GPII 1985 Insegnamenti - Omelia alla messa di mezzanotte - Città del Vaticano (Roma)

Omelia alla messa di mezzanotte - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Perché Dio si è fatto uomo? si chiedono da secoli gli uomini




1. "Et incarnatus est de Spirito Sancto ex Maria Virgine et homo factus est".

Ripeteremo tra breve queste parole, recitando il Credo, e ci metteremo tutti in ginocchio.

In quest'ora di mezzanotte la Chiesa saluta l'inizio della solennità liturgica che celebra il momento in cui nella storia dell'umanità si sono compiute le parole appena menzionate. La solennità del Natale diventa di nuovo, ogni anno, un particolare "oggi" del Mistero, che professiamo con le parole dell'antico Simbolo di fede. Professiamo questo mistero - il mistero dell'Incarnazione - ogni giorno; tuttavia a mezzanotte del Natale esso diventa di nuovo un grande "oggi" della Chiesa. La liturgia non solo ricorda l'avvenimento, ma "rende presente", "attualizza" il Mistero.


2. Questo è un grande, inscrutabile mistero divino. Mistero inscrutabile è Dio stesso nella sua divinità. Mistero inscrutabile è il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo nell'unità assoluta della natura divina e nella trinità delle Persone.

Tuttavia le parole del nostro Credo testimoniano qualcosa di completamente nuovo. Qualcosa che è inscrutabile, anche sotto un altro aspetto: "Cur Deus homo?" Perché Dio si è fatto uomo? Come è possibile che Dio sia diventato uomo? così si chiedono i secoli e le generazioni. E molti si allontanano con questa domanda sulle labbra, si allontanano increduli. A volte con una comprensibile indignazione, con una obiezione riguardo a un evento che trascende la loro mente.

E' inconcepibile che Dio sia Padre e Figlio... E' inconcepibile che Egli diventi uomo... E' un mistero difficile e inscrutabile come quello dell'unità e trinità di Dio.

Noi tuttavia, credendo alla onnipotenza di Dio, sappiamo che niente gli è impossibile. Dio è onnipotenza. Ma soprattutto è Amore. Nulla è impossibile all'onnipotenza, che è Amore. E proprio questo crediamo: "per noi e per la nostra salvezza... si è fatto uomo". Per noi vuol dire: per amore verso di noi.


3. Quando ci inginocchiamo durante la liturgia del Natale pronunciando le suddette parole del Credo, diventiamo simili ai pastori di Betlemme. Loro per primi si sono trovati nel raggio di questo mistero, che illumina le tenebre della storia dell'uomo sulla terra. Come leggiamo da Isaia: "Su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse" (Is 9,2). Questa luce viene definita più da vicino nel vangelo di san Luca.: "La gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento" (Lc 2,9), scrive l'evangelista.

Così dunque quella luce fu di natura misteriosa; fu destinata più allo spirito e al cuore dell'uomo che non ai suoi occhi. Mediante questa luce si è svelato, davanti ai pastori di Betlemme il mistero inscrutabile. E' diventato accessibile a loro. Essi lo hanno accolto. Sono andati nella sua direzione, si sono avvicinati ad esso. Hanno trovato "un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia" (Lc 2,12): nel visibile hanno riconosciuto l'Invisibile. Sono diventati i primi testimoni del mistero. Si sono uniti a Maria e a Giuseppe. La Natività del Signore si è legata innanzitutto alla loro testimonianza.

Proprio questo la Chiesa desidera esprimere con la santa Messa, che si celebra a mezzanotte e che in taluni luoghi viene chiamata "dei pastori".


4. Da questa prima testimonianza fluisce ampiamente verso il mondo l'invito: "Christus natus est nobis, venite adoremus". Adoremus. Il mistero di Dio invita all'adorazione. All'adorazione invita il mistero, che si svela alla luce della Rivelazione. Invita all'adorazione il mistero di Dio, che si è fatto uomo. Il Verbo si fece carne. In questa notte la Chiesa intera fa suo l'invito, che proviene dal presepe di Betlemme. Tutta la Chiesa si unisce a Maria e Giuseppe. Si unisce ai pastori. "Venite adoremus". Venite adoriamo.

La luce, che li ha illuminati è "la gloria del Signore". Dio "abita una luce inaccessibile" (cfr. 1Tm 6,16), e anche questo Dio, che giace nella mangiatoia, come un piccolo bambino, abita in tale luce, anzi vi dimora particolarmente.

"Cur Deus homo?". "Propter nos homines et propter nostram salutem".

Nella povertà della mangiatoia di Betlemme trova il suo inizio la rivelazione di quella onnipotenza che è soprattutto, "Amore": la rivelazione dell'Amore che è il definitivo significato dell'onnipotenza. L'Amore che è la verità definitiva dell'essenza di Dio. Il suo definitivo nome. L'Onnipotenza sotto le forme di un Bambino. L'Onnipotenza come non-potenza. Non-potenza come Amore, che supera tutto, che a tutto dà senso.


5. La nascita del Signore è la luce del significato: la luce del significato ritrovato di tutte le cose. E soprattutto: del significato dell'uomo ("Cur Deus homo!"), del senso della vita umana. Proprio questo significa: Luce! La notte della luce. La luce della notte di Betlemme. Questo significato, questo ritrovato senso dell'umanità - e senso di tutte le cose - prorompe su tutta la terra con il canto: "Cantate al Signore un canto nuovo, / canta al Signore tutta la terra...".

A tutti voi, qui riuniti, a tutti i popoli e nazioni, a tutto il creato auguro di innalzare in questa notte di Betlemme tale canto: in tante lingue, in tante tradizioni, in tante culture.

Data: 1985-12-25 Data estesa: Mercoledi 25 Dicembre 1985





Messaggio natalizio "Urbi et orbi" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: A un mondo armato annuncio che è nata la Grazia




1. "Apparuit gratia Dei". E' apparsa la grazia di Dio... "Apparuit benignitas et humanitas". Si sono manifestati la bontà di Dio, Salvatore nostro, e il suo amore per gli uomini (Tt 2,11 Tt 3,4).

Con queste parole l'Apostolo annunzia il mistero del Natale. Con queste parole esprime ciò che è accaduto nella notte di Betlemme.


2. Che cosa è accaduto nella notte di Betlemme? Che cosa si è reso presente, ancora una volta, questa notte? Ecco: un decreto di Cesare Augusto ordino che si facesse il censimento. Allora Giuseppe sali con Maria dalla Galilea alla città chiamata Betlemme, poiché era della casa di Davide. Mentre si trovavano in quel luogo si compirono per Maria i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo (cfr. Lc 2,1-7).


3. Il Figlio primogenito della Vergine di Nazaret, "generato prima di ogni creatura" (Col 1,15). Il Figlio, della stessa sostanza del Padre, Dio da Dio, Luce da Luce. Generato, non creato, il quale per noi e per la nostra salvezza si è fatto Uomo.

Si sono manifestati la Bontà e l'Amore: Dio ha tanto amato il mondo, da dare il suo Figlio unigenito (Jn 3,16). E' apparsa la Grazia.


4. Che cosa è la Grazia? La Grazia è, appunto, il manifestarsi di Dio. L'aprirsi di Dio all'uomo, Dio permanendo nella pienezza inscrutabile del suo Essere divino, dell'Essere Uno e Trino, si apre all'uomo, si fa dono all'uomo, di cui è Creatore e Signore.

La Grazia è Dio quale "Padre nostro". E' il Figlio di Dio quale Figlio della Vergine. E' lo Spirito Santo, operante nel cuore dell'uomo con la ricchezza infinita dei suoi doni.

La Grazia è l'Emmanuele: Dio con noi. Dio in mezzo a noi. La Grazia è Dio per noi mediante la notte di Betlemme, mediante la croce sul Calvario, mediante la risurrezione, mediante l'Eucaristia, mediante la Pentecoste, mediante la Chiesa, Corpo di Cristo.


5. La Grazia è, insieme, l'uomo, l'uomo nuovo, nuovamente creato. E' l'uomo visitato da Dio nelle profondità stesse della sua essenza umana. L'uomo nato di nuovo; nato per la Verità e per l'Amore. E' l'uomo chiamato, nel mistero dell'immagine e somiglianza, alla partecipazione della Natura divina e da essa compenetrato. Chiamato nella notte di Betlemme con la potenza misteriosa della figliolanza divina, per diventare figlio nel Figlio.

La grazia allora, è Dio in noi: in te, in me, in lui, in lei, in ognuno, in tutti. La grazia, allora, è noi in Dio: noi comunità, noi famiglia, noi popolo di Dio, noi Chiesa, noi umanità. La grazia: dono di unità nello Spirito Santo.

E la notte di Betlemme è il nuovo inizio di questo dono in terra. Il nuovo tempo dell'umanità in Dio: "è apparsa... la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini" (Tt 2,11). "Apparuit gratia".


6. La grazia. Essa è, nello stesso tempo, un'esortazione: affinché viviamo "con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo" affinché rinneghiamo "l'empietà e i desideri mondani" (Tt 2,12), affinché, come il popolo che appartiene a Dio, come riscattati da ogni iniquità, puri, siamo zelanti nelle opere buone (cfr. Tt 2,14), affinché, giustificati dalla sua grazia, diventiamo eredi, secondo la speranza, della vita eterna affinché attendiamo la beata speranza (cfr. Tt 3,7) la manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo, che ha dato se stesso per noi (cfr. Tt 2,13-14).


7. Questo dice l'Apostolo. Questo dice la liturgia del Natale.

Il Vescovo di Roma, successore di Pietro e uno degli uomini in cammino verso la fine del secondo millennio, desidera collocare le espressioni dell'Apostolo nel contesto dei segni e dei bisogni del nostro tempo.


8. Egli ripete con tutta la Chiesa l'annuncio dell'evento meraviglioso che s'è compiuto nella Notte Santa. Lo ripete con l'incrollabile certezza della fede che sopravvive ai secoli. Lo ripete inerme in mezzo a un mondo armato e troppo spesso vinto dalla tentazione della prepotenza e della sopraffazione. Lo ripete con forza in un mondo dove c'è ancora chi muore di fame e dove i diritti umani sono clamorosamente violati e un cumulo di sofferenze pesa sull'umanità.

Egli ripete che in questo Natale ancora una volta "è apparsa la grazia" e si è rivelato l'amore di Dio per l'umanità. All'umanità in attesa, la Chiesa oggi dice: Cristo è nato affinché noi rinasciamo, uomini nuovi nell'Uomo nuovo.


9. Uomini e donne che mi ascoltate, il mondo più umano di cui Cristo Signore, nato a Betlemme, è la primizia, è un mondo abitato da un popolo nuovo, che cammina "con sobrietà, giustizia e pietà" verso la gioia piena del cielo.

Un popolo che sa essere sobrio nei riguardi delle risorse del cosmo perché sa resistere al miraggio fallace d'un progresso che ai valori morali è indifferente, e mira soltanto all'immediato e materiale vantaggio.

Un popolo, poi, che alla giustizia ispira pensieri, propositi e azioni, sempre proteso verso il traguardo d'una più autentica comunità di persone, in cui ogni individuo si senta accettato, rispettato, valorizzato.

Un popolo, infine, che nella pietà trascende se stesso aprendosi a Dio, dal quale attende il costante sostegno che è necessario per camminare, lungo la strada del vero progresso, verso la meta dell'incontro con Cristo, Redentore dell'uomo e Signore della storia.


10. La Chiesa intende con ogni sforzo farsi ministra di questo messaggio, che sgorga dal Natale, perché non manchi al mondo di oggi la prospettiva da cui prendono senso la gioia e il dolore, la morte e la vita.

Cristo è nato! Rinasca ogni uomo, ed entri a far parte della "famiglia di Dio", a cui è promessa dagli angeli a Betlemme la gloria nel cielo e la pace sulla terra.

E' apparsa la grazia di Dio! [Omissis: messaggi in 51 espressioni linguistiche]

Data: 1985-12-25 Data estesa: Mercoledi 25 Dicembre 1985





Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Ricordo di quanti hanno trascorso un Natale nelle lacrime

Carissimi fratelli e sorelle.


1. Oggi la Chiesa commemora il martirio di santo Stefano, colui che per primo diede la vita per testimoniare la sua fede in Cristo Redentore. Il suo esempio è un messaggio di perenne valore, che sottolinea l'autentico significato del Natale: Dio si è fatto uomo per amore e vuole il nostro amore, che deve perciò superare ogni difficoltà e ogni ostacolo, nella convinzione che l'unico vero senso dell'esistenza è quello dato da Cristo, il Figlio di Dio, nato a Betlemme per rivelarci la Verità e per salvare l'umanità.

Santo Stefano - che ha fermamente creduto alla "Parola" di Dio fino ad accettare la morte serenamente, perdonando - ci assista e ci aiuti nella quotidiana professione della fede cristiana nel mondo di oggi.


2. Nella soave e festosa atmosfera del Natale che permea la giornata odierna, desidero rinnovare i miei auguri di buone feste. Mentre ci prepariamo a pregare la Vergine santissima, Madre di Gesù e Madre nostra, vorrei ricordare in modo speciale tutti coloro che, purtroppo, hanno potuto gioire meno pienamente della letizia del Natale.

Il mio pensiero va, con profondo affetto, a tutte le persone colpite dalle terribili calamità naturali che hanno segnato questo anno che volge al tramonto. In particolare voglio ricordare quanti in Messico ancora soffrono a causa del tremendo terremoto, quanti in Colombia sono ancora in lacrime per la spaventosa eruzione del vulcano, e quanti in altri paesi sono stati travolti da disastri di origine tellurica o atmosferica; ricordo quanti sono nella sofferenza per sciagure avvenute nelle strade, nelle ferrovie, sugli aerei, nelle miniere o in mare; ricordo i profughi, gli emigrati, i senza casa e tutti coloro che sono costretti a vivere in condizioni indegne di esseri umani; ricordo i disoccupati, che sono tormentati dalla sofferenza di non poter procurare con un onesto lavoro a sé e alla propria famiglia il sufficiente per vivere; ricordo coloro che sono rosi dalla solitudine e dalla mancanza di affetto, gli anziani, le vedove, gli orfani, gli ammalati, i carcerati; ricordo coloro che sono senza gioia e senza sicurezza a causa della povertà o perché vedono conculcati i loro diritti, soprattutto il diritto alla libertà religiosa; ricordo tutte le vittime della violenza che spazza la faccia della terra con drammatica intensità, provocando indicibili angosce e dolori; ricordo le popolazioni martoriate dalla guerra, auspicando che mediante la trattativa e il dialogo siano trovate onorevoli ed eque soluzioni alle tensioni in atto.

Molti purtroppo hanno trascorso un Natale triste e tra le lacrime! Tutti questi voglio ricordare a voi e con voi, assicurando che sono stato loro vicino e lo sono tuttora con la mia preghiera e con il mio affetto. A tutti i sofferenti voglio dire che sono con loro solidale. Il Natale, cioè la commemorazione della nascita di Gesù su questa terra così tribolata, e in questa nostra storia umana così drammatica, significa che ogni persona, pur nel tormento e nel dolore, non è abbandonata da Dio, avendo Gesù stesso voluto scegliere la condizione del povero e del sofferente. Per quanto possano essere difficili e dolorose certe situazioni e certe condizioni della vita, Gesù è venuto proprio per infondere il coraggio della speranza e della fiducia. La luce che viene dalla grotta di Betlemme aiuti tutti ad impegnarsi per un mondo nel quale la giustizia e l'amore preparino la strada alla pace e alla gioia annunciate la notte di Natale.

Data: 1985-12-26 Data estesa: Giovedi 26 Dicembre 1985





Udienza ai partecipanti all'assemblea generale della FIDAE - La scuola cattolica si pone come integrazione di quella statale

Carissimi fratelli e sorelle nel Signore!


1. Con grande gioia vi accolgo in questa udienza speciale, durante lo svolgimento dell'Assemblea Generale, che commemora il XL anniversario della fondazione della vostra Federazione.

L'incontro che vi riunisce a Roma da ogni parte d'Italia non è dedicato solo a ricordare tale importante data, ma anche a meditare sulla dichiarazione conciliare "Gravissimum Educationis" nel XX anniversario della sua promulgazione e a rinnovare l'impegno di presenza della scuola cattolica a servizio della comunità civile ed ecclesiale nell'attuale momento storico.

Vi ringrazio per la vostra presenza e vi saluto cordialmente, rivolgendo uno speciale pensiero al presidente nazionale ed ai responsabili delle varie sezioni. 40 anni di lavoro nella scuola per la formazione umana e cristiana di innumerevoli studenti, che sono passati per le aule dei vostri istituti, formano un enorme patrimonio di valori, di esperienze e di meriti.

Ricordo bene il mio primo incontro con la vostra Federazione, all'inizio del mio Pontificato, il 29 dicembre 1978, e vi rinnovo il mio vivo compiacimento per la diligente e costante opera di educazione compiuta con grande serietà e con profondo amore da tanti educatori, sacerdoti, religiosi e religiose, laici qualificati "affrontando e superando non sempre facili problemi, per rendere sempre più incisiva, proficua, originale, esemplare la funzione delle scuole, fondate o dipendenti dall'Autorità ecclesiastica". Abbiamo ereditato dal passato tante benemerite istituzioni, volute da fondatori e da fondatrici illustri e sante, che hanno caratterizzato per secoli la vita civile della Chiesa: non possiamo e non dobbiamo trascurarle; anzi, dobbiamo potenziarle e aggiornarle, per renderle sempre più efficienti e valide, per il vantaggio della comunità ecclesiale e della stessa società. Per questi motivi, ho seguito sempre e seguo tuttora le vostre attività e iniziative con attenzione, con fiducia e con la fervida preghiera al Signore, che vi guidi, vi illumini, vi sostenga.


2. Il vostro impegno educativo si è fatto oggi forse più difficile; esso è sempre più necessario. Infatti il programma di vita per l'educatore nella scuola cattolica, com'è delineato nella dichiarazione conciliare "Gravissimum Educationis", è quello di "dar vita ad un ambiente comunitario scolastico permeato dello spirito evangelico di libertà e carità" aiutando gli adolescenti a sviluppare la personalità umana insieme alla "nuova creatura" ricevuta con il Battesimo e coordinando la cultura umanistica con il messaggio della salvezza "in modo che la conoscenza del mondo, della vita, dell'uomo che gli alunni via via acquistano, sia illuminata dalla fede" (GE 8).

Sono parole limpide e scultoree che indicano un disegno meraviglioso.

Non lasciatevi abbattere dalle difficoltà, anzi esse siano di stimolo per voi, educatori cattolici, ad acquistare una preparazione culturale e religiosa sempre più accurata e profonda, per essere esperti nell'arte pedagogica ed anche nella formazione ai valori soprannaturali. Ricordate che il vostro è un "autentico apostolato, sommamente conveniente e necessario anche ai nostri tempi ed è insieme reale servizio reso alla società" (GE 8).

Giunti a questa tappa significativa e importante del "quarantennio" di Fondazione, il vostro proposito sia di proseguire con coraggio ed anche con gioia il vostro cammino con rinnovata energia e sempre più generosa dedizione. E' l'augurio che vi faccio di gran cuore, assicurando che nella Chiesa voi occupate un posto di grande valore e importanza.


3. L'atmosfera natalizia che in questi giorni respiriamo con intima letizia, suggerisce alcune considerazioni, che possono illuminare la vostra opera educativa.

a) Mettendoci in ginocchio davanti al presepio, noi adoriamo nel Bambino nato a Betlemme il Figlio di Dio: "Il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi" (Jn 1,14). Ma perché Dio ha voluto incarnarsi ed inserirsi così nella nostra storia umana? Nel Bambino deposto nella mangiatoia, umile e povero, noi adoriamo la Verità incarnata, Colui che affermo: "Io sono la Via, la Verità e la Vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me" (Jn 14,6). La Verità è la luce intellettuale e soprannaturale: "Io sono la luce del mondo - afferma ancora Gesù. - Chi segue me, non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita" (Jn 8,12).

La scuola cattolica deve quindi in primo luogo educare alla Verità. La scuola cattolica è essenzialmente al servizio della verità, rivelata da Cristo, custodita e trasmessa dalla Chiesa. Solo ponendo a fondamento la verità si può costruire una coscienza solida e illuminata. I vostri sforzi non perdano mai di vista questo obiettivo insostituibile. Infatti la verità accompagna la storia umana nel suo sviluppo e nelle sue vicende.

La scuola cattolica rispetta la scuola statale, ne afferma l'importanza, ne ha profonda e leale stima, e si pone non come alternativa ad essa, ma come istituzione integrativa, nel servizio del cittadino, e cioè della persona umana nelle sue esigenze di verità e della famiglia nei suoi diritti di scelta, ricordando ciò che scriveva Pio XI nell'enciclica "Divini Illius Magistri": "Poiché l'educazione consiste essenzialmente nella formazione dell'uomo quale deve essere e come deve comportarsi in questa vita terrena per conseguire il fine sublime per il quale fu creato, è chiaro che, come non può darsi vera educazione che non sia tutta ordinata al fine ultimo, così, nell'ordine presente di Provvidenza... non può darsi adeguata e perfetta educazione se non con l'educazione cristiana".

b) La scuola cattolica deve poi formare all'impegno della coerenza e della testimonianza. E a questo riguardo, sempre adorando il Bambino Gesù nella culla di Betlemme, non possiamo dimenticare che egli è "segno di contraddizione" (Lc 2,34-35) e che attorno a Lui già si svolge una terribile tragedia, l'uccisione dei bambini innocenti, che la liturgia ci fa venerare oggi. L'alunno delle scuole cattoliche deve chiaramente sapere che il Divin Redentore vuole totalmente il nostro amore, e perciò la nostra fede, la nostra vita, i nostri ideali, anche se questo urta le passioni e contraddice alla mentalità del mondo. Bisogna formare coscienze forti, generose, diritte, che sappiano applicare il Vangelo alla vita, senza compromessi e senza tentennamenti.

c) Infine, la scuola cattolica deve formare al senso della carità.

E' forse l'impegno oggi più delicato, perché bisogna sapere formare il giovane non solo alla fortezza della volontà, ma anche e nello stesso tempo alla sensibilità umana: cioè al rispetto del prossimo, al senso della tolleranza democratica, evitando durezze e imposizioni, polemiche e ostilità. Il giovane cristiano deve essere formato a vivere e a convivere, portando l'amore di Cristo, e cioè la carità, la solidarietà, la speranza, la fiducia, la "compassione". La scuola cattolica deve perciò educare alla ricerca ed alla valutazione del "significato" di ogni esistenza umana, proprio perché l'Incarnazione del Verbo dimostra apertamente che "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Unigenito Figlio" (Jn 3,16).


4. Carissimi! Auguro alla vostra federazione ed alle singole scuole cattoliche intenso fervore spirituale e coraggioso dinamismo nelle varie iniziative e attività pedagogiche.

Vi assista in modo particolare Maria Santissima, la Madre del Divin Salvatore e Madre nostra; essa vi illumini nel trasmettere la Verità, nell'inculcare la cristiana fortezza, nell'essere maestri di bontà, affinché ognuno di voi sappia sempre educare con amore all'Amore e nell'amore.

E vi accompagni anche la mia Benedizione, che ora di gran cuore vi imparto.

Data: 1985-12-28 Data estesa: Sabato 28 Dicembre 1985





A due gruppi giovanili - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Testimoniare la fede tra i vostri coetanei




1. Carissimi! Sono lieto di potermi incontrare oggi con voi, che siete venuti a Roma per celebrare e festeggiare il decimo anniversario di fondazione della "Radio Mortegliano", alla quale date da tempo il contributo del vostro entusiasmo e della vostra collaborazione.

Questa udienza vuole essere per voi una felice occasione per esprimere pubblicamente la vostra fede nella Chiesa, "madre e maestra di verità" e nel successore di san Pietro; per me, motivo per esortarvi e incoraggiarvi a continuare nel vostro impegno di servirvi degli strumenti della comunicazione sociale per far conoscere e annunciare agli uomini d'oggi il messaggio eterno del Vangelo di Gesù, messaggio di giustizia, di pace, di amore.

In questa vostra scelta, che può e deve diventare un efficace mezzo di evangelizzazione e di catechesi, non lasciatevi cogliere dallo scoraggiamento di fronte alle inevitabili difficoltà; procedete invece con metodo e con costanza; ma soprattutto, sia la vostra vita quotidiana animata e fondata sulle virtù cristiane, una chiara testimonianza per i vostri coetanei. Ripeto a voi oggi quanto ho scritto nella mia Lettera apostolica "Ai giovani e alle giovani del mondo" nel marzo scorso: "La Chiesa guarda i giovani; anzi, la Chiesa in modo speciale guarda se stessa nei giovani - in voi tutti e insieme in ciascuna e in ciascuno di voi".

Conservate sempre la vostra freschezza giovanile per essere, in maniera autentica, Ia speranza della Chiesa, che guarda in voi con legittima fiducia per il suo avvenire e per quello dell'umanità intera.

Con tali voti invoco dal Signore sui vostri propositi e ideali Larga effusione di favori celesti, in pegno dei quali vi imparto la benedizione apostolica, che estendo a tutti i vostri cari, augurando un sereno nuovo Anno! 2. Rivolgo ora un cordiale saluto al gruppo del Centro parrocchiale "San Biagio" di Caprino Bergamasco, giunto in pellegrinaggio alla Sede di Pietro e alla Città di Roma in occasione dell'Anno internazionale della Gioventù. Vi ringrazio, cari fratelli e sorelle, per questa visita, e vi incoraggio nel vostro impegno cristiano al servizio della parrocchia. Mi auguro che la carità e la collaborazione che già esistono tra voi possano produrre sempre più abbondanti frutti di opere buone e costituire una testimonianza trascinatrice per molti altri fratelli e uomini di buona volontà.

Il Salvatore divino venuto tra noi vi sostenga e v'illumini nei vostri lavori e sacrifici, e io vi sono accanto con un'affettuosa benedizione.

Data: 1985-12-28 Data estesa: Sabato 28 Dicembre 1985





Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La famiglia spazio spirituale riempito dall'amore




1. E il Verbo si è fatto carne. Si, il Verbo si è fatto carne. E abito fra noi.

L'Eterno Figlio di Dio, diventando uomo, abito fra gli uomini. Ha trovato qui in terra la sua casa familiare. Oggi, nel corso dell'ottava della Natività del Signore, la Chiesa ricorda proprio quella casa familiare di Gesù a Nazaret.

Oggi rende omaggio a colui che, fino al trentesimo anno della sua vita, "era sottomesso" a Giuseppe e a Maria. E, in pari tempo, già dodicenne manifesto dinanzi ai suoi cari la volontà del Padre, per il quale vive: "Io devo occuparmi delle cose del Padre mio" (Lc 2,49).


2. Quando recitiamo l'Angelus Domini, come è eloquente la parola "abito".

"Abitare" fa riferimento allo spazio in cui l'uomo vive, si sviluppa, riconferma la sua vocazione; in cui, sempre di più, "diventa" ed "è" uomo. Trovare un tale spazio tra gli uomini, tra gli uomini più cari: alla loro presenza, fra la loro sollecitudine, nei loro cuori. Trovare questo spazio nei rapporti quotidiani: lo spazio che è riempito dalla verità e dall'amore. Proprio un tale "spazio" spirituale viene chiamato "la famiglia". Tale spazio spirituale viene chiamato nel linguaggio del Concilio Vaticano II: "Chiesa domestica" (cfr. LG 11 AA 11).

Il Figlio di Dio ha trovato tale spazio nella famiglia nazaretana. Essa, per trenta anni, fu la sua "casa" in terra. Essa si è trovata pure alla base della sua missione messianica: la santa Famiglia di Nazaret.


3. Oggi la Chiesa venera questa santa Famiglia, e al tempo stesso, mediante essa, abbraccia con la sua preghiera e con la sua intercessione tutte le famiglie umane del mondo.

Nella conclusione dell'esortazione apostolica circa i compiti della famiglia cristiana nel mondo di oggi, invocando la protezione della santa Famiglia di Nazaret, scrivevo: "Per misterioso disegno di Dio, in essa è vissuto nascosto per lunghi anni il Figlio di Dio: essa è dunque prototipo ed esempio di tutte le famiglie cristiane. E quella famiglia, unica al mondo, che ha trascorso un'esistenza anonima e silenziosa in un piccolo borgo della Palestina; che è stata provata dalla povertà, dalla persecuzione, dall'esilio; che ha glorificato Dio in modo incomparabilmente alto e puro, non mancherà di assistere le famiglie cristiane, anzi tutte le famiglie del mondo, nella fedeltà ai loro doveri quotidiani, nel sopportare le ansie e le tribolazioni della vita, nella generosa apertura verso le necessità degli altri, nell'adempimento gioioso del piano di Dio nei loro riguardi" (FC 86).

Rivolgendoci alla santa Famiglia di Nazaret, preghiamo perché tutte le famiglie umane diventino sempre di più quello "spazio" spirituale, in cui l'uomo abita e matura; perché diventino autentiche "chiese domestiche".

Data: 1985-12-29 Data estesa: Domenica 29 Dicembre 1985





Alla parrocchia di San Marco - Piazza Venezia (Roma)




1."Christus natus est nobis venite adoremus".

La Chiesa intera è ancora tutta pervasa della gioia di Natale. La gioia che viene partecipata dai cuori umani, rianima le comunità umane, si manifesta nelle tradizioni, nei costumi, nel canto e nella cultura intera.

Un giorno, sui campi di Betlemme, i pastori che custodivano i loro greggi, sono stati attirati da questo annuncio, che oggi tutta la Chiesa ripete.

Tutti lo trasmettono per così dire di bocca in bocca, da cuore a cuore. "Christus natus est nobis, venite adoremus".

Desidero, cari fratelli e sorelle, che la mia visita alla vostra parrocchia, dedicata a San Marco Evangelista, sia una manifestazione della gioia cristiana del Natale. La condivido - come Vescovo di Roma - con tutta la vostra Comunità raccolta presso questa antica chiesa in Piazza Venezia. Saluto tutti, e a tutti porgo i più cordiali auguri in occasione del Natale del Signore e del Capodanno. Lo faccio insieme con il cardinale vicario e con il vescovo monsignor Filippo Giannini che condividono con me la sollecitudine pastorale per le parrocchie e le comunità della diocesi di Roma.


2. La Chiesa vive oggi la gioia della Natività del Signore, del Figlio di Dio, a Betlemme: come mistero della famiglia, della santa Famiglia.

E' una verità profondamente umana; per la nascita di un bambino la comunità coniugale dell'uomo e della donna, del marito e della moglie, diventa più perfettamente famiglia. Al tempo stesso, questo è un grande mistero di Dio, che si svela davanti agli uomini: il mistero nascosto nella fede e nel cuore di quegli sposi, di quei coniugi Maria e Giuseppe di Nazaret. All'inizio soltanto loro furono testimoni del fatto che il Bambino che è nato a Betlemme, è "Figlio dell'Altissimo", venuto al mondo per opera dello Spirito Santo.

A loro due, a Maria e Giuseppe, è stato dato conoscere il mistero di quella famiglia, che il Padre Celeste, con la nascita di Gesù, ha formato con loro e tra loro. Nella misura in cui questo mistero si svela davanti agli occhi della fede degli altri uomini, la Chiesa intera vede nella santa Famiglia una particolare espressione della vicinanza di Dio ed insieme un segno particolare di elevazione di ogni famiglia umana, della sua dignità, secondo il progetto del Creatore.

Questa dignità viene riconfermata con il sacramento del matrimonio, con quel sacramento che è grande - come dice San Paolo - "in Cristo e nella Chiesa" (cfr. Ep 5,32).


3. Orientando gli occhi della nostra fede verso la santa Famiglia, la liturgia della domenica odierna cerca di mettere in evidenza ciò che è decisivo per la santità e la dignità della famiglia. Ne parlano tutte le letture: sia il Libro del Siracide, che la Lettera di san Paolo ai Colossesi, come, infine, il Vangelo secondo Luca.

Nel Salmo responsoriale viene messa in evidenza la singolare presenza di Dio nella famiglia, nella comunione matrimoniale del marito e della moglie, nella comunione che serve all'amore e alla vita. Dio è presente in mezzo a questa comunione come Creatore e Padre, datore della vita umana e della vita soprannaturale, della vita Divina. La sua benedizione viene partecipata ai coniugi, ai figli, al loro lavoro, alle loro gioie, alle loro sollecitudini.

"Beato l'uomo che teme il Signore... sarai felice e godrai di ogni bene... la tua sposa come vite feconda... i tuoi figli come virgulti d'olivo... possa tu vedere la prosperità di Gerusalemme per tutti i giorni della tua vita" (Ps 127).


4. San Paolo, nella lettera ai Colossesi, cerca di mettere in evidenza il clima della famiglia cristiana: il clima spirituale, il clima affettivo, il clima morale.

"Rivestitevi dunque - scrive - come eletti di Dio, santi e amati, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza, sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente, se qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi degli altri. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi. Al di sopra di tutto poi vi sia la carità, che è il vincolo della perfezione" (Col 3,12-14).

Occorre leggere con attenzione e meditare tutto il brano della lettera ai Colossesi, in cui l'Apostolo forma gli auguri per i coniugi e le famiglie cristiane su tutto quello che decide del vero bene della comunità umana, specie di quella che in sintesi si può chiamare "communio personarum", "intima comunità di vita e di amore" (cfr. GS 49).

Non vi è altra comunità interumana così unificante, così profonda e universale come la famiglia, in pari tempo: così capace di rendere felici, e così esigente, perché pure così vulnerabile, in quanto esposta a svariate "ferite".

Perciò gli auguri dell'Apostolo si riferiscono ai problemi più essenziali della famiglia quando egli scrive: "Rivestitevi di carità che è il vincolo della perfezione... la pace di Cristo regni nei vostri cuori... la parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente".


5. così la famiglia umana e cristiana viene formata nella sua intera dignità e nobiltà, nella sua intera bellezza spirituale (che è impareggiabilmente più importante di tutte le ricchezze "reali" e materiali) dalla Parola di Dio, dalla Parola di Cristo! In questa parola si racchiudono le indicazioni e i comandamenti che decidono sulla compattezza morale di quella fondamentale comunità umana, di quella "communio personarum". Si può dire perciò che l'intera prima lettura della Liturgia odierna è un ampio commento al IV comandamento del Decalogo: "Onora tuo Padre e tua Madre"! Bisogna leggere con attenzione questo testo e meditarlo, tenendo sempre davanti agli occhi quella "carità che è il vincolo della perfezione". Infatti l'amore crea l'onore, la stima reciproca, la cura premurosa, sia nel rapporto dei figli verso i genitori, sia in quello dei genitori verso i figli, e soprattutto nel rapporto fra i coniugi. In questo modo il matrimonio e la famiglia diventano quell'ambiente educativo, che è assolutamente insostituibile: il primo e fondamentale e più consistente ambiente umano, che diventa poi la "chiesa domestica". Si può dire che nella famiglia anche l'educazione diventa, in modo spesso inavvertito, un'autoeducazione, perché una sana comunità familiare permette di per sé Io sviluppo normale di ogni persona che la compone.


6. Una particolare conferma di questa realtà sono le parole del Vangelo di san Luca su Gesù dodicenne: "Parti dunque con loro (cioè con Maria e Giuseppe) e stava loro sottomesso. Sua Madre serbava tutte queste cose nel suo cuore. E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini" (Lc 2,51-52).

La testimonianza sulla vita della santa Famiglia di Nazaret, come sentite, è molto concisa, e insieme ricca di contenuto. Su questo sfondo e in questo contesto vengono pronunciate le parole di Gesù dodicenne, che si proiettano nel suo futuro: "Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?" (Lc 2,49).

Proprio queste parole che si proiettano nel futuro - le parole che Maria e Giuseppe in quel momento ancora non comprendevano - costituiscono una particolare verifica della santità della famiglia di Nazaret. Parole come queste, protese verso il futuro dei figli, sono frutto dell'intensa maturità spirituale di ogni famiglia cristiana. Infatti accanto ai genitori devono maturare i giovani, figli e figlie, per una specifica vocazione che ognuno di loro riceve da Dio.

E una particolare benedizione è la vocazione al servizio divino, alla completa dedizione a Cristo per il bene del prossimo.


7. Mi è caro parlare di vocazione sacerdotale e religiosa, e di spiritualità familiare, in questa cara basilica. Essa infatti vanta una singolare tradizione: qui, ai piedi del Campidoglio, ospite di una famiglia romana avrebbe abitato l'evangelista Marco, venuto a Roma dapprima insieme a san Pietro, del quale era discepolo, e in seguito per raggiungere Paolo prigioniero. "Prendi Marco con te - è scritto nella seconda lettera a Timoteo - perché mi sarà utile per il ministero" (2Tm 4,11). Lo stesso evangelista avrebbe edificato qui una cappella, trasformata poi in basilica dal Papa san Marco nel 33 6. E' l'evangelista Marco, quindi, che protegge e ispira la vostra comunità parrocchiale. Egli invita tutti voi ad essere continuatori, per la città del nostro tempo, della parola da lui predicata e scritta. Annunciate, assieme al discepolo Marco, che Cristo è liberatore da ogni forza occulta, perversa e nemica dell'uomo, e testimoniate, come il centurione romano ai piedi della croce, che Cristo è Figlio di Dio: "Veramente quest'uomo era Figlio di Dio" (Mc 15,39).

Tra i personaggi che illustrarono la vostra chiesa, ricordo l'ardente apostolo della devozione al Preziosissimo Sangue, san Gaspare del Bufalo, che fu canonico di questa basilica, zelante predicatore e pastore d'anime, vissuto nel secolo scorso e tuttora caro alla devozione dei romani. E' presente in questa basilica - nella quale avranno inizio ai primi del prossimo mese di gennaio le celebrazioni per il secondo centenario della nascita di san Gaspare - una delegazione della benemerita Congregazione religiosa da lui fondata, guidata dal moderatore generale, il padre Anton Loipfinger.

Nel crocevia più movimentato della Roma storica la chiesa di San Marco, con l'annessa chiesetta della Madonnella, dove si tiene l'orazione eucaristica quotidiana, svolge il suo ruolo, comune a tante altre chiese del centro, di oasi privilegiata per lo spirito. Mi pare conveniente tener conto del servizio complementare che le parrocchie cittadine, rimpicciolite quanto a popolazione per il noto fenomeno del decentramento, possono svolgere rispetto alle grandi parrocchie periferiche. Queste chiese, come monumenti d'arte di universale interesse, annunciano a turisti e visitatori un messaggio di fede che dovrà sempre essere messo in luce e opportunamente trasmesso. Ma, ancor più, servono a coloro che ne hanno fatto quasi delle parrocchie di elezione e, convergendo al centro per le quotidiane attività, le hanno scelte come abituale approdo per la preghiera, per la celebrazione eucaristica, per accostarsi ai sacramenti, per trovare un conforto e un consiglio spirituale. Sono certo che vorrete riflettere su queste importanti occasioni di grazia, che a voi sono affidate da simili circostanze.


8. In questa lieta occasione della mia visita pastorale, desidero porgere il mio affettuoso e incoraggiante saluto al parroco, monsignor Luigi Bollati, e al suo collaboratore, monsignor Antonio Menegaldo, che operano con molto zelo pur in mezzo ad oggettive difficoltà, in cui versa la parrocchia, che - come è noto - si è assottigliata dai 3 5.000 abitanti, quanti ne contava negli anni Trenta, fino alle poche centinaia che vi abitano al presente.

Un beneaugurante pensiero va anche ai membri del "Centro Comunitario", costituito perché i singoli e i nuclei familiari possano ricevere l'annuncio cristiano e compiere un cammino di fede, mediante le varie iniziative di carattere spirituale e catechetico.

Un cordiale saluto alle religiose e ai religiosi, che vivono nell'ambito di questa parrocchia: le suore Figlie della Chiesa in San Marco le suore Figlie della Chiesa in Santa Maria in Via Lata; le suore del Pontificio Istituto delle Maestre Filippine; i padri Gesuiti della Chiesa del Gesù e delle Opere annesse, i frati minori del Convento di Santa Maria in Aracoeli, e gli oblati di Maria Vergine, che curano il servizio pastorale nella Chiesa del Santissimo Crocifisso, che comprende il Carcere Mamertino e la chiesa di San Giuseppe dei falegnami.

Desidero anche ricordare, in questo mio saluto, il Centro Sociale Astalli, la Comunità Romana di Taizé, l'Associazione Turris Eburnea, il Centro Anglicano, il Centro Interconfessionale per la Pace e la Cooperativa il Mosaico.


9. La Chiesa guarda oggi all'esempio della santa Famiglia di Nazaret, e al tempo stesso prega per tutte le famiglie, per ogni famiglia della vostra parrocchia in Roma, e nel mondo intero.

Facciamo nostre, sempre, le parole di questa preghiera: "O Dio, nostro Padre, che nella santa Famiglia ci hai dato un vero modello di vita, fa' che nelle nostre famiglie fioriscano le stesse virtù e lo stesso amore, perché riuniti insieme nella tua casa possiamo godere la gioia senza fine". Amen! [Ai bambini:] Carissimi bambini e bambine, ragazze e giovani, carissimi genitori, maestri e maestre, suore, insegnanti e sacerdoti. Dio si è fatto uomo e si è fatto prima di tutto un bambino. E' nato a Betlemme ed è apparso al mondo come un bambino. Lui sapeva che i bambini sono amati e allora doveva essere amato anche lui e ha trovato un certo amore da parte della Vergine Maria sua Madre, san Giuseppe, i pastori e i magi. Ma, d'altra parte, Gesù è apparso come un bambino, un neonato abbandonato, perché lui sapeva che ci sono e ci saranno sempre tanti bambini abbandonati che non hanno la propria casa, l'amore dovuto e qualche volta sono anche perseguitati come era perseguitato lui da Erode, che lo ha minacciato di morte. Tanti bambini oggi sono minacciati di morte, di morte per fame. Questa scena si ripresenta ogni anno durante il periodo natalizio che stiamo vivendo.

Voi, bambini, ragazzi, ragazze e famiglie, nel contemplare la grotta di Betlemme, il neonato Bambino e l'intera sacra Famiglia dovete soprattutto cercare di essere una buona famiglia dove tutti amano e tutti sono amati. D'altra parte siete invitati a pensare a tutti quei bambini e tutti gli adulti che sono senza tetto e senza casa, senza lavoro e senza amore. Tutto questo certamente non per trovare dei nemici dentro la vostra casa, dentro la vostra famiglia dentro quell'amore che vi circonda, ma anche per pensare come colmare questo vuoto di amore che gli altri non hanno. Questo ci insegna Gesù Bambino nato a Betlemme e nato nel seno di una famiglia: Gesù, Maria e Giuseppe.

Vi ringrazio per questo incontro; vi ringrazio per le parole rivoltemi come anche del bel canto eseguito dalla suora e dalla sua accompagnatrice. Vi ringrazio per la vostra presenza oggi qui, ma anche per la presenza continua e permanente in questa comunità dove vi incontrate per apprendere la Parola di Dio, per fare catechesi e prepararsi ai sacramenti, specialmente ai sacramenti della prima Comunione e della Cresima e prepararsi all'apostolato, come fanno i vari gruppi e l'Azione Cattolica Ragazzi. Vi ringrazio per tutto questo e vi incoraggio. Possiate continuare in questa strada che vi indica la chiesa di San Marco che da tanti secoli è un centro di vita cristiana. Una volta era una grande parrocchia, ma ora è molto piccola, la più piccola dell'Urbe, ma è nel contempo una porzione molto stimata, stimatissima della Chiesa di Roma. Sono tanto contento per questa visita. Rinnovo a tutti voi gli auguri di buon anno e sono lieto di celebrare con voi e per voi l'Eucaristia di oggi.

Data: 1985-12-29 Data estesa: Domenica 29 Dicembre 1985



GPII 1985 Insegnamenti - Omelia alla messa di mezzanotte - Città del Vaticano (Roma)