GPII 1986 Insegnamenti - Esequie del card. Confalonieri - (Roma) Lunedi 4 Agosto 1986

Esequie del card. Confalonieri - (Roma) Lunedi 4 Agosto 1986

Una lezione per la vita




1. Se noi viviamo, viviamo per il Signore; se noi moriamo, moriamo per il Signore.
Sia che viviamo, sia che moriamo, siamo dunque del Signore (Rm 14,7-8).

Queste parole della lettera di san Paolo ai Romani, cari fratelli e sorelle, possono ben sintetizzare l'intera esistenza e la spiritualità dell'amatissimo card. Carlo Confalonieri, che all'età di novantatré anni ci ha lasciati. Si, in ogni momento viviamo per il Signore, in ogni momento siamo del Signore. Il venerato cardinale decano ce lo ripete con la convinzione lineare e profonda che traspariva da tutto il suo essere. E noi, in questa celebrazione di commiato, tutta permeata dall'Alleluia pasquale, sentiamo il timbro della sua nitida voce, la quale, dall'epilogo delle pagine dei suoi ricordi romani, suggerisce sommessa: "Come il popolo eletto esultava nel salire al tempio, così il popolo credente alza le mani al cielo gridando col veggente dell'Apocalisse: "Veni, Domine Iesu, veni!". Quando sarà? Una preghiera oso rivolgerti, o Signore: Fa' che io muoia ad occhi aperti per poter vederti subito come sei "(C. Confalonieri, "Momenti romani". Ad occhi aperti lo ha trovato - io penso - l'angelo della morte sulla soglia della prima giornata d'agosto, e così lo ha introdotto al cospetto dell'Altissimo. così avverto il permanere tra noi della sua statura spirituale, di cui era riflesso lo sguardo lucido e acuto, dolce e austero a un tempo, quasi sintesi del carattere lombardo d'origine con quello romano d'adozione.

Certo non dimenticheremo l'alta sua figura umana e sacerdotale: la nobiltà del portamento, la sua signorilità, l'amabilità del tratto, la dedizione al dovere, il senso di responsabilità, la profonda pietà, soprattutto la fedeltà alla Chiesa e alla Sede apostolica, vissuta con l'intensità e la coerenza dell'uomo di Dio.


2. Nell'affidare al Signore l'anima del suo servo buono e fedele, non posso non evocare, con sentimenti di viva riconoscenza, le principali tappe del suo lungo e operoso cammino. La storia del card. Confalonieri abbraccia un arco pressoché secolare, ed è collegata con epoche che hanno segnato un'incidenza notevole nella vita della Chiesa. Nato a Seveso nel 25 luglio 1893, egli attinse dal ceppo familiare una robusta fede cattolica, che lo accompagno nella formazione seminaristica e nei primi momenti del ministero sacerdotale, dopo la parentesi del servizio militare durante l'intera prima guerra mondiale, Nel 1921 il nuovo arcivescovo di Milano, il card. Achille Ratti lo prese come segretario particolare. Quando nel 1922 il card. Ratti fu eletto Pontefice, il giovane sacerdote venne a Roma come segretario del nuovo papa, Pio XI, al quale resto accanto per l'intero pontificato in un servizio sollecito e discreto. Nel 1942 Pio XII lo nomino arcivescovo a L'Aquila. Nei dieci anni di ministero pastorale nel capoluogo abruzzese mons. Confalonieri lascio un ricordo vivissimo per lo zelo e la generosità con cui si prodigo nelle drammatiche contingenze del secondo conflitto mondiale. Chiamato a Roma, nel 1950, inizio nella Città eterna quella che sarà l'ultima stagione del suo sacerdozio e della sua vita, nel servizio alla Chiesa universale, in uffici di sempre più grave responsabilità: segretario della Congregazione allora dei seminari e delle università degli studi; Giovanni XXIII lo creo cardinale nel Concistoro del 15 dicembre 1958, e, nel 1959, arciprete della patriarcale Basilica Liberiana; poi segretario della Congregazione Concistoriale, di cui divenne pro-prefetto nel 1965 e prefetto nel 1967, quando il Dicastero assunse l'attuale nome di Congregazione per i vescovi.

Durante il Concilio Vaticano II la sua azione e il suo contributo di cultura e di saggezza furono sempre intensi e di grande valore. Nel 1977 fu nominato decano del Collegio cardinalizio, e tutti ricordiamo con affettuosa ammirazione la solerzia e l'intelligente attività dispiegate alla morte sia di Paolo VI che di Giovanni Paolo I, durante la "sede vacante" e per la preparazione dei conclavi, né possiamo dimenticare le omelie in morte dei due Pontefici, piene di accorata mestizia e di serena speranza. Non posso non menzionare poi gli indirizzi cordiali e deferenti, densi di puntuali riferimenti storici e dottrinali, che il card. Confalonieri mi ha rivolto a nome dei cardinali, nei vari incontri collegiali.


3. Vorrei che da questo ultimo incontro potessimo tutti imparare la sua lezione per la vita, che egli sintetizzo nel menzionato libro "Momenti romani", che si potrebbe definire il suo "testamento". Dall'alto della sua età e delle sue molteplici esperienze, il card. Confalonieri si rendeva conto della situazione in cui oggi l'umanità vive e si sviluppa: "Assistiamo all'inquietante fenomeno di un'epoca di incertezze, impastata di timore e di angoscia" (p. 46). Riflettendo sulla diminuzione delle vocazioni sacerdotali e religiose, scriveva: "Lo sbandamento generale, il confusionismo ideologico, la disordinata permissività, le distrazioni dei mezzi radiotelevisivi, le avventate sperimentazioni, la dissacrazione della famiglia e della società e altre cose del genere, isteriliscono gli sperati germogli e deviano le buone inclinazioni" (p. 62). E tuttavia il suo è un messaggio di consolante e intelligente ottimismo, radicato nella fede e nella carità. Egli non si è perso d'animo e ha camminato spedito per la via del bene, in un impegno sempre fervoroso di apostolato, alimentato da una solidissima vita interiore. E di tal ricchezza quell'ultimo suo libro è una preziosa testimonianza, oltre che una miniera di insegnamenti saggi, attinti alla sapienza della fede e all'esperienza personale: "La religione cristiana - egli scrive - è religione di gioia... Ogni idea di cupezza va bandita, dal momento che Dio è vita, luce, amore. La sua immagine penetra nelle sue opere e in modo speciale nello spirito dell'uomo, dove si riflette con regale luminosità.

Noi viviamo in lui, che è bellezza e gioia infinita" (p. 40). "Non afflosciarti mai, non ripiegarti su te stesso, avvilito, sfiduciato; non disperare della vita.

Guarda a ciò che è positivo, non al negativo; al bene che ti si offre da ogni parte, non alla vacuità delle cose e alla malizia degli uomini" (p. 32). "Bisogna guardare sempre con serenità alla realtà delle cose, mettendo al bando da una parte le precludenti incertezze e le angustie del dubbio, dall'altra le avventate recriminazioni su tutti e tutto e le incomposte irrequietezze, valevoli soltanto a rafforzare il male piuttosto che a rimuoverlo. Dio sostenga il nostro senso di responsabilità e lo guidi alle alte mete" (p. 70). Le sue parole sagge e cordiali formano un codice di vita, valido e convincente. "Rallegriamoci nel Signore, sempre, dall'infanzia alla vecchiaia, pensando che la vita di quaggiù è il prologo e l'annuncio di un più alto mistero di felicità e di gloria... Esultiamo, perché fra i due poli dell'esistenza terrena, il buio della nascita e il buio della morte, la bontà del Signore ha voluto accendere nell'Eucaristia la gioiosa speranza dell'immortalità" (p. 239).


4. Venerati Fratelli e carissimi fedeli! Il messaggio del card. Carlo Confalonieri è vivo! Se di fronte alla sua bara ci sentiamo mesti, perché scompare con lui una delle figure più significative della Chiesa del nostro tempo, rimane impresso in noi il ricordo della sua personalità e l'eco della sua testimonianza. Nella difficoltà del tempo presente, egli ci incita al coraggio della fede, continuando il cammino della vita e del ministero nella verità e nella carità; ci esorta ad accogliere la voce di Dio che parla nella profondità dell'anima, nel mistico silenzio della preghiera: "Dio non è nel frastuono - così ammoniva -. Se gli altri parlano, Dio tace. Il mondo stordisce col suo eccessivo rumore. I grandi apostoli sono stati dei grandi mistici" (p. 226). Facciamo nostra la preghiera che egli un giorno formulava: "O Signore, che l'anima mia sia inondata dalla tua luce e ti conosca sempre più profondamente! Signore, dammi tanto amore, amore sempre, sereno, generoso, che mi unisca costantemente a te! Signore, fa' che ti serva, ti serva tanto e bene, nelle vie che vorrai aprire alla mia esistenza quaggiù" (p. 215). E imitiamolo anche nella devozione alla Vergine santissima, che egli tanto amo e prego sempre, ma specialmente nel suo ambito incarico di arciprete di Santa Maria Maggiore. Carissimo card. Carlo Confalonieri, decano del Collegio cardinalizio, in questo momento di commiato ti diciamo: Prega per i seminari, per i quali spendesti le tue energie più appassionate; prega per la Chiesa intera, per tutti i vescovi e le diocesi del mondo, per cui sentivi un amore così profondo; prega il tuo grande protettore san Carlo, che veneravi con tanto ardore, affinché - come scrivevi - "tutti balziamo in piedi mentre è ancora tempo, per il pieno e generoso compimento del nostro dovere" (p. 144); prega perché la luce del Concilio Vaticano II, di cui fosti solerte protagonista, illumini le menti, diriga le iniziative, infiammi i cuori, raduni attorno a Cristo i popoli della terra! Ricordati di noi da presso Dio, come noi continueremo a ricordarti e ad amarti.








Messaggio alla Chiesa lettone - Città del Vaticano (Roma)

Per l'800° anniversario della sua evangelizzazione


Nell'imminenza della solennità dell'Assunzione di Maria Vergine, quest'anno il mio pensiero si rivolge in modo particolare a lei, signor cardinale, e all'intera comunità cattolica delle Chiese di Riga e di Liepaja che si accingono a commemorare, con speciali celebrazioni al santuario mariano di Aglona, l'800° anniversario dell'inizio dell'evangelizzazione della nobile e a me molto cara Lettonia, nel ricordo della consacrazione episcopale del vescovo Meinardo. Questo mio pensiero, che oggi esprimo a lei, ai suoi vescovi ausiliari, ai sacerdoti, ai seminaristi, alle anime consacrate e a tutti i fedeli lettoni, vuole manifestare pubblicamente l'intensa partecipazione e la comunione nello spirito con cui vivo con voi questo tempo di grazia della Chiesa di Lettonia, che ormai da molti mesi si prepara nelle sue comunità parrocchiali a questa commemorazione dell'inizio dell'azione missionaria di Meinardo e dei suoi compagni. Ho già espresso questa partecipazione e comunione il 26 giugno scorso, presiedendo nella Basilica Vaticana alla concelebrazione della santa Messa, insieme con rappresentanti di episcopati di altre nazioni d'Europa. In questi giorni di preparazione alla solennità dell'Assunzione di Maria Vergine, accompagno spiritualmente lei e tutti i fedeli lettoni - e quanti nell'intera terra lettone si sentiranno a voi uniti con il cuore e con l'animo - che si recheranno in pellegrinaggio al santuario di Aglona per partecipare alle cerimonie che, in quella festività liturgica, segneranno il momento culminante delle vostre celebrazioni in Patria. Con voi tutti desidero ringraziare Iddio, per intercessione di Maria, Madre di Cristo, Madre della Chiesa e Madre di ognuno di noi, per l'abbondanza dei benefici elargiti durante gli otto secoli trascorsi da quando, per mirabile disegno della Provvidenza, Meinardo e i suoi compagni cominciarono la predicazione del Vangelo della salvezza nella vostra terra. Voglio altresi ringraziare il Signore per le numerose grazie che certamente vi accorda durante questo periodo in cui, nel grato ricordo della prima evangelizzazione, avete voluto sviluppare nelle vostre parrocchie un programma catechetico mirante a risvegliare e a rinvigorire quella fede che avete ereditato dai vostri antenati e che ciascuno è chiamato a vivere e a trasmettere alle generazioni future nei più svariati tempi e situazioni, con comportamenti individuali, familiari e sociali ispirati alla Legge evangelica.

Inginocchiato dinanzi a Maria, Regina della vostra terra mariana, affido a lei codesta comunità cattolica, con le sue attese e le sue aspirazioni, affinché - nonostante le difficoltà che i suoi membri possano incontrare - rimanga salda nella fede, coraggiosa nella speranza e ardente nella carità, come invocavo nella celebrazione della basilica di San Pietro, e sotto la guida zelante dei suoi vescovi e grazie alla fedele dedizione dei suoi sacerdoti, dia nella vita di ogni giorno, con rinnovato slancio, testimonianza sempre più vissuta dei valori cristiani contribuendo così allo sviluppo del benessere e della prosperità di tutti i concittadini, di modo che molti altri possano trovare la verità e la ricchezza della salvezza portata al mondo dal suo Figlio. In pegno di tutto ciò e in segno del mio profondo affetto, che desidero esprimere in modo speciale in quest'occasione ai giovani dai quali dipende il futuro della Chiesa in Lettonia, imparto a lei, signor cardinale, e a tutti i fedeli la benedizione apostolica.

Data: 1986-08-06 Mercoledi 6 Agosto 1986




Messaggio al Meeting di Rimini - Città del Vaticano (Roma)

Comunicare la verità per essere al servizio della persona


Cari fratelli e sorelle,


1. Con nell'animo sempre vivo il ricordo della visita compiuta a codesto "Meeting per l'Amicizia fra i popoli", nel non lontano 29 agosto 1982, vi rivolgo, in occasione dell'attuale edizione, il mio beneaugurante saluto, esprimendo compiacimento per un'iniziativa, che ormai da vari anni favorisce l'afflusso di persone desiderose di incontrarsi per aprire un dialogo sereno e rispettoso sui fondamentali valori dell'esistenza umana. Quest'anno avete scelto di incentrare l'intera manifestazione sul tema della comunicazione, E', questo, un termine che ben esprime una componente essenziale dell'uomo, e configura al tempo stesso una caratteristica peculiare dell'epoca in cui viviamo. Si può dire, infatti, che in tutta la sua storia l'uomo è sempre stato mosso dal desiderio e dalla ricerca di una sempre più profonda e intensa comunicazione col proprio simile e con l'Essere supremo. Ma è fuori dubbio che questa esperienza di comunicazione è enormemente cresciuta in questo nostro tempo che dopo l'avvento della stampa, della radio, della televisione, sta conoscendo, grazie ai computers, la rivoluzione dell'informatica. Questo deve indurre a riflettere.


2. L'uomo, come essere personale, fatto a immagine e somiglianza di Dio, implica relazione all'altro, e in lui tutto quanto è corporeo e spirituale tende a diventare strumento di comunicazione. Egli esprime, così, la concezione che ha della realtà, manifesta l'intuizione e la consapevolezza raggiunta circa il mistero della sua origine e del suo destino ultimo. E ciò compie col linguaggio quotidiano, con la scienza, con la filosofia, con l'arte, con la preghiera. Nell'esigenza e volontà di comunicare, il credente riconosce se stesso come creatura, posta nell'esistenza dalla Parola, e avverte la chiamata a divenire egli stesso portatore di un messaggio di vita piena all'uomo. Dai primitivi graffiti della preistoria alle odierne, molteplici espressioni artistiche e letterarie, nonché alle incessanti innovazioni tecnologiche, che cosa vuol comunicare l'uomo se non l'intelligenza acquisita circa il reale, circa la sua espressione e la sua interpretazione? In ogni comunicazione umana è sempre presente, in modo più o meno palese, la proposta di un significato per l'esistenza. E' come se un uomo invitasse l'altro a partecipare di quella bellezza, di quella verità, di quel bene che lo hanno interiormente arricchito. Come potrebbe tacere il credente, che nella rivelazione della parola di Dio ha potuto conoscere la risposta decisiva agli interrogativi che assillano l'uomo di ogni tempo? Egli deve comunicare ciò che a lui è stato manifestato. Lo deve soprattutto oggi, nei confronti degli uomini e delle donne che condividono con lui questo scorcio di millennio.


3. Che cosa infatti si rivela più necessario in un tempo, in cui aumenta a dismisura la quantità delle informazioni, mentre esse sono sempre più accentrate nelle mani di pochi, sempre più penetrano nelle nostre case e nell'intimità delle nostre coscienze? Che cosa diventa più urgente quando la notizia si presenta non di rado sganciata dalla verità e legata solamente all'utilità? Quando molti messaggi sembrano non essere verificabili, perché si impone l'oggettività dello strumento sulla soggettività del messaggio? In questa epoca di veloce, rapido cambiamento culturale è possibile essere tentati da due opposti errori: quello dell'accettazione acritica e ingenua di ciò che è nuovo; oppure quello della condanna, della rinuncia, dell'assenza di responsabilità creativa. La rivoluzione informatica e telematica, che sta cambiando il volto del lavoro, dell'apprendimento del tempo libero, richiede alla Chiesa e ai suoi figli un nuovo impegno di conoscenza e di approfondimento di quel linguaggio e di quelle tecnologie, per poter svolgere un adeguato servizio alla verità.


4. E' un campo immenso e affascinante, che deve costituire una delle frontiere primarie del compito missionario delle varie comunità ecclesiali e dei singoli credenti. Al tempo stesso, è necessario che di fronte a ogni messaggio, a ogni notizia, ciascuno si chieda sempre quale sia l'esperienza viva che la origina, quale sia l'autorità che la accredita. Occorre, pertanto, "approfondire le cose viste, udite, lette, discutendone con educatori e persone competenti, al fine di imparare a formulare retti giudizi" (IM 10). Da questo punto di vista, la Chiesa stessa è un luogo privilegiato di educazione a una comunicazione autentica: in essa la buona notizia per eccellenza - che Dio si è fatto uomo per la salvezza dell'uomo - diventa esperienza di comunicazione, cambiamento verificabile dell'esistenza, urgenza di rinnovato slancio missionario. La Chiesa nulla ha da temere dallo sviluppo dei mass-media, anzi essa vuole che i suoi figli vi siano impegnati in prima fila, affinché ciò che è opera dell'uomo sia veramente al servizio della crescita integrale della persona.


5. Nell'invitarvi a questo nobilissimo compito di comunicazione della Verità incontrata nell'esperienza di fede per costruire così la civiltà dell'amore, vi ricordo che "come la volontà di Dio è operazione e tale operazione riceve il nome di mondo, così il suo progetto è la salvezza dell'uomo, e tale salvezza è chiamata Chiesa" (Clemente Alessandrino, "Il Pedagogo", VI, 41, B: PG 8, 282); e la Chiesa, come acutamente si espresse Papa Paolo VI, è "mistero, cioè realtà imbevuta di divina presenza, che entra in dialogo col mondo contemporaneo... guardandolo con profonda comprensione, con sincera ammirazione e con schietto proposito non di conquistarlo, ma di valorizzarlo; non di condannarlo, ma di confortarlo e di salvarlo" (Allocuzione all'apertura della II Sessione del Concilio Vaticano II).

In questa direzione si orienti la vostra azione, sorretta da una costante preghiera. E mentre invoco su di voi lo Spirito Santo, sorgente di vita e di libertà, perché operi nei vostri cuori con la ricchezza infinita dei suoi doni, auspico che la vostra esistenza sia sempre una credibile testimonianza del Vangelo. A tanto vi conforti la mia benedizione apostolica.

Data: 1986-08-06 Mercoledi 6 Agosto 1986




Saluto alla popolazione - Rocca di Mezzo (L'Aquila)

Conservate, esaltate e tramandate i valori della famiglia



1. Esprimo il mio fraterno ringraziamento a monsignor Mario Peressin, che in questa serena tappa del mio viaggio ai Piani di Pezza, mi ha rivolto il saluto a nome dell'arcidiocesi dell'Aquila; ed esprimo altresi il mio vivo ringraziamento al signor presidente della Regione Abruzzese e al signor sindaco per le nobili espressioni rivoltemi in questo incontro con la popolazione della località montana di Rocca di Mezzo. Vi saluto tutti con affetto e vi ringrazio per la vostra accoglienza. E' per me motivo di grande gioia incontrarmi con tutti voi, abitanti di questa splendida zona, e con voi, turisti, che trascorrete il breve tempo delle vacanze a contatto con le bellezze della natura e con i costumi della cara popolazione dei monti, gente laboriosa, amante delle cose semplici, gelosa custode di tradizioni che non tramontano e degli antichi usi, legata alla fede e al sentimento religioso che caratterizza la sua storia. Dalle vetuste radici della cultura religiosa di questa terra ci parla la vicina Chiesa di San Leucio, vescovo ed evangelizzatore, fondatore di antiche chiese nell'Italia Meridionale.


2. Invito voi tutti a non trascurare mai il senso religioso delle cose e della natura, ereditato dai vostri padri. Specialmente di fronte ai processi di trasformazione tipici della vita moderna, così rapidi e a volte così poco rispettosi dell'ambiente e delle caratteristiche che lo accompagnano, sappiate impegnarvi a mantenere fede ai valori della vostra tradizione e della vostra cultura civile e religiosa. Essa costituisce un monito e un insegnamento ricco di saggezza, un invito a osservare con senso di responsabilità e competente intelligenza le fondamentali e sapienti leggi che salvaguardano l'ambiente naturale in cui l'uomo deve vivere, invitando a conservare con saggia responsabilità i beni che rendono serena la vita sociale, e soprattutto aprono gli occhi perché le perfezioni invisibili di Dio possano essere contemplate con l'intelletto nelle opere da lui compiute (cfr Rm 1,20)


3. Siate fieri della vostra tradizione di fede: essa consente a tutti voi di guardare alla vita moderna con animo sereno, libero, ricco di esperienze confortanti. Ci sono due momenti nei quali maggiormente la vostra fede cristiana si esprime: la vita della famiglia e il sentimento della celebrazione delle feste religiose. Io profitto di questo incontro per invitarvi a non dimenticare mai le risorse cristiane e umane che arricchiscono il vostro tradizionale sentimento circa i valori delle vostre famiglie. In esse si esprime un ideale di vita singolarmente sano, tenacemente radicato com'è nella cultura della popolazione della montagna. Nella famiglia si trasmette la religione, il senso della responsabilità e dell'autorità, il gusto per il lavoro e per l'impegno, la gioia serena della convivenza, il servizio nel rispetto della dignità della persona.

Nella famiglia si scopre soprattutto il significato dell'amore e del valore della vita, considerata da voi sempre come un dono sacro e provvidenziale che viene da Dio. Secondo le vostre tradizioni la famiglia è stabile nei suoi legami. Vi invito perciò a conservare ed esaltare questi peculiari sentimenti, che sono tipici delle vostre popolazioni, anche di fronte alle trasformazioni che oggi riguardano la vita familiare; e preparate con questo spirito i giovani ad affrontare la vita, muniti di un grande e sincero apprezzamento per gli ideali religiosi ereditati dalle tradizioni. Soprattutto voi, giovani, abbiate il programma di crescere in sapienza e grazia, come Gesù a Nazaret, per portare nell'odierno ambiente sociale l'esempio fresco e genuino della vostra equilibrata sicurezza interiore, ricevuta dalla famiglia.


4. Siate poi fedeli custodi della tradizione religiosa del giorno del Signore, arricchendo di intenso sentimento cristiano l'impiego del tempo libero delle vostre giornate di festività. Il tempo libero ha un valore religioso che nasce - come insegnano le parole della Bibbia - dal precetto divino, espresso nel comandamento sabbatico dettato al popolo d'Israele: a tutti gli uomini, liberi o servi, Dio chiede la sospensione, in un determinato giorno da qualsiasi attività.

Il tempo libero del sabato è descritto nella parola di Dio come una benedizione: "Dio benedisse il settimo giorno e lo consacro" (Gn 2,3). Questo precetto del riposo, pero, esige che il giorno di Dio sia "santificato" (Dt 5,12).

Esso non dovrebbe trasformarsi, pertanto, in un nuovo tempo di lavoro e di fatica, né in tempo di dissipazione o di alienazione. E poiché la festa cristiana è immersa nel fulgore della risurrezione di Cristo, di cui è continua ripresentazione, essa invita, soprattutto, a un contatto con Dio, mediante il Salvatore risorto, nello Spirito Santo, alla tranquillità del culto, della contemplazione, del dialogo fatto preghiera. Santificare la festa significa trovare in essa l'occasione di mettere in rapporto con Dio noi stessi e il nostro mondo; con Dio, l'unico che può rivelare alla nostra vita il suo senso profondo, il suo destino definitivo, quello che non viene mai meno e che dà ragione e valore a tutto il resto.


5. In questo ambiente si è sviluppato oggi anche il significativo fenomeno del turismo di vacanza, espressione naturale del bisogno di riposo, di distensione, a contatto con un ambiente sano e diverso da quello delle città e delle strutture lavorative. Con il turismo, ovviamente, nasce un intenso dialogo tra mentalità diverse, e differenti esperienze di vita. Io auspico che tale scambio di opinioni sia sempre positivo, induca ad apprezzare i valori tradizionali e tipici delle differenti condizioni di vita in maniera qualificante e responsabile, e auguro a tutti di vivere questo momento di ferie come un'occasione di grande arricchimento interiore. Auguro perciò che le presenti vacanze consentano a tutti una rivalutazione della vita interiore personale e permettano, poi, di esprimere con energie ritemprate e con più salda e generosa coerenza la collaborazione richiesta nelle strutture di lavoro e nelle comunità ecclesiali di appartenenza.

Nell'elevare la mia preghiera a Dio perché conforti e allieti tutti voi, ben volentieri invoco la protezione della Vergine santissima sulle vostre famiglie, sulle vostre attività che vi attendono, sui vostri migliori propositi, e con affetto imparto a tutti la mia benedizione apostolica.

Data: 1986-08-09 Sabato 9 Agosto 1986




Omelia per rovers e scolte - Piani di Pezza (L'Aquila)

Testimoniate la fede davanti al mondo come associazione


"Siate pronti con le cinture ai fianchi e le lucerne accese" (Lc 12,35).


1. La scultorea espressione che abbiamo ora ascoltata dal Vangelo di Luca, in questa celebrazione prefestiva della XIX domenica "per annum", acquista un significato particolare davanti a voi aderenti all'Associazione Guide e Scouts cattolici italiani, che prendete proprio da queste due prime parole il vostro motto "Estote parati". L'immagine della "cintura ai fianchi" e delle "lucerne accese", che a voi è certamente cara perché nelle escursioni sui monti e intorno ai fuochi ne avrete esperimentato tutta la suggestione fascinatrice, ricorda l'uso degli antichi ebrei, i quali arrotolavano ai fianchi le vesti per poter camminare più speditamente, allorché intraprendevano lunghi viaggi, specialmente quelli di pellegrinaggio a Gerusalemme. Il Libro dell'Esodo fa riferimento a questo uso, quando descrive la cena pasquale dell'agnello: "Lo mangerete con i fianchi cinti, i calzari ai piedi, il bastone in mano: mangiatelo in fretta" (Ex 12,11).

L'immagine è molto significativa per voi, perché esprime l'atteggiamento vigile di chi si mette in cammino alla ricerca di Dio, conducendo una vita fatta di sobrietà e di libertà da tutte quelle realtà che ingombrano lo spirito e appesantiscono il percorso. Essa vi appartiene perché gli Scouts non amano la vita sedentaria e inerte, ben sapendo che il regno di Dio non è fatto per i rinunciatari, i distratti e i superficiali che si lasciano sfuggire le occasioni di grazia, che la Provvidenza pone lungo il tragitto dell'esistenza.


2. "Estote parati": abbiate verso Dio la prontezza e la disponibilità, la fiducia e la fedeltà di Abramo, del quale parla oggi la seconda lettura della celebrazione eucaristica: "per fede Abramo, chiamato da Dio, obbedi partendo per un luogo che doveva ricevere in eredità... per fede soggiorno nella terra promessa come in una regione straniera, abitando sotto le tende". Abramo, l'esploratore per eccellenza, ha scommesso la sua vita sulla parola di Dio, ha sperato contro ogni speranza fino ad avventurarsi in un viaggio ignoto e insicuro: "parti senza sapere dove andava" (He 11,8-9). Gioco tutta la sua esistenza sulla fede, intesa come abbandono totale a Dio. Era una fede senza garanzie immediate e senza una logica umana, ma il grande patriarca non per questo indietreggio, al contrario la visse senza dubbi e incertezze, confidando in Dio e accettando i suoi piani anche quando sembravano a prima vista assurdi e paradossali. Tutto questo perché, pellegrinando su questa terra, non aveva mai perso di vista quella dimora celeste, il cui "architetto e costruttore è Dio stesso" (He 11,10), e ancora perché la terra promessa per lui era il simbolo di quella "patria" che sta oltre il termine della vita terrena.

A voi che vi avventurate su strade a volte difficili, irte di pericoli, e sconosciute, l'esempio di Abramo valga come stimolo a costante tenacia e perseveranza così da non lasciarvi mai sopraffare dagli ostacoli e dallo scoraggiamento.


3. Carissimi rovers e scolte, so che avete come celeste patrono Paolo di Tarso, l'apostolo delle Genti che, dopo la missione ricevuta da Gesù sulla via di Damasco, fece della sua vita un'incessante e instancabile peregrinazione per portare il Vangelo della salvezza a tutti i popoli. Come Abramo, anch'egli usci dalla sua terra e si mise in cammino, come colui che non ha "quaggiù una città stabile, ma ne cerca una futura" (He 13,14). Vi sono note le sue fatiche e, per così dire, le sue avventurose peripezie. Egli stesso ne parla in alcuni passi autobiografici della seconda Lettera agli abitanti di Corinto quando accenna ai suoi "viaggi innumerevoli, ai pericoli di fiumi, pericoli nel deserto e pericoli sul mare" (2Co 11,26). Non vi sembra di potergli assomigliare anche voi in tanti aspetti della vostra attività e nello stile della vostra vita? Imitatene le gesta, portando nel vostro cuore lo stesso slancio, lo stesso zelo e lo stesso entusiasmo per la causa del Vangelo. Voi dopo aver percorso le Piste come lupetti e coccinelle, e poi i Sentieri quali arditi esploratori e guide, siete entrati ora nella Strada o Route.

E' questa l'ultima tappa del vostro itinerario scoutistico, che vi prepara ad attuare le vostre scelte delle quali poi dovrete dare testimonianza al di fuori del Clan, in mezzo alla società, là dove la Provvidenza vi chiamerà a svolgere la vostra vita civile e sociale e a portare il vostro servizio agli altri, secondo lo stile che vi è stato inculcato nella vostra Associazione scoutistica. Si! Servire! Un servizio a favore di chi è nel bisogno: disinteressato e generoso, ma che indirettamente si risolve pure in un beneficio di chi lo compie, perché, come affermava nel suo testamento sir Robert Baden-Powell, fondatore dello scoutismo, "il vero modo di essere felici è quello di procurare la felicità agli altri".


4. Vi saluto tutti, carissimi giovani rovers e scolte, e vi esprimo la mia gioia nel vedervi qui radunati nello scenario magnifico dell'Appennino abruzzese, che ormai ho imparato a conoscere e ad ammirare nei suoi angoli più suggestivi. Insieme con mons. Camillo Ruini, segretario della Conferenza episcopale italiana e mons. Fiorino Tagliaferri, presidente della Commissione episcopale per il laicato, e con mons. Mario Peressin, arcivescovo de L'Aquila, rivolgo un particolare pensiero ai dirigenti, a tutti i capi dell'Agesci e agli assistenti ecclesiastici.

Vi siete messi in cammino per 250 percorsi in queste remote località ai Piani di Pezza. Siete in molti: il numero dice già di per sé l'importanza che voi annettete a questa esperienza, che compite nello spirito del biblico esodo.

Sono sicuro che questa esperienza vi servirà per tracciare nelle linee fondamentali quelle "scelte umane e cristiane per un mondo che cambia", che costituiscono il tema generale di questi giorni. Il clima d'una Route nazionale è particolarmente favorevole a queste scelte personali, che dovranno decidere della vostra vita futura. Essa infatti vi fa toccare con mano tutte le vostre capacità di realizzazione che nella normale vita quotidiana possono restare latenti. Vi offre la possibilità di vivere in un altro modo e di riscoprire in voi quella fisionomia spirituale che risponde più propriamente ai vostri gusti e ai vostri ideali più veri. Vi spinge a uscire dal vostro io e metterlo sempre in questione nello scambio interpersonale, contro l'appiattimento a cui possono condurre certi modelli culturali standardizzati. La vita comunitaria degli Scouts mira alla promozione della personalità, aiutando ciascuno ad essere se stesso e rendere così un servizio migliore agli altri. Nella Route non c'è posto per la paura e la pigrizia che spesso tarpano le ali alle persone, riducendole a uno stato di passivo conformismo. In essa tutto deve portare all'elevazione dello spirito.

L'attenzione a evitare ogni banalità, ogni grossolanità e ogni superficialità conduce via via a scoprire i valori umani e spirituali e a coglierne le ricchezze più recondite. L'escursione in montagna, i carrefours, il campeggio, la cerimonia della Promessa, le messe al campo, i canti attorno al fuoco o sotto la luna sono altrettante occasioni che vanno al di là del fatto per diventare eventi che lasciano nell'animo una traccia indelebile e un insegnamento a cogliere in ogni persona, gesto e cosa quel significato che sfugge a chi è distratto o stordito in una concezione materialistica della vita. E' ancora questa vita a contatto con la natura che insegna e rende possibile un'ascesi, cioè uno sforzo, la fatica e il coraggio che sono necessari per una scelta concreta di vita veramente evangelica. Per questa via passa la conversione, che in questi giorni vi siete proposti di attuare sull'esempio di Paolo di Tarso. A questa luce le "scelte umane e cristiane" saranno certamente valide e sicure, perché avete imparato a superare lo spessore talvolta impermeabile delle cose e dei rapporti umani, e a cogliere la trasparenza dello Spirito, che informa tutta la creazione e dispone l'anima al contatto col soprannaturale. E' questa la strada che conduce all'esperienza di Cristo. E' la strada che conduce al Tabor, a Emmaus, ma anche quella che passa per il Calvario, perché se si vuole essere qualcuno e fare qualcosa nella vita non si può rinunciare al passaggio obbligato della sofferenza e del sacrificio: "per crucem ad lucem".


5. Le vostre "scelte umane e cristiane" in questa luce diventano davvero impegnative e vi saranno preziose in questa vostra tappa che vi avvia ormai al momento della "partenza". Certo, in questi giorni avete fatto tanti propositi che vi dovranno accompagnare nella vita, ma credo che in cima a tutti ci sia quello di testimoniare la vostra fede davanti al mondo. A questo vi abilita con particolari accentuazioni l'appartenenza a un'Associazione specificamente cattolica, qual è e quale si professa la vostra. A questo vi impegna con particolare vigore la formazione, anch'essa specificamente cattolica, che l'Associazione ha il compito di offrirvi e che è destinata ad animare sia il vostro modo di pensare, sia i comportamenti esterni e la vostra attività di giovani leali e fedeli. A una società che vive spesso drammi profondi in un contesto di sfiducia, di edonismo e di violenza, voi dovete far sentire la bellezza della fede, dell'amicizia, della solidarietà e del servizio, come pure l'ideale di una consacrazione totale a Cristo e agli uomini. Siate sempre coerenti con i vostri principi e con la vostra identità: ci sia continuità tra la fede e la vita, tra il pensiero cristiano e l'azione pratica. Abbiate una condotta lineare, ispirata a una fedeltà vera verso la Chiesa e verso la Patria, che vi affranchi dalle suggestioni di modelli culturali o di costume, apparentemente innovatori ma in realtà ancorati al conformismo. Sarete così in grado di arrivare all'autentica libertà interiore, degna degli uomini forti che non tradiscono mai la propria lealtà verso Dio, verso Cristo, verso la Chiesa e i suoi pastori, nel generoso adempimento delle Promesse, e nella costante tensione per superare i confini della mediocrità e dell'opportunismo; collaborate con le altre Associazioni e Movimenti cattolici per l'animazione cristiana dell'odierna società. In questo modo farete si che il mondo cambi in meglio: a vantaggio della giustizia e della pace, della solidarietà e della promozione di ogni uomo. Ne deriveranno la migliore apologia del vostro Movimento e la piena attuazione del vostro motto "Estote parati", perché condurrete effettivamente un'esistenza evangelica "con la cintura ai fianchi e le lucerne accese". Giovani rovers e scolte, ponetevi in cammino sulle strade del mondo: Cristo cammina con voi!

Data: 1986-08-09 Sabato 9 Agosto 1986





GPII 1986 Insegnamenti - Esequie del card. Confalonieri - (Roma) Lunedi 4 Agosto 1986