GPII 1985 Insegnamenti - Ai lavoratori dell'Italsider - Cornigliano (Genova)


1. Sono felice che la mia visita alla Chiesa e al popolo di Genova si apra con questo incontro con voi, che siete rappresentanti qualificati non solo delle attività, delle aspirazioni e dei problemi odierni di questa bellissima città, ma anche della sua gloriosa tradizione, e direi quasi del carattere tipico acquisito dai genovesi, in patria e all'estero, in riferimento al mondo del lavoro.

A tutti esprimo il mio cordiale saluto: alle autorità qui presenti, ai dirigenti, agli impiegati e agli operai di questo stabilimento Italsider dell'Iri come anche dell'Ansaldo a cui Genova tanto deve, e, inoltre, a quelli dei vari complessi industriali che operano nella zona.

Ho ascoltato con viva attenzione gli indirizzi che, a nome di tutti, mi hanno rivolto il presidente di questo stabilimento, un operaio e un sindacalista.

Ho sentito vibrare nelle loro parole le preoccupazioni e le ansie che continuano ad assillare il mondo del lavoro, qui forse più che in altre parti d'Italia. Ma ho colto anche, nei discorsi di questi vostri rappresentanti, l'affermazione della decisa volontà di lottare per superare le difficoltà presenti e aprire nuove prospettive allo sviluppo economico della città e della regione. Non posso che incoraggiarvi in questi vostri propositi, che sono in piena sintonia con le più nobili tradizioni della vostra terra.

Nessuno ignora che i liguri, fin dalle loro origini, in gran parte avvolte nell'oscurità di tempi lontani, e poi sempre nei secoli della loro storia, affrontarono con eccezionale coraggio le fatiche imposte dalle asprezze della terra e dalle incognite del mare per guadagnarsi da vivere e per rendere sempre più feconde e ricche le loro campagne e le loro città, navigabili e sfruttabili i mari, entro i confini del Mediterraneo e oltre, sulle vie degli oceani. E' un'epopea del lavoro umano che i vostri padri hanno composto con le risorse del loro ingegno, col sudore delle loro fronti e col vigore delle loro braccia, e che voi oggi continuate a sviluppare, servendovi dei nuovi mezzi e sistemi di una tecnologia d'avanguardia, così progredita in questo punto nodale del cosiddetto "triangolo industriale" d'Italia.

E' noto pero che non solo per le difficoltà e gli ostacoli opposti dalla natura, ma anche per i problemi aperti dalle trasformazioni di ordine sociale ed economico nei grandi momenti di transizione, Genova più volte anche in passato si è trovata in crisi, come si è ripetuto poi in questi ultimi anni.

Conosco dalle relazioni che mi sono pervenute le proporzioni della crisi d'oggi, che tocca molti punti vitali di una comunità: specialmente la sicurezza del lavoro, la serenità familiare e sociale, il primo impiego di migliaia di giovani al termine degli studi, il carattere adeguato e aggiornato della scuola sotto l'aspetto professionale, e poi ancora l'equilibrio tra i settori operativi vecchi e nuovi, le condizioni psicologiche e morali in cui vengono a trovarsi giovani e adulti, individui e famiglie quando sperimentano la fragilità del processo produttivo e le carenze del sistema distributivo e retributivo, talmente grandi, che sembrano sorpassare le possibilità tecniche anche degli uomini di buona volontà.

Che fare in questa situazione? 2. Certo non sta a me offrire formule risolutive o piani di sviluppo tecnico, economico e industriale, quantunque anche in questo campo la Chiesa cerchi di essere accanto a tutti coloro che si impegnano a risolvere queste questioni, per incoraggiarli, stimolarli, sostenerli, come fa spesso il vostro arcivescovo, cardinale Giuseppe Siri, così zelante del bene integrale della sua città e così competente anche in materia sociale.

Ma oggi faccio appello a voi tutti perché abbiate a ravvivare le vostre qualità tipiche migliori, che oggi come ieri, come tante volte nella vostra storia, vi aiuteranno a intraprendere una poderosa ripresa. Parlo anzitutto del senso di imprenditorialità e di creatività a tutti i livelli; parlo dello sfruttamento del patrimonio di professionalità e di serietà nel lavoro, che vi colloca ai primi posti non solo in patria, ma anche su scala internazionale; parlo dell'individuazione dei nuovi settori di attività, in grado di offrire posti di lavoro soprattutto ai giovani, e - direi ancora più - del coraggio di guardare al nuovo, specialmente nei campi dell'elettronica, dell'informatica, dell'impiantistica, per supplire alle perdite e rimediare alla crisi che affligge i settori tradizioni della siderurgia, della cantieristica, dell'elettromeccanica, delle attività portuali; parlo, infine, di un nuovo slancio, che dovrebbe essere così congeniale ai conterranei di Cristoforo Colombo e di Andrea Doria, verso i mari ai quali Genova è aperta col suo importante porto per vocazione naturale, come dimostra la storia dei viaggi, delle scoperte, dei commerci del popolo genovese.


3. Questa non è un'utopia. Se lo si vuole davvero, si possono realizzare nel mondo condizioni nuove, strutture nuove, relazioni nuove tra gli individui, i gruppi sociali e i popoli, per assicurare la pace nella giustizia e nella fraternità. Io non mi stanchero mai di ripeterlo a tutti e di invitare tutti alla speranza e al coraggio dell'avvenire, che ci vengono dal Vangelo e che trovano conferma nei "segni dei tempi".

Devo pero aggiungere che i nuovi tempi non vengono senza di noi, ossia senza l'impegno della nostra collaborazione costruttiva all'effettuarsi del disegno di Dio nella storia. In quest'ottica, mi fa piacere apprendere che a Genova ci sono state da parte dei lavoratori, in questi ultimi anni, notevoli prove di responsabilità nell'affrontare i problemi e nel sopportare gli oneri del necessario processo di ridimensionamento e ristrutturazione nel porto e nelle industrie, mentre molte aziende hanno cercato di contenere la sensibile riduzione dei posti di lavoro e il conseguente blocco delle assunzioni dei giovani.

Lasciate che, in questo momento, io rivolga una cordiale esortazione a voi tutti: lavoratori, dirigenti, imprenditori, amministratori e, con grande rispetto, alle stesse autorità di ogni ordine e grado, affinché si uniscano le forze per il rilancio effettivo e continuativo di tutte le capacità produttive, in un clima di fiducia, di coraggio, di rigore morale, di seria e serena collaborazione, che porti al superamento di contrapposizioni, che potrebbero paralizzare i più generosi sforzi di ripresa economica della città.

E' chiaro che un sentimento molto vivo dei diritti e dei doveri di ciascuna parte è necessario in tutti coloro che si trovano allo stesso banco di lavoro per cooperare al bene comune, come ho cercato di chiarire nella mia enciclica "Laborem Exercens", della quale vorrei qui riassumere il punto centrale (LE 15), che è il seguente. In tutte le questioni concernenti il lavoro, in tutti i tentativi di soluzione, in tutti i processi di trasformazione economica e sociale, di riconversione industriale, di ristrutturazione aziendale, in tutte le nuove applicazioni e le nuove esperienze compiute per accelerare e aumentare il ciclo della produzione e della distribuzione dei beni, il centro di attenzione, il soggetto, il fine a cui si mira è e deve essere l'uomo nella sua integrale dimensione fisica, psicologica, spirituale, familiare, sociale, culturale.

Questo principio-chiave intendo ribadire dinanzi a voi, carissimi lavoratori genovesi, nel cuore di questi complessi industriali, portuali e commerciali, che noi tutti desideriamo sentir pulsare sempre più di nuova vita.

Guardare alle ragioni dell'uomo oltre che alle strutture e ai sistemi organizzativi che hanno lo scopo di servirlo, non di soggiogarlo. Guardare all'uomo, nel quale risplende, ben più che nei beni materiali e nelle macchine, l'immagine, l'immagine di Dio: ecco di che si tratta! 4. Con voi che avete fede posso usare questo linguaggio, che altri forse non accoglierebbero: solo alla luce di Dio si possono valutare tutta la grandezza e tutta la dignità e quindi anche tutti i diritti dell'uomo! So che voi genovesi siete sempre stati fedeli a certi valori spirituali, la cui presenza, anche se a volte confinata nei cuori, si esprime nel culto della famiglia, nel culto dei defunti, nel culto della Madonna, venerata soprattutto sotto il titolo di Nostra Signora della Guardia, che anch'io andro a venerare, nel suo santuario sul Figogna. So che non avete mai rinnegato la tradizione che fa di Genova una "città di Maria Santissima", alla quale gli antichi dogi consegnarono lo scettro e le chiavi della città. So che amate i vostri santi, tra i quali oggi ricordo san Francesco Maria da Camporosso, che nel secolo scorso aveva fatto di Genova il centro di smistamento, per così dire, della carità che riceveva e distribuiva per il sollievo di tanta povera gente.

So che in mezzo ai lavoratori genovesi sono sorte nel secolo scorso le Società economiche dei cattolici, eredi delle Compagnie portuali risalenti al Medioevo, ma attrezzate per diffondere e attuare nei tempi nuovi l'insegnamento sociale dell'enciclica "Rerum Novarum" di Leone XIII. So che anche oggi molti di voi frequentano movimenti e associazioni di cristiani che si dedicano alla promozione dei lavoratori. Desidero pure ricordare i benemeriti cappellani del lavoro, che si prodigano per essere disponibili nelle aziende e nelle famiglie dei lavoratori, per portarvi la loro parola di fede e di pace. So che, specialmente a Pasqua, molti di voi si stringono intorno al cardinale arcivescovo o ai suoi delegati per celebrare nelle fabbriche stesse il mistero centrale della nostra religione.

Posso dire, dunque, che siete gente di fede: e perciò vi rivolgo questa esortazione conclusiva: siate dei buoni cristiani, abbiate fiducia nella divina provvidenza, ricordatevi di pregare, specialmente al mattino e alla sera.

Ricordatevi del Vangelo che raccomanda: "Cercate prima di tutto il regno di Dio e la sua giustizia, e il resto vi sarà dato per giunta" (Mt 6,53 Lc 12,31); e anzi: "Vi sarà dato il cento per uno" (cfr. Mt 19,29).

Queste parole di nostro Signore Gesù Cristo valgono anche per gli uomini d'oggi e servono per risolvere problemi antichi e nuovi; esse vi siano di stimolo a vivere sempre più coerentemente il messaggio cristiano e a testimoniarlo generosamente.

Prima di offrirvi insieme con il vostro cardinale la nostra benedizione apostolica, voglio ancora ringraziare per la sensibilità dimostrata dai vostri rappresentanti che hanno parlato prima di me. Per questa grande sensibilità verso i diritti umani, dappertutto nel mondo, all'Est e all'Ovest, dappertutto nel mondo, nel Sud e nel Nord, per questa vostra grande sensibilità per le sofferenze, per i nostri fratelli - specialmente in questi ultimi giorni, ieri, oggi - nel Messico. E poi ancora voglio ringraziarvi per l'accoglienza fraterna che mi avete offerto in questo mio primo incontro con la cittadinanza genovese: ai vostri rappresentanti che hanno parlato prima di me e poi a voi tutti voglio dire che io e la Chiesa condividiamo questa sensibilità, che ci sentiamo veramente una famiglia universale che andando dappertutto nel mondo degli uomini, specialmente dei poveri, cerca di essere vicina a tutti coloro che hanno bisogno di aiuto, di solidarietà. Per questo vi ringrazio, e questo volevo dichiararvi alla fine del mio discorso. Voglio anche congratularmi con voi per il vostro conterraneo e amatissimo presidente, Sandro Pertini.

Ci tengo a sottolineare che ho ricevuto da parte sua molti segni di simpatia, anzi di amicizia, e questo mi ha aiutato nella Sede di Pietro a Roma.

Vorrei infine dire una parola di ringraziamento per i doni, simbolici e molto significativi, che mi avete offerto durante questo incontro. Anch'io sono povero, posso portarvi solamente un dono. Ma sono povero di quella povertà che ci ha dimostrato Gesù Cristo: lui, che era ricco, si è fatto povero per noi e ci ha lasciato questa povertà-ricchezza e questa ricchezza-povertà.

Questo si esprime anche nel gesto liturgico della benedizione che adesso voglio offrire a tutti voi e a tutto il mondo del lavoro di Genova e della Liguria.

Data: 1985-09-21 Data estesa: Sabato 21 Settembre 1985





Saluto alla cittadinanza dal Porto Vecchio - Genova

Titolo: Che Genova costruisca il futuro sul fondamento del Vangelo

Signor ministro, signor sindaco, fratelli e sorelle di Genova.


1. Nel primo incontro ufficiale con questa grande e nobile città, rivolgo una sentita parola di saluto e di ringraziamento a quanti siete qui accorsi dal centro, dalla periferia, dai dintorni. Ringrazio il signor ministro venuto da Roma ad accogliermi a nome del governo: nella sua persona intendo salutare le supreme autorità dello Stato. Ringrazio il signor sindaco per le gentili espressioni che mi ha rivolto interpretando i sentimenti comuni di tutta la popolazione genovese.

Saluto con fraterno affetto il venerato cardinale arcivescovo.

Il mio pensiero e la mia parola si rivolgono poi in modo speciale a voi, lavoratori portuali, che con la fatica delle vostre braccia sostenete parte dell'attività economica della città. Se il porto è il polmone di Genova, voi siete gli alveoli attraverso i quali arriva alla città l'ossigeno della ricchezza di cui vive. La manifestazione del vostro schietto entusiasmo mi conferma nella speranza che voi, facendo onore alle vostre gloriose tradizioni, saprete coniugare insieme fede e progresso.


2. Nel quadro dei miei viaggi pastorali all'interno della cristianità italiana, è con particolare gioia che sono qui a Genova, regina del Tirreno, il mare che è stato al centro di grandi e antiche vicende dell'uomo; desideravo vivamente venire in questa città-pilota, proiettata verso l'avvenire. Per il numero dei suoi abitanti, Genova fa parte delle metropoli, e per la sua storia passata e recente rappresenta uno dei vertici del triangolo industriale del Paese. Con il suo mare e con l'ampio arco dei suoi monti, essa è anche un luogo di celebrate bellezze naturali; è una città veramente "superba" per la maestà dei suoi monumenti e per le pagine gloriose della sua storia.

In ogni Paese del mondo, dire Genova è evocare le imprese di una città marinara e l'importanza del suo porto, il quale è fonte di vita, direttamente o indirettamente, per circa 50.000 lavoratori, ma che al presente attraversa un momento di crisi.

Come i genovesi dei tempi dell'antica Repubblica, partendo di qui, avevano stabilito importanti mercati nelle regioni del vicino e medio Oriente, contribuendo a rendere così prospera e bella la loro città, così oggi dobbiamo auspicare che un deciso rilancio di questo bel porto, che posso questa sera ammirare, ne faccia un punto di passaggio e di collegamento tra il nord-Europa fortemente industrializzato e Paesi del sud e dell'Oriente, così da contribuire non solo alla ripresa della città e della provincia, ma anche allo sviluppo di pacifiche relazioni tra i popoli e quindi allo stabilimento di una comunità internazionale più giusta, florida e pacifica.


3. Nella presente circostanza, pero, preferisco soffermarmi sul profilo della fede religiosa di questa città e del suo contributo all'evangelizzazione del mondo.

Genova, infatti, è sede di antichissima vitalità cristiana. Il Vangelo, che comincio a diffondersi sulla rotta delle navi, arrivo ben presto qui, fra la gente di questa città proprio a motivo delle sue consuetudini marinare.

La storia della religiosità di Genova è scritta visibilmente in mirabili opere musive e pittoriche, oltre che nelle strutture delle sue numerose bellissime chiese, a cominciare dal duomo, che già col suo stesso nome richiama un titolo di unione con Roma. La fedeltà della città alla Chiesa è confermata dal contributo di quattro suoi figli assunti alla responsabilità del soglio pontificio, da papa Innocenzo IV al più recente Benedetto XV.

La fede cattolica dei genovesi è testimoniata dalla fervida devozione a Maria, proclamata nel 1637 Signora e Regina della Repubblica Serenissima; dal nutrito drappello dei santi e dei beati, che hanno avuto Genova come patria terrena; dalle figure di eminenti pastori, che nel corso dei secoli hanno governato con saggezza questa porzione del gregge di Cristo; da grandi ecclesiastici e generosi laici, che hanno lasciato una loro impronta nella vita religiosa e sociale. Nella storia di Genova fede e progresso hanno camminato sempre insieme, così da costituire un binomio inscindibile.

Ci sarebbero da ricordare le benefiche istituzioni, che qui hanno avuto origine e si son diffuse al di là dei confini della Liguria e dell'Italia; lo stuolo di missionari salpati dal porto di Genova per portare il messaggio cristiano in terre lontane. Né posso passare sotto silenzio quella grande figura di navigatore per eccellenza che fu Cristoforo Colombo. Egli, quando con la caduta di Costantinopoli si chiudevano le porte dell'Oriente, penso di scoprire vie nuove attraverso l'Occidente. A questo genovese, che negli ultimi anni della sua vita volle portare l'abito di terziario francescano e con esso morire, si deve l'apertura di un nuovo mondo alla civiltà e alla fede.


4. Cari fratelli, io sono venuto qui per dirvi che Genova, città straordinariamente operosa, ricca di storia passata, non deve smentire se stessa nell'avvenire. Non vi lasciate travolgere dalla tentazione, così ricorrente in un grande centro moderno, di sdoppiare il binomio fede-progresso. Colmate le vostre lacune, risanate i vostri mali, superate le contrapposizioni in un clima di rinnovata fiducia, potenziate le vostre risorse e le vostre energie, costruite il vostro futuro, come avete fatto per il passato, sul fondamento sempre vitale del Vangelo, sulla sicurezza della sua morale, che non degrada ma eleva l'uomo, la famiglia, la società. Contribuirete così all'affermarsi di un'autentica civiltà e continuerete a donare al mondo in attesa ricchezze più alte e più vere.

Data: 1985-09-21 Data estesa: Sabato 21 Settembre 1985





A sacerdoti e religiosi in cattedrale - Genova

Titolo: Abbiate forza di testimoniare la verità che salva l'umanità

Carissimi sacerdoti, religiosi e religiose della città e della diocesi di Genova!


1. Sono assai lieto di potermi incontrare con voi in questa splendida e storica cattedrale di San Lorenzo, insigne monumento d'arte costruito dalla fede dei vostri antenati e mistico centro di preghiera e di pace nel convulso turbinio della metropoli portuale, Durante la mia purtroppo breve visita pastorale alla capitale della Liguria, il mio animo è naturalmente proteso innanzitutto verso di voi, sacerdoti e religiosi, che nel pensiero di Dio siete indubbiamente la "parte eletta" del suo popolo; porgo perciò il mio saluto più cordiale al cardinale arcivescovo, che da tanti anni regge con saggezza pastorale la Chiesa genovese; ai vicari generali ed episcopali, suoi stretti collaboratori; al consiglio presbiterale, ai capitoli dei canonici; al seminario maggiore e minore con i rettori, i superiori e gli insegnanti; ai parroci delle 274 parrocchie, ai singoli sacerdoti impegnati nelle varie mansioni dell'apostolato, ai religiosi e alle religiose, così numerosi e appartenenti a ben 32 istituti, validamente inseriti nel piano delle attività diocesane e locali.

Saluto tutti con grande affetto e vi ringrazio per la vostra presenza, che è indice di attaccamento alla Chiesa e al Papa, mentre aggiungo il mio compiacimento per quanto avete compiuto e state compiendo per applicare fedelmente le istanze del Concilio Vaticano II. Anche voi avete avuto e avete tuttora le vostre sofferenze e le vostre lacrime, come d'altra parte ogni diocesi; ma sappiamo che nel disegno salvifico della Provvidenza queste pene della Chiesa non sono certamente vane. Viviamo - come si dice comunemente - in una "svolta epocale", in cui sono cambiati e cambiano tuttora profondamente i modelli di pensiero e di vita della società, ma vediamo sempre che, in effetti, la conversione delle anime all'unica verità, che non muta, è totalmente opera della "grazia" divina. Il complesso delle nuove ideologie, con le varie interpretazioni del senso della vita e il conseguente pluralismo etico, è come un turbine che si abbatte sulle coscienze e cerca di sconvolgerle, per cui sono assolutamente necessarie una seria preparazione intellettuale e un'intensa spiritualità, che assicurino la perseveranza nei propri impegni sacerdotali e religiosi e diano la forza di annunziare e testimoniare senza timore la verità che non passa e che salva l'umanità. Vi accompagno con le mie preghiere in questo vostro fermo e coraggioso impegno di servizio alla verità, e mi raccomando anche al vostro assiduo, orante ricordo.


2. Questo incontro vuole essere soprattutto un momento di riflessione e di stimolo per la vostra vita spirituale e pastorale, che vorrei sintetizzare in una sola parola: "fedeltà!". Continuate ad essere fedeli alla volontà di Dio, memori di ciò che scriveva san Giovanni: "Chi fa la volontà di Dio rimane in eterno!" (1Jn 2,17). Perseverate nella fedeltà! Nel vasto campo della volontà di Dio, non è difficile mettere in evidenza alcune direttive che appaiono "essenziali".

a) La volontà di Dio è ben espressa da san Paolo quando scrive a Timoteo: "Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità" (1Tm 2,4). In che cosa consista poi la verità trascendente e salvifica, lo spiega Gesù stesso: "Questa è la verità eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo" (Jn 17,3). Infatti per questo motivo Gesù sceglie e manda gli apostoli ad evangelizzare e a battezzare tutte le nazioni, assicurando il sostegno della sua perenne presenza: "Ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,19-20). Per questo motivo viene promesso lo Spirito Santo, il consolatore, perché assista coloro che annunziano il Vangelo: "Quando verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che ha udito e vi annunzierà le cose future" (Jn 16,13). Per questo motivo la Chiesa è stata fondata su Pietro e sugli apostoli, e a Pietro e ai suoi successori sono stati dati i tre carismi che li distinguono: l'infallibilità in campo dottrinale per poter confermare i fratelli in ciò che riguarda la fede e la morale; l'indefettibilità, per offrire alla Chiesa un fondamento stabile tra i flutti della storia e la pastoralità universale, per assicurare il servizio della carità all'intero gregge di Cristo. Essere fedeli alla volontà di Dio significa perciò accogliere pienamente quanto Gesù ha rivelato e quanto la Chiesa insegna in modo autentico mediante coloro che sono incaricati della funzione magisteriale in mezzo al mondo.

Di qui nasce la necessità della preparazione e della convinzione: infatti, se vengono a mancare i fondamenti, tutto purtroppo crolla! Preparazione filosofica, teologica, biblica, giuridica, storica, letteraria: oggi, nel mondo moderno, così aperto alla conoscenza, non ci si possono permettere analisi superficiali, precipitose semplificazioni, risposte approssimative. Occorre una visione approfondita dei problemi alla luce dell'eterna verità che è Cristo. Ricordiamo la suggestiva metafora di Gesù: "La lucerna del tuo corpo è l'occhio. Se il tuo occhio è sano, anche il tuo corpo è nella luce; ma se è malato, anche il tuo corpo è nelle tenebre" (Lc 11,34-35). E' una metafora, ma il senso è evidente e vale sempre: è il pensiero che deve essere chiaro, luminoso, trasparente; se il pensiero si oscura o si confonde, allora tutta la vita si avvolge di tenebre! b) La volontà di Dio, a cui dobbiamo essere fedeli, è espressa pure con le note parole del divin Maestro: "Il tempo è compiuto - diceva iniziando la sua predicazione in Galilea - il regno di Dio è vicino: convertitevi e credete al Vangelo!" (Mc 1,15). Dio si è incarnato; Gesù Cristo ha parlato; la Chiesa è garanzia della Verità rivelata e dei mezzi di salvezza e di santificazione: dunque, bisogna convertirsi all'unica Verità, rivelata da Dio stesso, e accogliere l'unico significato dell'esistenza e della storia umana, quello che trascende il tempo ed è fondato sulla responsabilità della coscienza personale. La verità, come ben sapete, non si impone; bisogna infatti rispettare la libertà e la coscienza di ogni persona. Oggi, a motivo del pluralismo delle idee e del conseguente pluralismo etico, i modelli di vita che l'ambiente sociale propone sono molteplici e spesso in contrasto con la legge morale cristiana cattolica. E' una situazione in cui si rende particolarmente evidente la necessità che il cristiano possegga una coscienza ben formata, capace di unire la fermezza dei principi con la coerenza delle azioni e la carità dei rapporti. Ma è possibile impostare e ottenere una tale formazione delle coscienze solo mediante una profonda vita interiore e un generoso impegno morale. Per poter formare e convertire bisogna essere strumenti credibili. Benedetto XV, il pontefice saggio e lungimirante, nato in questa vostra terra, nell'enciclica "Humani Generis Redemptionem" scriveva: "Non si ottiene la salvezza delle anime né con le molte parole, né con le dotte disquisizioni, né con le infervorate perorazioni, e se un predicatore fa consistere in questi mezzi la sua predicazione, altro non è che una "campana squillante e un cembalo tintinnante" (1Co 13,1). Ma ciò che rende la parola umana capace di giovare alle anime è la grazia di Dio". E la grazia di Dio si ottiene con la preghiera e con una vita conforme alle sue supreme direttive.

c) Infine, essere fedeli alla volontà di Dio significa rimanere uniti nella carità e nella fraternità cristiana, sacerdotale, religiosa. "Questo è il mio comandamento - dice Gesù agli apostoli e ai suoi seguaci - che vi amiate come io vi ho amati" (Jn 16,12). E rivolgendosi al Padre formula un'accorata preghiera: "Padre Santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola come noi!... Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Jn 17,1


1.21).

Gesù ci chiede di essere "perfetti nell'unità", perché il mondo possa sapere e convincersi che veramente Dio lo ama. Certamente questo impegno di unità e di fraternità esige spirito di umiltà, comprensione, pazienza, e soprattutto senso dell'obbedienza e della fiducia nella Provvidenza. Sia vostro costante assillo di portare unità, pace e serenità, e mai divisione, ribellione o sterile contestazione.


3. Carissimi! Mi piace concludere questo fraterno incontro con una riflessione dettata dal vostro arcivescovo in un corso di esercizi spirituali. Riguarda la santa messa. Parlando dell'importanza e della centralità del sacrificio della messa, egli osserva: "Guardate, la Chiesa ha messo tutto intorno alla messa...

Tutti i sacramenti sono più o meno congiunti con la santa messa e le stanno intorno;... Gesù Cristo ha voluto che la messa fosse in mezzo allo spazio, in mezzo al tempo, in mezzo ai fatti... Perché fosse chiaro che lui è in mezzo a tutte le ragioni che si agitano nel sotterraneo della storia e del mondo, in mezzo a tutto". Nell'esortare all'impegno per ricuperare ogni giorno il senso della straordinarietà del mistero eucaristico, afferma che la celebrazione di una messa basterebbe da sola a giustificare una vita intera ("Esercizi spirituali", Assisi 1962, pp. 298-29 9.454).

Faccio mie queste riflessioni e vi esorto, insieme col vostro arcivescovo, a porre la celebrazione dell'Eucaristia al centro della vostra giornata e della vostra vita. Ricordate! Mai siete tanto forti come quando levate le vostre mani verso il cielo nella celebrazione eucaristica. In quel momento avete dalla vostra l'onnipotenza stessa di Dio.

Confidate anche in Maria santissima, la nostra celeste madre, che non abbandona nessuno. Una vera devozione alla Madonna vi sarà di sostegno e renderà fecondo di bene il vostro ministero pastorale.

E vi accompagni sempre anche la mia benedizione, che ora con grande affetto vi imparto e che estendo a tutti i vostri confratelli e consorelle!

Data: 1985-09-21 Data estesa: Sabato 21 Settembre 1985


Al santuario della Madonna della Guardia - Genova

Titolo: Depongo nel cuore di Maria il prossimo sinodo straordinario




1. "Entrata nella casa, saluto..." (Lc 1,40).

Pellegrino con voi, carissimi fratelli e sorelle, a questo insigne santuario della terra ligure, dal profondo del cuore rendo il mio riverente omaggio alla Vergine, venerata col glorioso titolo di nostra signora della Guardia.

Il mistero gaudioso della Visitazione, di cui abbiamo ora ascoltato il racconto evangelico, ci offra preziosi spunti di riflessione. Anche su questo monte, infatti, la madre del Redentore ha visitato il suo popolo. Qui apparve all'umile e privilegiato Benedetto Pareto nel lontano 29 agosto 1490 e gli domando di erigere in suo onore una cappella. E gli riapparve successivamente e lo fece oggetto di una guarigione miracolosa affinché il pio veggente potesse superare le difficoltà inizialmente incontrate e fosse così attestata l'autenticità dell'apparizione.

Quel memorabile evento segno con una nota religiosa di imperituro valore la storia della città e della regione, nel momento stesso in cui, per il genio di un genovese, l'orizzonte dell'umanità era prossimo ad aprirsi al nuovo mondo, dove la Madre di Dio avrebbe pure, a più riprese, fissato la propria dimora.

Dalla fine del secolo XV ad oggi la Madonna ha continuato a "visitare" il suo popolo. Ha accolto anime pellegrinanti che qui sono accorse sempre più numerose, così che questa cima è diventata un centro qualificato di devozione, preghiera, raccoglimento, e il cuore propulsore della spiritualità e dello slancio pastorale della diletta Chiesa di Dio che è a Genova.

Qui, dunque, anche le generazioni hanno continuato a visitare Maria. Noi possiamo intuire soltanto genericamente i colloqui d'anima, le aspirazioni, le sofferenze, le ansie che si sono intrecciate tra il cielo e questo luogo benedetto. Penso in particolare al mio venerato predecessore sulla cattedra romana, figlio della vostra terra, Benedetto XV, il quale, dopo aver molte volte pellegrinato a quest'oasi montana, fece collocare una riproduzione della cara effige della Madonna della Guardia nei giardini vaticani, dove è rimasta per la devozione anche dei suoi successori.

Con intima commozione ricalco oggi le sue orme, nello spirito della visitazione di Maria. Qui Maria, come fece subito dopo l'annunzio dell'Angelo, si rende presente, sollecita e amorevole, tra le turbe pie che la proclamano beata.


2. "Beata colei che ha creduto" (Lc 1,45).

La prima beatitudine del Vangelo è riservata a lei. E' l'elogio che sgorga dal cuore della sua parente Elisabetta sulla pendice di Ain-Karim, in quella festosa e premurosa visita che conserva un posto indelebile nella storia dell'umanità. L'incontro di due incipienti maternità, ognuna segnata da un proprio prodigio. Il fluire nei secoli di una corrente spirituale inarrestabile.

La Vergine madre ha creduto. Ha creduto al disegno misterioso che Dio avrebbe compiuto per mezzo del suo libero concorso. La fede è il suo principale titolo di grandezza. Quella fede che in ogni momento - da Betlemme a Nazaret, sulle strade di Palestina fino al Calvario e al cenacolo pentecostale - sarà il vincolo della profonda e perfetta unione tra Madre e Figlio.

Il santuario mariano, questo santuario, è un "luogo" di fede. Ammirando la fede di Maria, noi rinnoviamo, restauriamo, fortifichiamo, se è necessario ricuperiamo, la fede cristiana e cattolica, nei suoi fondamenti e in tutte le sue dimensioni. Una fede viva, limpida, coerente; che esprime l'intima armonia tra contemplazione e azione; ha le radici nel cuore e le ramificazioni nella vita quotidiana; si traduce nelle opere e nella testimonianza.


3. "L'anima mia magnifica il Signore" (Lc 1,46).

L'inno profetico dei tempi messianici, col quale la Vergine rispose al saluto di Elisabetta, continua ad effondersi dall'anima dei credenti. Assume sempre gli accenti dell'adorazione e dell'esultanza.

Adorazione di Dio nel mistero della sua vita intima - unità e trinità -, mistica circolazione di un amore trascendente, che nel Verbo incarnato assume la natura umana attraverso il ministero materno della Vergine immacolata. "Il culto cristiano - rileva Paolo VI - è per sua natura culto al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, o meglio, come si esprime la liturgia, al Padre per Cristo nello Spirito. In questa prospettiva esso legittimamente si estende, sia pure in modo sostanzialmente diverso, prima di tutto e in maniera speciale alla Madre del Signore" ("Marialis Cultus", 25). La Madre indirizza a Dio e al suo Cristo.

Suppone nel cristiano una devozione solida, che immerge nelle verità della fede, su di esse plasma le mentalità e orienta i comportamenti in ogni campo dell'esistenza. La sua parola d'ordine, amorevole e forte, ha un timbro particolarmente incisivo: "Fate tutto quello che egli vi dirà" (Jn 2,5).

Il Magnificat, ogni volta che lo ripetiamo, ridesta in noi le note dell'esultanza. Fulcro del cristianesimo è la croce. Ma la croce è anche il passaggio alla risurrezione. Per seguire Gesù bisogna avere il coraggio di prendere sulle spalle la croce (cfr. Mt 16,24) come atto preliminare per aver parte con lui alla risurrezione. Questo è stato l'itinerario di Maria, vergine addolorata. Questo è l'itinerario del cristiano: dalla sofferenza alla gioia.


4. "...il luogo di cui hai detto: Li sarà il mio nome" (1R 8,29).

Si, su questa vetta che domina la nobile città mariana, è il suo nome: Maria. "A noi Madre di Dio quel nome suona" (A. Manzoni, "Il Nome di Maria", v. 21), coniugato con l'appellativo di nostra Signora della Guardia, che ne specifica l'intento di una potente e sempre vigilante protezione.

E' un invito e un incoraggiamento pressante all'invocazione. Alla preghiera che è colloquio, elevazione, rendimento di grazie, domanda. Alla preghiera della mente e delle labbra, fondata sul leale riconoscimento di ciò che siamo nella condizione di creature soggette ad ogni fragilità, ma irrobustite da un aiuto superiore: "Tutto posso in colui che mi dà forza" (Ph 4,13).

La storia del vostro santuario, amatissimi figli della Chiesa genovese, attesta che la Vergine santissima tiene il cuore aperto all'ascolto. Al di là di eventi prodigiosi accertati, c'è tutto il poema di favori spirituali sigillato nel Libro di Dio, di trasformazioni e conversioni maturate nel sacro recinto attraverso il sacramento della penitenza, di "risurrezioni" pasquali e rinnovamenti spirituali e morali di cui la Madonna della Guardia è la dolce interceditrice. Essa avvalora in noi la certezza che la preghiera sincera e fiduciosa è sempre accolta da Dio, il quale conosce le nostre necessità e vuole la nostra salvezza (cfr. 1R 8,28-39).


5. "Ascolta la preghiera che il tuo servo innalza..." (1R 8,29).

Il Vangelo descrive Maria come la Vergine in ascolto. La vostra tradizione racconta che, alla sua prima apparizione su questa cima, a Benedetto Pareto che le dichiarava ansiosamente la propria inettitudine a costruire una chiesa in un luogo tanto lontano e deserto, la Regina del cielo rispose: "Confida in me. I mezzi non ti mancheranno. Con il mio aiuto tutto ti sarà facile. Mantieni solo ferma la tua volontà".

Sono parole semplici e grandi, cui sembra far eco visivamente il magnifico tempio con le opere che gli fanno corona, compreso l'edificio che sono lieto oggi di inaugurare quale segno dell'apertura a sempre nuovi sviluppi nel solco secolare.

La grande Madre apre ancora il cuore all'ascolto. Permettetemi di affidarle, con i sentimenti del più fervido amore, le intenzioni che hanno mosso i miei passi di pellegrino. Depongo nel suo cuore materno le necessità della Chiesa universale e, in modo speciale, il prossimo Sinodo straordinario, che ho indetto con il preciso intento di risvegliare in tutti l'autentico senso di vitalità spirituale e pastorale che il Concilio Vaticano II, vent'anni or sono, ha effuso nella mistica sposa di Cristo, il quale è "la luce delle genti" (LG 1).

Alla Madonna della Guardia, stella splendente del vostro mare, affido la cara compagine del popolo di Dio raccolta nella diocesi genovese, i suoi problemi e le sue aspirazioni, i suoi traguardi e prospettive: sia sempre degna delle sue grandi tradizioni.

Così ora, con fervido cuore, la imploriamo, recitando la formula a voi notissima che condensa i sentimenti umili e schietti della pietà popolare.

Data: 1985-09-22 Data estesa: Domenica 22 Settembre 1985






GPII 1985 Insegnamenti - Ai lavoratori dell'Italsider - Cornigliano (Genova)