GPII 1986 Insegnamenti - Al Movimento per la vita, in San Lorenzo - Firenze

Al Movimento per la vita, in San Lorenzo - Firenze

Rilanciare il senso della sacralità della vita


Carissimi fratelli e sorelle. Vengo in questa sede per dare con la mia presenza un segno del vivo apprezzamento verso l'opera e le finalità di un'Istituzione, che merita l'appoggio di quanti sono pensosi dell'avvenire sociale, umano e religioso. Qui, oltre dieci anni fa, si è affermato il Movimento per la vita, diffuso ben presto in altre città italiane e oltre frontiera allo scopo di promuovere l'accoglienza della vita umana e la tutela sociale della maternità. I Centri di aiuto alla vita, in questo periodo, hanno aperto varie case di accoglienza per mettere le madri in difficoltà nella condizione di portare avanti la gravidanza e salvare i loro figli. E' un'attività indubbiamente benemerita davanti a Dio, padrone della vita, e alla società che deve esserne custode. Questo Centro ha il significato di una testimonianza a favore del primato della vita umana a confronto di tutti gli altri valori di ordine materiale; vuole essere un richiamo ai giovani e ai grandi perché comprendano che una società giusta non si costruisce con la eliminazione degli innocenti: intende rilanciare il senso della sacralità della vita umana, creata da Dio per un destino trascendente e integrale in tutto l'arco della sua esistenza. Il Centro è una sfida a una mentalità di morte. Auspico vivamente che i cristiani, i credenti, gli uomini di buona volontà vogliano collaborare con impegno sincero e costante a un'opera così evangelica, favorendone un crescente sviluppo.

Data: 1986-10-19 Domenica 19 Ottobre 1986




Beatificazione di Teresa Maria della Croce - Firenze

I santi della Chiesa cattolica sono per l'intera umanità



1. "Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?" (Lc 18,8).

La Chiesa ci invita a rileggere e meditare queste parole nell'odierna domenica, che - come è noto - è anche la "Giornata missionaria mondiale".

Le parole pronunziate da Cristo in questa sua domanda, contengono una specie di sfida alla Chiesa di tutti i tempi. E questa sfida ha un carattere missionario. Se il Figlio dell'uomo alla sua venuta definitiva deve trovare "la fede sulla terra", è necessario che tutta la Chiesa sia costantemente missionaria ("in statu missionis"), così come è stato sottolineato dal Concilio Vaticano II.


2. La Chiesa è missionaria, quando accoglie con fede, con speranza e con carità, la parola di Dio: questa Parola che è "viva, efficace, e scruta i sentimenti e i pensieri del cuore" (He 4,12). La Chiesa vive nella luce di questa Parola. Vive e si rinnova nella sua potenza. La potenza della parola di Dio si fonda sulla Verità, sulla Verità definitiva, perché è anche la prima. Sulla Verità assoluta, cioè tale per cui in essa "si risolvono" tutte le verità che ne derivano, le verità umane. Sulla verità perciò, assolutamente semplice e limpida, che è accessibile ai "piccoli", che si rivela a tutti gli uomini "puri di cuore" e di buona volontà, come Gesù ci ha insegnato nel suo Vangelo. La potenza della parola di Dio è nella verità ed è nella missione! Dio non tiene nascosta questa verità nell'intimo della sua Divinità. Benché elevata al di sopra degli intelletti e dei cuori, essa è la verità salvifica, è la buona novella. Dio giunge con essa fino alla creazione.

Giunge fino all'uomo. Dio affida questa verità salvifica al Figlio e allo Spirito, che sono della stessa sostanza del Padre, e da lui mandati. La Chiesa permane "in statu missionis" incontrandosi incessantemente con questa divina messaggera cioè la Verità e con la missione del Figlio nello Spirito Santo da parte del Padre.


3. La giornata odierna deve rinnovare nell'intero popolo di Dio la coscienza di tale incontro. La Chiesa che da secoli è a Firenze, desidera rinnovare la sua coscienza missionaria e la sua missionaria disponibilità, partecipando all'elevazione alla gloria degli altari di una sua venerabile figlia: la serva di Dio suor Teresa Maria della Croce. Questo è il motivo essenziale e insieme proprio della coscienza e della disponibilità missionaria: la Chiesa reca incessantemente in sé la chiamata alla santità (LG 39ss) e così persevera nella sua missione salvifica.


4. Che cosa ci dice l'odierna liturgia sulla santità? Che cosa ci dice sulla santità di questa serva di Dio, che è stata vostra concittadina? La santità è quell'"alzare gli occhi verso i monti", di cui parla il salmo responsoriale (Ps 120,1): è l'intimità con il Padre che è nei cieli; l'intimità mediante Cristo nello Spirito Santo. In questa intimità vive l'uomo, consapevole della sua via, che ha i suoi limiti e le sue difficoltà, l'uomo che guarda con fiducia verso Dio. Santità è la coscienza di essere "custoditi". Custoditi da Dio. Il santo conosce benissimo la sua fragilità, la precarietà della sua esistenza, delle sue capacità. Ma non si spaventa. Si sente ugualmente sicuro. Egli confida nel fatto che Dio "non lascerà vacillare il suo piede, che veglierà su di lui, che lo proteggerà da ogni male" (Ps 120,3 Ps 120,5 Ps 120,7 Ps 120,8). I santi, nonostante avvertano tanta tenebra in se stessi, sentono di essere fatti per la Verità. Per Dio-Verità. E quindi danno sempre più spazio a questa Verità nella loro vita. Di qui viene quella sicurezza che li distingue: dove gli altri vacillano, essi resistono. Dove gli altri dubitano, essi vedono il vero.


5. Che cosa ci dice oggi la liturgia circa la santità della serva di Dio Teresa Maria della Croce? La santità vuol dire anche le mani alzate nella preghiera a Dio, mentre attorno è in corso un combattimento, mentre continua la lotta tra il bene e il male. L'impegno contemplativo e della preghiera sembra, a tutta prima, un estraniarsi dalle lotte della vita. Sembra una rinuncia a combattere. Ma chi pensa così, non conosce la potenza della preghiera, come vediamo chiaramente dalla prima lettura della Messa. Teresa Maria fu una grande donna d'azione; eppure, fin dalla adolescenza, ebbe la grazia di comprendere questa potenza della preghiera, che avvertiva in modo speciale nell'adorazione eucaristica, che era la sorgente della sua forza e della sua letizia, insieme con una fervente devozione alla Beata Vergine Maria. Il gusto della preghiera e l'esigenza di corrispondere all'Amore col quale essa si sentiva amata da Cristo, furono per la serva di Dio, fin da giovanissima, una cosa sola. E questo desiderio di operare il bene si tradusse subito nell'iniziativa che essa prese - non ancora ventenne - di riunire attorno a sé, in una vita in comune, alcune coetanee al fine di svolgere un'opera di assistenza e di aiuto nei confronti della fanciullezza povera e abbandonata.

Ben presto, nonostante difficoltà e patimenti, l'iniziativa si consolido e - sotto il segno della spiritualità carmelitana - giunse, dopo pochi anni, a divenire Istituto religioso di diritto pontificio, riconosciuto nel 1904 da papa Pio X. Da allora le suore di Teresa Maria cominciarono a diffondersi anche all'estero, come nel Libano e in Terra Santa.


6. Teresa Maria ha vissuto in modo esemplare le esortazioni di san Paolo, che abbiamo letto nella liturgia: "fin dall'infanzia" si è lasciata convincere dalla verità della parola di Dio, su di essa ha costruito, in essa è "rimasta salda". E col passare degli anni ha rafforzato tale sua "saldezza" e robustezza interiore, e l'ha saputa "insegnare", convincendo e correggendo le proprie figlie spirituali, e formandole alla giustizia e ad ogni opera buona. Fino ad oggi. E anche nel futuro.

La caratteristica particolarmente evidente di Teresa Maria era la gioia.

Donna di una tenerezza materna e di un equilibrio eccezionali, la sua parola di sapienza, il suo stesso sguardo e portamento sapevano infondere a tutti tanta luce, tanto conforto e tanta speranza, che ella era continuamente ricercata da persone di ogni ceto e condizione, che attendevano anche per ore, pur di essere da lei ricevute nel suo conventino, sotto l'argine del Bisenzio, per ascoltare le sue parole di fede che sapevano trasfigurare la sofferenza e ridonare la pace.


7. Ma la gioia di Teresa Maria non era la gioia illusoria di questo mondo. Quella gioia era frutto di un alto prezzo, che del resto pagava volentieri, perché spinta dall'amore per Cristo e per le anime. Essa ebbe molto da soffrire: dalla critica alla calunnia; dal martirio di un tumore maligno che la divoro con sofferenze spaventose, all'angoscia di una "notte oscura" della fede, che la provo nelle fibre più intime del suo spirito. Ma in tutto ciò perfettamente abbandonata nelle mani di Dio, essa seppe vivere nella pace e pareva quasi ripetere le parole di Paolo quando dice: "Sovrabbondo di gioia in ogni tribolazione" (2Co 7,4).

Ecco la gioia che c'insegna la nuova Beata. Una gioia che è verità, che è pienezza, che è fecondità e che ci apre alla vita divina. Oggi abbiamo molto bisogno di questa gioia. E' la gioia che ci viene dalla croce, quella croce con la quale essa volle segnare il suo nome di religiosa. Quella santa croce che in Firenze dà anche il nome a una piazza, monumento, a un tempo, di storia, di arte, di cultura e di fede. La croce di Cristo ha animato, o Fiorentini, la vostra cultura, la vostra civiltà. Ancor oggi e sempre, nelle mutate condizioni dei tempi e tra i nuovi valori che emergono dalla storia. La fede in Cristo crocifisso e risorto sia ispiratrice di alti ideali, forza di rinnovamento, orientamento al progresso morale e civile!


8. Accingendomi a lasciare tra poco questa vostra stupenda città, o Fiorentini, desidero salutarvi e ringraziarvi tutti. Saluto innanzitutto l'arcivescovo card.

Silvano Piovanelli, con i suoi collaboratori, le autorità civili e cittadine qui convenute, il clero, i religiosi e le religiose, le rappresentanze delle parrocchie, dei gruppi parrocchiali, dei vari movimenti ed organizzazioni cattolici, tutto il popolo di Dio che è in Firenze: in particolare le famiglie, i lavoratori, gli artisti e gli uomini di cultura, i giovani, gli anziani, i fanciulli, i malati, i sofferenti, e anche coloro che, non sentendosi parte della comunità cattolica, fossero ugualmente presenti a questo nostro incontro, che vuole essere non solo testimonianza di fede, ma anche testimonianza umana di solidarietà ai grandi valori dell'amore e dell'interesse per l'uomo, per la sua salvezza e per la sua dignità, valori che nella vita e nell'opera della beata Teresa Maria della Croce trovano una realizzazione così fulgida e convincente. I santi della Chiesa cattolica non sono soltanto per i cattolici, ma per l'intera umanità.


9. "Il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?". Troverà certamente diverse manifestazioni di fede, espresse nei monumenti della cultura e della tradizione. Numerosi documenti e prestigiosi monumenti presenti in questa città hanno fatto si che proprio Firenze sia in questo periodo la "Capitale europea della cultura". "La dolce, misurata e armoniosa Firenze - come disse Giorgio La Pira -, creata insieme dall'Uomo e da Dio, per essere come città sul monte, luce e consolazione sulla strada degli uomini". Firenze, capitale dell'umanesimo cristiano, che ha dato un volto all'Europa e che ancora deve darlo, se l'Europa vuole svolgere nel mondo la sua missione di giustizia e di pace. Questa è Firenze! 10. Si, Questa grande, meravigliosa eredità della cultura italiana, della cultura europea, della cultura cristiana è anche una parte della Chiesa che nel corso dei secoli e delle generazioni è rimasta "in statu missionis". Questa eredità ha forse soltanto l'eloquenza del passato? Rende testimonianza soltanto a ciò che è stato? La parola di Dio dell'odierna liturgia ci induce a rispondere di no; non soltanto! Ecco, infatti, dal profondo di tutto ciò che Firenze è stata e che - grazie all'eloquenza delle opere della sua cultura - continua ad essere, sembra risuonare questa esortazione che l'Apostolo dei Gentili ha inserito nella Lettera a Timoteo: "Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina" (2Tm 4,1-2). L'eredità parla. L'eredità chiama. L'eredità è indirizzata verso il futuro, verso il futuro definitivo che l'uomo e il mondo - mediante Gesù Cristo - hanno in Dio stesso. Firenze! Ascolta questa voce, iscritta profondamente nella tua eredità.

Firenze! Italia! Europa! Ascolta! "Ti scongiuro"!

Data: 1986-10-18 Sabato 18 Ottobre 1986




Saluto agli sportivi - Coverciano (Firenze)

Lo sport è elevazione integrale dell'uomo


Ringrazio il dott. Franco Carraro per le gentili parole che ha voluto rivolgermi, in qualità di presidente del CONI e commissario straordinario della Federazione italiana del gioco di calcio; saluto i dirigenti, gli arbitri e tutti i bravi atleti, qui convenuti in rappresentanza delle varie Federazioni sportive nazionali, come pure tutto il personale di questo Centro tecnico di Coverciano.

Sono grato per la bella manifestazione sportiva che è stata offerta dagli atleti, i quali hanno dato splendida prova delle loro qualità e della loro preparazione. E' stato un saggio significativo che bene ha espresso il messaggio fondamentale dello sport: l'elevazione integrale dell'uomo, la sua educazione umana e spirituale. Lo sport infatti esige non solo allenamento dei muscoli, ma anche una ferrea disciplina morale fatta di buona volontà, di pazienza, di perseveranza, di equilibrio, di sobrietà e di spirito di sacrificio, altrettanti valori umani, questi, che sono alla base di ogni impegno sportivo e che assicurano successo e classe all'atleta. Quando tali valori sono assunti con consapevole adesione interiore e informati dalla carità di Cristo possono elevarsi al rango di virtù. A questo fa riferimento san Paolo quando afferma: "ogni atleta è temperante in tutto" (1Co 9,25). Lo sport, esercitato in questa visione globale, ha perciò un alto valore educativo, perché vale come addestramento per conseguire successi sia nelle competizioni sportive, sia nei traguardi dello spirito, tra i quali è da annoverare la promozione di un clima di fratellanza e di pace.

Vi auguro di saper vedere in questa dimensione i valori dello sport che voi esercitate con tanta bravura; offrirete così ai vostri ammiratori un messaggio veramente significativo. Auguro anche pieno successo alle vostre future prestazioni sportive, mentre porgo a tutti il mio benedicente saluto.

[Prima di lasciare Coverciano:] Voglio ringraziare cordialmente il signor presidente per le sue parole, indirizzatemi a nome di tutti i presenti ma soprattutto dei giovani sportivi. Questa è l'ultima tappa della mia visita a Firenze e, in questa circostanza, voglio esprimere la mia gratitudine a tutte le autorità di questa splendida città, e l'affido al Signor sindaco qui presente.

Voglio ringraziare tutti i suoi concittadini per l'accoglienza molto calorosa, degna delle grandi tradizioni della vostra splendida città. Voglio ancora una volta congratularmi con Firenze a motivo del suo titolo di capitale della cultura europea in questo anno 1986. E' questa una grande promozione, nello stesso tempo tanto dovuta e tanto meritata dalla vostra città. E alla fine di questa visita, che ha avuto soprattutto un carattere pastorale per cui sono grato alla Chiesa fiorentina - gratitudine che esprimo e affido al card. Piovanelli arcivescovo di Firenze -, alla fine di questo visita pastorale, vorrei sottolineare la presenza delle realtà sportive nell'insieme della cultura umana, da tanto tempo e da tante epoche; un fatto che si riferisce all'uomo nella sua integrità, anima e corpo. Tutto quello che noi oggi vogliamo comprendere sotto le parole corpo, esercizi sportivi, competizioni sportive, tutto questo appartiene alla cultura umana, alle tradizioni della cultura umana, all'integrità della cultura umana. così vedo che questo congedo dalla capitale europea della cultura, fatto in uno stadio sportivo e promosso dagli sportivi, è molto bene inquadrato nell'insieme di questa mia visita. Vi dico un grazie molto sentito. Incontrando qui i giovani mi riferisco al futuro perché è chiaro che i giovani sono tra noi quelle persone, quella generazione, che più di tutti guardano al futuro. Auguro alla capitale europea della cultura, a Firenze, un futuro molto buono, degno del suo passato. Una continuazione omogenea del suo passato. E questo faccio vedendo voi giovani e guardando l'entusiasmo con il quale vi dedicate agli esercizi del corpo ma, nello stesso tempo, anche a quelli che servono allo spirito, all'anima. Vi auguro di crescere così, armonicamente, per il bene della vostra città, della vostra patria e del mondo futuro.

Data: 1986-10-19 Domenica 19 Ottobre 1986




Alle Comunioni cristiane mondiali - Pregare per capire come agire e testimoniare insieme



Cari amici in nostro Signore Gesù Cristo. E' per me una gioia dare il benvenuto ai partecipanti della Conferenza dei segretari delle Comunioni cristiane mondiali. La città di Roma, santificata dal sangue dei primi martiri cristiani, è sicuramente un luogo dove tutti coloro che vogliono portare testimonianza a Cristo oggi possono trovare nuova forza e vigorosa ispirazione. La parola "comunione" ci ricorda ancora una volta le profonde riflessioni sulla natura della Chiesa da ricercare nell'insegnamento del Concilio Vaticano II. Il decreto sull'ecumenismo si riferisce a coloro che credono in Cristo e sono stati realmente battezzati "in una certa, anche se imperfetta comunione con la Chiesa cattolica". Esso propone anche "la piena comunione ecclesiastica" (UR 3-4), come fine di un lavoro ecumenico. Come segretari delle Comunioni cristiane mondiali, avete la responsabilità nel compito di realizzare la piena comunione di fede e vita sacramentale tra tutti i battezzati.

E' un compito al quale si contribuisce in molti modi. L'ho detto prima e lo ripeto ancora che per la Chiesa cattolica la ricerca dell'unità tra i cristiani è una priorità pastorale. E' così importante che il mondo nel quale viviamo, tanto diviso, possa vedere il segno della riconciliazione e della pace tra coloro che credono in Cristo. Più la nostra collaborazione è contraddistinta dall'onestà, dall'umiltà e dalla carità, più la nostra unita testimonianza sarà veramente un segno al mondo di quella pace e comunione alla quale tutti gli uomini e le donne sono chiamati. Saro tra breve ad Assisi insieme agli altri capi cristiani e capi di altre religioni. Il nostro comune intento sarà quello di pregare per la pace. E' nella preghiera e solo nella preghiera che i cristiani capiranno come agire e testimoniare insieme per la pace. Oggi invito voi e tutti coloro che rappresentate a pregare anche in questi giorni perché il mondo possa conoscere e godere quella pace che supera ogni ragione. Possa il vostro incontro a Roma rinvigorirvi per le sfide che giacciono a monte. E possa la pace di Cristo essere sempre con voi.

Data: 1986-10-21 Martedi 21 Ottobre 1986









Al capitolo dei Padri Bianchi - Città del Vaticano (Roma)

Fedeltà cosciente al carisma missionario


Cari padri e fratelli Missionari d'Africa,


1. Ogni volta che una famiglia di apostoli del Vangelo, specialmente fondata per aprire le ricchezze della rivelazione a popoli che le ignorano ancora o le conoscono poco, si riunisce in capitolo a Roma o altrove, io rendo grazie a Dio per questo segno di vitalità ecclesiale. Il vostro passo presso il successore di Pietro manifesta infatti che voi intendete partecipare all'evangelizzazione con tutto il Collegio episcopale del quale egli è a capo. Insomma avete voluto coronare il vostro 23° capitolo generale con una professione di fede nella Chiesa.

Esprime innanzitutto la mia cordiale riconoscenza del padre Robert Gay. Per sei anni ha amministrato con saggezza l'eredità del card. Lavigerie, sforzandosi d'essere l'animatore del progetto comunitario che i Padri Bianchi offrono alle Chiese dell'Africa. Indirizzo al nuovo superiore generale, padre Etienne Renaud, i miei voti calorosi con l'assicurazione delle mie preghiere. Il capitolo l'ha sottratta, caro padre, all'Istituto pontificio di studi arabi e islamici che lei faceva beneficiare della sua competenza. Colgo l'occasione per rendere omaggio a questo Istituto che si appresta ad aprire le porte, in quest'anno accademico, a una quarantina di studenti provenienti da numerose parti del mondo. La scelta dei capitolari, che le affida la responsabilità della Società dei Padri Bianchi, mi sembra un segno importante dell'attenzione che i Missionari d'Africa hanno sempre avuto per i "credenti dell'Islam", conformemente al primo articolo delle vostre Costituzioni.


2. Il vostro capitolo ha appena compiuto un lavoro importante. Avete messo a punto le vostre Costituzioni approvate cinque anni fa. Ma, al di là di questo aspetto giuridico della vostra fatica comune, avete confermato gli obiettivi essenziali ai quali volete dare un impulso nuovo. Ne gioisco profondamente. Noto innanzitutto la vostra volontà risoluta di fedeltà al vostro carisma missionario. Malgrado i vostri effettivi limiti, volete elargire le vostre risposte alle numerose richieste che vengono dai vescovi africani, ora responsabili di diocesi un tempo fondate da voi, o da pastori che stanno instaurando nuove diocesi, o che devono affrontare ancora una prima evangelizzazione. I miei viaggi apostolici in Africa mi hanno permesso di vedere quante di queste Chiese, centenarie o più recenti, avessero bisogno di un reale sostegno, anche se deve essere più modesto, sempre disinteressato. Penso anche a ciò che la vostra esperienza può apportare alla formazione del clero, delle congregazioni religiose autoctone, del laicato e specialmente dei catechisti. Inoltre la vostra conoscenza particolare dell'Islamologia è capace di aiutare molto le comunità cristiane dell'Africa nelle loro relazioni con i numerosi discepoli del Corano. Voi lo sapete meglio di chiunque: il dialogo con i "credenti dell'Islam" è necessario, come lo sottolineavo il 19 agosto 1985 a Casablanca, e deve essere condotto con comprensione e lucidità. D'altronde - penso qui ai vostri confratelli di Gerusalemme, in unione con le Chiese d'Oriente sul piano ecumenico - continuate a portare, ovunque siete presenti, questa preoccupazione dell'unità fra i cristiani, attraverso le vie del dialogo e di un'azione comune in tutti i campi dove ciò sia possibile. Il vostro carisma missionario è suscettibile di procurare un sostegno illuminato e paziente alle giovani Chiese dell'Africa che incominciano a scoprire la loro vocazione missionaria "ad extra", in Africa sicuramente e, in seguito, perché non oltre? Citero soltanto l'esempio della prima congregazione femminile nel Burundi, "le Benetereziya" attualmente presente in Tanzania, nel Ciad, nel Camerun.3. Senza dubbio questa fedeltà al vostro carisma, cioè alle Chiese dell'Africa, ha cambiato stile dopo la vostra fondazione. Tuttavia è proprio la stessa fedeltà che si spingerà a cooperare attivamente e umilmente al movimento dell'inculturazione.

Nell'enciclica "Slavorum Apostoli", mostravo come i santi Cirillo e Metodio erano stati audaci e prudenti per comprendere bene la lingua, gli usi e le tradizioni dei popoli slavi, per interpretare fedelmente le loro aspirazioni. Per voi Missionari d'Africa, questa prospettiva è familiare. Voi siete sempre stati fedeli, non solo all'intuizione generale del card. Lavigerie, che vi chiede di essere africani con gli africani, con il dovere di imparare la lingua e di conoscere bene i costumi in mezzo ai quali siete chiamati a vivere, per meglio inserire il fermento della parola di Dio o darne testimonianza udibile. Vi incoraggio di tutto cuore ed esprimo la mia soddisfazione per i Centri di studio delle lingue africane fondati in Africa, e per lo sviluppo dell'Istituto pontificio di Roma. Conoscete lo spirito che deve presiedere quest'opera complessa e necessaria di inculturazione. Ne ho trattato in modo più specifico a Yaoundé e a Nairobi, l'anno scorso. Possa la vostra società apportarvi il suo contributo, in stretta unione con i vescovi dei paesi interessati come le Università cattoliche dell'Africa e della Santa Sede!


4. Questa fedeltà alle Chiese del continente africano passa ancora attraverso i sentieri di una cooperazione giudiziosa e disinteressata e gli sforzi che le diocesi fanno esse stesse, o compiono in unione con i Governi al fine di scongiurare progressivamente le miserie e le insicurezze subite da numerose popolazioni. Si tratta di rimediare alla sottoproduzione alimentare e quindi alla carestia, di far regredire l'analfabetismo, di sopperire all'insufficienza di protezione sanitaria e anche di promuovere la coesistenza armonica tra etnie di una stessa nazione. In breve si tratta di operare ovunque per l'avvento della giustizia e della pace, come conseguenza della buona novella annunciata ai poveri. La vostra lunga presenza in Africa vi qualifica per essere oggi ancora dei consiglieri discreti e dei cooperatori efficaci.


5. Potreste dirmi: ahimè, manchiamo di operatori. Tuttavia io credo di sapere che i Padri Bianchi e le Suore Bianche abbiano fondato o sostenuto una ventina di Congregazioni religiose autoctone. Del resto i giovani che desiderano entrare nella vostra società non sono in buona parte africani? Cercate di stimolare le vocazioni missionarie nei paesi in cui il vostro Istituto si è reclutato agli inizi, durante più di cento anni e anche altrove. Lo scambio fraterno tra le Chiese antiche e le giovani Chiese è a beneficio degli uni e degli altri.


6. Infine, avete deciso di spingere ancora più avanti la fedeltà alla vita comunitaria. Il card. Lavigerie, con la sua fermezza, voleva che essa fosse una caratteristica della fondazione missionaria, uno strumento privilegiato dell'apostolato al servizio delle Chiese particolari dell'Africa. Forse l'invecchiamento dei vostri effettivi esige che gli orientamenti siano definiti per realizzare i raggruppamenti necessari. Le vostre comunità dovranno diventare senza dubbio sempre più interrazziali: vivendo nello spirito del Vangelo, esse possono favorire l'accettazione della diversità, generare una creatività sana, equilibrata del fatto che essa è regolata dall'umiltà evangelica di fronte alle altre. Evidentemente queste comunità daranno un posto privilegiato al tempo della preghiera, alla formazione dottrinale e pastorale, senza trascurare il dialogo leale con i responsabili, e i momenti gratuiti di fraternità semplice e gioiosa. A questo proposito, incoraggio il rinvigorimento spirituale che, da dieci o dodici anni, i Padri Bianchi possono effettuare per numerose settimane nella vostra Casa "Sant'Anna" di Gerusalemme. Cari padri e fratelli, la vostra Società è ben integrata con l'Africa e in qualche punto del Medio-Oriente. Essa ha compiuto un lavoro considerevole. Essa ha anche conosciuto, come molte Chiese di questo continente, degli ostacoli messi alla sua opera disinteressata dell'evangelizzazione, delle grandi prove, che identificano cristiani e missionari al Cristo che soffre la sua passione. In nome della Chiesa vi dico: vivete nella speranza. La vostra missione in Africa continua! Accompagnate con ardore e competenza queste giovani Chiese, questo continente, questa civiltà, chiamate a prendere sempre più il loro posto sulla scena del mondo. E' con questi sentimenti che invoco su tutti i missionari dell'Africa una sovrabbondanza di saggezza e di forza divine; affido la vostra Società, le vostre famiglie e i vostri amici alla protezione di Nostra Signora dell'Africa.

Data: 1986-10-23 Giovedi 23 Ottobre 1986




A studiosi della Pontificia Accademia delle scienze - Città del Vaticano (Roma)

Possa la vostra ricerca sconfiggere il flagello del cancro


Signor presidente, signore e signori, per la terza volta nella sua storia la Pontificia Accademia delle scienze rivolge la sua attenzione al cancro, una malattia che distrugge l'organismo di molti esseri umani e sta spaventando nella diversità delle sue forme. Nel 1948 una settimana di studio fu dedicato a "Problemi biologici del cancro". Nel 1977 un'altra settimana di studi fece ricerche su "Ruolo dell'immunità non specifica nella prevenzione e nel trattamento del cancro". Per l'attuale meeting avete scelto il tema: "Meccanismi molecolari dell'attività carcinogenica e antitumorale. Il gruppo di lavoro tenuto questa settimana nella Pontificia Accademia delle scienze è composto da rinomati scienziati da tutte le parti del mondo, che hanno dedicato la loro attività per investigare, sin dal principio essenziale, le origini del cancro, i mezzi per curarlo e, se possibile, i modi per prevenirlo.

Voi provenite dalle nazioni più sviluppate, che hanno i mezzi materiali per condurre ricerche a un tale principio essenziale e su una così larga scala. I benefici del vostro lavoro, comunque, sono destinati a tutto il mondo. La particolare caratteristica di questo lavoro d'équipe è di unire, nella stessa esplorazione e discussione, il meccanismo di azione degli agenti carcinogeni e anti-tumorali, quelli che causano la terribile malattia e quelli che aiutano a curarla. Le discussioni così vertono sulla sofferenza dell'uomo, ma anche sui suoi sforzi per trovare un rimedio ad esso. Un'altra caratteristica sorprendente di questo lavoro di gruppo è che tenta di sondare i veri principi del problema investigando i meccanismi molecolari degli eventi che sono responsabili per l'azione degli agenti carcinogeni e antitumorali. Desidero esprimere la mia gratitudine alla Pontificia Accademia per aver scelto un tema così importante e urgente. Ringrazio inoltre gli autorevoli scienziati che hanno lavorato con vigore durante questi giorni. Possa la vostra ricerca raggiungere i risultati necessari per sconfiggere questo terribile flagello che è il cancro. Dio benedica voi e le vostre famiglie.

Data: 1986-10-23 Giovedi 23 Ottobre 1986




All'Associazione cattolica operatori sanitari - Città del Vaticano (Roma)

Evitare che l'uomo si faccia padrone dell'uomo



1. Sono lieto di accogliere e di salutare voi delegati al III Congresso nazionale dell'Associazione cattolica degli operatori sanitari, convenuti a Roma da tutta Italia per eleggere la nuova presidenza, per verificare il cammino percorso, in questo periodo postconciliare, e per riprenderlo con maggior slancio, sollecitati anche dalla difficile situazione del mondo sanitario. Un saluto va anche alla presidenza, ai consulenti nazionali e agli assistenti ecclesiastici dell'Associazione.


2. La scelta del tema del vostro Congresso: "Per una diversa cultura della salute", vi chiama a riflettere su una realtà molto importante, qual è quella che riguarda la vita, la salute, la malattia e la morte, al fine di sensibilizzare le coscienze su taluni aspetti della cultura dominante, e alimentare la consapevolezza circa i valori necessari per lo sviluppo di una vita autenticamente umana. Si tratta di chiarire alcuni principi che sono alla base del comportamento umano. Non si può non riflettere sul fatto che "l'èra tecnologica", che pure offre all'uomo enormi possibilità, sta alimentando una mentalità utilitaristica e materialistica, che rischia di togliere all'uomo il gusto e la gioia della propria esistenza, il riconoscimento e il rispetto della vita altrui.

Il secolarismo, che pretende di affermare e promuovere i valori umani staccandoli dalla religione e proclamandoli autonomi da Dio, sta operando un cambiamento di mentalità e di sensibilità anche nei confronti della malattia, della sofferenza e della morte. La malattia infatti viene valutata in termini di produttività e di utilità. Gli ospedali, le cliniche, le case di cura, diventano talvolta luoghi dove gli ammalati sono affidati alle sole risorse della tecnica e della scienza, come uniche armi di guarigione e di salvezza. così spesso il malato viene relegato nell'anonimato e rimane solo con un dramma che farmaci e interventi non bastano a far superare.


3. A questi amari frutti porta una concezione che tende a negare i sacri diritti della vita umana. In questa ipotesi, l'uomo cessa di avere in sé un significato assoluto e un valore inviolabile e diventa, come tutte le altre cose, manipolabile, anzi, strumento di produzione e di consumo. E' evidente che una cultura costruita sul sottinteso dell'uomo padrone dell'uomo non può che rendere fragile e precaria qualsiasi fondazione dei diritti umani. E se tale cultura dovesse diventare quella dominante, il futuro dell'umanità sarebbe seriamente minacciato. Purtroppo segnali di tale futuro sono già visibili nell'aborto legalizzato, nell'eutanasia, nelle manipolazioni genetiche, nella sperimentazione su embrioni umani, nella fecondazione in vitro, nella violenza fisica, ritenuta mezzo legittimo di lotta. Questo dice quanto sia necessario e urgente riproporre i valori della cultura cristiana la quale afferma che l'uomo è creatura pensata, voluta da Dio; che Dio e non l'uomo è la fonte e la misura del bene; che esiste un ordine morale, che trascende l'uomo. Solo alla luce della rivelazione e della fede cristiana i valori della persona umana, l'aspirazione al trascendente, la libertà e la responsabilità trovano il loro più profondo e vero significato. Alla luce della rivelazione, Dio, che è "padre", proibisce all'uomo di farsi "padrone" dell'uomo e lo impegna a rendersi fratello dei suoi fratelli. Questi termini, semplici e perentori, mostrano la persona umana in una sacralità naturale, che ogni retta intelligenza può riconoscere, anche a prescindere da una fede religiosa. La constatazione di questa realtà pone in risalto la necessità di un'Associazione cattolica di operatori sanitari, quale la vostra, la quale vuole riaffermare con vigore i valori trascendenti connessi con la vita umana, perché siano riconosciuti in tutti e promossi con particolare amore là dove sono cancellati; e diventare una presenza qualificata e forte nelle strutture per modificarle, per armonizzarle con i tempi nuovi, per renderle più umane e rispondenti alle esigenze di una convivenza più umana e cristiana. Ma non dimenticate che il valore e l'efficacia della vostra associazione, che si qualifica come associazione cattolica, sono legati all'impegno dei suoi aderenti ad essere, a vivere e a operare da cristiani.


4. L'animazione cristiana degli ambienti socio-sanitari, l'azione per l'affermazione dei valori cristiani nella legislazione e nelle istituzioni socio-sanitarie, la ricerca di soluzioni dei problemi conformi al progresso sociale e scientifico nel rispetto della giustizia e della dignità della persona umana, come detta lo Statuto della vostra Associazione (art. 2), prima ancora di interventi, richiedono vere e forti personalità cristiane. E' fuori dubbio che nessuno può inserirsi nelle istituzioni e nelle strutture sanitarie, come del resto in ogni altra struttura, "se non si è scientificamente competenti, tecnicamente capaci, professionalmente esperti". La vostra Associazione non assolverebbe il suo compito, se si contentasse di formare operatori sanitari competenti soltanto professionalmente, perché "la competenza scientifica, la capacità tecnica, l'esperienza professionale, se sono necessarie, non sono pero sufficienti per ricomporre i rapporti della convivenza in un ordine genuinamente umano" (PT 149-150). E' necessario pertanto che negli aderenti all'Associazione non esista frattura tra fede e vita, tra fede e azione. Sorge quindi l'esigenza di una solida formazione cristiana degli operatori sanitari, che promuova in essi il culto dei valori umani e cristiani e l'affinamento della loro coscienza morale, affinché proceda di pari passo con l'aggiornamento tecnico-scientifico-professionale; si comprende la necessità di far crescere in essi una fede autentica e il senso vero della morale, nella ricerca sincera di un rapporto religioso con Dio, nel quale trova fondamento ogni ideale di bontà e di verità. A tale fondamento deve fare riscontro la riscoperta del valore autentico della coscienza e della libertà, che porta l'uomo a rispondere a Dio, ad amarlo e a servirlo con la vita e con le opere. E' necessario che gli operatori sanitari riscoprano l'importanza dell'ascolto della parola di Dio, della preghiera, della vita sacramentale, della lotta quotidiana per essere fedeli al loro Battesimo, disponibili al servizio dei fratelli e pronti a testimoniare la propria fede nel cuore delle diverse e spesso difficili situazioni esistenziali. E' necessario che essi sentano la passione per l'annuncio del Vangelo, perché esso risuoni nella sua semplice e decisiva efficacia come promessa, offerta di salvezza e di definitivo riscatto per l'uomo contemporaneo. E' viva persuasione che "quanto più ci saranno laici penetrati di spirito evangelico, responsabili delle realtà ed esplicitamente impegnati in esse, competenti nel promuoverle e consapevoli di dover sviluppare tutta la loro capacità cristiana spesso tenuta nascosta e soffocata, tanto più queste realtà, senza nulla perdere né sacrificare del loro coefficiente umano, ma manifestando una dimensione trascendente spesso sconosciuta, si troveranno al servizio del regno di Dio e quindi della salvezza in Gesù Cristo" (EN 70). Mentre esprimo l'auspicio che la vostra Associazione continui a perseguire le sue finalità, e cristianamente cresca e fiorisca, imparto la mia benedizione a voi, a tutti i membri dell'Associazione, ai vostri familiari e agli ammalati, da voi assistiti.

Data: 1986-10-24 Venerdi 24 Ottobre 1986





GPII 1986 Insegnamenti - Al Movimento per la vita, in San Lorenzo - Firenze