GPII 1986 Insegnamenti - Alle religiose e agli istituti secolari femminili della Colombia

Alle religiose e agli istituti secolari femminili della Colombia

Solo unite a Cristo rappresentate un segno liberatore di santità


Amate religiose e persone consacrate


1. Saluto con affetto tutte voi che riempite questa bella Basilica Cattedrale di Villanueva, venute dall'Arcidiocesi di Medellin, dalla Provincia Ecclesiastica e da altri luoghi della Colombia. Ho già incontrato molte altre religiose in diversi momenti della mia visita pastorale. Il mio saluto si estende anche a tutte coloro che non hanno potuto essere presenti e che offrono la loro vita al Signore nell'infermità, nella solitudine, nelle scuole, negli ospedali, negli ospizi e, infine, nei numerosi settori della vita della Chiesa, spesso vicine ai più poveri e agli emarginati. Desidero rendere omaggio a coloro che in questi servizi caritativi diedero la loro vita per Cristo, specialmente in occasione di disastri naturali o di ministeri in luoghi difficili e lontani. Beata questa Chiesa, che ha un numero considerevole di religiose e persone consacrate, felici di offrirsi al Signore, sia nella vita contemplativa che in quella attiva. Voi siete la prova evidente del vigore ecclesiale. Siete anche frutto e mandato di persone sante che vi hanno preceduto in questo cammino evangelico e in queste stesse terre colombiane. Nelle vostre menti rieccheggeranno tanti nomi che, come quello della Serva di Dio Madre Laura Montoya, offrirono generosamente la loro vita per la gloria di Dio e la salvezza delle anime.


2. So che, in preparazione di questo incontro, in questo Anno Mariano Nazionale, avete studiato con cura il Magistero pontificio sulla vita consacrata. Infatti, in molte occasioni, vi ho voluto presentare gli insegnamenti della Chiesa, indicando le attuali esigenze evangeliche per rispondere alla speranza che tutto il Popolo di Dio ripone in voi. In questa occasione, desidero invitarvi a riflettere, come farete poi in seno alle vostre comunità, su che cosa siete e che cosa rappresentate nella Chiesa e nel mondo. L'essenza profonda della vostra vita consacrata consiste, come ben sapete, in un dono permanente di Dio che si traduce in donazione sponsale e totale al Signore. Tale donazione è una risposta incondizionata ad una dichiarazione d'amore, che si nutre della fede e della preghiera, sull'esempio della Vergine Maria, modello perfetto di unione con Cristo Redentore. "Il punto diretto di riferimento è una tale vocazione è la persona viva di Gesù Cristo" (Redemptionis Donum, 6). Di fronte all'annuncio evangelico, nell'intuire la sublime missione cui era chiamata, Nostra Signora si offri come "la serva del Signore". La parola "serva" è un termine che indica generosità senza limiti, espressione di amore ardente alla volontà di Dio, atteggiamento responsabile di una personalità matura.

E' la proiezione della fecondità della fede. "Beata colei che ha creduto" (Lc 1,45), è la lode di Elisabetta a Maria.

"Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica" (Lc 8,12), è la categorica affermazione di Gesù che indica nella docile obbedienza la condizione per entrare a far parte della comunità dei "suoi" (cfr Jn 13,1). La sintesi della vostra vita, nella fedeltà e nella docilità, risuona attraverso i secoli sulle labbra di Maria con il suo canto di speranza: "Il mio spirito esulta in Dio mio Salvatore perché ha guardato l'umiltà della sua serva" (Lc 1,46).


3. Non cercate dunque altro cammino per la gioia profonda e serena della vita consacrata, perché non esiste nulla più di questo: l'abbandono attivo e responsabile in ossequio alla volontà di Dio, sia nei momenti di preghiera e di contemplazione che nei momenti di azione apostolica. Attraverso la preghiera contemplativa - come la Santissima Vergine, che custodiva e meditava nell'intimo del suo cuore la Parola di Dio (cfr Lc 2,19 Lc 2,51) - diventate testimoni audaci della presenza del Signore, e siete i segni, dinanzi al mondo, dell'incontro definitivo con Lui. La capacità di contemplazione si trasforma in voi in capacità di influenza evangelizzatrice; la capacità del silenzio si trasforma in voi in capacità di ascolto e di donazione ai fratelli.

Tutto questo si compendia nello spirito e nella pratica dei consigli evangelici, soprattutto attraverso la professione di tali consigli dinanzi alla Chiesa. Non permettete che i voti di povertà, castità e obbedienza perdano il loro genuino significato religioso che è di seguire il Vangelo alla luce della fede.

Non ignorate che esiste, talvolta, una certa tendenza a svuotare il vero contenuto evangelico di tali voti. La vostra vita comunitaria e il vostro specifico carisma saranno la migliore scuola per imparare l'autenticità del seguire Cristo e perseverare in lui.


4. Nella vita consacrata, la castità o verginità è "l'espressione dell'amore sponsale per il Redentore stesso" (Redemptionis Donum, 11); siete sposate a Cristo che vi chiama all'incontro con lui non solo nella contemplazione, ma anche negli innumerevoli ambiti della carità. La povertà evangelica è disprezzo nei confronti di tutte le cose materiali per dare se stessi con amore al Signore; attraverso questa povertà fate dunque dono di voi stesse per tutti i fratelli, ad imitazione di "Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi" (2Co 8,9).

L'obbedienza può intendersi e viversi solo come partecipazione sponsale all'immolazione di Cristo, che "umilio se stesso, facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce" (Ph 2,8). In mezzo alla comunità ecclesiale siete un segno peculiare di Cristo crocifisso per amore; questa è la vostra teologia della croce. Tutti i fratelli, ma specialmente i poveri e coloro che soffrono, devono vedere in voi il modo di guardare, amare, ascoltare, vivere e servire Cristo, Buon Pastore, che visse e mori amando e perdonando. Si, amate sorelle: voi stesse potete testimoniare quanta forza e gioia produce la vera donazione. Quando si pretende di sradicare la croce dal sacrificio della vita consacrata, essa diventa sterile. Invece della gioia serena e contagiosa, propria dell'esperienza dell'intimità col Signore e della vita dello spirito, aumentano l'amarezza e la sensazione di frustrazione. La sofferenza si vince amando e trovando in essa un modo nuovo di servire gli uomini. La gioia della maternità spirituale, che è gioia dello Spirito Santo, nasce nel cuore solo quando si è saputa trasformare la sofferenza in donazione e servizio (cfr Jn 16,21-22). "Quanto più fervorosamente si uniscono a Cristo con questa donazione di sé che abbraccia tutta la vita, tanto più si arricchisce la vita della Chiesa e il suo apostolato diviene più vigorosamente fecondo" (PC 1).


5. Solo unite a Cristo rappresentate un segno liberatore di santità, come quello di Maria, portatrice di Cristo in ogni momento, "il segnale grandioso" (Ap 12,1), "Stella dell'evangelizzazione" (EN 82). La Buona Novella è Cristo, morto e risorto; per questo potrete evangelizzare solo se lo portate nei vostri cuori e lo manifestate nella vostra vita. Il Signore vuole manifestarsi quale è e visse: casto, povero, obbediente, per dare la vita per il mondo "secondo il mandato del Padre" (cfr Jn 10,18). La sfida che il mondo di oggi lancia alla Chiesa, mirando a una speranza liberatrice, si risolve solo presentando una vita che manifesta le beatitudini, vale a dire, il messaggio evangelico di reagire amando in ogni circostanza. Pertanto è necessario fare della vostra vita un Magnificat, cioè, un "si" gioioso, un canto alla misericordia divina che libera i poveri. Ma questo Magnificat è possibile solo quando si offre la propria vita nell'atteggiamento di "restare in piedi", come Maria, presso la croce di Cristo. Questa è la vostra teologia della croce.


6. Annunciate il Signore con la vostra vita e con il vostro lavoro, sempre in comunione con la Chiesa. Mantenete invulnerabili l'unità con il successore di Pietro e con i vescovi, successori degli apostoli, con apertura e sincera sottomissione al Magistero. La Chiesa vuole che vi nutriate con il pane della parola di Dio, quale si predica e si vive nella Chiesa. così potrete sentirvi in chiara sintonia con i genuini valori del Concilio e delle Conferenze di Medellin e Puebla. La vostra consacrazione non si può comprendere senza un grande amore per la Chiesa, come abbiamo ricordato nell'Esortazione Apostolica "Redemptionis Donum": "Nell'apostolato, che svolgono le persone consacrate, il loro amore sponsale per Cristo diventa in modo quasi organico amore per la Chiesa come Corpo di Cristo, per la Chiesa come Popolo di Dio, per la Chiesa che è insieme sposa e madre" (n. 15). Questo amore per la Chiesa, così radicato nei vostri cuori trova in Maria la sua personificazione, figura e modello. Perseverando con lei nei momenti del Calvario, sentirete che la Chiesa è il frutto dell'amore di Cristo Sposo morto in Croce, dal cui costato escono sangue e acqua (cfr Jn 19,34). Dando la vita per la sua sposa la Chiesa (cfr Ep 5,25), Cristo sposo le ha trasmesso l'acqua di vita dello Spirito. Con Maria, nei momenti del Cenacolo, saprete comprendere e vivere la natura missionaria della madre Chiesa che si prepara continuamente a ricevere nuove grazie dallo Spirito Santo (cfr Ac 1,14) e per essere "sacramento universale di salvezza" (AGD 1). La Chiesa ripone dunque nella vita consacrata una grande fiducia. Quale fermento di rinnovamento e perennità per la Chiesa viene dalla vita silenziosa e appartata del chiostro, in cui le anime elette si offrono a Dio nella contemplazione, nella lode, nel sacrificio! La vostra partecipazione all'apostolato della Chiesa nasce dal vostro amore sponsale a Cristo. Essendo fedeli alla comunione con la Chiesa, sempre in pronta collaborazione con i vescovi come principio di unità nelle loro Chiese particolari, saprete e potrete collaborare con piena disponibilità all'evangelizzazione di tutti i popoli, aiutando principalmente le comunità ecclesiali più bisognose. Sarete così uno stimolo efficace in questa ora missionaria dell'America Latina.


7. Chiedo a tutte le presenti che prestino generosamente la loro collaborazione ai pastori, secondo le caratteristiche del proprio carisma, per l'animazione spirituale e apostolica di tutta la comunità ecclesiale. Le Superiore, seguendo le indicazioni della Santa Sede e dei Vescovi, veglieranno affinché una così preziosa eredità del Signore, qual è la vita consacrata, conservi sempre lo spirito della vocazione dell'adesione radicale a Cristo. "Il mondo ha bisogno dell'autentica "contraddizione" della consacrazione religiosa... e di questa testimonianza di amore" (Redemptionis Donum, 14). E' questo uno stimolo costante a prestare la più accurata attenzione a tutte le persone consacrate, mediante la formazione permanente, nella direzione spirituale, nella cura sollecita dei carismi ricevuti.

Che la Vergine Maria vi conduca sempre per mano, amate serve del Signore, e susciti tra voi aneliti di santità evangelica come quelli che, attraverso i vostri fondatori e fondatrici, diedero origine al vostro stile di vita consacrata e missionaria in questa benedetta terra di Colombia. Vi benedico tutte di cuore. [Traduzione dal spagnolo]]

Data: 1986-07-05 Sabato 5 Luglio 1986




Agli intellettuali - Medellin (Colombia)

L'università al servizio di una nuova società


Signor cardinale, eccellentissimi ed illustrissimi signori, signori rettori, consigli direttivi e professori responsabili della pastorale universitaria, amici della cultura e della scienza, cari studenti. Alla fine di un'intensa giornata, al termine della mia visita a Medellin, non posso lasciare questa amata città senza incontrarmi con voi, uomini e donne di scienza e di cultura. Lo sento come un necessario omaggio che il Papa e la Chiesa vi devono, e come un gesto vostro di accogliere come naturale e ovvia la presenza della Chiesa e del Papa. Permettetemi che a questo motivo ne aggiunga un altro di ordine, per così dire vitale: l'incontro con i giovani, i numerosi giovani studenti, di cui ora posso incontrare solo alcuni rappresentanti; mercoledi scorso, nel "El Campin" di Bogota, ho avuto la gioia di sentirvi molto vicini e in gran numero. La Chiesa ha bisogno della cultura, come la cultura ha bisogno della Chiesa. L'ho già detto in altre occasioni e lo ripeto ora a voi, aggiungendo che la Chiesa, nella scelta e scambio di beni tra fede e cultura, fa una scelta preferenziale verso i giovani (cfr Puebla, 1186) e aspetta da loro, a sua volta, un'adesione preferenziale. Eccomi qui dunque per condividere con voi alcune riflessioni su questa realtà fondamentale nella vita degli uomini e dei popoli, che è la cultura.


1. L'università centro ideale per la maturazione di nuova cultura L'università è un centro ideale per la maturazione di una nuova cultura.

I giovani mettono in questo processo la forza vitale e la sollecitudine necessarie per portare a termine una trasformazione qualitativa. E' un fatto che le università come tali, sia rispetto all'insieme di professori e studenti, sia come centri dove il sapere, considerato nel suo insieme diventa oggetto di ricerca, insegnamento e apprendimento, sono un campo propizio, per orientare efficacemente la cultura e la società di una nazione, di un continente. Per questo anche la Chiesa, con il dovuto rispetto per le reciproche autonomie, vuole rinnovare e rafforzare i vincoli che la legano alle università colombiane fin dal momento della loro fondazione. Il vostro paese annovera 50 università, senza contare gli istituti, i centri di ricerca, le accademie, i musei, ecc. Si tratta di un importante patrimonio di scienza e di cultura, motivo di giustificato orgoglio, ma al tempo stesso strumento di grave responsabilità dinanzi a Dio e al popolo colombiano per il futuro di questa nobile nazione. Guardate con speranza al futuro, pero anche con un ponderato senso di realismo e di lealtà. L'università deve servire al paese nello sforzo comune per costruire una società nuova, libera, responsabile, cosciente del proprio patrimonio culturale, giusta, fraterna, partecipe, dove l'uomo, integralmente considerato, sia sempre l'unità-misura del progresso. Nel cammino verso questa splendida meta bisognerà superare gravi difficoltà, che voi ben conoscete. La Chiesa vi accompagna in virtù della missione soprannaturale che le affido il suo fondatore. In questo senso sente il suo ministero come connaturale con l'università e la considera un'"opzione chiave e funzionale dell'evangelizzazione" (Puebla, 1055) non per ansia di dominio ma per un servizio all'uomo. La cultura, infatti, come ho avuto occasione di sottolineare alcuni anni fa nella mia visita all'Unesco, deve condurre l'uomo alla sua piena realizzazione nella sua trascendenza rispetto alle cose, deve impedire che si dissolva nel materialismo di qualsiasi specie e nel consumismo o che sia distrutto da una scienza e da una tecnologia al servizio della cupidigia e della violenza di poteri oppressivi, nemici dell'uomo. E' necessario che gli uomini e le donne di cultura siano dotati non solo di comprovata competenza, ma anche di una chiara e solida coscienza morale, per mezzo delle quali non dovranno subordinare la propria azione agli "imperativi apparenti", oggi dominanti; ma invece servano con amore l'uomo, "l'uomo e la sua autorità morale, che proviene dalla verità dei suoi principi e dalla conformità dei suoi atti con questi principi" (Discorso all'Unesco, 2 giugno 1980, n. 11). L'università, che per vocazione deve essere un'istituzione disinteressata e libera, si presenta come una delle istituzioni della società moderna capaci di difendere, insieme alla Chiesa, l'uomo come tale; senza sotterfugi, senza nessun altro pretesto e per il solo motivo che l'uomo ha un'unica dignità e merita di essere stimato per se stesso. Dedicate pertanto, in dialogo fecondo con la Chiesa locale e universale, ogni mezzo legittimo per questa nobile finalità: insegnamento, ricerca, atteggiamento di ascolto e di collaborazione, disponibilità a cambiare e a ricominciare nuovamente con pazienza.


2. Servizio all'approfondimento della identità culturale In questo nobile impegno di difesa e promozione dell'uomo integrale, voi prestate un servizio alla presa di coscienza e all'approfondimento dell'identità culturale del vostro popolo. L'identità culturale è un concetto dinamico e critico: è un processo nel quale si ricrea nel momento presente un patrimonio passato e lo si proietta nel futuro, perché sia assimilato dalle nuove generazioni. In questo modo si garantisce l'identità e il progresso di un gruppo sociale. La cultura, esigenza tipicamente umana, è uno degli elementi fondamentali costitutivi dell'identità di un popolo. E' qui che affondano le radici della sua volontà di essere tale. Essa è l'espressione completa della sua realtà vitale e la abbraccia nella sua totalità: valori, strutture, persone.

perciò l'evangelizzazione della cultura è il modo più radicale, globale e profondo di evangelizzare un popolo. Ci sono valori tipici che caratterizzano la cultura latinoamericana, quali, fra gli altri, il desiderio di cambiamento, la coscienza della propria dignità sociale e politica, gli sforzi di organizzazione comunitaria, soprattutto nei settori popolari, il crescente interesse e il rispetto dell'originalità delle culture indigene, la potenzialità economica per far fronte alle situazioni di estrema povertà, le grandi doti di umanità che si manifestano, soprattutto, nella disponibilità ad accogliere le persone, a condividere quello che si possiede e a essere solidali nelle disgrazie (cfr.Puebla, 1721). Basandosi su questi valori sicuri si possono affrontare le sfide del nostro tempo: il movimento migratorio dalle campagne alle città, l'influsso dei mezzi di comunicazione sociale con i loro nuovi modelli culturali, la legittima aspirazione di promozione della donna, l'avvento della società industriale; le ideologie materialistiche, il problema dell'ingiustizia e della violenza... In questo contesto del servizio all'identità culturale del vostro popolo, non è fuori luogo ricordarvi che "l'educazione è un'attività umana nell'ordine della cultura" (Puebla, 1024); non solo perché è il suo "primo ed essenziale compito" (Discorso all'Unesco, n. 11), ma anche perché l'educazione gioca un ruolo attivo, critico e arricchente della stessa cultura. L'università, essendo luogo eminente di educazione in tutte le sue componenti - persone, idee, istituzioni - può fornire un contributo che va oltre la pura coscienza dell'identità culturale nazionale e popolare. L'educazione, in quanto tale, da essa impartita, può offrire un approfondimento e un arricchimento della cultura stessa del paese.


3. Fede e cultura Nel rivolgermi oggi a voi, degni rappresentanti del mondo intellettuale e culturale colombiano, e specialmente ai laici impegnati, desidero lanciare un appello a partecipare attivamente alla creazione e alla difesa di un'autentica cultura della verità, del bene e della bellezza, della libertà e del progresso, che possa contribuire al dialogo fra scienza e fede, cultura cristiana, cultura locale e civiltà universale. La cultura presuppone ed esige una "visione integrale dell'uomo inteso nella totalità delle sue capacità morali e spirituali, nella pienezza della sua vocazione. E' qui che affonda le sue radici il nesso profondo, "la relazione organica e costitutiva", che unisce fra loro la fede cristiana e la cultura umana" (Discorso all'Unesco, n. 9): la fede offre la visione profonda dell'uomo di cui la cultura ha bisogno; anzi, solo essa può fornire alla cultura il suo fondamento ultimo e radicale. Nella fede cristiana la cultura può trovare alimento e ispirazione definitiva. Ma il nesso tra fede e cultura agisce anche in direzione inversa. La fede non è una realtà eterea ed estranea alla storia, che, in un atto di pura liberalità, offre la sua luce alla cultura, restando pero ad essa indifferente. Al contrario, la fede si vive nella realtà concreta e in essa e attraverso essa prende corpo. "La sintesi tra cultura e fede non è solo un'esigenza della cultura, ma anche della fede... Una fede che non si fa cultura è una fede non accolta pienamente, non interamente pensata, non vissuta fedelmente" (Discorso all'Unesco, n. 9). La fede impegna l'uomo nella totalità del suo essere e delle sue aspirazioni. Una fede che si situasse al margine dell'umano e, pertanto, della cultura sarebbe una fede infedele alla pienezza di quanto la parola di Dio manifesta e rivela, una fede decapitata, più ancora, una fede in processo di autodissoluzione. La fede, ancorché trascenda la cultura e per il fatto stesso di trascenderla e rivelare il destino divino ed eterno dell'uomo, crea e genera cultura.


4. Funzione delle università cattoliche In questo dialogo tra fede e cultura, spetta in modo particolare alle università cattoliche colombiane un servizio particolare alla Chiesa e alla società. Il loro-primo obbligo consiste nel riflettere, senza mascherarla, la propria identità cattolica, trovando il proprio "significato ultimo e profondo in Cristo, nel suo messaggio salvifico, che abbraccia l'uomo nella sua totalità" e cercando di costruire fra tutti una "famiglia universitaria" (Discorso agli universitari cattolici, Messico, 31 gennaio 1979, n. 2a-3). In questa cornice si colloca - con le caratteristiche che le sono proprie - la pastorale universitaria. Apostolato difficile, ma urgente e ricco di possibilità. Ben lo sapete voi, responsabili di questa importante attività della Chiesa locale, che dedicate ad essa generosamente tempo ed energie. Vi esorto vivamente a proseguire nei vostri sforzi intesi a realizzare, in spirito di collaborazione e senso ecclesiale, un'efficace presenza pastorale nelle università, siano queste pubbliche o private. Le università cattoliche lavorino, in sano e leale spirito di emulazione con le altre università, per potenziare il livello scientifico e tecnico delle loro facoltà e dipartimenti, la competenza e lo zelo dei professori, degli studenti e del personale ausiliario. Collaborino attivamente con gli altri centri universitari, mantenendo un reciproco scambio; siano inoltre presenti negli organismi interuniversitari nazionali e internazionali. Mantengano frequenti contatti con la Congregazione per l'educazione cattolica e con il Pontificio Consiglio per la cultura. In tal modo contribuiranno, attivamente ed efficacemente alla promozione e al rinnovamento della vostra cultura, trasformandola con la forza evangelica e integrando in armoniosa unità gli elementi nazionali, umani e cristiani. Permettete che nella presente occasione rivolga un saluto di elogio alla benemerita Università Pontificia Bolivariana di questa città di Medellin, che celebra il 50° anniversario della sua fondazione. Essa gode di un solido prestigio in Colombia per le sue iniziative culturali al servizio della regione di Antioquia e di tutto il Paese. Giungano le mie cordiali congratulazioni a tutti voi, al signor cardinale e gran cancelliere, al signor rettore, al consiglio direttivo, al gruppo dei fondatori, agli ex alunni e ai delegati e agli studenti qui presenti, insieme ai miei fervidi voti che quale avanguardia della Chiesa particolare di Medellin possano raggiungere le mete che ho proposto.


5. Conclusione Giunto ormai il momento di salutarci, non posso farlo senza prima esprimere a tutti i presenti la mia gratitudine per il vostro impegno e per il contributo in favore della cultura e della scienza. Vi chiedo di trasmettere a tutti i vostri colleghi la gratitudine del Papa e della Chiesa. La Chiesa ha bisogno di voi! Dico ancora di più: la Chiesa ha bisogno dell'America Latina! Ormai alle porte del terzo millennio cristiano, e nella preparazione imminente del V centenario dell'evangelizzazione dell'America, desidero esprimere, dalla Colombia, l'augurio che, in benefico scambio, giungano alla Chiesa universale i doni delle varie, ricche e originali culture latimoamericane, nelle quali il cristianesimo si è incarnato in maniera profonda.

Alle mie parole d'incoraggiamento per il vostro meritevole lavoro, unisco la mia preghiera all'Onnipotente affinché vi assista nei vostri compiti, mentre benedico di cuore tutti i presenti, le istituzioni che rappresentate, e le vostre famiglie.

Data: 1986-07-05 Sabato 5 Luglio 1986




Preghiera per le vittime di Armero - Armero (Columbia)

Caddero come frumento nelle viscere della terra


Padre celeste, dal quale procede ogni bene, ricevi benigno nel tuo seno misericordioso tanti fratelli nostri qui sepolti dalle forze scaturite dalla natura. Conducili alla dimora eterna che Gesù, tuo Figlio, ha preparato a coloro che lo riconoscono come tuo inviato e lo servono con amore, scoprendo la sua presenza nei fratelli più piccoli. Questi tuoi figli, Padre di bontà, caddero come frumento nelle viscere della terra per germogliare nella risurrezione dei morti. Essi credettero e sperarono in te; ricevettero il battesimo di rigenerazione, si nutrirono con l'Eucaristia che è principio di immortalità, vissero nell'amore con il quale tu premi eternamente. Padre, ricco di misericordia, consola il dolore di tante famiglie, asciuga le lacrime di tanti fratelli, proteggi la solitudine di tanti orfani.

Infondi a tutti coraggio e speranza perché il dolore si trasformi in gioia e la morte, nella fede, sia principio di vita nuova. Fa' che mediante la solidarietà, il lavoro e la costanza delle genti di questa terra sorga, come fra le ceneri, una nuova città di figli tuoi e di fratelli, dove regni la fraternità, si rinnovino le famiglie, si colmino di pane le mense e di canti i focolari e i campi. Benedici questa croce elevata qui come segno della nostra redenzione, baluardo di speranza, simbolo della morte e della vita, del dolore e della gioia.

Questa croce è il trono di Cristo, tuo Figlio, dalla quale, elevato, egli regna attirando tutte le cose verso di sé. Che tutti gli sguardi si rivolgano a questa croce, albero di vita, punto di unione fra la terra e il cielo, dove si ottiene la riconciliazione e rinasce la speranza. Vicino alla croce e al dolore di ciascuno ci sia sempre Maria, la Madre di Gesù, per accompagnarci in tutte le pene, per incoraggiarci col suo sguardo materno, per aiutarci a costruire una nuova società con la civiltà dell'amore.

Te lo chiediamo per Gesù Cristo tuo Figlio, credere nel quale è vivere, e servire il quale è regnare. Egli vive e regna con te nell'unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen

Data: 1986-07-06 Domenica 6 Luglio 1986




Ai superstiti del recente terremoto - Lérida (Columbia)

Sono venuto per seminare nei cuori parole di fede e speranza


Signor Presidente della Repubblica, cari fratelli nell'episcopato, autorità dipartimentali, giunta direttiva della ricostruzione, amatissimi fratelli e sorelle. La catastrofe che il vulcano Nevado del Ruiz ha provocato, soprattutto ad Armero e Chinchina, ha commosso profondamente il mio cuore. Man mano che mi giungevano le notizie della tragedia - tanti morti, tante famiglie spezzate, tanti uomini e donne abbandonati, tanti bambini orfani - insieme alla mia fervente preghiera al Signore, nasceva nel mio spirito il desiderio di visitare i luoghi nei quali si trovavano sepolte migliaia di vittime. Grazie alla misericordia di Dio quel desiderio si è realizzato e oggi mi trovo qui tra voi come padre e pastore che peregrina nel mondo della sofferenza. Sono qui insieme alla Chiesa della Colombia e unito solidalmente a tutta la nazione. Dopo aver pregato per le vittime della strage di Armero, sono venuto fino a Lérida per ricordare e riflettere con voi, danneggiati e familiari di coloro che persero la vita, sul senso cristiano e salvifico del dolore, che accompagna sempre l'uomo, come la croce accompagno Cristo e fu il fondamento della sua glorificazione (cfr. Lettera apostolica "Salvifici Doloris"). Sono venuto per seminare nei vostri cuori di credenti parole di speranza: si, sono portatore del Vangelo, che dalla fede proietta la sua luce sul mistero della sofferenza e apre prospettive incommensurabili di rassegnazione consapevole, di coraggio e di pace.

Vorrei che le mie condoglianze e il mio affetto giungessero in ciascuna delle vostre case per condividere le vostre pene e dirvi: volgete il vostro volto sofferente al Signore, a Gesù crocifisso e risorto, che è fonte di conforto e di speranza pasquale. Una speranza che si ispiri al Vangelo e che vi porti a guardare con fiducia verso il futuro. La nuova città che sta sorgendo qui a Lérida, deve essere un canto alla laboriosità e alla fede in Dio. Tante persone di buona volontà nella Colombia e nel mondo vi hanno accompagnati con un cuore solidale, nelle ore del dolore e della prova. Vi ha accompagnati la Chiesa e la presenza del Papa qui, in mezzo a voi, vuole essere un segno di sollecitudine pastorale, di vicinanza e di amore. Con i vostri sforzi e con quelli di tutti i colombiani, la città che qui sorge deve rappresentare una sfida e un invito a gettare, fin dall'inizio, le fondamenta di una società che cresca e si sviluppi secondo le esigenze della civiltà dell'amore, alla quale ho fatto riferimento nel corso di questa visita pastorale in Colombia. così come si stanno creando le basi per una nuova struttura urbanistica, sociale, lavorativa, ecc., allo stesso modo si deve aver cura di tutto quello che riguarda lo sviluppo integrale delle persone, e particolarmente alla necessità di una proiezione cristiana che incoraggi tutte le attività che vengono intraprese.

Partecipate attivamente a questa impresa di tanta importanza con grande fiducia nella Provvidenza divina, in voi stessi e nella società. Nella visita che ho appena fatto ad Armero ho voluto pregare per i defunti affinché Dio conceda loro il riposo eterno. Desidero pregare anche per voi, danneggiati e familiari delle vittime, affinché Dio vi dia la fede, la comprensione e l'amore aprendo le vostre vite alla prospettiva di un futuro migliore. Benedico tutte le famiglie che soffrono per la scomparsa dei loro cari.

Benedico tutti gli amati figli di questa regione e del dipartimento di Tolima. Che la benedizione che vi imparto nel nome di Dio onnipotente, Signore della vita e della storia, vi infonda nuove energie per continuare nel vostro cammino con decisione, con rettitudine e con speranza cristiana.

Data: 1986-07-06 Domenica 6 Luglio 1986




Omelia per i laici colombiani - Bucaramanga (Columbia)

Laici trasformatori del mondo secondo i valori del Vangelo


Amati confratelli nell'episcopato, amatissimi figli e figlie.


1. "Grazia a voi e pace da parte di Dio, Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo" (Ga 1,3). Ricevete tutti un cordiale saluto di pace e di fraternità in Cristo! Elevo il mio fervente rendimento di grazie a Dio, che mi ha concesso la gioia di questo incontro con tanti fedeli figli della Chiesa che vivono e lavorano in queste terre montagnose di Santander. Uomini e donne che custodiscono nei loro cuori, come in un sacro reliquiario, il tesoro della fede e dell'amore a Cristo.

Popoli di ardente devozione alla Vergine Maria, conservata come tradizione benedetta nel santuario delle famiglie. Che Dio benedica questi popoli con famiglie cristiane perché siano scuola di virtù e di lavoro, templi di fede e di preghiera. Pace alle vostre case! (cfr Lc 10,5). Il mio saluto giunga ai pastori delle province ecclesiastiche di Bucaramanga e di Nueva Pamplona. Pace e bene al popolo di Dio di queste due arcidiocesi e delle diocesi di Arauca, Barrancabermeja, Cucuta, Ocana, Socorro e San Gil, e della prelatura di Tibu. Saluto anche di tutto cuore i rappresentanti dei laici di tutto il paese, convocati e riuniti in questa città di Bucaramanga.

Con fede ed entusiasmo avete esclamato nel salmo responsoriale: "Gesù, Gesù, io sono qui". Con queste parole avete voluto proclamare la vostra disponibilità e dedizione alla causa del Vangelo. Nella narrazione dell'evangelista san Luca, che abbiamo or ora ascoltato, il Signore designa e invia settantadue discepoli a tutti i popoli e in tutti i luoghi in cui pensava di andare. Oltre ai dodici apostoli, seguendo la sua testimonianza, molti altri sono chiamati e inviati dal Signore perché attraverso i secoli fino ai nostri giorni fossero precursori, messaggeri e testimoni che annunciano la presenza e la venuta di Cristo e proclamano l'avvento del regno di Dio. Voi fate parte di questa moltitudine ininterrotta di discepoli che, di generazione in generazione, in tutti i popoli e le città, in tutte le culture, gli ambienti e le nazioni, sono testimoni e araldi dell'approssimarsi di questo regno di verità e di vita, regno di santità e di grazia, regno di giustizia, di amore e di pace (cfr LG 36). Ripetete ancora una volta con forza, qui a Bucaramanga, affinché l'eco risuoni in tutti gli angoli della Colombia: "Gesù, Gesù, io sono qui". Siamo qui come discepoli; siamo qui come "Christifideles"!


2. Questo è il primo titolo di dignità e responsabilità con cui il Concilio Vaticano II nomina i laici, nella comunione di tutti i fratelli nella fede. Con la presenza e ispirazione vigorose dello Spirito di Dio, il Concilio Vaticano II volle essere un'eco rinnovata e potente di questo appello di Cristo per mobilitare le energie cristiane di tutti i battezzati, per convocarli alla santità degli autentici discepoli, per inviarli sui sentieri dell'uomo con l'impeto di una "nuova evangelizzazione", per animarli nello sforzo di creazione di forme di vita più degne dell'uomo verso l'orizzonte di una civiltà dell'amore.

Ma, come riconoscevano anche i padri conciliari, "la messe è molta, ma gli operai sono pochi" (Lc 10,2). Il campo di lavoro che si apre oggi dinanzi agli occhi dell'apostolo è immenso e, al tempo stesso, vario e complesso. Non mancano le città che, ieri come oggi, non ascoltano e rifiutano i discepoli del Signore, inviati "come agnelli in mezzo a lupi" (Lc 10,3). Il materialismo, il consumismo, il secolarismo hanno offuscato e indurito il cuore di molti uomini. Ma vi sono molte case e città che vivono nella legge del Signore, che ricevono "come un fiume la prosperità", secondo le parole del profeta Isaia (Is 66,12). La messe è abbondante! Occorrono molte braccia che lavorino alla costruzione del regno di Dio! Per questo il Concilio Vaticano II sottolineo con chiarezza e forza particolari, che ogni vocazione cristiana è, per sua stessa natura, vocazione all'apostolato (cfr. AA 3), invitando tutti i laici a riscoprire la loro dignità battesimale di discepoli del Signore, di operai della messe, e a ravvivare la loro responsabilità apostolica di fronte alla grandezza del compito.


3. Per mezzo del Battesimo e della Cresima, della partecipazione al sacerdozio di Cristo, come membri vivi del suo corpo, i laici partecipano alla comunione e alla missione della Chiesa. La Chiesa vuole e ha bisogno di laici santi che siano discepoli e testimoni di Cristo, costruttori di comunità cristiane, trasformatori del mondo secondo i valori del Vangelo. Guidati dai vostri pastori, siete tutti invitati a partecipare attivamente a questa missione di salvezza: giovani, anziani, poveri e ricchi, uomini e donne, eruditi e illetterati. Per tutti vi è un compito nella missione di annunciare che "è vicino a voi il regno di Dio" (Lc 10,9). Il campo di attività del laico nella missione della Chiesa si estende a tutti gli ambienti e situazioni della convivenza umana. così affermo il mio venerato predecessore Paolo VI nell'esortazione apostolica "Evangelii Nuntiandi" (EN 70): "Il campo proprio della loro attività evangelizzatrice è il mondo vasto e complicato della politica, della realtà sociale, dell'economia; così pure della cultura, delle scienze e delle arti, della vita internazionale, degli strumenti della comunicazione sociale; e anche di altre realtà particolarmente aperte all'evangelizzazione, quali l'amore, la famiglia, l'educazione dei bambini e degli adolescenti, il lavoro professionale, la sofferenza". Voi laici, fedeli alla vostra identità secolare, dovete vivere nel mondo come nel vostro ambiente e realizzare qui una presenza attiva ed evangelica, dinamica e trasformatrice, come il lievito nell'impasto, come il sale che dà senso cristiano alla vita del lavoro, come la luce che brilla nelle tenebre dell'indipendenza, dell'egoismo e dell'odio.


4. Ciò si traduce, qui e ora, per la Colombia, nell'impegno e nel contributo dei cristiani laici per garantire condizioni economiche, sociali, culturali e religiose che favoriscano l'unità e la stabilità delle famiglie, che rafforzino il senso di rispetto nei confronti della vita, che attacchino le cause profonde della violenza e del terrorismo, che combattano tutte le forme di corruzione del tessuto sociale; che portino avanti con coraggio modelli e strategie di sviluppo in grado di superare gradualmente situazioni stridenti di ingiustizia, disuguaglianza, emarginazione e povertà; che promuovano l'iniziativa, l'autogestione, la corresponsabilità e la partecipazione alla vita pubblica; che significhino il lavoro e lo estendano sempre più come diritto di tutti; che abbiano orizzonti ampi nel dialogo, nella solidarietà e nell'integrazione della grande famiglia latinoamericana. La Conferenza di Puebla ha segnalato la contraddizione esistente tra il sostrato culturale cattolico a livello popolare e nazionale, e le "strutture" sociali, economiche e politiche che manifestano e generano ingiustizie derivate dal peccato. Urge, dunque, che si metta in pratica con maggiore dedizione, creatività ed efficacia questa opzione di Puebla a favore dell'evangelizzazione e della crescita cristiana dei laici costruttori della società". Le sfide che si presentano in questo scorcio del secondo millennio cristiano sono enormi e complesse. Non dobbiamo stancarci, dunque, di pregare "il Padrone della messe perché mandi operai per la sua messe" (Lc 10,2).


5. La presenza e il contributo del cristiano laico alla vita multiforme della società colombiana non possono essere dissociati dalla sua partecipazione in seno alle comunità cristiane. Tutto il contrario! La forza costruttrice e liberatrice della presenza dei cristiani nell'ordine sociale, l'identità e l'originalità del loro contributo, si ispira e si alimenta dal suo profondo radicamento e dalla sua partecipazione nella comunione ecclesiale. La fonte di ogni apostolato e, in special modo, dell'animazione cristiana del regno temporale, si trova nell'intima unione del credente con Cristo. Laico colombiano, Cristo ti chiama! Cristo ti aspetta perché contribuisca anche tu all'edificazione del regno di Dio. Occorre, dunque, incoraggiare l'intensità e la molteplicità di forme di partecipazione dei laici alle comunità cristiane, alla loro vita liturgica, ai loro programmi e consigli pastorali, ai loro ministeri laicali, alla pratica e alla testimonianza della carità. Occorre superare ogni separazione tra fede e vita. La formazione cristiana dei laici richiede una pedagogia pastorale che illumini e orienti tutta la loro vita con la luce e la forza della fede. La fede professata deve trasformarsi in vita cristiana. Prevalga sempre l'unità e la comunione ecclesiale nella verità e nella carità, sotto la guida dei vescovi, padri e maestri nella fede. Nell'obbedienza ai pastori e alla sana dottrina, i laici sappiano reagire ad ogni tentativo o manipolazione che cerchi di seminare la divisione e la discordia.

"Domandate pace per Gerusalemme" (Ps 121,6) abbiamo recitato nel salmo responsoriale; che da nuova Gerusalemme che è la Chiesa, sia "come città salda e compatta" (Ps 121,3) nella fraternità e nell'amore.


6. Rivolgendomi a uomini e donne, cristiani impegnati nella Colombia, desidero porgere un saluto particolare ai membri del Consiglio nazionale dei laici. So che questo organismo può già contare su molti anni di servizio attivo in intima collaborazione con la Conferenza episcopale. Incoraggio tutti affinché il prossimo Sinodo dei vescovi, del 1987, che verterà su "La vocazione e la missione dei laici nella Chiesa e nella società", contribuisca a mobilitare, a partire dalla visita del Papa, nuove energie di santità e apostolato che rendano sempre più feconda la sua missione. Desidero inoltre rivolgere una parola di saluto, riconoscenza e omaggio alla donna colombiana; alla donna di tutta l'America Latina. A giusto titolo è stato detto che la donna ha avuto un ruolo provvidenziale nella conservazione della fede dei popoli latinoamericani di generazione in generazione. Umili e forti donne del popolo cristiano, sono state e continuano ad essere come angeli custodi dell'anima cristiana dell'America Latina; maestre di fede, discrete, perseveranti e fedeli, nella famiglia e nella comunità nazionale. A imitazione di Maria, la piena di grazia, che incarno il Vangelo e ci affido a Gesù, frutto benedetto del suo seno, la donna cristiana ha nei disegni divini una missione molto importante da adempiere nella storia della salvezza. Lo conferma la storia dell'evangelizzazione in questo continente della speranza.


7. Cari figli, fratelli, amici: porto nel cuore la testimonianza della vostra disponibilità e sollecitudine ad accogliere l'appello del Signore e diventare suoi discepoli, coscienti che la messe è molta e gli operai sono pochi. Porto con me l'eco del vostro canto, che è preghiera e impegno: "Gesù, Gesù, io sono qui".

Porto con me la testimonianza della vostra dedizione alla causa del Vangelo, per collocarlo dinanzi al sepolcro degli apostoli Pietro e Paolo e offrirlo, con tutta la Chiesa, a Cristo redentore e Signore della storia. Vi ricordo ancora la parola del Signore che abbiamo ascoltato in questa celebrazione eucaristica esortandovi ai due grandi amori che devono ispirare e permeare la vita del laico cristiano, la vita dell'apostolo: l'amore a Cristo crocifisso per i nostri peccati e risorto per la nostra salvezza; l'amore alla Chiesa, la Gerusalemme celeste, che come madre e maestra ci accoglie nel suo amore, ci nutre con i sacramenti, ci accompagna nel nostro cammino verso la patria definitiva. Cattolici colombiani, la messe è abbondante in questa terra feconda benedetta da Dio col seme della sua parola da quasi cinque secoli. Mentre elevo la mia fervente preghiera al Signore perché non manchino braccia né cuori generosi che vengano a lavorare nella sua messe, invoco su tutti voi la protezione della santissima Vergine e imparto con affetto la mia benedizione apostolica.

Data: 1986-07-06 Domenica 6 Luglio 1986





GPII 1986 Insegnamenti - Alle religiose e agli istituti secolari femminili della Colombia