GPII 1986 Insegnamenti - A parlamentari britannici - Città del Vaticano (Roma)

A parlamentari britannici - Città del Vaticano (Roma)

Tutti dobbiamo difendere la vita e i suoi valori fondamentali


Cari amici.


1. Sono lieto di dare il benvenuto in Vaticano a questo gruppo di parlamentari britannici e alle loro famiglie. Vi ringrazio di essere venuti a Roma e per i gentili sentimenti che vi hanno spinto a chiedere questa udienza. La vostra presenza qui oggi mi ricorda la mia visita pastorale nel vostro Paese alcuni anni fa. Alcuni momenti particolari di quella visita restano vivacemente impressi nella mia mente e nel mio cuore. Penso per esempio all'incontro di preghiera per la famiglia che ebbe luogo nella città di York. In quell'occasione, parlai degli aspetti positivi della vita di famiglia nella società contemporanea e dei fenomeni negativi che le famiglie stanno sperimentando. Alcuni di voi ricorderanno che in quell'incontro diressi alcune parole alle pubbliche autorità, parole che vorrei ripetere oggi poiché sembrano appropriate al nostro incontro qui in Vaticano. Dissi: "Fate tesoro delle vostre famiglie. Proteggete i loro diritti. Sorreggete le famiglie per mezzo delle leggi e della giusta amministrazione. Permettete alle famiglie di esprimere la loro opinione prima di prendere decisioni politiche. Il futuro della vostra società e di tutta l'umanità, passa attraverso la famiglia" (31 maggio 1982). So che come parlamentari britannici del Gruppo Pro-Vita, avete un profondo interesse per il bene della famiglia e per il bene dei vostri concittadini. In modo particolare i vostri sforzi sono diretti alla protezione della vita umana dal momento del concepimento fino alla morte naturale. Tali interessi testimoniano la vostra consapevolezza del primato dei valori morali e il vostro convincimento sulla dignità della vita umana.


2. perciò sono fiducioso che sarete d'accordo con quanto ho affermato nella mia esortazione apostolica sul ruolo della famiglia cristiana nel mondo moderno: "Il grande compito che deve essere affrontato oggi per il rinnovamento della società è quello di riconquistare il significato ultimo della vita e i suoi fondamentali valori" (FC 8). Ciascuno di noi può contribuire a questo grande compito. La famiglia sicuramente svolge un ruolo centrale, come fa la Chiesa attraverso la sua fedeltà a Cristo e al Vangelo. Voi in qualità di parlamentari dovete dare uno speciale contributo e io so che siete desiderosi di farlo. In questo offro il mio personale sostegno e incoraggiamento.


3. Nel contesto della società contemporanea, e specificatamente della società britannica, il vostro lavoro richiede di associarvi a persone di differenti estrazioni sociali e punti di vista. Dovete praticare continuamente l'arte del dialogo come persone di integrità e verità. Ciò significa che voi esponete coraggiosamente le vostre convinzioni mentre cercate di rivelare la porzione di verità che altri mostrano per la vostra considerazione. Voi non chiudete gli occhi a ciò che è ingiusto o sbagliato. Infatti più vi armonizzate con i veri valori morali, più diventate sensibili a ciò che è inconsistente con questi, ed è dannoso per il bene dell'umana famiglia. Questa crescente consapevolezza dovrebbe darvi un rinnovato coraggio per continuare, per scoprire le più profonde radici dell'ingiustizia e del male, per cercare i rimedi più adeguati e per perseverare negli sforzi per realizzare ciò. La verità non ci permette di disperare dei nostri avversari. E non ci permette di eguagliarli negli errori che essi sembrano proporre. Piuttosto ci chiama continuamente a mantenere un profondo rispetto per tutta la gente, e ci stimola a fare appello alla ragione, alla coscienza e al cuore, senza mai perdere la speranza di arrivare ad una nuova e più profonda comprensione e soluzione.

Ci incontriamo oggi nel periodo di Avvento, un tempo nel quale la Chiesa si prepara a celebrare la festa della nascita del Salvatore. Questo è un periodo di speranza, un tempo di fede e di amore. Sia per ognuno di voi e per tutti i membri delle vostre famiglie un tempo speciale di grazia. Dio vi benedica tutti.

Data: 1986-12-13 Sabato 13 Dicembre 1986




Ad un convegno di studi sulla "Laborem Exercens" - Umanizzare il lavoro presupposto per una società più umana


Illustri signori, gentili signore, cari fratelli e sorelle.


1. Il mio saluto cordiale a tutti voi, uomini e donne del mondo dell'economia e del lavoro, intellettuali, esponenti di movimenti cattolici, promotori e organizzatori di questo incontro di studio sull'enciclica "Laborem Exercens" a cinque anni dalla sua pubblicazione. Voi con spirito di collaborazione e nel rispetto di diverse sensibilità avete dato vita alla vostra iniziativa col proposito di portare un responsabile contributo al dibattito sui problemi del lavoro, alla luce della dottrina sociale della Chiesa. E' vostro intendimento di individuare, con analisi approfondita e attenta, le questioni rimaste aperte e di progettarne concrete soluzioni. A questo impegno vada il mio fervido incoraggiamento, con l'auspicio che iniziative del genere valgano a suscitare sempre più vivo interesse intorno a una questione di così grande rilievo nel mondo contemporaneo. All'ing. Giancarlo Lombardi esprimo poi la mia riconoscenza per le parole con le quali ha interpretato i comuni sentimenti.


2. La Chiesa, nello svolgimento del suo compito di evangelizzazione, ha tenuto sempre presente il contesto di quelle realtà entro le quali essa vive, riflettendo nel suo cuore le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini (GS 1). E così si è interessata, fin dalla sua prima origine, all'aspetto economico e sociale della persona umana, istituendo già con gli apostoli sette "diaconi" con l'incarico di presiedere e organizzare il servizio di assistenza all'interno della comunità cristiana (cfr Ac 6,5). Nel periodo seguito all'invasione barbarica e al crollo dell'impero romano, la Chiesa si sforzo di far fronte ai problemi sociali del momento con la creazione di ospizi, confraternite di carità, Misericordie, scuole, reparti di accoglienza nei monasteri.

Essa fu presente inoltre col suo costante insegnamento rivolto a formare la coscienza del popolo cristiano circa il dovere di carità, la cura dei poveri, l'uso dei beni e la loro destinazione sociale, l'obbligo di devolvere il superfluo ai bisognosi, la necessità di sopportare con fortezza e speranza i mali della vita, cercando nei limiti del possibile di vincerli e di superarli. Nel Medioevo saranno i grandi teologi a sviluppare i temi della giustizia, del diritto, della politica, dei rapporti internazionali. Più tardi, col sorgere della società industriale, la Chiesa scese ancora in campo per condannare l'amoralismo economico, sia nella forma dell'egoismo capitalistico sia in quella del socialismo irrispettoso della dignità della persona umana e per tracciare nel contempo le grandi linee di una visione del mondo del lavoro che traesse dal Vangelo ispirazione per una giusta soluzione della questione sociale.


3. La "Rerum Novarum" del papa Leone XIII fu un documento di tale importanza da divenire punto di riferimento dei successivi interventi pontifici d'indole sociale, a cominciare da Pio XI nel 40° dell'enciclica e poi, via via, a ogni scadenza decennale, fino alla "Octogesima Adveniens" di Paolo VI. Anche la "Laborem Exercens" ha inteso mettersi nell'alveo di questo fiume della tradizione, che cresce camminando, per prendere il lavoro a oggetto di particolare riflessione. Sono passati cinque anni dalla sua pubblicazione: un arco di tempo denso di storia e di rapidi cambiamenti, di nuovi sviluppi nelle condizioni tecnologiche, economiche e politiche, che hanno influito e di più influiranno sull'evoluzione del lavoro, di questa dimensione dell'umano esistere, con la quale la vita dell'uomo è costruita ogni giorno e su cui sorgono sempre nuovi interrogativi e problemi, sempre nuove speranze, ma anche sempre nuovi timori e minacce (LE 1). Non spetta alla Chiesa analizzare scientificamente le possibili conseguenze dei presenti cambiamenti sulla convivenza umana. Ma voi, nella vostra qualità di laici animati dalla fede e animatori in senso cristiano del mondo contemporaneo, siete e dovete essere in grado di farlo, preparando l'avvenire.


4. Compito della Chiesa è di richiamare sempre la dignità e i diritti degli uomini del lavoro, stigmatizzando le situazioni in cui essi vengono violati, e di contribuire a orientare i cambiamenti perché si avveri un autentico progresso dell'uomo e della società. Non si ha progresso autentico quando nel mondo del lavoro viene in qualche modo compromessa la dimensione umana. L'enciclica, che voi prendete a testo di studio, insiste sul principio che il primo fondamento del valore del lavoro è l'uomo stesso, che ne è il soggetto (cfr LE 6). Il lavoro è un mezzo, mai un fine. Il primato è dell'uomo. Fine del lavoro è il lavoratore, cioè l'uomo che lavora. Il perfezionamento dell'uomo, che si ottiene con lo sviluppo delle sue facoltà, vale più delle ricchezze esteriori che egli col suo lavoro può produrre (GS 35). Da qui il rifiuto di tutte quelle soluzioni, antiche e recenti, in cui il lavoro è considerato solo un elemento della produzione e il lavoratore viene asservito alla propria attività, trasformato da soggetto a oggetto, da fine a mezzo, da persona a cosa. Nel vostro documento voi avete auspicato che i cristiani si facciano portatori di una cultura del lavoro, mostrando un'effettiva capacità di iniziativa sociale. Ecco il fondamento da cui deve partire ogni progetto e ogni programma: tutto il processo produttivo deve essere adattato alle esigenze della persona e alle sue forme di vita (GS 67). E in questa ottica va riconsiderato e risolto il dramma crescente della disoccupazione soprattutto giovanile. La mancanza di lavoro avvilisce la persona, che si sente inutile ai suoi stessi occhi, e impoverisce la società, che viene privata dell'apporto di forze valide e volenterose.


5. Sotto questa angolazione va rivisto l'altro cerchio di valori consistenti nella dimensione familiare del lavoro. La famiglia, la quale è un diritto naturale e una vocazione dell'uomo, ha un essenziale rapporto col lavoro, che in via normale le assicura i mezzi necessari di sussistenza (LE 10). L'essere umano, per altro, quando lavora per assicurare i mezzi di sussistenza ai familiari, mette nella sua quotidiana fatica tutta la carica dell'amore. E l'amore contribuisce ad accrescere la nobiltà del lavoro. Quando, invece, il lavoro disintegra la famiglia, finisce col distruggere la sua stessa ragion d'essere.

Su questo punto la legislazione sociale lascia ancora molto a desiderare. E mi riferisco in particolare alla situazione della donna, che, mentre non vede riconosciuto e tutelato sotto il profilo giuridico ed economico il lavoro svolto fra le mura domestiche, è spesso sottoposta, nel lavoro fuori casa, a ritmi stressanti, che la tengono lontana dal marito e dai figli, inducendola non di rado a rinunciare alla grandezza della maternità. E' necessario accelerare i tempi per trovare in questo settore soluzioni soddisfacenti, che garantiscano sia l'effettiva uguaglianza delle persone sia la loro specificità.


6. Quanto ho detto finora trova la sua integrazione e anche il suo motivo più alto nella dimensione spirituale del lavoro. L'essere umano, con la soddisfazione e il peso della sua fatica, non si spiega senza Colui che, dopo averlo creato, gli offre in dono l'universo con l'insieme delle sue forze ancora in gran parte ignote, perché egli le coltivi, le custodisca e le domini (Gn 2,15). Riconoscendo la realtà di Dio personale e trascendente, l'uomo, che non crea la materia ma la trova già in essere, si pone in una nuova e originalissima collocazione rispetto al cosmo e, con tale atteggiamento, egli si libera dal cerchio stringente delle forze naturali, non ne viene dominato, anzi si eleva in alto, accettando di essere cooperatore col disegno divino. La spiritualità del lavoro consiste nella presa di coscienza di questa realtà profonda, che l'uomo mediante il lavoro può mettersi in rapporto al suo destino ultimo e divenire alleato del Dio vivente. Accogliendo, inoltre, la verità che il lavoro fu svolto dalle mani umane dello stesso Figlio di Dio nell'officina di Nazaret, lo sforzo di trasformare il mondo diventa liberazione dal male morale e inserimento in una pianificazione nuova, a lungo termine, al di là dei confini della storia. Con la fede in Cristo si partecipa al progetto in corso di realizzazione di salvare l'uomo totale.


7. Cari fratelli, di fronte a questo quadro dagli ampi orizzonti, che la dottrina sociale della Chiesa propone, appare scontata la conclusione che non è pensabile attuare la grande prospettiva, alla quale tutti aspiriamo, di una società più umana, senza umanizzare contemporaneamente il fondamentale momento del lavoro. Ma risulta altrettanto impossibile rendere più umano il mondo del lavoro se esso non viene trattato e ordinato secondo il piano di Dio. A questo compito specifico siete chiamati voi laici, nella vasta gamma delle vostre specializzazioni, a impegnarvi quali operatori dall'interno, a modo di fermento evangelico, nelle realtà temporali. Vi accompagni nel vostro cammino la mia benedizione, incoraggiandovi ad esprimere nei vostri ambienti, nell'esercizio delle vostre responsabilità imprenditoriali o sindacali, la novità cristiana che sa infondere speranza e costruire una nuova civiltà.

Data: 1986-12-14 Domenica 14 Dicembre 1986




Recita dell'Angelus - Città del Vaticano (Roma)

La Vergine esempio permanente della maternità della Chiesa



1. "Siate dunque pazienti, fratelli, fino alla venuta del Signore. Guardate l'agricoltore: egli aspetta pazientemente il prezioso frutto della terra, finché abbia ricevuto le piogge d'autunno e le piogge di primavera. Siate pazienti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina" (Jc 5,7-8). Queste parole della lettera di san Giacomo apostolo la Chiesa legge nella liturgia dell'odierna domenica d'Avvento.


2. Con tali parole salutiamo pure te, Vergine di Nazaret, che aspetti il frutto del tuo seno. La Chiesa guarda a te come all'esempio permanente della sua maternità. La Chiesa infatti è anch'essa come te chiamata ad essere madre nell'ordine della grazia, mediante il sacramento del Battesimo.

E come tu hai concepito e dato al mondo il Figlio di Dio, sottomettendoti alla potenza dello stesso Spirito Santo, così pure la Chiesa si sottomette sempre alla potenza santificante di questo Spirito che dà la vita divina e la dona ai figli e alle figlie del genere umano. "Figlioli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore finché non sia formato Cristo in voi" esclama san Paolo (Ga 4,19).


3. Benedetta sei tu, Madre del Figlio di Dio. In questa domenica d'Avvento, nella quale la liturgia ci ricorda la maturazione del frutto della terra, coltivata dalla mano dell'uomo, raccomandiamo a te, Vergine e Genitrice di Dio, tutti i frutti della coltivazione spirituale della Chiesa. In modo particolare preghiamo per le vocazioni sacerdotali e religiose.

Esse sono un segno particolare della grazia dello Spirito Santo; sono pure una particolare conferma della maturazione spirituale delle singole persone e comunità nella grande famiglia del popolo di Dio. La Chiesa ha tanto grande bisogno di queste vocazioni, quanto grande è la messe dell'Avvento divino nel mondo intero.

Benedetta sei tu, Madre del Figlio di Dio! Prega insieme con noi! Prega il "Signore della messe", affinché mandi gli operai per la sua messe.

[Dopo l'Angelus:] Desidero ricordare i tre gesuiti portoghesi, da molti anni missionari in Mozambico, che sono stati rapiti l'8 novembre scorso e dei quali non si hanno più notizie: padre Antonio Pereira dos Reis, padre Joaquim Barata, fratel José Carvalho de Lima. Vi invito a unirvi alla mia preghiera per loro, così come per i familiari e i confratelli in ansia per la loro sorte. Il Signore realizzi il nostro auspicio che i tre religiosi siano al più presto restituiti alla libertà e al loro generoso ministero apostolico. Sono lieto di benedire ora il Centro medico mobile che la Caritas diocesana di Roma ha attrezzato per il soccorso quotidiano dei numerosi nomadi e di quanti vivono sulla strada in condizioni di emarginazione. E' questa un'ulteriore iniziativa della diocesi di Roma, che si aggiunge all'opera degli ambulatori gratuiti già operanti per venire incontro alle esigenze più urgenti di numerosi fratelli, ospiti di questa città e privi dei comuni servizi sociali.

Rivolgo il mio saluto e la mia benedizione ai numerosi medici volontari e agli organizzatori dell'assistenza sanitaria gratuita, compiacendomi per questa opportuna e generosa opera di carità. Il Signore Gesù, modello di infinito amore verso ogni uomo, che si è chinato sulle sofferenze di tutti, specialmente dei più umili e degli abbandonati, ricompensi questo vostro servizio, ispirato al precetto del fraterno amore verso il prossimo. Su tutti voi la mia cordiale benedizione.

Data: 1986-12-14 Domenica 14 Dicembre 1986




Alla parrocchia S. Maria "Regina Mundi" - Torre Spaccata (Roma)

Imparate a essere cristiani per vivere nell'eternità con Dio



1. "Sei tu colui che deve venire?" (Mt 11,3). Nella liturgia dell'odierna domenica d'Avvento risuona questa domanda, posta a Gesù da Giovanni Battista, per il tramite dei suoi discepoli: "Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?". In quel momento Giovanni si trovava già in carcere e la sua attività sulle rive del fiume Giordano era stata brutalmente interrotta. Infatti egli diceva la verità a tutti; non aveva esitato a dirla anche al re adultero. Per questo era finito in prigione. Dal carcere egli indirizza a Gesù una domanda, che può sorprenderci in bocca a Giovanni. Presso il Giordano, infatti, egli aveva già reso testimonianza a Cristo proclamando: "Ecco l'Agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo" (Jn 1,29). Come mai, dunque, una simile domanda da parte di colui, che aveva riconosciuto la pienezza dei tempi? Non perché vi fosse in lui dubbio alcuno circa il Redentore, da lui indicato come il perdono di Dio così lungamente atteso e invocato, ma perché vi era nel Battista una certa qual sorpresa. Infatti egli, che stava vivendo la condizione del prigioniero destinato a morire, è in un certo senso sconcertato che Gesù porti il giudizio di Dio in modo così umile e inerme: realizzando con la delicata potenza dell'amore quanto il Battista aveva preannunziato con parole forti: il Messia "ha in mano il ventilabro, pulirà la sua aia e raccoglierà il suo grano, ma brucerà la pula con il fuoco inestinguibile" (Mt 3,12).


2. Gesù, in primo luogo, dà la risposta; poi, rivolgendosi alle persone presenti, manifesta la grandezza di un uomo, che anelava a lui con ogni energia della mente e del cuore. Ai discepoli di Giovanni, Gesù si richiama ad alcune parole del profeta Isaia riguardanti il Messia, affermando che quella descrizione del tempo messianico, quale epoca di salute, di pace e di letizia, aveva trovato il proprio adempimento nel suo operare salvifico. Questi testi di Isaia (Is 26,19 Is 29,18-19 Is 35,5ss) sono ben noti e vengono spesso ripetuti nella liturgia. In essi questo grande profeta preannunciava ciò che, con la venuta di Cristo, accade ora davanti agli occhi di tutti. Il Verbo si è fatto carne, L'annuncio è divenuto realtà. Ecco: "I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l'udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella". Gesù quindi asserisce che tutti questi "segni messianici" vengono confermati dalla sua attività, e conclude dicendo: "Andate a riferire a Giovanni ciò che udite e vedete" (Mt 11,5 Mt 11,4).


3. Nella prima parte dell'odierno brano evangelico, Gesù risponde alla domanda del Battista, riferendosi alla testimonianza della Scrittura: ciò che l'Antico Testamento annunciava del Messia si realizza in lui, in Gesù di Nazaret. Nella seconda parte della pericope il Salvatore rende testimonianza a Giovanni. Questi è un "profeta... anche più di un profeta" (Mt 11,9). Nell'asserire ciò, Gesù fa appello alla memoria di coloro che lo stavano ascoltando in quel momento: quando essi andavano al Giordano per ascoltare Giovanni il Battista non vi trovavano, né una canna sbattuta dal vento, né un uomo avvolto in morbide vesti, come coloro che stanno nei palazzi dei re! (cfr Mt 11,7-8). Vi trovavano un profeta: un uomo che diceva la verità - e solamente la verità -, in nome di Dio stesso. Tale verità a volte era dura ed esigente. Nel nome del Regno, che si stava avvicinando, nel nome del giudizio di Dio, Giovanni esortava alla penitenza chi si recava da lui per ascoltarlo, affinché riconoscendosi peccatore potesse accogliere con animo contrito il Messia. Forse - come ho già accennato - lo stesso Giovanni era un poco sorpreso che parole e azioni di Gesù non fossero così severe come le sue. Ma Cristo è prima di tutto buona novella di salvezza e rivelazione dell'amore misericordioso di Dio.

Giovanni, tuttavia, non era solo un profeta, servo della parola di Dio da proclamare agli uomini quale annuncio di pace, ma era anche il Precursore, l'inviato per "preparare la via" a Cristo e indicarlo come gioiosa verità offerta all'uomo. Per tale motivo Gesù esclama: "In verità vi dico, tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista" (Mt 11,11).


4. A queste parole Gesù ne aggiunge altre che fanno riflettere: "Tuttavia il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui". Perché la compiacenza del Padre si posa in pienezza su quanti sono rinati nello Spirito, e i figli di adozione sono elevati a una familiarità con Dio imparagonabile a quella, che nella vita terrena ha potuto gustare Giovanni. Anzi, a motivo di quest'ultima frase, possiamo affermare che questo secondo intervento di Cristo non si riferisce solamente a Giovanni il Battista, ma - in un certo senso - ad ogni uomo. Infatti, sin da quando il regno di Dio è venuto nel mondo, tutti siamo soggetti alla misura di grazia che esso stesso costituisce nei riguardi dell'uomo. E anche un profeta così grande come Giovanni, il quale seppe riconoscere il Messia sulle rive del Giordano, nel regno di Dio viene valutato secondo questa misura.


5. Oggi, terza domenica di Avvento, la Chiesa ricorda queste parole quando tutta la liturgia fa risuonare la letificante verità della vicinanza di Dio: "Il Signore è vicino!" (Ph 4,5 Jn 5,8). Veramente è vicino. Il Redentore, che si è stabilito tra gli uomini e può essere accostato sulle vie delle esperienze umane, non solo ammaestra, ma conversa con loro in modo fraterno e santo: egli conduce un dialogo di salvezza.

L'uomo dei nostri tempi è molto sensibile al "dialogo", parola che si è frequentemente usata, ma di cui forse a volte ai nostri giorni si abusa. Tuttavia la Chiesa ha inserito questa parola nel suo linguaggio contemporaneo. Il mio predecessore, papa Paolo VI, ha dedicato gran parte della sua prima enciclica a questo tema. E, in particolare, ha spiegato in che cosa consista il "dialogo della salvezza". Dopo aver ricordato che tale colloquio salvifico fu spontaneamente aperto dall'iniziativa amorosa e benefica di Dio, insegna che anche il nostro parlare con l'uomo deve essere mosso da amore fervente, gratuito e senza preclusioni. Egli afferma: "Il dialogo della salvezza non obbligo fisicamente alcuno ad accoglierlo; fu una formidabile domanda d'amore, la quale, se costitui una tremenda responsabilità in coloro a cui fu rivolta, li lascio tutti liberi di corrispondervi o di rifiutarla, adattando perfino la quantità dei segni alle esigenze e alle disposizioni spirituali dei suoi uditori e la forza probativa dei segni medesimi, affinché fosse agli uditori stessi facilitato il libero consenso alla divina rivelazione" ("Ecclesiam Suam", III, 77).


6. L'uomo è avvicinato a Dio anche mediante il dialogo, mediante il colloquio con gli uomini, quando cerca su questa via la verità e la giustizia. Si potrebbe dire che il dialogo fa parte dello spirito dell'Avvento, dell'atteggiamento dell'Avvento. Il Vangelo di oggi lo pone in potente risalto. L'uomo può - anzi deve - porre delle domande a Cristo, anche nella presente tappa della storia: "Sei tu colui che deve venire?". La risposta di Cristo, conservata e offerta dalla Chiesa, da una parte, sarà simile a quella che hanno ricevuto i discepoli di Giovanni; dall'altra, sarà adattata ai problemi dell'epoca in cui viviamo. Proprio in tal modo il Concilio Vaticano II ha dato questa risposta agli uomini d'oggi. Cristo è colui su cui continuano a trovare conferma i "segni messianici". Colui che indica le vie della salvezza. Si può dunque - e si deve - condurre il dialogo della salvezza. Mediante esso si approfondisce la nostra fede e, in pari tempo, questa diventa matura esortazione alle opere.


7. Ricordiamoci pero che il centro di questo dialogo - se deve essere un vero dialogo della salvezza - si trova nella preghiera. Anche nella preghiera e prima di tutto in essa, l'uomo "pone degli interrogativi". E nella preghiera - soprattutto nella preghiera - trova la risposta. La preghiera, più di ogni altra realtà, appartiene allo spirito dell'Avvento, forma nel modo più completo l'atteggiamento dell'Avvento: "il Signore è vicino".


8. Cari fratelli e sorelle! Siate sempre di più una comunità di preghiera, che specialmente con la liturgia si innesta nell'armonioso divino, tenendo desto e costante il desiderio di Dio. In tal modo maturerà tra voi una comunità di vita redenta, che spinge a praticare la carità, che Cristo ha raccomandato (cfr Jn 13,35), promuovendo l'uomo secondo il disegno di Dio. L'esistenza di una parrocchia si sviluppa in pienezza quando avanza nella fede e progredisce nella santità delle buone opere. Non esitate a porvi sulla via, che la misericordia di Cristo indica, imitandone l'esempio, custodendone l'insegnamento e procedendo sicuri nella sua pace. La parrocchia è una casa di fratelli, resa bella e accogliente dalla carità.


9. Sono molto lieto di trovarmi in questa parrocchia di Santa Maria Regina Mundi, che oggi celebra il XXV anniversario della fondazione. Mentre in primo luogo saluto il signor cardinale vicario e mons. Giulio Salimei, vescovo ausiliare del settore, rivolgo di vero cuore la mia parola al parroco, padre Lucio Zappatore, che da non molto tempo vi guida verso la via del vero e del bene. A lui il mio apprezzamento per quanto opera con intelligente continuità ed equilibrata innovazione circa l'egregio ministero svolto da quanti lo hanno preceduto. Fra essi mi è caro menzionare il primo parroco, padre Giuseppe Leonardi, che al presente presta servizio presso la Segreteria di Stato. Il mio saluto giunga anche ai vice-parroci, che donano le loro energie in favore di questa vivace porzione di Chiesa. Con loro saluto le Suore Carmelitane delle Grazie e le Suore della Compagnia di sant'Orsola della santissima Vergine di Tours, che operano nell'ambito della parrocchia. Saluto voi, laici, che nei vari gruppi, movimenti e associazioni vi impegnate ad approfondire la fede senza disgiungerla dalla sollecitudine verso il prossimo, andando incontro alle esigenze del quartiere per portare Cristo nella trama della vita quotidiana.

Al mio compiacimento per la vostra dedizione unisco l'affettuosa esortazione a fondere insieme i differenti carismi, innestandoli nella comune opera di costruire la Chiesa, dimora di Dio e degli uomini. Nella stima reciproca edificate - secondo i compiti a voi propri - il popolo di Dio, comunità di persone rinate. Infine a tutti il mio augurio benedicente, insieme col vivo desiderio che esso giunga ad ogni famiglia, specialmente ai giovani, ai sofferenti, ai poveri. 10. "Il Signore è vicino!". Ecco, nel nascondimento della casa di Nazaret l'umile Vergine, di nome Maria, ode le parole dell'annunciazione: "Concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo, il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine" (Lc 1,31-33). Queste parole si sono compiute. La Vergine Madre è entrata nella storia dell'Avvento come la Serva del Signore che dice: "Avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1,38). Fra pochi istanti saro lieto di incoronare l'effige della Madonna, da voi tanto venerata e invocata. La Chiesa - e la vostra parrocchia in particolare - chiama quest'umile Serva del Signore "Regina del mondo". E la invoca in tutte le necessità degli uomini di oggi. Maria, Madre nostra e Regina del mondo, aiuti e protegga tutti i figli di questa parrocchia. [Saluto ai parrocchiani:] Saluto tutti i presenti, tutta la parrocchia dedicata alla Regina del Mondo. Ci sono diversi mondi. C'è un mondo interiore che ognuno di noi porta dentro di sé, nel suo cuore, nella sua coscienza. Poi c'è un mondo in cui si vive come piccola comunità di persone, questo mondo si chiama famiglia. Poi, c'è anche un altro mondo, che possiamo chiamare la comunità ecclesiale, la parrocchia. Io vi auguro che in tutti questi mondi, in quello interno, in quello della famiglia, in quello della parrocchia, la Madonna, Madre di Cristo, sia veramente Regina. Ella è Regina di tutto il mondo, perché suo Figlio è il Salvatore del mondo. Maria, sua Madre, è Regina del mondo nel senso più ampio della parola, ma ci limitiamo a questi mondi più vicini: che Maria sia Regina di questo nostro mondo interiore, di questo mondo delle famiglie e anche di questo mondo della parrocchia dedicata al suo nome. [Ai bambini:] Sono molto lieto di incontrarvi e mi compiaccio molto di questo incontro. Vedendovi, vedo soprattutto le piccole comunità di questa parrocchia che sono le vostre famiglie, e vi vedo vicino ai vostri genitori, fratelli e sorelle nelle case dove abitate, dove si lavora, si dorme, si mangia e dove si prega. Vedendo voi vedo anche le scuole, gli asili dove vanno i più piccoli e poi le scuole con le diverse classi dove si imparano tante cose importanti e dove il giovane, il ragazzo o il fanciullo si prepara a maturare, a diventare un uomo, un cittadino di questa famosa città che si chiama Roma e nello stesso tempo un cittadino di questa vostra Patria, di questo grande paese che è l'Italia. Voi siete tutti italiani, parlate questa lingua, avete la vostra storia, la vostra cultura, l'identità come popolo e siete conosciuti nel mondo. Allora voi piccoli dovete prepararvi a entrare, maturando, in questa grande società che è l'Italia. così io vedo le vostre scuole, vedo anche gli altri luoghi dove vi incontrate per il divertimento e il gioco. Ma da tutti questi luoghi e ambienti tutti voi vi radunate qui, in questo centro che è la parrocchia. Vi riunite qui soprattutto per incontrare Gesù, perché nella Chiesa Gesù è presente, è operante, nel suo modo invisibile, perché Dio è una realtà invisibile. Gesù Cristo, Figlio di Dio che si è fatto uomo, come uomo era visibile e noi ci stiamo preparando al suo Natale al giorno in cui è nato a Betlemme. Sappiamo bene come ha vissuto la sua vita, vita prima nascosta e poi messianica: è venuto da Dio per portare il Vangelo all'umanità, soprattutto al suo popolo di Israele. Sappiamo anche bene che questa sua vita ha avuto una conclusione, umanamente parlando, tragica, perché Gesù Cristo è stato crocifisso. Ma quella crocifissione era un disegno di Dio perché così crocifisso egli si offriva come sacrificio per i peccati del mondo.

Morto e sepolto volle poi risorgere mostrando che la morte non avrebbe avuto potere su di lui: fu vincitore della morte, portatore della vita. E così è rimasto tra noi, Cristo crocifisso, Cristo risorto. E' rimasto nella sua Chiesa, noi suoi sacramenti e noi ci incontriamo in questa Chiesa particolare, in questa parrocchia con lui, con Gesù per sentire la sua voce, il suo insegnamento, il suo Vangelo, per imparare questa verità che egli ci ha portato, cominciando dai piccoli, perché sapete che Gesù aveva una predilezione per loro. Li amava molto, li abbracciava, voleva averli sempre vicini. Allora impariamo tutto questo e cerchiamo di conoscere questa verità che lui ha portato al mondo come buona novella, come Vangelo, come parola della salvezza. Cerchiamo di conoscerlo e di appropiarcene perché siamo tutti cristiani, tutti battezzati e voi vi preparate a ricevere anche altri sacramenti, soprattutto quello della prima Comunione. così questa parrocchia è un centro dove si vive e dove si impara a vivere da cristiani non solamente qui, ma a vivere cristianamente anche nelle vostre case, famiglie, scuole e negli altri ambienti, dappertutto. E' dunque importante che si faccia questa preparazione cominciando dai bambini. Imparando a vivere da cristiani noi viviamo non solamente una vita temporale che passa, ma guardiamo a una vita che è eterna, e ci prepariamo a vivere nell'eternità con Dio che è la vita. Io vi guardo giovani, piccoli, bambini e penso al grande programma di vita nel quale voi entrate: quanti orizzonti si aprono davanti a voi in questa parrocchia con l'insegnamento del catechismo, con il Vangelo, la preghiera e i sacramenti! Ecco, questa è la pienezza della vita: voi vi preparate qui a vivere la pienezza della vita che è in Dio. così io vi vedo, carissimi bambini, e vi ringrazio della vostra preparazione, per le parole che mi avete rivolto e per i vostri testi scritti e le poesie che mi avete donato, per i canti che avete preparato. Vi ringrazio! Sono grato per questo primo incontro con la dimensione più giovane della parrocchia che è anche molto laboriosa per riuscire a diventare una vera comunità cristiana. Ha ragione il vostro parroco dicendo che voi siete la speranza e il fondamento del futuro. Voglio ancora ringraziarvi per questo incontro e benedire tutti i presenti e i vostri coetanei: anche i vostri genitori, insegnanti, catechisti e sacerdoti e poi voi. Auguro a tutti buon Natale, perché ci prepariamo a questa festa che è tanto cara ai bambini, perché è la festa del bambino, è la festa della famiglia. Allora buon Natale a tutti e vi benedico. [Ai gruppi e alle associazioni:] Saluto tutti i presenti e, tramite voi, tutti i gruppi di apostolato dei laici, gruppi diversi, caratterizzati, da un certo programma, da una certa spiritualità. Ad esempio, c'è la spiritualità carmelitana che ha il suo segno visibile nello scapolare carmelitano, che io porto da tanti anni. Poi c'è una spiritualità neocatecumenale e di altri gruppi. Altri programmi, altre spiritualità. Tutti contribuiscono al bene comune della Chiesa.

Ciò che dico corrisponde alle parole di san Paolo: la Chiesa corpo di Cristo.

Molti organi, molti membri, molte cellule contribuiscono alla vita del corpo, di un organismo. Noi siamo anche un organismo spirituale, un organismo mistico, che si chiama corpo di Cristo e tutti riceviamo da questo organismo i diversi impulsi dello Spirito Santo, le diverse grazie, grazie speciali, i diversi carismi. Poi, con questi impulsi, con queste grazie cerchiamo di contribuire al bene del corpo, all'insieme del corpo mistico di Cristo, della parrocchia che è, nell'analogia paolina, corpo di Cristo. Voglio esprimere la mia grande gioia per il modo con il quale avete celebrato oggi il XXV della vostra parrocchia, un modo molto degno, molto bello, con tanta partecipazione, con una celebrazione durante la quale si è ben pregato e ben cantato. E poi per l'incoronazione della Madonna, Regina del mondo. Auguro ogni bene a ciascuno di voi, alle vostre associazioni. Che esse siano una sorgente di bene per gli altri e per voi stessi. Vi auguro anche un buon Natale.

[Ai giovani:] Mi rallegro molto per il canto che avete fatto e che evoca un'atmosfera spiritualmente ricca, come pure per i canti della celebrazione eucaristica di questa sera che sono stati davvero molto ben eseguiti. Guardando voi penso all'età della vostra parrocchia e alla vostra età: forse nessuno di voi ha più degli anni di questa Chiesa che celebra il suo XXV di erezione. Mi vengono in mente le parole di Cristo che dicono: altri hanno lavorato e voi siete entrati nei loro lavori. così anche qui possiamo dire che negli anni passati c'erano altri a lavorare, c'erano i vostri genitori, la generazione anteriore che ha costruito questa parrocchia di Santa Maria "Regina Mundi" in cui ora vi trovate a lavorare.

Questa è una constatazione semplice alla quale fa seguito una conclusione che mi sembra altrettanto semplice. Se i vostri genitori vi hanno lasciato una certa eredità ecclesiale e spirituale - perché la parrocchia è anche questo e si basa sulla parola di Dio, sulla catechesi, sui sacramenti e su una realtà in cui si vive con Cristo la realtà soprannaturale di Dio - allora questa eredità divino-umana vi appartiene, perché Dio opera nella Chiesa tramite Cristo, il Messia, ma nello stesso tempo noi tutti siamo chiamati a cooperare a costruire la Chiesa insieme con lui. Siamo coeredi di Cristo, come dice san Paolo. Voi dovete pensare già, come seconda generazione di parrocchiani, a come andare avanti, a come tramandare l'eredità ricevuta. Penso che il momento centrale di questo nostro incontro e di tutti gli incontri che fanno la vita giovanile di questa parrocchia è quello che si basa sull'ulteriore trasmissione della stessa eredità. così vive la Chiesa cominciando da Cristo e dagli apostoli. Di generazione in generazione, questo grande tesoro offertoci da Dio deve essere trasmesso con la collaborazione di uomini come voi.

Mi piace sottolineare il fatto che nella vostra comunità parrocchiale giovanile ci siano vocazioni: una giovane ha letto una lettera di una sua coetanea che inizia la vita religiosa come claustrale. Penso che la vostra età, la giovinezza, è il momento in cui si definiscono le vocazioni e la vocazione è sempre una cosa personale: vocazione vuol dire che Dio ci chiama. E chiama ciascuno di noi a un ministero, a una professione, a un impegno preciso. Vi auguro di sentire bene questa chiamata del Signore in modo da definire la vostra vocazione. Tutto questo è profondamente connesso con il problema centrale della vita umana che è la ricerca di senso. Avete parlato di diversi mali della vostra epoca e della vostra società: mali di tipo individuale, sociale, economico e soprattutto morale. Se si vuole vincere questi mali, bisogna definire bene la propria vocazione e il senso della propria vita che si trova in Cristo. Non c'è nessuna forza del male che può farci deviare da questo impegno. Vi auguro tutto questo per il bene di ciascuno di voi e della vostra comunità che celebra il XXV di fondazione della parrocchia, Voglio anche dirvi in questa circostanza molto felice per me - sono in visita tra voi come vostro Vescovo che si sente pastore di questa parrocchia e spiritualmente legato come fratello e padre, responsabile davanti a Dio - che vi auguro un buon Natale. Lo auguro a tutti senza eccezioni, a tutta la vostra generazione, alla seconda generazione della parrocchia di Maria Regina del Mondo. Vi benedica Dio Onnipotente.

Data: 1986-12-14 Domenica 14 Dicembre 1986





GPII 1986 Insegnamenti - A parlamentari britannici - Città del Vaticano (Roma)