GPII 1986 Insegnamenti - Durante la messa al Parco Simon Bolivar - Bogota (Colombia)

Durante la messa al Parco Simon Bolivar - Bogota (Colombia)

Senza tregua lungo i cammini della pace


Cari fratelli e sorelle.


1. La lettura del profeta Isaia, che abbiamo ascoltato, ci invita a seguire le orme di Dio che ci salva; di Dio che rivela i suoi disegni di salvezza fino ai limiti della terra; del Signore che riversa a piene mani le sue benedizioni su tutti gli uomini e su tutte le nazioni. Oggi, in questo luogo, si sta adempiendo in mezzo a noi questa profezia, che è annuncio di salvezza e di pace. Vi invito pertanto a partecipare all'azione liturgica più santa e solenne che la misericordia di Dio ci offre: la celebrazione dell'eucaristia. Gesù risorto, pane di vita e principe della pace, si fa presente tra noi e fa presente il suo mistero pasquale, per dirci ancora una volta, ma sempre con lo stesso amore: "Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi" (Jn 14,27). Le parole di Gesù, la sua presenza reale nel sacramento eucaristico che stiamo celebrando su questo altare su cui palpita in questo momento il cuore della Colombia, inondano di luce i nostri cuori perché apprezziamo sempre più e trasformiamo in ispirazione della nostra vita i beni che Cristo ci ha lasciato: la sua eredità di pace! In questo giorno, in cui ci siamo riuniti nel parco "Simon Bolivar" per celebrare l'Eucaristia, rendo grazie a Dio, assieme a tutti voi, diletti figli e figlie della Colombia, per il dono della salvezza cristiana, che la vostra terra ha ricevuto ormai da quasi cinque secoli.


2. Come pellegrino di pace, saluto con speciale affetto i miei confratelli dell'episcopato, i vescovi della Colombia e i vescovi rappresentanti degli episcopati dell'America latina, che partecipano alla riunione di coordinamento del Celam. Saluto pure i diletti sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli delle province ecclesiastiche di Bogota e Ibagué; le diocesi di Espinal, Facatativa, Garzon, Girardot, Neiva, Villavicencio e Zipaquira. Il mio particolare affetto è rivolto ai malati presenti in questa nostra celebrazione. Attraverso il dolore voi vi avvicinate in modo particolare al sacrificio di Cristo. Sui sentieri della Colombia che inizio ora a percorrere, desidero essere per voi il messaggero dei beni messianici di salvezza e, concretamente, del dono per eccellenza: la pace. La pace che Cristo ci promette e ci comunica è "la salvezza del nostro Dio" (Is 52,10). La grazia del battesimo ci rende conformi a Cristo, ci fa simili a lui, ci riveste di lui, fino a partecipare alla sua stessa filiazione divina, come ci ha insegnato san Paolo: "Tutti voi infatti siete figli di Dio per la fede in Cristo Gesù, poiché quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti in Cristo" (Ga 3,26-27) e se tutti siamo figli di Dio, fratelli di Cristo Gesù, per aver ricevuto lo stesso battesimo e lo stesso Spirito, e per aver partecipato allo stesso "pane di vita" (Jn 6,48), non è vero che la pace deve essere una realtà in tutti i cuori, in tutte le vostre famiglie e in tutta la vostra patria?


3. La salvezza che Dio stesso, Padre, Figlio e Spirito Santo, offre all'umanità in Gesù Cristo redentore è una vita nuova, che è la misura e la caratteristica dei figli adottivi di Dio. E' la partecipazione, mediante la grazia santificante, alla filiazione divina di Cristo, Figlio di Dio fatto uomo per noi. Infatti, incarnandosi nel seno della vergine Maria, il Figlio di Dio, "si è unito in certo modo a ogni uomo" (GS 22). Con la forza dello Spirito, che ci ha trasmesso Gesù, morto e risorto, dopo il suo ritorno al Padre, Gesù stesso vuole estendere a tutti e a ciascuno il dono di questa filiazione divina, che è la grazia per la nostra natura umana e il fondamento della pace personale e sociale.

In questo modo partecipiamo alla missione della chiesa che è "sacramento universale di salvezza" (LG 48) e "il cuore dell'uomo" (DEV 67). Anche noi siamo "rivestiti di Cristo" (Ga 3,27), dato che con il battesimo siamo stati trasformati in sua immagine e partecipiamo della filiazione divina. Cristo unisce fraternamente in sé quanti ricevono la sua vita divina. I diversi doni che riceviamo da Dio, sono per servire meglio tutti gli altri fratelli. L'economia della fede implica una liberazione contrapposta a ogni forma di discriminazione. L'immagine, presentata da san Paolo, del nuovo essere cristiano "rivestito di Cristo" tende a superare ogni tipo di discriminazione umana. Infatti, tutto ciò che divide e separa artificialmente gli uomini, ad esempio l'ingiusta distribuzione dei beni o la lotta di classe, non appartiene al nuovo essere cristiano. Con il battesimo "apparteniamo a Cristo" e, per ciò stesso, ci facciamo "eredi di Dio". Questo bene dell'eredità divina è il bene della salvezza, realizzato incessantemente in voi dallo Spirito Santo, operatore della grazia e della vita eterna. Per questo Gesù Cristo chiamo lo Spirito Santo "Paràclito" cioè "consolatore", "intercessore", "avvocato". La pace che Gesù ci dà è fondata su questo dono che trasforma l'uomo e la società a partire dal cuore dell'uomo stesso. E' il dono che, "mediante il mistero pasquale, in un modo nuovo viene dato agli apostoli e alla chiesa e, per mezzo di essi, all'umanità e al mondo intero" (DEV 23).


4. Durante l'ultima cena, che stiamo commemorando, Gesù, nel prometterci in eredità la sua pace e la sua salvezza, ci ha indicato il requisito cui dobbiamo rispondere da parte nostra: l'amore. Questo amore è un suo dono ed è anche collaborazione nostra. In realtà è il frutto dello Spirito Santo inviato da Gesù da parte del Padre. Ascoltiamo le parole del Signore che ora ripete per ciascuno di noi: "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui... lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli vi insegnerà ogni cosa" (Jn 14,23-26).

Si, amatissimi fratelli, il bene della salvezza - che è pace, grazia e perdono - scaturisce, come da fonte inesauribile, da questo abitare di Dio in noi attraverso l'amore. Il "dolce ospite dell'anima", inondando i cuori con la sua grazia e col suo amore, anticipa già in essi il principio della vita eterna, che consiste nella pace duratura nelle persone, nelle famiglie e nei popoli. La vita eterna, infatti, è la presenza felice e la permanenza dell'uomo in Dio mediante l'amore. A questa vita eterna siamo chiamati in Gesù Cristo, ad essa ci conduce interiormente lo Spirito Santo Paraclito mediante la sua azione santificante.


5. Nella mia recente enciclica sullo Spirito Santo (n. 67), invito tutti a pregare per la pace e a costruire la pace: "La pace è frutto dell'amore: quella pace interiore, che l'uomo affaticato cerca nell'intimo del suo essere, quella pace chiesta dall'umanità, dalla famiglia umana, dai popoli, dalle nazioni, dai continenti, con una trepida speranza di ottenerla nella prospettiva del passaggio dal secondo al terzo millennio cristiano". così, dunque, "la salvezza del nostro Dio" in tutti i confini della terra, tra tutti i popoli e le culture, si realizza mediante il cuore pacificato dell'uomo. Allora partecipa di questa pace e salvezza tutta la comunità degli uomini, in primo luogo la famiglia, la quale ha un ruolo primario e insostituibile nell'opera della salvezza donata da Dio in Gesù Cristo all'umanità intera. La famiglia è allora evangelizzata ed evangelizzatrice, riceve la pace e trasmette la pace. "Per questo la famiglia riceve la missione di custodire, rivelare e comunicare l'amore, quale riflesso vivo e reale partecipazione dell'amore di Dio per l'umanità e dell'amore di Cristo Signore per la chiesa sua sposa" (FC 17). Nella mia sollecitudine pastorale per tutta la chiesa non ho cessato di porre in rilievo il posto che occupa la famiglia come fondamento della società umana e cristiana, dalla cui unità, fedeltà e fecondità dipendono la stabilità e la pace dei popoli. La Colombia non può rinunciare alla sua tradizione di rispetto e di fermo sostegno ai valori che, coltivati nel nucleo familiare, costituiscono un fattore molto significativo nello sviluppo morale delle sue relazioni sociali e formano il tessuto di una società che vuol essere saldamente umana e cristiana.

So che i vostri pastori vi hanno messo ripetute volte in guardia contro i pericoli cui oggi è esposta la famiglia. Mi unisco a loro in questa urgente e nobile missione pastorale di fornire alla famiglia una formazione adeguata perché sia operatrice insostibuibile di evangelizzazione e base della solidarietà della pace nella società. Rendiamo grazie a Dio perché "ci sono famiglie, vere chiese domestiche" che vivono la fede, educando a essa i loro figli e dando il buon esempio di amore, mutua comprensione e irradiazione di amore verso il prossimo nella parrocchia e nella diocesi" (Puebla, 94). Si! "la famiglia cristiana è il primo centro di evangelizzazione" (Puebla, 617) ed è anche "una scuola di umanità più ricca" (GS 52) e, come tale, è inesauribile risorsa di vocazioni cristiane e formatrice di uomini e donne costruttori della giustizia e della pace universale nell'amore di Cristo.


6. L'America Latina è amante della pace. Sa che questo dono supremo è condizione indispensabile per il suo progresso. Ma, al contempo, è cosciente dei numerosi pericoli che minacciano una pace stabile: "Basti pensare alla corsa agli armamenti e al pericolo, in essa insito, di un'autodistruzione nucleare. D'altra parte si è rivelata sempre più a tutti la grave situazione di vaste regioni del nostro pianeta, segnate dall'indigenza e dalla fame apportatrici di morte" (DEV 57). Se ogni cristiano e ogni comunità ecclesiale si trasformeranno in ardenti messaggeri di pace, questa sarebbe presto una realtà nella comunità umana.

Colombiani tutti: perché non fare di questo serio impegno per la pace un frutto della visita del papa nel vostro paese? Vorrei poter applicare a ciascuno di quanti sono qui presenti e a tutti coloro che mi ascoltano, le parole del profeta Isaia: "Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunzi che annuncia la pace, messaggero di bene che annuncia la salvezza, che dice a Sion: "Regna il tuo Dio"" (Is 52,7). La buona novella di questo regno di Dio è un messaggio di libertà: Dio ha liberato il suo popolo. E per questo ci saranno sempre apostoli e missionari che annunciano al popolo della nuova alleanza la venuta e la presenza del regno.

Questi "messaggeri" proclamano la verità rivelata su Dio, sul mondo e sull'uomo, alla luce del messaggio di Gesù crocifisso e risorto, per quanto il suo messaggio risulti duro e molesto alle orecchie di quanti preferiscono gli "idoli" di questo mondo. Il messaggero della pace evangelica è disposto a rendere testimonianza con le sue parole e con l'offerta "sacrificale" della propria vita.


7. All'inizio della mia visita pastorale per le terre colombiane rendo grazie a Dio, dal più profondo del mio cuore, per tutti i messaggeri della buona novella, che nel corso di quasi cinque secoli hanno inculcato nei vostri cuori il Vangelo, come fonte di pace per gli individui, le famiglie e la società. Rendo inoltre infinite grazie a Dio per tutti i messaggeri che ai nostri giorni consacrano silenziosamente la propria vita e le proprie energie nell'annuncio del messaggio evangelico della pace. Il messaggero che "annuncia la pace" è lo stesso che "porta buone notizie, che annuncia la salvezza", come dice il profeta Isaia. Ma questa pace è ora la pace che Cristo ci ha promesso e ci ha lasciato in eredità. E' la sua pace, in contrapposizione alla falsa pace che promettono gli idoli di questo mondo (cfr Jn 14,27). Possa ciascuno di voi e ciascuna delle vostre comunità e famiglie godere della pace che Cristo ci regala! e che tutti siate seminatori di pace, senza confini di tempo né di luogo. Questa pace, frutto dell'amore tra Dio e gli uomini, è opera della giustizia, è il bene messianico per eccellenza; il primo frutto della salvezza e della liberazione definitiva che tutti aneliamo. La pace di Cristo è diversa da quella del mondo, che svanisce e si esaurisce nel benessere effimero, in gioie e piaceri passeggeri (cfr Jn 16,20).

La pace di Cristo invero non risparmia prove e tribolazioni, ma è sempre fonte di serenità e di felicità, perché porta con sé la pienezza di vita, che sgorga abbondante dalla presenza del Signore nei cuori. Se la nascita di Cristo fu un evento di pace per gli uomini, il suo "ritorno" o "passaggio" al Padre, attraverso la morte e risurrezione, si trasformo nella fonte di questo dono che è esclusivo di Cristo: "Vi lascio la pace, vi do la mia pace" (Jn 14,27). Ecco il dono che il Signore trasmette a tutti gli uomini di buona volontà.


8. Avete voluto che la mia visita pastorale presso di voi fosse contrassegnata dal segno della pace: "Con la pace di Cristo sui sentieri della Colombia". So che questo motto coincide con l'aspirazione alla pace, aspirazione radicata nel cuore di questo popolo. I lunghi e crudeli anni di violenza che hanno travagliato la Colombia non hanno potuto distruggere il desiderio ardente di conseguire una pace giusta e duratura. So che si sono avute generose iniziative volte a promuovere il dialogo e la concordia per conseguire una pace stabile. In questo senso non posso fare a meno di incoraggiarvi, colombiani tutti senza eccezione, a proseguire senza tregua per cammini di pace, coscienti del fatto che essa, pur essendo un compito umano, è innanzitutto un dono di Dio. Limitarsi poi a promuovere solo progetti limitati e umani di pace, equivarrebbe ad andare incontro a fallimenti e delusioni. Per adempiere a questa immensa missione di ottenere la pace che esige perdono e riconciliazione, il primo passo che sono certo che ciascuno di voi farà è quello di bandire dai cuori qualunque residuo di rancore e di risentimento. Gli anni della violenza hanno prodotto ferite personali e sociali che è necessario risanare. La violenza che miete tante vite innocenti ha origine nel cuore dell'uomo. Per questo un cuore che recita sinceramente il "Padre nostro" e che si converte a Dio, rifiutando il peccato, non è capace di seminare la morte tra i fratelli.


9. Chi può negare il perdono quando sa che egli stesso è già stato perdonato molte volte dalla misericordia di Dio? "La pace comincia nel cuore dell'uomo che accetta la legge divina, che riconosce Dio come Padre e gli altri uomini come fratelli" (Discorso ai vescovi colombiani durante la visita "ad limina", 22 febbraio 1985).

"Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio" (Mt 5,9). La pace è un'opera immensa, che esige una perpetua attività, da parte di tutti i colombiani e, poiché presuppone un'attività perpetua, realmente superiore alle sole forze umane, i vostri templi e i vostri santuari, tra cui molti di essi dedicati a Cristo e alla santissima Vergine, debbono trasformarsi in centri di preghiera comunitaria e impegnata per la pace. 10. Purtroppo, molti uomini nel mondo contemporaneo si sono lasciati sedurre dalla tentazione della violenza armata, fino ad arrivare in molte parti agli estremi insensati del terrorismo che dietro di sé lascia solo desolazione e morte. Da questa città di Bogota lancio un vibrante appello a quanti proseguono sul cammino della guerriglia, perché orientino le loro energie - ispirate forse da ideali di giustizia - verso azioni costruttive e riconciliatrici che contribuiscano veramente al progresso del paese. Vi esorto a porre fine alla distruzione e alla morte di tanti innocenti nelle campagne e nelle città. Fratelli e sorelle carissimi, grazie al vostro impegno di farvi operatori di pace, la salvezza di Cristo comincia già ad essere realtà: "tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio" (Is 52,10). Rendo grazie al Signore, insieme a voi, per l'opera di salvezza che si è compiuta qui in cinque secoli di evangelizzazione. Nel quarto centenario della Vergine del Rosario di Chiquinquira, affido il futuro della chiesa e della società a Maria, fedele ai disegni salvifici del Padre, madre verginale di Cristo, strumento di letizia nello Spirito Santo e regina della pace. Come Gesù vi dico: "Vi lascio la mia pace, vi do la mia pace... Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore" (Jn 14,27). Popolo di Dio! "Già regna il tuo Dio" in questa terra cfr Is 52,7).

Il tuo Dio regna. Amen.

Data: 1986-07-02 Mercoledi 2 Luglio 1986




Al Corpo Diplomatico presso la Nunziatura - Bogota (Colombia)

Le società saranno giudicate dal contributo dato alla pace


Eccellenze, signore, signori.


1. E' motivo di grande gioia poter avere questo incontro nella sede della Nunziatura apostolica con un gruppo così qualificato di persone quale il Corpo Diplomatico accreditato presso il Governo della Colombia. Anzitutto desidero rivolgervi il mio più deferente saluto, che attraverso di voi estendo ai governi e ai popoli che rappresentate. La Santa Sede in diverse circostanze ha dimostrato l'alta stima per il compito svolto dai rappresentanti diplomatici, specialmente quando esso viene messo al servizio della grande causa della pace, dell'avvicinamento e della collaborazione fra i popoli e di fruttuosi scambi per il progresso della comunità internazionale.


2. Siamo uniti dalla stessa preoccupazione che ci spinge a lavorare insieme: il bene dell'umanità e il futuro di ogni popolo, specialmente di quelli che si impegnano per il riconoscimento e il rispetto della propria dignità. E' una preoccupazione che vi chiama ad essere artefici di comprensione fra le nazioni, a favorire la sicurezza internazionale, la pace e la concordia fra tutti gli uomini.

Le società umane, nazionali e internazionali saranno giudicate proprio nel campo della pace, nel contributo dato allo sviluppo dell'uomo e al rispetto dei suoi diritti fondamentali. Se tutte le società devono cercare e garantire il diritto di ogni individuo a un'esistenza degna, tale diritto non può essere disgiunto dall'altra fondamentale esigenza, che potremo chiamare il diritto alla pace e alla sicurezza. In effetti tutto l'essere umano aspira a quella pace che gli consenta la piena realizzazione personale, al riparo da ogni forma di violenza che possa venire da azioni terroristiche e che conduce alla destabilizzazione sociale e perfino ai conflitti armati. Si devono pertanto ricercare instancabilmente tutti i mezzi che possono condurre alla pace. Nel mio viaggio in Irlanda ho affermato, e qui lo ripeto che "la violenza è un male, la violenza è inaccettabile come soluzione ai problemi, la violenza non è degna dell'uomo" (Drogheda, 29 settembre 1979, n. 8). Anche qui, come allora, voglio essere instancabile messaggero di un ideale che escluda la violenza, di un ideale di pace fondato sulla fraternità che ha in Dio la sua origine. In questa prospettiva sento il dovere di ribadire, allo stesso tempo, che una pace autentica deve avere le proprie radici ben fondate nella dignità dell'uomo e dei suoi diritti inalienabili. Non può esistere vera pace se non esiste un impegno serio e risoluto nell'applicazione della giustizia sociale.

Infatti, la giustizia e la pace non si possono dissociare: una pace che non tenesse conto della giustizia sarebbe solo un surrogato.


3. Lavorare per la pace significa, pertanto, impegnarsi nella promozione della giustizia e nella difesa e tutela dei diritti fondamentali dell'uomo, nel rispetto reciproco, nell'amore fraterno. Permettete al Papa, pellegrino della pace sui sentieri della Colombia, di dirvi con cuore sincero: non temete di impegnarvi personalmente a favore della pace con gesti di pace, ciascuno nel proprio ambito e nella propria sfera di responsabilità. Date vita a imprese nuove e audaci che siano manifestazioni di rispetto, di fraternità e di giustizia. In questo modo impegnerete tutte le vostre capacità personali e professionali al servizio della grande causa della pace. E vi assicuro che nel cammino della pace incontrerete sempre Dio che vi accompagna.


4. L'uomo affermerà se stesso mediante questa via e non con l'ambizione di potere, illusorio e fragile. L'uomo ha anche il diritto a che lo Stato, responsabile del bene comune, lo educhi nella pratica dei mezzi per la pace. La Chiesa ha sempre insegnato che "il dovere fondamentale del potere è la sollecitudine per il bene comune della società... Proprio nel nome di queste premesse attinenti all'ordine etico oggettivo, i diritti del potere non possono essere intesi in altro modo che in base al rispetto dei diritti oggettivi e inviolabili dell'uomo. Senza questo si arriva allo sfacelo della società, all'opposizione dei cittadini all'autorità, oppure a una situazione di oppressione, di intimidazione, di violenza, di terrorismo, di cui ci hanno fornito numerosi esempi i totalitarismi del nostro secolo" (RH 17).


5. Tutto ciò, insieme a un'equa distribuzione dei frutti del progresso, mi sembra che costituisca la condizione per una crescita e uno sviluppo più armonioso di questa terra, che con tanta gioia visito in questi giorni, e dell'America Latina.

Che il Signore voglia sostenere gli sforzi dei responsabili, sia sul piano nazionale che internazionale, perché la Colombia e tutte le Nazioni di questo grande continente possano svolgere il compito che spetta loro nell'ambito della grande famiglia latinoamericana e della comunità internazionale.

Signore e signori: rinnovo il mio profondo compiacimento per aver avuto la possibilità di salutarvi e di esprimervi alcune inquietudini che porto nel mio cuore. Insieme ai miei migliori auguri per le alte funzioni che svolgete, chiedo all'Onnipotente che vi benedica con i suoi doni, insieme alle vostre famiglie e collaboratori.

Data: 1986-07-02 Mercoledi 2 Luglio 1986




Alla Conferenza dei religiosi - Bogota (Colombia)

Servizio ecclesiale nella comunione e partecipazione



1. Saluto con gioia la presidenza e i rappresentanti delle quattro Regioni della CLAR (Conferenza latinoamericana dei religiosi), per essere venute a visitarmi nella Nunziatura apostolica, in occasione del mio soggiorno in Bogota, dove si trova anche la sede della vostra Confederazione. Colgo l'occasione per salutare in voi tutti coloro che rappresentate, vale a dire tutte le Conferenze nazionali dei superiori maggiori dei religiosi dell'America Latina e, attraverso di esse, tutta l'immensa moltitudine di religiosi e religiose che vivono la loro consacrazione e il loro servizio in questo grande continente della speranza, da cui dipende la presenza efficace della Chiesa nell'ambito dell'evangelizzazione e delle molteplici opere pastorali e di assistenza. Insieme a questo saluto voglio ringraziarvi per la fedeltà al Signore nella vostra consacrazione religiosa, per il lavoro silenzioso ed efficace di tanti religiosi e religiose, per la presenza e il servizio che prestano in tutta l'America Latina, per la disponibilità nella collaborazione con i vescovi, per il ricco e multiforme apporto alla missione evangelizzatrice, affinché risplenda l'efficace comunione nella varietà di tutti i carismi, suscitati dallo Spirito per il bene della Chiesa.


2. Desidero esprimervi le mie felicitazioni per i 25 anni della CLAR che avete recentemente celebrato e per l'approvazione data dalla Santa Sede agli Statuti della vostra Confederazione Latinoamericana di religiosi, aggiornati e adeguati al nuovo Codice di diritto canonico e alle attuali necessità della vita religiosa in America Latina. In essi sono stati chiaramente stabiliti la natura e gli obiettivi della CLAR. La Santa Sede ha riposto la sua fiducia nel vostro lavoro e allo stesso tempo chiede la vostra collaborazione, la vostra fedeltà e responsabilità in questi momenti di grande importanza per l'evangelizzazione dell'America Latina e per tutto il mondo. Il vostro servizio di coordinamento fra le Conferenze nazionali dei superiori maggiori dei religiosi, vi rende strumenti efficaci di questa comunione e partecipazione che dovete vivere e promuovere in piena sintonia con tutta la Chiesa in America Latina. Voi religiosi, per la dimensione eminentemente comunitaria della vostra vita consacrata, dovete essere testimoni di comunione ecclesiale, all'interno delle varietà e complementarietà dei vostri propri carismi e dei vostri specifici compiti di apostolato.


3. Siete stati chiamati a promuovere la comunione ecclesiale con il Consiglio episcopale latinoamericano (Celam) e con ciascuna delle Conferenze episcopali, nel debito rispetto e sottomissione ai pastori delle Chiese particolari, ai quali il Signore ha affidato il governo di ogni porzione della Chiesa, cioè delle diocesi in cui i religiosi devono essere integrati in comunione con gli altri membri del popolo di Dio. Allo stesso modo vi compete il lavoro di coordinamento fra le diverse Conferenze nazionali dei superiori maggiori, al fine di favorire la mutua conoscenza, la collaborazione e la formazione di molti religiosi e religiose dell'America Latina; ciò tornerà di arricchimento nella vita spirituale e nelle esperienze apostoliche. La fiducia che in voi ripongono i religiosi e le religiose di questo continente è motivo di grande responsabilità perché la CLAR manifesti in tutto una ferma adesione al magistero del Papa, alle direttive della Santa Sede e dei vescovi, e promuova l'autenticità della vita religiosa e dei diversi carismi, rispettando e favorendo, nel dialogo comune, l'indole propria di ogni Istituto.


4. Il potenziale evangelico ed ecclesiale che la vita religiosa ha sviluppato nell'evangelizzazione dell'America Latina è immenso. Nel momento in cui si è iniziata la novena di preparazione delle celebrazioni del quinto centenario dell'evangelizzazione, è opportuno ricordare la responsabilità che incombe sui religiosi in questa nuova evangelizzazione del continente, tenendo sempre presente l'amore dei vostri fondatori e fondatrici per la Chiesa, per la sua espansione missionaria e per la sua presenza salvifica in tutte le latitudini e in tutti gli strati della società. In questa nuova evangelizzazione, alla quale la Chiesa in America Latina è chiamata, scrivete nuove pagine di santità e di dedizione al vostro ideale evangelico di povertà, castità e obbedienza, in tutti i luoghi e con tutti i mezzi nei quali siete presenti. Che la vostra preghiera sia la fonte vitale della vostra permanente consacrazione. Come già ho espresso nell'enciclica "Dominum et Vivificantem" (DEV 65), "la nostra difficile epoca ha una speciale necessità dell'orazione". Con la vostra preghiera contribuirete efficacemente al rinnovamento della vita spirituale che, senza dubbio, traboccherà nell'autenticità evangelica della vostra testimonianza a favore dei più bisognosi, "in un lavoro silenzioso e umile" (cfr Puebla, 733).


5. Sapete bene che la vostra missione è un servizio e che il servizio ecclesiale ha sempre il segno inconfondibile della comunione e della partecipazione alla sua missione. Siate sempre al servizio della vita religiosa perché non venga mai meno l'entusiasmo di essere "seguaci di Gesù", e strumenti della presenza e dell'azione dello Spirito, figli fedeli della Chiesa e collaboratori nella diffusione del Vangelo, fra tutti i religiosi e le religiose dell'America Latina. Voi che siete esperti nella vita evangelica, scrivete con la vostra vita il Vangelo di Gesù su questa terra e in questa epoca, rendendo presente Cristo nelle varie e molteplici espressioni del suo amore al Padre e agli uomini. Che il vostro apostolato sia una conseguenza del vostro incontro, della vostra imitazione e conformazione al Signore. Vi aiuti in questo compito la Vergine Maria, così amata da tutti i popoli latinoamericani. Lei è il modello perfetto della fedeltà e del servizio, della comunione con Cristo e della cooperazione piena d'abnegazione con tutta la sua vita all'opera della salvezza. A lei vi affido, perché il suo ricordo sia sempre per tutti voi motivo di fedeltà alla vostra consacrazione e di generoso servizio evangelico, in piena comunione con la missione della Chiesa.

Con la mia benedizione apostolica.

Data: 1986-07-02 Mercoledi 2 Luglio 1986




Messaggio ai carcerati colombiani - Bogota (Colombia)

L'amore vince il dolore


Amatissimi fratelli e sorelle.


1. La mia visita pastorale in Colombia, nel segno dell'Anno mariano nazionale che commemora il IV centenario del Rinnovamento della venerata immagine della Vergine del Rosario di Chiquinquira, non poteva escludere coloro che si trovano nelle istituzioni penitenziarie. Pertanto, oggi ho voluto venire in mezzo a voi in modo particolare per esprimervi il mio affetto di pastore di tutta la Chiesa e per incoraggiarvi nella vostra condizione attuale. Come desidererei in questo momento essere vicino a tutti in tutti i luoghi della Colombia dove si trovano gruppi di persone private della libertà! Quanto vorrei poter ascoltare le vostre pene e rivolgervi personalmente la mia parola di incoraggiamento e di consolazione! Di fronte all'impossibilità di farlo fisicamente, desidero pero assicurarvi che vi ho presenti nel mio pensiero e nel mio cuore. A ciascuno in particolare rivolgo questo messaggio nella speranza di poter così arrivare all'intimo di ognuno per condividere le vostre speranze e i vostri desideri, le vostre tristezze e delusioni, ma soprattutto per illuminare e rafforzare con la parola di Dio il desiderio di vera libertà che sgorga dal più profondo dell'essere umano.


2. Nella lettera apostolica che ho inviato a tutta la Chiesa "sul senso cristiano della sofferenza umana" ricordavo che Gesù ha proiettato una nuova luce sulla realtà del dolore: "L'umana sofferenza ha raggiunto il suo culmine nella passione di Cristo. E contemporaneamente essa è entrata in una dimensione completamente nuova e in un nuovo ordine... La croce di Cristo è diventata una sorgente, dalla quale sgorgano fiumi d'acqua viva" ("Salvifici Doloris", 18). L'amore vince il dolore! E' questo tutto un programma di vita, una fonte costante di riflessione che illumina e dà senso a tutto ciò che ci fa soffrire. Voi, amati fratelli e sorelle, potete cercare questa luce nella vostra presente condizione. Molti di voi certamente conservano con affetto un'immagine di Cristo crocifisso: Cristo inchiodato sulla croce! Si, è lui la suprema manifestazione dell'amore divino, è lui che vince la sofferenza con l'amore; è lui l'espressione più radicale dell'uomo al quale hanno tolto la libertà e, inchiodato, non ha la minima possibilità di movimento. E tuttavia in quel momento, egli è movimento. Egli sta realizzando l'atto più libero e liberatore che mai si sia realizzato nella storia dell'uomo; sta offrendo liberamente la vita per salvare tutta l'umanità.


3. Contemplando Cristo crocifisso che ci ha liberato dal peccato e dalla morte, si comprende meglio il vero significato della libertà umana. Con l'aiuto della grazia divina, l'uomo può vincere la schiavitù alla quale lo sottomette il peccato ed essere riconciliato con Dio e con i fratelli. Aprite completamente le porte del vostro cuore e della vostra anima alla grazia di Cristo! E se la vostra coscienza vi dice che siete incorsi in qualche mancanza contro il Signore, contro i vostri fratelli uomini o contro la società, la presente condizione vi offre la possibilità di riparare eventuali offese commesse, senza perdere la vostra dignità di persone, che deve essere sempre salvaguardata.


4. Desidero con tutto il cuore che la mia visita pastorale in Colombia vi faccia sentire parte viva e integrante della vostra cara e bella patria cristiana, insieme alle vostre famiglie. Dio non permetta che questo tempo di privazione della libertà indebolisca gli affetti familiari né l'amore al vostro paese, ma che, al contrario, cresca in voi il desiderio di unirvi agli altri colombiani per la costruzione di una patria laboriosa, pacifica, giusta e fraterna. Elevo la mia preghiera al Padre che sta nei cieli, chiedendogli che mitighi le vostre pene, la vostra solitudine, la vostra disperazione e la vostra assenza fra le persone amate, e insieme invoco su tutti voi e sulle vostre famiglie la protezione della Vergine Maria, vita, dolcezza e speranza nostra.

Vi benedico tutti di cuore nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

Data: 1986-07-02 Mercoledi 2 Luglio 1986





GPII 1986 Insegnamenti - Durante la messa al Parco Simon Bolivar - Bogota (Colombia)