GPII 1986 Insegnamenti - Discorso alla Conferenza Episcopale - Bogota (Colombia)

Discorso alla Conferenza Episcopale - Bogota (Colombia)

Maestri di verità, modelli di santità, testimoni di speranza


Amatissimi fratelli nell'episcopato: "Grazia, misericordia e pace da parte di Dio Padre e di Cristo Gesù, Signore nostro" (2Tm 1,2).


1. Con queste parole dell'apostolo san Paolo mi rivolgo a voi, per esprimervi dal primo momento l'intima comunione nello Spirito Santo, che si realizza in questo incontro tra il successore di Pietro e i suoi fratelli, successori degli apostoli, pastori della chiesa in Colombia. Espressione del mio sincero "affetto nella carità" vuole essere il mio saluto cordiale ai signori cardinali, arcivescovi, vescovi, vicari apostolici e prefetti apostolici che presiedono le chiese particolari in questa nobile e cattolica nazione colombiana e sono, o sono stati, membri della conferenza episcopale. A tutti il mio saluto di pace e di comunione apostolica, mentre rendo grazie al Signore per la vostra edificante testimonianza di unità. Questo incontro nella sede della vostra conferenza episcopale vuole essere una viva dimostrazione della stretta comunione dei vescovi di Colombia con il successore di Pietro e con la Santa Sede, che caratterizza il vostro ministero episcopale e la fede cattolica del vostro popolo. Durante la mia visita pastorale avro occasione di portare a tutta la chiesa in Colombia un messaggio di fede e di speranza, sapendo già in anticipo che l'episcopato saprà accoglierlo e approfondirlo, con la stessa responsabilità pastorale con la quale ha preparato il popolo colombiano al suo incontro con il papa. perciò, in questa speciale occasione che ci vede riuniti, vorrei riflettere con voi su alcuni aspetti fondamentali della missione del vescovo oggi in Colombia.


2. Dio vi ha costituito pastori della chiesa in mezzo a questo popolo che si è distinto dagli albori della sua evangelizzazione per la sua esemplare fede cattolica, profondamente radicata grazie al lavoro di missionari illustri come san Luigi Beltran, san Pietro Claver. Nell'anima colombiana esiste, per così dire, un senso connaturale della trascendenza di Dio e di fiducia nella Provvidenza. E' degna di encomio e di ammirazione la pura devozione delle vostre genti alla vergine Maria, il senso profondo per i misteri della gloriosa passione del Salvatore, l'amore e il rispetto verso il Papa e verso i pastori della chiesa.

Siete quindi pastori di una chiesa che può contare su di un immenso potenziale di religiosità e di fede, per far fronte con speranza ai problemi che si prospettano nella vita quotidiana delle vostre comunità e nella situazione sociale che attraversa il vostro paese. Ma prima di tutto, in quanto vescovi della chiesa, contate su di una grazia e su una missione soprannaturale che rimane sempre come la fonte ispiratrice della vostra attività pastorale. In quanto vescovi della chiesa siate il punto di convergenza e di propulsione della vita di comunione che è un'idea "fondamentale e centrale" della ecclesiologia del Vaticano II, come giustamente ha ricordato recentemente il sinodo straordinario dei vescovi. La parola "comunione" ci porta fino alla sorgente stessa della vita trinitaria (cfr 1Jn 1,3) che converge nella grazia e nel ministero dell'episcopato. Il vescovo è immagine del Padre, rende presente Cristo come buon pastore, riceve la pienezza dello Spirito Santo dalla quale scaturiscono gli insegnamenti e le iniziative ministeriali affinché possa edificare, a immagine della Trinità e attraverso la parola e i sacramenti, questa chiesa, luogo del dono di Dio ai fedeli che gli sono stati affidati. Il vescovo, in virtù della sua unione con il collegio episcopale, erede dell'unico collegio apostolico, deve riflettere in modo nitido la sua intima comunione di fede e di vita, così come di azione pastorale con gli altri vescovi della chiesa, tutti uniti al romano pontefice che è "principio e fondamento perpetuo e visibile dell'unità di fede e di comunione" che garantisce che lo stesso episcopato sia uno e indivisibile (LG 18).


3. Missione principale di ognuno dei pastori è presiedere e edificare la chiesa che Cristo gli ha assegnato. così lo stabilisce la legislazione canonica, che si fa eco dei documenti del concilio Vaticano II, riassumendo in queste parole il ministero del vescovo in perfetta comunione con il successore di Pietro: "La diocesi è la porzione del popolo di Dio che viene affidata alla cura pastorale del vescovo con la cooperazione del presbiterio, in modo che, aderendo al suo pastore e da lui riunita nello Spirito Santo mediante il Vangelo e l'Eucaristia, costituisca una chiesa particolare in cui è veramente presente e operante la chiesa di Cristo una, santa, cattolica e apostolica" (CIC 369 cfr. CD 11). Laddove i consacrati al ministero operano per edificare la chiesa, cresce compatto il corpo di Cristo, la nuova umanità, il progetto di una nuova società, la famiglia di Dio che "edifica se stessa nella carità" (Ep 4,12 Ep 4,16).

perciò, il compito principale è di conformare la nostra missione alla missione stessa di Cristo e dello Spirito, la quale inizia sempre con l'edificazione della chiesa. A ragione si accentua l'imprescindibile presenza del Vangelo di Cristo, predicato come annuncio e incarnato come vita, in tutte le sue dimensioni personali e sociali. Questa presenza continua di Cristo ha il suo centro di comunione nell'Eucaristia, vale a dire Cristo stesso nel suo mistero pasquale che si fa presente con tutta la ricchezza del suo mistero redentore. Egli forma la chiesa, la edifica, la alimenta e la fa come rinascere ogni giorno, attraverso il mistero della sua morte e risurrezione, che si perpetua nel sacrificio della messa. Nella celebrazione dell'Eucaristia il vescovo è il principio di unità di tutte le assemblee, che sono "legittime" in quanto mantengono questa comunione necessaria con il ministero episcopale. Con queste parole così toccanti per tante esperienze di vita ecclesiale nel mondo come anche qui in Colombia, il concilio ci ricorda: "In queste comunità, sebbene spesso piccole e povere e disperse, è presente Cristo, per virtù del quale si costituisce la chiesa una, santa, cattolica e apostolica" (LG 26).


4. E' questo un compito ministeriale al quale ogni pastore deve mirare per fare del proprio gregge una perfetta realizzazione della chiesa di Cristo. Per questo il vescovo riceve nell'ordinazione episcopale la pienezza dello Spirito Santo, per essere collaboratore di questa missione ecclesiale che è propria dello Spirito Santo. Come ho scritto recentemente nella mia enciclica sullo Spirito Santo nella vita della chiesa e del mondo: "La grazia dello Spirito Santo, infatti, che gli apostoli con l'imposizione delle mani diedero ai loro collaboratori, continua ad essere trasmessa nell'ordinazione episcopale. I vescovi poi col sacramento dell'ordine rendono partecipi di tale dono spirituale i sacri ministri e provvedono a che, mediante il sacramento della Confermazione, ne siano corroborati tutti i rinati dall'acqua e dallo Spirito. così, in certo modo, si perpetua nella chiesa la grazia di Pentecoste" (DEV 25).

Dalla visione sacramentale dell'episcopato come mistero di comunione, e da questa grazia dello Spirito che vi ha "posti... a pascere la chiesa di Dio" (cfr Ac 20,28), come collaboratori della sua missione, si distacca una serie di compiti principali e attualissimi della vostra azione pastorale nella chiesa della Colombia, sia a livello di Chiese particolari che a livello di Conferenza episcopale.


5. La chiesa è, per sua natura e missione, depositaria e divulgatrice, insieme, di una verità che non è sua ma che è rivelata da Dio per mezzo di suo Figlio, il Verbo incarnato, morto e risorto, pienezza e mediatore di tutta la rivelazione. La predicazione del Vangelo di Gesù Cristo presuppone una trasmissione fedele di questa verità, il coraggio nel difenderla, la sapienza per applicarla con discernimento ai nuovi problemi e situazioni dell'umanità. Il vescovo, quindi, è chiamato ad essere maestro e testimone della verità, fedele e leale nella comunione con l'autentico magistero della chiesa per la predicazione dell'integrità della dottrina cattolica. Si tratta di una missione ardua in un mondo sconvolto da opinioni e teorie insidiose; alcune - come nel caso delle sètte che seminano confusione nel vostro popolo semplice - diluiscono la coerenza e l'unità della dottrina evangelica; altre - come nel caso di alcune dottrine che rivendicano l'interpretazione autonoma dei principi morali - si distaccano con orgoglio dalla dottrina della chiesa in nome di un preteso progresso umano e di una visione secolarista della società e della vita.


6. In ogni caso, i vostri insegnamenti siano chiari e opportuni affinché la dottrina della chiesa non ne abbia discapito, poiché la missione pastorale del vescovo è proclamare la verità ed è diritto inalienabile del popolo di Dio conoscere con chiarezza la dottrina autentica della chiesa. Con mansuetudine, ma anche con fermezza, continuate a insegnare, con tutti i mezzi che sono a vostra disposizione, la verità su Cristo, sulla chiesa, sull'uomo. Coscienti che solo "la verità vi farà liberi" (Jn 8,32) difendete l'autentica dottrina contro i silenzi sospettosi, le ambiguità ingannevoli, le limitazioni mutilanti, le riletture soggettive, le deviazioni che minacciano l'integrità e la purezza della fede.

Vi esorto e vi incoraggio soprattutto a mantenervi fermi nel difendere la verità sull'uomo, che nasce dalla verità su Cristo e sulla chiesa, e trova la sua applicazione nel campo dei diritti umani, della sacralità della vita al momento del concepimento; proclamate alla società l'indissolubilità del matrimonio, l'unità e la santità della famiglia, contro tutti gli attacchi teorici e pratici che si insinuano nel vostro paese. Difendere il progetto di Dio sull'uomo e la donna, sul matrimonio e la vita, non significa solo evidenziare questa legge scritta dal Creatore nella stessa natura umana, ma significa anche porre le basi di una civiltà dell'amore che non può essere costruita se non parte da un rispetto reciproco che ha come punto di convergenza la santa legge di Dio scolpita nella coscienza degli uomini. Che lo Spirito di verità, questo Spirito che "guida fino alla verità tutta intera", trovi in voi autentici collaboratori per portare a termine questa missione di convincere il mondo per quanto riguarda il peccato, la giustizia e il giudizio (cfr Jn 16,8-13), quando rifiuta la verità e la vita del Vangelo, come ho sottolineato recentemente nella mia enciclica "Dominum et Vivificantem" (DEV 27).


7. La fedeltà al vostro ministero, secondo le parole e gli esempi del maestro, deve tradursi in una vita santa, che corrisponde a questo Spirito di santità che avete ricevuto nella vostra ordinazione episcopale. Siate "modelli" per il vostro gregge, come esorta san Pietro (cfr 1P 5,3); "nelle parole, nel comportamento, nella carità, nella fede, nella purezza" (1Tm 4,12), come raccomanda san Paolo a Timoteo. Oggi più che mai viene richiesta al vescovo una testimonianza evangelica personale. Ve lo chiede prima di tutto Cristo, buon pastore e capo dei pastori, con il suo esempio di bontà, di mitezza, di carità pastorale fino a dare la vita per le sue pecore, come manifestazione suprema dell'amore. Questo ministero pastorale, soffuso sempre di carità che è dono dello Spirito Santo, esige la dedizione completa della vostra vita. Non vi si chiede meno della vita stessa, in un martirio quotidiano di donazione e di amore per "pascere il gregge di Dio che vi è affidato... facendovi modelli del gregge" (1P 5,2-3). In questo impegno per la santità e con il vostro esempio personale vi raccomando specialmente, imitando Gesù maestro e amico dei discepoli, che prestiate un'attenzione particolare ai vostri sacerdoti. Sono i primi collaboratori nel vostro ministero episcopale e devono essere i primi destinatari della vostra cura pastorale. Siate per loro padri, fratelli e amici, che si preoccupano della loro vita spirituale come anche delle loro necessità materiali.

Incoraggiate con il vostro esempio la fraternità sacerdotale tra tutti coloro che sono ministri dell'unico sacerdote, Gesù Cristo. Siate esempio di comunione e di unità con tutti i vostri sacerdoti per l'edificazione e lo stimolo del popolo di Dio. Vigilate anche per la fedeltà dei religiosi e delle religiose agli impegni della loro consacrazione e all'autenticità del loro servizio apostolico.


8. A voi, fratelli, spetta il nobile compito di essere i primi a proclamare le "ragioni della speranza" (cfr 1P 3,15); questa speranza che si basa sulle promesse di Dio, sulla fedeltà alla sua parola e che ha come certezza inequivocabile la risurrezione di Cristo, la sua vittoria definitiva sul male e il peccato. Siate testimoni di speranza per i giovani, minacciati dall'alternarsi di false illusioni e dal pessimismo di sogni che svaniscono. Portate la vera speranza ai poveri, che guardano alla chiesa come alla loro unica difesa grazie alla sua speranza soprannaturale. Per gli uni e per gli altri, aprite cammini di speranza e autentica liberazione, sulla linea del vostro documento episcopale "Identità cristiana nell'azione per la giustizia", e dell'insegnamento del magistero riguardo questa delicata questione; particolarmente le due istruzioni della Congregazione per la dottrina della fede, "Libertatis nuntius", su alcuni aspetti della teologia della liberazione, e "Libertatis Conscientia", su libertà cristiana e liberazione. "Tra i documenti esiste un rapporto organico: essi devono esser letti l'uno alla luce dell'altro" ("Libertatis Conscientia", 2).

Continuate a lavorare, cari fratelli, in stretta unità, per l'autentica liberazione che ci viene da Gesù Cristo, redentore dell'uomo, la quale deve essere preservata da ideologie che le sono aliene e che sviliscono il suo contenuto evangelico. Come segnalavo nella mia recente enciclica "Dominum et Vivificantem" (DEV 56), esistono forme di materialismo, "sia nella sua forma teorica, come sistema di pensiero, sia nella sua forma pratica, come metodo di lettura e di valutazione dei fatti", che si oppongono e vanno contro, particolarmente nei nostri giorni, all'azione dello Spirito. E' questo un fenomeno che, a ragione, preoccupa sia voi che tanti altri pastori dell'America latina, che lo hanno manifestato nelle loro visite "ad limina". Tra i cammini di speranza attiva per la vostra chiesa, che già è proiettata verso la commemorazione del V centenario e verso il gran giubileo dell'anno 2000, vi indico tre priorità: le vocazioni sacerdotali e religiose, la formazione dei giovani, la promozione di un laicato impegnato. La Colombia è una nazione cattolica e missionaria. Ha bisogno, quindi, di vocazioni sacerdotali e religiose per una presenza viva della chiesa proporzionata alle sue necessità pastorali, e per una testimonianza missionaria.

La promozione delle vocazioni e la formazione adeguata assicurano un cammino di speranza per la diffusione del Vangelo. Il mondo moderno avrà sempre più bisogno di ministri di Cristo che predichino la sua parola e comunichino la vitalità dello Spirito. Di fronte alla minaccia del materialismo, che cerca di svuotare l'animo umano delle sue aspirazioni più nobili, la chiesa sarà il baluardo dei valori dello Spirito, il luogo della presenza dell'umanesimo evangelico aperto alla trascendenza. La Colombia è anche una nazione con un alto coefficiente di gioventù. I giovani sono la mia speranza, come anche la vostra. Ma bisogna utilizzare le migliori energie per formare la loro coscienza attraverso la fede; collaborare con tutti i mezzi per un'educazione integrale dei giovani che si formano nelle università, negli istituti tecnici e in altri centri accademici. Il progresso di modernizzazione della nazione non può prescindere dalle sue radici culturali cattoliche, se vuole costruire un futuro omogeneo che possa portare a una civiltà dell'amore. In questo modo i giovani saranno gli artefici di un futuro migliore.

La chiesa deve impegnarsi in questo cammino di speranza che passa per la formazione integrale della gioventù. Vi ricordo, infine, il compito urgente della promozione di un laicato maturo e responsabile, in grado di essere fermento e presenza attiva nella chiesa e nella società. A livello di chiese locali e di tutta la chiesa di Colombia, bisogna ricordare le parole del concilio Vaticano II: "La chiesa non si può considerare realmente fondata, non vive in maniera piena, non è segno perfetto della presenza di Cristo tra gli uomini, se alla gerarchia non si affianca e collabora un laicato autentico" (AGD 21), un laicato maturo e impegnato.

So che nella chiesa colombiana non manca questa ricchezza di laici cristiani che già operano nel campo della catechesi e della missione, nei movimenti apostolici e familiari, nella vita sociale. Nella prospettiva del prossimo sinodo dei vescovi vi esorto a intensificare questa formazione di un laicato cristiano. Ed essi saranno anche garanzia di speranza per una presenza più incisiva del Vangelo nella vita pubblica della vostra nazione. Cari pastori della chiesa in Colombia, ho voluto ricordarvi alcuni compiti che sono inerenti al vostro ministero episcopale. Come Conferenza episcopale della Colombia la vostra responsabilità ha un ampio orizzonte che abbraccia tutta la nazione, al cui benessere e progresso contribuisce la vita dei cattolici, affidati al vostro ministero ecclesiale. Con la grazia che scaturisce dalla comunione nella fede, con la forza morale che deriva dalle vostre dichiarazioni unanimi, con la collaborazione e il discernimento che si realizza nell'ambito della conferenza episcopale, vegliate sulla chiesa e sulla sua vitalità interna e missionaria. Siate servitori del vostro popolo e della vostra gente, aprendo sentieri di maggior giustizia e progresso sociale per tutti. Non cedete nella vostra difesa dei diritti dei più deboli, nella promozione della morale pubblica, nella mediazione onorevole per la riconciliazione di tutti i figli di questa nazione nobile e cordiale, ospitale e amante della pace. Al termine di questo incontro voglio invocare su ognuno di voi, sulle vostre chiese particolari con i propri sacerdoti, religiosi e religiose, famiglie, giovani e bambini, su tutti i vostri fedeli, la protezione della vergine Maria, madre della chiesa in Colombia, invocata come Vergine del Rosario di Chiquinquira.

Che ella, la madre dei discepoli di Gesù, la vergine del cenacolo e regina degli apostoli, vi conceda la pienezza dello Spirito per rendere feconda la vostra azione apostolica. Che ella, patrona della Colombia e regina della pace, ottenga per tutta la vostra nazione, ferita dalla violenza, il dono della riconciliazione fraterna tra tutti i colombiani, garanzia di un futuro di prosperità e di progresso. Con questi auspici vi accompagni la mia preghiera e la mia benedizione apostolica.

Data: 1986-07-02 Mercoledi 2 Luglio 1986




Il discorso ai vescovi del CELAM - Bogotà

I cristiani hanno bisogno di essere rafforzati nella fedeltà alla parola di Dio, alla Chiesa, ai più poveri della comunità


Amati confratelli nell'Episcopato:


1. La felice circostanza del vostro raduno a Bogotà fa si che la mia visita apostolica in Colombia, in questa sede del CELAM, acquisti una dimensione che abbraccia tutta la grande famiglia latinoamericana. Nelle vostre persone saluto tutte le amate chiese del continente, le rispettive Conferenze Episcopali e tutti gli uomini e donne che in America Latina si sforzano di fecondare, con la forza del Vangelo, la vita dei popoli che da cinque secoli hanno ricevuto la luce della fede e vogliono continuare a mantenere la loro fedeltà a Cristo, alle porte del terzo millennio cristiano. Non è necessario ripetere quanto vicino al mio cuore siano gli abitanti di queste terre americane, e quanto grande è la mia preoccupazione per tutti i loro problemi e la mia solidarietà per tutte le loro difficoltà e speranze. Venendo in questa casa dove il Consiglio Episcopale Latinoamericano ha la sua sede, non posso fare a meno di rievocare quella memorabile visita del mio venerato predecessore Papa Paolo VI, il quale la inauguro con la sua benedizione nell'agosto del 1968, in occasione del XXIX Congresso Eucaristico Internazionale di Bogotà. Né posso tralasciare di ricordare che fu in questa stessa città che il Papa apri i lavori della Seconda Conferenza Generale dell'Episcopato Latinoamericano, successivamente svolti a Medellin. Nel suo discorso egli esprimeva la viva emozione che lo pervadeva in quella "prima visita personale del Papa ai suoi fratelli ed ai suoi figli dell'America Latina". Nei diciotto anni che ci separano da quel momento storico, gli incontri del Successore di Pietro con l'Episcopato latinoamericano si sono moltiplicati, e gli scambi fra la Santa Sede ed il CELAM si sono fatti sempre più frequenti e fruttuosi. Ad essi ho voluto contribuire con la mia sollecitudine pastorale fin da quella memorabile giornata del 28 gennaio 1979 nel Seminario Palafoxiano di Puebla de los Angeles, Messico, dove si inauguro la Terza Conferenza Generale dell'Episcopato latinoamericano. Successivamente ebbi la gioia di incontrare i Vescovi che partecipavano all'Assemblea di Dio de Janeiro nel 1980 con la quale si commemorava il venticinquesimo anniversario del CELAM: tre anni più tardi ho inaugurato a Porto Principe l'Assemblea Ordinaria del 1983, e nel 1984 ho iniziato la celebrazione del V Centenario dell'evangelizzazione del Nuovo Mondo, a Santo Domingo. Mi è grato rievocare tali avvenimenti quale testimonianza della comunione fra il CELAM ed il Successore di Pietro, e insieme come segno eloquente della cordialità collegiale che caratterizza le relazioni fra la Santa Sede e le diverse Conferenze Episcopali latinoamericane. Vi trovate, cari fratelli, nella riunione chiamata di "coordinamento", per rivedere i programmi del CELAM, valutare i risultati conseguiti e concordare le attività che dovranno realizzarsi in questi ultimi mesi che precedono l'Assemblea Generale che avrà luogo a marzo del prossimo anno. Formulo fervidi voti perché i frutti del vostro lavoro si traducano in un servizio sempre più efficace alle Conferenze Episcopali del continente, al fine di una più profonda evangelizzazione ed un salutare consolidamento del tessuto ecclesiale.


2. Desidero ora condividere con voi alcune riflessioni circa la missione che, guidati dallo Spirito, disimpegnate in qualità di Pastori della Chiesa in America Latina. In questi momenti di tanta incertezza che attraversa il vostro continente, in mezzo a tante seduzioni che provengono dai poteri di questo mondo, dagli idoli moderni e dalle ideologie materialiste, i cristiani hanno bisogno di essere rafforzati nella fedeltà. In un mondo come il nostro nel quale la verità viene incalzata dall'inganno, ed i valori perenni sono spesso soppiantati da egoistici interessi, è necessario educare la coscienza cristiana alla fedeltà.

Fedeltà anzitutto allo Spirito Santo, che è la forza di rinnovamento e di vita, principio di unità e vincolo della pace. Tutta la nostra predicazione, tutta la nostra azione pastorale, tutto il nostro ministero è soltanto uno strumento dello Spirito che agisce e rinnova. E' Lui che dà vigore trasformante e produce i frutti della vita cristiana. Lui ci guida, ci fortifica, ci dà le risposte che esigono i problemi pastorali di ogni momento. E ancora, lo Spirito ci conduce soavemente verso una incrollabile fedeltà alla Parola di Dio, che è la norma imprescindibile della nostra predicazione. Siamo - come dice il suggestivo titolo del documento finale del Sinodo Straordinario del 1981 - "sub Verbo Dei". Ed essere sotto la Parola di Dio, con una fedeltà incondizionata a tale Parola che è Cristo stesso, significa riconoscere che il nostro messaggio viene da Dio; significa mantenere vivo nella Chiesa quell'atteggiamento riverente, come giustamente è espresso nelle parole iniziali della Costituzione dogmatica sulla divina rivelazione: "Dei Verbum religiose audiens et fidenter proclamans" (DV 1). Questa fedeltà alla parola esige da noi non solamente di rinunciare a discorsi puramente umani o secolari, quando si tratta dell'annuncio del disegno divino di salvezza, ma di mantenere fermamente il senso originale della Sacra Scrittura, senza separarlo dalla viva tradizione ecclesiale e dalla autentica interpretazione del Magistero.

Detta fedeltà alla Parola è il fondamento della missione del vescovo in quanto maestro di verità; della verità che viene da Dio e che porta verso una autentica liberazione dell'uomo: "Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" (Jn 8,32). Questo è stato l'impegno assunto dai Pastori latinoamericani nella storica Conferenza di Puebla: "Il Vescovo è maestro della verità. in una Chiesa totalmente dedita al servizio della Parola, egli è il primo evangelizzatore, il primo catechista; nessun altro compito lo può esimere da questa sacra missione" (Puebla, 687).


3. Inoltre la fedeltà allo Spirito ed alla Parola implica l'inseparabile fedeltà alla Chiesa di Gesù Cristo, nella quale questa Parola salvifica viene proclamata.

Ciò comporta mantenere una visione ecclesiologica integrale ed una concezione sacramentale della comunità, formata da noi che apparteniamo al Corpo Mistico di Cristo, senza cedere a concezioni unilaterali o ad una visione esclusivamente sociologica della Chiesa (cfr Relazione finale del Sinodo Straordinario III, A.3). Il CELAM, con il suo benemerito lavoro di riflessione e di interscambio al servizio delle Conferenze Episcopali del continente, e in unione con la Santa Sede, ha contribuito a consolidare la coesione fra le distinte Chiese particolari, segnalando anche, con responsabilità e con sollecitudine pastorale, le ambiguità che in alcuni momenti hanno minacciato l'identità ecclesiale. Se siamo fedeli allo Spirito, alla Parola ed alla Chiesa di Gesù Cristo, saremo anche fedeli all'uomo al servizio del quale, specialmente verso i più poveri e bisognosi, siamo stati inviati quali messaggeri di salvezza. Proprio per servire con fedeltà gli uomini del nostro tempo, la Chiesa eleva oggi decisamente la sua voce per difendere i diritti umani e la dignità che dà fondamento a tali diritti. In questo contesto di rispetto per la persona umana e di fedeltà al suo destino soprannaturale, i Vescovi latinoamericani, e con essi tutte le comunità ecclesiali che degnamente presiedono, hanno accolto i documenti "Libertatis nuntius" e "Libertatis conscientia" recentemente promulgati dalla Sede Apostolica.

Tali documenti, nel quadro del Magistero pontificio, hanno contribuito a precisare l'autentico significato evangelico di alcuni concetti fondamentali che venivano arbitrariamente presentati nell'ottica ideologica o classista. "La dimensione soteriologica della liberazione non può essere ridotta alla dimensione socioetica che ne è una conseguenza", afferma la "Istruzione sulla libertà cristiana e liberazione" (n. 71). D'altra parte, mentre si riconosce l'utilità e la necessità di una teologia della liberazione, ho voluto anche ricordare che essa deve svilupparsi in sintonia e senza rotture con la tradizione teologica della Chiesa, e d'accordo con la sua dottrina sociale (cfr. Lettera alla Conferenza Episcopale del Brasile n. 5, 9 aprile 1986).


4. Avete la gioia e l'onore, amati confratelli, di essere pastori di un popolo a grande maggioranza credente e cattolico. E, nello stesso tempo, siete coscienti delle minacce che si tramano sul gregge da voi custodito. E come non far presente, in questa ora dell'America Latina, una preoccupazione che so che condividete e che ho sentito il dovere pastorale di esprimere nella mia enciclica sullo Spirito Santo? Mi riferisco alla resistenza allo Spirito, che nella nostra epoca, si manifesta nel materialismo "come contenuto della cultura e della civiltà, come sistema filosofico, come ideologia, come programma di azione e di formazione del comportamenti umani" (DEV 56). Tale materialismo si presenta oggi con diversi aspetti: dall'atteggiamento pratico di coloro che vivono "come se Dio non esistesse", fino al materialismo teorico che si proclama ateo e che viene eretto a sistema con pretese di scientificità, con il fine di eliminare Dio dalla coscienza dell'uomo e di negargli perfino il diritto di credere e di praticare la propria fede religiosa. Queste forme di resistenza e di opposizione allo Spirito si trovano presenti anche in America Latina e costituiscono motivo di particolare preoccupazione nella vostra sollecitudine di Pastori.


5. Ho seguito con grande soddisfazione le attività delle Chiese particolari latinoamericane in cammino per preparare la celebrazione del V Centenario dell'inizio dell'Evangelizzazione del continente. Torna alla mia mente l'indimenticabile incontro nella città di Santo Domingo, circa due anni fa, al quale mi sono riferito sopra. In quella terra dove venne innalzata per la prima volta la croce, dove si recito la prima Ave Maria e si celebro la prima Eucarestia nel Nuovo Mondo, si diedero appuntamento i Vescovi del CELAM, insieme al successore di Pietro, per inaugurare solennemente la Novena di anni con la quale il popolo fedele si sta spiritualmente predisponendo alla grande festa cattolica e latinoamericana del 1992. Le Conferenze Episcopali del continente ed il CELAM hanno profuso tutta la loro capacità e tutto il loro dinamismo in questa impresa, che ha un profondo significato spirituale e una grande importanza culturale e storica. Desidero incoraggiarvi vivamente a proseguire nel vostro sforzo di animazione e di creatività pastorale perché il raggiungimento delle mete proposte nella solenne apertura del 12 ottobre 1984, faccia di questa commemorazione il Centenario della fede ringiovanita. Le sfide dell'ora presente sono enormi. Mentre si compiono questi cinquecento anni di vita latinoamericana, i popoli del continente si trovano davanti ad un intenso e difficile processo di presa di coscienza storica e di ricerca del proprio destino. La Chiesa cattolica è stata fedele alla sua missione ed è impegnata in tale movimento con l'apporto delle sue illuminazioni, con la testimonianza della propria storia, con l'umile riconoscimento dei propri limiti, e con la semplice e sincera offerta della sua collaborazione.


6. La risposta della Chiesa ai problemi di questo momento storico è quella di una più decisa azione evangelizzatrice, che sia una replica ed una continuazione di quella prima predicazione missionaria che la fondo. L'ideale apostolico della Chiesa latinoamericana è quello di portare il Vangelo agli uomini di oggi e di domani, che si vedono opporre le seduzioni di una cultura avveniristica presentata a volte come una specie di speranza messianica e materialistica. E' eloquente al riguardo, l'acuto giudizio della Conferenza di Puebla de los Angeles: "Se la Chiesa non reinterpreta la religione del popolo latinoamericano, si produrrà un vuoto che sarà occupato dalle sette, dai messianismi politici secolarizzati, dal consumismo che produce astio e indifferenza o dal pansessualismo pagano. Di nuovo la Chiesa si trova con il problema: ciò che non assume in Cristo, non viene redento e si costituisce in un nuovo idolo con vecchie malizie" (Puebla, 469).

Vorrei terminare con una parola di incoraggiamento alla dedizione e all'impegno di coloro che costituiscono la grande famiglia del CELAM. E mentre invoco su tutti voi la protezione di Maria, Madre della Chiesa, elevo la mia fervente supplica a Dio Onnipotente perché continui ad assistere con la sua grazia i Vescovi di questo continente, e vi conceda "l'audacia dei profeti, la prudenza evangelica dei pastori, la chiaroveggenza dei maestri, la sicurezza e la guida degli orientatori, la forza d'animo quali testimoni, la serenità, la pazienza e la mansuetudine di padri" (Discorso inaugurale, Puebla). Prima di concludere il nostro incontro desidero esprimere inoltre il mio cordiale saluto a tutte le persone che collaborano con i vescovi in questa sede del CELAM: ai sacerdoti, alle religiose, agli assessori laici, agli impiegati e al personale di servizio. A tutti voi e a tutti i benefattori del CELAM, alle vostre famiglie e congiunti, impartisco la Benedizione Apostolica. [Traduzione dal spagnolo]

Data: 1986-07-02 Mercoledi 2 Luglio 1986





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