'invocazione delle litanie parla in forma molto bella di un "abisso" delle virtù di Gesù. Questo abisso, questa profondità significa un particolare grado della perfezione di ciascuna delle virtù e la sua particolare potenza. Questa profondità e potenza di ciascuna delle virtù proviene dall'amore. Quanto maggiormente tutte le virtù sono radicate nell'amore, tanto più grande è la loro profondità.

Occorre aggiungere che, oltre l'amore, anche l'umiltà decide della profondità delle virtù. Gesù disse: "Imparate da me, che sono mite e umile di cuore" (Mt 11,29).


5. Recitando l'Angelus Domini, preghiamo Maria perché ci avvicini sempre di più al cuore del suo Figlio. Perché ci aiuti a imparare da lui, dalle sue virtù.

[Dopo l'Angelus:] Domenica scorsa, riferendomi al prossimo viaggio pastorale in Africa, ho accennato alla mia partecipazione alla conclusione del Congresso eucaristico internazionale, che si svolgerà a Nairobi. Oggi desidero brevemente parlarvi di un'altra importante tappa del mio pellegrinaggio in terra africana: il 15 agosto, solennità dell'Assunzione di Maria santissima, a Kinshasa, capitale dello Zaire, proclamero beata una figlia di quella nazione, la serva di Dio suor Maria Clementina Anwarite Nengapeta, che trascorse tutta la sua esistenza nell'Alto-Zaire. Giovanissima, essa volle consacrare la propria vita al Signore come religiosa nella congregazione della Santa Famiglia, particolarmente dedita all'educazione della gioventù. Impegnandosi a seguire Cristo, essa gli offri la propria fedeltà e gli consacro la propria verginità, trovando forza e conforto in una profonda devozione alla Madonna santissima. Il 30 novembre 1964 difese la propria verginità di fronte all'aggressore, che la colpiva ripetutamente e al quale ella diceva: "Vi perdono, perché non sapete quello che fate". Anwarite è una salda testimonianza del valore insostituibile dell'impegno preso nei confronti di Dio e sostenuto dalla sua grazia; essa ha mostrato alla Chiesa e al mondo la bellezza del dono della propria castità per il regno dei cieli; è la prima zairese che la Chiesa proclama solennemente beata, vergine e martire per la fede! Il suo martirio è il segno della continuazione della passione di Cristo nella storia del popolo di Dio.

E ora, una particolare intenzione di preghiera per padre Ezechiele Ramin, missionario comboniano di origine italiana, assassinato martedi scorso in Brasile. Desidero unire la mia voce a quella dei vescovi brasiliani e italiani, che hanno espresso dolore ed esecrazione per questo atto di violenza crudele contro un religioso, testimone della carità di Cristo. Il mio pensiero affettuoso va ai familiari di padre Ramin, ai suoi confratelli comboniani, a tutti i missionari che, inviati in ogni parte del mondo ad annunciare la buona novella, portano la croce del sacrificio, dell'incomprensione e, talora, della persecuzione. Vorrei anche ricordare con voi, in questa preghiera mariana, la Chiesa che è in Brasile e, in modo particolare, i fedeli ai quali il missionario ucciso dedicava le sue giovanili energie per aiutarli a sconfiggere la povertà e l'ingiustizia, senza violenza, attraverso la via evangelica dell'amore, della pace e del rispetto per la dignità di ogni uomo.

Data: 1985-07-28 Data estesa: Domenica 28 Luglio 1985


Al termine di un concerto - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Compiacimento per gli autori e gli esecutori

Voglio ringraziare tutti voi per questo dono che ci avete offerto questa sera.

Ringrazio l'Associazione amici della musica "Fedele Fenaroli" e tutta la regione d'Abruzzo per questa sollecitudine culturale. Depongo questo ringraziamento nelle mani dell'attuale presidente nel ricordo del suo immediato predecessore. Per la terza volta siamo onorati della vostra visita.

Siamo sollevati da questo simposio spirituale e artistico che ci viene dalla città di Lanciano. Ringrazio, anche a nome di tutti, gli artisti, cominciando dai compositori, dal defunto maestro Lorenzo Perosi e dal maestro Vitalini, compositore del "Magnificat".

Questi due temi, le "Sette parole di nostro Signore Gesù Cristo sulla croce" e il "Magnificat", sono molto preziosi per noi. Si tratta di una meditazione continua che sempre ritorna nei nostri cuori. E' una meditazione che ci è stata data anche nella forma musicale e artistica tramite un grande compositore. La seconda esecuzione, il "Magnificat", è un inno che, dal titolo stesso, ci dice tutto. Siamo molto grati per queste tematiche ai compositori, a tutti gli artisti esecutori di queste due opere.

Al presidente, al direttore, al maestro del coro e a tutti gli amici artisti di Lanciano, il nostro ringraziamento più sincero. Crescono così i nostri debiti verso di voi, perché è la terza volta che ci procurate questa gioia spirituale. Sono debitore a tutti voi, artisti; sono debitore alla vostra arte e alla vostra generosità. Lanciano per noi ha un significato specifico che ci viene dai secoli, tramite il miracolo eucaristico. Penso così che la vostra opera artistica è congeniale con questa grande tradizione eucaristica. Vi ringrazio ancora una volta di cuore. Vi siamo debitori, e vi esortiamo a continuare. Auguro a tutti un ulteriore sviluppo dei talenti.

Questa scuola estiva sia feconda per tutti. Voglio anche esprimere il saluto a tutti i popoli che qui voi rappresentate. Benedico voi e le persone care nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Data: 1985-07-28 Data estesa: Domenica 28 Luglio 1985




Recita dell'Angelus - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: L'amore di Dio è degno di ogni lode




1. Ecco, ci troviamo riuniti, cari fratelli e sorelle, per venerare quel momento unico nella storia dell'universo, nel quale Dio-Figlio diventa uomo sotto il cuore della Vergine di Nazaret. E' il momento dell'annunciazione, che rispecchia la preghiera dell'Angelus Domini: "Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà... chiamato Figlio dell'Altissimo" (Lc 1,31-32).

Maria dice: "Avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1,38). E da quel momento il suo cuore si prepara ad accogliere il Dio-uomo: "Cuore di Gesù, degnissimo di ogni lode"! 2. Ci uniamo con la Genitrice di Dio per adorare questo cuore dell'uomo che, mediante il mistero dell'unione ipostatica (unione delle nature), è al tempo stesso il cuore di Dio. Rendiamo a Dio l'adorazione dovuta al cuore di Cristo Gesù, fin dal primo momento del suo concepimento nel seno della Vergine.

Insieme con Maria gli rendiamo la medesima adorazione nel momento della nascita: quando viene al mondo nell'estrema povertà di Betlemme. Gli rendiamo, insieme con Maria, la medesima adorazione per tutti i giorni e gli anni della sua vita nascosta a Nazaret, per tutti i giorni e gli anni in cui compie il suo servizio messianico in Israele. E quando viene il tempo della passione, della spoliazione, dell'umiliazione e dell'obbrobrio della croce, ci uniamo ancor più ardentemente al cuore della Madre per gridare: "Cuore di Gesù, degnissimo di ogni lode"! Si. Degnissimo di ogni lode proprio a motivo di questo obbrobrio e abbassamento! Infatti, allora il cuore del Redentore raggiunge il culmine dell'amore di Dio. E proprio l'amore è degno di ogni lode! Per noi "non ci sia altro vanto che nella croce del Signore Gesù Cristo" (cfr. Ga 6,14), scriverà san Paolo, mentre san Giovanni insegna: "Dio è amore" (1Jn 4,8).


3. Gesù Cristo è nella gloria di Dio Padre. Di questa gloria il Padre circondo, nello Spirito Santo, il cuore del suo Figlio glorificato. Questa gloria annunzia nei secoli l'assunzione al cielo del cuore di sua Madre. E noi tutti ci uniamo con lei per professare: "Cuore di Gesù, degnissimo di ogni lode, abbi pietà di noi".

Alcune ricorrenze Fra due giorni ricorre il settimo anniversario della pia morte di papa Paolo VI, il quale, proprio qui a Castel Gandolfo, rese a Dio la sua anima nel vespro della Trasfigurazione dell'anno 197 8. Il pensiero torna con ammirazione e riconoscenza a questo insigne testimone di Cristo nel nostro tempo, che seppe partecipare tanto intimamente ai problemi e alle ansie dell'uomo di oggi. Convinto che la risposta esauriente agli interrogativi del cuore umano doveva essere cercata nel cristianesimo, Paolo VI non si stanco di farsi incontro all'uomo contemporaneo per entrare in dialogo con lui e per proporgli, nel massimo rispetto ma anche nella più leale franchezza, la parola risolutrice del Vangelo. Per lui celebrero la santa messa, il 6 agosto, nella chiesa parrocchiale di Castel Gandolfo. In tale liturgia eucaristica, ricordero anche il 40° anniversario del lancio della bomba atomica su Hiroshima, che ricorre proprio il medesimo giorno.

Dobbiamo infatti pregare il Signore affinché l'umanità sia risparmiata dall'orrore del flagello atomico e affinché l'olocausto nucleare che ha colpito Hiroshima e Nagasaki sia un incentivo a rinnovare i nostri sforzi per la pace.

Un'ultima intenzione voglio affidare alla vostra preghiera. Fra quattro giorni, e precisamente l'8 agosto, iniziero il mio terzo viaggio apostolico nel continente africano. Rechero ai cristiani di sette Paesi di quelle terre la testimonianza della comunione nella carità da parte di tutta la Chiesa. Come sapete, il pellegrinaggio avviene in questo periodo, perché il suo momento culminante sarà la partecipazione alla conclusione del Congresso eucaristico internazionale, a Nairobi, nel Kenya. Pregate con me il Signore perché il mio passaggio in mezzo a quelle amate popolazioni susciti fermenti di bene, contribuendo al consolidamento del regno di Cristo, che è regno di amore e di pace.

Data: 1985-08-04 Data estesa: Domenica 4 Agosto 1985


Al concerto di una corale spagnola - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Il canto è una forma di preghiera, uno stimolo all'unità

Ringrazio sinceramente tutti i componenti della corale "Manuel Iradier", meritatamente famosa, per aver voluto amabilmente offrire al Papa il concerto che abbiamo ascoltato. Desidero felicitarmi cordialmente per la raffinata e artistica interpretazione dei diversi brani del repertorio che, attraverso l'espressivo linguaggio della musica, è andato dal canto liturgico fino alle composizioni popolari di diversi Paesi e regioni.

Come sapete, "la Chiesa riconosce il canto gregoriano come canto proprio della liturgia romana" (SC 116); questo afferma il Concilio Vaticano II senza escludere, naturalmente, altre forme di espressione musicale.

La musica, il canto - legato tanto strettamente alla liturgia - sono anche una forma di preghiera, uno stimolo all'unità e un'integrazione tra coloro che lodano Dio con le loro voci, un arricchimento delle celebrazioni sacre per esprimere il messaggio divino in toni, forme e cadenze che lo rendono più intelligibile e adatto al sentire dell'uomo.

Avete voluto, d'altra parte, presentare alcune composizioni del repertorio basco che mostrano tanto bene la dimensione estetica dell'anima del vostro popolo.

Grazie, infine, per le interpretazioni che mi hanno riportato alla memoria il mio Paese d'origine, la Polonia.

Desidero rivolgere il mio cordiale saluto alle autorità di Vitoria qui presenti in questa vigilia della solennità della Vergine Bianca, patrona di quell'amata città.

So che qui si trovano i presidenti della deputazione, delle giunte generali, della Cassa municipale di risparmio, della Cassa provinciale e il direttore della Cassa municipale.

Invocando la protezione di Nostra Signora su tutti voi e mentre con san Paolo vi esorto a "cantare e inneggiare al Signore con tutto il vostro cuore" (Ep 5,19), imparto con affetto la benedizione apostolica che, volentieri, estendo ai vostri cari, a tutta la città di Vitoria e all'Alava.

Data: 1985-08-04 Data estesa: Domenica 4 Agosto 1985





Messa nel 7° anniversario di Paolo VI - Castel Gandolfo (Roma)

Titolo: Hirosima: un invito a costruire "la civiltà dell'amore"

In questo giorno in cui la liturgia celebra la Trasfigurazione del Signore, noi siamo qui raccolti per meditare su tale mistero e sentiamo risuonare nella pagina evangelica le parole del Padre: "Questi è il Figlio mio prediletto: ascoltatelo!" (Mc 9,7). Da duemila anni la Chiesa, ubbidiente a questo comando, resta in ascolto del "Figlio dell'uomo", nel quale riconosce il suo Signore. Da duemila anni essa, camminando per le strade del mondo, si fa banditrice del suo Vangelo in mezzo agli uomini.


2. Del messaggio evangelico fu testimone impavido e annunciatore instancabile il grande pontefice che, proprio in questo giorno della Trasfigurazione, sette anni or sono, chiuse gli occhi alla luce di questo mondo per aprirli a quella del cielo, Il papa Paolo VI capi in modo eccezionale il dramma dell'uomo moderno e ne condivise le tensioni, i problemi, le angosce. In particolare egli seppe farsi interprete delle sue attese di sicurezza e di pace. Fu proprio la causa della pace che egli ando a perorare, nel 1965, davanti all'assemblea delle Nazioni Unite e fu per stimolare nei capi delle nazioni e nei singoli cittadini la consapevolezza delle proprie responsabilità nei confronti della pace che egli avvio la celebrazione della Giornata mondiale della pace, illustrando via via le prerogative di questo fondamentale bene dell'uomo, basato sul rispetto della dignità della persona, della sua libertà e del suo trascendente destino.


3. Parlando di pace, è spontaneo, questa mattina, riandare col pensiero alla tragica esperienza di Hiroshima, di cui proprio oggi ricorre il 40° anniversario, e a quella di Nagasaki, che segui alla distanza di tre giorni. Il ricordo del passato deve tradursi in un più consapevole e generoso impegno per il futuro. La celebrazione di un anniversario come questo non avrebbe senso se non si trasformasse per la generazione di oggi in un'opportunità di riflessione sugli errori di quella di ieri, allo scopo di evitare sbagli anche peggiori per il domani. Su questo devono riflettere soprattutto i giovani, perché il futuro sta nelle loro mani. Sappiano essi ascoltare il Cristo ormai definitivamente trasfigurato nello splendore della risurrezione, e farsi banditori del suo messaggio in mezzo al mondo, perché la convivenza umana s'orienti decisamente verso quel traguardo che il papa Paolo VI, profeticamente, le indico: la costruzione della "civiltà dell'amore".

Con questi pensieri e sentimenti ci disponiamo a partecipare a questa celebrazione eucaristica.

[Omissis: lettura del discorso di Paolo VI l'8 agosto 1965, 20° anniversario dello scoppio della bomba atomica a Hiroshima]

Data: 1985-08-06 Data estesa: Martedi 6 Agosto 1985





Lettera a monsignor Bartolucci - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La musica espressione di libertà e di comunione

A monsignor Domenico Bartolucci, maestro direttore della Cappella musicale pontificia e presidente del Comitato della Santa Sede per l'Anno europeo della musica.


1. L'Anno europeo della musica, che si sta celebrando in occasione delle ricorrenze centenarie di Johann Sebastian Bach, di Georg Friedrich Händel e di Domenico Scarlatti, mi offre la gradita occasione di rivolgere ai musicisti e a tutti i cultori della musica il mio cordiale saluto, unitamente al fervido auspicio che questa nobilissima arte elevi sempre più l'animo alla comprensione degli autentici valori umani e spirituali, e sia uno strumento di vera fraternità, aiutando a superare discriminazioni e frontiere.

La Chiesa, da cui l'Europa ha attinto grande parte della sua cultura, si unisce volentieri a questa iniziativa destinata a ricordare gli illustri artisti menzionati, geni universali che hanno dedicato parte delle loro opere alla lode di Dio. Come non ricordare che Johann Sebastian Bach contrassegnava tutte le sue opere musicali con la sigla S.D.G. ("Soli Deo Gloria")?


2. La musica ha capacità altissime di esprimere le ricchezze di ogni cultura. Non solo: ma per la sua natura può far risuonare interiori armonie, solleva intense e profonde emozioni, esercita un potente influsso col suo incanto.

Sia che essa esalti la parola dell'uomo o dia veste melodica a quella parola che da Dio è stata rivelata agli uomini, sia che si effonda senza parole, la musica, quasi voce del cuore, suscita ideali di bellezza, l'aspirazione ad una perfetta armonia non turbata da passioni umane e il sogno di una comunione universale. Per la sua trascendenza la musica è anche espressione di libertà: sfugge a ogni potere e può diventare rifugio di estrema indipendenza dello spirito, ov'essa canta, anche quando tutto sembra avvilire o coartare l'uomo. La musica ha pertanto, in se stessa, valori essenziali che interessano ogni uomo.

Perciò anche i capolavori che la musica ha prodotto in ogni tempo e in ogni luogo sono tesoro dell'intera umanità, espressione dei comuni sentimenti umani, né possono essere ridotti a proprietà esclusiva di un individuo o di una nazione.

3. Sulla base di tali doti, che tutti possono esperimentare, la musica si propone come linguaggio esemplare di comunicazione, e occasione per il mutuo scambio di valori, condizioni necessarie alla vicendevole comprensione ed elevazione dell'uomo.

L'arte musicale si è sempre dimostrata efficace mezzo di unità tra i popoli di varia origine, lingua, cultura e indole: nel Medioevo, il canto gregoriano contribui ad allargare e a consolidare l'unità di tradizioni spirituali e liturgiche nel cuore dell'Europa, con innegabili riflessi di unità sociale.

Parimenti il fiorire delle forme polifoniche nel Rinascimento diede all'Europa intera un'unica ispirazione musicale, per mezzo della quale musicisti di ogni nazione si riconoscevano cittadini come di una patria comune, resa tale per mezzo di scambi culturali e artistici. I grandi geni, della cui nascita si celebra il terzo centenario, nell'Anno europeo della musica, sono buona testimonianza della sovranazionalità della musica: tutti ne godono ancor oggi i frutti e nessun confine impedirà mai di comprenderli, di gustarli, di amarli.

4. La musica, sia essa popolare o colta, ha un linguaggio universale, nei cui suoni gli animi si accordano e si fondono in fraternità di menti e di cuori.

Proprio perché il suono è dotato, tra tutti i mezzi artistici, di una particolare forza di penetrazione negli animi, la musica deve essere considerata come mezzo destinato a nobilitare l'uomo e a favorirne le capacità migliori.

Per questo è necessario che ciascuno possa accedere all'arte musicale sia per dedicarvisi con l'impegno professionale sia per goderne le ineffabili ricchezze. Occorre inoltre riconoscere, ad ogni livello, i frutti dell'ingegno di quanti alla musica consacrano le forze e la vita, per garantire loro la serenità del proprio lavoro, e difenderne le doti spirituali, intellettive, affettive.

Il compito, vastissimo, coinvolge la buona volontà di quanti operano nel campo musicale: compositori, esecutori, fruitori, critici e organizzatori. Solo così l'arte musicale potrà continuare ad esprimere con pienezza la propria essenza spirituale, mediante la quale essa dilata, eleva e rende più efficace la parola; e quando trascende l'immediata comprensione della parola stessa, essa si fa effusione di suoni, vocali e strumentali, raggiungendo vette così elevate oltre le quali risuona, con ineffabile accordo, la divina armonia.

5. Come è noto, la Chiesa ha sempre coltivato e favorito la musica, in quanto testimonianza della ricchezza vitale di una comunità; anzi, ne è sempre stata mecenate, ben consapevole della sua importanza spirituale, culturale e sociale.

Anzi, la Chiesa ritiene e insiste perché nel momento più alto della sua attività, quale è quello della liturgia, l'arte musicale entri come elemento di glorificazione a Dio, come espressione e sostegno della preghiera, come mezzo di effusione degli animi dei partecipanti, come segno di solennità che tutti possono comprendere. Per questi motivi si esige, pur senza discriminazioni di tecniche o di stili, che la musica per la liturgia sia autentica arte, e sia finalizzata sempre alla santità del culto.

6. S'innalzi da tutta l'Europa, terra feconda dell'arte musicale, un concerto armonioso, i cui suoni e le cui voci, come onda via via allargantesi, approdino alle sponde di ogni continente e vi rechino il messaggio di pace e di fraternità, che anche la musica, animata dall'amore, può donare.

Per raggiungere questi ideali sarà indispensabile una grande disciplina spirituale, non certo minore di quella necessaria per una buona esecuzione musicale. Occorre cioè una vita illuminata non solo dall'arte, ma anche dalla fede, e vissuta in comunicazione e in amicizia con Dio. Occorre che gli artisti, specialmente quelli che eseguiscono musica sacra e religiosa, elevino non solo le voci, ma anche l'anima, realizzando ancora una volta il detto benedettino: "Mens concordet voci" ("Regula", XIX, 7).

Vorrei concludere questi pensieri, nati nel corso di questo Anno dedicato alla musica, supplicando il Signore, affinché sostenga la preziosa opera di quanti sono impegnati nell'arduo, ma gratificante campo di tale arte, mentre di cuore imparto la propiziatrice benedizione apostolica.

Dal Vaticano, 6 agosto 1985

Data: 1985-08-06 Data estesa: Martedi 6 Agosto 1985



GPII 1985 Insegnamenti - Lettera al presidente della Chiesa luterana d'America - Città del Vaticano (Roma)