GPII 1985 Insegnamenti - A studenti svizzeri - Città del Vaticano (Roma)

A studenti svizzeri - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: In Cristo Dio continua a vivere tra di noi

Cari giovani amici.

Vi saluto cordialmente a questo incontro qui al Vaticano. Mi ricordo con gioia la mia visita pastorale nella vostra bella patria e soprattutto il mio incontro con i giovani di Friburgo e di Einsiedeln. Possa il nostro nuovo incontro di oggi rafforzare la nostra profonda unità vissuta allora nella fede in Cristo e nella sua Chiesa.

Noi ci troviamo alla fine dell'anno nell'ottava di Natale e perciò completamente sulla scia dell'avvenimento di Betlemme. Nella nascita di Cristo noi riconosciamo con la Chiesa l'incarnazione del Figlio di Dio. Essa costituisce il punto di svolta nella storia dell'umanità così che noi conteggiamo il tempo dividendolo a partire da essa: in un tempo "prima di Cristo" e un tempo "dopo la nascita di Cristo". In Cristo l'eterno e infinito Dio è diventato nostro Emmanuele, "Dio con noi" e ha trasformato la storia piena di male in una storia di salvezza. Dio continua a vivere in Cristo tra di noi e rimarrà per sempre con noi secondo la sua promessa; "Vedete, saro con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo" (Mt 28,20).

La nostra chiamata come cristiani, come suoi discepoli consiste nel riconoscere tra di noi la sua presenza, andargli incontro personalmente e da quest'incontro costruire la nostra vita. Cristo infatti nacque a Betlemme per poter nascere in ognuno, per prendere forma umana in ciascuno di noi. Rivolgetevi, cari giovani amici, a questa lieta chiamata come cristiani in modo cosciente. Cristo vuole incarnarsi in voi, vuole operare e agire per mezzo di voi e costruire con il vostro aiuto il Regno di Dio tra gli uomini.

Possa questa visita a Roma e questo incontro con il successore di san Pietro rafforzarvi in questa vostra chiamata cristiana. A voi tutti imparto la mia particolare benedizione apostolica.

Data: 1985-12-30 Data estesa: Lunedi 30 Dicembre 1985





Agli ospedali cattolici di tutto il mondo

Titolo: L'umanizzazione della medicina al di sopra di ogni interesse

Cari fratelli e sorelle,


1. Sono veramente lieto di accogliere in particolare udienza tutti voi, medici, infermieri, volontari, religiose infermiere e amministratori, che in rappresentanza degli ospedali cattolici, sparsi in tutto il mondo, vi siete riuniti a Roma per un vostro congresso, al fine non solo di approfondire lo studio per una migliore collaborazione fra strutture sanitarie ospedaliere, ma anche per fornire supporti scientifici e tecnici insieme ad interventi pratici, specialmente ai paesi in via di sviluppo.

Esprimo il mio cordiale saluto a tutti voi, qui presenti, e in particolare ai promotori della "Confoederatio Internationalis Catholicorum Hospitalium": a monsignor James Cassidy e al dottor Marcello Sacchetti, rispettivamente presidente e segretario generale del Comitato Promotore. Rivolgo inoltre uno speciale pensiero al cardinale Pironio e a monsignor Fiorenzo Angelini, rispettivamente presidente e pro-presidente della Pontificia Commissione per gli Operatori Sanitari e a fra Pier Luigi Marchesi, che è qui in rappresentanza degli Istituti Religiosi Ospedalieri.

Mi è caro manifestarvi il mio compiacimento per questa iniziativa, che ritengo importante perché mette a confronto qualificati operatori nel delicato campo della salute in un contesto di conoscenza, di amicizia, di discussione, procurando loro uno stimolo ed un incoraggiamento nell'esercizio, spesso estenuante ed ignorato, della propria attività. Sono certo che i vostri incontri diretti a promuovere in forma sempre più stretta lo scambio culturale e la collaborazione tecnica e scientifica torneranno di utilità per la vostra professione e per un migliore servizio a quanti ricorrono alle vostre cure sanitarie. E' appunto per incrementare tale cooperazione che l'11 febbraio scorso ho istituito una speciale Pontificia Commissione, auspicando nel Motu Proprio istitutivo "Dolentium Hominum" un migliore coordinamento di tutti gli organismi cattolici impegnati nel campo della sanità e della salute (Dolentium Hominum, 4).


2. Quando si tratta di organizzazioni come le vostre, che si ispirano al Vangelo di Cristo e al Magistero della Chiesa, la quale per innata vocazione ha sempre promosso la cura degli ammalati, la mia parola si fa ancor più fiduciosa e il mio cuore si apre ad una più sentita riconoscenza per l'opera che voi svolgete. La vostra qualifica di operatori sanitari cattolici, che traggono impulso per la propria missione dai principi della morale cristiana, vi rende in qualche modo continuatori dell'attività terapeutica del Signore, così riassunta dall'evangelista Matteo: "Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro Sinagoghe, predicando il Vangelo del Regno e sanando ogni malattia ed infermità del popolo. E giunse la sua fama in tutta la Siria, e gli portarono tutti i malati oppressi da varie malattie e tormenti, indemoniati, lunatici e paralitici, e li guari" (Mt 4,23-24).

Come è noto, le guarigioni operate da Gesù non si riducevano all'eliminazione pura e semplice di un fenomeno patologico, ma erano in pari tempo segni profetici dell'avvento del Regno di Dio e della nuova situazione spirituale, che veniva a crearsi nel guarito. Nella concezione biblica, la malattia, come l'esilio e la schiavitù, appare una realtà provvisoria, la cui sparizione è collegata con la venuta dei tempi nuovi. In occasione della guarigione del cieco nato, ai discepoli che chiedevano: "Rabbi, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché egli nascesse cieco?", Gesù rispose: "Né lui né i suoi genitori hanno peccato, ma è così perché si manifestino in lui le opere di Dio" (Jn 9,2-3). Le guarigioni erano quindi occasioni per ridare la salute fisica e per donare la salvezza dell'anima, per instaurare cioè, nel miracolato, il Regno di Dio.

Dall'esempio di Gesù deriva per l'operatore sanitario cattolico il dovere di non limitarsi alla cura del corpo, sempre urgente e doverosa, ma di estendere le sue preoccupazioni alla evangelizzazione dello spirito in quanto i degenti sono in diritto di essere istruiti sul senso della vita e della morte, alla luce della fede cristiana. Ricco di questa spiritualità, l'operatore sanitario, in particolare il sacerdote, col Consiglio Pastorale, è chiamato a svolgere tra i malati e i loro familiari una importante azione, fondata sulla speranza cristiana. Di questa speranza, carissimi fratelli e sorelle, siate testimoni attendibili e premurosi presso il capezzale di chi guarda a voi per avere sollievo nel corpo e conforto nello spirito.


3. In un mondo in rapida trasformazione, voi vi siete riuniti anche per confrontarvi sugli aspetti tecnici necessari per un migliore funzionamento delle vostre realtà sanitarie. Gli ospedali cattolici, per raggiungere i grandi ideali, a cui ora ho fatto accenno, non devono lasciare nulla di intentato, affinché gli ammalati siano assistiti come richiede la loro dignità di persone "fatte ad immagine e somiglianza di Dio" (Gn 1,26).

A nessuno sfugge come l'evoluzione tecnologica e gli stessi mutamenti di natura sociale, economica e politica abbiano cambiato nel mondo il tessuto su cui poggia tutta la vita degli ospedali. Da qui l'esigenza di una nuova cultura, specialmente nella preparazione tecnica e soprattutto morale degli operatori sanitari a tutti i livelli.

L'ospedale cattolico poi essendo tenuto a dare testimonianza di Chiesa, deve rivedere a fondo l'organizzazione, affinché essa rifletta sempre meglio i valori evangelici, echeggiati nelle direttive sociali e morali del Magistero; non si lasci assorbire dai "sistemi" che mirano solo alla componente economico-finanziaria e agli aspetti clinico-patologici; sappia stare sempre più vicino all'uomo e assisterlo di fronte alle ansietà che lo investono nei momenti più critici della malattia; sappia creare una cultura diretta ad umanizzare la medicina e la realtà ospedaliera.

Tutto ciò esige un forte movimento unitario tra gli ospedali cattolici in tutti i settori, non escluso quello economico-organizzativo. Con questa auspicata unità l'ospedale cattolico, ancor più di ogni altra istituzione ospedaliera, deve essere aperto alle esigenze di tutti i degenti di ogni continente, specialmente dei paesi in via di sviluppo.

4. (Omissis, in lingua inglese)

5. (Omissis, in lingua inglese)

Data: 1985-12-30 Data estesa: Lunedi 30 Dicembre 1985





Omelia alla Messa di fine anno - Chiesa del Gesù (Roma)

Titolo: Unire gli sforzi per spezzare la spirale della violenza




1. "Cantate al Signore un canto nuovo, cantate al Signore da tutta fa terra" (Ps 95,1).

Questo invito gioioso della liturgia rispecchia il clima dell'ottava del Natale. E' invito alla gioia. può esserci per la creatura gioia più grande di questa: che Dio-Creatore si è fatto creatura? può esserci per l'uomo gioia più grande di questa: che il Figlio di Dio si è fatto uomo? Che il Verbo si è fatto carne? può esserci per la terra gioia più grande di questa: che Dio incontenibile dall'immensità dell'intero creato, è venuto ad abitare in esso? Infatti la gioia del Natale è senza limiti. La liturgia cerca di esprimerla; e cercano di esprimerla in diversi modi le tradizioni di tanti popoli, delle nazioni, delle Chiese in tutto il mondo: nel canto, nella parola, nella pittura e nella scultura. E tutti i mezzi di espressione avviano appena alla sorgente di questa gioia; tale fonte infatti è più grande di tutto ciò che l'uomo è capace di manifestare. E' totalmente divina, supera totalmente ogni essere; ma, nello stesso tempo, essa è enormemente condiscendente, enormemente vicina ai limiti definitivi della semplicità e di quella povertà, che un giorno risonerà nelle Beatitudini del discorso della montagna e nell'intero contenuto del messaggio evangelico.

Perciò quest'invito alla gioia è rivolto a tutto il creato. Poiché l'intero creato è compenetrato fino in fondo dall'Incarnazione del Verbo, dal "farsi uomo" di Dio-Figlio. L'intero creato sta nel punto del suo definitivo "rinnovamento".

Perciò: "Cantate al Signore un canto nuovo". Perciò: "Gioiscano i cieli, esulti la terra, frema il mare e quanto racchiude; esultino i campi e quanto contengono, si rallegrino gli alberi della foresta" (Ps 95,11-12).

Il Salmista si serve di tutti i mezzi accessibili del linguaggio poetico, per manifestare la gioia della venuta di Dio, della sua vicinanza. Con queste espressioni stiamo tutti "davanti al Signore che viene", anzi, che è già venuto, è già nato sulla terra ed ecco le parole significative: "viene a giudicare la terra". E il Salmista aggiunge. "Giudicherà il mondo con giustizia e con verità tutte le genti" (Ps 95,13). Significativo. Molto significativo.


2. Quale è il motivo più profondo della gioia del Salmista? Che cosa maggiormente attende l'uomo dalla nascita di Dio? Che cosa attendono i "popoli" e "il mondo", cioè l'umanità intera? Attendono innanzitutto la Verità. La Verità si manifesta nel giudizio.

La terra aspetta questo giudizio, in cui non ci sarà nessuna ambiguità, e nello stesso tempo si troverà tutta la pienezza della "comprensione". La nascita di Dio è il preannunzio di un tale giudizio. Non si può forse dire che Dio, il quale nasce come uomo, desidera in un certo senso "comprendere" in modo sperimentale l'uomo? Su una tale comprensione desidera anche poggiare la giustizia definitiva, della quale il mondo non è capace nelle dimensioni della temporalità.

Così dunque il salmista indica i motivi più profondi della gioia, che deriva dalla presenza di Dio.


3. ln questa breve meditazione sul Salmo dell'odierna liturgia è contenuta anche una particolare chiamata per l'ultimo giorno dell'anno del Signore 1985. Siamo cioè chiamati ad accogliere, alla luce del mistero del Natale, questa Verità e questo Giudizio il cui segno è l'Incarnazione del Verbo. Siamo chiamati a fare un esame di coscienza.

La Chiesa che è in Roma ha particolari motivi per fare un tale esame di coscienza alla fine dell'anno che passa. Infatti essa è interpellata dall'eredità dei santi apostoli Pietro e Paolo, più delle altre Chiese del mondo, a essere testimone di questa comunione che sgorga dal mistero del Natale come da una sorgente sovrabbondante. A questo è chiamato il Vescovo di Roma unitamente a tutta la Chiesa della Città Eterna.


4. Sarebbe difficile fare qui questo "esame di coscienza" in tutta la sua completezza. Ci limiteremo dunque ad alcuni aspetti.

a) Il primo riguarda le vocazioni ecclesiastiche e religiose: consolante è il loro continuo aumento. Per la prima volta dopo molti anni a Roma sono circa cento i giovani, che nel seminario si stanno preparando al sacerdozio. Questo fatto è molto significativo e importante, perché è indice della rinnovata sensibilità con cui si partecipa alla vita della Chiesa. Ciò è frutto degli incontri di preghiera che si stanno moltiplicando tra i romani, soprattutto tra gli studenti, ed è anche conseguenza del miglior coordinamento tra parrocchia e famiglie nell'opera formativa. Tuttavia, nonostante questa crescita, il numero delle vocazioni a Roma, in proporzione alla densità della popolazione, è tuttora insufficiente per l'adeguata cura pastorale di una città così ampia e differenziata, nella prospettiva del terzo millennio. Auspico che in ogni parrocchia sia intensificato l'impegno per le vocazioni.

b) Un secondo aspetto concerne la vita religiosa, in genere, di Roma e della diocesi. Ho avuto la gioia di visitare quest'anno quindici parrocchie: ho trovato le singole comunità ben preparate all'incontro, grazie alla visita antecedente del Vescovo della zona e all'opera diligente dei sacerdoti responsabili. Esprimo qui il mio vivo apprezzamento per tutto il lavoro compiuto dai parroci e dai loro collaboratori, dai religiosi e dalle religiose, dai laici impegnati e qualificati, dai consigli pastorali, dai vari gruppi di vita ecclesiale e formativa. Visitando le parrocchie vedo di persona quanto bene esiste in Roma e nella diocesi: sacerdoti zelanti, ricchi di bontà e di dinamismo pastorale; giovani e adulti, profondamente cristiani, che pregano, frequentano i sacramenti, aiutano il prossimo con carità e dedizione; fanciulli e ragazzi che si preparano alla vita con serietà e letizia nelle varie associazioni. Per tutto questo buon grano che esiste e prospera nella nostra città e diocesi ringraziamo di cuore il Signore. La presenza del "sacro" è indubbiamente in crescita. D'altra parte, non si può non rilevare quanta indifferenza religiosa esista: mi riferisco alla partecipazione alla santa Messa domenicale e festiva, all'approfondimento della cultura religiosa, alla vasta fascia dei "lontani". L'aspirazione indubbia a una autenticità maggiore nei rapporti con Dio, con Cristo e con la Chiesa deve diventare disponibilità sempre più grande all'accoglienza della verità della rivelazione e della redenzione e alla testimonianza e all'annuncio del Vangelo.

Nonostante gli aspetti negativi ancora esistenti, l'innegabile risveglio dà fiducia che le famiglie cristiane sapranno manifestarsi come tali anche nell'educazione dei figli. Desidero a questo proposito ricordare in particolare ai genitori cattolici le possibilità offerte dall'Intesa recentemente firmata tra la Conferenza episcopale italiana e le competenti autorità del governo circa l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche. E' importante che i giovani, mentre ricevono dalla scuola tanti insegnamenti che incidono sulla loro visione dei vari rilevanti aspetti del mondo e dell'uomo, ricevano anche un insegnamento religioso, che permetta loro di comprendere, con crescente maturità e responsabilità, alla luce dei grandi valori, il significato ultimo della vita umana e del proprio destino personale, riflettendo al tempo stesso sulla presenza di Dio nella realtà creata e nella storia dell'uomo. I genitori cattolici devono pertanto considerare come loro grave dovere morale far si che i loro figli si avvalgano della possibilità dell'insegnamento della religione cattolica, loro offerto dalla scuola italiana. Al di là del diritto garantito dai nuovi accordi, v'è certo un dovere morale, al quale genitori e studenti devono saper rispondere in piena consapevolezza e coerenza con la fede che professano.

c) Infine, un terzo aspetto concerne la situazione sociale della città.

Va sviluppandosi in Roma il senso dell'accoglienza, specie verso il crescente numero degli immigrati, molti dei quali giungono poveri e sono senza sostegno e senza assistenza. La loro presenza può procurare problemi e disagi; eppure, sono nostri fratelli, e la fede cristiana si vive e si testimonia completamente mediante l'amore. L'animo religioso del popolo romano si è espresso e si esprime concretamente nelle varie iniziative a favore dei disagiati, degli abbandonati, degli ammalati.

Accanto a istituzioni antiche, che continuano a svolgere la loro sempre attuale e preziosa attività caritativa e assistenziale, altre forme sono sorte in corrispondenza alle nuove necessità: esse sono attuate con spirito di dedizione e di servizio da associazioni e movimenti e in modo particolare dalla "Caritas diocesana", che - nella piena fedeltà all'insegnamento della Chiesa - cerca di dilatare sempre più l'attenzione a favore dei fratelli bisognosi, stimolando e utilizzando il contributo del volontariato. Ma, indubbiamente, molto resta ancora da compiere, date le reali necessità di tante persone emarginate e sole; possono prevalere disinteresse e mancanza di solidarietà, come conseguenza di preoccupanti infiltrazioni di egoismo, di insensibilità, di individualismo. Gli indubbi segni dell'amore sociale e della solidarietà devono diventare sempre più evidenti e impegnare nell'esercizio della carità ogni cristiano di Roma.

d) Anche in questo anno che si chiude non pochi sono stati gli episodi di violenza, che hanno turbato la vita della città. Sangue innocente è stato versato, anche nel corso di questo periodo natalizio, con un eccidio che ha particolarmente scosso l'opinione pubblica e suscitato sgomento in ogni parte del mondo; indicibili sofferenze sono state inflitte a numerose famiglie, senso di angoscia e di insicurezza è stato alimentato nella popolazione. Occorre unire gli sforzi per spezzare la spirale insensata della violenza e per sanare alle radici queste manifestazioni di criminalità e di terrorismo, che deturpano il volto della nostra epoca.

e) Stringe il cuore inoltre sapere che vi sono tante persone senza casa, mentre vi sono case disponibili. Un cristiano non può restare insensibile di fronte al dramma degli sfrattati. E' un problema enorme, ma occorre intensificare e moltiplicare gli sforzi. Auspico che l'anno nuovo possa registrare dei passi concreti per porre rimedio anche a questa grande piaga, che contrasta col progresso e col benessere che caratterizzano la società odierna.


5. Ecco, ci avviciniamo all'"ultima ora" (cfr. 1Jn 2,18) di quest'anno, che la divina Provvidenza ci ha regalato. Ci avviciniamo a quest'ora nella gioia del Natale, gioia alla quale è chiamata l'umanità intera e tutto il creato.

Guardiamo verso la grotta di Betlemme, inginocchiamoci, insieme con Maria e Giuseppe, con i pastori, con i magi dell'Oriente davanti al Verbo Incarnato, e professiamo insieme con l'evangelista: "Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia" (Jn 1,16).

Che dopo la grazia dell'anno che sta per terminare, sopraggiunga a noi la grazia dell'anno che viene.

"Cantiamo al Signore un canto nuovo"!

Data: 1985-12-31 Data estesa: Martedi 31 Dicembre 1985



GPII 1985 Insegnamenti - A studenti svizzeri - Città del Vaticano (Roma)