GPII 1986 Insegnamenti - Incontro con i fedeli - Cartagena (Columbia)

Incontro con i fedeli - Cartagena (Columbia)

Incoronazione di Nostra Signora della Candelora


Cari confratelli nell'episcopato, amatissimi fratelli e sorelle.


1. Quanto è bello e significativo il canto che è appena uscito dalle vostre labbra e dal vostro cuore! "Annunceremo il tuo regno, Signore il tuo regno, Signore, il tuo regno". Dalle sponde dell'oceano, cammino provvidenziale per il Vangelo, nella storica ed eroica città di Cartagena delle Indie, saluto con affetto tutti voi che questa sera avete voluto riunirvi per commemorare e rendere grazie a Dio per l'evangelizzazione dell'America. Vi saluto, fratelli vescovi della Costa Atlantica, pastori delle sedi più antiche della Colombia e delle circoscrizioni ecclesiastiche che da esse sono nate. In particolare, l'arcivescovo di Cartagena e gli ordinari di questa provincia ecclesiastica: Magangué Monteria, Sincelejo, e Alto Sinu. Vi saluto, sacerdoti, missionari, religiosi e laici impegnati che continuate con dedizione esemplare l'opera di portare il Vangelo in tutti gli ambienti. Vi saluto, fedeli di Cartagena e della costa, che con gioia ed entusiasmo avete atteso questo incontro di fede e amore. Ci troviamo ai piedi del Cerro de la Popa, da dove la Madre di Dio, la Vergine della Candelora, la cui venerata immagine stiamo per incoronare solennemente, protegge da quasi più di quattro secoli il popolo che viene fin qui in pellegrinaggio. Questo santuario, vedetta della fede di un popolo, si erge questa sera come segno glorioso dei 500 anni trascorsi dall'inizio dell'opera evangelizzatrice della Chiesa in America sotto lo sguardo di Maria, la Vergine fedele, Madre di tutti gli uomini, vi invito ad approfondire ciò che già ho indicato nella città di Santo Domingo e cioè il significato e le prospettive della celebrazione di questo centenario, che è preceduto da una novena di anni (Discorso d'apertura della "Novena di anni", 12 ottobre 1984). Da quasi cinque secoli risuona in queste terre il salmo di lode a Dio per aver ricevuto la fede in Cristo risorto: "Lodate il Signore, popoli tutti... perché forte è il suo amore per noi"! (Ps 116,1-2).


2. I primi missionari arrivarono nelle vostre terre spinti dallo zelo ardente di far si che tutti i popoli conoscessero e vivessero la redenzione, lodando Dio per la sua bontà. Alla vista poi di immense regioni non ancora evangelizzate, si domandavano come san Paolo: "Ora come potranno invocarlo, senza aver prima creduto in lui? E come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare, senza uno che lo annunzi? E come lo annunzieranno, senza essere prima inviati?" (Rm 10,14-15). In questo modo, i primi missionari furono fedeli al mandato del Signore e alla natura missionaria della Chiesa. In virtù della sua obbedienza a Cristo, la Chiesa ha inviato incessantemente evangelizzatori in tutte le regioni della terra e in tutte le situazioni umane, a gloria di Dio e per la salvezza di tutti gli uomini (cfr AGD 1 LG 17). Annunceremo il tuo regno, Signore! Si, annunciate Cristo nella vostra vita e nella vostra cultura, partendo cioè dal Vangelo ricevuto nel più profondo del vostro essere e nelle radici del vostro modo di vivere. Il Vangelo ha permeato la vostra cultura fino al punto di farla espressione dei valori salvifici per voi, per i vostri discendenti, e anche, perché no?, per altri popoli che aspettano ancora di ricevere l'annuncio evangelico.


3. La vita delle Chiese particolari fondate in America Latina ha seguito un processo di continua crescita nella fede, mediante un ininterrotto annuncio del Vangelo che ha incontrato uomini, istituzioni e culture in cui incarnarsi, fino ad arrivare a costituire veramente un continente segnato dal marchio della fede cattolica e disposto a collaborare responsabilmente all'evangelizzazione universale. Tutti sappiamo molto bene che "la fede dipende dunque dalla predicazione e la predicazione a sua volta si attua per la parola di Cristo" (Rm 10,17). Tale fu l'encomiabile lavoro di un gruppo di predicatori bene organizzati che, spinti dal loro ardore missionario, risalirono correnti di fiumi, attraversarono montagne e solcarono valli annunciando il messaggio evangelico. In quegli anni le dottrine fondamentali del Concilio di Trento venivano riprese da modelli popolari, anche con espressioni poetiche o musicali. L'America Latina rappresenta un caso particolare di evangelizzazione, che manifesta la perseveranza, attraverso le generazioni, di una formulazione dottrinale, in uno stesso catechismo. In questo modo la fede è stata trasmessa nella famiglia, nella scuola e nella Chiesa.


4. Oggi, come un tempo, la religiosità o pietà popolare contribuisce efficacemente a presentare e propagare la fede nell'anima del popolo. L'America Latina conosce e sente vicino Dio e suo Figlio Gesù, nostro redentore, che ci ha dato sua madre Maria come nostra madre. Per questo vive in sintonia e comunione con tutta la Chiesa. Le funzioni sacre, i sacramenti, i tempi liturgici sono, per l'uomo latinoamericano, qualcosa che sente e vive come individuo, come famiglia e come gruppo sociale. Se non fosse stato per questa ardente pietà popolare, che è eminentemente eucaristica e mariana, la scarsità di sacerdoti e le grandi distanze sarebbero stati motivi sufficienti perché venisse meno la fede della prima evangelizzazione. La famiglia evangelizzata si è mantenuta ferma e unita, grazie alla preghiera, soprattutto del santo rosario, come ho ricordato e Chiquinquira.

Possa essere questa preghiera mariana fonte di unità della famiglia, oggi insidiata da tanti pericoli.


5. L'episcopato, con le sue azioni individuali e nei consigli provinciali, caratteristici dell'America Latina, ha intrapreso, come missione evangelizzatrice non secondaria, il processo di trasformazione delle condizioni sociali degli indigeni, elaborando un piano secondo il quale i nativi potevano vivere la religione cristiana e assimilare i valori di una cultura esterna senza perdere la propria. Da li nasce la religiosità latinoamericana, autenticamente meticcia.

Occorrerebbe mettere in rilievo l'opera di difesa dei diritti degli indios, intrapresa dai religiosi e missionari tra molte difficoltà, e realizzata da vescovi della levatura di Juan del Valle, Agustin de la Coruna e Luis Zapata de Cardenas, che ottennero una legislazione sociale più giusta. La Chiesa fu pioniera nello sviluppo della cultura, giacché ad essa si deve principalmente la prima creazione dell'università, l'opportuna apertura alla promozione della donna e l'iniziativa artistica e scientifica in diversi campi.

Tra le persone provvidenziali, non possiamo dimenticare, in questa città di Cartagena, due sacerdoti gesuiti, Alonso de Sandoval e san Pietro Claver, che diedero alla loro opera apostolica un orientamento tanto nuovo per il loro tempo e tanto azzardato per le autorità civili e religiose, che hanno valso a questa città il titolo di "Culla dei diritti umani". L'opera classica del padre Sandoval ha un titolo che è già tutto un programma: "De instauranda Aethiopum salute". Si trattava di una crociata che, con armi spirituali, avrebbe conquistato per Cristo una nuova razza, aprendo la strada per la futura evangelizzazione dell'Africa, per l'abolizione della schiavitù in America e per una decisa presa di posizione della Chiesa contro la segregazione razziale.


6. Questa opera liberatrice non si limito a ragionamenti scritti, ma è stata anche messa in pratica attraverso l'attività nascosta di san Pietro Claver, che si autodefini "Schiavo dei negri per sempre", secondo quanto risulta dalla formula della sua professione religiosa. Questa città di Cartagena fu testimone della sua vita, un martirio continuo di quasi 40 anni, dimostrando al mondo come la forza della fede e la grazia del sacerdozio purifica e perfeziona il carattere di una cultura, affinché gli schiavi, istruiti dalla parola di Dio e rinati spiritualmente per mezzo del battesimo, potessero ottenere la liberazione più profonda. così, per esempio, quando le navi che trasportavano gli schiavi si avvicinavano a queste coste, il primo a salire a bordo era Pietro Claver, per curare i feriti e i bisognosi. Si consacro completamente alla missione di catechizzarli pazientemente, battezzarli e difenderli con coraggio da tutti gli abusi. Ne converti migliaia e migliaia, dedicando sette ore giornaliere al ministero della riconciliazione, orientandoli spiritualmente e aiutandoli ad approfondire e assimilare le verità apprese nella catechesi. Per tutti aveva parole di amore e speranza. Quell'attività era sostenuta da una profonda vita di preghiera che durava fino a cinque ore al giorno. Veramente, quando un apostolo ama il Signore trova il tempo per colui che ama, e cioè per la preghiera e per la carità apostolica. Il santuario che ospita il suo corpo e il convento che fu la sua casa religiosa sono oggi meta di pellegrinaggi da parte di coloro che ammirano la sua opera e desiderano perpetuare nella società contemporanea la civiltà dell'amore, "ciascuno di voi... consideri gli altri superiori a se stesso senza cercare il proprio interesse, ma anche quello degli altri", e coltivando "gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù" (Ph 2,4 Ph 2,5). La storia e la vita dei popoli dell'America Latina sono state legate alla vita stessa della Chiesa. L'annuncio del Vangelo ha configurato il volto peculiare di queste amate comunità che sono state motore e garanzia del suo progresso. Sentitevi orgogliosi della vostra storia, di ciò che siete, e impegnate di più le vostre energie nel compito di una nuova evangelizzazione.


7. Cinquecento anni di presenza del Vangelo significano per questo continente molte grazie ricevute da Dio: grazie delle quali deve rendere conto la Chiesa in America Latina rispondendo con coraggio al suo impegno di evangelizzare le culture. Si riceve la forza divina del Vangelo per responsabilizzarsi in una missione evangelizzatrice senza frontiere. Il terzo millennio della storia della Chiesa si aspetta molto dall'America Latina, che la divina Provvidenza, nei suoi arcani disegni, potrebbe chiamare a svolgere un ruolo rilevante nel mondo e in tutta l'opera di evangelizzazione "ad gentes". perciò, in questo importante momento, vi esorto a un impegno congiunto di pastori e fedeli. Questo impegno missionario ha per voi una caratteristica peculiare: portare il Vangelo alle culture e situazioni umane. San Paolo, nel testo biblico con il quale abbiamo iniziato questo nostro incontro, ci ricorda che la fede si riceve nel cuore e si esprime con la bocca e con la vita: "Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza" (Rm 10,10). La bocca, la parola, diventano espressione di tutta la cultura, lo strumento per proclamare il mistero cristiano. Questo è il vero processo di "inculturazione" mediante il quale la parola della cultura di ogni popolo diventa atta a manifestare e a annunziare ai quattro venti che Cristo è il Figlio di Dio, il Salvatore, che è risorto ed è il centro della creazione e della storia umana. Pertanto la fede ricevuta nel cuore di ogni persona e di ogni popolo si esprime e vive in modo permanente nella propria cultura quando questa è stata impregnata dallo spirito evangelico, che è lo spirito delle beatitudini e del comandamento dell'amore.


8. La cultura è in relazione con la religiosità e anche con le situazioni socio-economiche e politiche. I vescovi latinoamericani riuniti a Puebla, seguendo le direttive e la pratica evangelizzatrice di san Paolo, hanno considerato l'integrazione della cultura nell'evangelizzazione secondo la visione teologica originale del dominio universale di Cristo risorto (Puebla, 407). Il discorso di san Paolo nell'Areopago di Atene diventa il paradigma di ogni "inculturazione" (cfr Ac 17,22-31). La Chiesa pertanto, insieme con il suo ineludibile atteggiamento di denuncia dei falsi idoli, ideologici o pratici, presenti in alcune manifestazioni culturali di tutti i tempi e latitudini, deve impegnarsi soprattutto per realizzare il principio della "incarnazione". Infatti Cristo ci salvo incarnandosi, facendosi simile agli uomini; per questo la Chiesa "quando annuncia il Vangelo e i popoli accolgono la fede, s'incarna in essi, assume le loro culture" (AGD 10). La missione, che è il dinamismo di Cristo presente nella Chiesa, implica esigenze di inserimento in ogni popolo, di risposta alle sue legittime aspirazioni alla luce del mistero redentore e di ricerca di mezzi concreti per evangelizzare ogni situazione culturale.


9. Nel panorama attuale della Chiesa in Colombia non mancano incentivi e segni evidenti della Provvidenza divina, che sollecitano un'azione pastorale rinnovata in vista di un migliore processo di evangelizzazione. Ricordiamo alcuni di questi segni di grazia che sono anche esigenze di rinnovamento. L'ansia crescente della parola di Dio, che si nota nelle vostre comunità e che diventa molte volte un atteggiamento di preghiera e di impegno di carità, richiede per ciò stesso una dedizione prioritaria nel campo della proclamazione della buona novella, specialmente per una catechesi a tutti i livelli, soprattutto nella famiglia e negli ambienti giovanili. Questa dedizione alla formazione catechetica porterà spontaneamente verso una celebrazione liturgica più cosciente e partecipata, che deve influire nell'esperienza di una vita nuova nello Spirito Santo, a livello personale e sociale. In questo modo, il popolo semplice, religioso per natura, troverà, nelle celebrazioni liturgiche e nella pratica della pietà popolare, motivazioni sufficienti per dare una ragione della sua fede, e gli ambienti scristianizzati troveranno canali culturali che li conducano a n nuovo incontro con il Signore. 10. Non sarà mai troppo lo sforzo dei pastori per promuovere nel cristiano una maggiore coerenza tra fede e vita. Di fronte alle trasformazioni culturali, politiche, economiche e sociali della società attuale, ci troviamo a volte ad affrontare una delle maggiori sfide della storia, che esige una nuova sintesi creativa tra il Vangelo e la vita. La Chiesa nell'America Latina, e concretamente in Colombia, è chiamata a dare uno spirito cristiano a questa situazione di cambiamenti audaci e molto rapidi. Ogni cristiano è chiamato a una partecipazione più attiva e intensa in tutti i campi della società attuale. Bisogna riscoprire e vivere quindi con più autenticità le virtù che ci vengono dal fatto di essere battezzati. Effettivamente, nel Battesimo il cristiano riceve la virtù della carità che lo rende capace di amare Dio e i fratelli. Se esercitando questa virtù colloca Dio al centro della sua esistenza, come primo valore nella scala dei valori, le opere di amore per il prossimo saranno qualcosa di spontaneo e trasformeranno la società e la cultura facendole camminare verso la pienezza evangelica. Ecco l'originalità cristiana, sfida per i credenti dell'America Latina se vogliono veramente contribuire con opere, e non solo a parole, all'avvento di una nuova civiltà. Perché ci sono tante ingiustizie nel nostro continente, che è per la maggior parte cattolico? La denuncia evangelica delle ingiustizie è parte integrante del servizio profetico della Chiesa, che non può fare a meno di parlare; ma sappiamo che questo non basta. Ogni cattolico, in comunione con i pastori, deve essere vero testimone e mediatore per la giustizia nell'animazione cristiana del temporale e in tutti i settori della società. Questa è un'esigenza evangelica che richiede persone aperte umilmente alla parola di Dio, fedeli all'opera rinnovatrice dello Spirito Santo, disposte a condividere il loro tempo e i loro beni per costruire una comunità basata sul comandamento dell'amore, una società umana che abbia assimilato i valori fondamentali del Vangelo a favore della dignità di ogni persona, di ogni famiglia e di ogni popolo.


11. Dà gioia vedere che una famiglia che cresce e si diffonde non perde la sua unità. La Chiesa latinoamericana è questa grande famiglia che, al compimento di cinque secoli di esistenza, estende ogni volta di più la sua presenza in tutti i settori e situazioni umane, anche al di là di questo continente. Ma deve essere gelosa di mantenere la sua unità di fronte a ideologie estranee alla sua indole e di fronte ad attività proselitiste e settarie che intendono disperdere il gregge di Cristo. Le comunità cristiane potranno essere perseveranti in questa unità e comunione ecclesiale se approfondiranno la vita eucaristica e mariana con un autentico sentimento e amore per la Chiesa. L'episcopato colombiano che ha goduto dell'unità di criterio e ha vissuto in edificante comunione ecclesiale i 75 anni della sua Conferenza episcopale, sappia che la coesione interna tra pastori e fedeli rende credibile ed efficace la presenza della Chiesa nel mondo. Questa unità "è già un fatto evangelizzatore" (Puebla, 663). Non dimenticate che quanto più è legata una Chiesa particolare alla Chiesa universale, "nella carità e nella fedeltà, nell'apertura al magistero di Pietro, nell'unità della "norma di pregare" che è anche "norma del credere"... tanto più questa stessa Chiesa sarà capace di tradurre il tesoro della fede nella legittima varietà delle espressioni della professione di fede (EN 64). Solo partendo da questa unità si può pensare a un'evangelizzazione della pluralità culturale. In questa unità ci sproni la preghiera dello stesso Gesù, rivolta al Padre durante l'ultima cena: "Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato" (Jn 17,21). La nuova evangelizzazione dell'America Latina dev'essere promossa da una Chiesa orante, sotto la guida dello Spirito. "La nostra difficile epoca ha uno speciale bisogno della preghiera", ricordavo nella mia recente enciclica "Dominum et Vivificantem" (DEV 65). A Maria, Madre dell'unità e Stella dell'evangelizzazione affido queste intenzioni, mentre impartisco a tutti con affetto la mia benedizione apostolica.

Data: 1986-07-06 Domenica 6 Luglio 1986




Presso la tomba di san Pietro Claver - Cartagena (Columbia)

Lottate contro la schiavitù della droga


Cari fratelli e sorelle! Al termine del mio viaggio pastorale in Colombia ringrazio il Signore che ha permesso questo incontro di preghiera con voi, cari sacerdoti, religiosi, religiose e laici della provincia di Cartagena, dinanzi alla tomba di San Pietro Claver. Il Santuario che questa sera ci accoglie, dedicato al suo nome, riporta il nostro spirito all'epoca nella quale visse il santo, e ci commuove riportando il nostro pensiero della vera libertà cristiana. Difatti, "Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi" (Ga 5,1). Questa città di Cartagena, per tanti titoli illustri, ne ha uno che la nobilita in modo particolare: l'aver ospitato per quasi quarant'anni Pietro Claver, l'apostolo che dedico tutta la sua vita a difendere le vittime di quel degradante sfruttamento che fu la tratta degli schiavi. Tra i diritti inviolabili dell'uomo come persona sta il diritto a un'esistenza degna e in armonia con la sua condizione di essere intelligente e libero. Guardato alla luce della rivelazione, questo diritto acquista una dimensione insospettata, poiché Cristo con la sua morte e risurrezione ci libero dalla schiavitù radicale del peccato affinché fossimo pienamente liberi, con la libertà dei figli di Dio. Le mura della vostra città furono muti testimoni del lavoro evangelico di Pietro Claver e dei suoi collaboratori, impegnati ad alleviare la situazione degli uomini di colore e ad elevare il loro spirito nella certezza che, nonostante la loro triste condizione di schiavi, Dio li amava come Padre ed egli, Pietro Claver, era loro fratello, loro schiavo fino alla morte. Quando i vostri vescovi nella III Conferenza Generale dell'episcopato latinoamericano indicavano l'evangelizzazione e il servizio ai poveri come compito prioritario della Chiesa, si mettevano in linea di continuità con quella innumerevole schiera di uomini e donne di ogni tempo che, mossi dallo Spirito, hanno consacrato la loro vita ad alleviare il dolore, a saziare la fame, a sollevare le più dure miserie dei loro fratelli e a mostrar loro, attraverso il loro servizio, l'amore e la provvidenza del Padre e l'identificazione delle loro persone con la persona di Cristo, che volle essere riconosciuto negli affamati, nei nudi e negli abbandonati (cfr. Mt 25,36ss). Questa linea si estende ininterrotta dalla prima comunità cristiana fino alla nostra Chiesa, quella di oggi, nella quale sacerdoti, religiosi, religiose e laici in numero sempre crescente consacrano la loro vita a Cristo nel servizio agli ammalati, agli incurabili, agli anziani soli, ai bambini abbandonati, ai miserabili rifiutati dalla società e a ogni classe di nuovi poveri e di nuovi emarginati. Pietro Claver brilla con speciale fulgore nel firmamento della carità cristiana di tutti i tempi. La schiavitù, che fu occasione per l'esercizio eroico delle sue virtù, è stata abolita in tutto il mondo. Ma, allo stesso tempo, sorgono nuove e più sottili forme di schiavitù perché "il mistero dell'iniquità" non cessa di agire nell'uomo e nel mondo. Oggi, come nel secolo XVII in cui visse Pietro Claver, l'ambizione del denaro si impadronisce del cuore di molte persone e le trasforma, col commercio della droga, in trafficanti della libertà dei loro fratelli, che rendono schiavi in una schiavitù a volte più terribile di quella degli schiavi negri. I negrieri impedivano alle loro vittime l'esercizio della libertà. I trafficanti di droga portano le proprie vittime alla distruzione stessa della personalità. Come uomini liberi che Cristo ha chiamato a vivere in libertà dobbiamo lottare con decisione contro questa nuova forma di schiavitù che tanti soggioga in tante parti del mondo, specialmente fra la gioventù, che bisogna preservare ad ogni costo, aiutando, le vittime della droga a liberarsi di essa. La testimonianza di carità illimitata rappresentata da san Pietro Claver sia esempio e stimolo per i cristiani di oggi in Colombia e in America Latina, affinché, superando egoismi e mancanza di solidarietà, si impegnino decisamente nella costruzione di una società più giusta, fraterna e accogliente per tutti.

Prima di concludere questo nostro incontro, desidero manifestare il mio ringraziamento a tutte le persone che con gioia e generosità hanno collaborato alla preparazione di questa visita pastorale a Cartagena. E voi, sacerdoti, religiosi, religiose e laici impegnati, vi incoraggio nelle vostre opere di apostolato e vi esorto a una rinnovata fedeltà alla vostra vocazione, che si traduca in una totale dedizione a Cristo, unica fonte di felicità, nel quale si appagano tutte le nostre migliori aspirazioni. A tutti i qui presenti, a tutti coloro che mi ascoltano, in particolare agli ammalati, a coloro che soffrono, impartisco di cuore la mia benedizione apostolica.

Data: 1986-07-06 Domenica 6 Luglio 1986




All'incontro con i fedeli - Barranquilla (Columbia)

Riconciliazione nazionale nel segno della giustizia


Amatissimi fratelli e sorelle, figli e figlie di questa regione della Costa Atlantica colombiana.


1. Le parole profetiche di Isaia, che Gesù pronuncio nella sinagoga di Nazaret, risuonano oggi in mezzo a voi con la forza del Vangelo e l'attualità di quell'"oggi" di Cristo con il quale possiamo affermare che anche oggi, qui fra voi, si compie questa Scrittura. In questa ultima tappa del mio pellegrinaggio sui sentieri della Colombia, quale messaggero della pace di Cristo, ho la gioia di trovarmi in questa Plaza de la Paz, il cui nome sintetizza, oggi più che mai, le aspirazioni di tutti i colombiani. Ho voluto essere in tutte le parti annunziatore della pace di Cristo e messaggero di Cristo "nostra pace" (Ep 2,14). Solo lui è capace di abbattere i muri dell'inimicizia e fare di noi uomini nuovi, riconciliati con il Padre mediante la croce. Egli è venuto ad annunciarci la pace: "Pace a voi che eravate lontani e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito" (cfr Ep 2,14-18). Saluto con l'abbraccio della carità fraterna l'arcivescovo di Barranquilla, il vescovo ausiliare, i vescovi di Santa Marta, di Valledupar e gli altri confratelli nell'episcopato, insieme ai loro sacerdoti, religiosi, religiose e fedeli di questa regione atlantica. Prima di lasciare questa amata terra di Colombia voglio proclamare ad alta voce che questa pace, tanto desiderata e voluta da tutti, esige la riconciliazione. "Un rinnovato abbraccio fra l'uomo e Dio, fra l'uomo e il suo fratello, fra l'uomo e tutto il creato" (RP 4). E per ottenerla occorre rivolgersi a Cristo, mediante il quale il Padre ha voluto operare la riconciliazione, giacché "è stato Dio a riconciliare a sé il mondo in Cristo" (2Co 5,19).


2. Il passo evangelico che è stato proclamato contiene in sintesi tale messaggio di liberazione messianica, che comporta anzitutto il mistero della riconciliazione, la cui suprema realizzazione passa attraverso la croce e la risurrezione, nel momento in cui il Padre riconcilia mediante il suo amato Figlio "tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli" (Col 1,20). Per questo Gesù dichiara che "è sopra di lui", lo Spirito Santo, e proclama "un anno di grazia", un nuovo ordine secondo la volontà del Padre, che ha il suo fondamento nel perdono di Dio verso l'umanità, nel dono dello Spirito della nuova alleanza che sarà capace di realizzare la libertà e la liberazione che Cristo stesso annuncia ai prigionieri e agli oppressi. "Lo Spirito del Signore è sopra di me" (Lc 4,18). Nel suo Battesimo Gesù aveva ricevuto lo Spirito e con la forza del Paraclito si manifesta come il Messia promesso. Lui è "l'unto nel senso che possiede la pienezza dello Spirito di Dio" colui che possiede "la pienezza di questo Spirito in sé e, al tempo stesso, per gli altri, per Israele, per tutte le nazioni, per tutta l'umanità" (DEV 16). Non è strano che di fronte a queste parole gli occhi dei presenti nella sinagoga di Nazaret fossero "fissi su di lui" (Lc 4,21). In questa solenne manifestazione messianica è disegnato tutto il suo programma: è l'annuncio e il compimento del tempo di grazia del Signore e della salvezza. Gesù è venuto "a proclamare un anno di grazia del Signore". Di fatto con la sua venuta, con le sue parole e i suoi gesti, Cristo introduce nel tempo degli uomini l'"oggi" della grazia; soltanto nella croce e nella risurrezione avranno piena realizzazione le parole e le promesse che egli fa nella sinagoga di Nazaret.


3. Il messaggio di liberazione e di riconciliazione in Cristo si proietta nell'oggi della nostra esistenza, come una luce che ci permette di fare una profonda analisi della realtà del nostro mondo, in cui il peccato e le sue conseguenze di oppressione e di ingiustizia si fanno presenti. E' un messaggio apportatore della forza soprannaturale che va aprendo i cammini della liberazione anelata dagli uomini, specialmente dai poveri, dai prigionieri, dagli oppressi, e già inizialmente realizzata da Cristo. Solo la verità libera. Solo l'amore riconcilia. Solo in Cristo si realizza una pace autentica e duratura. Ebbene, se vogliamo giungere fino alla radice di tanti mali che si cristallizzano in strutture di ingiustizia e di peccato, dobbiamo guardare il cuore dell'uomo: "così lacerato, l'uomo produce quasi inevitabilmente una lacerazione nel tessuto dei suoi rapporti con gli altri uomini e col mondo creato" (RP 15). Il peccato, che è rottura della comunione, scatena i dinamismi dell'egoismo, le divisioni e i conflitti. Si chiami orgoglio o ingiustizia, prepotenza o sfruttamento degli altri, cupidigia o ricerca sfrenata del potere o del piacere, odio, rancore, vendetta o violenza, la radice è sempre la stessa: il mistero dell'empietà che separa l'uomo da Dio, che lo allontana dalla sua volontà ed eleva permanentemente muri di divisione.


4. La constatazione della realtà del peccato come fonte primaria di divisione da una parte, e il desiderio di unità che sorge in tutti i cuori di buona volontà dall'altra, sono chiare manifestazioni della necessità di ripercorrere con sforzo rinnovato i cammini della riconciliazione sia sul piano individuale che su quello sociale. L'uomo, quando "guarda dentro al suo cuore si scopre anche inclinato al male" (GS 13), e scopre la radice della propria divisione interiore. Ma dentro se stesso, sotto lo sguardo di Dio "che scruta i cuori" (Ps 7,10), risuona anche la voce che chiama all'unità con Dio e con il fratello.

L'unità e la riconciliazione, che passano necessariamente attraverso il perdono e la giustizia, sono come una nostalgia del cuore dell'uomo a tutti i livelli della convivenza umana. In mezzo alle tensioni familiari, i focolari vivono la nostalgia di una comunione perduta e aspirano a una mutua riconciliazione, che è fonte di pace e di serenità per tutti coloro che compongono la Chiesa domestica di ogni famiglia. Vi è inoltre l'urgente necessità di superare, sotto il segno della legalità, i contrasti sorti in questa epoca di sviluppo industriale, fra il mondo del capitale e il mondo del lavoro. Tali conflitti richiedono soluzioni che riescano a fortificare i vincoli della collaborazione e dell'intesa reciproca, come ho ampiamente esposto nella mia enciclica "Laborem Exercens" (LE 11 LE 13).

Senza un sincero spirito di riconciliazione fra le parti implicate, non si potrà garantire una giusta pace nel lavoro, così necessaria allo sviluppo del paese e al riconoscimento dei legittimi diritti delle classi meno abbienti.


5. La parola riconciliazione ha oggi in Colombia una risonanza emotiva particolare, perché essa e afflitta da aspirazioni e da lacrime, da timori e da insicurezze per tanti figli di questa nobile patria. Quanto desiderate, amati colombiani, che tacciano le armi, che si stringano fraternamente le mani che le impugnano, che arrivi per tutti la pace voluta, invocata, ricercata con sforzo, aspettata con ansia... dopo tanti anni di violenza che non hanno lasciato altro che lutti di morte, ferite dolorose, difficili da cicatrizzare! Quanta saggezza e profezia contenevano le parole del mio venerato predecessore Papa Paolo VI pronunciate nella sua visita in Colombia: "La violenza non è né cristiana né evangelica; la violenza genera nuova violenza"! Cosa fare per ottenere immediatamente la pace nei campi e nelle città; la pace che permetta all'agricoltore di lavorare con tranquillità, al cittadino di percorrere senza timore le strade della città giorno e notte; a tutti di godere di una vita serena e tranquilla? Soltanto con una sincera profonda riconciliazione di ciascuno con Dio e di tutti tra di loro chiedendo e concedendo il perdono, rinnovando un patto di amore solidale e giusto fra tutti i colombiani.


6. Con troppa frequenza scopriamo l'esistenza fra le persone e nella società di fratture da sanare, di divisioni che occorre superare. In esse si manifestano le forze del male, il "mistero dell'ingiustizia", ma il suo potere è superato e vinto dal "mistero della pietà", che è Cristo stesso, "via aperta dalla divina misericordia alla vita riconciliata" (RP 22). In qualsiasi luogo in cui gli uomini elevano muri di odio e di oppressione, di violenza o di ingiustizia, li sarà presente Cristo con la sua grazia per abbattere questi muri, per vincere l'odio e la violenza, per ristabilire la comunione e la pace con un amore più forte del peccato, perché egli è capace di superare il male con la forza dello Spirito. Nella vostra cattedrale di Barranquilla si eleva maestosamente la scultura del Cristo resuscitato, che è come un canto di riconciliazione della terra con il cielo e degli uomini fra di loro. Ai piedi dell'immagine del Risorto, le razze indios, bianca e negra, sono l'espressione plastica della riconciliazione fra gli uomini, perché in Cristo non ci sono divisioni né separazioni: tutti siamo figli di Dio, tutti siamo "uno" in Cristo Gesù (cfr Ga 3,26-28). In effetti, Cristo è l'immagine viva della nostra riconciliazione. Al mattino della sua risurrezione va ad annunciare ai suoi discepoli la pace e li riunisce per comunicare loro il suo Spirito, il dono della riconciliazione con il Padre, il dinamismo della riconciliazione fra gli uomini. In questa immagine della vostra cattedrale si esprime l'infinita pietà di Dio per noi nel suo Figlio crocifisso, risorto e fonte dello Spirito di amore.

Questo spirito penetra nelle radici più nascoste delle ingiustizie e suscita nei cuori un moto di conversione che conduce alla riconciliazione con il Padre e con i fratelli nel seno della Chiesa, mediante il sacramento della penitenza.


7. "Lo Spirito del Signore è sopra di me" (Lc 4,18). La pienezza dei doni, frutto del sacrificio di Gesù, si è profusa nei cuori dei fedeli perché a coloro che confessano i propri peccati siano concessi il perdono e la grazia. Dal cuore di Cristo nasce la perenne riconciliazione che offre la Chiesa nell'effusione dello Spirito Santo. Lo Spirito di Gesù apre al dialogo della carità i cuori induriti, fa si che i nemici si stringano la mano, muove entrambi gli avversari a cercare la via della concordia. Coloro che si sentono perdonati provano il desiderio di perdonare, e coloro che hanno gustato la pace di Dio si trasformano in operatori di pace. Il messaggio di Gesù, la sua opera di redenzione, il dono del suo Spirito sono presenti nella Chiesa per realizzare la riconciliazione universale, per vincere il peccato e le sue conseguenze, per costruire un nuovo ordine fondato sulla giustizia e sull'amore. Voi cristiani di tutti i tempi, amati figli della Colombia, siete chiamati a vivere queste esigenze evangeliche, le uniche capaci di trasformare con le energie della risurrezione di Cristo le ingiuste strutture frutto del peccato.


8. La prima esigenza della riconciliazione in Cristo, che è un dono misericordioso del Padre, è la conversione personale quale atteggiamento necessario alla concordia tra le persone. Superare la radicale rottura del peccato per riconciliarsi con Dio, con se stessi e con gli altri presuppone una trasformazione interiore che richiede sforzo e sacrificio, rinunciare e portare la propria croce, secondo lo spirito delle Beatitudini. A questa conversione radicale, a questa trasformazione della mente e del cuore, che culmina nel sacramento della riconciliazione, vi invito tutti, perché siate messaggeri di pace, perché siate uomini e donne riconciliati e riconciliatori. Non c'è vera riconciliazione dove non c'è perdono, perché il perdono è l'atto più profondo dell'amore di Dio verso di noi; ed è nello stesso tempo l'atto più nobile che possa realizzare il cristiano, un gesto con il quale imita il Padre che è nei cieli (cfr Lc 6,36). Il perdono, come ho esposto nella mia enciclica "Dives in Misericordia" (DM 7), è il momento originale dell'amore cristiano, l'espressione di quella misericordia senza la quale anche le esigenze più forti della giustizia umana corrono il rischio di essere ingiuste e inumane, come frequentemente la storia, anche più recente, ci ha fatto constatare. perciò sapendo che mi rivolgo a uomini e donne fedeli della Chiesa, vi animo a che costruiate comunità, famiglie, parrocchie che siano segni di pace e di unità nella carità. E con l'apostolo san Paolo vi ripeto: "Rivestitevi dunque, come eletti di Dio, santi e amati, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza, sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente, se qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi degli altri.

Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi... e la pace di Cristo regni nei vostri cuori" (Col 3,12-15). A questa pace sono venuto ad esortarvi, affinché tra voi cresca e si consolidi la solidarietà nello sforzo di costruire una patria più giusta e fraterna, una grande famiglia dove possano vivere in armonia tutti i colombiani.


9. Carissimi figli e figlie di questa Nazione cattolica: mentre la mia visita pastorale in Colombia volge al termine, rivolgo grato lo sguardo alla sincera cordialità con la quale mi avete accolto, all'entusiasmo della vostra partecipazione, alla profonda fede e religiosità che ho potuto constatare in ciascuna delle nostre celebrazioni comunitarie. Nel vostro Paese, come nelle altre Nazioni dell'America Latina, in mezzo a tanta ricchezza di umanità e di fede cristiana, restano molti problemi da risolvere. L'ingiusta distribuzione delle ricchezze, l'insufficiente tutela dei diritti dei più deboli, la diversità di opportunità, la disoccupazione e altre gravi questioni richiedono un immenso sforzo solidale di tutti per la promozione della giustizia sociale. Insieme a questi problemi vi sono anche i mali sociali che i vostri vescovi hanno recentemente denunciato; la violenza del terrorismo e della guerriglia, la tortura e i sequestri, l'abuso di potere e l'impunità dei delitti; l'uso della droga e l'abominevole crimine del traffico di narcotici. Tutto ciò sta chiedendo a questo popolo di trovare ed esprimere le sue migliori riserve di fede e di umanità, per sradicare queste piaghe sociali che non corrispondono ai vostri sentimenti umani e cristiani più autentici. Ho percepito, amati figli della Colombia, la vostra profonda aspirazione e il vostro ardente desiderio di pace. E' emerso come un grido costante dalle vostre bocche e dai vostri cuori. Prima di lasciare questa amata terra della Colombia, voglio ancora una volta sentire questo vostro grido. Rivolgo un appello a tutti i colombiani, in particolare a coloro che si trovano coinvolti nella guerriglia, affinché si uniscano a questo grido di pace di tutto il popolo. Che tutti, in modo particolare coloro che hanno impugnato le armi, partecipino sinceramente alla ricerca della pace e si aprano alle iniziative che hanno intrapreso e che intraprenderanno nel futuro per una riconciliazione nazionale, nel pieno rispetto della vita umana e conformemente alle esigenze della giustizia.

Con la parola della speranza e come impegno di fede vi incoraggio a rivolgere lo sguardo a Cristo, redentore dell'uomo, salvatore del mondo. lui è la nostra riconciliazione e la nostra pace. Vicino a lui, in una nazione consacrata al sacro Cuore di Gesù tutti i colombiani potranno sentirsi fratelli, uniti nel reciproco perdono, nella comunione solidale dei beni materiali e nello sforzo di tutti per trovare le vie della riconciliazione e della pace che saranno le stesse del progresso materiale, spirituale, personale e sociale. In questo momento della vostra storia vi esorto a restare fedeli alla vostra fede e manifestarla con le opere. Affido a Dio, infinitamente misericordioso, questo mio appello di padre e di pastore, perché faccia germogliare il seme che ho sparso in lungo e in largo nel vostro Paese, terra fertile di tanti cuori generosi. Nello stesso tempo vi invito a rivolgervi con me alla Vergine Maria, Madre di Gesù e Madre nostra, che venerate con speciale affetto nella vostra chiesa cattedrale come Regina e Ausiliatrice. Sotto la sua protezione materna continuate a lavorare per fare della Colombia una patria grande, una terra accogliente per tutti i suoi figli, una nazione cattolica che sappia vivere nella solidarietà, nella concordia e nella pace. Signore, assisti con la tua grazia la Colombia! Conservala sempre unita nella fede e nell'amore! Tu che sei la nostra pace, fa' che regni nei cuori di tutti i colombiani la tua pace! Amen.

Data: 1986-07-07 Lunedi 7 Luglio 1986





GPII 1986 Insegnamenti - Incontro con i fedeli - Cartagena (Columbia)