GPII 1987 Insegnamenti - Ai vescovi francesi in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Ai vescovi francesi in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La norma morale è un servizio alla dignità della persona umana

Testo:

Cari fratelli nell'episcopato.


1. Sono sensibile alla fiducia con la quale venite a condividere con me le vostre preoccupazioni di pastori e le vostre speranze. Avete rilevato nel vostro rapporto regionale e nel messaggio del vostro presidente, gli elementi costanti attraverso le diversità delle vostre dieci diocesi che si distendono lungo l'Atlantico, dal centro della Francia al sud, da Poiters a Bayonne. Parlate di sfide difficili da superare e di nuovi dinamismi, degli sforzi compiuti per testimoniare la fede nel cuore del mondo come per animare le comunità cristiane. Faccio mia l'attenzione speciale che voi avete per i problemi della fede dei giovani, del ministero dei sacerdoti, delle vocazioni. Vi incoraggio a formare i vostri cristiani alle responsabilità, a promuovere con essi una nuova evangelizzazione, ad unire le forze vive della diocesi nelle istanze come i Sinodi, esercitando il vostro ruolo d'accoglienza, di discernimento in vista della fedeltà e della comunione.

Mi congratulo per la collaborazione fraterna che avete stabilito tra voi: provate, dite voi, un sentimento di povertà; voglio credere con voi che si tratti di una povertà evangelica, rivolta verso la crescita che Dio darà alle vostre semine, e invito anche voi a seminare nella speranza.

Non posso riprendere con voi tutti gli argomenti che sono spesso comuni a quelli di altre regioni. Ho notato, tra l'altro, ciò che voi constatate a proposito delle realtà familiari. "I problemi che si pongono a livello della famiglia e del matrimonio appaiono tra i più urgenti e i più gravi per l'importanza che essi hanno sul piano della società e della Chiesa" ("Relazione dei vescovi della regione "sud-ovest" della Gallia in occasione della visita ad limina", 7).

Vorrei oggi fermarmi un po' sulla pastorale familiare. Ma prima di tutto penso sia bene riflettere sulla missione della Chiesa che riguarda l'insegnamento e la formazione delle coscienze in materia di morale fondamentale e speciale. E' proprio un campo chiave nel quale si verificano le sfide che voi evocate: quella della secolarizzazione della cultura, quella dello scarto tra il Vangelo e il mondo.


2. Come molti paesi d'Occidente il vostro conosce, a livello della morale, serie difficoltà. Da un lato la libertà dei consumi e delle idee ha provocato smarrimento e attitudini di permissività. Dall'altro la critica acerba delle istituzioni e di tutte le autorità morali ha gravato l'impatto dei vostri mezzi di espressione nell'opinione pubblica.

Nel 1982 con i vostri confratelli dell'est avevo parlato di questo calo di valori morali, che non è nuovo, ma che assume una reale gravità in seguito alla mancanza di convinzioni, vedere la crisi del senso profondo dell'esistenza. Oggi degli osservatori parlano di un certo "ritorno della morale" motivato dalla necessità di regole stabili, di un codice comune, davanti a una scomposizione sociale che preoccupa o è suscitata da questioni temibili che alcuni "progressi" della scienza pongono. E' senza dubbio una possibilità da cogliere. Ma il fenomeno in se stesso non basta a fondare una vera etica. Alcuni dei nostri giovani contemporanei esitano tra un richiamo e degli slanci di generosità ammirevoli. E' importante offrire la possibilità di una riflessione approfondita per togliere l'ambiguità delle morali di situazione che non sono che la giustificazione del vissuto e per eludere le insidie delle intenzioni generose che confondono i buoni sentimenti e il bene reale degli uomini.


3. Questo compito fa parte della nostra responsabilità di predicatori della parola di Dio, degli educatori delle coscienze, dei pastori. Con i vostri sacerdoti avete spesso l'occasione di esortazioni amletiche e di interventi in alcuni campi sociali, o di appelli ai diritti dell'uomo. Ma ciò non basta senza dubbio a una formazione strutturata delle coscienze, che toccano tutte le implicazioni precise della morale speciale e la loro integrazione in una visione globale che illustri i fondamenti dell'etica. Insegnando la morale, la Chiesa vuole servire la dignità della persona umana, svegliare la coscienza, mostrare all'uomo le vie del suo sviluppo nel bene verso il quale è sostanzialmente orientato e che ha la sua fonte e la sua pienezza in Dio. Gesù riassume la morale nel comandamento dell'amore di Dio, legato all'amore del prossimo. Esso rivela così il carattere teologale dell'amore del prossimo. Poiché nel prossimo, Dio stesso appare con la sua esigenza assoluta di rispetto e di giustizia, con la sua chiamata all'amicizia data e ricevuta. Agli occhi del cristiano è a questo livello che si situano i diritti dell'uomo, inseparabili dai suoi doveri. Un sistema etico senza un riferimento a un Principio trascendente e incapace di creare valori morali assoluti, resta debole nella pratica e precario nella durata. E la rivelazione cristiana, da parte sua, conferisce alle norme etiche un'intensità, un senso e una speranza di compimento che animano tutta l'esistenza.


4. L'amore cristiano, che è alla base della morale, non è un sentimento vago. Ha un contenuto preciso tradotto attraverso i comandamenti (cfr. Jn 4,15 Jn 15,10). E' necessario che i fedeli comprendano bene l'articolazione tra la "Legge" e la "grazia": esse sono due forme di soccorso che Dio accorda all'uomo per giungere al suo fine, per amare e vivere l'alleanza. La Legge centrata sul Decalogo, forma la coscienza dell'uomo, l'umanizza, accorda al suo fine felice e lo apre alla sua grazia, dono dello Spirito Santo.

La Legge dello Spirito ci diventa interiore: dalla grazia l'uomo è liberato, può conoscere il vero bene, sul cammino paradossale delle beatitudini.


5. I pastori devono formare le coscienze chiamando bene ciò che è bene e male ciò che è male. Essi predicano la "Legge" annunciando anche la grazia e la misericordia, i sacramenti della Chiesa. Lo Spirito di verità non è stato dato ai credenti indipendentemente dalla Chiesa. E' perché l'insegnamento morale deve essere aperto e docile al magistero, proposto nella comunione della Chiesa. Il Concilio Vaticano II ha richiamato la competenza dei vescovi, uniti al successore di Pietro, in materia di fede ma anche in materia di costumi (cfr. LG 25).

E' compito del magistero dei vescovi vegliare sull'integrità della fede e sulla rettitudine dell'insegnamento e dell'agire in materia morale. E' dunque in comunione con i vescovi e con il successore di Pietro che il prete o il professore di morale integrerà con le sue prediche e il suo insegnamento il Decalogo, le prescrizioni evangeliche e le applicazioni sviluppate dalla tradizione della Chiesa. Richiamerà tra l'altro il rispetto della vita dal primo istante del concepimento fino alla morte. Testimonierà la dignità dell'unione coniugale e della procreazione umana, che comporta la fedeltà degli sposi e il loro impegno a non diventare solo padre e madre dell'uno per l'altro. Farà vedere la bellezza della verginità cristiana. Illuminerà su molteplici compiti legati alla giustizia e alla pace, al bene comune di tutte le società. Metterà in luce tutti i diritti dell'uomo, mostrerà che una società non può essere veramente umana senza un amore di preferenza per i piccoli e i poveri.

Come il maestro della parabola (cfr. Mt 13,52), saprà far tesoro delle cose antiche e dei problemi d'oggi. L'acquisizione delle riflessioni antiche resta e può risparmiare delle svolte onerose offrendo strumenti concettuali e di analisi. D'altronde, i problemi d'oggi gli interrogativi della filosofia moderna stimolano i cristiani ad approfondire la loro riflessione etica, poiché il passo filosofico è pure necessario, oltre la luce della fede, per illuminare al suo livello i fondamenti dell'agire pratico.


6. Si, una morale fondamentale cristiana precisa e sviluppa il contenuto obiettivo del disegno di Dio sull'uomo; attraverso l'analisi delle norme etiche, si può dire che essa non cessa di onorare la richiesta soggettiva dell'uomo. Si fa carico della sua intenzione. Aiuta l'uomo a progredire, non senza ascesi, sui cammini di un'autentica libertà.

Lungi dal scaricarlo dalla sua responsabilità o dalla sua iniziativa di apprezzamento, essa lo rafforza. Si, la morale è in verità un appello alla libertà. Predicarla è un atto profetico che disegna la salvezza dell'uomo e le felicità in Dio. Essa è, per tutte le coscienze, la speranza di una risurrezione, un messaggio di qualità della vita. Davanti ai nostri contemporanei, soprattutto davanti a quelli che non ammettono di primo acchito l'autorità della Chiesa, è importante non solo esporre la morale, ma cercare di convincere senza demagogia che essa serve al loro bene profondo e a quello della società, salvaguarda la loro libertà e promuove la loro dignità in un'apertura alla trascendenza dell'amore di Dio.


7. Resta il problema pratico, pastorale, di assicurare oggi questa formazione morale. Spetta a voi cercare le modalità: nella catechesi dei bambini e dei giovani, nella formazione degli adulti, le riunioni o le sessioni dei movimenti, negli interventi degli educatori e nella pedagogia delle scuole cattoliche. I seminaristi e i preti devono studiare specialmente i fondamenti della morale cristiana. E le università sono chiamate a dare un insegnamento approfondito della morale.

Infine, sappiamo sufficientemente utilizzare le immense possibilità dei media per far conoscere e comprendere la dottrina morale della Chiesa? Facendo ciò non dimentichiamo che l'influenza decisiva sarà generalmente quella della testimonianza da uomo a uomo, da parte dei cristiani che incarnano la buona novella come una chiamata a vivere meglio. Non si tratta di riportare la fede e la teologia al ruolo di garanzia di una morale, come ci inviterebbe facilmente un mondo meno credente.

La morale è importante al suo livello come conseguenza logica della fede. Ma è la via teologale che è fondamentale.


8. Questa riflessione sulla morale fondamentale e speciale trova un'applicazione particolare nel campo familiare. La famiglia è il crogiolo nel quale si forma la personalità degli adulti del domani.

In essa si gioca l'avvenire della società. I limiti del nostro incontro non mi permettono di sviluppare questo argomento. La Chiesa ha riproposto l'essenziale del suo fondamento nell'esortazione "Familiaris Consortio" e in molti interventi recenti del magistero. Sono stato felice di parlarne a Paray-le-Monial, meditando sull'amore del cuore di Cristo, davanti a numerose famiglie cristiane.

Voi stessi avete trattato la pastorale familiare nel caso di numerose assemblee (a Lourdes nel 1981). Vi incoraggio a proseguire quotidianamente la vostra azione per il sostegno della famiglia, appoggiandovi alle testimonianze positive della vita familiare.

In reazione forse al carattere anonimo della società e al peso dei grandi insiemi la famiglia, appare sempre più come il luogo più importante di felicità e l'amore è valorizzato come fondamento della coppia. In questo c'è una possibilità per la promozione della famiglia ma anche delle ambiguità. Come dicevate a Lourdes nel 1981: "La privazione dell'amore rischia fortemente di essere illusione e morte dell'amore". C'è troppo spesso il rifiuto della componente sociale e istituzionale della sessualità. Soprattutto si misconoscono le esigenze della morale familiare, si limita il ruolo della famiglia nella società e nella Chiesa.

Si, la famiglia è ferita nel vostro e in numerosi paesi detti "sviluppati". I matrimoni sono sciolti dai divorzi sempre più numerosi. La convivenza giovanile progredisce pericolosamente. Ci si prepara male al matrimonio. Il numero dei bambini diminuisce al punto di non assicurare più il rinnovamento delle generazioni nelle coppie il cui amore è senza vita e la vita senza amore. L'aborto è legalizzato e banalizzato, la sterilità demografica minaccia. Il fenomeno nuovo, è la pretesa di giustificare questa evoluzione in teoria: si tratterebbe di inventare un altro tipo di famiglia nel nome di un relativismo socio-culturale veramente "suicida" (cfr. "La documentazione cattolica", 1982, p. 1059).


9. Non basta deplorare i malesseri del tempo. Ne siete coscienti. E fate appello ai cristiani, "sale della terra" per annunciare la buona novella concernente il matrimonio e la famiglia e dare agli uomini, alle donne, ai giovani del nostro tempo il gusto di vivere, la gioia dell'amore inseparabile dalla vita (cfr. Lettera dei vescovi della Francia: "La documentazione cattolica", 1980, pp.


1050-1051). Questo annuncio deve essere fatto senza lasciarsi intimidire dalla paura di essere catalogati. Sfortunatamente la gente intende solo i "no" della Chiesa. Ma la risposta di Dio all'amore umano è un "si" entusiasta. Egli ne è la sorgente e il termine vero. Dio benedica l'amore umano autentico. Il Creatore l'ha voluto. Cristo il Salvatore lo trasfigura al punto di farne il riflesso e il sacramento della sua alleanza indissolubile con la sua Chiesa. I "no" che la Chiesa dice chiaramente sono semplicemente la controparte di questo "si" entusiasta, il rifiuto delle contraffazioni dell'amore. Poiché più l'amore è grande e più le sue contraffazioni sono temibili.


10. In questa prospettiva positiva, dovete proseguire la vostra pedagogia secondo due assi. E' necessario che sosteniate dapprima gli sforzi di molti cristiani convinti che fanno delle loro famiglie come una Chiesa domestica, in cui la preghiera, l'educazione alla fede e la carità vissuta hanno un posto primordiale e che porta testimonianza. Incoraggiate tutti coloro che lavorano alla pastorale della famiglia anche nei diversi movimenti, familiari, spirituali, di educazione o di sostegno, in stretta comunione con voi che coordinate nelle vostre istanze diocesane e nazionali, convinti dell'influenza benefica di questi movimenti.

Cercate al tempo stesso di aiutare i giovani la cui fedeltà al senso cristiano dell'amore umano rivela quasi una testimonianza eroica davanti a molte contraddizioni e opposizioni. Sostenete quelli che insegnano loro il senso di una parola data e tenuta.


11. Ma la buona novella non può essere riservata ai soli praticanti, e nemmeno ai soli battezzati. Conosco la vostra preoccupazione di farne intendere l'eco all'insieme degli adulti e dei giovani. Alcuni sarebbero pronti a tacere le esigenze essenziali del vero amore umano e cristiano col pretesto di essere meglio intesi. Altri al contrario farebbero buon uso delle tappe della pedagogia per fedeltà. Avete la legittima preoccupazione di parlare per tutti rispettando una certa progressività nel cammino, che non è la gradualità della fede e che non può essere staccato dalla volontà sincera di osservare la legge divina della trasmissione della vita (cfr. FC 9 FC 34; "Discorso per la chiusura del Sinodo", 8, 25 ottobre 1980).


12. Il vostro compito è immenso come è immenso il divario tra gli ideali evangelici e le pratiche tanto estranee al Vangelo rilanciate da mezzi di comunicazione sociale potenti e a volte persino renitenti.

L'eccesso stesso degli abbandoni può favorire tra i migliori una sorta di ripensamento, di conversione; essi sentono il bisogno di rispettare maggiormente la dignità dell'uomo, della donna e del bambino. E' allora che il segno di un amore trasfigurato, vissuto umilmente da cristiani di ogni età e di ogni condizione si innalzerà come un appello e un punto di coesione, rivolto agli uomini di oggi affinché siano migliori e si mettano in cammino secondo la pienezza dell'amore e del disegno di Dio.

Prego lo Spirito Santo di accompagnare con la sua luce e la sua forza tutta la vostra opera dottrinale, etica e pastorale. Mandato dal Signore a confermare i miei fratelli nella fede e nella speranza, vi imparto la mia benedizione apostolica, che estendo a tutti i vostri cari diocesani.

1987-02-06 Data estesa: Venerdi 6 Febbraio 1987




Alla Giunta regionale del Lazio - Sala dei Papi (Roma)

Titolo: Solo un'autentica solidarietà sociale risponde alle sfide della vita moderna

Testo:

Onorevole presidente della Giunta regionale Lazio, onorevole presidente del Consiglio regionale, illustri signori della Giunta regionale e capi gruppo del Consiglio regionale.


1. Il desiderio da voi ancora una volta manifestato di un incontro augurale all'inizio del nuovo anno, è stato per me motivo di sincera gioia e vi ringrazio per questa gradita visita. A tutti porgo il mio cordiale saluto, insieme con la viva riconoscenza per le gentili parole che mi sono state rivolte. Ricambio, quindi, gli auguri, esprimendo l'auspicio che il nuovo anno porti pace e serenità, con un fruttuoso adempimento del mandato affidatovi per l'amministrazione di questa regione.

La vostra visita mi è cara, altresi, perché mi offre l'opportunità di conoscere sempre più da vicino e più direttamente le persone che si impegnano per lo sviluppo e il benessere del Lazio. Un territorio, questo, che sollecita in modo particolare la mia missione, poiché costituisce per me, Vescovo di Roma, il primo degli anelli che idealmente designano la mappa della Chiesa universale (cfr. "Insegnamenti di Paolo VI", XV [1977] 204). Da questa realtà ecclesiale nasce un vincolo di ordine spirituale che suscita in me speciale sollecitudine e più attento affetto.


2. Tale vincolo mi consente di rendermi conto della molteplicità dei problemi che stanno dinanzi a noi. Per questo vorrei che fosse motivo di comune conforto il riscontro della serena e generosa collaborazione che la comunità cristiana si sforza di realizzare per il bene comune. Se per il passato la presenza della Chiesa ha lasciato nel territorio laziale insigni tracce, così che in ogni centro esistono segni ben noti di arte e di cultura, oggi, non meno, si può notare la concreta e fervida vitalità di tante istituzioni, nate dalla carità e dalla fede.

Nel Lazio oggi si riscontra nella Chiesa tutto un fervido pullulare di iniziative che, ispirandosi al Vangelo, cercano di sviluppare una fattiva solidarietà per la promozione umana totale della popolazione. Mi riferisco alle numerose scuole, agli ospedali, alle case di cura e di accoglienza sorte dovunque e fiorenti; mi riferisco, soprattutto, a quella perenne sensibilità verso i più poveri che ha dotato questa regione di esemplari istituzioni per sovvenire a urgenti necessità.

La Chiesa nel Lazio, quindi, si sforza di cooperare mediante i suoi sacerdoti, i laici, gli istituti e i movimenti al bene e allo sviluppo di tutta la comunità, e cerca di scoprire volenterosamente sempre nuove forme di servizio. Essa continua a fare propri i problemi dell'uomo, ritiene che la sua missione educativa e il suo impegno di carità ancor oggi non siano superati, né superflui, ma necessari e sempre attuali. La Chiesa desidera, perciò, continuare la sua opera educativa verso i giovani e perseverare nell'impegno della carità verso i poveri, gli emarginati, i drogati, gli handicappati, gli anziani, gli ultimi. La Chiesa vi domanda di accogliere con rispetto tale sua missione e di guardare con simpatia e amicizia alle iniziative che via via si associano al vostro stesso lavoro, riconoscendone l'intento di soccorrere ogni uomo e di dare quasi un'anima alle strutture, con lo spirito di famiglia proprio dei figli di Dio, per esprimere anche nella collaborazione con la società civile la sua vocazione di sacramento di unità. I nostri comuni vincoli di umanità esigono che si promuova ciò che è bene l'uno per l'altro.


3. La specifica natura pastorale del mio servizio mi permette ancora di ravvisare qualche particolare e complesso problema, che fa maggiormente appello alle vostre funzioni direttive. Si tratta, in particolare, del fenomeno migratorio che coinvolge attualmente tutta la regione. E' noto a tutti che il Lazio rappresenta in Italia, con Roma, una delle zone di più intensa immigrazione. C'è una migrazione interna alla regione, che ha già modificato profondamente la fisionomia dei territori circonvicini a causa dell'affluenza, talora disordinata, verso il centro maggiore e i posti di lavoro dell'area industriale; ma c'è anche un'immigrazione che ha accentuato il carattere cosmopolita di Roma, moltiplicando le urgenze per l'accoglienza di migliaia di studenti e di lavoratori, o di persone che da ogni parte qui convengono in cerca di un asilo per vivere, spesso senza facili prospettive, guidate soltanto da un'incoercibile speranza.

Questo fenomeno, che certamente preoccupa la vostra coscienza di amministratori, stimola il comune impegno verso tutti coloro che qui, nel Lazio, vivono in attesa di un miglioramento della loro condizione sociale. La complessità del problema è ovvia, soprattutto perché, nonostante gli sforzi, la fascia della disoccupazione specialmente giovanile tende a crescere, mentre la pressione di sempre nuovi ospiti pone gravi interrogativi. Sappiamo bene, infatti, che la mancanza di sicurezza e di lavoro si riflette drammaticamente sul senso stesso della vita, mentre in situazioni di penosa disoccupazione e miseria si acutizzano le condizioni in cui prosperano l'illegalità e la violenza.


4. Di fronte a tali problemi la vostra cosciente adesione al bene pubblico vi spinge a cercare assiduamente criteri orientativi nelle scelte da fare, nelle decisioni da prendere, nelle necessarie riforme da avviare. Vorrei perciò proporvi uno spunto di riflessione, un principio dal quale attingere chiarezza ed esemplarità di ispirazione per una prospettiva di pace e di sviluppo per tutta la comunità del Lazio.

Si tratta della solidarietà, della quale ho parlato nel messaggio per la celebrazione della Giornata mondiale della pace. Nella solidarietà poi possiamo trovare uno dei fondamentali mezzi per raggiungere e condividere la pace non solo a livello internazionale, ma anche nella vita interna di ogni singola comunità civile. In essa si esprime l'atteggiamento fondamentale della comune appartenenza all'umanità e si attua l'impegno di ogni uomo verso gli altri, cioè verso tutti i componenti della famiglia umana, senza distinzione né divisione. La solidarietà attua l'incremento del bene comune da voi assiduamente ricercato, apre le vie della concordia e dell'aiuto vicendevole, consente di vivere in armonia perché promuove il bene di tutti e di ciascuna persona. Se osserviamo attentamente le esigenze più urgenti della vita moderna, i problemi che essa fa emergere di più, notiamo che la sfida che interpella tutti noi è quella di assumere un impegno di vera solidarietà con l'intera entità sociale a cui apparteniamo, per affrontare secondo tale atteggiamento le situazioni civili, politiche o economiche, che mano a mano si presentano alle nostre scelte e responsabilità.


5. Ogni nostro anno ha inizio nel contesto del mistero suggestivo del Natale di Cristo. La fede cristiana attesta che il figlio di Dio si è posto accanto a ogni essere umano per camminare con lui, per offrire un aiuto e per condividere l'immane sforzo di tutta l'umanità, che cerca la sua salvezza e il suo vero bene.

In Cristo noi contempliamo l'esempio sublime della solidarietà di Dio con tutta l'umanità, poiché egli, incarnandosi, si è fatto partecipe del nostro sangue e della nostra carne per liberare così tutti coloro che erano tenuti nella schiavitù (cfr. He 2,15).

Nel vivo ricordo dell'esempio di Cristo io traggo l'auspicio di prosperità per tutti voi e per le vostre mansioni, mentre estendo ogni felice voto ai vostri collaboratori, alle vostre famiglie, a tutte le persone che vi sono care. Prego il Signore perché sempre vi assista nel delicato e gravoso compito di pubblici amministratori, conforti le vostre iniziative, dia successo a tutto quello che potrete operare a vantaggio del bene comune di questa nostra cara regione.

1987-02-07 Data estesa: Sabato 7 Febbraio 1987




Le credenziali del nuovo Ambasciatore del Guatemala - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La pacifica convivenza è frutto della giustizia

Testo:

Signor Ambasciatore, E' per me motivo di soddisfazione ricevere oggi Sua Eccellenza che, con la presentazione delle lettere credenziali, dà inizio alla sua missione quale Ambasciatore Straordinario e Plenipotenziario del Guatemala presso la Santa Sede.

La ringrazio vivamente per le delicate espressioni che ha avuto nei confronti di questa Sede Apostolica, ed anche per la manifestazioni dei nobili sentimenti del popolo guatemalteco che porto nel cuore in modo particolare da quando, nella mia visita pastorale del 1983, ebbi occasione di condividere con i Pastori e i fedeli di quella Chiesa locale il loro modo di vivere la fede e i loro aneliti di speranza cristiana.

All'inizio del mio viaggio apostolico nell'America Centrale, ho voluto fare cenno al grido che, sgorgando dal cuore di quelle genti, invocava la pace, la fine delle morti violente; che implorava la riconciliazione allontanando le divisioni e l'odio; che anelava una giustizia duratura e fino ad oggi inutilmente attesa; che voleva essere chiamata ad una maggiore dignità, senza rinunciare alla sua essenza religiosa e cristiana (cfr. Giovanni Paolo PP. II, Allocutio Iosephopoli in Ora Divite in aëronavium portu habita, 3, die 2 mar. 1983: , VI, 1 [1983] 524).

So che si sta lavorando e si continua a lavorare per conseguire la pace e rafforzare i legami di amicizia e di cooperazione tra i popoli del Centroamerica. Il recente incontro dei Presidenti di quei Paesi in Esquipulas, uno dei luoghi di pellegrinaggio più cari alla pietà popolare della regione, ha voluto essere una iniziativa in questo senso.

A tale proposito, sono degni di encomio i dialoghi avviati a costruire fondamenti solidi per una pacifica convivenza come frutto della giustizia.

D'altra parte, non bisogna risparmiare gli sforzi per difendere e potenziare i fattori di coesione che fanno dei popoli centroamericani una grande famiglia. L'identità dell'origine storica, l'unità nella lingua e nella fede cristiana, costituiscono i valori fondamentali di quei popoli. Dunque, si deve prestare particolare attenzione a tutto ciò che potrebbe attentare agli elementi che favoriscono unità e armonia.

A questo riguardo, e nel campo che le compete, la Gerarchia ecclesiastica del Guatemala non ha smesso di segnalare il pericolo che, in questo senso, rappresenta l'attività proselitista di sette di tipo fondamentalista, che seminano confusione e divisione nel popolo e diluiscono la coerenza e l'integrità del messaggio evangelico.

La Chiesa, quindi, fedele alla sua missione, continuerà ad appoggiare quelle iniziative che aiutano a superare i confronti, impegnandosi sempre più a potenziare tutto quanto significhi difesa della vita e della dignità della persona umana, promozione dell'individuo, della famiglia e della società.

Nel conseguimento di questi obiettivi, come ebbi occasione di segnalare nel grande incontro del Campo di Marte, nella capitale guatemalteca, la dottrina sociale della Chiesa potrà essere una via concreta verso la soluzione di tanti problemi che affliggono la vostra società. Tramite l'applicazione dei suoi principi "si presterà così un grande servizio all'uomo di oggi, perché in essa egli incontrerà lo stimolo per svegliare le coscienze, promuovere una maggiore giustizia, fomentare una migliore comunicazione di beni, favorire un accesso più generalizzato ai benefici della cultura e sperimentare così una convivenza più pacifica" (cfr. Giovanni Paolo PP. II, Homilia Guatimalopoli, in foro "Campo di Marte" habita, 7, die 7 mar. 1983: , VI, 1 [1983] 624).

Affinché questi desideri si trasformino in una confortante realtà nel suo Paese, imploro per il tanto amato popolo guatemalteco, per i suoi goveranti, ed in modo particolare per Sua Eccellenza e la sua distinta famiglia, l'abbondanza delle benedizioni dell'Onnipotente, e nello stesso tempo le porgo i miei auguri per il buon svolgimento della missione che Le è stata affidata.

[Traduzione dallo spagnolo]

1987-02-07 Data estesa: Sabato 7 Febbraio 1987




Recita dell'Angelus - Piazza san Pietro (Roma)

Titolo: Dal Concilio la funzione dei laici nel tessuto del "popolo di Dio" e del "corpo mistico di Cristo"

Testo:

1. Il tema del prossimo Sinodo dei vescovi sulla "Vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo" ha profonde radici nel Concilio Vaticano II che ha presentato i fedeli laici come membri attivi e responsabili della Chiesa, investiti della sua missione di salvezza. Lo ha fatto sia sul piano dottrinale come su quello pastorale, nel contesto della "ecclesiologia di comunione" che pervade tutti i suoi testi, così che in ognuno di essi è presente il ruolo del laicato.

In tal modo ha dato una impostazione nuova, eminentemente positiva, alla funzione dei laici nel tessuto del "popolo di Dio" e del "corpo mistico di Cristo"; ha aperto larghe prospettive ai loro peculiari carismi e alla loro creatività.


2. Dal denso patrimonio conciliare è sbocciata una fioritura di notevole ricchezza ed efficacia.

La partecipazione dei fedeli laici alla vitalità ecclesiale si è sensibilmente ampliata e intensificata. Di immediata evidenza nelle celebrazioni liturgiche, essa si estende ad altri settori, come la catechesi e le varie forme di apostolato, e più specificamente nel ministero di salvezza integrale che la Chiesa offre con animo solidale all'uomo del nostro tempo.

Uno dei fenomeni positivi più comunemente avvertito è lo sviluppo dell'associazionismo sia nel mondo degli adulti che fra la gioventù. Sono nati nuovi movimenti, si sono fondate spontaneamente comunità cristiane nell'intento di un arricchimento spirituale dei membri e di un più generoso impulso missionario.

Uomini e donne di ogni età si sono distinti in questo impegno. In molti ambienti il contributo della donna e specialmente della madre è stato decisivo.


3. Dai segni esterni - quelli che ho ricordato sono soltanto alcuni - è lecito dedurre, come frutto dell'evento conciliare, una maturazione della "coscienza di Chiesa" nel laicato cattolico. Ma la consapevolezza che anche i fedeli laici sono costituzionalmente Chiesa, si è radicata più a fondo e più estesamente anche nelle altre componenti del "popolo di Dio", soprattutto nella gerarchia, alla quale il Concilio ha assegnato come obbligo impellente di promuovere sinceramente il concreto riconoscimento della dignità dei laici.


4. In questa prospettiva si può misurare l'importanza della prossima assemblea sinodale. A oltre vent'anni dal Concilio bisogna interrogarsi sui frutti che da esso sono derivati nel campo della partecipazione laicale alla missione della Chiesa. "Ciò consentirà di impegnarsi più efficacemente per far si che tali frutti siano propri non solo di una élite, ma anche e capillarmente della massa dei laici" ("", VII, 1 [1984] 1445).

Preghiamo la Vergine, mistica Sposa dello Spirito Santo, perché illumini i partecipanti al prossimo Sinodo nella preparazione al loro grande compito.

1987-02-08 Data estesa: Domenica 8 Febbraio 1987




Visita pastorale alla parrocchia di Santa Maria in Aquiro - Roma

Titolo: Responsabilità della Chiesa nelle questioni di fede e morale

Testo:

1. "Voi siete il sale della terra... Voi siete la luce del mondo" (Mt 5,13 Mt 5,14).

Ascoltando queste parole di Cristo, pronunziate ai discepoli e oggi indirizzate a noi, ci prende un santo timore. Vorremmo subito rispondere al Maestro: sei tu la luce del mondo. Tu sei divenuto il sale della terra, che tutto conserva e rinnova. Sei tu! Non noi.

E l'odierna liturgia sembra dire lo stesso, quando, prima del Vangelo, ricorda le parole di Cristo: "Io sono la luce del mondo... chi segue me avrà la luce della vita"; e quando, col salmo responsoriale, proclama: "Spunta nelle tenebre come luce per i giusti, buono, misericordioso e giusto" (Ps 111,4), intendiamo queste parole come dette profeticamente su Cristo.


GPII 1987 Insegnamenti - Ai vescovi francesi in visita "ad limina" - Città del Vaticano (Roma)