GPII 1985 Insegnamenti - Agli Atenei pontifici di Roma - Città del Vaticano (Roma)

Agli Atenei pontifici di Roma - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Professori e studenti uniti nell'impegno per la verità




1. "E si mise a insegnare loro" (Mc 6,34). Con questa frase termina il brano del Vangelo di Marco, letto nell'odierna liturgia della parola: Gesù si mise a insegnare.

All'inizio del nuovo anno accademico nelle università pontificie e nei collegi ecclesiastici romani, desideriamo rendere consapevoli, alla luce di queste parole, che l'insegnamento di Gesù, continua! Continua in tutta la Chiesa. E dato che la Chiesa è inviata al mondo, esso continua nel mondo. Infatti Cristo andando al Padre, disse: "Andate in tutto il mondo e predicate" (Mc 16,16); "ammaestrate tutte le nazioni" (Mt 28,19). Quindi l'insegnamento di Cristo continua nella Chiesa, assumendo molteplici forme, servendosi di metodi, che variano a seconda di chi apprende e di chi insegna.


2. Le università e gli altri atenei cattolici e pontifici sono un luogo privilegiato di quest'insegnamento. Un luogo particolarmente importante.

Importante dal punto di vista della responsabilità per la verità insegnata.

Importante anche dal punto di vista della cultura umana, perché le università furono sempre e sono tuttora rimaste, in un certo senso, il primo luogo dell'"inculturazione".

La verità divina la verità rivelata all'uomo, autenticamente insegnata dalla Chiesa, entra sempre di nuovo nella cultura umana. Riveste le sue forme e, al tempo stesso, la compenetra con la sua luce.


3. In mezzo a questo processo - che è processo salvifico - si trova inserito l'uomo. Tanti uomini formano la comunità degli Atenei pontifici, e in occasione dell'odierna inaugurazione li ricordiamo tutti insieme.

Tuttavia ci si rivolge in modo particolare a quest'uomo che insegna e a quest'uomo che studia. L'università, secondo il significato sempre attuale della parola, è una comunità di professori e di studenti. La comune responsabilità per la verità li unisce. Questa responsabilità appartiene, in primo luogo, a coloro che insegnano.




4. Sarebbe quindi bene che gli uni e gli altri prendessero, di nuovo, a cuore il dialogo tra Jahvè e il profeta, come ci ricorda la prima lettura d'oggi, tolta dal Libro di Geremia. "Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato; ti ho stabilito profeta delle nazioni" (Jr 1,5).

Profeta. Si. L'insegnamento è una forma particolare della partecipazione alla missione profetica di Gesù Cristo. Ricordatelo tutti, chi insegna e chi apprende, professori e studenti. Partecipare alla missione profetica di Cristo, al suo "munus propheticum", vuol dire agire in piena obbedienza nei confronti della verità, che egli ha proclamato e proclama costantemente mediante la Chiesa. Nei confronti della verità che è lui stesso.


5. Quanto eloquente è quindi anche il fatto che il profeta Geremia abbia paura, ha il timore reverenziale dinanzi a Dio che lo chiama e dinanzi alla verità che è pure difficile. Essa è la buona novella - anche se a volte non è facilmente accolta dagli intelletti, dalle mentalità, dai costumi umani! "Risposi: "Ahimè, Signore Dio, ecco io non so parlare, perché sono giovane". "Non dire: sono giovane, ma va da coloro a cui ti mandero e annunzia ciò che io ti ordinero. Non temerli, perché io sono con te per proteggerti"" (Jr 1,6-8).


6. Questo si riferisce a voi tutti, qui presenti, ma soprattutto a voi giovani, a voi studenti. Il periodo degli studi che state vivendo, è sia periodo di preparazione al sacerdozio, sia di consolidamento del sacerdozio ricevuto. Bisogna quindi armonizzare questi due processi: affinché la teologia serva in voi insieme la sapienza e il coraggio della missione profetica.

"Annunzia" sente il profeta dalla bocca di Dio, e al tempo stesso: "non temere". E' dunque necessario - oggi, all'inizio del nuovo anno accademico - che il Signore "tocchi" la vostra bocca (cfr. Jr 1,9), cari professori e studenti, e "tocchi" le vostre menti e i vostri cuori, affinché, nei diversi modi che corrispondono ai vostri compiti, voi vi sentiate dire: "Ecco, ti metto le mie parole sulla bocca" (Jr 1,9).

Per questo siamo riuniti, nella comune preghiera allo Spirito Santo. Con questa preghiera desidero, come Vescovo di Roma, inaugurare il nuovo anno accademico non soltanto negli atenei pontifici di Roma, ma anche, indirettamente, in tutte le università cattoliche ed ecclesiastiche diffuse nella Chiesa dei cinque continenti.


7. Quando pregando, cantiamo; "Veni, Creator Spiritus, mentes tuorum visita", siano presenti nella nostra memoria le parole del divino maestro pronunziate agli apostoli il giovedi santo; "Io preghero il Padre ed egli vi darà un altro consolatore... lo Spirito di verità" (Jn 14,16).

Fiduciosi nella luce e nella potenza dello Spirito di verità, iniziamo il nuovo anno di lavoro e di servizio accademico nel nome della santissima Trinità, sotto la protezione di Maria, sede della sapienza.

Data: 1985-10-25 Data estesa: Venerdi 25 Ottobre 1985





Ai pellegrini giuliano-dalmati - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il corpo mistico di Cristo supera ogni barriera

Cari fratelli e sorelle.


1. A quarant'anni dalla fine della seconda guerra mondiale, che ha comportato per voi prove difficili e dolorose, avete voluto manifestare un gesto di fratellanza e di amore, espresso con un atto di fede. Questa udienza infatti, che avete desiderato e che vi vede così numerosi e fervorosi, indica che voi avete sempre mantenuta accesa la lampada della fede in Cristo e nella Chiesa, e oggi siete venuti presso la tomba di Pietro in devoto pellegrinaggio per rinnovarla e approfondirla.

Con grande affetto porgo ad ognuno di voi, giovani e adulti, il mio saluto più cordiale: siate benvenuti nella casa del Padre comune, che è aperta a tutti gli uomini creati da Dio e riscattati dal sangue di Cristo, e perciò chiamati all'unità nell'amore dell'unico Padre e dell'immensa famiglia umana.

Auguro di cuore che il vostro pellegrinaggio romano rinsaldi i vostri animi nella fede e vi stimoli a formulare sempre più propositi di pace e di serenità. A questo scopo invoco l'intercessione dei santi Pietro e Paolo e vi assicuro anche la mia preghiera.


2. La vostra presenza suggerisce una riflessione sul senso della storia. I più grandi pensatori, filosofi, storici, politici, si sono domandati il perché della storia umana e delle sue vicissitudini; e anche l'umile uomo della strada sente il pungolo talvolta straziante di questi interrogativi. Molte sono le soluzioni tentate e offerte; ma la ragione rimane tuttavia impotente: non sa rispondere esaurientemente alle domande fondamentali; constata infatti un indubbio sviluppo e progresso dell'umanità a prezzo di immani fatiche e dolori, eppure non ne conosce il motivo.

La parola di Dio ci insegna che soltanto Gesù Cristo, Verbo incarnato, può rispondere alle domande che ci assillano: la storia è piena di fenomeni e di movimenti che si susseguono gli uni agli altri. Ma tutto avviene nel disegno della provvidenza, secondo le leggi tracciate da Dio, Creatore e Signore: la legge dell'amore, per cui Dio ha creato l'uomo intelligente e libero, perché vuole il suo amore e la sua collaborazione, la legge del contrasto, per cui la zizzania esiste e cresce insieme al buon grano, e la legge della gloria, per cui l'umanità intera cammina verso la risurrezione finale. E perciò, pur forse portando in noi le ferite della storia, bisogna saper vedere gli avvenimenti dall'alto, e cioè nella realtà della provvidenza, della conclusione finale delle vicende, dell'eternità: "In Dio infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo" (Ap 17,28) dice san Paolo, e soggiunge; "Nessuno vive per se stesso e nessuno muore per se stesso... Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo del Signore" (cfr. Rm 14,7-8).


3. Alla luce della rivelazione di Cristo, il cristiano non si stupisce né si spaventa degli avvenimenti che succedono: egli sa che nulla sfugge al disegno della provvidenza e che la sua condizione su questa terra è quella dell'attesa. La morte in croce di Cristo redentore afferma chiaramente che l'infinito della gloria combacia con l'infinito dell'umiltà. Siamo tutti in umile e fiduciosa attesa del ritorno glorioso di Cristo; il tempo della Chiesa è tempo di attesa e il cristiano è uno che attende, impegnandosi nelle opere della carità, della pace, della riconciliazione, del perdono, della fratellanza universale. Dopo che "si sono manifestati la bontà di Dio, nostro salvatore, e il suo amore per gli uomini" (Tt 3,4), non resta altro dovere che tendere alla realizzazione dell'uomo perfetto "nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo" (Ep 4,13).

Certamente rimangono i valori umani e storici, legati alla propria patria e alla propria cultura, come rimangono le glorie e le ferite dell'umanità che percorre il suo misterioso cammino; ma tutto è visto e valutato nella realtà del "corpo mistico" di Cristo, che supera ogni frontiera e ogni barriera e a tutti e sempre porta il messaggio dell'amore.


4. Cercate perciò di vivere con profonda convinzione la fede cristiana nella vostra situazione attuale. La vasta secolarizzazione della società odierna esige da tutti un impegno di approfondita conoscenza della dottrina cristiana, una fedeltà totale al magistero della Chiesa, una coraggiosa testimonianza di carità verso il prossimo. Fate in modo che la grazia di Dio non sia mai vana nelle vostre anime. Noi infatti sappiamo che "tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono chiamati secondo il suo disegno" (Rm 8,28). La preghiera personale e familiare, i sacramenti, la partecipazione alla santa messa siano il vostro proposito e il vostro conforto.

Cari fratelli e sorelle! Mi piace concludere questo incontro con voi riportando un pensiero che scrissi recentemente commemorando il millecentesimo anniversario della morte di san Metodio, patrono dell'Europa insieme a san Benedetto e san Cirillo. Ricordando le sue fatiche e sofferenze apostoliche e la sua esemplare fortezza d'animo dicevo: "In effetti, non si riesce mai a comprendere pienamente il motivo degli avvenimenti che si susseguono sulla faccia della terra e che formano la storia dell'umanità: ma non è tanto questione di capire, bensi di amare. Soltanto nella luce trascendente della visione beatifica comprenderemo l'armonia della storia umana e delle singole esistenze. Ora è tempo di amare" (Lettera apostolica al clero della Cecoslovacchia in occasione della celebrazione del MC anniversario della morte di san Metodio).

Impegnati nelle fatiche quotidiane, realizzate anche voi con ardore il comando della carità, con piena fiducia nel Signore! Vi aiutino e vi accompagnino i santi patroni dell'Europa e tutti i vostri degni e illustri antenati, che hanno tanto amato la Chiesa! Vi faccia sentire la sua materna protezione Maria santissima, che vi esorto ad invocare ogni giorno con la recita del Rosario, specialmente in questo mese di ottobre. E pregate anche per me! Di gran cuore vi imparto la mia benedizione, che estendo volentieri ai vostri parenti, amici e conoscenti.

Data: 1985-10-26 Data estesa: Sabato 26 Ottobre 1985





Al capitolo generale dei maristi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Annunciare ai giovani un mondo nuovo

Cari fratelli.


1. In questo giorno, situato nel periodo finale del vostro capitolo generale, sono particolarmente felice di incontrarne i rappresentanti qualificati, radunati nel cuore stesso della cristianità per studiare le questioni relative al loro istituto e per mettere definitivamente a punto le loro costituzioni rinnovate secondo la richiesta del Concilio.

Desidero innanzitutto salutare il fratello Charles Howard, vostro nuovo superiore generale, e presentargli i miei auguri per un fecondo apostolato durante il mandato che egli ha accettato in spirito di fede e di servizio. Desidero ugualmente, in nome della Chiesa, ringraziare il fratello Basile Rueda che ha operato durante tutto questo periodo post-conciliare in mezzo alle difficoltà, sforzandosi sempre di aiutare i suoi fratelli nella fedeltà alla loro magnifica vocazione di consacrati e di apostoli.

Costituite qui in qualche modo una reale rappresentanza del mondo perché voi siete presenti in più di settanta Paesi in cui vi dedicate, secondo la volontà del beato Marcelin Champagnat, all'educazione della gioventù, soprattutto nelle scuole, e alla formazione di catechisti.


2. Dopo il Concilio, avete voluto approfondire e ravvivare la vostra vocazione di religiosi laici nella Chiesa ispirandovi sempre più alla spiritualità del vostro beato fondatore. Mi piace ricordare qui alcuni degli elementi di questa spiritualità: un grande amore verso Dio e un impegno totale per l'estensione del suo regno. "Amare Dio - aveva l'abitudine di dire - e lavorare per farlo amare, questa deve essere la vita del fratello marista". Questo amore di Dio era accompagnato e sostenuto in lui da una fiducia da bambino verso la Vergine Maria che ha voluto rendere patrona speciale del suo istituto.

Siate dunque sempre fedeli a queste basi fondamentali della vostra vita religiosa e impegnatevi costantemente a sostenerle con la preghiera di cui voi conoscete la necessità assoluta: che tutta la vostra vita si trasformi in preghiera per realizzare l'unione tra la contemplazione, l'apostolato e la vita comunitaria.


3. Figli dello stesso Padre, possessori della stessa eredità, portando il bel nome di fratelli, impegnatevi a realizzare una vita comunitaria animata dalla carità di Cristo. Che si possa dire di voi come dei primi cristiani: "Guardate come si amano!". Questa vita comunitaria, elemento indissolubile della vita religiosa, è per ciascuno di voi una grande ricchezza, grazie al beneficio della complementarietà dei doni; essa sarà per i giovani, ai quali vi rivolgete, un marchio e un annuncio del mondo che verrà. Gli uomini del nostro tempo hanno grande bisogno della visibilità e della trasparenza delle comunità religiose.


4. Fondando un istituto destinato all'educazione dei giovani e alla loro formazione cristiana, Marcelin Champagnat ha avuto una vera intuizione profetica: il moltiplicarsi delle vostre scuole non soltanto in Europa ma nel mondo intero, ha permesso un'azione formatrice di grande importanza tra i giovani, specialmente quelli degli Stati meno sviluppati. Voi avete, nella nostra epoca di endemica disoccupazione, anche la viva preoccupazione di aiutare i giovani che avete formato a trovar loro un impiego.

Questa opera di educazione è più che mai di attualità. I giovani sono sempre più spaesati in un mondo spesso senz'anima, in cerca di un assoluto che una parte degli adulti è incapace di rilevar loro. La vostra missione nei loro confronti è dunque indispensabile: essi attendono che voi li prepariate a una vita che valga la pena di essere vissuta e che gli riveliate il Cristo e il suo Vangelo.

La messe è abbondante, e gli operai insufficienti. Con la grazia di Dio sappiate collaborare con i laici, professori, parenti di allievi, ex allievi, formando la grande famiglia marista che cerca di vivere sempre meglio la sua vocazione umana e cristiana.


5. Le costituzioni che state preparando vi aiuteranno nella realizzazione della vostra vocazione: il vostro dono a Cristo, amato sopra ogni cosa, il vostro distacco dai beni di questo mondo, la sequela a Cristo e la vostra obbedienza, vi permetteranno di comprendere meglio i poveri e di mettervi al loro servizio per guidarli verso una promozione autentica.

Io so che, fedeli anche su questo punto agli insegnamenti del vostro fondatore, siete profondamente attaccati alla Chiesa cattolica e al suo Magistero; rimanete sempre risoluti in queste disposizioni, collaborando lealmente, ovunque vi troviate, con la Chiesa locale e i suoi pastori.

Terminando, domando alla Vergine Maria, l'educatrice di Nazaret, di essere per voi il modello eloquente ed efficace della vostra vocazione verso i giovani. Che essa ottenga dal suo Figlio, per il vostro istituto, vocazioni numerose e generose affinché continuiate la vostra opera di evangelizzazione! Di tutto cuore vi benedico.

Data: 1985-10-26 Data estesa: Sabato 26 Ottobre 1985





Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il concilio è vivo nella vita della Chiesa




1. A questo nostro incontro domenicale si affaccia gioioso e commosso il ricordo dell'elezione del mio predecessore Giovanni XXIII, avvenuta il 28 ottobre 1958, ventisette anni or sono.

Nonostante il tempo trascorso, il nome e l'immagine dell'insigne pontefice rimangono vivi nel cuore della Chiesa e del mondo, a motivo soprattutto del Concilio Vaticano II, che egli progetto con semplicità e coraggio profetici, preparo con somma cura, e segui poi nel primo periodo del suo svolgimento.

Papa Giovanni ideo il Concilio come evento eminentemente pastorale, destinato ad imprimere un rinnovato slancio nel cammino ecclesiale. Inaugurando l'assise ecumenica dei vescovi, egli inneggio con giovanile vigore alla Chiesa di Cristo, alla sua universalità, alla vitalità della sua perenne missione di "madre e maestra". Ecco un'enunciazione che l'amatissimo pontefice allora ci affido, come compendio del significato ch'egli attribuiva all'incipiente Concilio: "Questo massimamente riguarda il Concilio ecumenico: che il sacro deposito della dottrina cristiana sia custodito e insegnato in forma più efficace... Lo scopo principale di questo Concilio non è quindi la discussione di questo o quel tema della dottrina fondamentale della Chiesa... Per questo non occorreva un Concilio. Ma dalla rinnovata, serena e tranquilla adesione a tutto l'insegnamento della Chiesa nella sua interezza e precisione, quale ancora splende negli atti conciliari da Trento al Vaticano I, lo spirito cristiano, cattolico e apostolico del mondo attende un balzo innanzi verso una penetrazione dottrinale e una formazione di coscienza, in corrispondenza più perfetta alla vera dottrina, anche questa pero studiata ed esposta attraverso le forme dell'indagine e della formulazione letteraria del pensiero contemporaneo" (cfr. Discorsi di Giovanni XXIII, IV, 584-585).


2. I sedici testi conciliari, ognuno con la propria storia, la propria fisionomia, la propria indole, si riconoscono in quel criterio. Essi sono il frutto di accurate e pazienti riflessioni, che i vescovi hanno sviluppato sotto la guida dello Spirito Santo, in prospettiva essenzialmente pastorale, per dare all'azione della Chiesa di Cristo nel nostro tempo rinnovata incisività ed efficacia. In tal modo il Vaticano II si è qualificato storicamente non come un episodio a sé stante, isolato nella sua grandezza, ma come avvenimento profondamente radicato nel terreno ecclesiale; una tappa vitale nel secolare cammino del "popolo di Dio"; punto d'arrivo e insieme di partenza.

Perciò Paolo VI, nella sollecita e appassionata opera svolta per tradurre in atto il dinamismo insito nelle decisioni conciliari, e fermentato dalla grazia divina, fu l'instancabile apologeta dell'armonia intercorrente tra la fedeltà e l'"aggiornamento". "Il Concilio - sono sue parole - vale quanto continua la vita della Chiesa; esso non la interrompe, non la deforma, non la inventa; ma la conferma, la sviluppa, la perfeziona, la "aggiorna"" ("Insegnamenti di Paolo VI", 1966, p. 623).


3. Il prossimo Sinodo straordinario dei vescovi è chiamato a far vivere in chi l'ha sperimentato e a diffondere in tutta la Chiesa il clima spirituale del Concilio, imprimendo nuovo slancio a quel balzo in avanti che papa Giovanni aveva presagito e del quale i testi conciliari indicano la strada. Affinché queste finalità possano essere pienamente raggiunte, invochiamo ora Maria, madre della Chiesa.

[Dopo la recita dell'Angelus;] In questo momento il mio pensiero si rivolge a un Paese a me particolarmente caro, l'Uganda, le cui popolazioni vivono da tempo in un clima di insicurezza, aggravato da continui episodi di violenza, di odio e di vendetta, mentre l'auspicato accordo di unità nazionale incontra sempre nuove difficoltà. Nonostante la buona volontà dei responsabili e gli sforzi di quanti cercano di interporre i buoni uffici di una mediazione tra le parti, non si intravede ancora una via d'uscita conforme alla giustizia e al bene comune.

Sento il dovere di ricordare a tutti che la pace è possibile: essa esige saggezza e lungimiranza, senso di coraggio e di umanità, paziente perseveranza.

Esprimo il mio sostegno e il mio incoraggiamento all'opera di pacificazione svolta dal cardinale Nsubuga e dagli altri benemeriti pastori della Chiesa locale, così come da altri uomini di buona volontà. Mi auguro che non si lasci nulla di intentato per garantire alla nazione ugandese condizioni di tranquillità e di sicurezza, nel rispetto dei diritti di ciascuno. A quanti si trovano in contesa, rivolgo un accorato appello alla generosità e al dialogo, franco e fiducioso, perché non sia compromessa la possibilità di una rapida e soddisfacente soluzione dei problemi comuni.

Vi invito ad unirvi alla mia preghiera, affinché il Signore faccia comprendere a tutti la necessità e il valore della pace.

Data: 1985-10-27 Data estesa: Domenica 27 Ottobre 1985





Omelia nella chiesa di San Ferdinando Re - Tuscolano (Roma)

Titolo: La fede è il tesoro del cuore umano




1. "Grandi cose ha fatto il Signore per noi".

Ecco le parole che tutta la Chiesa pronuncia nell'odierna liturgia. Le attinge dal salmo 125, il quale, composto nel contesto storico del ritorno del popolo ebraico dall'esilio e della successiva faticosa ricostruzione, con lieta commozione esprime i sentimenti di un cuore fedele, che non ha mai cessato di credere in Jahvè. Le parole usate manifestano la gioia del Signore, perché il nuovo esodo, che ha riportato gli israeliti nella terra dei loro padri, e le vicende ad esso seguite hanno fatto sperimentare in modo evidente la presenza potente di Dio, del Dio dell'alleanza, il quale si manifesta, educa e salva, guidando, con amore esigente e provvida grazia, le sorti di Israele a magnificenza nuova.

"Grandi cose ha fatto il Signore per noi" - oggi cantiamo insieme anche noi in questa parrocchia di San Ferdinando Re, la quale è una particolare comunità di popolo di Dio, congiunta alla comunità più grande dell'antica e apostolica Chiesa di Roma.


2. Oggi, all'inizio dell'ottavo anno del mio servizio alla Chiesa romana e universale, quale Vescovo di Roma e successore di san Pietro visito questa parrocchia. Saluto con gioia voi tutti qui riuniti, e lo faccio accompagnato dal cardinale vicario e dal vescovo monsignor Giulio Salimei, il quale ha cura della vostra parrocchia situata nel settore Est.

Un saluto affettuoso rivolgo al parroco, padre Ettore Ricci, e ai suoi confratelli, che con spirito di sacerdotale comunione dedicano generosamente le loro energie a questa comunità cristiana, per renderla sempre più viva e missionaria, sensibilizzando i fedeli ad una fraterna vita ecclesiale.

Un particolare saluto va a voi laici, giovani e adulti, che collaborate nelle varie componenti pastorali e nei "Gruppi di famiglie". Mentre vi incoraggio a perseverare con dedizione nell'impegno gratuito e concreto verso i fratelli, vi esorto a vivere con sempre maggiore fedeltà la vostra adesione a Cristo, mediante la preghiera e i sacramenti. Da tale familiarità eucaristica che di molti individui fa un corpo solo, perché partecipano dell'unico pane, deriva un autentico servizio agli uomini, sia nel portare loro il "primo annuncio" (AGD 6-19), sia nell'aiutarli ad accogliere e approfondire la fede della Chiesa mediante la catechesi, sia nel sovvenire con molteplici iniziative alle necessità dei malati, dei poveri e degli anziani, soprattutto di quelli che vivono soli.


3. Seguendo la parola della liturgia dell'odierna domenica, desideriamo meditare le grandi cose che il Signore ha fatto per noi. Ritorniamo con la memoria all'Antico Testamento. Il popolo di Dio sta a meditare fedelmente la Pasqua: la liberazione dalla schiavitù d'Egitto nei tempi di Mosè. E intendiamo l'odierna lettura del profeta Geremia come preannuncio della liberazione dalla schiavitù di Babilonia.

Questi avvenimenti erano "immagine delle cose future". Vi era contenuto il preannunzio dei tempi messianici: delle "grandi cose" che Dio aveva in mente di fare agli uomini e che ha fatto per mezzo di suo Figlio, Gesù Cristo.


4. Siamo il popolo di Dio della nuova alleanza. Abbiamo sperimentato queste "grandi cose" e le sperimentiamo costantemente. Il salmo responsoriale ci invita a lasciarci colmare di gioia, mentre pensiamo ad esse. Infatti siamo il popolo del Vangelo, della buona, gioiosa novella della salvezza.

Ecco, il salvatore Gesù Cristo "ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l'immortalità per mezzo del Vangelo" (2Tm 1,10). Camminiamo noi in questa luce? Lo cerchiamo sempre di nuovo, affinché le tenebre non ci sorprendano? (cfr. Jn 12,35). Non lasciamo troppo facilmente offuscare questa luce dalle diverse forze delle tenebre, che non mancano? 5. Gesù Cristo ha fatto risplendere la nostra vita umana! Una splendida illustrazione a queste parole è l'avvenimento ricordato oggi dal Vangelo di Marco.

Cristo restituisce la vista a un cieco di nome Bartimeo. "Rabbuni, che io riabbia la vista!". "Va', la tua fede ti ha salvato" (Mc 10,51-52).

E salva costantemente. La fede salva costantemente. Portiamo la luce del Vangelo, gettata sulla nostra vita, nei vasi della fede. Bisogna vegliare perché questo vaso non venga rotto. Da nessuno. Da nessun programma, da nessuna ideologia, da nessun uomo, da nessuna circostanza, da nessun ambiente. La fede è il tesoro del cuore umano.

A volte ne rendono testimonianza perfino coloro che non l'hanno. Anche coloro che l'hanno persa, o che non sono arrivati ad essa. E la nostra preghiera sia questa: Signore, aumenta la mia fede (cfr. Lc 17,5); o, come leggiamo altrove nel Vangelo, Signore "aiutami nella mia incredulità" (Mc 9,24). Preghiamo così, affinché la vita umana non perda per noi il suo senso, il suo senso ultimo.


6. Dio ha fatto grandi cose per noi. Ecco, Gesù Cristo, crocifisso e risorto, divenne "sacerdote per sempre" (cfr. He 5,2). Che "è in grado di sentire giusta compassione - come scrive l'autore della Lettera agli Ebrei - per quelli che sono nell'ignoranza e nell'errore" (He 5,2). Quindi: per noi, si, ma anche per quelli che sono forse assenti e che infatti sono contrassegnati con il segno indelebile del suo eterno sacerdozio. Per tutti.

Quanti siamo noi riuniti qui oggi in questo tempio? E quanti sono battezzati in questa parrocchia? Battezzati dunque contrassegnati con il segno spirituale, indelebile di Cristo, eterno sacerdote. Con questo segno distintivo, che consacra in modo perpetuo a Gesù Cristo, l'uomo appartiene a Dio: al Padre, a somiglianza del Figlio, che è morto e risuscitato per ciascuno di noi.

"Grandi cose ha fatto il Signore per noi" ed esse più che visibili esternamente, sono scritte nell'intimo delle anime umane.


7. Torniamo ancora una volta al salmo. Quanto vicine ci sembrano le parole che parlano dei lavoratori della messe: "Chi semina nelle lacrime / mieterà con giubilo. / Nell'andare, se ne va e piange, / portando la semente da gettare, / ma nel tornare, viene con giubilo, / portando i suoi covoni" (Ps 125,5-6).

Mietitori. Mietitori e seminatori. L'immagine della vita umana. Quanto desidererei applicare oggi questa immagine alla storia di ogni uomo. In questa parrocchia. E dappertutto. Ciascuno è seminatore della propria vita. E ciascuno è mietitore: raccoglie ciò che ha seminato, ciò che ha conquistato lavorando. Che questa raccolta della messe si dimostri beata. Che su ciascuno si compiano le parole del salmo. Che ciascuno ritorni alla casa del Padre "con giubilo, portando i suoi covoni".

E solo là, a quell'ultima soglia, ciascuno potrà vedere nella piena luce e ripetere con tutta l'anima: "Quanto grandi...! Quanto splendide cose ha fatto il Signore per noi".

Avviamoci a quella soglia del compimento ultimo mediante la fede.

Data: 1985-10-27 Data estesa: Domenica 27 Ottobre 1985




Ad espositori filatelici - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Anche il francobollo è strumento di pace

Signor ministro, signori presidenti dei Comitati nazionali e delle Federazioni internazionali di filatelia, signori organizzatori dell'Esposizione mondiale "Italia 85", e voi tutti intervenuti a questa udienza.

Sono lieto di incontrarmi con voi e vi ringrazio per aver voluto farmi visita in occasione dell'importante manifestazione che, su iniziativa del ministero italiano delle Poste e telecomunicazioni, si svolge quest'anno in questa città. Ringrazio il signor ministro per le cortesi parole e desidero esprimere a mia volta un vivo compiacimento per il successo di questa esposizione, che può vantare la presenza di tante amministrazioni postali di diverse nazioni e dei maggiori collezionisti ed espositori filatelici di tutto il mondo.

Il vostro interesse, illustri signori, si rivolge a un'eccellente espressione d'arte, quella del francobollo, che è di per sé un'eloquente e significativa forma di linguaggio universale. Il francobollo infatti non si limita solo a obiettivi funzionali, ma tende a raggiungere qualificate espressioni di bellezza figurativa. Di più, esso vuole perseguire peculiari interessi culturali quando riproduce e illustra monumenti, opere insigni, soggetti del mondo naturale; oppure quando commemora eventi e personaggi storici o figure insigni sia della cultura universale, che della storia delle nazioni.

Nella sua peculiare forma espressiva la filatelia diviene, così, un'occasionale ma efficace coefficiente di informazione, di educazione e di dialogo. Quanti messaggi utili al bene comune, agli interessi della collettività, o quante informazioni opportune possono essere ogni giorno lanciate in tutto il mondo da un semplice francobollo o dal disegno e dalla frase concisa ed efficace di uno speciale annullo. Si può ben affermare che un'importante missione di pace è sottesa a questo semplice e comune strumento di comunicazione, connesso con il quotidiano uso della posta.

Colgo volentieri l'occasione per formulare il cordiale augurio che lo svolgimento del servizio filatelico possa concorrere alla costruzione di quelle conoscenze, amicizie e intese alle quali aspira il comune e universale desiderio di concordia e di pace.


2. La vostra attività di filatelici comporta naturalmente un aspetto di piacere scelto, con tutto ciò che implica di interesse appassionato, di cura, di conoscenze, di incidenze anche di ordine economico. Voi comprenderete che non mi spetta attardarmi in questo.

L'oggetto primo della vostra attenzione sono tutti questi marchi che fanno di uno scritto, dal più intimo al più ufficiale, un messaggio affidato al servizio pubblico di posta. Non ci sarà forse una sorta di simbolo nel fatto che la lettera è completata da un sigillo o un francobollo che mostrano un'appartenenza del mittente a una collettività? Quando una persona comunica con un'altra, il suo messaggio è in qualche modo integrato nell'immensa rete di relazioni umane dal servizio comune che iscrive non solo il luogo e la data sul documento ma oppone con il francobollo un'illustrazione che esprime un po' lo spirito della nazione.

A partire da questa semplicissima osservazione, si riconosce volentieri la ricchezza dei punti di vista che animano i filatelici: raccogliere e esaminare le innumerevoli forme che prendono i sigilli postali attraverso il tempo. Ciò fa ricondurre lo sguardo su molti aspetti della vita e della memoria delle diverse nazioni e delle loro relazioni. I francobolli ricordano le linee della storia, passata o contemporanea; mettono in risalto le persone che caratterizzano ogni popolo, rendono più presenti gli avvenimenti che si sceglie di celebrare; simbolizzano gli elementi rappresentativi del patrimonio naturale, artistico, scientifico, culturale, in cui le società umane riconoscono il meglio di se stesse. E voi sapete bene che le convinzioni religiose caratterizzano spesso la storia, la civiltà o l'arte e fanno sorgere personalità di primo piano; esse si trovano così legittimamente illustrate nei francobolli di molti Paesi.

A voi che avete presente tutte le ricchezze che comporta la filatelia e che permettete a molti amici e giovani di scoprirle, rivolgo l'augurio che possiate aiutare coloro che vi si interessano ad assumere coscienza di tutto ciò che rappresenta l'oggetto delle loro collezioni, a elargire il loro sguardo sui molteplici significati degli scambi tra gli uomini, sull'immagine che ogni Paese dà di se stesso, su una storia sempre in divenire, sui valori umani fondamentali.

Possiate essere artigiani di fraternità e di pace!

Data: 1985-10-28 Data estesa: Lunedi 28 Ottobre 1985






GPII 1985 Insegnamenti - Agli Atenei pontifici di Roma - Città del Vaticano (Roma)