GPII 1985 Insegnamenti - Al Pontificio Consiglio "Co Unum" - Città del Vaticano (Roma)

Al Pontificio Consiglio "Co Unum" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nello spirito del Concilio per un mondo più umano

Signor cardinale, cari fratelli dell'episcopato, cari fratelli e sorelle.


1. Allorché ci prepariamo a commemorare il XX anniversario della chiusura del Concilio ecumenico Vaticano II, voi non mancherete, nel corso della vostra assemblea plenaria, di richiamare ciò che congiunge lo scopo e l'attività del vostro Pontificio Consiglio a questo Concilio.

Il Papa Paolo VI diceva (cfr. Lettera d'istituzione del 15 luglio 1971) che il lavoro di questo Consiglio "corrisponde pienamente ai desideri espressi dal Concilio Vaticano ll" in ciò che concerne la coordinazione e la collaborazione organica "nei campi dell'aiuto caritatevole, dell'assistenza e dello sviluppo" e il ruolo dei cristiani nel reciproco aiuto internazionale, come lo esprime la costituzione pastorale "Gaudium et Spes" alla quale si riferisce.

2. Voi trovate la vostra ispirazione in questo "compito di carità universale", condizione "della promozione di un mondo più umano per tutti, in cui tutti dovranno dare e ricevere" (cfr. PP 44).

Vi ho domandato a più riprese di contribuire a riabilitare questa carità; voi avete la missione di farne catechesi; essa è come un filo conduttore del Concilio, che permette di congiungere tra di loro i testi e i documenti. Non è essa il segno dello Spirito Santo, il quale ha ispirato l'iniziativa e lo svolgimento del Vaticano II? E' questa missione dello Spirito d'Amore che deve realizzare la Chiesa e di cui noi siamo i servitori. Come lo ricordava Paolo VI, a proposito della solidarietà e dell'aiuto reciproco, questo compito appartiene in primo luogo al successore di Pietro e dipende dalla carica apostolica che gli è stata affidata dalla volontà divina, poiché questa l'ha stabilito Pastore della Chiesa romana "che presiede l'assemblea universale della carità" (san'Ignazio d'Antiochia, "Ad Romanos").


3. Consiglio pontificio voi aiutate il successore di Pietro e voi siete anche al servizio dei Pastori che nelle loro Chiese particolari, presiedono l'assemblea diocesana della carità. Voi siete, per le attività della pastorale sociale, al servizio della collegialità, così come è stato messo in rilievo dal Concilio Vaticano II.

Per essere veramente un segno della solidarietà alla quale aspira la famiglia dei popoli, la Chiesa deve manifestare nella sua vita una grande cooperazione tra le Chiese dei paesi ricchi e quelle dei paesi poveri; si tratta al tempo stesso di comunione spirituale e di spartizione delle risorse umane e materiali. Per meglio attuare l'aiuto tra le Chiese, le differenti istanze della Chiesa e innanzitutto della Santa Sede devono coordinare i propri sforzi, e la solidarietà fraterna, deve favorire sempre l'autonomia e la responsabilità dei beneficiari. In questo senso bisogna determinare i criteri, scegliere i progetti concreti, lavorare alla loro realizzazione. Una simile organizzazione non deve mirare soltanto a dei progetti economici, ma permette anche attività capaci di promuovere la formazione umana e spirituale che assicura il lievito necessario per lo sviluppo integrale dell'uomo.


4. Io desidero ancora sottolineare quanto la composizione stessa del vostro Consiglio dipende dallo Spirito del Concilio, non soltanto per la provenienza internazionale dei membri, ma per questo incontro di pastori, di religiosi, di religiose, di preti, di laici, responsabili diocesani e rappresentanti delle Organizzazioni cattoliche, tutti impegnati nella pastorale sociale, immagine di ciò che è l'assemblea della carità.

Si, io vi ridico con gioia e riconoscenza "Dio sia lodato per avere ispirato al Papa Paolo VI la creazione di questa diaconia moderna della carità, al centro stesso della Chiesa!" (Udienza a "Co Unum", 23 novembre 1983). E' certo che quali che siano le strutture dell'istituzione, i suoi legami o la sua cooperazione con altri dicasteri, il vostro servizio specifico dovrà essere assicurato, con i fini e le attività essenziali che sono attualmente i vostri, perché è fondamentale per l'opera di carità del Papa e della Sede apostolica, per la promozione della carità nella Chiesa e i legami fraterni di aiuto reciproco tra le Chiese.




5. Che i poveri sappiano, loro stessi che il vostro organismo è più particolarmente il loro! Non sono essi con voi questi giorni in cui voi proponete di mettere in comune le vostre riflessioni, la vostra meditazione di preferenza sul povero? Domandate allo Spirito Santo che vi dia uno spirito da poveri perché possiate comprendere come Dio vede il povero, perché Cristo ha scelto la povertà.

Che la Vergine Maria vi insegni una ad una le parole del suo "Magnificat" che ci introducano all'intelligenza delle beatitudini! così, voi comprendete nel suo vero l'opzione preferenziale per i poveri di cui si parla spesso, ciò significa senza esclusione di alcuno e senza confondere il campo politico e l'azione pastorale. Una simile opzione deve essere attuata da tutta la Chiesa, ma nella Chiesa voi avete la responsabilità particolare - nella fedeltà del Concilio - di rammentare a tutti "che lo spirito di povertà e di carità, è la gloria e il segno della Chiesa di Cristo" (GS 88).

Oggi in occasione della vostra assemblea plenaria, io sono lieto di rendere omaggio alla missione che voi svolgete e a tutti coloro che vi collaborano: dapprima ai permanenti i quali, seppur in numero ridotto, assicurano quotidianamente qui un enorme lavoro, un lavoro qualitativo, come presidente, vicepresidente, segretario, sottosegretario e i loro collaboratori. Ringrazio pure i membri riuniti in questo momento in assemblea, gli organismi che vi sono rappresentati, gli esperti e i consulenti. Che il Signore vi ricompensi di questo servizio ecclesiale, nel quale voi fate fruttificare così bene i vostri talenti! Prego lo Spirito Santo, Spirito d'amore, di ispirarvi e di guidarvi ancora nei vostri lavori ai quali sono particolarmente vicino. E di cuore, vi do la mia benedizione apostolica.

Data: 1985-11-18 Data estesa: Lunedi 18 Novembre 1985





Ai vescovi coreani in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nella catechesi la dimensione sociale del messaggio evangelico

Cari cardinali e fratelli vescovi.

Sia lodato il nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, che ci dà la grazia di incontrarci ancora! Questa volta in Vaticano, in occasione della vostra visita "ad limina". "Grazia a voi e pace da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo" (1Co 1,3).


1. La Chiesa in Corea, di cui voi siete i pastori, sta sperimentando un periodo molto dinamico per la sua crescita e il suo sviluppo. Il seme di fede che era stato scoperto e nutrito dalla prima generazione di cristiani coreani due secoli fa, si sta ora sviluppando verso una maturità che è già caratterizzata da abbondanti frutti di santità e martirio.

Con grande gioia e fervore spirituale avete celebrato il bicentenario della presenza della Chiesa nel vostro paese, culminato nella canonizzazione di Andrea Kim e dei suoi compagni martiri, una cerimonia alla quale, per amorosa bontà del nostro Padre celeste, ho potuto partecipare durante la mia visita in Corea nel maggio dello scorso anno. Gioisco pienamente con voi per i doni di fede e di vita cristiana che lo Spirito Santo, datore della Vita, ha concesso alle vostre comunità nella preparazione e nella celebrazione di questi straordinari eventi. Riconosciamo umilmente questo tempo di grazia, e "non stanchiamoci di fare il bene, poiché a stagione dovuta potremo raccogliere, se non ci perdiamo d'animo" (Ga 6,9).

Ho seguito da vicino le molte attività pastorali che voi e i vostri collaboratori avete iniziato e portato avanti, e vi incoraggio a continuare in questo cammino di speranza, immaginazione e creatività, guidando la porzione di Chiesa a voi affidata verso quella "carità e unità del Mistico Corpo, senza della quale non ci può essere salvezza" (LG 26). Questo è ancora quel "momento speciale nella storia della Chiesa di Corea" di cui parlai quando vi incontrai al Seminario Maggiore di Seoul il 3 maggio 1983. E' un tempo per "proclamare di nuovo la natura della Chiesa, affermare le sue priorità, manifestare ed esemplificare la sua santità". Ancora vorrei ripetere che "tutte le strutture della Chiesa, tutti i servizi che essa offre... sono volti alla santità della vita e a quello zelo che solo la santità può rendere possibile e sostenere per un lungo periodo di tempo" (Discorso ai vescovi di Corea, 3 maggio 1984).

Il Concilio ci ricorda che sono soprattutto i vescovi, i quali "pregando e lavorando per il popolo, comunicano la santità di Cristo in molti modi e abbondantemente" (LG 26). Possa il Signore stesso sostenervi in questo compito e possiate voi sentire la sua particolare urgenza, contemplando la crescita e la vitalità delle vostre Chiese locali.


2. Una delle consolazioni del vostro ufficio pastorale e un fatto che sicuramente vi dà fiducia riguardo ai bisogni futuri della Chiesa nel vostro paese, è il servizio generoso e dedito dei vostri sacerdoti, sia coreani che provenienti da altri paesi. Attraverso la testimonianza delle loro vite, insegnando la parola di Dio e amministrando i sacramenti, essi condividono il compito e il fardello del vostro ministero e vi aiutano a rendere la Chiesa di Cristo veramente presente.

Essi lo fanno in risposta alla loro specifica somiglianza con Cristo stesso che essi hanno acquistato con l'ordinazione. E' importante perciò che questo speciale rapporto con il Pastore Supremo sia reso evidente a tutti attraverso la loro formazione sacerdotale, la loro vita e la loro attività. I sacerdoti hanno un'unica responsabilità, "condurre una vita degna della vocazione cui sono stati chiamati" (Ep 4,1). Dalla loro "fedele alleanza" con Cristo (cfr. Mt 20,28OT ", 9).


3. I religiosi e le religiose delle vostre diocesi sono pure vostri attivi collaboratori nella vigna del Signore. Mettendo lo speciale carisma delle loro vite al servizio della Chiesa locale, essi la rendono capace di rispondere a molti bisogni particolari della missione evangelizzatrice, e nel contempo manifestano l'intima vitalità della comunità ecclesiale che fa sorgere forme tanto varie di vita cristiana. Specialmente le religiose guardano a voi come guide, cosicché nel pieno rispetto per il fine specifico di ogni Istituto, possano trovare modi ancora più efficaci per contribuire alla formazione del popolo di Dio e in particolare nei programmi di vita pastorale. Ad ognuno degli Istituti religiosi di Corea vorrei chiedervi di portare i miei affettuosi saluti nell'amore di nostro Signore Gesù Cristo.


4. Come pastori voi percepite il bisogno del vostro popolo per un'adeguata formazione nella fede, affinché la grazia riversata con il Battesimo possa portare frutti abbondanti. La Chiesa di Corea riceverà un immenso beneficio dal grandissimo sforzo di catechesi e di formazione teologica a ogni livello.

Sono lieto di sapere che la vostra Conferenza sta mettendo in opera vari programmi di formazione permanente per sacerdoti, con la costituzione di uno speciale centro a questo scopo; so anche che l'Associazione dei Superiori dei Religiosi sta facendo lo stesso per i propri membri. Accanto all'intensificazione dell'educazione teologica, spirituale e culturale offerta inizialmente nei vostri seminari e nelle case religiose, questo progetto favorirà indubbiamente una maggiore efficacia nella proclamazione della parola e un costante rinnovamento e miglioramento nei metodi di evangelizzazione e catechesi. I vostri catechisti e i membri delle associazioni apostoliche laiche, molti dei quali meritano un particolare riconoscimento, dovrebbero essere incoraggiati nei loro sforzi per acquisire sempre maggiore competenza nella trasmissione della fede. Oggi non meno che in passato, il laicato di Corea è chiamato ad esprimere il proprio amore per la Chiesa in genuina santità di vita relativamente al proprio stato e rispondendo alla propria missione di "consacrare il mondo stesso a Dio" (LG 34).

E' incoraggiante che il Consiglio Pastorale Nazionale, celebrato l'anno scorso per il bicentenario, abbia prodotto sagge iniziative, alcune delle quali avete valutato positivamente e state cercando di rendere operative. A questo riguardo, l'attenzione che state dando a far conoscere e comprendere la dottrina sociale della Chiesa non può che essere rafforzata dallo zelo di molti cattolici che sono impegnati nel difficile ma fruttuoso dialogo tra la fede e la cultura circostante. E' particolarmente rilevante che gli insegnamenti sociali della Chiesa siano inclusi nel nuovo catechismo che la Conferenza Episcopale intende pubblicare. In tal modo la dimensione sociale del messaggio evangelico può essere nuovamente evidenziata e resa nota ai fedeli a tutti i livelli.


5. Compiendo il vostro dovere pastorale a favore e in difesa della dignità umana, e in virtù del vostro legittimo interesse per la giustizia nel mondo del lavoro, avete recentemente pubblicato una lettera pastorale congiunta su questo tema. La complessità della questione vi è ben nota; nemmeno sottovalutate la vastità della sfida cui la società e la Chiesa devono far fronte in questo campo. Quale madre e maestra la Chiesa deve illuminare le coscienze degli individui e dei gruppi riguardo al vero valore e al vero scopo della vita e dell'attività umana nel piano di Dio. Avete mostrato una particolare sensibilità pastorale verso la necessità di porre maggiore attenzione allo sviluppo sociale e all'evangelizzazione tra i contadini e nella povertà urbana, specialmente tra coloro che sono giovani e disoccupati.

Le istituzioni umane, sia private che pubbliche - come insegna il Concilio - "devono lavorare e mettersi al servizio della dignità e del fine dell'uomo... In vero le istituzioni umane stesse si devono accordare gradualmente con le realtà più elevate, quelle spirituali, anche se talvolta occorrerà lungo tempo prima che si giunga alla meta desiderata" (GS 29).

La vostra sollecitudine per i valori della dignità umana, della giustizia e della libertà sono altamente encomiabili e hanno il sostegno della Chiesa intera. Prego che riusciate a guidare il processo di sviluppo sociale come pastori di un popolo pellegrino nel suo cammino verso "un regno di verità e vita, di santità e grazia, di giustizia, amore e pace" (cfr. GS 39).


6. Nelle vostre relazioni in preparazione a questa visita "ad limina" avete citato alcuni campi in cui la vostra missione evangelizzatrice sta affrontando sfide particolari. Alcune nascono dalle particolari condizioni della società coreana, altre dalle difficoltà che concernono la proclamazione del Vangelo in un mondo travagliato.

Una parte molto importante della vostra attività pastorale è rivolta alla vita familiare. La Chiesa intera è impegnata nella protezione e nella cura della famiglia. Proclamando coraggiosamente il piano del Creatore per il matrimonio e la famiglia, la Chiesa contribuisce al benessere dell'intera società, giacché la famiglia è "la prima e vitale cellula della società" (AA 11). Come si dice nell'esortazione apostolica "Familiaris Consortio" (FC 65), questa premura si estende a tutte le famiglie: "Per tutte loro la Chiesa avrà una parola di verità, bontà, comprensione, speranza e profonda simpatia".

Il "Movimento Famiglia Felice" che voi avete costituito, si è dimostrato un mezzo eccellente per far conoscere l'insegnamento Cattolico sul matrimonio e la famiglia. Le coppie sono aiutate nell'esercizio delle loro responsabilità secondo le esigenze etiche della loro dignità umana e cristiana. Possa Dio benedire abbondantemente i vostri sforzi e rafforzare la vita delle famiglie del vostro popolo di fronte alle potenti sfide che essi devono affrontare. E' particolarmente appropriato che abbiate scelto il tema "L'Eucaristia e la famiglia" come argomento della vostra riflessione pastorale per il prossimo anno.

Ho seguito con molto interesse le varie iniziative che avete condotto per riunire i membri di famiglie separate da molti decenni, e prego che questo processo possa continuare, per la gioia degli interessati e come testimonianza al mondo della singolare bontà del vero amore e affezione familiare.

Anche i giovani sono oggetto particolare del vostro ministero. Essi guardano alla Chiesa in cerca di aiuto per comprendere e affrontare il mondo in cui vivono. Ciò che si aspettano dalla Chiesa è la verità: una verità che presenta i più alti ideali di giustizia e amore, e impone le più alte richieste di servizio umile e impegno perseverante. Voi avete il compito difficile, ma remunerativo, di accompagnare con la vostra guida saggia e coraggiosa la loro ricerca del loro giusto posto nella Chiesa e nella società.


7. Miei cari fratelli, il Signore stesso è la vostra forza e la vostra difesa (cfr. Ps 3,3). E' lui che vi ha chiamati al ministero episcopale. Egli ha affidato la Chiesa di Corea al vostro amore e al vostro servizio. Invoco i doni santificanti dello Spirito Santo su ognuno di voi per il fedele adempimento di questo compito.

Possano Maria, Madre della Chiesa, e i vostri santi Martiri intercedere per voi davanti al Padre celeste. A tutta la Chiesa di Corea esprimo con piacere la mia profonda affezione e impartisco la mia benedizione apostolica.

Data: 1985-11-18 Data estesa: Lunedi 18 Novembre 1985











All'Istituto di musica sacra - San Girolamo in Urbe (Roma)

Titolo: Valorizzare l'antico patrimonio musicale con forme nuove

Cari fratelli e sorelle.


1. Ho accolto volentieri l'invito a presiedere al rito della benedizione del nuovo organo e della nuova sede di questo Pontificio Istituto di musica sacra, il quale fondato dal mio venerato predecessore san Pio X nel Palazzo dell'Apollinare, si trasferisce oggi in questa accogliente Abbazia di San Girolamo in Urbe.

Ringrazio anzitutto il Signore per aver reso possibile il trasferimento a questa dimora più adatta ai fini dell'Istituto, perché favorisce una migliore applicazione degli studi e degli esercizi musicali. Il mio grato pensiero va pure af cardinale William Baum e a Mons. Johannes Overath, rispettivamente gran cancelliere e preside dell'Istituto, per le significative espressioni con le quali hanno voluto introdurre questa cerimonia. Esprimo altresi il mio vivo ringraziamento a tutti coloro che sono stati gli strumenti della Provvidenza nella realizzazione di ristrutturazione dei locali, e in particolare agli appartenenti all'"Opus Sancti Gregorii", i quali ne hanno generosamente facilitato il compimento.

A tutti voi, docenti, discepoli e cultori di musica, presenti a questo solenne incontro, rivolgo il mio affettuoso saluto, con l'auspicio che possiate crescere di giorno in giorno nell'amore di Dio "cantando e inneggiando al Signore con tutto il vostro cuore" (Ep 5,19).


2. Oggi, vigilia di santa Cecilia nell'Anno europeo della musica, è doveroso accennare, in questo ambiente, alla vocazione e alla formazione di quanti si occupano in prima linea della liturgia e della sua musica. La costituzione conciliare sulla sacra liturgia sottolinea la dignità e l'importanza della musica nell'azione liturgica. Tale dignità esige nel musicista di chiesa una vera e propria vocazione. E nella generosità della sua risposta il musicista troverà anche la forza di affrontare il duro impegno che lo studio di tale materia comporta.

Trattandosi poi di musica sacra, che affonda le proprie radici nella liturgia, si impone l'esigenza di doti artistiche di prim'ordine. La creazione di opere di musica sacra esige uno sforzo diuturno per riuscire a esprimere il divino attraverso la ricca gamma dei suoni, per quanto ciò è possibile all'uomo.

La vocazione, inoltre, per la sua dinamica interna, tende a trasformarsi in adorazione; esperienza, questa, possibile quando il "cantare nella liturgia" nasce da un autentico "sentire cum Ecclesia". Questa unione continua con Dio e la capacità artistica si congiungono perciò in una felice sintesi, nella quale i due elementi si arricchiscono mutuamente. Qui è da ricercarsi la fonte inesauribile dell'arte sacra. La liturgia, vissuta con la partecipazione globale della persona, sia perciò la preoccupazione primaria nel cammino formativo di quanti vogliono divenire musicisti di chiesa.


3. Il Pontificio Istituto di musica sacra di Roma, che sorge vicino alla sede di Pietro, si senta coinvolto nella missione apostolica, concretizzando quei programmi di rinnovamento ecclesiale che il Concilio da tempo ha auspicato.

Accanto alle materie fondamentali tradizionali, quali il canto gregoriano, l'organo e la polifonia classica - sono, questi, ambiti artistici divenuti autentiche apologie della fede e perciò pura linfa vitale che ha nutrito sin dalle origini lo sviluppo artistico e spirituale della cultura musicale europea - è doveroso riconoscere il ricco dono che alla Chiesa tutta viene dalla conoscenza amorosa e consapevole dei tesori delle Chiese orientali, della loro liturgia e musica.

Il Concilio pero chiede anche un'attenzione nuova a vari fattori culturali. L'introduzione delle lingue volgari nella liturgia romana esige una piena valorizzazione delle tradizioni innologiche locali. La nuova sensibilità culturale e, prima ancora, un'ottica ecclesiale autenticamente cattolica chiede di aprire il cuore e la mente alle realtà musicali delle culture extraeuropee.

E' urgente operare secondo il sapiente principio del "conservare et promovere". Nella formazione e nell'esercizio pratico sforzatevi pertanto di trovare la sintesi tra liturgia e musica, tra scienze liturgiche e prassi musicale, tra ricerca scientifica e impegno pastorale. Per molto tempo realtà complementari per loro natura, quali la liturgia e la sua musica, sono state oggetto di studio e di attenzione paralleli, senza quella visione unitaria che, solo, permette di apprezzare in modo adeguato sia l'una che l'altra.

A voi il compito di approfondire con coraggio ogni aspetto della vita liturgica sino a trovare il giusto equilibrio che permetta di dare una risposta vera a quanto la Chiesa e il mondo attendono dai musicisti a servizio della liturgia.


4. Avviando una nuova fase della vita dell'Istituto, ormai alla vigilia del suo LXXV anniversario di fondazione, è auspicabile che questa sede diventi come un crocevia, dove nella vita liturgica si incontrino le varie espressioni artistiche che consapevolmente sono finalizzate alla glorificazione di Dio e alla santificazione degli uomini. A questo proposito è significativo il dono del nuovo organo dedicato a Maria, a colei che nel cantico del Magnificat ha esaltato gli umili che sanno percepire nei loro cuori le ineffabili meraviglie di Dio. Con Maria, Madre della Chiesa e vera cetra dello Spirito Santo, ciascuno è invitato a penetrare nel cuore stesso di Dio. Vi diro perciò che le parole di sant'Ambrogio: "Sit in singulis Mariae anima, ut magnificet Dominum, sit in singulis spiritus Mariae ut exultet in Deo" ("Exp. Ev. sec. Lucam", II,26).

Studiare musica sacra, sarebbe sforzo vano se non fosse alimentato da una vita ecclesiale segnata dalla fede: una fede che si rinnova a contatto col patrimonio religioso e artistico del passato, ma che si confronta con le esperienze culturali e artistiche del presente, consapevole che la fedeltà a Dio della storia comporta quale premessa e quale conseguenza un'assoluta fedeltà all'uomo: l'uomo, che da sempre anela a essere il cantore del bello e di Colui che del bello è l'Artefice.


5. Ma la musica sacra deve fomentare anche l'amore tra i fratelli. Essa deve formare la comunità favorendo la fusione delle voci e dei cuori, e riunendo gli animi in un solo anelito nella lode di Dio, creatore dell'universo e Padre di tutti.

Per tale ragione il Concilio raccomanda che "si incrementi con ogni cura il canto religioso popolare, in modo che le voci dei fedeli possano risuonare sia nei pii esercizi, sia nelle azioni liturgiche" (SC 11).

Sui responsabili della promozione della musica sacra incombe l'obbligo di aiutare e sostenere la partecipazione dei fedeli alla liturgia con la valorizzazione dell'antico patrimonio musicale e con la ricerca di forme nuove, procurando che tutto sia in grado di esprimere il sacro e di toccare la sensibilità religiosa degli uomini del nostro tempo.

Il canto, che fa parte dei vostri studi, divenga così segno distintivo della vostra vita cristiana e della vostra identificazione ecclesiale, come esortava a suo tempo sant'Agostino: "Cantate con la voce, cantate con la bocca, cantate con i cuori, cantate con un comportamento retto" ("Sermo 34", 6).

Con questi pensieri, vi auguro che dalla presente cerimonia prendano nuovo slancio le vostre attività accademiche e possiate conseguire buon esito nelle vostre affermazioni personali in un campo così nobile quale è quello della musica sacra, destinata alla gloria di Dio e allo splendore del culto divino.

Data: 1985-11-21 Data estesa: Giovedi 21 Novembre 1985





Al collegio cardinalizio - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La Curia strumento e aiuto al Romano Pontefice




1. Con grande gioia vi vedo qui riuniti, venerati fratelli cardinali, che siete considerati da tempi remotissimi i più vicini consiglieri e ausiliari del successore di Pietro, e, come si esprimeva il mio predecessore Sisto V, "quasi oculi, et aures, ac nobilissimae sacri capitis partes, et praecipua illius (Summi Pontificis) membra a Spiritu Sancto constituta" (Const. "Postquam", 3 dec. 1586; "Bullarium Romanum", 4, IV, 278ss.).

Vi saluto con tutto il cuore e vi esprimo la mia gratitudine per la vostra presenza, nonostante i vostri molteplici impegni di lavoro. Siete venuti a prestare al Vescovo di Roma il prezioso contributo della vostra assistenza. Ciò risponde appieno alla natura stessa dell'essere cardinale, che, più che una dignità, è un servizio; e questo acquista la sua particolare connotazione dalla duplice dimensione che, come è stato diverse volte ripetuto, caratterizza la istituzione del cardinalato: l'universalità e l'unita.

In considerazione di questa stretta collaborazione, che il Collegio cardinalizio è chiamato, fin dalle sue origini, a prestare al Papa, ho voluto chiamarvi a Roma, venerati fratelli, già dall'inizio del mio Pontificato. Come osservavo nella prima riunione, il 6 novembre 1979, voi, "oltre al compito di eleggere il Vescovo di Roma, avete anche quello di sostenerlo in modo particolare nella sollecitudine pastorale per la Chiesa nelle sue dimensioni universali"; e dopo aver ricordato i vincoli particolarissimi che vi rendono parte viva della Chiesa Romana aggiungevo: "Proprio in questo singolare legame... sta il motivo per cui il Vescovo di Roma desidera incontrarsi con voi più spesso, per trarre profitto dai vostri consigli e dalle vostre molteplici esperienze. Inoltre, l'incontro dei membri del Collegio cardinalizio è una forma in cui si esercita anche la collegialità vescovile e pastorale, che è in vigore da oltre mille anni, e conviene che noi ce ne avvaliamo anche nei tempi odierni".

Così, nella successiva riunione del novembre 1982, mi rifacevo a queste essenziali finalità a cui oggi è chiamato il Collegio dei cardinali, per l'esercizio della fondamentale missione di primi consiglieri e collaboratori del Papa nel contesto specifico "del generale sviluppo della collegialità dopo il Vaticano".


2. Le precedenti riunioni plenarie fanno perciò ben vedere come i cardinali - non solo ciascuno individualmente preso, ma tutti insieme come Collegio - collaborano col Vescovo di Roma partecipando al "ministerium Petrinum" che gli è affidato.

a) In questa prospettiva, nell'assemblea del 1979 vi furono sottoposti tre principali problemi: il riordinamento delle strutture della Curia Romana, operato dalla costituzione apostolica "Regimini Ecclesiae Universae", e la necessità di una sua revisione; i rapporti tra la Santa Sede e la cultura, con riguardo all'attività delle varie Accademie Pontificie; le responsabilità connesse con la situazione del settore economico e i mezzi a disposizione della Sede apostolica. Ma anche altre, non meno importanti questioni furono toccate, come la pastorale della famiglia con l'esigenza dell'istituzione di un apposito dicastero "per la famiglia"; e la promozione della sacra liturgia nel quadro delle competenze della Curia.

I problemi sopra elencati sono esplicitamente collegati con la realizzazione pratica delle norme date dal Vaticano II: basti ricordare la seconda parte della "Gaudium et Spes", che si sofferma su "alcuni problemi più urgenti" posti dal rapporto tra la Chiesa e il mondo contemporaneo, tra cui la dignità del matrimonio e della famiglia e la sua valorizzazione e la promozione del progresso della cultura.

b) I temi, poi, della riunione plenaria del 1982 ebbero come principale oggetto il "problema complessivo... riguardante la costituzione apostolica "Regimini Ecclesiae Universae" e l'intero suo ambito"; ma fu ricordato anche il metodo con cui si erano portati ad effetto i suggerimenti circa la famiglia e la cultura, specie con l'istituzione allora recente della Pontificia Commissione per la famiglia, seguita alla celebrazione della Sessione del "Synodus Episcoporum", nonché del Pontificio Consiglio per la cultura, sorto dopo le indicazioni della precedente riunione dei cardinali.

Fu inoltre fatta menzione dell'istituzione della speciale Commissione cardinalizia, composta di 15 membri, per lo studio dei problemi organizzativi ed economici della Santa Sede, riferendo sui primi passi di quell'organismo.

Tutto ciò avveniva alla vigilia della promulgazione del nuovo Codice di diritto canonico, la cui revisione era stata voluta dal mio predecessore Giovanni XXIII quasi parallelamente alla decisione della convocazione del Concilio.

Il Codice, che ho avuto la gioia di promulgare il 25 gennaio 198\ - due mesi dopo la seconda riunione dei cardinali! - era in certo senso l'ultimo documento del Concilio Vaticano II, e il primo annunzio del risveglio portato nella Chiesa dalla celebrazione dell'Anno della Redenzione, che si inaugurava il 25 marzo di quello stesso anno!


3. In questi tre giorni il Collegio dei cardinali si riunisce per la terza volta "in corpore".

a) Non posso non rilevare anzitutto che ciò avviene nella immediata prossimità della sessione straordinaria del Sinodo dei vescovi, da me appunto convocato il 25 gennaio scorso per ricordare il 20° anniversario della chiusura del Concilio. Gli obiettivi di questa sessione del Sinodo furono così definiti: "rivivere in qualche modo quell'atmosfera straordinaria di comunione ecclesiale che caratterizzo l'assise ecumenica, nella vicendevole partecipazione delle sofferenze e delle gioie, delle lotte e delle speranze, che sono proprie del Corpo di Cristo nelle varie parti della terra; scambiarsi e approfondire esperienze e notizie circa l'applicazione del Concilio a livello di Chiesa universale e di chiese particolari; favorire l'ulteriore approfondimento e il costante inserimento del Vaticano II nella vita della Chiesa, alla luce anche delle nuove esigenze " ("L'Osservatore Romano", 27 gennaio 1985). Confido che il riferimento al Vaticano II, in questo 20° anniversario, si farà sentire anche nella presente riunione.

E' vero che soltanto un terzo dei vescovi partecipanti al prossimo Sinodo fu presente ai lavori del Concilio; ma è interessante notare che, del "plenum" attuale del Collegio cardinalizio, ben 89 dei cardinali qui presenti presero parte a tutte o ad alcune assise conciliari. Possiamo perciò ben dire che facciamo ancora tutti parte di quella esperienza, proveniamo da essa; e i membri dell'episcopato mondiale che si è succeduto in questi anni nelle sue nuove leve, nonché i venerati fratelli cardinali nominati nello scorso ventennio, appartengono a una generazione che ha respirato l'atmosfera del Concilio, ha vissuto l'epoca stupenda e generosa, ardente e anche drammatica che è seguita alla conoscenza, diffusione e applicazione dei suoi documenti fondamentali. Le giornate romane, che si concluderanno anch'esse l'8 dicembre, solennità dell'Immacolata, la presenza di vecchi e nuovi membri, nonché degli uditori e uditrici, degli invitati speciali, degli osservatori-delegati, faranno certamente rivivere quell'esperienza unica, riportandoci, nel "kairos" di oggi, a quello di vent'anni fa.

Per questo confido che la stretta relazione del Sinodo col Concilio abbia una voce viva nella riunione che oggi iniziamo. Si può ben dire, infatti, che questa assemblea è come un'autorevole introduzione alla grande celebrazione che presto incominceremo: è noto infatti che l'argomento della Curia Romana suscito fin dall'annuncio del Concilio Vaticano II vivo interesse nei vescovi, i quali presentarono già nella fase antepreparatoria numerose proposte tendenti a una riforma della Curia, alla sua internazionalizzazione, a una chiara definizione della sua funzione e delle sue competenze ed inoltre a una maggiore presenza di vescovi diocesani nei quadri dirigenti.

b) Il tema centrale di questa assemblea riguarda appunto il problema concreto della nuova "Regimini Ecclesiae Universae". Se ne è già parlato nel 1979 e, soprattutto, nel 1982, sullo sfondo dei problemi allora discussi. Problema concreto, perché ci troviamo ora di fronte a un progetto che sta sotto i nostri occhi, inviato sia a voi, membri del Collegio cardinalizio, sia ai presidenti delle Conferenze episcopali dei cinque continenti, e, ovviamente, ai superiori dei dicasteri della Curia Romana, direttamente interessati.

Una consultazione così vasta e diversificata era necessaria per conoscere il pensiero delle persone interpellate - rappresentanza completa della Chiesa e della Curia Romana - circa: i criteri seguiti nella revisione, la nuova tipologia semplificata degli organismi della Curia, la loro denominazione e struttura, i caratteri di pastoralità, collegialità e sussidiarietà che emergono dall'insieme della nuova impostazione, l'esigenza di uno stretto collegamento tra la Curia Romana e le Conferenze episcopali e di un necessario coordinamento tra i dicasteri stessi. Come si vede, si tratta di problemi di natura teologica - specialmente ecclesiologica - oltreché pastorale, giuridica, pratica, che si intrecciano e si intersecano nel formare la fisionomia del secolare organismo, di cui i Pontefici Romani si servono nell'esercizio del mandato apostolico, ricevuto da Cristo Signore e trasmesso a Pietro e ai suoi successori, fino alla fine dei tempi.

La decisione di un rinnovamento della costituzione apostolica "Regimini Ecclesiae Universae" era già stata presa dal mio predecessore Paolo VI, lucido e penetrante conoscitore della Curia Romana. Tale decisione fu la logica conseguenza del Vaticano II, come già ho rilevato. In più, dopo la promulgazione del nuovo Codice di diritto canonico, vi sono ora premesse ancora più immediate per una nuova elaborazione del documento.


4. Siamo sulla linea del Concilio. Infatti, le proposte dei Padri circa un rinnovamento della Curia, dopo le note discussioni nelle Congregazioni generali 60-63, approdarono al n. 9 del decreto "Christus Dominus" (CD 9), che dice: "In exercenda suprema, plena et immediata potestate in universam Ecclesiam, Romanus Pontifex utitur Romanae Curiae Dicasteriis, quae proinde nomine et auctoritate illius munus suum explent in bonum Ecclesiarum et in servitium Sacrorum Pastorum.

Exoptant autem Sacrosancti Concilii Patres ut haec Dicasteria, quae quidem Romano Pontifici atque Ecclesiae Pastoribus eximium praebuerunt auxilium, novae ordinationi, necessitatibus temporum, regionum ac rituum magis aptatae, subiciantur, praesertim quod spectat eorundem numerum, nomen, competentiam propriamque procedendi rationem atque inter se laborum coordinationem".

Da tale definizione, la Curia appare come uno "strumento" e un "aiuto al Romano Pontefice". Essa ha, quindi, un carattere strumentale che configura la sua nozione e giustifica la sua ragione di essere. Essa è relativa al Papa, e da lui riceve il potere; e nell'identità di vedute con lui risiede la sua forza, il suo limite, il suo codice deontologico.

Paolo VI la defini, nel 1963, due anni prima della promulgazione del decreto "Christus Dominus": "organo di immediata aderenza e di assoluta obbedienza, del quale il Papa si serve per espletare la sua universale missione".

La sua potestà è vicaria, e come tale deve misurarsi di continuo con la volontà di colui "cuius vices agit", nella ricerca di un'interpretazione assolutamente fedele. In questa prospettiva si vede quanto siano aberranti quelle concezioni che pretendono di opporre la Curia al Papa, come se si trattasse di un altro potere parallelo, o una specie di diaframma che ostacola o filtra la sollecitudine pastorale del Papa.

Il Romano Pontefice - ci dice ancora il decreto "Christus Dominus" - si serve dei dicasteri della Curia "in exercenda suprema, plena et immediata potestate in universam Ecclesiam". Sono le classiche parole del Concilio Vaticano I, riproposte dal Concilio Vaticano II. Qui si tratta unicamente della potestà primaziale del Papa, a lui personalmente conferita.

Il ministero di Pietro è pero fondamentalmente un servizio all'unità, come afferma la "Lumen Gentium": "Ut... Episcopatus ipse unus et indivisus esset beatum Petrum ceteris Apostolis praeposuit in ipsoque instituit perpetuum ac visibile unitatis fidei et communionis principium et fundamentum". Questa unità è un meraviglioso dono dello Spirito Santo, che deve essere conservato, difeso, tutelato, promosso, costruito di continuo con la preziosa collaborazione, in particolare, di coloro che a loro volta sono "visibile principium et fundamentum unitatis in suis Ecclesiis particularibus" (LG 2 LG 1 LG 8 LG 23).

La cooperazione che la Curia presta al Romano Pontefice è essenzialmente inserita in questo servizio all'unità. Si tratta innanzitutto di unità di fede, che ne rimane l'insostituibile fondamento, di carità, ma anche di disciplina; unità che non teme la diversità, che anzi si arricchisce di continuo con l'immensa varietà di doni che lo Spirito Santo fa alle Chiese, purché non diventino tendenze isolazionistiche e centrifughe e vengano armonizzati nella fondamentale unità della Chiesa universale.

Il compito di Pietro è inoltre di "confirmare fratres" e ciò comporta una cura continua di custodire, insegnare, dichiarare la "recta fides", come pure di sostenere i fratelli vescovi nel loro "munus fidei" di "magistri et doctores", ciò che può richiedere talvolta delle particolari misure e interventi.

L'esercizio del "munus" petrino realizzato con la collaborazione della Curia implica una fitta e varia rete di rapporti con le Chiese particolari, come il flusso vitale in un unico organismo. In questi rapporti tra Chiesa universale e Chiese particolari tra Curia Romana e vescovi diocesani, possono forse sorgere tensioni, dovute a volte a una non precisa e sufficiente comprensione dei rispettivi ambiti di competenza.

Poiché il Vescovo di Roma è "totius Ecclesiae Pastor", il suo ministero supremo è eminentemente pastorale - perciò l'azione della Curia deve essere chiara espressione del suo servizio pastorale. La pastoralità deve essere inequivoca qualifica della Curia Romana.

Alla luce di questi principi, e particolarmente di quello della pastoralità, la Curia deve corrispondere a tutti quei compiti della Chiesa nella nostra epoca, che si sono posti via via in evidenza alla luce del Vaticano II. I particolareggiati passi, compiuti in relazione a tale constatazione sia da Paolo VI, sia successivamente al 1978, hanno avuto ciò come unico scopo. Ricordo l'istituzione del Segretariato per l'Unione dei cristiani e degli altri segretariati; come degli altri organismi post-conciliari; tra essi cito il "Consilium pro Laicis" e, accanto ad esso, il Comitato per la famiglia, quest'ultimo organismo, sullo sfondo della complessa e molteplice problematica suscitata dall'odierna situazione di matrimonio e famiglia - come, ad esempio, si è manifestata in occasione del Sinodo 1980 - doveva diventare un organismo a parte e "specializzato". In modo analogo si è proceduto alla creazione del Pontificio Consiglio per la cultura, tenendo cioè conto dei delicati aspetti che presenta il mondo della cultura di oggi, e delle sfide che pone all'evangelizzazione.

Recentemente, poi - nell'ambito del Consilium pro Laicis - questa Sede apostolica ha voluto occuparsi in modo più funzionale e specializzato dell'assistenza agli operatori della "pastorale sanitaria", che formano un gruppo di professionisti molto importante dal punto di vista della vocazione cristiana, posta di fronte ai problemi intricati e gravissimi della vita e della responsabilità per la vita stessa.


5. Per considerare questa vasta materia abbiamo certamente a disposizione un tempo non molto ampio. Ma, sfruttandolo adeguatamente, potremo certamente raggiungere l'obiettivo proprio di questa riunione plenaria dei cardinali, tanto più che tutti voi, sia individualmente, sia nell'ambito delle rispettive Conferenze episcopali a cui appartenete o presiedete, sia come responsabili dei vari dicasteri della Curia Romana, avete già espresso i vostri pareri e le vostre proposte.

Dal programma ricevuto avete potuto già conoscere i particolari organizzativi, riguardanti lo svolgimento e le norme di lavoro di questa sessione.

Dall'esecuzione rapida e puntuale delle linee di azione ivi descritte dipenderanno l'efficacia e i frutti di queste giornate intense e feconde.


6. Venerati e dilettissimi fratelli! Mi richiamo ancora una volta al passato millenario e ai meriti del Collegio cardinalizio, che, nella validità e nel significato del servizio prestato al "munus Petrinum", trova la giustificazione teologica per l'esercizio dei suoi compiti: di quelli del passato come di quelli contemporanei, per il tempo in cui viviamo.

San Pier Damiani definiva i cardinali "spirituales Ecclesiae universalis senatores" (PL 143, 540). E il mio predecessore Sisto V sottolineava che essi sono chiamati, perché accanto al Romano Pontefice, "communis Pater et Pastor", "tanti ponderis molem atque onus populorum sustineant, et pro animarum salute, pro fide, pro iustitia, pro unitate assidue invigilent ac laborent, qui, circa ipsum universali Ecclesiae serviendo, singularum Ecclesiarum commoditatibus se impendant, quorum consilio idem Pontifex agenda disponat" (Const. "Postquam").

Sono parole di quattro secoli fa, ma esprimono anche l'ansia pastorale del servizio, a cui ci chiamano le responsabilità di oggi. All'adempimento di tali compiti vuol servire appunto questa riunione plenaria, che oggi nel nome di Dio iniziamo.

Data: 1985-11-21 Data estesa: Giovedi 21 Novembre 1985






GPII 1985 Insegnamenti - Al Pontificio Consiglio "Co Unum" - Città del Vaticano (Roma)