GPII 1987 Insegnamenti - Al vescovo primate della Chiesa episcopaliana negli USA - Città del Vaticano (Roma)

Al vescovo primate della Chiesa episcopaliana negli USA - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: L'unità nella preghiera ad Assisi segno di solidarietà tra i battezzati

Testo:

Caro vescovo Browning.

E' una grande gioia per me ricevere lei e il suo seguito a Roma. Sono felice che abbia scelto di venire a farmi visita in Vaticano, a uno stadio così precoce del suo ministero come vescovo primate della Chiesa episcopaliana negli Stati Uniti d'America. Le assicuro le mie preghiere perché il suo servizio a Cristo possa portare grande frutto spirituale.

Mentre vi saluto questa mattina il mio pensiero ritorna all'occasione di circa tre mesi fa quando ricevetti l'arcivescovo di Canterbury. Fu il giorno seguente alla Giornata di preghiera mondiale per la pace ad Assisi. L'arcivescovo fu accompagnato ad Assisi dai primati anglicani della Nigeria, Tanzania e Giappone. Insieme essi rappresentavano la comunione anglicana e la loro presenza fu veramente apprezzata. Richiamo con gratitudine la funzione nella cattedrale di Assisi durante la quale i cristiani di tutto il mondo pregarono insieme.

L'unità nella preghiera in quel giorno non fu solo una meravigliosa esperienza spirituale per quelli tra noi che erano là, ma fu anche un segno al mondo della nostra crescente solidarietà, una solidarietà che è radicata nel nostro battesimo in Cristo.

So, vescovo Browning, che come quelli tra noi che si sono riuniti ad Assisi, lei condivide un grande disagio nei confronti dei conflitti e della violenza che assediano il nostro mondo. Prego perché negli anni a venire le nostre voci si esprimano all'unisono sulla giustizia sociale, la ricerca della pace, la dignità e i diritti della vita di ogni essere umano. Ringraziamo Dio per il progresso che è stato compiuto lungo il cammino dell'unità di fede tra la Chiesa cattolica e la comunione anglicana.

Possa proseguire il cammino intrapreso e possano le nostre preghiere oggi essere un segno della reale anche se imperfetta comunione che esiste tra noi e del nostro desiderio di approfondirla.

Benvenuto a Roma caro fratello in Gesù Cristo. Benvenuto nella città che è stata onorata dal sangue dei primi martiri cristiani. So che porta nel cuore le esperienze e le aspirazioni, così come le sofferenze e le pene di molti episcopaliani negli Stati Uniti. Vorrei chiederle quando ritornerà nel suo paese di portare i cordiali saluti del successore di Pietro a tutti coloro che sono sotto la sua cura pastorale.

1987-01-12 Data estesa: Lunedi 12 Gennaio 1987









A un ministro del governo finlandese - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Il latino: eredità dei popoli d'Europa

Testo:

Con animo estremamente lieto ho ascoltato quello che poco fa mi hai comunicato, cioè la benevolenza e il favore con cui la nobile terra finlandese, della quale giustamente ti glori di essere un figlio insigne, ha coltivato la bellezza e la maestà della lingua romana e nel corso dei secoli ha sviluppato la forza singolare della civiltà umana. Come segno di particolare riguardo, mi hai portato in dono il risultato dello studio diligente del tuo popolo, cioè il poema epico "Kalevala", che recentissimamente è stato tradotto in lingua latina in occasione del 150° anniversario della sua composizione.

E' giusto ricordare tutto questo, ma soprattutto ricercare la volontà racchiusa nei monumenti letterari del passato, per attingervi la vera eredità dell'animo dei popoli europei.

A te dunque, egregio signor Ministro, e ai tuoi noblissimi accompagnatori che mi hanno fatto dono a nome della Repubblica Finlandese di una medaglia d'argento e del poema epico della loro patria tradotto in lingua latina, vada il mio grazie più cordiale.

L'espressione del mio ringraziamento si estende pure alla costante consuetudine con la quale da sempre attendete all'esercizio delle umane lettere.

Non perdetevi d'animo: la strada che i vostri antenati hanno intrapreso, tocca ora a voi di proseguire, per comprendere cose sempre più sublimi e per diffondere in ogni direzione l'annuncio della pace e del Vangelo.

[Traduzione dal latino]

1987-01-14 Data estesa: Mercoledi 14 Gennaio 1987




Ai vescovi della Liguria in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Occorre mettere in opera una più viva pastorale familiare in grado di formare le coscienze delle giovani generazioni

Testo:

Signor cardinale, venerati fratelli nell'episcopato.


1. Questo nostro incontro collegiale per la visita "ad limina", che ha luogo agli inizi di un anno aperto nella prospettiva mariana, acquista un particolare significato d'intensità spirituale e d'impegno pastorale.

Voi siete qui come testimoni della fede nel Figlio di Dio, che nel seno verginale di Maria si è fatto uomo per la salvezza di tutti; come maestri di dottrina, guide di santità, ministri del governo della Chiesa nell'area di quello specifico territorio, nel quale esercitate le vostre funzioni pastorali (Codice del diritto canonico, CIC 447).

A voi, zelanti pastori delle sette diocesi della regione ligure e a tutti i fedeli delle vostre Chiese particolari, va il mio affettuoso saluto, accompagnato dalla grande speranza che l'anno da poco iniziato segni, con la protezione di Maria Madre della Chiesa, un nuovo e più fecondo impegno personale e collegiale di rievangelizzazione a servizio delle popolazioni affidate alle vostre cure pastorali e di tutto il popolo di Dio.


2. Il vostro territorio, benché si allarghi anche entro i confini delle regioni civili limitrofe, risulta uno dei meno estesi d'Italia, ma è di notevole rilievo per la densità della sua popolazione, che l'attrattiva delle bellezze naturali accresce con un flusso turistico ininterrotto in tutto il corso dell'anno.

Ma anche nella scala dell'attività industriale, marittima e commerciale la Liguria offre, in Italia e nel mondo, significative manifestazioni dell'umana operosità. L'antica repubblica marinara, camminando al passo col progresso tecnologico più avanzato, è divenuta una zona di punta dell'odierna società del benessere materiale, con tutte le conseguenze positive e negative ad esso più o meno direttamente collegate.

E' motivo di non piccola soddisfazione per tutti constatare che le note positive non riguardano solo lo sviluppo economico e sociale, ma anche l'aspetto morale, religioso ed ecclesiale. Quando il progresso è limitato soltanto al settore della ricchezza materiale, muore la vita dello spirito e si spegne la luce d'una civiltà.

Anche nella vostra regione si percepiscono i segni - per grazia di Dio in costante diffusione dappertutto - di una ripresa di vitalità spirituale, di frequenza dei sacramenti con particolare accentuazione per la comunione eucaristica.

Senza dubbio il vostro zelo pastorale non verrà meno dall'adoperarsi perché la formazione cristiana di base si verifichi in eguale misura nella grande città come nei centri minori; perché tutte le categorie dei fedeli siano preparate a ricevere sempre più fruttuosamente i sacramenti, che costituiscono il nutrimento necessario per la crescita dei figli di Dio, evitando abusi, carenze, distorsioni; perché la pratica dei sacramenti cammini al passo con un'istruzione religiosa in grado di consolidarsi, anziché affievolirsi, nell'impatto con le diffuse sollecitazioni d'una società largamente secolarizzata.

Per tale lavoro di maturazione nella conoscenza del Figlio di Dio e nello sviluppo cristiano (Ep 4,13), vi saranno di valido aiuto i presbiteri e i religiosi, che generosamente collaborano, e i laici, che sono impegnati nelle associazioni e nei movimenti ecclesiali, con la varietà dei loro gruppi capaci di venire incontro alle diverse esigenze della società locale.

In questi ultimi anni è cresciuta nella vostra regione l'attenzione pastorale verso la famiglia, rendendo più efficienti i consultori d'ispirazione cristiana allo scopo di preparare più immediatamente le coppie a portare aiuto alla vita nascente. Non mancano le iniziative volte ad alleviare la piaga della disoccupazione soprattutto giovanile.


3. Tuttavia queste constatazioni di fatto, segno della presenza dello Spirito che vitalizza la Chiesa, non devono nascondere ai nostri occhi la realtà purtroppo immancabile delle ombre.

Se il quadro dei lati negativi esistenti nella vostra regione è conseguenza di falsi valori dominanti nella società contemporanea, è anche risultato della insufficienza numerica del clero. Occorre moltiplicare gli sforzi di una pastorale per le vocazioni, non solo per richiamare maggiormente la corresponsabilità dei laici e delle famiglie, ma anche per porre, tra le vostre prevalenti cure pastorali, i rapporti personali con ciascuno dei vostri sacerdoti, dai quali dipende in massima parte, in collaborazione con voi, la fedeltà del popolo di Dio al Vangelo. Non allentate la preoccupazione incessante che i presbiteri siano sempre più legati al Signore, che li ha chiamati, e non vengano mai meno al dovere di una sincera e devota fedeltà alla Chiesa, che ha ricevuto da Gesù il carisma di garantire l'autenticità del Vangelo. Mi auguro che anche sotto il profilo economico le nuove norme di remunerazione del clero siano attuate con senso di carità e di giustizia.

Grave rimane ancora nella vostra zona il problema della famiglia, con la permanenza del fenomeno disgregante del divorzio, delle libere convivenze, e della piaga dell'aborto. Occorre mettere in opera una più viva pastorale familiare in grado di formare le coscienze, soprattutto delle nuove generazioni, al senso della grandezza della famiglia cristiana, al rispetto della vita anche dell'essere umano ancora non nato. Al riguardo è importante che i pastori studino congiuntamente, con vero spirito fraterno, i problemi comuni, al fine di dare ad essi la risposta che le circostanze richiedono.

Nel quadro delle ombre sociali ed economiche, che hanno riflessi in campo morale e religioso, ricordo la disoccupazione giovanile e la penuria degli alloggi, due aspetti di un processo di crisi che trascina con sé incertezza del domani, difficoltà di crearsi una famiglia, insofferenza dei giovani con manifestazioni di contestazioni.


4. Voi stessi, venerati fratelli, avete segnalato l'esistenza, nella vostra regione, del pericolo, tipico delle zone più industrializzate, delle troppo grandi concentrazioni di capitali operanti in senso mondiale, che possono provocare condizionamenti e riflessi sulla situazione dell'uomo del lavoro nelle società economicamente svantaggiate. Io stesso ho parlato di questo fenomeno nella "Laborem Exercens" (cfr. LE 17).

Noi tutti sappiamo che la crisi dell'epoca moderna ha avuto origine da quando si opero la rottura di quella visione organica che, sotto l'influsso del pensiero cristiano, aveva caratterizzato l'èra precedente. Da allora l'economia si sgancio dalle regole di condotta indicate dalla morale naturale e religiosa per giungere da una parte a perseguire il benessere economico a fini particolari, d'altra all'eccesso opposto di socializzare tutti i mezzi di produzione.

In questo ribollire di comportamenti e di idee la Chiesa ha seguito una linea costante di atteggiamento: denunciare l'ingiustizia delle situazioni e contribuire positivamente alla soluzione dei problemi. Con l'elaborazione dei grandi orientamenti della sua dottrina sociale, fondata sul messaggio evangelico, essa ha posto sul tappeto i termini fondamentali della società industrializzata, per chiarire il rapporto tra capitale e lavoro, le relazioni tra le classi, la funzione stessa dello Stato volta a tutelare i diritti di tutti i cittadini. Più che proporsi soluzioni tecniche uniformi, la preoccupazione primaria e costante della Chiesa, nelle grandi e sempre più complesse questioni sociali, è quella di difendere l'uomo nei suoi diritti: l'autonomia personale e familiare nel quadro del bene comune.

Oggi siamo di fronte a una nuova svolta della società caratterizzata da un inarrestabile progresso tecnologico, dall'automazione, dall'informatica con tutte le loro imprevedibili implicazioni.

Nella "Laborem Exercens" (LE 12 LE 15) ho insistito sul principio che il capitale non può essere contro il lavoro, perché non può essere contro l'uomo. Se il capitale è solo strumento, è l'uomo il soggetto del lavoro. La Chiesa, giustamente preoccupata che le trasformazioni della nuova fase industriale sacrifichino i diritti inerenti al lavoro umano, vuole salvare il significato etico dell'impresa, e ha già avanzato la proposta dell'attiva partecipazione di tutti (cfr. GS 68), l'idea di una comunità di persone, nella quale l'impresa non sia identificata solo con i detentori del capitale, ma caratterizzata dall'unità del lavoro, dove prestazioni personali e capitale servano per la produzione dei beni. Salva sempre la necessaria unità di direzione e le forme da determinarsi in modo adeguato.


5. Sono i grandi orientamenti, questi, che debbono trovare concreta e sostanziale attuazione nella varietà delle circostanze, responsabilmente valutate alla luce della retta coscienza cristiana.

E' necessario che la società moderna, per fruire del dono della pace e della vera felicità, cammini in armonia con i principi del Vangelo. Basta un arco limitato di tempo per riparare un cumulo di danni materiali, ma occorrono molti anni per ricostruire l'ordine morale e spirituale.

Occorre che i vescovi, impegnati a svolgere la loro azione pastorale nelle aree di maggior sviluppo industriale, seguano con attenzione il cammino delle variazioni economiche e tecnologiche allo scopo d'individuare, con la collaborazione e la competenza dei gruppi laicali, le vie di concrete soluzioni che siano in armonia con l'ordine evangelico.

Sarà, questo, un servizio non piccolo reso alle proprie diocesi e a tutto il popolo di Dio.

La Vergine santissima, Madre di Dio e della Chiesa, che ci prepariamo a onorare con particolari iniziative nel corso di uno speciale anno, guidi e protegga i vostri sforzi.

E la mia particolare benedizione, che di cuore imparto a ciascuna delle vostre diocesi, vi accompagni sempre.

1987-01-15 Data estesa: Giovedi 15 Gennaio 1987




Al Pontificio Consiglio per la cultura - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: "Fate maturare negli spiriti l'urgenza dell'incontro del Vangelo con le culture vive"

Testo:

Cari fratelli nell'episcopato, cari amici.


1. Accolgo con un piacere particolare, per il quinto anno consecutivo, il Pontificio Consiglio per la cultura. A ciascuno e a ciascuna, personalmente, auguro il più cordiale benvenuto. Saluto nelle vostre persone i rappresentanti qualificati degli orizzonti culturali così vari e numerosi nel mondo. Vi ringrazio di venire ogni anno presso la cattedra di Pietro, per uno scambio fruttuoso sulle situazioni della cultura e delle culture, con lo scopo di esplorare insieme le vie più adatte per l'incontro della Chiesa con le mentalità e le aspirazioni della nostra epoca. Nel cuore il Pontificio Consiglio per la cultura, cinque anni fa, era mia intenzione tradurre in un programma di azione comune la volontà originale del Concilio Vaticano II, che mirava a promuovere il dialogo della salvezza con le persone e i loro ambienti. Nei nostri incontri degli anni scorsi, vi incitavo a trovare dei mezzi capaci di stimolare in tutta la Chiesa un impulso rinnovato, perché il dialogo Vangelo-cultura diventi una realtà visibile. Eravate invitati ad accordare un'attenzione particolare agli organi più adatti a sostenere questo sforzo culturale ed evangelico: i vescovi e i loro collaboratori, gli istituti religiosi e le loro iniziative, le organizzazioni internazionali cattoliche e i loro prospetti culturali e apostolici. In armonia con gli altri organismi della Santa Sede il vostro primo scopo è di approfondire, per la Chiesa universale e per le Chiese particolari, ciò che significa l'evangelizzazione delle culture nel mondo d'oggi, compito immenso e complesso, sicuramente, ma d'importanza vitale per la missione futura della Chiesa.


2. A cinque anni di distanza desidero esprimervi la mia soddisfazione per il lavoro che siete riusciti a compiere.

Dando una scorsa al vostro bollettino "Chiesa e culture", pubblicato in molte lingue, appare chiaramente che voi avete già realizzato un importante lavoro di consultazione e di sensibilizzazione presso le conferenze episcopali, gli istituti religiosi, gli OIC, un gran numero di centri culturali, privati o pubblici, e organismi internazionali come l'Unesco e il Consiglio d'Europa.

Molti episcopati hanno risposto generosamente, creando servizi nuovi per promuovere un dialogo più incisivo con le culture. I religiosi e le religiose hanno collaborato attivamente a una consultazione internazionale, che dimostra il loro interesse per l'inculturazione della loro azione apostolica e il consolidamento della vita consacrata nel seno delle culture in evoluzione. Gli OIC hanno stretto rapporti fecondi con il Pontificio Consiglio per la cultura, al servizio della promozione culturale e spirituale degli uomini e delle donne d'oggi.

Grazie alla cooperazione attiva dei membri del Consiglio Internazionale, sono stati organizzati dei congressi regionali su diversi problemi culturali che interessano la Chiesa: Notre-Dame negli Stati Uniti, a Rio de Janeiro, Buenos Aires, Monaco, Bangalore Altre conferenze internazionali si preparano in Europa, in Nigeria, in Giappone. Vi ringrazio per questo sforzo e quest'impegno concreti.

Il vostro Consiglio Internazionale assume così un significato efficace che mi preme sottolineare. Certamente, come richiede la costituzione ("Regimini Ecclesiae"), avete a cuore di suscitare una collaborazione fruttuosa con i dicasteri romani. Penso, tra l'altro, al vostro contributo sulle sette e i movimenti religiosi.


3. Voi lavorate inoltre, con la Congregazione per l'educazione cattolica e con il Consiglio Pontificio per i laici, ad un progetto su "la Chiesa e la cultura universitaria". Con tutte le istanze interessate nella Chiesa, vescovi, religiosi, organizzazioni diverse e personalità laiche, voi cercate di rendere la Chiesa sempre più presente negli ambienti universitari, con la sua azione pastorale diretta e anche con una promozione più attiva dei valori evangelici in seno alle culture in gestazione nelle università. Questi problemi meritano tutti i vostri sforzi, e io vi incoraggio a proseguire questo importante lavoro intrapreso in comune. Un gran numero di pastori attende luce e orientamento, in un campo nel quale sono coinvolti studiosi e professori cristiani. La collaborazione su "la Chiesa e la cultura universitaria" permetterà di fare beneficiare l'insieme della Chiesa, dell'esperienza acquisita attraverso le iniziative degli uni e degli altri e le riflessioni comuni su questa cultura.

Formulo voti anche perché la collaborazione, già avviata con la Commissione teologica internazionale, si traduca in risultati fecondi. La vostra ricerca congiunta sulla fede e l'inculturazione risponde a una domanda esplicita del Sinodo straordinario dei vescovi e sarà di grande importanza per l'incarnazione del Vangelo nel cuore delle culture del nostro tempo.

Cari amici, voglio ringraziare sinceramente tutti coloro e tutte coloro che si consacrano con generosità alla missione che ho affidato al Consiglio Pontificio per la cultura, per il beneficio di tutta la Chiesa.


4. Congratulandomi per i compiti assolti, richiedo di progettare l'avvenire con molta lucidità e speranze. Permettetemi di suggerire due orientamenti principali che dovrebbero ispirare i vostri sforzi, le vostre ricerche, le vostre iniziative e la cooperazione di tutti coloro con i quali siete in rapporto.

Da un lato vi impegno nuovamente a far maturare negli spiriti l'urgenza di un incontro effettivo del Vangelo con le culture viventi. Resta immenso e drammatico lo scontro tra la buona novella di Cristo e intere porzioni dell'umanità. Numerosi ambienti culturali restano chiusi, ermetici od ostili al Vangelo. Interi paesi sono sottomessi a politiche culturali che cercano di escludere o di limitare gravemente l'azione della Chiesa. Ogni cristiano sincero soffre profondamente per questi intralci alla proclamazione della buona novella.

In nome della promozione culturale di ogni uomo e ogni donna, proclamata come un obiettivo dalle istanze internazionali, bisogna far comprendere ai nostri contemporanei che il Vangelo di Cristo è fonte di progresso e di pienezza per tutti gli uomini. Non facciamo violenze ad alcuna cultura proponendo liberamente questo messaggio salvifico e liberatore.

Con ogni uomo e ogni donna di buona volontà, condividiamo un amore disinteressato e incondizionato per ogni persona umana. Anche con coloro che non condividono la nostra fede, possiamo trovare un ampio spazio di collaborazione per il progresso culturale delle persone e dei gruppi. Le culture d'oggi aspirano ardentemente alla pace e alla fraternità, alla dignità e alla giustizia, alla libertà e alla solidarietà. E' un segno dei tempi certamente provvidenziale, che a vent'anni dall'enciclica "Populorum Progressio" del mio predecessore Paolo VI, deve incoraggiarci a inventare le vie di una solidarietà nuova tra le persone, le famiglie spirituali, i centri di riflessione e di azione.

Poniamoci coraggiosamente la domanda: noi cristiani abbiamo sufficientemente attuato la creatività culturale raccomandate dalla "Gaudium et Spes", per affrettare l'incontro effettivo della Chiesa con il mondo del nostro tempo? Non dobbiamo essere più adatti al discernimento, più inventivi, più risoluti nelle nostre imprese di evangelizzazione, più disposti alle collaborazioni indispensabili in questo vasto campo dell'azione culturale assunte in nome della nostra fede?

5. Ciò mi porta a ritornare, per insistervi, su questo obiettivo centrale nel vostro lavoro e che costituisce l'argomento della vostra comune riflessione con la Commissione teologica internazionale: quello dell'inculturazione. Io stesso l'ho affrontato in molti dei miei recenti viaggi apostolici. Poiché questo neologismo scopre un ruolo capitale per la Chiesa, soprattutto nei paesi di tradizioni non cristiane.

Entrando in contatto con le culture, la Chiesa deve accogliere tutto ciò che nelle tradizioni dei popoli è conciliabile con il Vangelo per apportarvi la ricchezza di Cristo e per arricchirsi essa stessa della saggezza multiforme delle nazioni della terra. Voi lo sapete: l'inculturazione impegna la Chiesa su un cammino necessario: difficile ma necessario. Anche i pastori, i teologi e gli specialisti delle scienze umane devono collaborare strettamente affinché questo processo vitale si compia a beneficio degli evangelizzati e degli evangelizzatori e che ogni semplificazione o precipitazione, che sfocerebbe in un sincretismo o a una riduzione secolare dell'annuncio evangelico. Proseguite coraggiosamente la vostra ricerca serena e approfondita su queste questioni, coscienti che i vostri lavori serviranno molto nella Chiesa e non soltanto nei paesi detti di missione.

Voi non vi dedicate a un esercizio intellettuale astratto, ma a una riflessione al servizio diretto dalla pastorale, ivi comprese le nazioni di tradizione cristiana, nelle quali si è instaurata a poco a poco una "cultura" segnata dall'indifferenza o dal disinteresse per la religione. Con tutti i miei fratelli nell'episcopato, riaffermo con insistenza la necessità di mobilitare tutta la Chiesa in uno sforzo creatore, per un'evangelizzazione rinnovata delle persone e delle culture. Poiché è soltanto attraverso uno sforzo concertato che la Chiesa si metterà in condizioni di portare la speranza di Cristo in seno alle culture e alle mentalità attuali.

Sappiamo trovare il linguaggio che ricongiungerà gli spiriti e i cuori di tanti uomini e di tante donne che aspirano, senza saperlo forse, alla pace di Cristo e al suo messaggio liberatore. Questo è un progetto culturale ed evangelico di primaria importanza.


6. Senza lasciarvi fermare dalle difficoltà inerenti a tale missione, proseguite senza posa, suscitate le collaborazioni volontarie che s'impongono perché vescovi, preti, religiosi e religiose, laici, organizzazioni culturali ed educative s'impegnino in questo spirito apostolico voluto del Concilio Vaticano II, riaffermato con molta chiarezza dal Sinodo straordinario del 1985, e messo in pratica nelle iniziative come quella della giornata di preghiera per la pace ad Assisi.

Vi incoraggio in modo particolare a continuare i vostri sforzi, per impegnare i laici in questo compito. Essi sono infatti nel cuore delle culture moderne che impegnano la società moderna. In gran parte, dipende da loro che il Vangelo di Cristo diventi il fermento capace di purificare e di arricchire gli orientamenti della famiglia umana. Per il prossimo Sinodo dei vescovi, consacrato all'apostolato dei laici, il vostro contributo presenta un interesse particolare.

In segno del mio affetto e della mia riconoscenza e in pegno della grazia del Signore, accordo a ciascuna e a ciascuno di voi personalmente, la mia benedizione.

1987-01-17 Data estesa: Sabato 17 Gennaio 1987




A un convegno di lavoratori sulla "Laborem Exercens" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La solidarietà è un imperativo per superare le crescenti difficoltà nel mondo del lavoro

1. Mi è particolarmente gradito questo incontro con voi, carissimi fratelli e sorelle, qui riuniti per approfondire i problemi del mondo del lavoro alla luce dell'enciclica "Laborem Exercens". Vi porgo il più cordiale benvenuto e vi esprimo il mio fervido compiacimento.

Saluto il presidente della Conferenza episcopale italiana, il caro card. Poletti, e lo ringrazio per le sue amabili parole. Saluto parimenti il segretario generale mons. Camillo Ruini, il presidente della Commissione per i problemi sociali e il lavoro mons. Fernando Charrier con i membri della Commissione, i rappresentanti delle associazioni e dei movimenti cattolici dediti alla grande causa del sostegno e della promozione, in senso cristiano e quindi pienamente umano, dei fratelli, nel loro rapporto con la realtà del lavoro. Con pari affetto mi rivolgo a voi tutti ringraziandovi per la vostra numerosa e attiva partecipazione, la quale testimonia un impegno di fedeltà e di coerenza con la vocazione cristiana. Nelle vostre persone rivolgo il mio più cordiale pensiero a tutti i lavoratori e a tutte le lavoratrici.


2. Vedo nell'odierna iniziativa un segno che la Chiesa in Italia persevera nella volontà di rafforzare "un'azione pastorale di viva attenzione ai problemi e alla cultura degli uomini del lavoro" secondo l'indicazione data il 18 novembre 1983, a conclusione di un analogo convegno, anch'esso promosso dalla Commissione per i problemi sociali e il lavoro della CEI, indicazione che il convegno assunse tra i suoi programmi operativi. Me ne rallegro sinceramente, sicuro che in tale direzione, oggi, grazie alla vostra opera, viene scritto un nuovo capitolo di sicura vitalità.

Siete infatti animati dall'intento di cercare le risposte più adeguate ai molteplici mutamenti intervenuti nel mondo del lavoro in questa nostra epoca.

E, convogliando ammirevolmente le varie energie in un disegno unitario, vi siete posti sul cammino del magistero con puntualità e sensibilità costruttive. Un cammino che, anche in questi tempi moderni, conserva come punto di riferimento la "Rerum Novarum" del mio predecessore Leone XIII, di cui è stato commemorato il novantesimo anniversario con la "Laborem Exercens" e che tra quattro anni raggiungerà la tappa centenaria.


3. La nota pastorale "Chiesa e lavoratori nel cambiamento" redatta dalla Commissione "Problemi sociali e Lavoro" della Conferenza episcopale italiana, è destinata ad essere ulteriormente esaminata e approfondita dai vescovi nelle rispettive diocesi e sulle istanze collegiali appropriate. Essa ha avuto origine da un seminario di studio sul tema della solidarietà sociale. E i richiami alla solidarietà hanno pervaso in varie forme le dodici testimonianze che abbiamo or ora ascoltato: quale espressione di aggregazioni che prestano la propria opera in diversi settori del lavoro umano, e si fanno portavoce delle loro ansie, necessità, aspirazioni.

La solidarietà è un imperativo che si va sempre più acutamente imponendo a misura delle crescenti difficoltà del momento. Il momento che sta attraversando ora il mondo del lavoro è indubbiamente difficile, a motivo, in linea generale, degli aspetti decadenti che contrassegnano negativamente il volto della civiltà, e, specificamente, a motivo dei complessi fenomeni dipendenti dalle rapide, profonde e incessanti trasformazioni nel campo della scienza, della tecnologia e dell'automazione.

La solidarietà, d'altra parte, è una caratteristica che accompagna lo sviluppo di quella che si è soliti chiamare la "questione operaia". La necessità di eliminare abusi e soprusi, di promuovere il riconoscimento di inalienabili diritti e di garantire condizioni di lavoro conformi a giustizia ed equità "ha fatto sorgere e quasi irrompere un grande slancio di solidarietà tra gli uomini del lavoro... Era la reazione contro la degradazione dell'uomo come soggetto del lavoro" (LE 8); cioè dell'uomo che rifiuta, com'è nella nobiltà della sua indole, di essere considerato strumento produttivo, ma vuole giustamente essere soggetto: reale, effettivo e riconosciuto.

Questo obiettivo assume tuttora un peso enorme. "perciò bisogna continuare a interrogarsi circa il soggetto del lavoro e le condizioni in cui egli vive. Per realizzare la giustizia sociale nelle varie parti del mondo, nei vari paesi e nei rapporti tra di loro, sono necessari sempre nuovi movimenti di solidarietà degli uomini del lavoro e di solidarietà con gli uomini del lavoro" (LE 8).


4. Non bisogna stancarsi di propugnare, approfondire e diffondere il primato dell'uomo sul lavoro. L'odierna crisi dei valori, che tante coscienze raggiunge e turba, costituisce un ulteriore argomento per tenere decisamente puntato l'obiettivo sull'uomo, su ciò che l'uomo è, sulla verità del suo essere.

Diventa così sempre più impellente il ritorno alle pagine bibliche della creazione, a quel "realismo" nel quale l'uomo creatura assurge a collaboratore nell'opera e nella "fatica" del Creatore, e quindi a dominatore intelligente e sagace delle innumerevoli potenzialità nascoste nel cosmo, che i progressi scientifici e tecnici vanno sempre più scoprendo. Su quello sfondo misterioso e sublime l'uomo - "laborem exercens" - appare nella statura autentica della sua grandezza. Da quella sorgente scaturisce l'assoluta intangibilità dell'uomo, la garanzia che essa non può essere mercanteggiata mai, a nessun prezzo, qualunque sia l'evoluzione delle ideologie o delle politiche sociali ed economiche.

Un allargamento dell'orizzonte della solidarietà, quale è richiesto dall'addensarsi di fattori di crisi che affligge in vario modo tutti gli ambiti del lavoro - dall'agricoltura, all'industria, all'artigianato, ai servizi, alle attività autonome - postula la necessità di fare ogni sforzo per allargare i consensi sul principio basilare della dignità personale della donna e dell'uomo in relazione al lavoro, e quindi dell'assoluta e irrinunciabile supremazia della persona sull'attività ch'essa svolge o che è abilitata a svolgere.

E' un compito di primordiale importanza, da cui nessuno, che abbia onestamente a cuore il benessere sociale, può sentirsi esonerato. A titolo specialissimo esso incombe su coloro che sono investiti di pubbliche responsabilità, in primo luogo sugli esponenti di quell'arte destinata a promuovere il bene comune che è la politica, e insieme tutti coloro che hanno la possibilità di influire sull'opinione pubblica.

Vorrei mettere in particolare evidenza il ruolo degli uomini del pensiero. Esso è tanto più necessario quanto più la mentalità odierna viene a trovarsi di fronte ad espressioni massificanti che distraggono dall'essenziale della vita e convogliano invece verso il contingente, quando non addirittura verso il fatuo e il marginale.

Desidero pure sottolineare il ruolo degli operatori dei mezzi della comunicazione sociale. Essi hanno a disposizione preziosi strumenti con i quali possono cooperare costantemente a diffondere in ogni circostanza, come idea-madre della soluzione delle questioni sociali, la supremazia della persona sul lavoro.


5. Nel cumulo di mutamenti sociali, strutturali, culturali che attraversa con tendenza crescente il mondo del lavoro, la solidarietà assume tutti i caratteri di un'urgenza prioritaria. Il diffondersi dell'automazione postula inevitabilmente di considerare in un modo nuovo l'esigenza di garantire la piena occupazione, esigenza che ogni società bene ordinata considera un traguardo necessario, ben sapendo che cosa significhi per gli individui, le famiglie, la comunità la condanna alle braccia conserte.

Nella realtà concreta l'individuazione di quel nuovo rapporto sembra ancora lontana. Lo denunciano con implacabile eloquenza le statistiche della disoccupazione, particolarmente di quella giovanile legata alla ricerca del primo impiego, e le schiere di sotto-occupati, che popolano i rami dell'attività produttiva. Questi gravi risultati stanno a indicare un malessere di fondo che permea il tessuto della società. Un malessere generale, non soltanto economico, come dimostra il persistere di molti squilibri nonostante l'elevarsi del tenore di vita.

I meccanismi della solidarietà, per entrare in funzione e far sentire la propria efficacia, hanno bisogno di un "motore" spiccatamente etico e morale. Una mentalità meramente economicistica, qualunque ne sia la matrice filosofica e sociale, produce quanto meno devianti sfasature. Invece una coscienza che sintonizza la sensibilità sui ritmi dello sviluppo tecnologico e delle varie evoluzioni del pensiero e dell'attività umana e tutto rapporta al valore "uomo", non si stanca di cercare "in radice" la soluzione dei problemi emergenti. "In radice": ossia non semplicemente nell'ambito settoriale, ma sul terreno in cui l'uomo vive - e deve poterla vivere in pienezza, senza frazionamenti compartimentali - l'esperienza di artefice della propria crescita umana.


6. Il problema della disoccupazione dei giovani è strettamente connesso con il tipo degli ordinamenti scolastici. La serietà dell'insegnamento e dell'apprendimento, la capacità della scuola - nei metodi pedagogici e nei programmi di studio - di preparare efficacemente alla vita, sono fattori fondamentali dell'apertura al mondo del lavoro. La scuola è per natura sua fucina di formazione della personalità, a continuazione del compito educativo della famiglia. Essa possiede - si direbbe per diritto nativo - un carattere di sacralità, che proscrive imperiosamente manipolazioni di qualsiasi genere, e domanda invece tutti i sostegni finalizzati all'assolvimento della sua preminente funzione. In quest'ottica trova la sua naturale collocazione il corretto rapporto tra scuola e sbocco alle attività professionali, in grado di bonificare un po' alla volta quelle paludi nelle quali ristagna la piaga della disoccupazione e della sotto-occupazione giovanile. L'armonia tra scuola e mondo del lavoro deve essere oggetto di tenace ricerca.

Ma questo, che ho appena accennato, non è che un aspetto della drammatica "piaga" della disoccupazione. Essa presenta molti e complessi risvolti di diverso genere, che vanno attentamente studiati e continuamente seguiti.


7. In questo ordine di idee non si può non mettere a fuoco la persistente coesistenza tra disoccupazione, emigrazione e immigrazione, di cui la situazione italiana è un esempio, in certi sensi, particolarmente caratteristico.

Questo "insieme" di fenomeni che, teoricamente e secondo talune previsioni, avrebbero dovuto l'uno rimediare all'altro, si è andato inavvertitamente estendendo in proporzioni insospettate. Esso pone, anzi impone gravi interrogativi alle politiche migratorie concepite a raggio settoriale e praticate con criteri spesso economicistici, legati a interessi di parte, lontani dal considerare la ricerca del lavoro un vero e proprio diritto dell'uomo, un concreto esercizio di quella libertà, che è prerogativa della persona umana.

L'incremento dell'innaturale trinomio: disoccupazione-emigrazione-immigrazione, esprime una dura realtà e apre prospettive preoccupanti. Il fatto poi che vi siano coinvolti uomini e donne di ogni età, condizione sociale e categoria lavorativa obbliga maggiormente ad approfondire la riflessione e l'attenzione.

Al riguardo, occorre prender coscienza del fatto che oggi i problemi del lavoro devono essere impostati su scala mondiale. Occorre fare ogni sforzo perché gli accordi internazionali siano sempre più applicati e perché ne siano adottati di nuovi affinché la dignità degli uomini del lavoro possa essere concretamente riconosciuta sulla base di una solidarietà e di una coscienza del bene comune in campo economico, che si allarghino a comprendere la totalità del genere umano, indipendentemente dalle differenze etnologiche o culturali.


8. L'allargamento dell'orizzonte della solidarietà e la vivificazione dei suoi contenuti domanda ai cristiani l'apporto del carisma peculiare dell'amore. La vocazione cristiana abilita a questo. Cristo, divino lavoratore, redentore del lavoro, costituisce il modello esemplare, il sostegno e l'animatore con la sua luce e la sua grazia. Occorre perciò perseverare nella meditazione e nello sforzo di assimilazione del "Vangelo del lavoro", il cui primo nucleo risalente all'alba della creazione conosce il suo misterioso sviluppo nella casa di Nazaret durante la quasi trentennale fatica materiale del Figlio di Dio e poi lungo le strade di Palestina, nei suoi molteplici contatti con la umanità.

Il "Vangelo del lavoro" è la sorgente a cui attingere l'illuminazione e l'energia nell'affrontare le questioni insorgenti. Di qui l'ispirazione per iniziative concrete di servizio e di promozione. Di qui la versatilità nella sapiente inventiva degli strumenti tecnici - compito specifico del laicato - idonei a dare slancio alla elevazione globale del mondo del lavoro. E dalla medesima sorgente deriva la generosa prontezza alla collaborazione, quali "testimoni dell'autentica dignità dell'uomo", come scrivevo nell'enciclica "Dominum et Vivificantem", "per realizzare e valorizzare tutto ciò che nell'odierno progresso della civiltà, della cultura, della scienza, della tecnica e degli altri settori del pensiero e dell'attività umana, è buono, nobile e bello" (Giovanni Paolo II DEV 60).

Carissimi fratelli e sorelle! A suggello della "Rerum Novarum" (n. 35) Leone XIII proponeva come soluzione delle questioni affrontate nella sua magistrale enciclica la carità, "quella carità cristiana che compendia in sé tutto il Vangelo, e che è pronta sempre a sacrificarsi per il prossimo".

Questa è la parola d'ordine anche nel presente, mentre, camminando verso il Duemila, vogliamo accogliere e far fruttificare in noi stessi le virtualità del messaggio evangelico di salvezza e di liberazione. Sono certo che nel corso del prossimo Anno Mariano i programmi pastorali delle Chiese particolari, anche per vostro interessamento, comprenderanno iniziative appropriate allo studio e all'analisi delle problematiche degli uomini e delle donne del lavoro, con speciale attenzione ai più umili e bisognosi, ai quali la Vergine, come anche attesta la storia dei santuari a lei dedicati, ha sempre riservato i tratti della sua predilezione materna.

Invocando la sua protezione sulle vostre care persone e sulle vostre attività, vi imparto di cuore la benedizione apostolica, che estendo a tutte le lavoratrici e a tutti i lavoratori della diletta Italia.

1987-01-17 Data estesa: Sabato 17 Gennaio 1987





GPII 1987 Insegnamenti - Al vescovo primate della Chiesa episcopaliana negli USA - Città del Vaticano (Roma)