GPII 1985 Insegnamenti - Ad un gruppo di pellegrini malati - Città del Vaticano (Roma)

Ad un gruppo di pellegrini malati - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Fede per viva e forte per vincere i mali del corpo

Cari fratelli e sorelle! L'occasione di questo incontro è una gioia non solo per voi, ma anche per me. In tutte le mie visite pastorali e anche nelle udienze generali settimanali, i malati hanno sempre un posto privilegiato. Per loro sussisteva una particolare predilezione di Cristo, per loro sussiste anche la particolare cura pastorale e l'affetto del successore di Pietro. Perciò vi saluto cordialmente: i malati, i loro familiari e assistenti, assieme agli organizzatori di questo pellegrinaggio dei malati a Roma per conto dell'Ordine di Malta dell'Austria.

Secondo il racconto dei Vangeli, i malati accorrevano a frotte verso Gesù. Già allora uomini di buon cuore erano loro di aiuto, come per esempio con il paralitico che essi calarono dal tetto davanti a lui. Gesù non si fa mai incontro a un malato considerando solo le sue infermità corporali, dietro ad esse egli vede sempre anche il bisogno dell'anima. Egli loda soprattutto la loro fede e concede loro il perdono dei peccati. così Gesù dice al cieco sul margine della strada di Gerico: "La tua fede ti ha salvato". Quasi solo accidentalmente l'evangelista aggiunge: "e subito poté vedere" (Mc 10,52). Per Gesù è più importante la guarigione interiore attraverso la fede.

Anche questo pellegrinaggio alle tombe degli apostoli deve condurvi a un simile incontro con Cristo. Concedetegli la vostra totale fiducia, rinnovate la vostra fede in lui che è venuto perché noi avessimo la vita e l'avessimo in pienezza. Egli concederà anche a voi la pienezza di vita promessa, in un modo corrispondente al suo misterioso disegno. Se anche non vi toglierà le vostre infermità, tuttavia vi aiuterà a portarle con nuovo coraggio e con più profonda coscienza. Egli vorrebbe soprattutto toglierci la paralisi e la cecità del cuore e renderci capaci di seguirlo sempre più compiutamente, secondo la personalissima vocazione di ognuno. Una fede più forte e più viva risanerà anche voi, vi donerà la pace interiore e una vita compiuta, anche se le infermità esteriori rimarranno.

Raccomando alla vostra preghiera e al vostro sacrificio le grandi preoccupazioni della Chiesa. Rendete le vostre vite fruttuose per Cristo e per la sua missione di salvezza tra gli uomini. Invoco per voi quale grazia di questo pellegrinaggio, quella fede salvifica che rinnova l'intimo dell'uomo e porta alla vera pienezza di vita in Cristo. Assieme a voi ringrazio i vostri familiari e assistenti per il loro disinteressato servizio: essi hanno dal Signore la promessa di una ricca ricompensa. A voi tutti e ai vostri cari nei vostri Paesi d'origine impartisco di cuore la mia particolare benedizione apostolica, invocando la costante protezione e assistenza di Dio.

Data: 1985-10-31 Data estesa: Giovedi 31 Ottobre 1985





Agli operatori sanitari cattolici - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Creare forme di assistenza per testimoniare Cristo salvatore dell'anima e del corpo

Cari fratelli e sorelle.


1. Sono veramente lieto di accogliere in particolare udienza tutti voi, medici, infermieri, volontari, religiose infermiere e amministratori, che in rappresentanza degli ospedali cattolici, sparsi in tutto il mondo, vi siete riuniti a Roma per un vostro congresso, al fine non solo di approfondire lo studio per una migliore collaborazione fra strutture sanitarie ospedaliere, ma anche per fornire supporti scientifici e tecnici insieme a interventi pratici, specialmente ai Paesi in via di sviluppo.

Esprimo il mio cordiale saluto a tutti voi, qui presenti, e in particolare ai promotori della "Confoederatio internationalis catholicorum hospitalium": a monsignor James Cassidy e al dottor Marcello Sacchetti, rispettivamente presidente e segretario generale del Comitato promotore. Rivolgo inoltre uno speciale pensiero al cardinale Pironio e a monsignor Fiorenzo Angelini, rispettivamente presidente e pro-presidente della Pontificia commissione per gli operatori sanitari e a fra Pier Luigi Marchesi, che è qui in rappresentanza degli Istituti religiosi ospedalieri.

Mi è caro manifestarvi il mio compiacimento per questa iniziativa, che ritengo importante perché mette a confronto qualificati operatori nel delicato campo della salute e in un contesto di conoscenza, di amicizia, di discussione, procurando loro uno stimolo e un incoraggiamento nell'esercizio, spesso estenuante e ignorato, della propria attività. Sono certo che i vostri incontri diretti a promuovere in forma sempre più stretta lo scambio culturale e la collaborazione tecnica e scientifica torneranno di utilità per la vostra professione e per un migliore servizio a quanti ricorrono alle vostre cure sanitarie. E' appunto per incrementare tale cooperazione che l'11 febbraio scorso ho istituito una speciale Pontificia commissione, auspicando nel motu proprio istitutivo "Dolentium Hominum" un migliore coordinamento di tutti gli organismi cattolici impegnati nel campo della sanità e della salute.


2. Quando si tratta di organizzazioni come le vostre, che si ispirano al Vangelo di Cristo e al magistero della Chiesa, la quale per innata vocazione ha sempre promosso la cura degli ammalati, la mia parola si fa ancor più fiduciosa e il mio cuore si apre a una più sentita riconoscenza per l'opera che voi svolgete. La vostra qualifica di operatori sanitari cattolici, che traggono impulso per la propria missione dai principi della morale cristiana, vi rende in qualche modo continuatori dell'attività terapeutica del Signore, così riassunta dall'evangelista Matteo: "Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando il Vangelo del regno e sanando ogni malattia e infermità del popolo. E giunse la sua fama in tutta la Siria, e gli portarono tutti i malati oppressi da varie malattie e tormenti, indemoniati, lunatici e paralitici e li guari" (Mt 4,23-24).

Come è noto, le guarigioni operate da Gesù non si riducevano all'eliminazione pura e semplice di un fenomeno patologico, ma erano in pari tempo segni profetici dell'avvento del regno di Dio e della nuova situazione spirituale, che veniva a crearsi nel guarito. Nella concezione biblica, la malattia, come l'esilio e la schiavitù, appare una realtà provvisoria, la cui sparizione è collegata con la venuta dei tempi nuovi. In occasione della guarigione del cieco nato, ai discepoli che chiedevano: "Rabbi, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?", Gesù rispose: "Né lui né i suoi genitori hanno peccato, ma è così perché si manifestino in lui le parole di Dio" (Jn 9,2-3). Le guarigioni erano quindi occasioni per ridare la salute fisica e per donare la salvezza dell'anima, per instaurare cioè, nel miracolato, il regno di Dio.

Dall'esempio di Gesù deriva per l'operatore sanitario cattolico il dovere di non limitarsi alla cura del corpo, sempre urgente e doverosa, ma di estendere le sue preoccupazioni all'evangelizzazione dello spirito in quanto i degenti sono in diritto di essere istruiti sul senso della vita e della morte, alla luce della fede cristiana. Ricco di questa spiritualità, l'operatore sanitario, in particolare il sacerdote, col consiglio pastorale, è chiamato a svolgere tra i malati e i loro familiari un'importante azione, fondata sulla speranza cristiana. Di questa speranza, carissimi fratelli e sorelle, siate testimoni attendibili e premurosi presso il capezzale di chi guarda a voi per avere sollievo nel corpo e conforto nello spirito.


3. In un mondo in rapida trasformazione, voi vi sentite riuniti anche per confrontarvi sugli aspetti tecnici necessari per un migliore funzionamento delle vostre realtà sanitarie. Gli ospedali cattolici, per raggiungere i grandi ideali, a cui ora ho fatto accenno, non devono lasciare nulla di intentato, affinché gli ammalati siano assistiti come richiede la loro dignità di persone "fatte ad immagine e somiglianza di Dio" (Gn 1,26). A nessuno sfugge come l'evoluzione tecnologica e gli stessi mutamenti di natura sociale, economica e politica abbiano cambiato nel mondo il tessuto su cui poggia tutta la vita degli ospedali. Da qui l'esigenza di una nuova cultura, specialmente nella preparazione tecnica e soprattutto morale degli operatori sanitari a tutti i livelli.

L'ospedale cattolico poi, essendo tenuto a dare testimonianza di Chiesa, deve rivedere a fondo l'organizzazione, affinché essa rifletta sempre meglio i valori evangelici, echeggiati nelle direttive sociali e morali del magistero; non si lasci assorbire dai "sistemi" che mirano solo alla componente economico-finanziaria e agli aspetti clinico-patologici; sappia stare sempre più vicino all'uomo e assisterlo di fronte alle ansietà che lo investono nei momenti più critici della malattia; sappia creare una cultura diretta a umanizzare la medicina e la realtà ospedaliera.

Tutto ciò esige un forte movimento unitario tra gli ospedali cattolici in tutti i settori, non escluso quello economico-organizzativo. Con questa auspicata unità l'ospedale cattolico, ancor più di ogni altra istituzione ospedaliera, deve essere aperto alle esigenze di tutti i degenti di ogni continente, specialmente dei Paesi in via di sviluppo.


4. C'è una forma specifica di servizio che vorrei sottoporre alla vostra attenzione ancora una volta, poiché sono convinto che anche a questo proposito gli ospedali cattolici dovrebbero essere un esempio per gli altri servizi e strutture sanitari. In ogni parte del mondo si assiste a una vigorosa crescita del fenomeno del volontariato, con il quale un gran numero di persone, specialmente tra i giovani, si offrono di trascorrere almeno una parte del loro tempo prestando lavoro gratuito a favore della comunità. Per i cristiani, assumersi tale responsabilità a favore del bene comune è un modo pratico di dimostrare la propria volontà di seguire l'esempio di Cristo condividendo problemi e difficoltà dei fratelli e delle sorelle.

Come possiamo mancare di dare il dovuto riconoscimento all'importante contribuito che rende alle possibilità di guarigione e di cura la presenza amorevole e discreta dei volontari, che fa da complemento al lavoro del personale infermieristico? Il servizio volontario, se adeguatamente coordinato, può contribuire a migliorare la qualità dell'assistenza, aggiungendo un ulteriore tocco di calore umano e di attenzione, i quali possono ovviamente confortare il paziente e probabilmente avere un effetto positivo sul decorso della terapia.

So che in un numero considerevole di ospedali cattolici, soprattutto nei reparti per i malati cronici, molto è già stato fatto in questo campo. Ma le circostanze presenti sembrerebbero suggerire che è tempo ora di compiere un tentativo per fare ancora più largo uso delle risorse di generosità disponibili nella comunità, e a questo scopo potrebbe dimostrarsi molto utile per i numerosi ospedali condotti su basi cristiane, condividere le loro speranze. L'obiettivo cui aspirare è una struttura dell'assistenza sanitaria che non sia isolata, bensi che sia una parte vitale del tessuto sociale che la circonda. Un attivo scambio tra la comunità dei sani e la comunità dei malati non potrà mancare di dimostrarsi un potente incentivo a una generale crescita nella carità.

Il momento presente è carico di grandi responsabilità per gli ospedali cattolici, e la loro sopravvivenza dipende dal fatto che i cattolici riescano ad occuparsi non solo dei malati di oggi, ma di tutta la gente di oggi. La loro sopravvivenza dipende similmente da questo: se i cattolici riusciranno a creare una nuova cultura e nuove forme di assistenza pastorale per i malati, in grado di testimoniare che Cristo è il salvatore sia dell'anima che del corpo.


5. Cari fratelli e sorelle, i problemi che attendono una soluzione sono moltissimi: la mia speranza è che voi non siate inferiori a ciò che si aspetta da voi, così da mantenere l'alta stima giustamente accordata alle istituzioni sanitarie che il passato ha affidato alla vostra responsabilità. Continuate a seguire le vostre tradizioni con dedicazione esemplare, poiché la causa che servite è nobile e nobilitante: è la causa dell'umanità! Possa questo ideale sostenervi nelle difficoltà che incontrate e possa ispirare nei vostri cuori i sentimenti che indussero il buon samaritano a prendersi cura dell'uomo lasciato ferito sulla strada (cfr. Lc 10,30-35).

A voi tutti impartisco la mia benedizione apostolica.

Data: 1985-10-31 Data estesa: Giovedi 31 Ottobre 1985





Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Nella santità la base dell'autentico rinnovamento




1. Nell'odierna Solennità di Tutti i Santi il nostro pensiero si rivolge alla Gerusalemme celeste, regno della felicità senza fine, e alla moltitudine innumerevole che la popola, sciogliendo inni incessanti di lode a Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, e alla Vergine santissima, Regina del cielo, Regina degli Angeli e dei Santi tutti.

La sublime visione dell'Apocalisse, proposta oggi dalla Liturgia, apre uno squarcio sulla patria definitiva ed eterna, nella quale i Santi ci hanno preceduto e verso la quale siamo tutti incamminati.


2. A questa prospettiva terminale sono costantemente volti gli sguardi e i passi della Chiesa. Il Concilio vi ha dedicato un'attenzione particolare, facendone il momento culminante delle sue indagini sul mistero della Chiesa, analizzando in se stesso e in rapporto ai membri che compongono questa realtà spirituale e visibile.

"La Chiesa, alla quale tutti siamo chiamati in Cristo Gesù e nella quale per mezzo della grazia di Dio acquistiamo la santità, non avrà il suo compimento se non nella gloria del cielo". così inizia il capitolo della "Lumen Gentium" (LG 48) sull'indole escatologica della Chiesa pellegrinante e sulla sua unione con la Chiesa celeste, un capitolo che, mentre richiama i "Novissimi" - morte, giudizio, inferno, paradiso -, pone in gran luce la verità del rinnovamento di ogni cosa, già iniziato nel mistero pasquale di Gesù Cristo, e destinato a rivelarsi pienamente nei nuovi cieli e nella terra nuova, in cui la giustizia ha la sua dimora (cfr. 2P 3,13).


3. Il Vaticano II ha pure ricordato che la santità, già presente e operante nella fase terrena del cammino ecclesiale, non è un privilegio di qualcuno, ma una chiamata rivolta a tutti i membri del popolo di Dio, senza alcuna eccezione. E ha invitato tutti - vescovi, presbiteri, diaconi, religiosi e laici - in ogni condizione e situazione umana a tradurre in pratica il grande appello di Gesù: "Siate perfetti, com'è perfetto il vostro Padre celeste" (Mt 5,48). Ecco le parole del Concilio: "Tutti i fedeli di qualsiasi stato o grado sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità: da questa santità è promosso, anche nella società terrena, un tenore di vita più umano" (LG 40).

Se la santità è, da una parte, uno degli elementi costitutivi della Chiesa, dall'altra è la dimostrazione concreta della coerenza dei credenti con la propria vocazione. Qui, non altrove, va ricercata la base dell'autentico rinnovamento a cui tutti siamo obbligati nella presente stagione storica. La prossima Assemblea sinodale non mancherà certo di porre in giusta evidenza queste prementi istanze, alla luce degli ammaestramenti che derivano dall'esperienza dei vent'anni trascorsi dal Concilio.

La Vergine Santissima, Regina di tutti i Santi, voglia fin d'ora benedire e accompagnare quel grave impegno. Per questo, ora preghiamo insieme.

Data: 1985-11-01 Data estesa: Venerdi 1 Novembre 1985





Omelia al cimitero del Verano - Roma

Titolo: La vita eterna si manifesta nella comunione dei santi




1. "Apparve una moltitudine immensa" (Ap 7,9).

Oggi la Chiesa, insieme con l'Autore dell'Apocalisse, aguzza gli occhi della fede per abbracciare il mistero di Tutti i Santi. Professiamo questo mistero nel Simbolo degli apostoli, in unione con la fede della Chiesa universale: "Credo... la Chiesa cattolica; la comunione dei santi... la risurrezione della carne; la vita eterna".

La fede della Chiesa, che è il popolo di Dio pellegrinante su questa terra verso la Casa del Padre, trova il suo "prolungamento" nel mistero della comunione dei santi. Questa fede ci permette di cercare, in terra, la mediazione e l'intercessione di tutti i Santi e in primo luogo della santissima Madre di Dio, Maria. Questa fede ci induce ad imitare il modello di vita che essi ci hanno dato.


2. Su di essi si è compiuto fino in fondo l'"amore", che "ci ha dato il Padre". Ne parla la seconda lettura dell'odierna liturgia. Quest'amore si manifesta nel fatto che, già fin d'ora, noi siamo "chiamati figli di Dio", e "lo siamo realmente", tuttavia "ciò che saremo non è stato ancora rivelato". L'Apostolo scrive: "Sappiamo pero che, quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è". "Egli è puro" - Santo (1Jn 3,1-3).

Coloro che vedono Dio "faccia a faccia" (1Co 13,12), "così come egli è" partecipano in modo definitivo alla sua santità. Mediante questa partecipazione anch'essi sono santi. Quindi, la vita eterna si manifesta nel mistero della comunione dei santi.


3. Da questo mistero, di cui fa memoria l'odierna solennità, la Chiesa conduce alla Commemorazione di tutti i fedeli defunti, che sarà celebrata domani. Ci rechiamo alle tombe dei nostri cari, visitiamo i cimiteri. Pensiamo anche a tutti coloro, il cui luogo della sepoltura rimane sconosciuto: a tutti coloro che hanno attraversato la soglia della temporalità e della vita eterna. Per tutti preghiamo.

La preghiera della Chiesa abbraccia in modo particolare quelli che, nel cammino a Dio, sono sottomessi alla sofferenza che purifica: le anime del purgatorio. Ad essi si riferiscono anche le parole del Salmo ascoltato alcuni istanti fa nella liturgia della parola: "Chi salirà il monte del Signore, / chi starà nel suo luogo santo? / Chi ha mani innocenti e cuore puro" (Ps 23,3).


4. Trovandoci, in questo luogo, alla soglia tra la vita temporale e l'eterna, desideriamo ringraziare Gesù Cristo per la luce del Vangelo. Per la luce che scende sulla nostra vita umana dalle otto Beatitudini. E' la luce del regno dei cieli, la luce che permette di vedere Dio, la luce della consolazione definitiva.

E questa luce si proietta su tutti coloro che sono poveri in spirito, che sono afflitti, miti, che hanno fame e sete di giustizia, che sono puri di cuore, misericordiosi, operatori di pace, perseguitati per causa della giustizia. Sono questi coloro ai quali si rivolge il messaggio delle otto beatitudini.

Questa luce della comunione dei santi si proietta su di essi mediante la verità del Vangelo. Il Salvatore del mondo dice: "Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorero" (Mt 11,28). Ringraziamo quindi per la luce del Vangelo: della buona novella della vita eterna.


5. E ringraziamo per il mistero dell'Agnello di Dio. E' proprio lui che si trova in mezzo alla "moltitudine immensa" di coloro, che l'Autore dell'Apocalisse vede nella sua visione escatologica. Ecco, "coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide col sangue dell'Agnello" (Ap 7,14). Ringraziamo quindi per il mistero dell'Agnello, per la sua passione, morte e risurrezione, per la redenzione del mondo, perché questo ci conduce all'eterno tabernacolo, alla comunione dei santi.


6. Che presso le tombe dei nostri fratelli e sorelle in Cristo, vicini e lontani, si rinnovi la nostra fede nella vita eterna. Tutti viviamo nella prospettiva dell'incontro definitivo "a faccia a faccia", nella prospettiva della "moltitudine immensa" dell'Apocalisse.

Siamo il popolo fedele che cerca Dio: sua "è la terra e quanto contiene, / l'universo e i suoi abitanti" (Ps 23,1). Sua è l'eternità. La realtà della vita eterna si trova in lui "Chi salirà il monte del Signore, / chi starà nel suo luogo santo?". Ecco: la generazione che lo cerca, / che cerca il volto del Dio di Giacobbe (cfr. Ps 23,6), del Dio Vivente.


7. "Credo la Chiesa cattolica; la comunione dei santi; la remissione dei peccati; la vita eterna". "Splenda ad essi la luce perpetua", la luce di Dio stesso. Noi, sulla terra, camminiamo in questa luce mediante la fede. Amen. Data: 1985-11-01 Data estesa: Venerdi 1 Novembre 1985





All'Unione dell'apostolato cattolico - Città del Vaticano (Roma)

Cari fratelli e sorelle, membri dell'Unione dell'Apostolato cattolico!


1. A voi il mio saluto cordiale! Provenienti da dodici Paesi e cinque Continenti siete venuti qui, nel cuore della cattolicità, come pellegrini per rinnovare la vostra fede, per pregare sulla tomba di san Pietro e per incontrare il suo successore.

Siete venuti anche per pregare davanti alla tomba di san Vincenzo Pallotti nella chiesa di San Salvatore in Onda, per essere ricolmi del suo ardente spirito apostolico. In ogni parte del mondo in cui la famiglia pallottina è presente, si sono celebrati i 150 anni della fondazione dell'Opera di san Vincenzo Pallotti; ma è qui a Roma, città dei Principi degli apostoli, che questa celebrazione giubilare trova la sua massima espressione. Con sentimenti di riconoscenza guardate indietro a questi 150 anni che Dio ha benedetto; il vostro Fondatore, san Vincenzo Pallotti, attraverso l'Opera da lui istituita, ha riunito molti fedeli. L'Unione dell'Apostolato cattolico riunisce in sé sacerdoti, fratelli e suore, laici sposati e non sposati; tutti traggono vita dalla forza del Vangelo e, fedeli alla Chiesa secondo l'esempio del loro Fondatore, operano per essa.


2. San Vincenzo Pallotti ha tanto amato la Chiesa e l'ha servita fino all'ultima ora della sua vita. Come uomo e sacerdote di profonda fede e di incessante impegno, era convinto che nella Chiesa risplende l'Amore infinito di Dio rivelato in Gesù Cristo. Spesso il Santo descrive la Chiesa come segno di salvezza per questo nostro mondo e come il luogo dove Dio riversa per gli uomini la sua misericordia. Dall'amore infinito di Dio è nata la Chiesa come segno visibile della sua bontà. Per questo la missione della Chiesa è diffondere l'Amore che salva e tutti i fedeli sono chiamati a cooperare nell'adempimento di questa missione.

Ecco perché i membri dell'Opera di san Vincenzo Pallotti amano e servono la Chiesa, così che essa si manifesti "come città collocata sopra un monte" (Mt 5,14). Anche voi, fratelli e sorelle, amate dunque la Chiesa nel cammino di questo nostro tempo: essa è da alcuni contestata, incompresa e perseguitata e tuttavia essa arde del fuoco dell'amore per Gesù Cristo, nostro Signore.


3. Il Concilio Vaticano II ha descritto la Chiesa, attenendosi fedelmente alla teologia dei Padri, come un sacramento di salvezza per tutto il mondo. Come ha sottolineato il Concilio: "Cristo risorto dai morti ha donato lo Spirito che dà vita ai suoi apostoli e attraverso di esso ha reso il suo corpo, la Chiesa, sacramento di salvezza per tutti" (LG 48). Nella Chiesa vive e opera il Signore crocifisso e risorto dal quale la Chiesa riceve la forza per l'annunzio della buona novella. Egli, nel suo amore, ha donato alla Chiesa lo Spirito Santo che la consolida per sempre nella fedeltà al suo Signore e capo e accende in lei l'amore a Dio e agli uomini.

Perciò la Chiesa non può essere giudicata allo stesso modo delle strutture sociali temporali, come per esempio secondo modelli di pensiero democratico. Certamente essa getta le fondamenta nello stesso ambito temporale e storico alla cui salvezza è chiamata. Prende parte al mutare della storia: soffre con gli oppressi e i perseguitati, difende i veri valori umani. Essa stessa nel corso della storia e fino ai nostri giorni è stata perseguitata, minacciata e ostacolata e deve essere continuamente rinnovata. Ma il suo messaggio più profondo non si rivela a una semplice osservazione del suo cammino storico: il suo mistero si fonda su Gesù Cristo che opera in lei. Perciò la Chiesa può rendere noto il messaggio definitivo di Dio: egli vuole la salvezza di tutti gli uomini.

San Vincenzo Pallotti ha vissuto di questo mistero della Chiesa, fortemente convinto che nel sacramento di salvezza, che è la Chiesa, Dio voglia condurre attraverso suo Figlio Gesù Cristo tutte le nazioni e i popoli di ogni lingua alla casa del Padre. Seguite l'esempio del vostro fondatore e scoprite l'enorme mistero della Chiesa. Seguite san Vincenzo Pallotti che impresse alla sua fondazione uno spirito di dipendenza dalla Chiesa di Cristo. Si, il santo riconobbe espressamente la sua fedeltà al successore di san Pietro e la visse in modo esemplare nei confronti dei miei onorati predecessori Gregorio XVI e Pio IX.

Affido a loro la sua opera e con la loro benedizione volle portare avanti l'apostolato di preti e laici, di suore, di giovani e vecchi, di sposati e non, in unione con l'Apostolato cattolico.

E ancora: san Vincenzo volle mettere la sua fondazione interamente al fedele servizio della Chiesa. così pose la sua congrega, quale "corpo aiutante della Chiesa", alla piena dipendenza del successore di Pietro. Un "corpo aiutante" deve servire e aiutare, deve impegnare tutte le sue forze per la missione della Chiesa in questo mondo. Questa unità dell'intelletto, della volontà e del cuore con la Chiesa, impressa dal santo alla sua fondazione, rimanga per voi, cari fratelli e sorelle, come un nuovo compito ogni giorno.


4. Esiste una forma specifica di servizio che vorrei sottoporre ancora una volta alla vostra attenzione, poiché sono convinto che anche in questa questione gli ospedali cattolici dovrebbero essere un esempio di servizi e di strutture sanitarie alternative.

In ogni parte del mondo c'è un forte incremento del fenomeno del volontariato, per cui un gran numero di persone, specialmente tra i giovani, si offre di dedicare almeno una parte del suo tempo facendo del lavoro non pagato per la comunità. Per i cristiani l'assumere una tale responsabilità per il bene pubblico è una via pratica per mostrare una propensione a seguire l'esempio di Cristo partecipando ai problemi e alla difficoltà dei fratelli e delle sorelle.

Come possiamo noi trascurare di dare il giusto riconoscimento al contributo significativo che può essere svolto per la facilitazione del servizio sanitario dalla presenza amorosa e discreta di volontari che completano il lavoro degli infermieri? Il servizio volontario, se opportunamente coordinato, può contribuire a migliorare la qualità delle cure offerte, apportando un ulteriore tocco di calore umano e di attenzione che possono certamente confortare il paziente e probabilmente avere un positivo effetto sul corso della terapia.

Io so che in un numero considerevole di ospedali, specialmente nel reparto dei malati cronici, si sta già facendo molto in questo campo. Ma le circostanze attuali sembrano indicare che ora è il tempo di fare lo sforzo per attuare sempre di più le risorse di generosità presenti nella comunità; a questo proposito, sarebbe molto utile per i vari ospedali mettersi sulla linea dei cristiani e condividere le loro esperienze. L'obiettivo verso cui puntare è una struttura sanitaria che non sia isolata bensi parte vitale del tessuto sociale del territorio. Un attivo scambio tra la comunità dei malati e la comunità dei sani può non costituire un potente incentivo per una crescita generale della carità.

Il momento attuale è pieno di una grande responsabilità per gli ospedali cattolici e la loro sopravvivenza dipende da come i cattolici riusciranno a trattare non solo con i malati di oggi ma anche con tutti gli uomini del nostro tempo. Allo stesso tempo la loro sopravvivenza dipende dalla capacità o meno dei cattolici di creare una nuova cultura e nuove forme di cura pastorale per il malato e di testimoniare il Cristo come Salvatore dell'anima e del corpo.


5. Cari fratelli e sorelle, i problemi che dovranno essere risolti sono moltissimi. La mia speranza è che voi non veniate meno a ciò che ci si aspetta da voi nel mantenere alta la stima accordata giustamente alle istituzioni sanitarie che in passato sono state affidate alla vostra responsabilità.

Continuate a seguire le vostre tradizioni con una dedizione esemplare, poiché la causa che voi servite è nobile, e nobilitante è la causa dell'umanità.

Possa questo ideale sostenervi nelle difficoltà che incontrerete e possa ispirare nel vostro cuore il sentimento che ha spinto il buon samaritano a prendersi cura dell'uomo lasciato ferito sulla strada.


6. Al suo Istituto, san Vincenzo Pallotti diede come modello l'imitazione di Gesù, l'apostolo del Padre Eterno. Ecco come egli stesso si espresse: "Dobbiamo imitare Gesù Cristo, che è l'apostolo del Padre Eterno, così la vita di Gesù Cristo che è il suo apostolato dev'essere il modello dell'apostolato di ognuno". Nel disegno dell'opera della Redenzione, Gesù fu mandato dal Padre per salvare tutta l'umanità e ricondurre a sé chi si era smarrito (cfr. Mt 18,11). Seguendo i suoi passi, i membri dell'Unione dell'Apostolato cattolico, in modo particolare i membri laici, devono essere i portatori del suo messaggio nel mondo.

L'essere mandati nel mondo, l'essere apostoli per il mondo ha le sue radici nell'invincibile speranza che Cristo ha conquistato il mondo (cfr. Jn 16,33). I cristiani perciò vivono nel mondo con una duplice dimensione: essi si rivolgono al Signore in unità con tutta la Chiesa in preghiera, e in essa e con essa ricevono dal Signore la forza necessaria per estendersi a tutta l'umanità.

Similmente, san Vincenzo Pallotti voleva che i suoi figli basassero il loro apostolato su di una profonda comunione con Dio, affinché fossero in grado di offrire al mondo un'autentica testimonianza cristiana. Egli era assolutamente convinto che l'efficacia di tale testimonianza sarebbe dipesa dal grado con cui la vita di Gesù Cristo, l'apostolo del Padre Eterno, si fosse riflessa nei membri dell'Unione dell'Apostolato cattolico. I cristiani che operano nel mondo debbono essere completamente radicati nella vita di Gesù: essi devono procurarsi il nutrimento dall'Eucaristia, permettere a se stessi di essere regolarmente purificati nel sacramento della Penitenza, e trarre energia dalla parola di Dio e dalla preghiera. La sequela di Cristo, l'apostolo del Padre Eterno, è, come scrive il santo, un "ottimo strumento di santificazione"; ma è anche qualcosa di più: attraverso la presenza del Signore stesso e la ricerca della santità da parte del fedele, la Chiesa diventa "la luce del mondo" e il "lievito" (cfr. Mt 13,13 Lc 13,21), e tutto ciò promuove un "modo di vivere più umano anche nella società terrena" (LG 40). Per questo motivo la vocazione cristiana è essenzialmente apostolica. Solo in questa dimensione di servizio al Vangelo, i cristiani troveranno la pienezza della loro dignità e responsabilità personale.


7. L'opera di san Vincenzo Pallotti, già esaltata dal mio predecessore papa Gregorio XVI l'11 luglio 1835, contribuisce a ravvivare e sviluppare l'universale vocazione apostolica del popolo di Dio, affinché tutti i fedeli, in conformità al proprio stato e in misura delle proprie forze, possibilità e condizioni di vita, si adoperino sempre di più per la salvezza del prossimo e per la diffusione della fede cristiana nel mondo.

Bisogna infatti risvegliare in tutti i battezzati la vocazione apostolica e fortificare il senso di responsabilità per la salvezza del prossimo, incoraggiando gli uomini a impegnarsi sinceramente nella vita e nell'azione apostolica. Tutti i cristiani, come dice san Vincenzo, devono contribuire alla crescita dell'ardore apostolico e missionario della Chiesa. Parlando dell'apostolato e della sua opera, il santo ripeteva spesso le parole: "unire", "riunire", "associare", "collaborare". Capiva che sacerdoti, laici e monaci devono unire i propri sforzi apostolici per servire la Chiesa al meglio. così fondo la Comunità dei sacerdoti e dei monaci, animatori dell'Unione dell'Apostolato cattolico, come sua "parte locale e molla principale di azione"; fondo la Congregazione delle sorelle dell'Apostolato cattolico, che contribuiscono ad assicurare l'unità e l'efficacia dell'apostolato di tutta l'Unione; richiamava i laici a collaborare nella realizzazione dei compiti apostolici dell'Unione e a rendere una viva testimonianza evangelica nel mondo, in famiglia e sul posto di lavoro. Il santo desiderava che sacerdoti, monaci, suore e laici fossero uniti dal "sacro vincolo di una stretta unità fraterna" (Lettere, 527).

L'Unione dell'Apostolato cattolico raccoglie infatti diverse vocazioni e servizi differenti: i sacerdoti e i monaci, che sono gli animatori e responsabili; le suore, che con la loro vita consacrata a Dio si dedicano all'apostolato tra i giovani, gli anziani e gli ammalati e ad opere di misericordia; i laici, chiamati a diventare nel mondo il "sale della terra" (Mt 5,13). E tutti sono uniti nell'amore, perché, come disse il fondatore: "la carità vissuta come lo descrive l'apostolo nella prima lettera ai Corinzi, costituisce lo spirito integrale, reale della Compagnia, e se dovesse mancare, non esisterebbe in essa nemmeno un apostolato cattolico".

A voi tutti imparto la mia apostolica benedizione.

Data: 1985-11-02 Data estesa: Sabato 2 Novembre 1985






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