GPII 1986 Insegnamenti - Incontro ecumenico con olandesi - Città del Vaticano (Roma)

Naturalmente questo non sarà più facile. Ma il salmista ci ricorda: "Il nostro aiuto è nel nome del Signore che ha fatto il cielo e la terra" (Ps 123,8).

Cristo ci chiama all'unità. E alla grande missione che ha dato ai discepoli aggiunse anche una promessa: "Io sono con voi tutti i giorni fino alla fine del mondo" (Mt 28,20). In questo modo egli ci ha assicurato la sua costante presenza tra noi, non ci abbandona mai. Nei passi che facciamo pregando insieme i discutendo insieme i nostri problemi noi collaboriamo con Cristo a creare una nuova pace tra coloro che credono in lui. Noi contribuiamo al giorno in cui la nostra testimonianza a lui potrà essere libera dal fardello della disunità che getta un'ombra sui nostri sforzi di predicare al mondo Cristo che è il Verbo del Dio vivente e la nostra speranza per la salvezza.

Data: 1986-03-22 Sabato 22 Marzo 1986




Ad allievi della Scuola antincendi - Città del Vaticano (Roma)

Testimoniare la superiorità del dare e del servire


Carissimi giovani del 104° Corso allievi volontari ausiliari.

Sono lieto di accogliervi e di salutarvi in questa speciale udienza. Per gli allievi della Scuola Antincendi di Roma la visita al Vicario di Cristo fa parte, ormai, della tradizione, e io vi sono grato per questa cospicua e cordiale presenza. Siate i benvenuti. Insieme con voi saluto i vostri superiori qui presenti, in particolare il signor comandante, gli istruttori e il vostro cappellano.

Il periodo di addestramento che ora concludete è stato certamente un interessante capitolo della formazione della vostra esperienza giovanile per l'impegno e la disciplina che vi sono stati richiesti. Probabilmente non mancarono, in questa circostanza, esperienze di rischio e di coraggio, come si addice, del resto a persone che vogliono allenarsi per mettere la loro vita al servizio del bene pubblico, pronti per qualsiasi emergenza o pericolo. Mi compiaccio con voi per questa generosa disponibilità. Voi riconoscete che, accettare una severa disciplina per prepararsi a un servizio, è un fatto importante nella vita e nella formazione del proprio carattere. Sappiate ora far tesoro delle nozioni apprese e delle qualità professionali, che avete potuto acquisire durante il corso; esse costituiscono come una garanzia per il servizio che vi sarà richiesto; ma continuate soprattutto a formare in voi una personalità forte, ricca e consistente, libera e responsabile, sensibile ai valori più alti, tale da consentirvi di affrontare con generosa dedizione le fatiche di ogni giorno; impegnatevi a testimoniare sempre la superiorità del dare e del servire rispetto all'istintiva inclinazione ad esigere.

Siate perseveranti nelle difficoltà, e qualora si presentassero circostanze che richiedono eccezionali doti di coraggio per il bene comune, sappiate mettere al centro della vostra valutazione morale quello spirito di servizio all'uomo per il quale avete, in qualche modo, consacrato la vostra professione e la vostra vita.

Io chiedo a Dio la sua protezione per voi in ogni vostra futura impresa, mentre affido alla materna protezione della Vergine Maria il lavoro che compirete a bene del prossimo. Vegli sempre su di voi, specialmente nei momenti di pericolo, la materna tutela della Madre di Dio, e allieti ogni vostra azione con il conforto di positivi e validi risultati. Per questo ben volentieri imparto a tutti voi, alle vostre famiglie e alle persone che vi sono care la mia benedizione apostolica.

Data: 1986-03-22 Sabato 22 Marzo 1986




Ai giovani della Croazia - Città del Vaticano (Roma)

Siate gli apostoli dei vostri coetanei


Sia lodato Gesù e Maria. Cari giovani di Zagreb e Varazdin! Benvenuti nella Città Eterna, nella casa del Padre comune. Avete desiderato celebrare la Prima giornata mondiale della gioventù insieme ai giovani di Roma radunati intorno al Vicario di Cristo. La vostra venuta mi rallegra.

Desidero che vi porti molto frutto spirituale.

Come tanti vostri coetanei anche voi siete davanti alla vita e sicuramente vi domandate che cosa vi porterà il futuro. Il futuro appartiene a voi nella misura in cui saprete sottrarvi alle tentazioni del male e affermare la vostra personalità, aderendo a ciò che è vero, a ciò che è giusto, a ciò che è bene. Ma tutto questo è incarnato in Gesù Cristo. "Per me vivere è Cristo" disse san Paolo, apostolo dei popoli, la cui tomba e basilica avete visitato ieri. Di queste parole dell'apostolo tantissimi giovani attraverso i secoli, anche nel vostro popolo croato, ne hanno fatto il contenuto della loro vita. In Gesù hanno trovato l'amico, in lui hanno costruito la loro personalità, hanno fatto felice la loro vita e le vite degli altri.

E dove troverete Gesù"? In primo luogo nell'Eucaristia, che la Chiesa vi offre come cibo spirituale. Rinvigoriti della forza della santa Comunione potrete con più prontezza associarvi nell'apostolato di diffondere la verità e l'amore di Gesù che la Chiesa si aspetta da ogni battezzato. Specialmente essa invita i giovani ad essere gli apostoli dei loro coetanei. Sacrificio e rinuncia richiesti da ogni nobile e valoroso scopo, come è appunto vivere secondo il Vangelo e testimoniare per Gesù, non vi saranno difficili se nutrite la vostra anima con una sincera preghiera. Nel vostro cammino insieme con Gesù verso la realizzazione del vostro futuro vi accompagni la nostra Madre Celeste Maria.

Mi sono note le circostanze del vostro soggiorno nella Città Eterna e ringrazio tutti coloro che vi aiutano a pellegrinare ai luoghi santi della nostra fede.

A voi, a tutti i vostri, soprattutto ai giovani della vostra patria che si sono associati alla celebrazione della Prima giornata mondiale della gioventù, di cuore imparto la benedizione apostolica.

Data: 1986-03-21 Venerdi 21 Marzo 1986




Alla Società san Paolo - Città del Vaticano (Roma)

La vostra è una missione di straordinaria responsabilità


Carissimi capitolari della Società di san Paolo.


1. Sono molto lieto di questo incontro con voi, riuniti in occasione del Capitolo Generale e rivolgo uno speciale pensiero al reverendo don Renato Perino che avete confermato nell'incarico di superiore generale.

Estendo il mio cordiale saluto all'intera Congregazione, assicurando il ricordo nelle mie preghiere per tutta la famiglia Paolina, convinto che dal cielo il venerato fondatore, don Giacomo Alberione, vi accompagna e protegge. So che siete presenti in ben venticinque nazioni dove svolgete con zelo l'apostolato dei mezzi della comunicazione sociale. E' - come sapete - una missione grande e di straordinaria responsabilità: essa richiede alte capacità professionali, ma suppone soprattutto una profonda formazione dottrinale e spirituale, giacché solo a queste condizioni la tipografia, il microfono e la pellicola possono essere autentico pulpito di Verità, palestra di apostolato, efficaci mezzi di salvezza, come voleva don Alberione, il quale conosceva i rischi di quest'arte e ne temeva le deviazioni. Egli, già all'inizio del secolo, considerava i mass-media come i nuovi strumenti di cui avrebbe dovuto servirsi la predicazione della Chiesa nell'epoca moderna e dovette molto soffrire per tale suo ideale; ma con trepida lungimiranza egli diceva ai suoi figli: "Vi sia la persuasione che in questi apostolati si richiede maggior spirito di sacrificio e pietà più profonda...

Occorrono dei santi che ci precedano in queste vie non ancora battute e in parte neppure indicate" (ottobre 1950). E aggiungeva: "Salvare, ma prima salvarci!".


2. La tappa che ora avete raggiunto con la conferma del superiore apre un nuovo periodo di vita nella storia della vostra Congregazione e, come tale, si presta a formulare insieme alcune riflessioni, che vi possono servire come direttive.

Indubbiamente la Società san Paolo è assai benemerita in questo secolo nell'impegno dell'apostolato per la vasta e intelligente opera editoriale da essa svolta. Dando uno sguardo al passato, si rimane ammirati nell'osservare le magnifiche collane di Sacra Scrittura, di teologia, di agiografia, di filosofia, di psicologia, di sociologia, di letteratura, di pedagogia, che sono state pubblicate con scelte accurate e tempestive e con dignitose e accessibili edizioni; né si possono dimenticare le molteplici opere di liturgia, di catechesi per ogni categoria di persone, di omiletica, di pastorale, di cultura generale nei vari campi del gusto e dell'interesse del pubblico. E tutto fu sempre compiuto alla luce di Gesù Maestro, che si è rivelato come la Via e la Verità e la Vita.

Con tutta l'ansia che sgorga dal mio cuore vi esorto a continuare a camminare per il cammino indicato da don Alberione! Non lasciatevi confondere dalle ideologie che attraversano il mondo moderno! Siate santamente intelligenti, acutamente critici, apostolicamente equilibrati e perspicaci! Ricordate ciò che scriveva san Paolo: "Tutto ciò che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri!" (Ph 4,8). Rammentate anche ciò che diceva don Alberione: "Tutto per il Vangelo, tutti per il Vangelo, tutti al Vangelo!".

I tempi sono cambiati; i tempi sono nuovi e bisogna usare mezzi aggiornati e adatti per gli uomini d'oggi; ma la dottrina rivelata da Cristo non cambia, è valida per sempre e per tutti e "noi dobbiamo condurre le anime in paradiso" - soggiungeva ancora il vostro fondatore. "Il nostro apostolato è predicare Gesù Cristo e così accompagnare la Chiesa, anzi essere parte della Chiesa la quale ci ha affidato questa missione".

Sentite fortemente il dovere di illuminare sempre le anime, di non infondere mai il dubbio, di non spargere mai la confusione; evitate quanto può creare sbandamento o può essere dettato dal desiderio di seguire mode culturali aliene dal Vangelo. Non lasciatevi mai influenzare, nelle decisioni, da motivi di interesse umano. Sia vostro impegno e vostro gaudio spirituale essere docili al magistero della Chiesa, sostenendolo nell'opera difficile ma necessaria della difesa dell'ortodossia e della divulgazione della Verità. Nelle vostre scelte vi guidi solo il desiderio di annunciare il Vangelo e di servire la Chiesa.


3. Voi "Paolini", sacerdoti e uomini di cultura e di sensibilità moderna, ben sapete come i nostri fedeli vivono in un'epoca in cui sentono insegnate e vedono praticate dottrine spesso difformi dal messaggio del Vangelo. Molti ne restano frastornati fino a vacillare nella fede. Voi comprendete come diventa sempre più urgente, importante, delicata la vostra missione! Voi - come il buon samaritano della parabola evangelica - dovete piegarvi con amore e con estrema trepidazione su queste anime piagate e doloranti, per portare la parola della Verità, che dà la luce alle menti, e il conforto delle certezze supreme.

Avete grandi possibilità e grandi capacità: mettetele tutte a servizio della Verità. Noi sappiamo che il messaggio di Cristo è "rivelazione" di Dio, e perciò è Verità sempre valida e attuale. L'aggiornamento culturale, che dovete compiere continuamente in campo teologico, sociale, letterario, deve perciò essere sempre confrontato con la Verità che non passa: i cristiani di oggi, e tutti gli uomini in genere, sentono il bisogno della certezza e della chiarezza dottrinale e perciò ogni vostra produzione deve essere chiara, logica, convincente, illuminante, consolante. Inoltre, la stessa storia insegna che l'uomo, anche quando cammina nella notte o si ostina a rimanere nell'errore, ha bisogno di luce, e soffre per non possederla, anela alla Verità, invidia chi la possiede. Presto o tardi sente il richiamo di Cristo e perciò vuole incontrarlo nel sacerdote, nella Chiesa, nel ministro della Verità e della Grazia.

Siete stati chiamati ad una stupenda missione e con i vostri libri e le vostre riviste potete dare luce interiore a tante anime, portarle a Cristo, dare loro la gioia e la consolazione dell'incontro con il Divin Maestro, amico e salvatore.


4. Per riuscire in questo magnifico intento, avete bisogno di una soda e ferma formazione dottrinale e ascetica. Era l'assillo di don Alberione: egli ben sapeva che il segreto della riuscita della Società da lui fondata stava nell'intimità dei suoi figli con Cristo. Uomo di azione e di intraprendenza, egli era, tuttavia, un contemplativo ed era solito pregare in ginocchio per ore intere, anche di notte, in Chiesa, davanti al tabernacolo: "Il mondo, la Chiesa, le anime - diceva - hanno supremo bisogno di Dio: la preghiera ve lo chiama". Egli non aveva che una passione: "dare Dio agli uomini e gli uomini a Dio per mezzo di Gesù Cristo". Uomo di studio metodico e di meditazione, si era convinto che "tutto comincia in Gesù Cristo e tutto in lui ha fine" e perciò volle che ogni "Paolino" nell'annuncio del Vangelo e nella testimonianza di vita cristiana avesse come modello Gesù Cristo Maestro "Via, Verità e Vita".

Seguite l'esempio e le consegne del vostro Fondatore, per essere veramente "tutto a tutti" nella fede, nella carità, nelle opere.

La Vergine Santissima, Regina degli apostoli, che ha una così importante e insostituibile parte nella formazione di ogni membro della Società san Paolo, vi faccia sentire in modo particolare il suo amore materno e la sua intercessione; e voi ripetete ogni giorno con grande fiducia e con filiale impegno la soave preghiera: "Vergine Maria Madre di Gesù, fateci santi!".

Vi accompagni la mia benedizione, che estendo con affetto a tutti i vostri confratelli, con l'augurio di una santa Pasqua!

Data: 1986-03-22 Sabato 22 Marzo 1986




Ai fedeli della diocesi di Amelia - Città del Vaticano (Roma)

Affido a voi la croce di Santo Domingo


Carissimi fedeli della diocesi di Amelia.


1. Una singolare circostanza ha determinato questo vostro pellegrinaggio alla Sede di Pietro, insieme con rappresentanti delle diocesi sorelle di Terni e di Narni, e io vi accolgo con grande gioia e porgo a tutti il mio cordiale saluto.

In modo particolare desidero salutare il Cardinale Sebastiano Baggio, che fu con me a Santo Domingo il 12 ottobre 1984 per la grande cerimonia iniziale del "novenario" in preparazione del V Centenario dell'evangelizzazione dell'America Latina; il vescovo, monsignor Franco Gualdrini, insieme con il Comitato per le celebrazioni commemorative di mons. Alessandro Geraldini, originario di Amelia e primo vescovo di Santo Domingo; le autorità civili della Regione, della Provincia, dei comuni interessati e del territorio amerino; il clero, i religiosi, i seminaristi; i vari gruppi di laici impegnati nei diversi settori dell'apostolato ecclesiale.

Ma il mio saluto va ad ognuno di voi, cari fedeli qui presenti, e si estende a tutte le Comunità da cui provenite, ricordando specialmente i sofferenti, i malati, gli afflitti.

La vostra presenza mi richiama alla mente l'intensa e fervorosa giornata che trascorsi a Terni il 19 marzo 1981. Sono ormai passati cinque anni da quando visitai la bella e industriosa città: ma il ricordo di quel giorno rimane indelebile.


2. La motivazione di questo incontro è davvero assai suggestiva: consegnare a voi la croce, proveniente da Santo Domingo, che riproduce quella che monsignor Geraldini pianto cinque secoli fa sul luogo dove doveva essere costruita la cattedrale primaziale delle Americhe.

Affido oggi a voi, ufficialmente, tale croce, ricordando la intrepida figura di monsignor Geraldini, vostro conterraneo, che, entrato giovanissimo alla Corte di Spagna al seguito del fratello Antonio, fu influente protettore di Cristoforo Colombo, sacerdote e vescovo illuminato e zelante, presente al Concilio Lateranense V, missionario povero, ardimentoso e tutto dedito alla promozione umana e cristiana dei fratelli del Nuovo Mondo. Devoto alla Vergine Santissima, costrui la Cattedrale dedicandola a Maria Annunziata.

Questa "croce" tanto significativa giungerà solennemente ad Amelia la domenica 6 aprile; sarà posta nella cattedrale. Inizierà poi nei mesi successivi una "Peregrinatio Crucis" che toccherà tutte le parrocchie della diocesi di Amelia e quelle limitrofe di Todi, per giungere infine nelle cattedrali di Narni e Terni.

E perciò nelle vostre terre dalla Pasqua del 1986 alla Pasqua del 1987 si svolgerà questo cammino personale e comunitario con apposite "missioni popolari" per una rinnovata e più approfondita evangelizzazione.


3. Ciascuna delle vostre parrocchie attende dunque la croce di Santo Domingo! Quante volte abbiamo meditato sulla croce, simbolo della fede cristiana, segno della salvezza dell'umanità! La croce infatti è l'emblema di Gesù, il Redentore, il Figlio di Dio incarnato e morto crocifisso per noi. Morendo sulla croce per redimere l'umanità dal peccato, Gesù ha mostrato prima di tutto la gravità spaventosa della ribellione dell'uomo a Dio e insieme ha manifestato in modo concreto e tangibile che veramente Dio ci ama e ci vuole salvare: "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo unigenito Figlio, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna... Dio ha mandato il Figlio nel mondo... perché il mondo si salvi per mezzo di lui" (Jn 3,16-17). Inoltre, Gesù morendo in croce, tra gli spasmi terribili della passione e dell'agonia, ha voluto significare in modo convincente che le sofferenze, che accompagnano la storia umana in genere e l'esistenza della singola creatura, hanno un valore trascendente ed eterno, perché realizzano con Cristo la redenzione e si aprono alla risurrezione gloriosa. così scriveva san Pietro ai primi cristiani: "Nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi, perché anche nella rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare" (1P 4,13). E san Paolo affermava che siamo eredi di Dio, coeredi di Cristo "se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria... Infatti le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura, che dovrà essere rivelata in noi" (Rm 8,17-18).

Questi i grandi e fondamentali temi che saranno svolti e meditati durante la "Peregrinatio Crucis" per approfondire la fede dei fedeli, per infervorare le anime già più assidue, per avvicinare i lontani, per riattivare la vita spirituale in tanti che, purtroppo, hanno lasciato la pratica cristiana e non frequentano più la Chiesa, per illuminare le menti dei giovani e indirizzarli ai santi ideali dell'amicizia con Cristo e della carità verso i fratelli, ben convinti che, mentre si svolgono le tumultuose vicende umane, la croce di Cristo sta ferma e luminosa, unica certezza e unica speranza.

Sarà perciò vostro impegno dedicare attenzione in modo particolare all'ascolto e alla meditazione della "parola di Dio" nei modi più vari, ma soprattutto durante la liturgia della santa Messa. Dalla "parola di Dio" proclamata, ascoltata, commentata, attualizzata nella vita liturgica e caritativa, sgorga necessariamente la valorizzazione e la frequenza del sacramento della Riconciliazione, che ridona la "grazia" quando fosse stata perduta con il peccato grave o aumenta - per così dire - la "grazia" quando purifica l'anima dai peccati veniali, dandole maggior fervore spirituale e più intensa energia di carità.

Durante la "Peregrinatio Crucis" sarà molto importante privilegiare la "pastorale giovanile", con l'istituzione e lo sviluppo di centri giovanili come luoghi di accoglienza e di formazione e come mezzi per la scoperta e l'incremento delle vocazioni sacerdotali, religiose e missionarie. Tutte le Comunità cristiane, sia le parrocchie come i gruppi associazionistici, vogliano anche sentire come loro compito e preoccupazione il problema della disoccupazione giovanile in modo da poter portare qualche rimedio, in collaborazione e con l'aiuto delle autorità civili.

Insieme con l'impegno della catechesi all'interno delle comunità cristiane, i ragazzi e i giovani studenti non manchino di partecipare anche alle lezioni di religione svolte nelle singole scuole, come momento in cui maturano la loro personalità e con cui possono contribuire alle finalità della scuola stessa.


4. Carissimi! La "croce" che affido al vostro vescovo e a voi tutti, fedeli di Amelia e delle diocesi sorelle di Terni e di Narni, e la "Peregrinatio Crucis" che prossimamente inizierà di parrocchia in parrocchia è un impegno molto importante, esigente. Invoco per voi l'intercessione e l'aiuto di Maria santissima che oggi festeggiamo nel mistero della sua Annunciazione.

La "Peregrinatio Crucis" serva anche ad accrescere la devozione a Maria, che segui il suo Figlio nella dolorosa passione e gli stette vicina negli spasmi della morte in croce. Mentre vi imparto la mia benedizione, sono lieto di consegnare al vostro vescovo la croce proveniente da Santo Domingo, assicurandovi che vi accompagno con la mia preghiera.

Data: 1986-03-22 Sabato 22 Marzo 1986




Ad un gruppo ecumenico dei Paesi Bassi - Città del Vaticano (Roma)

Nella verità il cammino ecumenico


Cari fratelli e sorelle in Cristo.

Vi do il benvenuto a Roma, città che ha ascoltato i misteri degli apostoli Pietro e Paolo. Quando ci incontrammo per la prima volta a Utrecht, esprimeste i problemi che sentite profondamente. Essi comprendono i matrimoni misti, la partecipazione all'Eucaristia, il ruolo delle donne nella Chiesa e la collaborazione ecumenica. Sono lieto che siate venuti qui per continuare la conversazione. Le questioni che avete sollevato sono per me motivo di grande preoccupazione. Questi problemi infatti, ciascuno nel proprio modo, sono un commento dell'epoca nella quale viviamo con le sue nuove provocazioni ecumeniche.

Il modo in cui le trattiamo proverà quanto noi comprendiamo l'ecumenismo. Spero che, durante questa settimana, abbiate potuto avere un buono scambio su di esse.

Spero che il vostro dialogo che qui a Roma ha compiuto un altro passo continui a livello nazionale quando ritornerete in Olanda. Nel breve tempo che abbiamo insieme ora, vorrei indicare tre considerazioni fondamentali. Innanzitutto dobbiamo insistere di nuovo che l'ecumenismo è una priorità pastorale nella Chiesa cattolica e per tutti i cristiani. Tutti noi, ad ogni livello della Chiesa, dobbiamo impegnarci in modo da non perdere di vista il traguardo dell'unità visibile, perché si percorra ogni strada legittima verso questo scopo.

Le separazioni del XVI secolo hanno compromesso soltanto superficialmente la Chiesa e la vita dei credenti, ma esse hanno avuto serie conseguenze, separandoci gli uni dagli altri e rompendo la nostra unità, esse hanno toccato alcuni elementi essenziali della fede. Non abbiamo altra scelta, se non quella di sanare le piaghe della divisione che ci tengono lontani e curare le ferite, cosicché possiamo vivere insieme in quella pienezza di fede e vita sacramentale che Cristo vorrebbe concederci. Egli ci chiama, tocca a noi rispondere. Questa è la direzione nella quale il movimento ecumenico si è mosso, per il quale ringraziamo Dio. Ci sentiamo obbligati a continuare in questa direzione con fedeltà nella misericordia. Questo è ciò che consideriamo priorità pastorale.

Secondariamente, l'importanza pastorale e le implicazioni dell'ecumenismo stanno diventando chiare. Sappiamo che le divisioni tra i cristiani sono state uno scandalo e un ostacolo alla missione della Chiesa nel mondo. Ma ora vediamo più chiaramente ciò che abbiamo sempre saputo: che queste decisioni hanno avuto un effetto sulla gente. Esseri umani, individui sotto la nostra protezione, hanno sofferto sono stati vittime degli eventi di secoli fa.

Voi avete sottolineato ciò parlando delle difficoltà che la gente affronta nei matrimoni misti riguardo alla religione. Le nostre divisioni intaccano la felicità dei singoli, delle famiglie delle comunità locali. La gente soffre. So che queste preoccupazioni pastorali sono per voi le più importanti perché siete qui come i pastori, la cui preoccupazione primaria è la felicità cristiana della gente. Ma i problemi pastorali non possono mai essere risolti completamente se noi rendiamo plausibili le differenze nelle fede di cui questi problemi pastorali sono il frutto.

In terzo luogo, il nostro approccio all'ecumenismo deve essere la verità, nel prendere in considerazione l'intera serie delle questioni che sono richieste per adeguate soluzioni ai problemi. Qui richiamiamo il problema della partecipazione eucaristica. L'incapacità a condividere l'Eucaristia è una conseguenza dei tragici eventi dei secoli passati. La collaborazione ecumenica, che ora si verifica tra la nostra gente, crea un desiderio di preghiera comune e persino fame di condividere l'Eucaristia. Tuttavia noi non condividiamo l'Eucaristia.

In tempi recenti, gli importanti risultati dei dialoghi ecumenici hanno mostrato una crescente convergenza tra le molte Chiese e comunità ecclesiali sul significato dell'Eucaristia. Noi ci rallegriamo in ciò perché rappresenta un avanzamento verso la soluzione del problema.

Ma per i cattolici, il problema della condivisione Eucaristica non può essere risolto separatamente dalla nostra comprensione del mistero della Chiesa e del ministero che serve l'unità. Tutti questi problemi devono essere accordati nei rapporti reciproci. A questo proposito prendiamo atto che il ministero e l'ecclesiologia sono in fase di studio in molti dialoghi bilaterali e multilaterali. I risultati emergenti da questi studi sono molto promettenti, e ciò ci rallegriamo. Conformemente a san Paolo "vivendo secondo la verità nella carità, cerchiamo di crescere in ogni cosa verso di lui, che è il capo, Cristo" (Ep 4,15).

Sosteniamoci vicendevolmente nella ricerca delle soluzioni ai problemi che ci dividono. Un grande progresso è stato fatto e per questo noi siamo grati.

Dobbiamo riconoscere che sono stati fatti ulteriori passi avanti in campo ecumenico. Non ci può essere un regresso. Dobbiamo continuare. Credo che ogni sforzo nel dialogo, con l'obiettivo di superare le barriere che separano i cristiani, sia una risposta ai suggerimenti dello Spirito Santo. E' in questa luce che vedo la vostra visita questa settimana. Vi assicuro le mie preghiere e offro voti per la guida di Dio sul lavoro della riconciliazione. Preghiamo gli uni per gli altri, chiedendo a Cristo di mostrarci la strada per venire a lui insieme.

Data: 1986-03-22 Sabato 22 Marzo 1986




Ai giovani di UNIV '86 - Città del Vaticano (Roma)

Non abbiate paura di correre il rischio della libertà


Carissimi giovani.


1. E' per me motivo di gioia potervi incontrare all'inizio di questa Settimana Santa, durante la quale la Chiesa celebra, in modo particolare e solenne, "l'amore più grande" che Cristo ha avuto per noi, morendo sulla croce. Saluto cordialmente i membri del Comitato Scientifico dell'UNIV '86, e rivolgo a ciascuno di voi il benvenuto, con speciale pensiero al prof. Umberto Farri.

Il primo gennaio del corrente anno, che dalle Nazioni Unite è stato proclamato Anno internazionale della pace, proponevo ai cristiani e a tutti gli uomini di buona volontà un motto, che mi piace ricordare ora a voi: "La pace è valore che non ha frontiere". Queste parole sono tornate alla mia mente non appena sono entrato in questa sala. In effetti, voi provenite da circa 400 università, sparse in oltre 40 Paesi dei cinque Continenti. Rappresentate nazioni dislocate nei quattro punti cardinali della terra.

Le tensioni, che così spesso scuotono i rapporti fra i popoli, qui appaiono superate da una tensione superiore, quella della carità fraterna, segno di riconoscimento che il cristianesimo incide profondamente nella vita quotidiana.

So che gli incontri, che ogni anno riuniscono a Roma varie migliaia di studenti e di professori universitari, ebbero inizio nell'ormai lontano 1968 - anno di particolare risonanza nel mondo dell'università - sotto l'impulso e l'ispirazione del servo di Dio Josemaria Escriva, fondatore dell'Opus Dei. Sospinto dalla sollecitudine sacerdotale verso i giovani, egli desidero farli convenire proprio a Roma affinché, accanto alla tomba di san Pietro, si confermassero nelle loro anime la luce della fede cattolica e l'amore per la Chiesa. Come quanti vi hanno preceduto, voi non venite, quindi, per il semplice desiderio di viaggiare - anche se, certamente, potrete ammirare le monumentali bellezze di questa millenaria città -, bensi con l'esplicito intendimento di approfondire la perenne novità del messaggio cristiano. Venite a dare "ragione della speranza che è in voi" (1P 3,15, motto della Giornata Mondiale della Gioventù, 23 marzo 1986), a infondere maggior vigore alle radici della vostra fede e della vostra carità, a stringere legami di reciproca conoscenza e comprensione con giovani di altre latitudini.

Venite, infine, a trarre conclusioni operative dalle ricerche, che per un intero anno avete condotto nei vostri rispettivi Paesi, su un tema interessante e molto impegnativo: "Fondamenti culturali di un progetto di pace".


2. Oggi si parla, si scrive, si discute molto sulla pace. Ed è giusto che sia così, perché la pace è uno dei più grandi beni dell'umanità, presupposto indispensabile per il pieno sviluppo degli individui e dei popoli. "Un bene così nobile - scriveva sant'Agostino - che perfino fra le cose terrene non c'è nulla di più grato da ascoltare, né di più dolce da desiderare" ("De Civitate Dei", XIX, 11). Mai come ai nostri giorni si sono levati proclami così appassionati a difesa della pace, a tutti i livelli; mai gli uomini e i governi sono apparsi più sensibili a questa giusta causa. E tuttavia ogni giorno assistiamo al consumarsi di crudeli attentati contro la pace: conflitti bellici, atti terroristici, aborti, fratture nel seno della famiglia, oppressione delle libertà più sacre, condizioni ingiuste di interi popoli. Qual è la causa profonda di queste tensioni, che così spesso sfociano nell'aggressione occulta o palese di alcune nazioni contro altre, di alcuni gruppi contro altri, di alcuni individui contro altri? I politici, i sociologi, gli esperti nelle scienze umane forniscono molte risposte valide e meritevoli di essere prese in considerazione. Ma intendo ricordarvi la risposta radicale a questo problema. La Chiesa, depositaria della rivelazione, insegna che la causa ultima di tutti gli squilibri e di tutte le violenze è il peccato, che, in quanto "diminuzione per l'uomo stesso" gli impedisce di conseguire la propria pienezza GS 13).


3. Quando l'uomo dimentica il suo destino eterno e il fine della sua vita si limita all'esistenza terrena, si accontenta con una pace fittizia, con una tranquillità solo esteriore a cui chiede la salvaguardia del più alto grado di benessere materiale che si possa raggiungere con il minimo sforzo. In questo modo costruisce una pace imperfetta e instabile dato che non è radicata nella dignità della persona umana, fatta a immagine e somiglianza di Dio e chiamata all'origine divina. Voi giammai dovrete accontentarvi di questi surrogati della pace; sarebbe un grave errore il cui frutto produrrebbe la più amara delle disillusioni. Lo annuncio Gesù Cristo poco prima dell'ascensione al cielo, quando disse ai suoi discepoli: "Vi lascio la pace, vi do la mia pace; e ve la do non come la dà il mondo" (Jn 14,27).

Esistono quindi due tipi di pace: quella che gli uomini sono capaci di costruire da soli, e quella che è dono di Dio; quella che si basa su un equilibrio di forze, frutto faticoso di accordi e compromessi umani, e quella che è secondo l'espressione del Concilio Vaticano II "frutto dell'ordine stabilito nella società umana dal suo divino fondatore" (GS 78); quella che viene imposta con il potere delle armi e quella che nasce dal cuore. La prima è fragile e insicura; potrebbe chiamarsi una mera apparenza di pace perché si fonda sulla paura e sulla diffidenza. La seconda, al contrario, è una pace forte e duratura perché fondandosi nella giustizia e nell'amore, penetra il cuore; è un dono che Dio concede a chi ama la sua legge (cfr Ps 118,165). La prima merita più che altro il nome di armistizio; la seconda è una pace "che supera ogni comprensione" (Ph 4,7) e, facendo si che gli uomini siano pacifici, li converte in idonei artefici di pace. La pace quindi è un dono, "un gran beneficio - come scrisse sant'Agostino - ma un beneficio del vero Dio, come il sole, come la pioggia e come tanti altri aiuti della vita" ("De Civitate Dei", III, 9). perciò dobbiamo implorarla giorno dopo giorno, con umiltà e perseveranza, senza pausa, con un vero clamore di preghiere e opere.

Questo desiderio di pace non deve essere confuso con la passiva acquiescenza di chi si limita ad auspicarla, ma che non si impegna nel costruirla prima di tutto nella propria vita. La pace, secondo la classica definizione agostiniana, è "tranquillitas ordinis", la tranquillità che regna li dove ogni cosa è collocata in conformità del retto ordinamento voluto da Dio. Questo giusto equilibrio potrà raggiungerlo personalmente, e instaurarlo nella realtà che lo circonda, chi non osserva questo retto ordine nelle proprie relazioni con Dio e con gli altri, chiuso nella corazza del proprio egoismo? Al massimo potrà raggiungere quella che la Sacra Scrittura chiama "prosperità dei malvagi" (Ps 72,3), ciò è l'apparente ricompensa del peccato: una pace effimera ed epidermica che nasconde una resa senza condizione agli impulsi della triplice concupiscenza di cui parla l'apostolo san Giovanni (cfr 1Jn 2,16).


4. La pace che il mondo sta aspettando con ansia, deve nascere dal cuore di ogni uomo e di ogni donna come frutto maturo dello Spirito (cfr Ga 5,22), quando ciascuno collabora con la grazia di Dio. E' una pace "data" e, allo stesso tempo, "conquistata". perciò, paradossalmente, richiede una lotta costante, un combattimento senza tregua contro il peccato che si annida nel cuore umano e lo insegue con false promesse, da cui non derivano se non frutti di morte.

So molto bene che la Prelatura dell'Opus Dei dà a tutti i suoi membri, e a tutti coloro che si accostano al suo apostolato, una profonda formazione cristiana, favorendo l'esercizio della libertà e delle responsabilità personali nelle scelte temporali. In tale formazione un'importanza fondamentale viene attribuita alla preghiera e alla frequenza con cui ci si accosta ai sacramenti, come requisito indispensabile per vivere con pienezza la vita cristiana ad essere perciò efficaci costruttori di pace; effettivamente, solo ai pacifici è concessa la fortuna di essere chiamati figli di Dio (cfr Mt 5,9). Proseguite per questo cammino e invitate i vostri amici a fare personalmente la meravigliosa scoperta della vicinanza di Dio nel lavoro professionale e nelle occupazioni quotidiane.


5. Cari partecipanti di UNIV '86 non voglio concludere questo incontro senza indirizzare tramite voi un appello a tutti i giovani delle Università che rappresentate. Incoraggiateli ad impegnarsi nel compito di costruzione della pace.

Il mondo di oggi in alcune sue parti sta mostrando chiari sintomi di invecchiamento, la società dei giorni nostri ha bisogno del vostro idealismo e del vostro entusiasmo, delle vostre energie. Vorrei che nessuno si sentisse esente da questa responsabilità! Come vi ho già detto in altre occasioni, non abbiate paura della vostra giovinezza! Non abbiate paura di correre il rischio della libertà! Non reprimete gli impulsi generosi dell'amore che vi chiede di fare della vostra vita un servizio agli altri. Il desiderio della pace è un impulso che deve poter fronteggiare ogni tipo di individualismo e conformismo.

Non riuscireste ad ottenere quell'impegno alla verità che come esseri avete bisogno di cercare e come studenti universitari avete il dovere di favorire.

Quindi portate testimonianza della pace di Cristo, tramite pratiche azioni di pace ogni giorno, nelle circostanze nelle quali vivete rivestendovi di "sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di consuetudine, di pazienza" (Col 3,12).

Questo è il mio augurio per ciascuno di voi. Oggi l'affido alla potente intercessione della Madre di Dio. Riflettete su di lei durante questi giorni, rivivete con lei la Passione, morte e risurrezione del suo Figlio. Maria vi colmerà della sua speranza e vi mostrerà che è veramente possibile portare a compimento i "disegni della pace" che esaminerete a fondo durante questi giorni nel vostro Congresso. La Madonna vi accompagni e vi guidi nel vostro desiderio di mettere in pratica il primo disegno di pace: quello in cui "il giovane, ragazzo o ragazza, costruisca il proprio progetto come vocazione alla quale Dio lo sta chiamando". Procurate di vivere intensamente, cari giovani, queste giornate della Settimana Santa, partecipando alle celebrazioni liturgiche! Che il Signore "al suo passaggio" vi trovi pronti a riconoscerlo e ad accoglierlo nel profondo del vostro intimo. Egli vuole darvi le certezze a cui aspirate. Vuole parlarvi al cuore, in questa Pasqua: "Vi do la mia pace non come ve la dà il mondo".

Collaborate, cercando la pace con Dio, conseguenza del perseguire la giustizia nell'allontanamento dal peccato; la pace con il prossimo, frutto della carità diffusa mediante lo Spirito Santo; e pace con se stessi la pace della coscienza, che deriva dalla vittoria sulle passioni e sul male. Ricordate: "voi giovani e la pace camminate insieme"! La mia benedizione apostolica vi accompagni!

Data: 1986-03-22 Sabato 22 Marzo 1986





GPII 1986 Insegnamenti - Incontro ecumenico con olandesi - Città del Vaticano (Roma)