GPII 1986 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)


1. Oggi la Chiesa celebra la festa della Dedicazione della basilica Lateranense, "omnium urbis et orbis ecclesiarum mater et caput" ("madre e capo di tutte le chiese dell'Urbe e dell'Orbe"), la cattedrale di Roma, fatta costruire dall'imperatore Costantino e inizialmente dedicata al santissimo Salvatore, e poi, sotto il pontificato di san Gregorio Magno, intitolata anche ai santi Giovanni Battista e Giovanni Evangelista, a ciascuno dei quali era consacrato un oratorio annesso al battistero. La Basilica del Laterano, coi palazzi adiacenti, fu per molti secoli sede abituale del Vescovo di Roma. In essa si tennero cinque Concili ecumenici, tra i quali nel 1215, sotto il papa Innocenzo III, il Lateranense IV, considerato dagli storici il Concilio più importante del medioevo. Per mille anni la storia di Roma cristiana gravito intorno a tale basilica, che papi, imperatori, re e fedeli adornarono via via di preziosi donativi e di splendide opere d'arte, segno della loro intensa fede in Cristo.


2. Nel ricordo della iniziale dedicazione della cattedrale di Roma a Gesù Salvatore del mondo, la festività liturgica odierna ci invita a meditare su uno dei misteri fondamentali della rivelazione cristiana: Gesù di Nazaret, Messia, Signore, Figlio di Dio, è colui che ha portato la salvezza totale e definitiva agli uomini di tutti i tempi e di tutti i luoghi! Nella sua vita pubblica Gesù si rivela come salvatore anzitutto mediante i miracoli operati a favore degli infermi, lebbrosi, ciechi, muti, storpi e perfino di morti, che egli richiama alla vita. Gesù tuttavia fa comprendere che questi suoi prodigi, questi gesti di misericordia verso i malati devono essere intesi come atti che rimandano al di là della semplice salvezza corporale. Gesù porta agli uomini una salvezza ben più profonda e radicale: egli afferma di essere venuto per "salvare ciò che era perduto" a causa del peccato; per "salvare il mondo e non per condannarlo" (cfr Lc 9,56 Lc 19,10 Jn 3,17 Jn 12,47).


3. Dinanzi a Cristo Salvatore, l'uomo è chiamato a una scelta decisiva, da cui dipende la sua sorte eterna. Alla scelta di fede da parte dell'uomo corrisponde, da parte di Dio, il dono della redenzione e della vita eterna.

A Cristo, Uomo-Dio, Redentore dell'uomo e della storia, va oggi la nostra umile adorazione e la nostra ardente preghiera perché l'umanità intera accolga la salvezza, che egli offre, la liberazione, che egli promette. E chiediamo anche, per noi e per tutti, l'intercessione della sua santissima Madre, mentre recitiamo la preghiera che ci ricorda l'Incarnazione del Verbo.

[Dopo la preghiera:] Desidero ora rivolgere un cordiale saluto ai coltivatori della terra, i quali celebrano in questa domenica la Giornata del ringraziamento al Signore per l'efficace aiuto, con cui ha reso fecondo il loro lavoro. Nell'esistenza cristiana il sentimento della gratitudine è fondamentale.

In esso il credente riconosce Dio come creatore e datore di ogni bene, offrendogli i frutti delle sue fatiche e la propria persona, e contribuendo così a elevare il mondo verso di lui. Mi è caro condividere con i lavoratori dei campi la gioia e la soddisfazione, che provengono dal vedere i buoni risultati del loro lavoro nella consapevolezza di aver portato a termine un'opera utile alla società. Mentre mi unisco al loro rendimento di grazie, auspico che ciascuno sappia rendere grazie per quel che è e per quel che ha al Signore e alla sua Provvidenza. La benedizione apostolica sostenga tutti, così che ai benefici divini corrispondano sempre generosi propositi di vita cristiana.

Data: 1986-11-09 Domenica 9 Novembre 1986




Omelia nella parrocchia del Sacro Cuore - Pontemammolo (Roma)

Il vincolo di comunione delle Chiese con quella di Roma


"Dio è nella sua Chiesa - Adoriamo il Signore nella sua santa dimora...".


1. Sono profondamente lieto di trovarmi qui com voi, carissimi fratelli e sorelle della parrocchia romana del Sacro Cuore, per adorare il Signore mediante questa assemblea eucaristica, nel giorno in cui la liturgia ricorda la Dedicazione della basilica Lateranense, cattedrale di Roma. E' il giorno in cui tutta la Chiesa professa, nell'unità della fede cristiana e cattolica, il vincolo di comunione che tutte le Chiese locali, sparse sulla terra, hanno con la Chiesa di Roma e con il suo Vescovo, successore di Pietro. La basilica del Laterano, quale cattedrale del Papa, è la sede vescovile più importante di tutte: "omnium urbis et orbis Ecclesiarum mater et caput". Essa fu costruita dall'imperatore Costantino verso il 320, nel periodo posteriore alle grandi persecuzioni. La Dedicazione, inizialmente al SS. Salvatore e in seguito nel medioevo anche ai santi Giovanni Battista ed Evangelista, e le testimonianze storiche parlano del grande afflusso di fedeli che convenivano in questa chiesa.

La solennità della chiesa locale di Roma venne poi estesa a tutte le diocesi appunto per il suo titolo di "madre e guida di tutte le Chiese dell'Urbe e dell'Orbe". perciò la festività odierna assume un profondo valore teologico-dogmatico, perché mette chiaramente in evidenza che le comunità cristiane, che si radunano nelle chiese per ascoltare la parola di Dio e per offrire il sacrificio eucaristico, in tanto sono nell'autentica via della Verità in quanto sono in comunione dottrinale e disciplinare con colui che Cristo stesso ha messo a fondamento della Chiesa, Pietro, e i suoi successori.


2. Le letture della Messa della Dedicazione offrono lo spunto per altre considerazioni, ugualmente importanti per la vita cristiana: esse infatti parlano del "tempio spirituale" dell'anima, del "tempio mistico" della Chiesa e del "tempio materiale" che è l'edificio sacro. Nel colloquio con la samaritana, Gesù ci ricorda che ognuno deve adorare Dio con il pensiero, come creatura razionale, nel tempio della propria anima: "E' giunto il momento - dice Gesù - in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità, poiché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito e quelli che lo adorano, devono adorarlo in spirito e verità" (Jn 4,23-24). così, con la sua autorità divina Gesù insegna che Dio è puro spirito, immenso e onnipresente, e che quindi si deve adorare sempre e in ogni luogo, con sincerità di sentimento e con coerenza di vita. Ma c'è un altro tempio ancora più sublime, ed è l'anima in "grazia" che, redenta da Cristo, ha ricevuto il Battesimo, e così partecipando della stessa vita della santissima Trinità, forma il "tempio mistico" della Chiesa, che san Paolo definisce pure come "corpo mistico", di cui ognuno è membro qualificato e dinamico. San Pietro rivolgendosi ai cristiani scrive: "Anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio per mezzo di Gesù Cristo" (1P 2,5). C'è dunque un altro tempio, "mistico" e cioè misterioso, ma reale, costruito mediante ogni singolo fedele, che, come "pietra viva", partecipa al sacerdozio di Cristo con il "carattere" indelebile ricevuto nel Battesimo e nella Cresima e ha la missione di offrire "sacrifici spirituali graditi a Dio", e cioè di trasformare in atto di adorazione e di amore ogni impegno e ogni lavoro nelle realtà terrestri e nelle strutture della storia! Cari fedeli! Qui sta la nostra grandezza e la dignità! Voi - come dice ancora san Pietro - siete "stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato". Nulla di più sublime e nulla anche di più impegnativo, perché necessariamente dovete stringervi a Cristo "pietra viva", purtroppo "rigettata" da molti, e tuttavia "scelta e preziosa davanti a Dio" e dovete proclamare "le opere meravigliose di lui, che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua ammirabile luce" (1P 2,9). Infine c'è il "tempio materiale", e cioè l'edificio sacro, la "casa di Dio", a lui solo consacrata, come luogo dedicato unicamente alla preghiera, all'adorazione, alla celebrazione del sacrificio eucaristico, al silenzio e al raccoglimento personale e comunitario. E' quanto ricorda la prima lettura, riportando la preghiera del re Salomone davanti all'altare, di fronte a tutta l'assemblea di Israele: "Ascolta la preghiera che il tuo servo innalza in questo luogo. Ascolta la supplica del tuo servo e di Israele tuo popolo, quando pregheranno in questo luogo... Ascolta e perdona!" (1R 8,29-30). Indubbiamente, come abbiamo detto, Dio è puro spirito, e deve essere adorato "in spirito e verità": ogni anima in grazia è tempio dello Spirito e ogni casa deve essere una piccola chiesa, in cui si prega e si adora. Ma, in funzione della presenza reale eucaristica di Gesù, sia durante il sacrificio della Messa sia dopo il sacrificio nel tabernacolo, Dio stesso sceglie per sé un luogo speciale, l'edificio sacro, unicamente dedicato al mistico dialogo con lui. La Liturgia di oggi esorta quindi a riflettere sull'importanza della chiesa nella comunità cristiana: essa è centro di fede e di comunione; è luogo in cui i cristiani si conoscono e si ritrovano fratelli in cammino verso la patria eterna; è casa comune, che deve essere amata, rispettata, onorata, perché qui Dio parla alle anime, perdona i peccati, accetta il sacrificio eucaristico, tutti unisce in un fervido anelito di carità e di solidarietà. Qui, adorando Gesù presente, ognuno può fare sua l'ardente preghiera del re Salomone: "Tu mantieni l'alleanza e la misericordia con i tuoi servi, che camminano davanti a te con tutto il cuore... Ascolta il grido e la preghiera che il tuo servo oggi innalza a te!" (1R 8,23-28). Amate dunque la vostra chiesa parrocchiale, frequentatela ogni domenica e festa per la santa Messa, e nel vortice della quotidiana esistenza sia per voi anche oasi di pace e di serenità, dove nell'intimo colloquio con Dio lo spirito si illumina e si ritempra per la quotidiana fatica.


3. In questa mia visita alla vostra parrocchia, insieme con il card. vicario, rivolgo un cordiale saluto al parroco, padre Gabriele Macali, e ai confratelli Francescani Conventuali, suoi collaboratori; alle autorità dell'Ordine dei Frati Minori Conventuali qui presenti; alle suore appartenenti alle Figlie del Sacro Cuore di Gesù, che si prestano per la pastorale giovanile, per la catechesi e per la scuola materna ed elementare. Saluto poi i vari gruppi laicali impegnati: i Terziari Francescani, la Caritas, la Gioventù Francescana, l'Azione Cattolica, l'Apostolato della preghiera, la Confraternita del Sacro Cuore, le scuole di canto, il Gruppo volontariato handicappati e il Gruppo di animazione liturgica. Il mio pensiero e affetto si estendono quindi in modo speciale a voi fedeli qui presenti, e a tutta la popolazione, che raggiunge ormai quindicimila abitanti ed è sempre in maggiore espansione. Desidero anche ricordare gli ospiti di Rebibbia, che ebbi l'occasione di visitare e che raccomando al vostro buon cuore e alla vostra preghiera. La vostra parrocchia compie quest'anno il cinquantennio di fondazione e voi state solennizzando questa importante data con varie attività spirituali e culturali. Mi compiaccio per le iniziative promosse per questa ricorrenza! In effetti, che lungo cammino è stato compiuto in questi cinquant'anni, da quando per volontà di Pio XI e del card. vicario Francesco Marchetti Selvaggiani fu eretta la nuova parrocchia in una zona completamente distaccata da Roma, in piena campagna e fu affidata al clero secolare! In seguito, mentre sempre più si espandeva, dal 1957 al 1961, fu retta dai sacerdoti salesiani e infine ne assunsero la cura i Francescani Conventuali, che si dedicano da allora con viva sollecitudine pastorale al bene di tutti voi. Certamente notevoli sono i problemi della parrocchia, sia per la difficoltà di inserimento delle nuove famiglie che arrivano nella zona, sia per la mancanza di luoghi adatti per l'aggregazione e la reciproca conoscenza, sia ancora per la vastità del settore e il numero della popolazione.


4. Da parte mia vorrei esortarvi a una sempre grande fiducia, ispirata alla devozione al Cuore di Gesù e all'imitazione di san Francesco, di cui siete particolarmente devoti. Ripeto anche a voi ciò che dissi a Paray-le-Monial il mese scorso, durante la celebrazione eucaristica presso la basilica del Sacro Cuore: "Dappertutto, nella società, nei nostri villaggi, nei nostri quartieri, nelle nostre fabbriche e nei nostri uffici, nei nostri incontri tra popoli e razze, il "cuore di pietra", il cuore disseccato, deve trasformarsi in "cuore di carne", aperto ai fratelli, aperto a Dio. Lo esige la pace. Lo esige la sopravvivenza dell'umanità. Questo oltrepassa le nostre forze. E' un dono di Dio. Un dono del suo amore. Noi abbiamo la certezza del suo Amore". Gesù apparendo a santa Margherita Maria Alacoque, volle manifestare il suo infinito amore per l'umanità e il suo desiderio di farsi amare. Dovete dunque impegnarvi ad amare totalmente e costantemente Gesù Cristo: a ciò vi attira la devozione al Sacro Cuore e vi illumina una seria cultura religiosa; vi consiglio pertanto la consacrazione delle vostre famiglie al Cuore di Gesù, la pratica dei primi Venerdi del mese. Auspico vivamente che la vostra parrocchia sia un centro di fervorosa spiritualità.

Lavorate con impegno e con fiducia affinché il Sacro Cuore di Gesù regni in ogni famiglia della vostra parrocchia! Carissimi fedeli nel salutare questa vostra parrocchia, che ben può dirsi figlia di quella madre che è la cattedrale lateranense, invio il mio saluto anche a quella illustre basilica. Sia glorificata la santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, nella prima chiesa dell'antica Roma! Sia glorificata in tutte le chiese e comunità che nella basilica Lateranense vedono la loro "Madre" e la loro "Guida"! Con gioia e gratitudine, ripeto le parole della liturgia: "Venite, applaudiamo al Signore... Accostiamoci a lui per rendergli grazie! A lui acclamiamo con canti di gioia!" (Ps 94,1-2). [Ai bambini:] Cari bambini voglio ringraziarvi della vostra presenza e delle belle parole che assieme alla poesia mi avete rivolto. Vorrei adesso domandarvi una cosa. Voi sapete dove si trova il Laterano? Si trova a Roma, a San Giovanni, dove alcuni di voi sono già stati. Vi faccio questa domanda perché oggi si celebra la festa della dedicazione di questa basilica che dal tempo romano e dopo si chiama "madre" di tutte le chiese. Voi sapete che cosa vuol dire madre - la mamma - che assieme al babbo avete in famiglia: così anche tra tutte le chiese del mondo c'è un legame simile come tra i membri di una famiglia. San Giovanni in Laterano è considerata la chiesa "madre" a capo di tutte le chiese del mondo. Si trova a Roma che è il centro della Chiesa cattolica. Vi ho parlato della chiesa, ma ho pensato alle vostre famiglie perché ci sono tante madri e padri e poi voi, giovani figli. Vorrei augurarvi che le relazioni tra voi siano buone perché ci sia sempre armonia nelle vostre famiglie. Questo vuole Gesù! Questo, poi, è molto legato con quella iniziativa di cui ha parlato la bambina che mi ha rivolto poco fa un saluto, perché la pace, come abbiamo pregato ad Assisi, è per il mondo, ma deve iniziarsi nella vita delle famiglie. così io vi auguro pace e armonia nelle vostre famiglie, per tutti coloro che ne fanno parte e specialmente per i più piccoli che devono crescere in esse. Questo vi auguro con tutto il cuore! Dovete pero anche voi contribuire a questa pace e armonia che sono un bene fondamentale.

So che vi preparate attraverso il catechismo, imparando le verità della fede e della morale cristiana, a diventare buoni cristiani e figli della madre Chiesa cattolica, che è madre spirituale di tutti noi. Ringraziandovi per tutto quello che avete fatto per il Papa, saluto voi, bambini, che siete la speranza e il futuro della vostra parrocchia. Con voi saluto i vostri genitori, le suore, gli insegnanti, i catechisti. Tutti vi benedico. [Agli ammalati:] Ho incontrato poco fa i piccoli, adesso incontro voi parrocchiani più anziani. Questi due gruppi sono molto vicini tra di loro, perché gli anziani molte volte hanno l'anima di un bambino. Vorrei dirvi che vi vedo con grande rispetto perché durante tanti anni voi avete contribuito alla vita di questa parrocchia, con la vostra partecipazione, con la vostra preghiera, con le vostre offerte e con la vostra sofferenza. Qui ci sono oltre voi anche persone sofferenti e ammalate. Vorrei dire loro che essi contribuiscono specialmente al bene spirituale di questa parrocchia e della Chiesa intera, perché con la sofferenza sono più vicini a Cristo sofferente. E Cristo sofferente, Cristo nella croce, ci ha redenti. Voi, carissimi fratelli e sorelle, siete partecipi della sua opera di redenzione e, umanamente parlando, la vostra vita potrebbe apparire come un fallimento, ma dal punto di vista di Cristo, del Vangelo, della Provvidenza, la vostra vita è molto fruttuosa e contribuisce al bene spirituale dell'umanità e della Chiesa. Io mi raccomando alle preghiere di tutti voi, anziani e ammalati: vorrei assicurarvi che ogni giorno prego con voi, specialmente nei momenti più solenni e intimi della Messa, prego insieme con voi sofferenti! Vi benedica Dio onnipotente. [Ai gruppi parrocchiali:] A voi, rappresentanti dei vari gruppi che operano in parrocchia indirizzo con grande gioia il mio saluto, perché siete espressione della vitalità di questa parrocchia, della sua disponibilità ad essere aperta a tutti i bisogni della Chiesa e dell'uomo, e a tutti i bisogni dei fratelli. Vi ringrazio di essere aperti a Dio e agli uomini e vi auguro di continuare sempre in questa strada per sentire il vostro apostolato anche come una realizzazione per voi stessi e per trovare in tutto questo il segno del dono dell'amore che Dio ci offre. Con questi sentimenti benedico di cuore voi e i vostri cari. [Al Consiglio pastorale:] Vi ringrazio per essere vicini al vostro parroco con i vostri consigli, la vostra intimità e la vostra collaborazione.

Essendo poi la vostra parrocchia dedicata al Sacro Cuore di Gesù, vi invito a trovare nella devozione al suo Cuore sacratissimo i consigli utili per la vostra crescita spirituale, per quella delle vostre famiglie e anche del vostro parroco che ha l'importante responsabilità pastorale verso tutti voi.

Data: 1986-11-09 Domenica 9 Novembre 1986




Ai pellegrini di Caorle - Città del Vaticano (Roma)

Fedeltà ai valori cristiani per essere veri testimoni



1. Sono lieto di questo incontro, carissimi fedeli di Caorle. Siate i benvenuti.

Saluto il vostro parroco con il Consiglio pastorale; saluto il signor vicesindaco con i consiglieri che lo accompagnano; saluto i membri della banda "Marafon" e del coro "Santo Stefano", incoraggiandoli nel loro impegno artistico.

Attraverso di voi, rivolgo il mio saluto alla vostra bella città di Caorle, significativo centro dell'Adriatico, segnata da monumenti antichi e nello stesso tempo fervida di vita nuova per lo straordinario sviluppo di un intenso movimento turistico. L'antica cattedrale romanica, col suo bel campanile, domina la città e il porto. Ad essa fanno corona le numerose chiese e cappelle edificate nel corso dei secoli dalla fede degli avi.


2. So che è molto viva tra di voi la devozione alla Vergine Maria, Stella del mare e guida al porto della salvezza. Auspico di cuore che le antiche testimonianze della fede tramandata da secoli e tuttora ben presente fra voi si armonizzino con lo sviluppo della vita moderna, favorendo un contesto sociale che dia concretezza alla vostra vocazione cristiana. Sappiate essere sempre fieri delle vostre tradizioni religiose e morali trasmettendo a tutti il messaggio dei valori cristiani. Mi auguro che questo incontro serva a intensificare e rinvigorire il vostro amore alla fede e alla Chiesa, insieme con il desiderio di dame vigorosa testimonianza. Con questi sentimenti formulo i migliori voti per voi, per le vostre famiglie e per l'intera popolazione di Caorle, mentre con speciale pensiero alle persone sofferenti, agli anziani e ai piccoli, imparto a tutti la mia benedizione.

Data: 1986-11-10 Lunedi 10 Novembre 1986




All'episcopato del Burundi - Città del Vaticano (Roma)

Preoccupazione per l'atteggiamento delle autorità civili


A sua eccellenza mons. Evariste Ngoyagoye, presidente della Conferenza episcopale e a tutti i vescovi del Burundi.


1. La difficile situazione che attraversa la Chiesa nel vostro paese è un motivo di profonda preoccupazione e suscita in me il desiderio di esprimervi la mia vicinanza spirituale e di non lasciare questa cara comunità senza una parola d'incoraggiamento e di solidarietà. Conosco le vostre sofferenze: da qualche anno esse sono andate aggravandosi e sembrano segnare il cammino della croce che voi e i vostri fedeli salite. Infatti i vostri collaboratori più immediati sono stati dolorosamente colpiti dall'allontanamento di numerosi meritevoli missionari, e anche in molte occasioni dalla carcerazione di alcuni sacerdoti. La libertà d'azione pastorale e la celebrazione del culto sono state gravemente ristrette. Infine in questi ultimi giorni misure ancora più dure hanno ferito la Chiesa nella sua struttura vitale e potrebbero compromettere in futuro anche la possibilità della sua missione: improvvisamente si sono susseguite le disposizioni che mirano alla nazionalizzazione delle scuole secondarie cattoliche, dei piccoli seminari e dei seminari medi dei centri "Yaga Mukama" mentre altre hanno avviato la chiusura delle scuole di formazione dei catechisti e dei centri pastorali, come la soppressione dei movimenti di Azione cattolica e di apostolato del laicato. Tutto ciò sembra indicare un deliberato proposito di screditare la Chiesa e i suoi pastori con delle accuse, delle insinuazioni e delle minacce, al fine di emarginare la comunità cattolica, che è vivace e fiorente nelle società del Burundi. Desidero assicurarvi, fratelli carissimi, la mia viva partecipazione alle prove che voi sopportate, come i primi cristiani, "a causa del nome di Gesù".

Vorrei farmi interprete presso ciascuno di voi della solidarietà di tutta la Chiesa: una solidarietà che si è manifestata ancora in questi ultimi giorni con numerose espressioni pubbliche nelle diverse parti del mondo, particolarmente in Africa, e ovunque si è concretizzata con la preghiera alle vostre intenzioni. Da tutta la Chiesa, infatti, sale verso Dio la fervente supplica che siano accordate grazia e coraggio a voi che siete chiamati a vivere in questo momento della vostra storia, le pagine di ciò che definivo nella lettera apostolica ("Salvifici Doloris" 25), "il primo grande capitolo del Vangelo delle sofferenze". Aggiungevo allora: "questo primo capitolo del Vangelo della sofferenza, che parla di persecuzioni, cioè di tribolazioni a causa di Cristo contiene in sé un appello particolare al coraggio e alla forza". L'Apostolo Paolo, nella lettera ai Romani (5,3-4), afferma: "Noi ci vantiamo anche nelle tribolazioni, ben sapendo che la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza". Non è quest'esperienza della nascita della forza nella debolezza e di un rinnovamento di energie spirituali che voi siete chiamati a vivere oggi? Non è la risposta consolante e incoraggiante che vi danno i vostri fedeli i quali, al colmo della prova, hanno mostrato una fede accresciuta e una partecipazione più intensa alla vita liturgica? Tutta la Chiesa sostiene la vostra laboriosa e fiduciosa testimonianza, certa che "come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione" (2Co 1,5).

Questa solidarietà fraterna da parte della Chiesa cattolica, fratelli carissimi, vi conforti e rafforzi la vostra unità! A ragione vi preoccupate, nelle difficoltà presenti, di salvaguardare e di ravvivare l'unità nel seno della vostra Chiesa. Infatti solo una comunione intensamente vissuta da tutti i membri della comunità può garantire il successo degli sforzi che voi impiegate per assicurare ai vostri fedeli la partecipazione ai sacramenti, soprattutto all'Eucaristia, e a una catechesi adeguata, nonostante la penuria di operatori apostolici e delle restrizioni che limitano l'esercizio del vostro ministero. Incoraggio e benedico gli sforzi compiuti per radicare sempre più la vostra Chiesa nell'amore di Cristo e nell'unione fraterna. D'altra parte, sapete bene che l'unità dei discepoli costituisce la suprema testimonianza da dare al mondo, perché crede in Cristo, il Mandato dal Padre (cfr Jn 17,21). Allo stesso tempo è la migliore garanzia perché la Chiesa sia effettivamente "lievito" nella società umana. Per questo vi esorto nel Signore a non cessare d'essere artefici di unità, per il bene non solo della comunità cristiana, ma di tutta la Nazione di cui siete figli. Spetta al cristiano, infatti, lavorare incessantemente nel concreto quotidiano, con un cuor solo e un'anima sola, affinché scompaiano discordie e rancori, siano superate le lacerazioni e siano tessuti rapporti d'amicizia e di fraternità tra tutti, per instaurare, in un mondo angosciato dalle divisioni e in preda alla paura, un'autentica "civiltà dell'amore".


2. Fratelli carissimi vi incoraggio insieme ai vostri fedeli a perseguire l'opera che da sempre la Chiesa fedele al "comandamento nuovo" compie instancabilmente nella vostra Patria, perché prevalgono i valori che sono essenziali, direi anzi fondamentali, all'unità: il rispetto dell'uomo, dei suoi diritti, delle sue libertà; la pace frutto della giustizia; lo sviluppo integrale della persona; l'attenzione ai più piccoli e ai più deboli, a chi è oppresso e lasciato in disparte. Le molteplici opere di assistenza e di promozione sociale, che la carità della Chiesa ha realizzato in Burundi, saranno per voi una ricchezza e ispireranno ancora, se necessario, nuove forme d'impegno e nuove strade verso l'unità degli spiriti e dei cuori. Continuando generosamente, malgrado tutto, un'azione che rivela la vostra missione apostolica, siate coscienti di offrire alla vostra Patria un contributo specifico, arricchito dei valori della vostra cultura che quasi naturalmente vi ha portato all'incontro del Vangelo. Dimostrerete anche in modo convincente che la Chiesa in sé non si sente estranea ad alcun contesto umano, e rappresenta per il Burundi come per ogni altro paese un fattore della comunità nazionale. Nessuno potrà ignorare questa eloquente testimonianza, e auguro che possa contribuire a correggere alcune letture poco obiettive o deformate della realtà burundese, delle quali la Chiesa non ha alcuna responsabilità e che sono state per tutti noi motivo di disagio e di sofferenze. Confido, fratelli carissimi, che la coerenza del vostro impegno e di quello di tutta la Chiesa locale, come la verità stessa dei fatti, non potranno che favorire la ripresa del dialogo con le autorità dello Stato, vi esorto a cercare ancora con paziente tenacia e una generosa disponibilità. La Chiesa non chiede alcun privilegio. Essa non nutre ambizioni di potenza o di potere. Non intende immischiarsi in campi estranei alla sua missione religiosa. Chiede soltanto di poter compiere, com'è suo diritto, il suo servizio a beneficio dell'uomo, nella verità e nella libertà. In questo ministero, la Chiesa si trova di fianco allo Stato essendo chiaro che l'uomo appartiene sia alla comunità religiosa che a quella civile.

Chiesa e Stato quindi, nella loro rispettiva autonomia, possono solo incontrarsi e collaborare, poiché entrambe servono lo stesso uomo, con i suoi problemi e le sue speranze. Si tratta di un'intesa e di una collaborazione per le quali la Chiesa ha sempre offerto e continuerà a offrire lealtà, rispetto, cordialità e disinteresse.

Per questo desidero esprimere il voto, molto più, le speranze che coloro che hanno in mano le sorti della nazione vogliano accogliere la vostra richiesta di un incontro franco e costruttivo, impresso di mutua fiducia. Speriamo tutti che ne risulti una rapida e soddisfacente soluzione dei problemi che vi assalgono, specialmente quello dei seminari, che occupa il primo posto nel cuore della Chiesa e dei suoi pastori. Fratelli carissimi, vi ho aperto la mia anima con fiducia, volendo darvi una testimonianza della sollecitudine che ho per la Chiesa che è nel Burundi e per la vostra Nazione: essa si è d'altronde manifestata quotidianamente dal mio rappresentante che è tra voi, al quale affido l'incarico di trasmettervi questo messaggio. Con questi sentimenti invoco di cuore l'abbondanza dei doni del Signore, su voi, miei fratelli nell'episcopato, sui vostri sacerdoti devoti, sui vostri religiosi e religiose, sui missionari che lavorano in seno al vostro popolo, come su coloro che costretti ad abbandonarlo lo portano ancora nel cuore, sui giovani che si preparano a rispondere alla chiamata di Cristo, sui vostri generosi catechisti e su tutti i fratelli e le sorelle del Burundi, e vi accordo un'affettuosa benedizione apostolica. Dal Vaticano, 10 novembre 1986.

Data: 1986-11-10 Lunedi 10 Novembre 1986




Ad un gruppo di Armeni di Lione - Città del Vaticano (Roma)

L'unità dei cristiani impegno prioritario


Cari fratelli e sorelle in Cristo. Nel ricordo così commovente dei momenti di raccoglimento e di preghiera vissuti all'anfiteatro romano di Lione, che nell'anno 171 vide soffrire e morire i primi martiri dei Galli, provo una grande gioia nell'accogliervi. Ho ancora presente l'indirizzo caloroso di mons. Norvan Zakarian, vostro vescovo, e lo spirito ecumenico che l'animava. E voi membri della Chiesa armena apostolica che non avete potuto incontrarmi a Lione siate i benvenuti e credete alla mia gratitudine per la vostra visita! Dio sia lodato! Egli ci dona la grazia di tessere ancora dei legami di rispettosa e fraterna amicizia. So ciò che realizzate a Lione con i vostri fratelli cattolici, ortodossi e protestanti. Conosco i vostri sforzi per diffondere insieme il messaggio cristiano, per testimoniare l'importanza della preghiera. Mi congratulo perché la vostra attività è in linea con l'esortazione che indirizzavo ai cristiani di Lione, incitandoli a rispondere insieme ai bisogni dell'uomo d'oggi, nella fedeltà alla parola di Dio e senza fare niente separatamente di ciò che è possibile fare insieme. Quando rese visita al mio diletto predecessore Paolo VI, il 9 maggio 1970, il Catholicos d'Etchmiadzine, disse: "La Chiesa armena è felice di partecipare al movimento ecumenico e, in accordo con le Chiese sorelle, di progredire verso l'unità nell'amore di Cristo... Dobbiamo credere che "i venti e i mari" dei nostri giorni debbano sottomettersi all'imperativo della pace. Per questo motivo pensiamo che sia necessario che tutte le nostre Chiese e tutti noi ci riuniamo con umiltà e fedeltà attorno al Maestro". C'è, lo vedete, una profonda comunione d'intenti e di sforzi tra il vostro Catholicos e il Vescovo di Roma. Questa volontà di collaborazione è stata ancora confermata dal Delegato del Catholicos d'Etchmiadzine, sua eminenza l'arcivescovo Bozabalian, alla giornata di preghiera per la pace ad Assisi, il 27 ottobre scorso. Questa causa dell'unità dei cristiani sia prioritaria, ci mobiliti in un'atmosfera crescente di lavori seri, di preghiera ardente, di collaborazione fraterna! Colui che ha iniziato quest'opera di riconciliazione tra noi saprà condurla a termine. Spetta a noi essere fedeli a ciò che eli ci chiede.

Sono felice d'invocare sulle vostre persone e su tutti i fedeli della Chiesa armena l'abbondanza della benedizione di nostro Signore.

Data: 1986-11-11 Martedi 11 Novembre 1986




Sulla tomba di san Pietro - Città del Vaticano (Roma)

Prima della Messa in suffragio di cardinali e vescovi defunti


Riuniti attorno all'altare del Signore, ci accingiamo a celebrare il sacrificio eucaristico in suffragio delle anime dei compianti nostri fratelli, i cardinali defunti nel corso di quest'anno: i cardinali Ermenegildo Florit, Miguel Dario Miranda y Gomez, Laszlo Lékai, Carlo Confalonieri e Michele Pellegrino. Con loro desideriamo ricordare tutti i vescovi che dal novembre scorso sono tornati alla Casa del Padre. Per tutti questi nostri amati fratelli, noi vogliamo elevare una speciale preghiera a Gesù Cristo, giudice giusto e misericordioso. Egli che è morto in croce per tutti noi voglia concedere loro il premio per l'opera svolta a servizio della Chiesa di Cristo e per il bene dell'umanità, accogliendoli nella sua pace e nella gloria celeste. La santa Messa, che stiamo per celebrare, sia anche per noi occasione e stimolo a ripensare al significato di questa nostra vita presente, alla sua precarietà e, al tempo stesso, alla sua preziosità in relazione a quella vita eterna che, mediante le buone opere, possiamo e dobbiamo conquistare e ricevere quale dono dell'infinita misericordia del Padre.

Data: 1986-11-11 Martedi 11 Novembre 1986




A Suore Francescane dei Sacri Cuori - Città del Vaticano (Roma)

La vostra opera educativa avvicini i giovani a Cristo


Carissime sorelle della Congregazione delle Suore Francescane dei Sacri Cuori.


GPII 1986 Insegnamenti - Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)