GPII 1985 Insegnamenti - Incontro ecumenico - Yaoundé (Camerun)

Incontro ecumenico - Yaoundé (Camerun)

Titolo: Chiediamo la grazia della piena unità nella verità

Cari fratelli in Cristo.


1. Vorrei ringraziarvi tutti per essere venuti questo pomeriggio, per incontrarmi.

In particolare ringrazio il reverendo dottor Ambadiang per gli auguri di benvenuto che mi ha rivolto, a nome dei membri della Federazione delle Chiese e Missioni evangeliche del Camerun. Durante le mie visite pastorali attraverso il mondo, annetto una grande importanza ai miei incontri con i rappresentanti delle altre Chiese e comunità, in ogni Paese in cui mi reco. Infatti, come spesso ho ripetuto con insistenza, l'ecumenismo, l'impegno a servizio dell'unità di tutti coloro che credono in Cristo, è una dimensione essenziale della pastorale della Chiesa cattolica, una dimensione strettamente legata al mio servizio dell'unità, al mio ministero di Vescovo di Roma. Per questo, pur esprimendovi la mia riconoscenza e, tramite voi, a coloro che rappresentate, rivolgo a Dio la mia azione di grazie più profonda: è lui, il Padre di nostro Signore Gesù Cristo che, nel suo misterioso disegno, vuole unire tutte le cose in lui, quello che è nei cieli e quello che è sulla terra (cfr. Ep 1,10).


2. Ogni volta che dei cristiani - uomini e donne che sono già uniti per il loro Battesimo nel nostro Salvatore crocifisso e glorioso - sono divisi, si crea una situazione alla quale bisogna trovare con urgenza un rimedio. E l'urgenza è ancora più pressante in un Paese come il vostro, in cui le comunità cristiane, benché già numerose e forti, sono ancora relativamente giovani. Per quanto forti esse siano, il compito affidato loro da Dio di annunciare la buona novella a tutti gli uomini è disturbato, intralciato dal male della divisione. "Cristo è stato forse diviso"? (1Co 1,13). Come possiamo predicare il Vangelo se le nostre voci non sono unanimi, ma discordanti? 3. Tuttavia, dobbiamo umilmente ringraziare Dio per il fatto che le nostre divisioni non sono totali. Ho spesso ricordato "quanto le comuni fondamenta della nostra fede cristiana siano grandi e solide" di questa fede che noi proclamiamo nel grande Credo di Nicea-Costantinopoli. Su queste fondamenta possiamo già costruire, prima ancora che spariscano le divisioni esistenti, sforzandoci di essere insieme testimoni, di fronte a tutti quelli che ci circondano, della salvezza che ci apporta Gesù Cristo, nostra via, nostra verità e nostra vita. Le nostre persistenti divisioni limitano inevitabilmente la testimonianza che possiamo dare. Ma questi limiti non devono impedirci di dare l'esempio di una vita cristiana e di una testimonianza comune ogni volta che possiamo farlo, proclamando la buona novella, nell'amore, e insieme in tutta la misura del possibile.


4. Voi fate già questo in una maniera particolare, nel lavoro di traduzione e di distribuzione dei testi della Sacra Scrittura, attraverso le attività dell'alleanza biblica del Camerun. Sono lieto di sapere che le diocesi cattoliche di questo Paese cooperano sempre più a questo lavoro, perché la parola viva e permanente del Signore è il seme incorruttibile con il quale i cristiani sono stati rigenerati (cfr. 1P 1,23). Siccome collaboriamo sempre più a servizio di questa parola che è cibo, possa il Signore di ogni grazia condurci verso questa piena unità nella fede che, sola, potrà permetterci di ritrovarci insieme alla mensa dove il corpo del Signore si fa nutrimento (cfr. DV 21 SC 48).

Certo, il cammino è arduo, a seguito delle tensioni del passato di cui siete eredi, dopo le divisioni verificatesi in Europa, ma soprattutto a causa delle esigenze, della profondità dell'unità come la vuole nostro Signore. Restiamo tutti umili, lucidi, coraggiosi, aperti, fortificati dalla speranza. La piena comunione sarà il risultato di una vera conversione di tutti, del perdono reciproco, del dialogo teologico e delle relazioni fraterne, della preghiera e della totale disponibilità al Vangelo, all'azione dello Spirito Santo e al disegno di Dio sulla Chiesa.

Questa grazia della piena unità nella verità, nella totale fedeltà a Dio, è ciò che io chiedo oggi con voi nella preghiera che facciamo insieme. La nostra riunione non può essere lunga, e anche le mie parole devono essere brevi.

"Pace ai fratelli e carità e fede da parte di Dio Padre e del Signore Gesù Cristo.

La grazia sia con tutti quelli che amano il Signore nostro Gesù Cristo, con amore incorruttibile" (Ep 6,23-24).

Data: 1985-08-12 Data estesa: Lunedi 12 Agosto 1985





Alla comunità islamica - Yaoundé (Camerun)

Titolo: Conoscere la fede altrui per superare pregiudizi e malintesi

Fratelli e sorelle di religione musulmana.

Vi chiamo fratelli perché Dio, nostro Creatore, ci ha fatti membri di una stessa famiglia umana, ci invita ad adorarlo e a obbedirgli. Dio ci ha posti su questa terra, come suoi rappresentanti, per aver cura fedelmente del mondo della natura, e per costruire le nostre società umane secondo la sua volontà. I musulmani considerano che Dio ha creato l'uomo come suo delegato, e desidera che possiamo agire come intendenti della creazione, onesti e degni di fiducia. Noi cristiani crediamo, come ha detto san Paolo, di essere l'opera di Dio, il suo capolavoro, di essere stati creati perché i nostri atti siano veramente buoni, conformi alla via da lui tracciata per noi fin dal principio (cfr. Ep 2,10). così l'umanità è rivestita di una grande dignità che non può mai esserle tolta. Ogni uomo come ogni donna ha dei diritti che gli appartengono, a motivo della sua stessa condizione umana, e noi abbiamo il dovere di esercitare questi diritti in modo responsabile per il bene di tutti.

Ricordo oggi queste convinzioni che condividono i cristiani e i musulmani, perché qui, nel Camerun, fate parte di una società pluralista in cui vivono fianco a fianco cristiani, musulmani e fedeli delle religioni africane tradizionali. E' questa una delle grandi sfide per l'umanità d'oggi nel mondo: imparare a vivere insieme in modo pacifico e costruttivo. Bisogna riconoscere che viviamo in un'epoca di polarizzazione. Certi gruppi razziali o etnici, certe comunità religiose, come certe ideologie economiche e politiche attraverso il mondo, tendono a far prevalere il loro punto di vista escludendo coloro che non lo condividono, a difendere i loro diritti al punto da ignorare quelli degli altri, a rifiutare le proposte di cooperazione e di fraternità umana.

Bisogna che i musulmani e i cristiani resistano a queste tentazioni, perché esse non conducono l'umanità a "questi atti veramente buoni, conformi alla vita che Dio ha tracciato per noi fin dal principio". Per noi, il vero cammino rimane quello del dialogo, che presenta numerosi aspetti. Vuol dire, prima di tutto, imparare a conoscere la fede gli uni degli altri, superare i pregiudizi e i malintesi. Vuol dire essere tolleranti nei riguardi delle differenze. Dialogo vuol dire giungere, malgrado gli ostacoli, a una mutua fiducia, tale che possiamo incontrarci per parlare e per preparare dei progetti in comune, rispettando le responsabilità e i diritti di ciascuno. Vuol dire impegnarci in azioni concrete per sviluppare il nostro Paese, per lavorare insieme a costruire una società in cui la dignità di ogni persona sia riconosciuta e rispettata.

Siamo tutti invitati a riscoprire incessantemente quello che c'è di più bello nelle tradizioni dei popoli africani. Sono lieto di sottolineare, in particolare, la vostra tradizione africana di ospitalità, il vostro rispetto per la natura come dono di Dio e segno della sua bontà e della sua presenza. Il vostro modo di risolvere i conflitti, con il dialogo e con il consenso, la cura con la quale conservate e sviluppate i valori della famiglia, la vostra gioia di vivere che esprimete così stupendamente nella vostra poesia, nelle vostre danze e nei vostri canti. Tutti questi valori tradizionali hanno il loro posto nel mondo moderno; infatti, essi sono importanti come dei correttivi in una società che, diversamente, diventerebbe troppo spesso disumana, solitaria, violenta e sterile.

Le comunità musulmane e cristiane hanno ciascuna il proprio compito da svolgere per preservare il meglio di quello che viene dal passato, per integrarvi gli elementi della tecnologia e della scienza del presente che favoriscono la dignità umana, e per costruire un avvenire armonioso e stabile.

In tutta questa azione, la volontà e il disegno di Dio non devono mai essere dimenticati. Quando l'uomo dimentica che siamo sempre le creature amate da Dio, e quando tenta di costruire un avvenire senza Dio, non può che perdersi.

Perché Dio è l'origine e il fine della nostra vita, colui che è "più vicino a noi delle nostre vene iugulari"; egli è per noi la Guida e il Maestro di quello che è giusto.

Oggi vi chiedo di tendere la mano nella mano con i vostri fratelli e sorelle cristiani, per seguire le vie di Dio a servizio dell'umanità.

La benedizione di Dio sia su tutti voi!

Data: 1985-08-12 Data estesa: Lunedi 12 Agosto 1985





Incontro con il presidente, i corpi costituiti e il corpo diplomatico - Yaoundé (Camerun)

Titolo: L'"apartheid" suscita l'indignazione della Chiesa

Signor presidente, eccellenze, signore, signori,


1. Come potrei non essere sensibile alle calorose parole e alle elevate considerazioni or ora espresse? Ne ringrazio vivamente sua eccellenza il presidente Paul Biya e, attraverso la sua persona, ringrazio tutti coloro che contribuiscono ad accogliermi in questo paese del Camerun così caro, nel visitare il quale come pastore della Chiesa universale provo una grande gioia, Questa sera ho l'onore di rivolgermi ai dirigenti politici del paese e ai diplomatici: nell'esercizio della mia missione di pastore universale, considero molto importante questo incontro, date le vostre alte responsabilità per il progresso del Camerun e per la pace del mondo, 2. Il mio rispettoso saluto ed augurio va innanzitutto alla vostra persona, signor presidente, che poco meno di tre anni fa siete salito alla magistratura suprema, dopo aver svolto per molti anni un ruolo importante al servizio del vostro paese.

Voi avete il pesante incarico di promuovere l'unità della nazione, di far convergere tutte le forze in direzione del suo sviluppo, cercando di assicurare il bene di tutti gli abitanti del Camerun e di trascinare il paese nello slancio e nel rinnovamento che gli sono necessari.

Insieme a voi, saluto coloro che collaborano con voi a questa grande impresa quali membri del governo, coloro che la sostengono sul piano delle opzioni politiche, quali membri del comitato centrale o dell'ufficio politico nazionale dell'unione democratica del popolo del Camerun, nonché coloro che hanno responsabilità legislativa quali parlamentari.

Che Dio vi venga in aiuto nella conduzione degli affari pubblici al servizio di tutti i vostri connazionali! 3. Il Camerun appare infatti un crocevia di etnie, di lingue, di religioni, aperto sia al mondo francofono che anglofono, nel cuore dell'Africa, e molto rappresentativo di questo continente. Una tale situazione esige sicuramente che vi siano tra questi gruppi così diversi spirito di tolleranza e di dialogo, rispetto delle condizioni specifiche di cultura e di religione, considerazione delle responsabilità locali e dei diritti di ciascuno, stima reciproca e cooperazione fraterna. Richiede anche, ai dirigenti nazionali, una grande vigilanza onde far osservare dappertutto questo spirito, evitare che taluni subiscano qualsivoglia vessazione da parte di altri, e garantire la partecipazione di tutti al bene comune. Ecco la situazione con la quale deve fare i conti il Camerun. Essa esige più di quanto lo facciano altre situazioni dello stesso genere. Tuttavia un'unione che sappia integrare in armonia questo coacervo di realtà differenziate e di valori personali ha possibilità di maggiore ricchezza sul piano umano. Dal canto suo, una situazione un po' simile vive su scala universale la Chiesa cattolica. In questo stesso paese ho avuto modo di visitare quattro regioni dai problemi pastorali alquanto diversi; ho avuto modo di sentire nella liturgia un coro di svariate espressioni linguistiche. La nostra comunione nasce proprio da questa "cattolicità". E nessuno è escluso dalla nostra simpatia, né dal nostro dialogo: ho appena incontrato la delegazione delle Chiese protestanti, poi quella dei musulmani.




4. Tuttavia il Camerun non può mai essere un mosaico di interessi particolari. E' uno Stato sovrano, una repubblica unificata. E' una nazione. Ed è vostro compito ravvivarne la coscienza e far convergere in direzione del bene comune gli sforzi di tutti i cittadini, il contributo di tutte le etnie. Voi tentate di sviluppare questo sentimento patriottico che rende gli abitanti del Camerun orgogliosi della propria identità nazionale. Desiderate, a giusto titolo, che tutti partecipino attivamente alla vita pubblica - nel rispetto dell'ordine, del bene supremo della nazione e dei diritti altrui - al fine di preparare un degno avvenire per tutti i figli di questo paese, assicurando loro il più possibile un'uguaglianza di opportunità. E' compito immenso realizzare i vostri progetti di sviluppo rurale integrato, di formazione morale e intellettuale della gioventù, di creazione di posti di lavoro, contemporaneamente affrontando i problemi della salute, dell'ambiente, dell'urbanizzazione, dei trasporti, dei salari, della protezione sociale.


5. Tutti i paesi, soprattutto quelli del Terzo mondo, devono così raccogliere una sfida economica e sociale con mezzi limitati, e cercano di mobilitare tutte le proprie energie. La cosa importante è trovare un modo di farlo che, di per se stesso, sviluppi le qualità migliori dell'essere umano, senza ricorrere a un sistema oppressivo che faccia perdere all'uomo la libertà, e anche senza lasciare che le potenze economiche accrescano ciecamente ed egoisticamente la loro portata a profitto di pochi. E' altrettanto importante evitare la paralisi di un'eccessiva burocrazia, e i mali della corruzione, della frode e dello sperpero. Non ci si può dunque che rallegrare quando si vedono messi in pratica gli appelli dei dirigenti di questo paese a una moralizzazione dell'agire: al rigore nella gestione, all'onestà, alla competenza e alla coscienza professionali, al lavoro ben fatto, alla tenacia nello sforzo, al senso di responsabilità, alla preoccupazione per il bene comune, all'abnegazione, alla ricerca della giustizia sociale per tutti.


6. La Chiesa valuta positivamente questo slancio etico, e spera che porti dei frutti. Certo, in tutti i paesi del mondo, essa tiene a che il suo fine religioso, i suoi metodi, la sua dottrina - che è un messaggio di vita spirituale, prima ancora di comportare come conseguenza una dignità morale - non vengano confusi con quelli dello Stato. Essa rimane sempre libera nel suo giudizio sulle realtà d'indole morale. Essa invita a un supplemento di giustizia e di carità che tenga conto di tutte le componenti personali e comunitarie, e che sormonti i rischi sempre riproponentisi dell'egoismo personale o dell'abuso di potere.

La Chiesa è anche del parere che uno Stato non possa portare a buon fine il nobile compito di educazione del senso civico se non si appoggia a sufficienza sulle componenti sociali intermedie, sulle comunità naturali più ristrette e sulle svariate componenti che hanno anch'esse questo ruolo educativo. Penso in particolare alla famiglia che deve essere sostenuta nella sua stabilità e nella sua missione; alla scuola che ben merita un sostegno, nella misura in cui integra nell'istruzione impartita questa formazione morale e spirituale.

Rimane sempre vero che la formazione delle coscienze alla dirittura morale, al senso di responsabilità personale, alla solidarietà con gli altri è esattamente e di per sé ciò che la Chiesa cerca come proiezione del messaggio cristiano in seno alla vita sociale. Essa è dunque ben lieta quando constata convergenze tra il proprio impegno e gli sforzi dei responsabili politici.


7. Signore e signori, membri dei corpi costituiti di questo paese, non voglio nemmeno dimenticare tutto ciò che vi sta a cuore in materia di politica estera.

Voi desiderate che il Camerun acquisti tutto il ruolo che gli compete nel concerto delle nazioni, non solo per farvi valere i propri diritti, ma per dare il proprio contributo agli sforzi della comunità internazionale al fine di far progredire la pace, la giustizia, lo sviluppo. Oltre che a voi, mi rivolgo ora ai membri del corpo diplomatico accreditati presso questo governo e ai rappresentanti delle organizzazioni internazionali risiedenti in Camerun. A voi è nota la partecipazione che la Santa Sede dà volentieri alla vita della comunità delle nazioni, sia nei contatti diplomatici permessigli dal proprio statuto, sia nelle riunioni internazionali alle quali essa viene invitata.

All'inizio di ogni anno io stesso ho modo di esporre all'insieme degli ambasciatori accreditati presso la Santa Sede i principi che guidano la nostra azione, riguardo alla ricerca infaticabile della pace attraverso il dialogo, alla necessità di una diminuzione degli armamenti, alla salvaguardia dei diritti umani fondamentali e delle libertà fondamentali, al consolidamento degli strumenti giuridici capaci di garantire maggiore giustizia, all'esigenza di solidarietà, in particolare tra il nord e il sud del mondo, al prendere in considerazione in modo efficace i bisogni primordiali di sopravvivenza alimentare e di igiene, e in generale alla preoccupazione umanitaria nei confronti di tutti "coloro che sono lasciati ai margini lungo il cammino della storia" (cfr. discorso al corpo diplomatico, 15 gennaio 1983, n. 4).

Oggi, senza riprendere quel discorso su scala mondiale, vorrei considerare insieme a voi il bene comune del continente africano, nel quale si svolge la vostra missione. A me sembra che questo bene passi in particolare attraverso il rispetto dell'identità dell'Africa e della sua dignità, attraverso il contributo al suo sviluppo economico, attraverso la promozione del suo progresso morale. E questa è la domanda posta alla nostra coscienza: che cosa facciamo, che cosa possiamo fare per promuovere veramente il bene di tutti i nostri fratelli e sorelle d'Africa? 8. La dignità presuppone innanzitutto un'autentica indipendenza nazionale (cfr. discorso al corpo diplomatico del 14 gennaio 1984, n. 2). Questo è ormai il caso di tutti i paesi del continente africano; ed è sperabile che quelli che ancora non sono indipendenti - penso in modo particolare alla Namibia - lo divengano ben presto, in modo onorevole e pacifico, al pari di tutte le altre nazioni africane.

La tappa dell'indipendenza, felicemente raggiunta in questi ultimi venticinque anni, deve permettere di espandere gli effetti attesi e già ottenuti. Come negare che si tratta di una posta in gioco capitale per la piena responsabilità delle nazioni interessate, per uno sviluppo coerente coi rispettivi valori umani, morali e spirituali, per un rafforzamento della comprensione e della solidarietà tra i paesi dell'Africa? E tuttavia l'indipendenza non risolve di per sé i gravi problemi dell'evoluzione di un paese. Molti di essi temono ancora, dal di fuori, una forma di dipendenza più sottile, di natura economica o culturale, tramite la quale subiscono talune influenze ideologiche che hanno lasciato penetrare nella propria civiltà.

Al di là di questi auspici di piena libertà nella condotta dei loro affari interni, i paesi dell'Africa si augurerebbero senza dubbio che quelli degli altri continenti tengano maggiormente conto, a livello internazionale, delle loro proposte e delle loro decisioni, le quali, in generale, hanno il marchio della moderazione e non fanno appello alla violenza.

Ciò infine a cui vorrebbero arrivare queste giovani nazioni indipendenti è ora l'autosufficienza.


9. L'autosufficienza economica non può significare ripiegamento del paese su se stesso, che non sarebbe né possibile né auspicabile. E' tuttavia giusto che ciascun paese in Africa assuma le redini del proprio sviluppo, e sia incoraggiato a farlo, utilizzando tutte le risorse naturali di cui dispone, e assicurando la crescita dei prodotti adatti ai propri bisogni. E' anche auspicabile che si rafforzi, là dove già esiste, una solidarieià coi paesi africani della stessa area geografica, e che essa nasca là dove ancora non esiste. Questi naturali rapporti di vicinato hanno già dato felici risultati.

Acclamo anche agli sforzi dell'Organizzazione dell'unità africana: come non desiderare che, al pari che in altre organizzazioni del continente, questa unità progredisca, al fine di garantire un coerente cammino verso la giusta soluzione dei diversi problemi politici e sociali dell'Africa? E' infine necessario che la comunità internazionale continui a fornire il proprio aiuto e anzi lo accresca, considerato lo stato d'urgenza in molti paesi africani sul piano della fame, della salute o degli investimenti. E' sperabile che i problemi della sicurezza tra Est e Ovest non polarizzino troppo la tensione e l'impiego delle risorse nei paesi detti del nord del mondo: possano essi preoccuparsi molto di più delle crescenti disparità con i paesi detti del sud, e capire che l'interdipendenza costituisce anche per essi una questione di sopravvivenza! Ma il punto al quale i paesi del Terzo mondo rimangono legittimamente sensibili è quello del contesto nel quale s'iscrive questo aiuto: essi non accettano, che mascheri un deterioramento dei rapporti di scambio oppure talune ingiustizie in campo commerciale o degli investimenti. Essi vogliono che li si aiuti sinceramente a uscire dal problema inestricabile dei prestiti e dei debiti troppo pesanti che sono stati portati a compiere a costo di alti rischi.

Coloro che cercano il bene dell'Africa, sia che appartengano al nord che al sud del mondo, sapranno riconsiderare questi problemi con equità e aprire la strada a soluzioni realistiche e giuste, suscettibili di salvaguardare la dignita dei paesi che banno diritto di progredire nello sviluppo.


10. Se é vero che un tale progresso non è autentico che nella giustizia, esso non è possibile che nella pace. L'Africa ha bisogno della pace. Essa non può sopportare né guerre né guerriglie rovinose per vite umane e distruzioni, che richiedono tra l'altro un accrescimento delle spese militari ed esacerbano le passioni, tramutando i fratelli in nemici. Chi può schierarsi a favore delle guerre fratricide, e in certi casi addirittura dei genocidi? Di fronte ai conflitti esistenti o rinascenti, tutti devono porsi onestamente la domanda su quali siano le loro cause. Le ingiustizie commesse da taluni regimi rispetto ai diritti dell'uomo in generale o alle legittime rivendicazioni di una parte della popolazione che si vede negata la partecipazione alle responsabilità comuni scatenano rivolte la cui violenza è deplorevole, ma che potranno essere sedate solo ristabilendo la giustizia. E' anche vero che talune ingerenze esterne attizzano la guerriglia ai soli fini di destabilizzazione (cfr. discorso al corpo diplomatico, 14 gennaio 1984, n. 4). E' infine certo che la vendita d'armi realizzata unicamente in vista del profitto aizza i belligeranti.

Chi ama l'Africa eviterà come minimo di soffiare su questi focolai di violenza, e metterà invece in opera tutto il possibile per portare le parti a quella saggezza della pace che corrisponde al desiderio profondo di numerosi africani già sufficientemente provati in altri campi.


11. Tra le prove dell'Africa, tutti pensano al terribile flagello della siccità che colpisce tanti paesi, nella zona del Sabel e in molte altre. La carestia che ne risulta sembra finalmente commuovere il mondo intero, tuttavia - al di là dei soccorsi urgenti dai quali dipende la vita di milioni di nostri fratelli e sorelle - ognuno di noi sa che è necessario preparare sin da ora un avvenire più sicuro.

Dio ha posto sufficienti risorse d'immaginazione nel nostro spirito, di amore nei nostri cuori e di forza nelle nostre braccia, grazie ai mezzi tecnici che ci ha permesso di mettere in opera, affinché usciamo da una mentalità fatalista. Il senso di responsabilità da parte degli interessati, la generosa solidarietà dei loro fratelli aprono la porta alla speranza. La Fao e molti altri organismi prendono a cuore questa sfida. La Sede apostolica vi contribuisce con proprie iniziative, secondo i propri mezzi; ne riparlero tra poco a Nairobi. Ma che nessuno di noi volti la testa di fronte alla disperazione che colpisce le vittime della carestia accanto a noi!


12. La triste situazione dei profughi purtroppo non è riservata unicamente all'Africa. Nel nostro pianeta si contano decine di milioni di profughi, ma quelli dell'Africa sono divenuti particolarmente numerosi, e probabilmente negli ultimi cinque anni sono cresciuti del doppio. Anche a questo proposito dobbiamo rendere omaggio agli organismi internazionali, come l'alto commissariato per i profughi, che seguono questi problemi con profondo senso umanitario e contribuiscono in grande misura alla gestione dei campi profughi. Sappiamo anche tutto ciò che questo paese del Camerun ha fatto per offrire asilo ai profughi della Guinea equatoriale e soprattutto dal Tchad, e per partecipare alla loro integrazione.

Anche qui bisognerebbe pero eliminare le cause di questi spostamenti forzati. Non sono solo la fame o le condizioni precarie di vita che spingono a fuggire, ma anche la paura, la guerra, l'ingiustizia (cfr. discorso al corpo diplomatico, 15 gennaio 1983, n. 6). Anche se si arriva a dar sostegno alla vita materiale di parte dei profughi, lo stato di prostrazione morale nel quale essi si trovano, sradicati dalla loro patria e senza lavoro, rimane inumano. E' auspicabile che siano integrati nel miglior modo possibile nella vita economica e sociale del paese che li ospita; tuttavia la soluzione migliore è il rimpatrio volontario con garanzie di sicurezza nel paese d'origine. Attiro ugualmente l'attenzione sugli innumerevoli immigrati, la cui sorte è diventata altrettanto precaria di quella dei profughi.


13. Vi sono altri flagelli che ciascun paese giunto all'indipendenza deve sforzarsi di eliminare. Essi del resto esistono in modo più o meno grave anche da altre parti, oltre che in Africa. Ci si può congratulare con taluni paesi per avervi posto fine. Tuttavia essi meritano che vi si insista ancora una volta, poiché troppi innocenti ne sono vittima e ci si sente impotenti a dar loro soccorso. Voglio farmene portavoce. Voglio parlare delle violazioni dei diritti dell'uomo, così fortemente proclamati in altre sedi. Come non pensare agli arresti arbitrari, alle condanne, alle esecuzioni senza un vero processo, alle detenzioni per reati d'opinione in condizioni inumane, alle torture, alle persone scomparse? Si adducono motivi di sicurezza; e nessuno nega la legittimità di misure di sicurezza di fronte a minacce che rischiano di scuotere gli stessi regimi democratici; ma li si invoca spesso al di là delle necessità, senza alcuna garanzia di giustizia, e come se una divergenza d'opinione politica costituisse già un delitto.

Un'altra ingiustizia clamorosa in talune regione d'Africa è quella della discriminazione razziale che a buona ragione solleva l'indignazione del mondo e della Chiesa. E' deplorevole constatare che persiste ancora un sistema di apartheid che tramite una dura repressione continua a fare troppe vittime calpestando un diritto umano elementare! Infine, tra i diritti fondamentali della persona, sento il bisogno di citare ancora una volta la libertà religiosa, poiché conosco troppe situazioni in cui i cristiani subiscono vessazioni nell'esercizio del loro culto e nell'ottenere i mezzi necessari alla loro formazione nella fede. In talune regioni d'Africa, per esempio, la Chiesa soffre nel vedere espulsi o non accolti i propri missionari, mentre essi vengono per dedicare il loro ministero al servizio della Chiesa locale, che chiede il loro aiuto, e delle popolazioni che ne beneficiano; soffre nel constatare certe forme di discriminazione o di sospetto delle quali sono vittime i suoi fedeli; soffre nel veder violate la vita e la libertà personale di sacerdoti, religiosi e religiose che testimoniano unicamente l'amore e la pace.

Tutte queste situazioni deplorevoli sono frutto dello spirito di violenza o di orgoglio di una piccolissima minoranza; più spesso, manifestano paura e mancanza di maturità. Esse disonorano coloro che le mettono in essere. Gli stati orgogliosi della propria sovranità devono dimostrarsi all'altezza delle proprie responsabilità e capire che hanno dei doveri nei confronti del proprio popolo e di ciascuno dei propri cittadini (cfr. discorso al corpo diplomatico, 14 gennaio 1984, n. 4).


14. In realtà, chi ama l'Africa scorge, al di là di queste miserie ovunque connesse alla debolezza dell'uomo, un certo numero di valori umani, morali e spirituali che non chiedono che di espandersi, e che il cristianesimo, dal canto suo, vorrebbe promuovere e nobilitare grazie alla pace e alla carità che provengono da Cristo. L'Africa può offrire al mondo, tra le altre cose, l'esempio di un'ospitalità generosa e mai stanca, l'esempio di quella solidarietà che tanto conta tra i membri di una stessa famiglia o di una stessa tribù, al punto che nessuno rimane mai senza aiuto, l'esempio di un senso religioso spontaneo che rende familiari con l'invisibile. Sono valori dei quali il mondo moderno avrebbe grande bisogno onde evitare le contraddizioni e i pericoli di un umanesimo privo della sua dimensione religiosa fondamentale e realizzare una gioiosa comunanza a tutti i livelli della società.

Signor presidente, eccellenze, signore, signori, vogliate scorgere nei miei propositi il gran desiderio di vedere questo continente africano sempre più amato, rispettato, promosso, accolto sulla scena internazionale. Il vostro onore in quanto responsabili politici e diplomatici è quello di contribuire alla felicità dei popoli, del vostro e di tutti quelli della comunità umana che non possono vivere che nella solidarietà. In questa nobile funzione, l'Altissimo vi ispiri e vi dia la'sua pace!

Data: 1985-08-12 Data estesa: Lunedi 12 Agosto 1985





Celebrazione eucaristica - Douala (Camerun)

Titolo: L'educazione deve portare l'uomo ad "essere"




1. "Ecco, dono del Signore sono i figli, è sua grazia il frutto del grembo" (Ps 126,3).

Cari fratelli e sorelle, nel celebrare questa Eucaristia nel cuore della grande città portuale di Douala e del distretto ecclesiastico della costa occidentale, il nostro pensiero si rivolge in modo particolare ai giovani che costituiscono il sessanta per cento della popolazione della città. Ringraziamo Dio per la fortuna rappresentata da questi giovani. Affidiamo a lui il loro futuro.

Tuttavia la loro educazione costituisce anche una grossa sfida. In che modo potremo vincerla? O meglio, in che modo riusciremo a far si che bambini e giovani acquisiscano una personalità degna dell'uomo, degna di un figlio di Dio, di una figlia di Dio? Non è forse questo il grande quesito posto ai genitori, agli educatori, alle componenti sociali e amministrative, ai pastori e a tutta la comunità della Chiesa? E non devono forse i giovani stessi riflettere sul modo di preparare il proprio avvenire? Dopo la messa, è a loro che mi rivolgero più direttamente. Per il momento, insieme a voi, vorrei considerare il tema dell'educazione, convinto che "se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori" (Ps 126,1).


2. L'educazione dei bambini, dei giovani e degli adulti secondo la fede cattolica è uno degli obiettivi fondamentali di ogni opera missionaria. Guardiamo il nostro Maestro: "Gesù percorreva i villaggi, insegnando" (Mc 6,6). E per proporre più diffusamente il suo messaggio, comincio a mandare avanti a sé i dodici apostoli, a due a due. Questi discepoli annunciavano vicino il regno di Dio, invitavano a convertirsi, a inserirsi, per così dire, nel percorso educativo di Dio. E già liberavano gli altri dagli ostacoli, scacciando gli spiriti impuri; manifestavano agli infermi la bontà di Dio che vuole guarire e salvare.

Tale fu la prima missione dei discepoli di Gesù. E non posso fare a meno di pensare alla prima evangelizzazione in Camerun. Meno di un secolo fa i padri Pallottini, venuti dalla Chiesa di Germania, fondavano la prima missione a Marienberg, in questa stessa diocesi. Da qui, rivolgo il mio saluto a questa culla del cattolicesimo nel Camerun, che rimane, per tutte le parrocchie del Paese, un luogo di alta spiritualità, dedicato sin dagli inizi alla Regina degli apostoli. I pionieri apostolici erano venuti nella più grande mancanza di mezzi, come i discepoli di Gesù nel Vangelo. I padri Pallottini, poi i missionari del Sacro Cuore di san Quintino furono costretti nel 1914 a lasciare la regione, per motivi del tutto estranei alla loro missione. Tuttavia non ebbero bisogno di scuotersi la polvere dai sandali, poiché le popolazioni avevano già risposto in modo meraviglioso alla buona novella. Oltre cinquantamila camerunesi, battezzati o catecumeni, avevano abbracciato la fede cattolica, ed erano già stati formati oltre duecento catechisti. I missionari avevano annunciato la parola di Dio con semplicità, si erano presi cura degli ammalati e avevano fondato oltre duecento scuole, con circa ventimila alunni. Sapevano quanto l'educazione cristiana fosse d'importanza capitale per l'avvenire della missione.

Ad essi sono subentrati con coraggio i Padri del Santo Spirito, poi altri missionari, sacerdoti, fratelli, religiosi e laici. E oggi sono ben lieto di salutare questa fiorente Chiesa, autenticamente africana. Ringrazio vivamente monsignor Simon Tonyé, vostro arcivescovo, per la sua accoglienza; saluto il suo predecessore, monsignor Thomas Mongo, i vescovi di Bafoussam e di Nkongsamba, nonché quelli delle altre province venuti a pregare con noi. Saluto tutte le etnie rappresentate in seno a questa Chiesa, poiché noi formiamo un solo corpo, il corpo di Cristo. Saluto anche coloro che, senza condividere appieno la nostra fede, la rispettano e collaborano con voi: do loro assicurazione dei miei sentimenti fraterni. Noi abbiamo in comune un uguale compito d'educare, un compito immenso, sul quale vorrei ora meditare insieme a voi.


3. In tutte le civiltà l'educazione costituisce condizione fondamentale della continuità. Per i genitori, per gli insegnanti, per la società tutt'intera, si tratta di trasmettere alle giovani generazioni un'eredità, l'eredità di un sapere, di conoscenze tecniche, di un modo di pensare e di una morale di vita. Si tratta di permettere ai giovani di assimilare in modo attivo il retaggio della famiglia, il patrimonio comune della tribù, del popolo o della nazione alla quale si è legati dall'unità di cultura, di lingua e di storia (cfr. Lettera ai giovani, 3 marzo 1985, n. 11). Anche la Chiesa ha un'eredità da trasmettere: il Vangelo e il modo in cui è stato oggetto di fede e di vita per generazioni di cristiani, sotto la guida del magistero.

Se si considera invece l'educazione a partire dalla persona che ne beneficia, si tratta di portare alla maturità dell'uomo, in modo che essa impari a "essere" e non solo a "sapere", in modo che essa risponda veramente alla propria vocazione. Il Concilio Vaticano II ha espresso in modo netto qual è il fine che persegue un'educazione bene intesa: formare la persona in funzione del suo fine più alto e degli obiettivi più elevati della società in seno alla quale essa sarà adulta; sviluppare in modo armonioso tutte le attitudini, il senso dello sforzo e della responsabilità; conquistare padronanza della propria libertà, orientata da valori morali riconosciuti e da una fede non solo appresa, ma anche vissuta (cfr. GE 1-2). Possa il giovane far progressivamente suo tutto ciò che è vero, buono e bello! Possa egli corrispondere con tutto il proprio essere al progetto di Dio che porta in sé, come uomo o come donna, creato a immagine di Dio, poi segnato dalla grazia del Battesimo.

Certo, bisogna essere realisti. Una tale formazione si scontra contro molti ostacoli, contro resistenze interne, contro influenze contrarie esterne.

L'educatore deve aiutare progressivamente il giovane a chiarire il suo giudizio e a fortificare la sua volontà, affinché compia scelte fondate sulla verità, il bene, il dono di sé. Il compito dell'educatore che l'accompagna è difficile, ma esaltante. Sapete quanta importanza vi attribuisce la Chiesa, e che rispetto essa nutre per questa nobile vocazione! 4. L'educazione cattolica è innanzitutto opera della famiglia. Chi ha messo al mondo un bambino ha il dovere inalienabile di condurlo a maturità, come sottolineo papa Pio XI nella sua enciclica "Divinis Illius Magistri" (31 dicembre 1929). I genitori sono i primi interessati, e insieme ad essi tutti coloro che compongono la famiglia intesa in senso più ampio, come la si concepisce abitualmente da voi.

A tal fine Dio ha assegnato loro un'autorità naturale: possano essi esercitarla con fermezza e amore, dando essi stessi il buon esempio! Tutti riconoscono il ruolo capitale del padre, oppure, nel caso degli orfani, di chi ne fa le veci; e il ruolo primario della madre, la presenza affettuosa della quale è sempre fonte di conforto.

Cari genitori cristiani, valutate voi a sufficienza il grande dono di Dio, che fa di voi dei suoi cooperatori, non solo al fine di trasmettere la vita ai vostri figli, ma anche al fine di allevarli? E' un talento che egli vi affida, affinché lo facciate fruttare. Mi farebbe piacere che rileggiate nella Bibbia, al capitolo quarto del libro di Tobia, le ammirevoli raccomandazioni che il padre, Tobi, tanto provato dalla vita, dava a suo figlio che partiva per luoghi lontani in cerca di denaro e di una sposa: "Onora tua madre... Ogni giorno, o figlio, ricordati del Signore; non peccare... Compi opere buone... non metterti per la strada dell'ingiustizia... Non distogliere mai lo sguardo dal povero... Non fare a nessuno ciò che non piace a te... Chiedi il parere a ogni persona che sia saggia... In ogni circostanza benedici il Signore e domanda che ti sia guida nelle tue vie... Non temere se siamo diventati poveri. Tu avrai una grande ricchezza se avrai il timor di Dio" (cfr. Tb 4,3-21). L'ebreo che così parlava, esiliato in un paese pagano, aveva sempre accompagnato la parola con l'esempio: rischiava la propria vita per fedeltà ai compatrioti deceduti cui dava sepoltura, si guadagnava la vita in modo scrupolosamente onesto, faceva l'elemosina e pregava ogni giorno.

Egli è veramente riuscito a educare suo figlio. E' il libro della Bibbia mostra come Dio l'abbia ricompensato.

E' proprio in questo modo, non ne dubito, che le famiglie africane intendono esaudire il loro ruolo. Tuttavia conosco le, difficoltà che incontrate.

I bambini acquisiscono a scuola un sapere che i loro genitori non conoscono, e sono forse meno sensibili alla loro saggezza, meno attenti ai loro consigli. Per molti il dialogo diventa difficile. Pur se l'istruzione è in se stessa un bene fondamentale della civiltà, talvolta i giovani ritengono soprattutto dalla loro formazione uno spirito critico e incline al dubbio, aperto a molteplici correnti d'idee delle quali non discernono bene il valore. A causa degli studi, sono spesso costretti ad allontanarsi dalla casa di famiglia. Una volta finita la scuola, restano troppo spesso senza lavoro, disoccupati nelle zone urbane, preda di ogni sorta di amicizie e di seduzioni.

Si, cari genitori, capisco che la vostra responsabilità sia spesso difficile da esercitare. E tuttavia, ve ne supplico, non abdicate mai ad essa! I vostri figli, anche se sono grandi, hanno più che mai bisogno di voi. I legami intessuti con voi sono di valore inestimabile per la loro educazione, perché sono contrassegnati dalla vostra autorità naturale e dall'amore. Questo affetto dei genitori si appoggia sul valore del loro amore coniugale, quale lo esige una vera concezione del matrimonio. Quando un focolare è disunito, anche se i figli continuano ad essere a carico manca loro l'amore congiunto del padre e della madre. Nascono dei figli al di fuori del matrimonio; i giovani dovrebbero essere consapevoli delle gravi responsabilità che si assumono! Quando, al contrario, un focolare dà esempio di una vita coniugale unita, in un'atmosfera di fede e di preghiera, i figli sono felici e fiduciosi, aperti al dialogo. Spetta alla società aiutarvi a svolgere il vostro ruolo; la Chiesa vi sostiene e prega per voi; "L'associazione cristiana delle famiglie del Camerun" è a vostra disposizione, ma nessuno potrà mai sostituirsi a voi.


5. Tuttavia dovete contare anche su altri educatori. Avete notato, nella lettura della Bibbia, che Tobi teneva a che suo figlio avesse un buon accompagnatore per il suo viaggio (Tb 5,9), una guida sicura che indicasse il cammino, lo proteggesse, guarisse, consigliasse, sotto lo sguardo di Dio, e rimanesse fedele sino alla fine della propria missione. Ecco che cosa dovrebbe essere ciascun educatore. Egli rende un servizio inestimabile, più importante di tutti i beni materiali: quando Tobi gli offre metà del denaro riportato, esso non basta a ricompensarlo (cfr. Tb 12,1-5).

A voi spetta dunque di introdurre i vostri giovani in cerchie più ampie della famiglia. I loro educatori potranno essere sacerdoti, religiosi, religiose, laici, adulti o giovani esperti. Sappiate a chi affidate i vostri figli.


6. Al di là della famiglia, il primo ambiente educativo è la scuola. La scuola non ha per missione solo quella di istruire, di far superare l'handicap dell'analfabetismo, di aiutare a esprimersi, di trasmettere conoscenze scientifiche e tecniche, e attraverso di esse, un mestiere, di insegnare a leggere nel gran libro della natura e delle opere dell'uomo. Essa deve educare, in cooperazione coi genitori, secondo i concetti che ho prima ricordato seguendo il Concilio. Le esigenze degli insegnanti saranno diverse e complementari rispetto a quelle delle famiglie. E' così comprensibile che verifichino ciò che è stato recepito attraverso controlli ed esami: nella vita scolastica, è un metodo che favorisce l'assimilazione seria e duratura, molto più che un semplice mezzo d'assegnazione di diplomi e titoli.

Per i fanciulli cristiani, è d'importanza capitale poter progredire nella formazione religiosa allo stesso ritmo che nella formazione profana. Bisogna assolutamente trovarne il modo. L'avevano ben capito i pionieri missionari che fondarono le prime scuole in Camerun! Oggi voi disponete, sia in questa provincia che nell'insieme del Paese, di un gran numero di scuole primarie cattoliche e di svariati istituti secondari: essi permettono di creare una comunità nella quale la fede vivente in Gesù Cristo e la preghiera sono in modo quasi naturale integrate agli studi, nella quale lo spirito evangelico ispira l'educazione morale e l'atmosfera della vita scolastica. Esorto vivamente i genitori cattolici che possono farlo a sostenere queste scuole al di là delle sovvenzioni normalmente elargite; e chiedo ai pastori e agli insegnanti di vegliare sul loro valore, sia sul piano umano che spirituale.

So che, soprattutto a Douala, esistono molte altre scuole o collegi di Stato, oltre che collegi privati. In tutti questi casi è importante che i genitori, i parroci e gli insegnanti di buona volontà cooperino al fine di assicurare ai fanciulli e ai giovani una buona formazione cristiana, in particolare grazie alle elargizioni. I cattolici non possono trascurare l'educazione alla fede dei propri figli.


7. Tuttavia molte altre comunità, ambienti di lavoro, organizzazioni ricreative oggi contribuiscono a influenzare i giovani. Anche qui deve esercitarsi un'azione educativa. Per un cristiano, in particolare, la fede non è semplice conoscenza astratta, è un'esperienza di Chiesa. Quest'esperienza comincia in seno alla famiglia cristiana, che è simile a un santuario di Dio nella casa. può continuare nella scuola cattolica. Ma vive soprattutto in parrocchia, nella quale i giovani devono avere un posto privilegiato. Essi possono raggiungere la loro maturità di cristiani grazie ai catechisti, o ai gruppi di preghiera, ai movimenti d'azione cattolica, alle confraternite, alle svariate associazioni nelle quali tra giovani e insieme agli educatori si impara a riflettere e ad agire da cristiani, in quel clima di amicizia che è adatto agli adolescenti.


8. Se la famiglia e i vari movimenti educano, spetta tuttavia ai giovani che stanno maturando assumersi essi stessi il compito della propria educazione (cfr. Lettera ai giovani, n. 13), costruire la propria personalità a partire dal retaggio ricevuto, dai valori morali e spirituali discoperti. Tutti i contatti umani, tutte le conoscenze devono servire a questo arricchimento; e soprattutto deve farlo lo stesso lavoro, che forma l'uomo. Ogni lavoro, poiché il lavoro manuale va rispettato al pari del lavoro intellettuale.


9. Tuttavia, se i giovani hanno la responsabilità della propria autoeducazione, è anche necessario che trovino nella società delle condizioni e un clima che la favoriscano. E qui i responsabili del bene comune, quelli dei mezzi di comunicazione sociale, a qualunque religione appartengano, le comunità religiose, hanno il proprio ruolo da svolgere per il miglioramento di queste condizioni.

Voi adulti attribuite grande importanza ai valori morali e spirituali, all'onestà, al servizio disinteressato? Oppure al contrario assegnate priorità al denaro, al profitto, al possesso egoista? Vi date voi alla critica sistematica e allo scetticismo che rende cinici? Vi preoccupate di rendere vive e aperte le vostre comunità cristiane? Se esse non sanno accogliere con calore i giovani, essi se ne allontaneranno per cercare altrove una tale atmosfera. E se la loro formazione cristiana sarà insufficiente, essi non saranno in grado di discernere le carenze delle dottrine che vengono loro proposte.

Il dramma dei giovani ridotti alla disoccupazione, tentati da qualunque mezzo, anche disonesto, per sopravvivere, è sufficientemente tenuto presente? La società cerca a sufficienza di porre rimedio allo sradicamento dei giovani dalla famiglia, li aiuta a sufficienza a trovare e ad accettare possibilità di lavoro? Tobi ha avuto il figlio che si meritava, voi avrete i giovani che vi meriterete.


10. Cari fratelli e sorelle, ho voluto ricordare queste necessità che possono sembrare pesanti, tuttavia vi invito alla fiducia. L'opera di educazione cattolica sarebbe superiore alle nostre forze, se restassimo isolati. Si, uniamoci. E affidiamo a Dio la collaborazione che ci richiede per i nostri figli, per i suoi figli: "Se il Signore non costruisce la casa, invano faticano i costruttori".

Guardiamo incessantemente a Cristo. Egli è il Maestro che ha educato gli apostoli alla fede, alla costanza in mezzo a tante prove, a tante reticenze, con una pazienza instancabile. Egli è il Salvatore che libera dal male e nello stesso tempo indica la via da percorrere. Ma ancora più, dà lo Spirito Santo che agisce come un maestro interiore nel cuore dei nostri figli mentre noi li esortiamo dall'esterno. Egli offre a ciascuno di essi i suoi sacramenti, al fine di rafforzare la sua alleanza con loro. Noi lo supplicheremo per loro, per voi, per tutti gli educatori, così come egli pregava per i suoi apostoli, in modo da poter dire: "Nessuno di loro è andato perduto" (Jn 17,12). Egli fa sua la nostra preghiera: "Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt 18,20).

Uniamo tutti gli sforzi del popolo di Dio nel Camerun per la riuscita dell'educazione dei giovani: che Cristo li unisca al suo sacrificio redentore del mondo! Che faccia di noi un'offerta gradita a Dio, e che questo sacrificio porti dei frutti nella vita di tutti! Noi viviamo questa Eucaristia in unione col Congresso eucaristico internazionale di Nairobi, al quale sto per partecipare, e che ha per tema: "L'Eucaristia e la famiglia cristiana".

La Vergine Maria ha partecipato all'educazione dei discepoli intorno a Gesù: "Fate quello che vi dirà" (Jn 2,5). Ascesa al cielo, ella guida e sostiene la speranza di questo popolo ancora in cammino. Come una Madre, meglio di qualsiasi madre della terra, ella veglia su di noi, affinché i nostri cuori si rivolgano a Dio. Amen!

Data: 1985-08-13 Data estesa: Martedi 13 Agosto 1985






GPII 1985 Insegnamenti - Incontro ecumenico - Yaoundé (Camerun)