GPII 1985 Insegnamenti - A ex deportati dell'ultima guerra - Città del Vaticano (Roma)

A ex deportati dell'ultima guerra - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La causa per i diritti dell'uomo appartiene all'intera umanità

Signor presidente, signore e signori.

Al termine della vostra crociera dell'amicizia nel Mediterraneo, organizzata per ravvivare i vostri legami profondi e la vostra azione umanitaria di ex deportati o resistenti della guerra 1939-45, voi avete voluto fare scalo a Roma. Io vi ringrazio per la vostra visita. Essa è certamente ispirata dal desiderio di rendere omaggio alla missione spirituale che io devo assumere al servizio della Chiesa ma anche per il bene dell'umanità. Inoltre voi non potete dimenticare che, nella mia terra natale, ad Auschwitz milioni di uomini, di donne, di bambini, di origine ebrea e polacca e pure di altri Paesi hanno vissuto il calvario dell'annientamento sistematico. Io spesso ho meditato in quel luogo, pensando a tanti altri ugualmente segnati dalle atrocità, senza dubbio, più grandi della storia. Voi avete visto probabilmente il film "La Shoah" (L'Annientamento) realizzato per sottolineare il quarantesimo anniversario della liberazione dei campi della morte. L'autore, accogliendo con una cura assidua le testimonianze dei sopravvissuti e persino dei carnefici, ha voluto aiutare la coscienza umana a non dimenticare mai, a non abituarsi mai alla perversità del razzismo e alle mostruose capacità di distruzione. Il vostro comitato internazionale di Mathausen, da parte sua, vuole contribuire a questa opera di vigilanza illuminata e attiva di fronte alle esclusioni o alle emarginazioni, ahimè, ancora così frequenti.

In questo breve incontro, io vorrei precisamente incoraggiare la vostra azione che è peraltro la missione di tutti. Noi dobbiamo essere i difensori dell'uomo, di ogni uomo, di tutti gli uomini. Noi dobbiamo restituirli a se stessi, ovunque la loro sacra dignità è messa a repentaglio, ovunque le loro libertà fondamentali sono ingiustamente ridotte o anche annientate, dovunque il loro bisogno innato di apertura all'Assoluto è trattato con un'illusione alienante e metodicamente combattuta.

Per delle ragioni filosofiche si può affermare che ogni uomo è soggetto dei diritti fondamentali, anteriormente al riconoscimento che ne viene fatto da un'autorità politica e indipendentemente da esso. E' anche questa tesi di filosofia politica che sottende i grandi documenti contemporanei poggianti sui diritti dell'uomo. La visione di fede sull'uomo, tratta dalla rivelazione cristiana, apporta una conferma teologica alla posizione filosofico-politica ora evocata. Se l'uomo è creato a immagine di Dio, egli ha dalla nascita una dignità che un impero o uno Stato non saprebbero concedergli o negargli. E se tutti gli uomini sono figli di Dio essi sono chiamati alla fraternità; allora le frontiere che li separano devono essere relativizzate.

Numerosi cristiani, imbevuti di questa antropologia biblica, si consacrano totalmente alla salvaguardia e alla promozione della dignità e dell'uguaglianza di tutti gli uomini, della loro libertà e della loro responsabilità. Essi credono fermamente che questi valori sarebbero parole vane se non poggiassero su un fondamento trascendente. Accade che questi stessi cristiani si trovino gomito a gomito con dei non credenti che adempiono lo stesso servizio dell'uomo senza attingere luce e forza alla stessa luce divina. Tuttavia non sarebbe di interesse più alto scoprire le ragioni ultime che mobilitano gli uni e gli altri? Nel più grande rispetto di coloro che non condividono la fede cristiana io lo spero vivamente. Un fatto è certo: la causa dei diritti dell'uomo è quella dell'umanità intera. Già portata da un movimento storico, il suo avvenire è più che mai nelle nostre mani, in un'epoca in cui le dittature e i totalitarismi continuano le loro devastazioni. Io chiedo a Dio di accompagnare e di far fruttificare ciò che voi avete fatto e che farete ancora per testimoniare il primato dello spirituale in ogni uomo e in una civiltà degna di passare alla storia.

Data: 1985-09-26 Data estesa: Giovedi 26 Settembre 1985


Alla Chiesa luterana d'America - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il dialogo risponde alle sfide dello Spirito Santo

Cari amici.

Vi do cordialmente il mio benvenuto a Roma, la città degli apostoli Pietro e Paolo: "Grazia a voi e pace da Dio Padre e dal Signore Gesù Cristo" (2Th 1,2).

So che la vostra visita qui rappresenta una fase di un importante viaggio che voi state compiendo per ragioni ecumeniche. Siete stati a Ginevra e Istanbul e vi accingete a raggiungere Canterbury. In ogni luogo viene data testimonianza dell'esigenza di unità cristiana. Io apprezzo il proposito che vi ha condotti ora a Roma, che è quello di approfondire la vostra conoscenza della Chiesa cattolica e di meglio comprendere il suo impegno in campo ecumenico. Lodo l'opera che state compiendo, poiché è in chiara sintonia con la preghiera di Cristo: "che essi siano una sola cosa" (Jn 15,21).

Ho incontrato in tre occasioni il vescovo che presiede alla Chiesa luterana d'America, monsignor James Crumley. Apprezzo le sue cortesi parole, che sono appena state lette. Sono venuto a conoscenza di questo profondo interesse alla causa dell'unità cristiana attraverso le nostre conversazioni e le lettere che ci siamo scambiati. Vi prego di porgergli i miei più cordiali saluti.

Quando ci raduniamo per incontri ecumenici come questo, c'è sempre un senso di gioia, di speranza e di gratitudine, ma, allo stesso tempo, di dolore. Ci sono gioia e speranza perché il dialogo fra luterani e cattolici negli ultimi vent'anni ci ha resi sempre più coscienti di quanto siamo vicini gli uni agli altri in molte questioni fondamentali. Tuttavia sperimentiamo anche il dolore, perché vi sono alcuni punti importanti che ci dividono riguardo alla professione di fede, impedendoci di celebrare assieme l'Eucaristia. Ciononostante possiamo essere grati, poiché ogni nuovo raduno di persone che anelano all'unità dei cristiani è una fresca risposta allo Spirito Santo che continuamente ci esorta a superare le nostre divisioni.

Cari fratelli in Cristo: voi siete veramente benvenuti qui.

Rallegriamoci che un simile incontro possa aver luogo. Disponiamoci ad essere aperti al Signore, così che egli possa usare questo incontro per i suoi fini, per conseguire l'unità che egli desidera. Vi ringrazio per gli sforzi che state facendo a favore di una piena unità nella fede e nella carità.

In un discorso che tenni alla curia romana in giugno, esaminai alcuni dei risultati che l'ecumenismo ha conseguito negli ultimi venticinque anni. In quell'occasione espressi una speranza che oggi ritengo sia appropriata a tutti noi: "Possa il Signore concederci... di essere coraggiosamente docili alla sua volontà, in modo che egli possa portare a termine ciò che ha iniziato in noi". E con san Paolo noi siamo convinti che colui che ha cominciato in noi quest'opera buona "la perfezionerà fino al giorno di Cristo Gesù" (Ph 1,6).

Data: 1985-09-26 Data estesa: Giovedi 26 Settembre 1985





Lettera alla riunione della CNUCED - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Riforma per ridurre l'indebitamento dei Paesi poveri

Al signor Alister McIntyre, segretario generale aggiunto in carica della Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo.

Dopo la riunione della Conferenza su "I Paesi meno avanzati", che ha avuto luogo a Parigi nel settembre 1981, e in seguito all'elaborazione del "nuovo programma sostanziale d'azione per gli anni Ottanta", la crisi economica mondiale e diversi altri fattori non hanno reso possibile la realizzazione di tutti gli obiettivi allora definiti. Per questo, a metà strada, un esame della messa in opera di questo programma d'azione si rivela molto opportuno. Bisogna rallegrarsi nel vedere il "Gruppo intergovernativo incaricato della questione dei Paesi meno avanzati", riunirsi nel quadro della CNUCED e con il suo aiuto. Io stesso sono felice di esprimere i miei calorosi incoraggiamenti a tutti coloro che partecipano a questa sessione di Ginevra. Mi auguro vivamente, sulla base di un'analisi oggettiva della situazione attuale, che sia riattivata la volontà politica di adottare misure più giuste ed efficaci al fine di giungere ad una soluzione adatta a uno dei più gravi problemi del nostro tempo.

Nel caso della mia recente visita pastorale in Africa non ho mancato di sottolineare, in diverse occasioni, quanto mi stia a cuore il progresso di tutti i popoli, di cui sono responsabili i governi e le popolazioni di ogni Paese, ma, dal punto di vista della solidarietà, anche tutta la comunità delle nazioni. E' in questo senso che a Yaoundé, per esempio, ho parlato al presidente della Repubblica, ai Corpi costituiti e al Corpo diplomatico. Gli sforzi dei Paesi africani, senza dubbio condizionati da mezzi limitati, sarebbero tuttavia capaci, col sostegno attivo della comunità internazionale sul piano della salute e degli investimenti, di rimettere in sesto progressivamente il deficit economico-sociale che opprime e umilia la maggior parte dei loro abitanti. Nel corso dei lavori della sessione, non dubito che i partecipanti, rivolgendo l'attenzione ai rapporti tecnici e alle statistiche, avranno lo spirito e il cuore veramente toccati dai drammi umani che milioni e milioni di nostri simili vivono quotidianamente nei Paesi meno favoriti. Tutti questi fratelli sono degni della nostra solidarietà.

Pertanto perché non accordare una certa priorità ai giovani senza lavoro, senza avvenire, e talvolta già colpiti nella loro salute e nel loro sviluppo? Desidero ancora affrontare una questione delicata e dolorosa. Voglio parlare del tormento dei responsabili di parecchi Paesi che non sanno più come far fronte all'angosciante problema dell'indebitamento. Senza voler entrare in considerazioni tecniche, desidero in ogni caso menzionare questo problema che costituisce uno degli aspetti più complessi della situazione generale dell'economia internazionale. Una riforma strutturale del sistema finanziario mondiale è senza alcun dubbio una delle iniziative che appare più urgente e necessaria. Non di meno, mi sia permesso proporre due punti di riflessione alla vostra benevola attenzione. Innanzitutto mi sembra necessario ricercare e concretizzare le misure tendenti ad aiutare i Paesi meno sviluppati e indebitati a diventare autosufficienti nel campo dell'alimentazione. In secondo luogo vorrei sottolineare il valore specificamente cristiano della carità. Questo valore condurrebbe, specialmente nei casi urgenti, a prendere decisioni politiche ed economiche che non siano dettate solo da considerazioni di giustizia strettamente umane ma ispirati da una generosità di ordine superiore: cosa che i cristiani chiamano amore al prossimo, espressione dell'amore di Dio. Il Vangelo ci dà a questo proposito un insegnamento luminoso e degli esempi toccanti. Allora gli ordinamenti tecnici saranno al servizio di una decisione politica nel senso più nobile del termine. E' grazie a questa intelligenza profonda del bene comune dell'umanità e grazie a tali decisioni coraggiose che si costruisce o si ricostruisce la pace tra le nazioni. Nelle famiglie l'amore non contraddice la giustizia ma le dà una dimensione e una qualità che permettono di superare le prove, le crisi. così la grande comunità dei popoli può aiutare tutta la famiglia umana a progredire sul cammino di una solidarietà effettiva e a consolidare le sue profonde aspirazioni alla pace.

Di nuovo mi auguro che i lavori importanti e delicati di questa sesta sessione del Gruppo intergovernativo incaricato dei Paesi meno avanzati rispondano pienamente alle loro attese. Ne va del bene dei due terzi dell'umanità costretti a un'insopportabile miseria. Ne va dell'onore e della coscienza di popolazioni che si trovano nell'opulenza.

Sui governanti, gli esperti, i consiglieri e tutti i partecipanti a questa sessione umanitaria capace di ridare speranza ai nostri fratelli e sorelle dei Paesi meno sviluppati, io invoco l'abbondanza della luce e della forza divina.

Che Dio benedica i vostri sforzi! Dal Vaticano, 26 settembre 1985.

Data: 1985-09-26 Data estesa: Giovedi 26 Settembre 1985





Ai padri maristi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Caratteristica del vostro Istituto: l'impeto missionario

Cari fratelli in Cristo.


1. E' un piacere manifestare oggi un cordiale benvenuto a voi, i partecipanti al Capitolo generale dei padri maristi. In particolare, porgo i miei saluti e i migliori auguri ai neoeletti membri del vostro Consiglio generale e al vostro superiore generale.

Come partecipanti ad un Capitolo generale, voi vi assumete una grave responsabilità in nome di tutti i membri del vostro Istituto. Ciò è tanto più vero nel presente momento storico in cui dovete collaborare alla revisione delle vostre costituzioni. Nel leale adempimento a questo delicato compito, voi esercitate autentica carità fraterna e ministero pastorale verso i vostri fratelli. Possa ognuno di voi essere motivato da un profondo amore per la Chiesa, e possa essere guidato da una positiva valutazione della vostra storia e delle modalità con cui lo Spirito di Dio ha guidato il vostro destino fin dall'inizio.


2. Siete in procinto di celebrare il 150° anniversario del vostro Istituto, un evento fonte di intensa gioia e gratitudine per tutti voi. Lodando Dio per le abbondanti benedizioni che ha riversato sulla Chiesa attraverso i padri maristi nel secolo e mezzo trascorso, farete certamente memoria delle tradizioni peculiari e dei carismi che hanno arricchito e sostenuto voi e i vostri predecessori nella vita consacrata e nel servizio apostolico.

Certamente una caratteristica del vostro Istituto è stato il vostro impeto missionario. L'anno stesso in cui riceveste l'approvazione della Santa Sede come istituto religioso, precisamente nel 1836, cominciaste a mandare missionari in Oceania. Avete in effetti continuato da allora in poi a proclamare il Vangelo di salvezza in quella parte del mondo. E in realtà il contributo che i padri maristi, lavorando in stretta collaborazione con il resto della famiglia marista, hanno reso alla missione della Chiesa in Oceania è un capitolo glorioso nella storia dell'evangelizzazione. Ma non è solo nei mari del Sud che il vostro grande zelo missionario ha brillato. In molte nazioni di tutto il mondo vi siete impegnati in questo grande compito, costantemente spinti dal vostro desiderio di portare a tutti la buona novella della salvezza in Cristo.


3. Cari fratelli, il compito primario della Chiesa, l'evangelizzazione, deve essere portato avanti con convinzione in questi anni conclusivi del secondo millennio. Dovunque lo spirito missionario si sia indebolito deve essere riacceso e rinnovato. Certamente può darsi che i metodi debbano essere modificati, al fine di affrontare le nuove provocazioni che ci vengono incontro oggi. Penso ai milioni di rifugiati che hanno poche speranze di ritornare nelle loro patrie. C'è il diffuso fenomeno dell'urbanizzazione, con le annesse minacce alla stabilità della famiglia, e la tentazione di un seducente materialismo. Non si possono ignorare le importanti eppur spinose questioni riguardanti l'inculturazione del Vangelo, il dialogo con le religioni non cristiane e il luogo appropriato per la collaborazione ecumenica. Malgrado la complessità della società contemporanea, lo sforzo missionario della Chiesa deve continuare. Mentre tale complessità potrebbe renderci timorosi o esitanti, la costante memoria del mandato di Cristo ci deve incoraggiare: "Andate e ammaestrate tutte le nazioni" (Mt 28,18). E voi, miei fratelli sacerdoti, ricoprite un ruolo cardine nel lavoro della Chiesa. Alla vostra ordinazione la Chiesa vi affido il libro del Vangelo e vi chiese di proclamarlo con coraggio al mondo.


4. Vorrei chiedervi, in particolare, di portare il messaggio di Cristo ai giovani, di renderli una parte speciale del vostro ministero pastorale, qualunque possano essere le circostanze o il luogo del vostro servizio sacerdotale. Come sapete, questo e stato il tema principale della mia lettera del Giovedi santo (n. 4) ai sacerdoti quest'anno. In essa parlavo di quanto sia importante che noi sacerdoti ci distinguiamo per un'apertura e un'accessibilità simili a quelle di Cristo: "I giovani non devono trovare difficoltà nell'avvicinare il sacerdote, e devono scoprire in lui la stessa apertura, benevolenza e disponibilità riguardo ai problemi che li affliggono. Anche se per temperamento sono un poco timidi o riservati, l'atteggiamento del sacerdote li deve aiutare a superare le resistenze che ne derivano. Inoltre, vi sono vari modi per dare inizio e forma alla relazione che può essere definita "il dialogo della salvezza"".

Io vi chiedo anche di compiere uno sforzo particolare per incoraggiare vocazioni sacerdotali e religiose, cosicché la gioia della vostra stessa vocazione possa divenire un segnale di luce che invita i giovani ad accettare una simile chiamata dal Signore.


5. E' lo spirito di Maria che unisce e ispira i padri maristi. La devozione filiale alla Madre di Dio ho caratterizzato i membri del vostro Istituto dall'inizio e sempre. Attraverso la meditazione sugli eventi della vita di Maria come li conosciamo dal Vangelo, avete imparato a imitare la sua pronta obbedienza a Dio in ogni cosa: "Sia fatto di me secondo la tua parola" (Lc 1,38). Nei momenti della preoccupazione e della difficoltà avete cercato la sua intercessione. E avete scoperto che le parole della preghiera sono proprio vere. Non si è mai udito che alcuno sia ricorso alla sua protezione, abbia implorato il suo aiuto o cercato la sua intercessione e sia rimasto inascoltato.

L'atteggiamento fondamentale nella vita della Madre di Dio fu quello della fede. Maria confido nella provvidenza di Dio. Poiché Elisabetta disse di lei: "Beata colei che ha creduto nell'adempimento di ciò che le fu detto dal Signore" (Lc 1,45). Prego perché le vostre vite siano similmente segnate da una profonda fede nella provvidenza di Dio. Allora, nel fiducioso abbandono alla volontà del Signore in ogni cosa, sarete testimoni carichi di speranza di Cristo nel mondo. Possa Maria ottenere questa grazia per voi. E possa il divin Figlio benedirvi con la sua pace.

Data: 1985-09-27 Data estesa: Venerdi 27 Settembre 1985


Messaggio letto alle esequie del cardinale Antonio Poma - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Fu una guida sicura nell'opera di evangelizzazione

Desidero unirmi al dolore e alle preghiere di suffragio di quanti sono raccolti in codesta cattedrale per rendere l'estremo saluto ad un pastore buono e sapiente, la cui figura ha avuto grande rilievo nella vita della Chiesa in Italia, e che è stato per l'arcidiocesi bolognese una guida sicura e infaticabile nell'opera di evangelizzazione e di santificazione.

Ho avuto modo di conoscere e apprezzare il cardinale Antonio Poma durante il Concilio, specialmente quando insieme abbiamo collaborato nella medesima commissione alla preparazione dello schema della costituzione pastorale "Gaudium et Spes".

Come arcivescovo di Cracovia lo visitai a Mantova e poi a Bologna, dove mi accolse con fraterna amicizia. A Bologna lo incontrai di nuovo quando, come successore di Pietro, feci, nell'aprile del 1982, la visita pastorale che egli aveva desiderato e preparato con tanto ardore.

Il mio predecessore Paolo VI lo scelse come presidente della Conferenza episcopale italiana durante un decennio difficile, nel corso del quale egli diede prova di saggezza e di equilibrio, di zelo pastorale e amore alla Chiesa. Un decennio carico di tensioni, durante il quale l'episcopato italiano dovette affrontare non lievi problemi, sotto la sfida dei tempi, per rinnovare l'impegno e le forme del ministero pastorale alla luce del Concilio Vaticano II. Il cardinale Poma affronto con tenacia e chiaroveggenza le istanze di quel decennio, sostenuto da un attento e rigoroso criterio teologico e da viva speranza nell'azione di Dio che agisce nella sua Chiesa.

Nel periodo della sua presidenza, caratterizzato da una serena, accogliente bontà e da un'avveduta saggezza, l'episcopato italiano ha svolto un intenso lavoro che si è concretizzato in un organico piano pastorale proposto al clero e ai fedeli, articolato su temi fondamentali, quali: evangelizzazione e sacramenti; evangelizzazione e promozione umana; evangelizzazione e ministeri.

Egli visse questo servizio alla Chiesa guidato da una carica spirituale non comune. Schivo e restio a parlare di sé, poteva invece esprimere il suo animo, quando esponeva il suo pensiero sulle esigenze della missione sacerdotale alla luce delle istanze del nostro tempo.

Basterebbe citare, al riguardo, una sua espressione detta al Congresso eucaristico nazionale nel 1972 a Udine: "L'esperienza ci avverte quanto possa contribuire all'opera di salvezza la persona del ministro, che rende testimonianza con l'adesione non solo ai precetti, ma anche ai consigli evangelici, quasi a continuazione dell'invito e dell'esempio del Signore" ("Il volto e lo spirito della Chiesa in Italia", p. 389). Sono parole rivelatrici della sua spiritualità e della sua intimità con Dio.

Il suo dialogo con il Signore, fattosi più contemplativo in questi ultimi anni di ritiro e di sofferenza, ora si è compiuto, come tutti speriamo, con l'incontro con Cristo risorto. La ricerca delle vie per l'annuncio del Vangelo, che fu il suo assillo lungo la strada del ministero, ora è diventata il canto del possesso della piena verità nella patria del cielo.

A quanti sono presenti alla celebrazione eucaristica nella città, che più di altre fu testimone della sua sollecitudine pastorale e a quanti sono uniti spiritualmente, invio la confortatrice benedizione apostolica, nella luce delle supreme certezze della fede.

Dal Vaticano, 28 settembre 1985.

Data: 1985-09-28 Data estesa: Sabato 28 Settembre 1985





Ad un convegno su Adrienne von Speyr - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La Chiesa ha bisogno di laici operanti nel cuore del mondo

Signori cardinali, signor professore, reverendi padri.

Sono felice di accogliervi al termine del vostro convegno sulla personalità di Adrienne von Speyr, dottoressa d'origine svizzera che ha cercato la verità cattolica con tanto ardore, fino alla sua conversione avvenuta nel 1940.


1. Uno sguardo al programma del vostro incontro mi ha permesso di vedere che ciascuno di voi ha apportato un contributo qualificato al delicato lavoro di approfondimento e di discernimento dell'esperienza spirituale e degli scritti di Adrienne von Speyr. Nell'ambito di questo amichevole incontro, so che voi non vi attendete da me un giudizio che proviene dall'autorità che ricopro. Tuttavia mi congratulo per il vostro lavoro. Avete cercato insieme di delineare meglio l'azione misteriosa e impressionante del Signore in un'esistenza umana assetata di lui. Dicendo questo - forse perché Adrienne von Speyr è svizzera - penso alla meravigliosa storia della mistica reno-fiamminga del XIII e soprattutto del XIV secolo. Sta a voi poter dire se queste vette della teologia mistica sono state raggiunte da questa fervente convertita. Sono lieto infine perché la Chiesa ha sempre bisogno di proporre un esempio di laici molto radicati nella loro vocazione socio-professionale e allo stesso tempo immersi in Dio. Non è questo che Eckhart insegna ai suoi discepoli: "Tutto ciò che Dio ti domanda nel modo più pressante, è di uscire da te stesso... e lasciare che Dio sia Dio in te" (cfr. "Trattati e sermoni")? Si potrebbe pensare che separandosi dalle creature, la mistica tralasci i suoi fratelli uomini. Lo stesso Eckhart afferma, al contrario, di essere loro meravigliosamente presente, al solo livello in cui li si possa incontrare veramente, cioè in Dio.


2. Esprimo poi i miei auguri ai membri della Comunità Saint-Jean, frutto di una profonda ispirazione di Adrienne. Ella aveva una predilezione per "il discepolo che Gesù amava" e lo vedeva come l'ultimo e il più profondo interprete del mistero di Gesù, dell'amore del Padre per il mondo, del ruolo dello Spirito Santo di introduttore perfetto nella luce piena della rivelazione del Padre e del Figlio.

Adrienne ha penetrato molto vivamente la profonda comunione di fede e di cuore tra la Madre di Gesù e il solo apostolo rimasto con lei ai piedi della croce. Ella vi vedeva l'origine verginale della Chiesa, di quella Chiesa che doveva essere affidata a Pietro. Che questa spiritualità, intensamente vissuta, da Adrienne von Speyr, vi aiuti a incarnare sempre meglio la vostra preoccupazione di vita evangelica ed ecclesiale nelle realtà del mondo contemporaneo! 3. Voi mi permetterete di salutare in modo del tutto particolare il signor professore Hans Urs von Balthasar. A lui presento le mie felicitazioni e i miei auguri per il suo 80° compleanno e lo ringrazio ancora una volta per il suo immenso lavoro teologico, come avevo fatto l'anno scorso consegnandogli il premio dell'Istituto Paolo VI.

E invoco di tutto cuore sugli organizzatori del colloquio e su tutti i partecipanti l'abbondanza delle grazie divine.

Data: 1985-09-28 Data estesa: Sabato 28 Settembre 1985





Alle "scholae Cantorum" d'Europa - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La musica sacra deve esprimere la verità del mistero di Cristo




1. Signore, consacraci nella tua verità (cfr. Jn 17,17).

Con queste parole del canto al Vangelo della liturgia della odierna domenica, giorno del Signore risorto, desidero salutare cordialmente tutti voi, che siete qui riuniti, membri delle "scholae cantorum" d'Europa, convenuti a Roma per il congresso internazionale, promosso dal Comitato della Santa Sede per l'Anno europeo della musica e dall'Associazione italiana santa Cecilia. Tra le varie manifestazioni dell'arte, la tradizione musicale della Chiesa è patrimonio di inestimabile valore, sia per la peculiare espressione dell'arte stessa sia per il suo valore spirituale, in quanto la musica sacra è chiamata ad esprimere la verità del mistero che si celebra nella liturgia (cfr. SC 112).

La vostra presenza è una circostanza di intima letizia e manifesta ancora una volta come la Santa Sede abbia aderito volentieri all'iniziativa di designare il 1985 "Anno europeo della musica", sia per ricordare il terzo centenario della nascita di Johann Sebastian Bach, di Giuseppe Domenico Scarlatti, quest'ultimo, compositore, clavicembalista e direttore della cappella Giulia in Roma dal 1713 al 1719; sia perché l'iniziativa può contribuire a trasmettere un messaggio di bellezza e di gioia, soprattutto a far conoscere e apprezzare ancor più la musica religiosa in genere e quella liturgica in particolare, in quanto il canto gregoriano ebbe un influsso considerevole sullo sviluppo della musica in Europa e per secoli costitui un efficace vincolo di unità tra le popolazioni del continente europeo e ancor oggi è considerato dalla Chiesa "il canto proprio della liturgia romana" (SC 116), Il Comitato della Santa Sede ha già organizzato in quest'anno alcune importanti manifestazioni: il congresso internazionale di canto gregoriano, svoltosi a Subiaco; il congresso internazionale dei "pueri cantores", tenuto a Parigi; per il prossimo mese di novembre è in programma a Roma l'VIII Congresso internazionale di musica sacra, in occasione dell'inaugurazione della nuova sede del Pontificio istituto di musica sacra.


2. In questo incontro di preghiera, resa particolarmente fervida dal canto corale di così numerose "scholae cantorum", la liturgia della Parola dell'odierna domenica parla, da un lato, di ispirazione, e, dall'altro, di scandalo.

Riguardo all'ispirazione, leggiamo nella prima lettura: "Il Signore scese nella nube e parlo a Mosè; prese lo spirito che era su di lui e lo infuse sui settanta anziani: quando lo spirito si fu posto su di essi, quelli profetizzarono" (Nb 11,25).

Riguardo allo scandalo, leggiamo nel Vangelo secondo Marco: "Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che gli si metta una macina girata da asino al collo e venga gettato in mare" (Mc 9,42).

Così dice Cristo. E poi, parlando dello scandalo, pronuncia le severe parole a proposito della mano, del piede e dell'occhio umano, quando essi diventano causa di peccato.

Il peccato è un male, è la sorgente della depravazione. A causa di esso vanno in rovina la vita e la civiltà umana. Ne danno testimonianza le forti parole della Lettera di san Giacomo, ascoltate nella seconda lettura, rivolte a coloro che defraudano il salario ai lavoratori; che gozzovigliano e si saziano di piaceri; che condannano e uccidono l'innocente, il quale non può opporre resistenza alla loro violenza (cfr. Jc 5,16).

Descrivendo la triste situazione dell'uomo succube e vittima del peccato, il Concilio Vaticano II ha detto con efficace sintesi: "Il peccato... è una diminuzione per l'uomo stesso, impedendogli di conseguire la propria pienezza" (GS 13). Per questo Gesù ha lanciato quella minacciosa e terrificante parola: "Guai al mondo per gli scandali!" (Mt 18,7).


3. Oggi, in questa gioiosa giornata dedicata al canto, alla musica, noi desideriamo parlare soprattutto dell'ispirazione: di ciò che è la sorgente della verità, del bene e del bello nella vita umana.

Nella storia dell'umanità, l'ispirazione musicale ha cercato di esprimere - come la parola e forse più di essa - i sentimenti più profondi della persona: la gioia, l'amore, il dolore, l'angoscia, il dubbio... e, in particolare, la preghiera e la lode nei confronti di Dio, creatore e Padre. Per tale capacità espressiva della musica, la Chiesa, fin dai suoi inizi, nel suo insegnamento e nella sua azione ha manifestato un costante interesse per il canto e per la musica "sacra", data la stretta connessione dell'arte musicale con la liturgia. Per questo la Chiesa ha continuamente ribadito i principi e le linee direttive perché quest'arte, nobile e nobilitante, adempia con adeguata perfezione il suo compito liturgico e la sua suprema finalità, che è "la gloria di Dio e la santificazione dei fedeli" (SC 112).

Come ho detto ai membri dell'Associazione italiana Santa Cecilia (nel 1980), "la Chiesa... nel rendere alla Trinità santissima il culto, si è servita della musica e del canto per esprimere i più profondi sentimenti religiosi del cristiano: l'adorazione, il ringraziamento, la supplica, l'impetrazione, il dolore, lo slancio spirituale".

Sant'Agostino, il quale fu un appassionato e geniale cultore della musica - scrivendo anche su di essa un celebre trattato - ha felicemente sintetizzato il profondo legame tra la bellezza della realtà e la musica: "La bellezza di tutto l'universo, le cui parti sono tali da essere adatte a tutti i tempi, si diffonde come un grande canto di un ineffabile musico, e da li trapassano all'eterna contemplazione dello splendore (di Dio) coloro che debitamente lo adorano, anche quando è il tempo della fede" (cfr. "Epistola 138", I, 5: PL 22, 527).


4. In questa celebrazione eucaristica, che intende anche ricordare tre uomini grandi della musica che per le loro opere hanno trovato elevatissima ispirazione nei temi della storia della salvezza, lasciando ai posteri una singolare testimonianza della loro religiosità, io mi rivolgo a voi qui presenti e a tutti gli appartenenti alle "scholae cantorum" sparse nei continenti.

Voi avete una particolare missione nella Chiesa e nei confronti del mondo, perché, seguendo l'ispirazione, la cui fonte è nella Parola di Dio, partecipate alla funzione profetica del Cristo stesso. In virtù del battesimo, Gesù vi ha costituiti suoi testimoni, perché la forza del Vangelo risplenda nella vita quotidiana familiare e sociale. Voi avete la missione di cooperare alla dilatazione e all'incremento del regno di Cristo nel mondo (cfr. LG 35). In particolare, il vostro impegno nell'ambito delle "scholae cantorum" è una testimonianza e una professione di fede, in quanto partecipate attivamente alla liturgia di cui il canto sacro è "parte integrante e necessaria" (SC 112). Con questa vostra attività liturgico-musicale voi siete un segno di quel secolare legame del Vangelo e della Chiesa con la bellezza, con l'arte, con la musica! Ludwig van Beethoven avrebbe detto un giorno di essere disposto a dare tutte le sue sinfonie per la melodia di un Pater Noster o di un Prefazio! Siate legittimamente fieri di essere intimamente inseriti, con il vostro canto, nella liturgia, che è "il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù" (SC 10).

La vostra vita sia tutta un canto di adorazione e di lode a Dio, mediante la costante testimonianza della vostra fedeltà al messaggio di Cristo.

Ancora una volta ascoltiamo queste parole di sant'Agostino, che sembrano proprio rivolte a voi, membri delle "scholae cantorum": "Canta a Dio, chi vive per Dio; salmeggia al suo nome, chi opera per la sua gloria. così cantando, così salmeggiando, vale a dire così vivendo, così operando... spianate la strada a Cristo; perché, mediante i passi belli di coloro che annunciano la buona novella (cfr. Is 52,7), si aprano a lui i cuori dei credenti" ("Enarr. in Ps. 67", 5: PL 36, 814-815).


5. In questa significativa circostanza desidero anche rivolgere il mio pensiero a quanti amano la musica e in particolare la musica sacra: ai compositori, ai maestri, ai docenti, ai direttori, agli esecutori, e anche agli ascoltatori.

Mi indirizzo a voi perché diate il vostro contributo a che la musica, inserita dalla Chiesa nella celebrazione dei suoi misteri, sia veramente sacra, abbia cioè una predisposizione adeguata alla sua alta finalità religiosa; sia veramente artistica, capace cioè di rimuovere e trasformare i sentimenti dell'uomo in canto di adorazione e di implorazione alla Trinità santissima.

Come nel passato, così anche nel presente la Chiesa, pur riconoscendo il canto gregoriano come il canto proprio della liturgia romana, è aperta ad accogliere in altri tipi di espressioni musicali, quali la polifonia e la musica "moderna". Auspico di vero cuore che i compositori contemporanei prendano ispirazione dai temi della rivelazione cristiana per offrire sia alle "scholae cantorum" sia ai fedeli il frutto più maturo del loro genio e della loro religiosità! E' l'augurio che oggi esprimo in questa gioiosa circostanza.


6. Abbiamo detto che la liturgia della parola dell'odierna domenica ci parla dell'ispirazione e anche dello scandalo. Tutti voi, che accogliete l'ispirazione e vivete di essa mediante le opere artistiche, mediante la musica sacra e il canto ecclesiastico, religioso, estendete nel mondo contemporaneo l'area del bello, del bene e della verità! Diminuisca l'area del male, della minaccia, del peccato, dello scandalo! Carissimi membri delle "scholae cantorum" d'Europa: tutta la vostra attività, il vostro lavoro, l'amore laborioso e creativo desidero includere oggi nel mistero di Cristo, mediante questa Eucaristia, alla quale voi partecipate, mentre vi invito, oggi 29 settembre, che è anche la festa degli arcangeli, ad unire con gioia la vostra voce all'immenso coro degli angeli e dei santi in cielo che cantano senza fine: "Santo, santo, santo è il Signore, Dio dell'universo. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Osanna nell'alto dei cieli". Amen! Desidero ora rivolgere una parola di saluto a tutte le "scholae cantorum".

[In tedesco:] Saluto di cuore i cori qui presenti che provengono dai Paesi di lingua tedesca. La famosa tradizione della musica sacra nei vostri Paesi è un impegno a custodire attentamente questo prezioso patrimonio. Rendetelo fruttuoso per un'impostazione viva della liturgia quotidiana, per la lode di Dio e l'elevazione spirituale degli uomini del nostro tempo. Nel vostro canto la lingua della cultura diviene preghiera. Che Dio stesso vi conduca più vicino a lui e guidi anche coloro che vi ascoltano a un incontro personale con Dio. Vi incoraggio nella vostra attività musicale e vi benedico di cuore.

[In spagnolo:] Il mio saluto cordiale va ora ai gruppi corali di lingua spagnola. Con san Paolo vi esorto a cantare e a inneggiare al Signore con tutto il cuore (cfr. Ep 5,19) e vi incoraggio a continuare a trasmettere il messaggio di fraternità e di speranza della vostra musica. Ringraziandovi per la vostra presenza, sono lieto di impartirvi la mia benedizione apostolica che estendo ai vostri cari.

[In francese:] Sono molto lieto di salutare e di congratularmi con i "piccoli cantori" di lingua francese. Cari giovani, siate molto felici di consacrare del tempo e soprattutto le vostre belle voci alla glorificazione del Signore, lungo tutto l'anno liturgico, ritmato dai grandi avvenimenti della salvezza dell'umanità! Abbiate sempre viva coscienza dell'importanza del vostro servizio ecclesiale: voi potete aiutare moltissimo i fedeli e coloro che frequentano più raramente le assemblee domenicali ad approfondire o a riscoprire le ricchezze spirituali della liturgia e delle grandi feste dell'anno. Formulo ancora un augurio: per tutta la vostra vita rimanete servitori ardenti del Signore e della sua Chiesa. Prego Dio di benedire voi, i vostri responsabili e le vostre famiglie.

[In croato:] Siano lodati Gesù e Maria! Saluto di cuore i rappresentanti della "Schola cantorum" della Croazia. Mi è ben noto quanto il popolo croato ami la musica e come pure il semplice popolo partecipi alla musica sacra durante la santa messa e le altre devozioni cristiane. Inoltre vi è l'abitudine che i contadini croati con bellissime canzoni mariane, che sono numerosissime, accompagnino il lavoro delle loro campagne, e così diano gloria al Signore con il lavoro e la preghiera-canto. Continuate così anche per il futuro. A voi qui presenti e a tutti quelli che sono rimasti a casa il Papa di cuore imparte la sua apostolica benedizione.

Data: 1985-09-29 Data estesa: Domenica 29 Settembre 1985






GPII 1985 Insegnamenti - A ex deportati dell'ultima guerra - Città del Vaticano (Roma)