GPII 1986 Insegnamenti - A congressisti di oftalmologia - Città del Vaticano (Roma)

A congressisti di oftalmologia - Città del Vaticano (Roma)

Aiutare l'uomo a vedere le meraviglie della creazione


Signor presidente, signore e signori.


1. Il vostro desiderio di incontrare il Papa all'inizio di questo 25° Congresso internazionale d'oftalmologia mi tocca profondamente e mi dona la gioia di intrattenermi con uomini di cultura di primo ordine, medici e tecnici della medicina che operano nel mondo intero per la salute dell'uomo, più precisamente per proteggere la meravigliosa facoltà della vista che il Creatore gli ha dato.

Ringrazio vivamente il vostro presidente per le sue parole e per il suo generoso gesto d'omaggio. Sono felice di salutare allo stesso tempo monsignor Angelini, vicepresidente della Commissione Pontificia per la pastorale dei servizi della sanità.

Il vostro Congresso riveste una portata molto più importante quando ci si trova di fronte a dati contrastanti. Da un lato ci sono dei bisogni immensi in questo campo: si parla di 40 milioni di ciechi e questo numero rischia senza dubbio di aumentare notevolmente negli anni a venire se non si interviene con risoluzione in alcuni Paesi dove le malattie degli occhi si fanno più minacciose.

Dall'altro si ha l'impressione di disporre di possibilità nuove per agire efficacemente, e voi siete riuniti precisamente per realizzare fruttuosi scambi su queste esperienze di cure di cui voi siete gli autori, i cooperatori, i testimoni in modo da favorire la costruzione di programmi comuni d'intervento. Allo stesso tempo voi vorreste manifestare la vostra disponibilità e il vostro impegno a collaborare con coloro che hanno la responsabilità del bene comune e che possono dare maggiori mezzi al fine di ridurre le cause di sofferenza dell'uomo. Per tutte queste ragioni, come i miei predecessori Pio XII e Paolo VI, sono felice di portare i miei incoraggiamenti calorosi all'opera degli oftalmologi.


2. Si, nel corso degli ultimi decenni, in questo campo così delicato e così complesso della medicina, si è giunti a dei progressi sorprendenti. Le nuove tecniche permettono già di risolvere con una certa facilità e con sicurezza dei problemi che non molto tempo fa si consideravano insolubili. Essi favoriscono diagnosi precoci e trattamenti adeguati, efficaci nella misura in cui sono realizzati in tempo. Gli studi in corso si sforzano di conoscere sempre meglio ciò che si produce a scala cellulare e nel mondo dell'infinitamente piccolo delle molecole: diventerà così possibile fermare fin dalla loro apparizione molte malattie gravi incurabili oggi. E' in questo quadro che si inscrivono i due temi del vostro Congresso: i progressi tecnologici in oftalmologia e l'immunologia oculare.


3. Tutto questo progresso della scienza e della medicina nella vostra specializzazione, è fonte di una viva soddisfazione e opera di grandi speranze poiché si traduce nella volontà di offrire all'uomo un servizio autentico e benefico. Infatti, è il caso di sottolinearlo, il dono della vista è per l'uomo uno dei beni più preziosi. Gli permette di contemplare direttamente le bellezze della natura e di comunicare con le persone la cui anima si riflette sul viso e nello sguardo. Facilita, per mezzo della lettura, la partecipazione alla cultura che si esprime in gran parte nei libri e negli scritti di ogni specie, come anche i mezzi audiovisivi sempre più diffusi. Fornisce più ampi spazi all'autonomia personale e favorisce un inserimento normale nella vita della famiglia professionale e sociale.

Come negli altri campi della salute coloro che non hanno problemi di vista non si rendono sufficientemente conto di questo dono inaudito. Si comprende la sofferenza di coloro che sono danneggiati e minacciati in un organo così importante, il loro desiderio di trovare rimedio, una protezione, la speranza con la quale si rivolgono a coloro che possono dar loro un aiuto, un sollievo: la gioia e la riconoscenza con le quali accolgono i benefici che la scienza e la vostra arte sono in grado di offrire loro. E voi capite meglio degli altri la richiesta di coloro che temono una diminuzione o la perdita della possibilità di vedere, o che ne soffrono già; voi siete invitati a condividere la loro angoscia e le loro speranze.

Questa situazione vi avvicina a quella che Cristo ha vissuto e sentito sulle strade della Palestina dove i ciechi erano numerosi. A volte ha udito il loro grido pieno di fiducia, come quello del cieco di Gerico: "Signore, fa' che io riabbia la vista" (Lc 18,41). E Gesù si è fermato davanti a questo sconforto dandogli la guarigione con il potere che Dio Padre gli aveva dato come Figlio unico. Gesù ha chiesto agli uomini di fermarsi così davanti allo sconforto del prossimo o piuttosto di farsi prossimo attento ed efficace. E' il senso della parabola del buon samaritano: a differenza del prete e del levita egli vede in tutta la verità l'uomo che giace ferito, solo, abbandonato sul ciglio della strada (cfr Lc 10,30-37); riconoscendolo come un uomo nel bisogno, lo cura con tutti i poveri mezzi a sua disposizione, gli permette di riprendere una vita normale. E nel giorno del giudizio, Cristo riconoscerà come suoi discepoli coloro che avranno saputo accogliere e soccorrere i loro fratelli nel bisogno, specialmente i loro fratelli ammalati (cfr Mt 24,36).

Cristo e la Chiesa sulle orme di Cristo considerano con stima e incoraggiano tutto ciò che voi fate per curare le miserie di coloro che soffrono per malattie agli occhi. Grazie al genio inventivo che Dio ha donato all'uomo per conoscere la natura e più specialmente il corpo umano nella sua struttura estremamente complessa, il suo equilibrio delicato grazie anche alla solidarietà che unisce i sapienti nel mettere in comune le scoperte, voi avete nelle mani dei mezzi prodigiosi che corrispondono al piano d'amore di Dio per la sua creazione.

La vostra opera è benedetta da Dio. E l'umanità ve ne è riconoscente. In questo senso Pio XII esprimeva una gratitudine commossa ai partecipanti del 36° convegno italiano di oftalmologia, il 30 settembre del 1947: "Voi siete i benefattori insigni dell'umanità".


4. La scienza e la fede non si oppongono mai; non ho assolutamente bisogno d'insistere con voi. Il Concilio Vaticano II, nella costituzione "Gaudium et Spes" e il magistero l'hanno affermato a più riprese. L'esperienza degli scienziati e dei credenti e direi anche degli scienziati credenti lo manifesta tutti i giorni nel mondo moderno. La scienza e la fede, ciascuna con il proprio obiettivo e i metodi specifici, sono al servizio dell'uomo. Convergono verso il suo bene. Mi soffermo sulla necessità nella quale si trova la medicina oggi di restare ben salda alla centralità dell'uomo stesso, sulla persona. Ci sono infatti due scogli che si devono evitare. Da un lato la medicina ha dovuto accettare una specializzazione sempre più accentuata e diffusa; era legittimo, era una condizione del suo progresso, ed è proprio il caso dell'oftalmologia. Ma lo specialista non dovrà mai trascurare una visione integrale della persona che è un complesso insieme di corpo e di spirito.

D'altra parte l'organizzazione attuale dell'attività medica rischia spesso di compromettere il rapporto personale con il paziente, trasformandosi in un'assistenza anonima e burocratica, basata sulle pratiche. Ho già avuto l'occasione di evocare questi pericoli, invitando i medici a non dimenticare l'unità della persona e a umanizzare sempre più le prestazioni del loro servizio professionale (cfr. Discorso ai membri dell'Associazione medica mondiale, del 29 ottobre 1983). Gli oftalmologi nella loro attività specifica, si trovano in un certo senso in una situazione privilegiata per meglio neutralizzare i pericoli e affermare i valori di cui ho appena parlato. Essi sanno bene infatti che l'occhio è un po' lo specchio della persona: lo specchio del suo corpo certamente, poiché nell'occhio si manifestano numerose malattie infettive che colpiscono gli altri organi e le altre funzioni, lo specchio del suo spirito e della sua anima, poiché nell'occhio si riflettono e si esprimono i pensieri e i sentimenti del cuore.

Quindi comprendete meglio di altri, anche dal punto di vista antropologico, ciò che significa nelle relazioni quotidiane delle persone: guardarsi negli occhi, saper tuffare lo sguardo nella persona, vista da dentro, scoprire l'intima realtà psicologica e spirituale, stabilire con esso un contatto profondo e rispettoso.


5. Signore e signori permettetemi di prolungare questa riflessione umana, antropologica, in una prospettiva di fede, poiché la guarigione dell'occhio può essere altamente simbolica di una guarigione più fondamentale. Il Vangelo riporta numerosi casi di guarigione operati da Gesù sui ciechi. Ma tutti i miracoli realizzati da Gesù come segni della bontà di Dio che si avvicina all'uomo, segni di sollievo che Dio vuole per l'uomo, segni del regno messianico annunciato dai profeti dove "i ciechi vedono" (Mt 11,5 Lc 16,18) hanno sempre una portata spirituale; hanno anche l'avvio di un progresso più decisivo che riguarda tutto l'uomo, quando egli accoglie la fede. Per questo san Giovanni descrive a lungo la guarigione del cieco nato, poiché la guarigione fisica in quel caso è chiaramente associata alla guarigione spirituale, alla luce degli occhi si aggiunge quella della fede (Jn 9). Nel simbolismo della vista, Cristo svela il mistero della salvezza totale dell'uomo. La facoltà di "vedere" non riguarda soltanto il corpo ma anche e soprattutto lo spirito. Cristo ha spesso rimproverato ai farisei la loro cecità spirituale; si è lamentato di quelli che avevano gli occhi e non vedevano (cfr Mt 13,13). Egli è la luce vera che illumina il mondo (cfr Jn 1,5), e non teme di dire "Colui che mi segue non camminerà nelle tenebre" (Jn 8,12).

Dare a lui la propria fede, credere nella sua parola, alla sua buona novella è vedere il mondo in un altro modo, come lo vede Dio, è entrare in un mondo rinnovato. Una simile adesione di fede può sembrare ad alcuni scienziati un passo difficile: essa suppone non soltanto la conoscenza delle ragioni del credere e la buona volontà, ma anche l'assenso a ricevere da un Altro la luce che noi non possiamo donarci, essa suppone dunque la grazia di Dio, richiesta nella preghiera, e l'opera dello Spirito Santo e il ministero della Chiesa vi contribuiscono.

Così mentre la Chiesa continua l'opera di Cristo per comunicare, per mezzo della sua missione salvifica, la luce della fede a tutti coloro che vogliono accoglierla nel mondo intero, ai medici è riservato il compito di continuare l'azione di Cristo per proteggere gli occhi e ridonare la luce.

In questo senso il compito degli oftalmologi supera l'ambito puramente umanitario: essi collaborano, a modo loro, alla costruzione di un mondo nuovo. Con Cristo noi crediamo che questo mondo nuovo abbozzato qui con le guarigioni corporali e con quelle spirituali, troverà la sua piena realizzazione nell'aldilà, per mezzo della grazia di Dio. Allora l'uomo troverà finalmente la sua liberazione e la sua salvezza integrale; ogni sofferenza sparirà; non ci sarà neppure bisogno della luce del sole perché tutti saranno avvolti dalla luce di Dio e lo vedranno faccia a faccia (cfr Ap 22,5 1Co 13,12). Ogni progresso nella vista corrisponde al desiderio più profondo dell'uomo: vedere il meraviglioso mondo della creazione.

Prego Dio onnipotente, Dio di luce e di misericordia di illuminarvi e di sostenervi nei lavori del vostro Congresso, di rendere efficace la vostra ricerca e la vostra azione quotidiana al servizio di coloro che hanno problemi di vista.

Colmi delle sue benedizioni le vostre persone, le vostre famiglie e tutti coloro che vi sono cari.

Data: 1986-05-05 Lunedi 5 Maggio 1986




Alla Guardia Svizzera Pontificia - Città del Vaticano (Roma)

Fedeltà e servizio alla Chiesa e al Papa


Gesù conosceva il cuore dei suoi discepoli. Quando egli comincio a parlare loro della sua separazione e della sua salita al Padre, avverti come il loro cuore fosse colmo di tristezza. Poiché pero egli sapeva che solo la verità poteva guarire il loro dolore, disse loro molto chiaramente: "E' bene per voi che io me ne vada, poiché se io non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne saro andato, ve lo mandero". Solo quando Cristo ha portato a termine la sua vita come Figlio dell'Uomo ed è poi salito al cielo come Re e Signore può, dalla pienezza della Trinità di Dio, mandarci il dono dello Spirito Santo. Poiché lui è si andato via ma attraverso il Suo Spirito rimane colmo di forza e vivo, presente nella sua Chiesa. così egli guida e incoraggia i discepoli nel loro cammino attraverso i secoli. Mie care reclute! Anche voi siete andate via dai vostri parenti, amici e colleghi. Forse anche per qualcuno di voi qualche cuore si è riempito di tristezza e l'uno o l'altro può avere sentito pronunciare la difficile domanda: "Vale la pena, questo servizio presso le Guardie Svizzere papali nella lontana Roma?"; "Non vuoi tornare indietro con il tuo lavoro? Poi non sarà troppo tardi per formarti una famiglia?". Anch'io desidero dirvi la verità, verità della quale io sono profondamente convinto. Si, senza dubbio vale la pena prestare il vostro servizio, a una condizione: che voi intendiate questo capitolo della vostra vita come una nuova chiamata di Dio e destiniate le vostre forze a questa opera e alla comunità dei vostri colleghi. Poi, un giorno sarete nuovamente nella vostra Svizzera e guardandovi vi troverete maturati nel corpo e nello spirito, le vostre conoscenze della Chiesa e della società saranno cresciute e il vostro amore alla Chiesa e al suo più "alto" Pastore sarà diventato più profondo, realistico e saggio.

Il vostro servizio nella Guardia Svizzera vi permette di conoscere numerose persone e i motivi per i quali essi visitano Piazza san Pietro, il Vaticano, il salone delle udienze o la basilica di San Pietro: come per esempio curiosità, interesse artistico, "disposizione religiosa" o vera devozione cattolica. Nello stesso tempo è richiesta anche a voi una presa di posizione, cosa significa per voi personalmente prestare servizio qui, vicino alla tomba di Pietro, e perciò essere richiamati giornalmente alla testimonianza di fede degli apostoli riguardo la crocifissione e la risurrezione di Cristo. Il vostro servizio oggi è per il successore di questo Pietro, a cui è affidata, insieme agli altri vescovi e ai fedeli, la testimonianza di Cristo, nostro Salvatore. Voi non servite alcun centro di potere in senso terrestre, bensi il Centro dell'unità visibile della Chiesa, il cui garante è lo Spirito Santo stesso, lo Spirito del Signore risorto e salito al Padre. Se voi ritornerete alle vostre case e al vostro Paese con una tale, profonda fede, con un amore maturo alla Chiesa, sarete in grado di testimoniare anche là nelle vostre famiglie e con i vostri amici quei valori vissuti qui. così può crescere un nuovo legame con Roma, possono essere chiariti i malintesi riguardo i compiti del Papa, può essere messo in risalto "l'essenziale e il duraturo" della struttura ecclesiale. In questo modo potete prestare anche voi un importante contributo all'Unità della Chiesa e alla comprensione reciproca dei cristiani.

Vi ringrazio per il vostro "Si" al servizio nella Guardia Svizzera e vi auguro che questo sia occasione per un ampliamento della vostra formazione culturale e un approfondimento della vostra fede.

Anche a voi, cari genitori e parenti delle nuove reclute, va il mio ringraziamento per il vostro assenso a questo soggiorno temporaneo dei vostri figli e fratelli in questo luogo centrale della Chiesa, dove la loro vita diventa certo più intensa, varia e visibile che altrove. Un primo frutto di questa decisione è il nostro incontro odierno a questa cerimonia eucaristica. Il Signore vi doni, da questo incontro delle vostre famiglie con la Santa Sede, altri frutti spirituali.

Giovani membri della Guardia Svizzera di lingua francese, e voi loro cari genitori e amici! Il Vangelo di oggi ci orienta verso il mistero dell'Ascensione del Signore Gesù. E' la separazione del Maestro dai discepoli.

Separazione apparente, perché nei riguardi della fede Gesù rimane presente fino alla fine dei tempi. Con Cristo è il Padre e lo Spirito Santo, la Trinità intera, che accompagna i credenti amandoli e mantenendoli nella pace.

Cari amici, la nostra vita umana comporta necessariamente delle separazioni. Esse non sono senza sofferenza per coloro che partono come per coloro che restano. Ma il Signore è sempre con noi. Ho voluto sottolinearlo in questo giorno in cui figli e genitori prendono la misura della loro lontananza quotidiana o in ogni caso frequente. A voi cari giovani che avete liberamente scelto di servire il Papa e "la Chiesa nel suo centro" per qualche hanno, esprimo i miei saluti calorosi. Possa il tempo della vostra missione al Vaticano contribuire al buono svolgimento del mio servizio pastorale per mezzo della puntualità del vostro servizio di guardia, la cortesia della vostra accoglienza, la dignità della vostra presenza alle cerimonie. Vi auguro di fare una nuova esperienza di fraternità fra i giovani, di arricchire la vostra cultura umana e religiosa nei giorni e nelle circostanze che a Roma ritmano la vita della Chiesa. Auguro ardentemente che la vostra fede si affranchi nel corso del vostro soggiorno romano.

A voi cari genitori di queste giovani reclute, dico un grazie dal fondo del cuore per aver condiviso e favorito il progetto dei vostri figli al servizio della Chiesa. Che il Signore vi ricompensi! Per questo invoco sulle vostre persone, sui vostri figli che rimarranno qui, su tutti i membri delle vostre famiglie abbondanti grazie di luce e di forza divine.

Data: 1986-05-06 Martedi 6 Maggio 1986




Saluto alla cittadinanza da Piazza della Vittoria - Forli

Dalle vostre tradizioni fiorisca la civiltà nuova dell'amore


Signor ministro, signor sindaco, fratelli e sorelle di Forli.


1. Lieto di essere venuto tra voi, voglio esprimere subito a tutti e a ciascuno il mio cordiale saluto. Ringrazio sentitamente il signor ministro Giovanni Spadolini, che mi ha portato il benvenuto a nome del Governo italiano, e ringrazio altresi il signor sindaco, che mi ha parlato a nome di tutta la cittadinanza forlivese. Sento perciò il bisogno di esprimere il mio vivo ringraziamento anche a tutti i presenti, accorsi in questa piazza da vicino e da lontano, e a quanti in questo momento sono in ascolto per mezzo della radio o della televisione.

Il vostro sincero entusiasmo è di per se stesso un segno assai eloquente del fatto che tanta acqua è passata sotto i ponti della storia, con il suo immancabile incrocio di luci e di ombre. Bisogna risalire a 129 anni fa per ritrovare la visita di un altro Papa in Romagna e nella città di Forli, e precisamente a Pio IX, l'ultimo Pontefice dello Stato Pontificio. Da allora la situazione politica è profondamente mutata, ed è stata come tale ufficialmente riconosciuta dalla Chiesa. Oggi io vengo a voi, come sono andato in altre parti d'Italia e del mondo, in pellegrinaggio pastorale, col solo fine cioè di portare avanti la missione eminentemente spirituale della Chiesa.

La vostra calorosa accoglienza dice senza bisogno d'altri commenti che voi, cittadini forlivesi, siete animati dal proposito di ricevere il messaggero e rappresentante di Gesù, Salvatore dell'uomo.


2. E' stata questa mia intima convinzione a spingermi ad accogliere senza esitazioni l'invito rivoltomi dai vescovi di venire in questa dolce e solatia terra di Romagna, dando inizio alla mia visita in questa vostra operosa città che, sorta lungo l'asse d'una grande strada di comunicazione, la via Emilia, aperta dal genio e dalla civiltà romana, nello stesso nome porta il segno della sua origine.

Non è senza significato che il mio itinerario di "pellegrino apostolico" abbia la sua prima tappa nella città di Forli, felicemente definita da Dante, che vi dimoro, il centro ("meditullium"), inteso in senso geografico e linguistico, di tutta la provincia ("De vulgari eloquentia", I, 14,3). Nella Forli municipio romano giunse l'annuncio del Vangelo e si organizzo la Chiesa, che ebbe poi a suo simbolo e memoria il vescovo san Mercuriale. Le strutture ecclesiastiche si svilupparono nell'altomedioevo e maturarono nel periodo delle libertà comunali, quando Forli acquista una coscienza cittadina grazie al culto dei suoi santi patroni, assunti a difesa delle autonomie cittadine. Si erigono nuove chiese e ospedali, sono ricostruite l'antica chiesa e l'abbazia di San Mercuriale distrutte da un incendio, è innalzata l'"alta turris", il campanile slanciato verso il cielo, che si può dire l'emblema della vostra città. Forli si arricchisce di nuovi ordini e di nuovi santi, tra i quali san Pellegrino Laziosi, tanto caro alla devozione dei Forlivesi.

In questa vostra pietà cittadina primeggia, a giusto titolo, la devozione verso la Madonna, venerata sotto il titolo di Madonna del fuoco. Dal giorno in cui la sua immagine fu prodigiosamente salvaguardata dalle fiamme dell'incendio nel lontano 1428, la vostra storia è legata alla sua storia, e il cuore di ogni forlivese, vicino e lontano, si commuove al suo nome e la invoca protettrice della città. Voi avete ricevuto una grande eredità, religiosa e civile, ricca di umanità e di profonde aspirazioni alla libertà. Essa deve spingere i forlivesi di oggi a lavorare per un futuro di ideali, dove la dignità dell'uomo sia unita ai valori trascendenti, per dare luogo a un altro risorgimento umano e cristiano, in cui fiorisca la civiltà nuova dell'amore. E' questo l'invito che giunge anche dal Monumento ai caduti, ai piedi del quale ho deposto al mio arrivo una corona di fiori.


3. Ripercorrendo il cammino della storia è sempre utile una pausa di controllo per rivedere le tappe effettuate, procedere alle indispensabili correzioni di rotta e riprendere la marcia con lena rinnovata. Io voglio augurarmi che questa visita tra di voi offra a molti l'occasione di un ripensamento capace di risvegliare energie valide ad aprire solchi per la seminagione di un migliore avvenire.

In questa nostra epoca di trasformazioni senza precedenti, in una regione come la vostra, considerata tradizionalmente una terra prospera e felice, a elevata produzione, è necessario fare il punto della situazione e avere il coraggio di una verifica. Ebbene, ho notato con vivo interesse che i vescovi dell'Emilia-Romagna, in una loro recente lettera collegiale, hanno dato il via all'elaborazione di una piattaforma ricca di elementi di riflessione.

La vostra antica tradizione imbevuta di sincero cristianesimo, se riscoperta e approfondita, la laboriosità tradizionale della gente romagnola e il senso radicato della famiglia possono ridiventare uno sprone per una ripresa di più ampio e più vero respiro.


4. Per parte sua la Chiesa, comunità dei figli di Dio, oggi è più che mai consapevole del suo impegno di restare accanto a ogni essere umano per aiutarlo a raggiungere la sua dignità. E' recente il documento sulla "Libertà cristiana e la liberazione" che, richiamando il comandamento supremo dell'amore di Dio e del prossimo, ripropone un insieme di principi di riflessione e di criteri di giudizio, che contribuiscono alla realizzazione del vero bene degli uomini.

Fratelli e sorelle di Forli, voi avete nel tesoro della vostra storia l'esperienza dei santi e gli esempi concreti di tante opere al servizio del prossimo. Siano essi per voi luce e stimolo per le iniziative che al giorno d'oggi s'impongono. Lo stemma di questa città, nel quale l'aquila ghibellina si accompagna agli scudi guelfi, per indicare simbolicamente che la fedeltà verso le istituzioni dell'ordine civile non deve disgiungersi dalla fedeltà alla memoria delle tradizioni cristiane, sia per tutti voi sprone a un solidale impegno per costruire una società degna dell'uomo, chiamato ad essere figlio di Dio.

A tutti il mio augurio più cordiale e il mio benedicente saluto.

Data: 1986-05-08 Giovedi 8 Maggio 1986




Recita del Regina Coeli dalla Cattedrale - Forli

Maria assista questo itinerario sacramentale


Cari fratelli e sorelle!


1. Da poco giunto in terra di Romagna, sono lieto di poter recitare la preghiera mariana "Regina Coeli" in questa piazza, che costituisce un ideale punto di riferimento religioso, storico e artistico di questa illustre Città, posta sotto la protezione della Madonna del fuoco, la cui immagine dall'alto della colonna non cessa di vegliare e di intercedere per il popolo forlivese.

Vedo con piacere raccolti ai piedi della Madonna i ragazzi e le ragazze delle scuole, i quali hanno voluto prendere parte a questo incontro per rendere a lei un omaggio floreale. Bravi, carissimi fanciulli e fanciulle! Voi portate alla Vergine Santa l'entusiasmo dei vostri giovani cuori e il profumo delle vostre buone azioni, ben simboleggiate dai fiori che tenete in mano. Resti questo gesto come un impegno anche per il vostro domani. Amate la Madonna sempre più e continuate, soprattutto in questo mese di maggio, a recare fiori spirituali alla sua sacra Effige che da quando rimase miracolosamente illesa nel furioso incendio, è diventata per ogni forlivese patrona e custode delle sorti della Città e dei suoi abitanti. Oggi è anche la festa della Madonna di Pompei, una devozione tanto cara a tutti gli Italiani, legata in maniera particolare alla preghiera del Rosario. Esprimo un affettuoso saluto a tutti i presenti e rivolgo uno speciale pensiero agli ammalati e alle religiose claustrali, che tra pochi istanti salutero nella Cattedrale e alle preghiere dei quali raccomando il buon esito di questa mia visita pastorale.


2. La Madonna sia per tutti voi, cari Forlivesi, la buona stella nel cammino della vita; sia la guida di quanti sono solleciti del vero bene e del vero progresso di questa Città; illumini e sostenga coloro che si impegnano a vivere con coerenza gli ideali cristiani; ispiri le nuove generazioni nello sforzo di conseguire i grandi traguardi del messaggio evangelico; faccia sentire ai lavoratori la preziosità della loro opera e quanto la Chiesa sia loro vicina, faccia fiorire in ogni focolare la gioia, la concordia e la pace; sia il conforto, la speranza e l'aiuto di quanti sono afflitti.

Preghiamo Maria santissima, cari Forlivesi, perché conceda a tutti la serenità, la fortezza e la bontà; perché faccia risplendere sul volto di ogni uomo e di ogni donna la luce redentrice del Cristo Risorto.


3. Davanti a questa sacra Effige vennero a pregare Pio VI (7 marzo 1782) in viaggio alla volta di Vienna; Pio VII (15 aprile 1814), reduce dalla prigionia in Francia sotto Napoleone; Pio IX (5 giugno 1857) durante la sua visita alle terre allora "pontificie". E oggi la Provvidenza ha dato a me questa significativa possibilità, di iniziare da qui la mia visita. Voglia, la Regina del cielo, assistere questo itinerario pastorale, in cui avro la gioia di amministrare alcuni Sacramenti istituiti dal Nostro Signore Gesù Cristo per la salvezza del suo popolo. Qui a Forli conferiro nel pomeriggio il sacramento del Battesimo a sette neonati, e richiamero l'attenzione sull'importanza di questo sacramento, che ci eleva alla dignità di figli di Dio. In seguito amministrero la prima Comunione a Cesena, la Cresima a Imola, il matrimonio a Faenza. A Ravenna mi incontrero con i candidati al sacerdozio: sarà perciò, questa mia visita, un itinerario sacramentale, un cammino inteso a promuovere la pastorale dei Sacramenti, tanto raccomandata dalla riforma liturgica; e mi auguro che essa varrà a stimolare una migliore comprensione delle ricchezze di grazia contenute nei Sacramenti, spingendo a riceverli con più fervore e a tradurne nella vita l'intimo dinamismo.

Invoco per voi dalla Madonna la gioia pasquale, auspicando che la grazia di Cristo Signore "frutto benedetto del suo seno", susciti in tutti voi una maggiore coscienza del grande onore di essere cristiani, e dell'impegno che ne deriva a una coerente condotta di vita nella realtà misteriosa e ineffabile della Chiesa, di cui la Madonna è Madre e Regina.

Data: 1986-05-08 Giovedi 8 Maggio 1986




All'amministrazione al Battesimo - Piazza Saffi (Forli)

Il battesimo è l'inizio della nostra vita in Cristo



1. "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra" (Mt 28,18). Ricorre oggi il giorno in cui Cristo (secondo il Vangelo di Matteo) ha pronunziato queste parole.

E' il 40° giorno dopo la risurrezione. Il giorno in cui la nuova Vita in Cristo rivela la sua dimensione sovraterrestre, oltre il tempo: il giorno dell'Ascensione. In questo sacro giorno si è rivelato pure il definitivo "potere" cioè la potenza propria del Risorto. E' il "potere in cielo e in terra". Cristo possiede questo potere, questa potenza, eternamente, come Figlio della stessa sostanza del Padre: Dio da Dio, Gesù di Nazaret come uomo ha conquistato questo potere col prezzo della sua croce, della sua passione e morte, potere che deriva dalla potenza della redenzione.


2. Nel nome di questo potere Cristo dà agli apostoli il suo ultimo comando sulla terra: "Andate... e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,19-20). E' il mandato missionario: "il Padre ha mandato me... io mando voi" (cfr Jn 20,21).

Nell'ascoltare oggi queste parole, piene della potenza della redenzione di Cristo, il nostro pensiero torna a quei Dodici che le ascoltarono la prima volta. E, nello stesso tempo, non possiamo separare questo mandato missionario del giorno dell'Ascensione da tutto ciò che ne è derivato nella storia dell'umanità, nella storia delle nazioni e dei popoli.

Dalle parole di Cristo il nostro pensiero passa a questa regione d'Italia, e a questa prima città che incontro nel mio pellegrinaggio in Romagna e dove siamo riuniti per celebrare l'Eucaristia.

In Italia la "buona novella" arrivo prima ancora della venuta dei Santi Pietro e Paolo. Da Roma, poi, dove i due apostoli sacrificarono la vita per dare testimonianza alla risurrezione e alla divinità di Cristo, il Vangelo s'irradio rapidamente. Giunse qui, in Romagna, fin dai primi anni della sua storia e diede una fioritura di santi oggi venerati in tutta la Chiesa.


3. Se oggi noi ci incontriamo qui, in comunità eucaristica, ciò avviene perché le parole di Cristo nel giorno dell'Ascensione "sono diventate carne" nella storia di questo paese e di questo popolo. In questa piazza dominata dal poderoso campanile di San Mercuriale, che s'innalza come richiamo alla "dimensione verticale" della vita e che è simbolo religioso e civile di questa città, vi saluto cordialmente come Vescovo di Roma e successore di Pietro, nel nome di questa potenza salvifica che è contenuta nelle parole di Cristo risorto. Vi saluto nel nome di Cristo stesso che è con noi "fino alla fine del mondo nel nome del battesimo che oltre 19 secoli fa hanno ricevuto qui i vostri antenati e ricevono le generazioni che si rinnovano fino ai nostri tempi, sottoponendosi alla potenza salvifica di Cristo crocifisso e risorto, al quale "è stato dato ogni potere in cielo e in terra".

Saluto il vescovo, mons. Giovanni Proni, che con tanto zelo guida la Chiesa di Forli e Bertinoro. Saluto i sacerdoti, che in nome del Signore svolgono l'opera assidua di evangelizzazione; i religiosi e le religiose, che al Signore hanno generosamente consacrato tutta la loro vita con i consigli evangelici.

Saluto gli uomini e le donne del volontariato della Romagna - giovani, professionisti, operai - che spontaneamente e concretamente offrono parte del loro tempo libero a servizio della Chiesa, specie dei fratelli infermi. Saluto tutti i laici impegnati nel vivere la loro fede, e che rendono testimonianza alle tradizioni religiose di questa terra, perché vogliano rimanere fedeli. Saluto tutti gli abitanti di Forli e Bertinoro, privilegiati da Dio fin dai primordi della diffusione della Chiesa, e auguro a ciascuno di riscoprire ogni giorno di più la ricchezza insondabile del dono ricevuto.


4. La prima lettura dell'odierna liturgia ci ricorda coloro che per primi hanno ricevuto il battesimo dalle mani di Pietro e degli apostoli nel giorno di Pentecoste a Gerusalemme. E' il giorno in cui è nata la Chiesa. Come il bambino lascia il seno della madre e appare nel mondo esterno, così si è rivelata la Chiesa nel giorno della Pentecoste. Gli apostoli sono usciti dal cenacolo e, subito, rafforzati dallo Spirito di Verità, hanno incominciato a rendere testimonianza a Gerusalemme davanti agli abitanti e agli stranieri giunti da diverse pani. "Sappia dunque con certezza tutta la casa di Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso!". Sono coraggiose queste parole. E, ad un tempo, piene di potenza efficace. Suscitano una sollecitudine salvifica nelle persone là riunite: "All'udir tutto questo - leggiamo - si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: "Che cosa dobbiamo fare, fratelli?"". Pietro risponde: "Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati; dopo riceverete il dono dello Spirito Santo. Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro" (Ac 2,36-39).


5. "Per tutti quelli che sono lontani... per i vostri figli...". Oggi queste parole dell'apostolo giungono qui, in questo luogo dove siete riuniti voi, cari fratelli e sorelle, con il successore di Pietro. In questa particolare circostanza si è voluto abbinare la venuta del Vescovo di Roma, segno visibile e fonte di unità per la Chiesa intera diffusa nel mondo, con una cerimonia di amministrazione solenne del santo battesimo.


6. Attraverso il rito del battesimo, che è il primo dei Sacramenti di salvezza istituiti da Gesù, la persona umana viene incorporata a Cristo e unita alla famiglia del Dio vivente. San Paolo ci ripete oggi quanto scriveva ai cristiani di Roma del suo tempo: "Non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte? Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova, se infatti siamo stati completamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione" (Rm 6,3-5). Con queste parole, l'apostolo ci fa sapere che il battesimo è figura ed espressione della passione di Cristo. Col battesimo, infatti, siamo immersi nella morte di Cristo, lavati dalle lordure del peccato, introdotti alla vita nuova della risurrezione, divenuti templi viventi dello Spirito. Attraverso il battesimo, siamo anche incorporati alla Chiesa, la comunità di Cristo Signore, creata e alimentata dall'amore, comunità di fede e di vita nuova, che ci accompagna sempre, ci sostiene nelle debolezze perché, non più schiavi del più grande dei mali che è il peccato, possiamo vivere in pienezza la libertà di figli di Dio.


7. L'odierna cerimonia di battesimo è inserita nel programma della mia visita in mezzo a voi, con l'intento di ricordarci il fondamento della vita cristiana. Gesù, ucciso dagli uomini, è risuscitato da Dio. Divenuto pietra angolare, fuori di lui non può esserci possibilità di salvezza. Ogni uomo, invece, che viene innestato nella sua vita, anche se morto, risusciterà. Risorgerà col corpo fisico in un giorno di cui a noi non è dato prevedere il termine. Ma risorge subito nel battesimo, col divenire realmente figlio di Dio, e può ripetere questo mistero di risurrezione dopo la disavventura della colpa ogni volta che, attraverso il sacramento della riconciliazione, ricevuto con le necessarie disposizioni, si reinserisce in Colui che ha detto: "Io sono la Vita".


8. Torniamo ancora una volta alle parole di Cristo del giorno dell'Ascensione: "Andate... ammaestrate". Nella seconda lettura troviamo un'eco sconvolgente di questa chiamata. Essa risuona nella lettera di Paolo apostolo, si sprigiona per così dire dal profondo della sua anima. L'apostolo scrive: "Non è infatti per me un vanto predicare il vangelo; è per me un dovere: guai a me se non predicassi il vangelo!" (1Co 9,16).

Perché "guai"? Ecco la risposta: "Se lo faccio di mia iniziativa, ho diritto alla ricompensa, ma se non lo faccio di mia iniziativa, è un incarico che mi è stato affidato" (1Co 9,17). perciò, "guai" se non predicassi, se non realizzassi l'opera del Vangelo, perché in questa missione e in questo servizio è racchiusa la potenza della redenzione e di Cristo. Il prezzo che il Figlio di Dio ha pagato per l'uomo: siamo stati comprati a caro prezzo (cfr 1Co 6,20 1Co 7,23).

Queste parole penetranti che si sprigionano dal profondo dell'anima dell'apostolo dei Gentili dicono quanto grande è il "potere" di Cristo crocifisso e risorto; in che cosa esso sostanzialmente consiste. Queste parole non cessano di rendere testimonianza alla potenza del mandato apostolico del giorno dell'Ascensione. Non cessano neppure di interpellare gli amministratori, che si rinnovano continuamente, del Vangelo e del Battesimo. Anche qui in questa vostra terra. Come è noto, infatti, colui che scrisse tali parole ai Corinzi, è stato in terra italiana, ha dato la sua vita, insieme con Pietro, per Cristo e per il Vangelo a Roma.


9. "Qual è dunque la mia ricompensa?" chiede. "Quella di predicare gratuitamente il vangelo". Ecco, questa: di essermi fatto "servo di tutti", anzi, "mi sono fatto tutto a tutti... per guadagnare il maggior numero"... Tutto io faccio per il Vangelo" (1Co 9,18-23).

Vi è nel Vangelo una particolare potenza di trasformazione dell'uomo. Vi è in esso una particolare forza di dedizione disinteressata agli altri sull'esempio di Cristo. Da esso nasce ciò che è più nobile nell'uomo. Ciò che fa la vita umana pienamente degna dell'uomo. Ciò per cui veramente vale la pena di vivere.

"Che cosa, infatti, potrebbe mai dare un uomo in cambio della propria anima?" (Mc 8,37). E' la domanda che occorre porsi sempre di nuovo. Tale domanda è particolarmente necessaria per la generazione contemporanea, la quale forse più che mai è minacciata dalla perdita del vero senso della vita. La minaccia viene dal pericolo di ridurre "in spiccioli" questo grande senso. Il Vangelo è un costante richiamo alla vita secondo questo grande senso che Cristo ha portato all'uomo. Il Battesimo è un sacramento di una tale vita. E' il suo inizio. "Non sapete che nelle corse allo stadio tutti corrono... per ottenere una corona corruttibile, noi invece una incorruttibile?... Correte anche voi in modo da conquistarlo!" (1Co 9,24-25). così scrive san Paolo ai Corinzi, e tutte le sue parole sono un'eco di questa potenza di Cristo crocifisso e risorto, la quale non cessa di operare nella storia dell'uomo. "Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20).

[Al termine della concelebrazione:] Carissimi fratelli e sorelle di Forli, ringraziamo tutti il Signore per questo meraviglioso incontro che ci è stato dato oggi, 40° giorno dopo la risurrezione del Signore, il giorno della sua Ascensione. Abbiamo celebrato insieme l'Eucaristia, abbiamo potuto vivere tutti insieme, nella grande comunità della città e della diocesi, la nascita alla vita soprannaturale dei nuovi cristiani, la gioia dei loro genitori, padrini e madrine e la gioia di tutta la Chiesa, di tutta la comunità cristiana. Noi viviamo con questa gioia che ci è data oggi come dono. Io vi ringrazio per tutta la vostra buona accoglienza, per tutta la magnifica preparazione e per la profonda partecipazione a questi misteri sacramentali che ci danno un'espressione specificamente cristiana ed ecclesiale. Ringrazio tutti i presenti, tutti i cittadini di Forli, le autorità, il vostro vescovo, il presbiterio, includendo in questi ringraziamenti non solamente la Chiesa di Forli, ma anche quella di Bertinoro unita nella stessa persona del vescovo. Ringrazio tutti i presenti. In modo speciale ringrazio i giovani che hanno portato a questa comune celebrazione la testimonianza della loro giovinezza spirituale e auguro questa giovinezza spirituale a tutti i cristiani e a tutti i cittadini di quest'antica Chiesa di Forli, specialmente agli anziani e ai sofferenti. Carissimi non possiamo mai essere stanchi, perché Cristo, che porta la croce, Cristo crocifisso, Cristo risorto, è sempre giovane, e sempre davanti. Allora camminiamo seguendo Cristo Gesù. Sia lodato il suo santo Nome.

Data: 1986-05-08 Giovedi 8 Maggio 1986





GPII 1986 Insegnamenti - A congressisti di oftalmologia - Città del Vaticano (Roma)