GPII 1987 Insegnamenti - Visita pastorale alla parrocchia di Santa Maria in Aquiro - Roma


2. "Tu - noi"... "Tu e noi"... Tuttavia la parola dell'odierna liturgia non si ferma alla contrapposizione. Cristo, anzi, la elimina perché non dice soltanto di se stesso: "Io sono la luce del mondo", ma dice anche dei discepoli, e ai discepoli, di noi e a noi: "Voi siete la luce del mondo". Voi lo siete. Si, lo siete, dato che mi seguite. Dato che voi ricevete questa luce che è in me. Io non sono venuto nel mondo solamente per "essere la luce", ma per "dare la luce", per trasferirla nelle menti e nei cuori umani, per accenderla nel profondo dell'uomo.

Di questa verità ebbe piena coscienza san Paolo, il quale scrive ai Corinzi di se stesso, della sua debolezza e del timore che l'accompagna sempre, quando egli deve rendere testimonianza a Cristo davanti agli uomini. perciò confessa: "Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesù Cristo, e questi crocifisso... perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio" (1Co 2,2 1Co 2,5).


3. L'Apostolo è per noi un modello di come attingere questa luce che è in Cristo - la luce che è Cristo - e di come trasferirla negli altri, di come trasmetterla.

Infatti Cristo vuole da noi proprio questo, quando dice "voi siete la luce del mondo". Infatti aggiunge: "Non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa" (Mt 5,14-15).

Abbiamo quindi un compito. Abbiamo una responsabilità per il dono ricevuto: la responsabilità per la luce che ci è stata tramandata. Non possiamo soltanto appropriarci di essa. Non possiamo chiuderla tra le quattro pareti del nostro "io". Dobbiamo anche comunicarla agli altri. "Dobbiamo "darla"". Dobbiamo risplendere con essa "davanti agli uomini" (Mt 5,16).


4. Anche Isaia spiega che cosa vuol dire "risplendere": quando la luce che è nell'uomo - "la tua luce" - sorge come l'aurora (cfr. Is 58,8). Questo avviene mediante le buone opere, con le quali la bontà del Signore compenetra il credente e si riverbera all'esterno.

Nella prima lettura, infatti, il profeta rivela quanto Dio chiede perché sia a lui reso un culto non formalistico, ma vero e interiorizzato: perché la pietà è genuina quando conduce a praticare attraverso le opere di misericordia ciò che la fede crede. L'autore sacro richiama in tal modo quale deve essere l'atteggiamento fondamentale del giusto verso Dio, che così concede una benedizione abbondante di luce e di gloria.

Con un premio che supera il merito, il vero credente risplende davanti agli uomini per pienezza di vita, per rettitudine di intenzione per longanimità e sollecitudine.


5. Gesù ribadisce il medesimo insegnamento, quando dice: "così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli" (Mt 5,16).

Così dunque la luce che è nell'uomo per opera di Cristo, del suo Vangelo e della sua grazia si manifesta nella testimonianza delle buone opere. La nostra fede richiede le opere che derivano dalla fede, la cui luce può venir meno se non la si alimenta con l'amore.

E questa è al tempo stesso una testimonianza resa a Dio: ogni bene, che nasce sul terreno delle buone opere, arricchisce il mondo e nello stesso tempo reca gloria a Dio.


6. così la metafora della "luce" s'incontra con quella del "sale". Come discepoli di Cristo dobbiamo essere il sale della terra. Il sale preserva il cibo dall'alterazione. I cristiani sono chiamati ad assicurare a questo mondo i valori che danno salute e freschezza ai cuori, alle coscienze e alle opere umane, che rendono la vita umana veramente tale e degna dell'uomo.

Così dunque "essere luce", vuol dire insieme "essere sale della terra", ed essere sale "vuol dire essere luce". Non si possono separare queste due correnti della vita cristiana, questi due compiti, queste due dimensioni della missione che riceviamo mediante la partecipazione al mistero di Cristo: alla sua croce e risurrezione.

perciò la Chiesa - anche nella sua missione magisteriale e pastorale - vede la propria responsabilità particolare per le questioni della fede e della morale. Le custodisce congiuntamente. Esse costituiscono insieme l'eredità della nostra redenzione. Esse sono la nostra partecipazione a questa sapienza e potenza che è in Cristo.


7. A motivo di questa comunione, la mente diventa acuta e saggia, capace cioè di riconoscere in Cristo la risposta stupenda e inaudita - ma incessantemente attesa - all'anelito dell'uomo. A motivo di questa intima partecipazione, la volontà è in grado di conformarsi al volere di grazia del Padre, che oggi ha dato a me e a voi, fratelli carissimi, la gioia di poterci raccogliere in questo tempio, per celebrare le meraviglie del suo amore, ricordando in modo particolare, nel 450° anniversario della morte, l'esempio e la figura di san Girolamo Emiliani, che in questo amore si fece pellegrino. Questo santo si reco, infatti, in diversi luoghi del Veneto e della Lombardia, per fondare e organizzare istituti per orfani o per altre persone bisognose. Egli fu toccato in modo prodigioso dalla misericordiosa sollecitudine della Vergine santissima e paleso la propria trasformazione interiore con una dedizione a Dio così profonda e con un amore così autentico, da essere ovunque chiamato apostolo della carità.

Egli non esito neppure ad assistere gli ammalati di peste, sempre nella consapevolezza che, solamente quando riflette lo splendore di Dio, ogni azione posta davanti agli uomini viene utilmente compiuta per la loro spirituale edificazione. Per soccorrere con questo spirito gli indigenti, san Girolamo Emiliani diede inizio alla "Compagnia dei servi dei poveri", in seguito elevata a congregazione dal sommo pontefice Pio V. Fedeli al carisma del Fondatore i "chierici regolari di Somasca", svolgono il loro ministero, in questa parrocchia, come negli altri campi di apostolato, ben sapendo che il Signore ha talmente legato a sé, in Cristo, il destino dell'uomo, che non si raggiunge Dio se, al tempo stesso, non si va verso l'uomo attenti a quel bene e a quella dignità, che mai possono essere disattese.


8. In questa casa di preghiera, insieme col card. vicario e mons. Filippo Giannini, Vescovo ausiliare per il settore, saluto il card. Antonio Innocenti, titolare di questa chiesa, mons. Ettore Cunial, le autorità civili qui presenti, i responsabili dei vari seminari e i superiori e le superiore dei numerosi istituti religiosi, che risiedono e operano nel territorio della parrocchia.

Il mio saluto va in particolare al parroco, padre Giovanni Incitti, CRS, e al viceparroco. Voi mi avete informato di come conducete - coadiuvati dal consiglio pastorale - i credenti alla consolazione di ricevere l'acqua, che libera dal peccato originale; il pane di vita, che assimila al Redentore; il crisma che genera forti persone cristiane, e l'unzione, che conforta gli infermi. In questa casa di benedizione, degnamente si celebra il sacramento, che santifica l'amore umano, e il peccatore pentito viene liberato dalle sue colpe.

Un particolare saluto rivolgo alla comunità giovanile, che prosegue la tradizione educativa, nella quale venne formato Eugenio Pacelli, Papa Pio XII, mentre a tutti rivolgo la mia parola di esortazione a perseverare nella devozione alla Madonna, qui solennemente invocata anche nel giorno in cui si celebra la memoria della Vergine apparsa a Lourdes. Siate, come Maria, attenti alla presenza di Cristo, per gioirne e camminare fedelmente sulla strada della santità. Questa è unione con Dio e bontà di opere con le quali si manifesta la verità, la letizia, la perfezione delle nostre persone. Accettare Dio nella propria vita vuol dire affermare il valore dell'uomo, sempre e dappertutto.


9. Cari fratelli e sorelle! Sono lieto che nel centro di Roma si trovi la vostra parrocchia, dedicata alla beata Vergine: Santa Maria in Aquiro. Gioisco di potervi fare questa visita nell'odierna domenica in cui voi, in omaggio ai religiosi che hanno la cura pastorale di questa parrocchia, ricordate san Girolamo Emiliani.

Insieme abbiamo meditato la verità circa "la luce del mondo" e "il sale della terra".

Per opera di Maria, Cristo sia per voi, in ogni tempo e sempre di più, "la luce" che fa nascere in tutta la comunità la testimonianza della fede e delle buone opere. Risplenda quindi "la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone". Risplenda, perché mediante queste opere tutti rendano gloria al Padre.

Quanto tutto questo è indispensabile nel mondo contemporaneo! Quanto è indispensabile a Roma alla fine del secondo millennio dell'eredità apostolica della fede e della morale cristiana! [Ai collaboratori e animatori laici:] Vi ringrazio per quello che fate, per la vostra opera di animazione. Qui si intrecciano due diverse realtà: una relativa alla congregazione e all'opera dei padri somaschi e l'altra legata alla comunità parrocchiale. Voi qui rappresentate queste due categorie, dei collaboratori e degli animatori della vita cristiana in questo ambiente del centro, della vecchia Roma. Vi ringrazio per questa opera, o piuttosto per le vostre diverse opere, perché ogni corpo deve avere diversi organi. E la Chiesa, anche nella sua dimensione parrocchiale, deve vivere, respirare con diversi organi, crescere cioè con questi diversi organismi. Certo, ciò corrisponde anche a un ordine carismatico, ai diversi carismi nascosti nei vostri cuori, nelle vostre personalità. Questi carismi crescono con noi, dono specifico dello Spirito Santo, dono destinato al bene comune.

Vi auguro di crescere con questi carismi e di servire con questi carismi la vostra comunità e anche quella grande opera fondata da san Girolamo Emiliani e proseguita dai suoi figli. Formulo poi i miei auguri ai vostri familiari e attraverso voi, che siete i più vicini al cuore della parrocchia, anche a tutti gli abitanti di questo territorio e vi benedico.

[Ai gruppi giovanili:] Dicono che ci troviamo nella vecchia Roma e che questa parrocchia è antica. Pero vediamo anche che questa parrocchia è giovane, come del resto lo è ogni parrocchia, perché la Chiesa ringiovanisce sempre, rinasce con ogni bambino che riceve il battesimo, diventa giovane con ogni giovane cresimato. E comincia questo cammino di fede con ognuno di voi, quando voi fate di questo cammino di fede il vostro cammino personale, il vostro cammino comunitario.

E a questo cammino serve, è indispensabile la parrocchia, una parrocchia aperta ai giovani: e non può essere altrimenti. Perché se anche la parrocchia è antica, se anche la popolazione è anziana, in ogni parrocchia ci saranno tuttavia sempre i giovani. E c'è un'attenzione mutua, reciproca, fra giovani e parrocchia, tra giovani e Chiesa, e questa attenzione esiste - ne sono stato testimone - in tutti i paesi del mondo.

Dietro questa ricerca reciproca, c'è una grande realtà, la realtà dell'uomo. La realtà dell'uomo giovane - uomini e donne - una realtà che sempre è accompagnata da un qualche mistero. L'uomo non è solo una categoria biofisica, ma è anche un mistero, perché egli è una realtà corporale e spirituale nello stesso tempo. E il mistero dell'uomo non si lascia spiegare, non si lascia capire senza Cristo. E questo ci spiega perché la Chiesa cerca i giovani e perché i giovani cercano la Chiesa. E non soltanto i giovani, ma anche gli anziani, se vogliono mantenersi giovani devono fare lo stesso.

Per questo provo tanta gioia per l'incontro con i giovani nella parrocchia dei padri somaschi. E vi auguro di continuare nel vostro incontro con Cristo, che non è assolutamente costitutivo della vostra umana esistenza, della vostra umana vocazione. Vi auguro dunque di continuare questo vostro incontro con Cristo, di non perdere mai il contatto costitutivo con lui perché Cristo è sempre presente nella Chiesa, perché Cristo si apre sempre alle nuove creature fin dall'inizio, perché già nell'infanzia, attraverso il battesimo, già si inizia questo processo: la ricerca di ciascuno di noi da parte di Gesù Cristo, una ricerca che continua sempre.

Ed ecco dunque i miei auguri per voi giovani e per i vostri coetanei, di questa parrocchia e di tutta Roma, della Roma antica e dei nuovi quartieri. E auguri anche ai vostri sacerdoti, che sono gli operatori di questo incontro, perché la loro è una mediazione pastorale, apostolica, come era quella dei primi apostoli che Cristo ha chiamato, e poi di tutti gli altri, e anche del vostro fondatore, san Girolamo Emiliani che fu un grande apostolo di Cristo nella sua epoca, un'epoca ormai lontana ma che ha lasciato frutti vivi anche ai nostri giorni.

[Ai Camilliani:] Sono lieto di venerare in questa chiesa della Maddalena le spoglie mortali di san Camillo de Lellis, celeste patrono degli ospedali e di quanti assistono i malati. Saluto il padre generale dell'Ordine dei Ministri degli Infermi, tutti i membri della famiglia religiosa fondata da san Camillo e, con loro, anche tutte le famiglie religiose sorte ispirandosi alla forma di vita da lui ideata.

Sono venuto qui per pregare, non solo, ma per ricordare il singolare esempio, il modello di vita e l'insegnamento di carità lasciato da san Camillo a tutta la Chiesa. Nell'arcispedale di Santo Spirito, ove egli per molti anni personalmente si dedico quale umile e premuroso servitore all'assistenza dei sofferenti e dei moribondi, c'è una lapide che esalta la sua opera, "spectaculum angelis et exemplar hominibus". Noi dobbiamo ricordare la regola fondamentale che san Camillo ha dettato a voi, suoi figli spirituali, e a tutti coloro che con animo cristiano vogliono dedicarsi ai sofferenti: "Ognuno riguardi il povero - egli diceva - come alla persona del Signore". E' per questo che san Camillo esigeva dai suoi fratelli che si consacrassero ai malati "solo per amor di Dio" e suggeriva con insistenza, quale regola fondamentale del servizio, quella dell'affetto all'infermo, usando "ogni diligenza possibile, con mansuetudine e carità, confortandolo e dandogli tutte le cose che gli farà bisogno con carità e piacevolezza".

Noi sentiamo l'attualità di questo messaggio, che esalta con vigore l'insostituibile valore della carità e dell'affetto fraterno, anche nel contesto del progredito sviluppo tecnico delle odierne cure sanitarie. San Camillo ci insegna ad ascoltare ciascun malato con attenzione fraterna, a partecipare alle sue ansie e ai suoi dolori che lo affliggono, ad asciugare ogni lacrima, a sostare accanto ad ogni morente col desiderio di cogliere l'ultimo sentimento e l'ultimo respiro, anche quando la scienza ha rinunciato a sperare nei suoi mezzi di soccorso.

Esprimo alla famiglia dei padri Camilliani ogni felice voto affinché il carisma del loro fondatore permanga e si sviluppi con intensità di fervore e con chiara testimonianza, mentre a tutti voi qui presenti, alle persone che vi sono care, e in particolar modo a tutti gli infermi e a coloro che li assistono imparto di cuore la mia benedizione apostolica.

1987-02-08 Data estesa: Domenica 8 Febbraio 1987




Le credenziali del nuovo Ambasciatore di Svezia - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: La solidarietà internazionale è una reale necessità morale

Testo:

Signor Ambasciatore, Ho la gioia di accettare da vostra Eccellenza le lettere credenziali della Sua carica di ambasciatore straordinario e plenipotenziario di Svezia. Nel dare a lei il mio benvenuto, desidero anche ringraziare per i cordiali saluti che vostra Eccellenza mi ha trasmesso da parte di sua Maestà il Re Carlo Gustavo XVI, e le chiedo il favore di contraccambiare i suoi buoni auguri.

Apprezzo il Suo gentile accenno al nostro comune impegno per gli ideali della fraternità e della solidarietà. C'è un urgente bisogno di sottolineare questi ideali nel contesto attuale delle relazioni internazionali. Nel mondo moderno abbondano gli ostacoli alla solidarietà, ostacoli che sorgono dal pregiudizio razziale o dalla intolleranza religiosa, oppure risultano dalle ideologie o dai sistemi che producono odio, diffidenza e conflitto. Di fronte a questi ostacoli dobbiamo essere convinti del valore e della reale efficacia della solidarietà e della collaborazione fraterna. Si possono stabilire delle politiche e si possono delineare programmi che aiutino i popoli del mondo a vivere in relazione sincera e a sviluppare la cooperazione fiduciosa e feconda di cui c'è bisogno per consolidare la pace. E' questo che gli uomini e le donne di buona volontà desiderano intensamente e chiedono che sia, per quanto possibile, la loro luce.

La diplomazia può dare un importante contributo all'instaurazione sempre più vasta della solidarietà internazionale. E' compito infatti dei diplomatici favorire il dialogo e la comprensione reciproca. Come ho detto nel mio messaggio per XX Giornata mondiale della pace: "Questo spirito di solidarietà è uno spirito aperto al dialogo. Trova le sue radici nella verità e necessita della verità per svilupparsi. E' uno spirito che cerca di costruire piuttosto che distruggere, di unire piuttosto che dividere" (Giovanni Paolo II, Messaggio per la XX Giornata mondiale della pace, 8 dicembre 1986).

Mi compiaccio egualemte di notare il Suo riferimento ai negoziati per il disarmo e all'opera delle Organizzazioni delle Nazioni Unite. La profondità dell'impegno del vostro Paese in tale cooperazione internazionale è chiaramente manifestata dal modo generoso in cui la Svezia ha offerto assistenza ai Paesi in via di sviluppo. Elogio vivamente questo significativo primato. Come Lei sa, la Santa Sede guarda anch'essa con favore all'opera delle Nazioni Unite in questo ambito e sarebbe felice di vedere una cooperazione molto più grande a livello internazionale.

La solidarietà internazionale non è soltanto un'utile raccomandazione di ordine pratico. E' una necessità morale. Infatti una sola è la famiglia umana; per il semplice fatto della nostra nascita in questo mondo, abbiamo in comune con ogni altro essere umano la medesima eredità e il medesimo destino eterno. Siamo tutti creati a immagine e somiglianza con l'unico Dio. Ed è confortante osservare un apprezzamento sempre più grande di questo fatto, insieme con una consapevolezza crescente dell'interdipendenza sempre più stretta fra le nazioni e la conseguente necessità di una collaborazione internazionale per il perseguimento del bene comune. Le relazioni diplomatiche amichevoli che esistono fra la Svezia e la Santa Sede costituiscono una valida espressione della nostra comune convinzione circa il primato della comprensione, del dialogo, della pace e della collaborazione sopra tutte le forme di divisione fra i popoli e nell'ambito della vita internazionale.

Il mio pensiero non può non rivolgersi alla lunga storia della presenza del cristianesimo in Svezia, una presenza che risale almeno alla prima missione cristiana documentata a Birka nell'anno 830. Sebbene il numero di cattolici sia oggi esiguo nel vostro Paese, sono lieto che in esso esista un clima molto favorevole per la comprensione e per l'impegno ecumenico fra le varie chiese. E' mia ardente speranza che questa forma di solidarietà religiosa aumenti velocemente e serva a incontrare gli urgenti bisogni spirituali del nostro tempo. Signor Ambasciatore, confido che la Sua missione in Vaticano sarà fruttuosa. Le assicuro che riceverà la collaborazione della Santa Sede per il suo miglior adempimento.

Possa Dio assisterLa nella Sua nuova missione e sopra tutto l'amato popolo di Svezia faccia scendere la sua abbondante benedizione.

[Traduzione dall'inglese]

1987-02-09 Data estesa: Lunedi 9 Febbraio 1987









Nella parrocchia di santa Maria della Consolazione - Roma

Titolo: La vocazione sacerdotale o religiosa dono speciale della famiglia e alla famiglia

Testo:

Venerati fratelli nell'episcopato, carissimi fratelli e sorelle di tutto il mondo! Domenica 10 maggio prossimo, la Chiesa universale celebrerà la XXIV "Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni". E' questa un'occasione che si offre ancora una volta a ogni comunità cristiana e a ciascun battezzato per pregare e lavorare per l'incremento delle vocazioni ai ministeri ordinati, alla vita missionaria, alla professione dei consigli evangelici.

Con il presente messaggio desidero rivolgermi in modo particolare ai cristiani laici e additare loro gli impegni e le responsabilità a cui già li chiama il prossimo Sinodo dei vescovi che tra pochi mesi, come è noto, affronterà il tema: "Vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo a vent'anni dal Concilio Vaticano II".


1. "Considerate la vostra chiamata" (1Co 1,26).

Il Signore Gesù, nel fondare la Chiesa, "ha stabilito alcuni come apostoli, altri come profeti, altri come evangelisti, altri come pastori e maestri, per rendere idonei i fratelli a compiere il ministero, al fine di edificare il corpo di Cristo" (Ep 4,11-12). Tutti nella Chiesa abbiamo ricevuto una vocazione. La cura di essa non deve limitarsi alla sfera personale, ma essere occasione di sviluppo anche delle altre vocazioni. Le differenti vocazioni, infatti, sono tra loro complementari e tutte convergono verso l'unica missione.


2. "Secondo la misura del dono di Cristo" (Ep 4,7).

Per questo mi rivolgo anzitutto ai genitori cristiani, che hanno una missione di primo piano nella Chiesa e nella società. Nella famiglia infatti, il più delle volte, germogliano e spuntano vocazioni sacerdotali e religiose. Non a caso il Concilio definisce la famiglia cristiana "primo seminario", raccomandando che in essa vi siano le condizioni favorevoli per la loro crescita (cfr. OT 2). Certamente, tra i servizi che i genitori possono rendere ai figli occupa un primo posto quello di aiutarli a scoprire e a vivere la chiamata che Dio fa loro sentire, compresa quella "sacra" (cfr. GS 52; FC 53).

Cari genitori cristiani, se il Signore vi coinvolge nel suo disegno di amore, chiamando un vostro figlio, una vostra figlia, siate generosi e ritenetevi grandemente onorati. La vocazione sacerdotale o religiosa è un dono speciale della famiglia e, nello stesso tempo, un dono alla famiglia.

La Chiesa si attende molto anche da tutti coloro che hanno responsabilità nel campo dell'educazione giovanile. Faccio appello particolarmente ai catechisti, uomini e donne che svolgono la loro importante attività nelle comunità cristiane. Vorrei ricordare in proposito quanto ho scritto nell'esortazione apostolica sulla catechesi: "Per quel che riguarda le vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa, è certo che molte di esse sono sbocciate nel corso di una catechesi ben fatta durante l'infanzia e l'adolescenza" (CTR 39).

Grande è anche il contributo che può essere dato alle vocazioni dagli insegnanti e da tutti i laici cattolici impegnati nella scuola, soprattutto in quella cattolica che in ogni parte del mondo raccoglie schiere innumerevoli di giovani. La scuola cattolica deve costituire una comunità educativa capace di proporre non solo un progetto di vita umano e cristiano, ma anche i valori della vita consacrata.

Anche i movimenti, i gruppi e associazioni cattoliche, tanto a livello centrale che a livello locale, devono qualificarsi per un impegno coerente e generoso in campo vocazionale. Nella misura in cui essi si apriranno agli interessi della Chiesa universale, cresceranno sempre più e vedranno fiorire in seno ai loro gruppi tante vocazioni consacrate quale segno evidente della loro vitalità e maturità cristiana. Per conseguenza è da considerare povera una comunità ecclesiale che sia priva della testimonianza delle persone consacrate.


3. "Pregate il padrone della messe" (Mt 9,38).

Davanti al fenomeno del diminuito numero di coloro che si consacrano al sacerdozio e alla vita religiosa non possiamo restare passivi senza fare nulla di quanto è nelle nostre possibilità. Anzitutto possiamo far molto con la preghiera.

Lo stesso Signore la raccomanda: "Pregate il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe" (cfr. Mt 9,38 Lc 10,2).

La preghiera per le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata è un dovere di tutti, è un dovere di sempre. Il futuro delle vocazioni sta nelle mani di Dio, ma in un certo modo sta anche nelle nostre mani. La preghiera è la nostra forza; con essa le vocazioni non potranno venir meno, né la voce divina mancherà di essere ascoltata. Preghiamo il Maestro affinché nessuno si senta estraneo o indifferente a questa voce, ma al contrario interroghi se stesso e misuri le proprie capacità, o meglio riscopra le proprie riserve di generosità e di responsabilità. Nessuno si sottragga a questo dovere. Preghiamo così il divin Redentore: "Signore Gesù, come un giorno hai chiamato i primi discepoli per farne pescatori di uomini, così continua a far risuonare anche oggi il tuo dolce invito: "Vieni e seguimi"! Dona ai giovani e alle giovani la grazia di rispondere prontamente alla tua voce! Sostieni nelle loro fatiche apostoliche i nostri vescovi, i sacerdoti, le persone consacrate. Dona perseveranza ai nostri seminaristi e a tutti coloro che stanno realizzando un ideale di vita totalmente consacrata al tuo servizio.

Risveglia nelle nostre comunità l'impegno missionario. Manda, Signore, operai nella tua messe e non permettere che l'umanità si perda per mancanza di pastori, di missionari, di persone votate alla causa del Vangelo.

Maria, Madre della Chiesa, modello di ogni vocazione, aiutaci a rispondere di "si" al Signore che ci chiama a collaborare al disegno divino di salvezza. Amen".

Con la fiducia che il Signore vorrà accogliere le nostre suppliche, invoco l'abbondanza dei favori celesti su voi tutti, venerati fratelli nell'episcopato, sui sacerdoti, sui religiosi, sulle religiose e su tutti i fedeli e imparto di cuore la benedizione apostolica.

1987-02-11 Data estesa: Mercoledi 11 Febbraio 1987




Omelia durante la Messa con gli ammalati - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: A Lourdes Maria ha annunciato al mondo il senso e l'orientamento della vita


"L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore!".

Carissimi fratelli e sorelle! 1. In questa giornata tanto significativa, in cui ricordiamo la prima apparizione di Maria santissima a Lourdes, innalziamo anche noi al Signore con le sue stesse parole l'inno della gioia e della riconoscenza: "Di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono!".

"Benedetta sei tu, Maria, tra tutte le donne - e benedetto il Signore Dio che ha creato il cielo e la terra!".

Sono molto lieto di poter anche quest'anno rivolgere il mio saluto affettuoso a voi sofferenti, e a voi dirigenti e membri dell'UNITALSI, dell'Opera Romana Pellegrinaggi e delle altre organizzazioni caritative, riuniti nella Basilica Vaticana per il sacrificio della Messa. Desidero anche esprimervi la mia riconoscenza per la vostra presenza, indice della vostra fede e della vostra devozione alla Madonna.

Il Signore e la Vergine santissima ricompensino tutti voi, ammalati, e amici accompagnatori e organizzatori, con tanta luce interiore, con tanto fervore spirituale, che vi confortino, vi rendano sereni e coraggiosi testimoni della fede cristiana e di una irradiante carità.

Beati anche voi, sofferenti, che - come Maria - avete creduto all'adempimento delle parole del Signore! La vostra fede rimanga sempre ferma e sicura, fondata sulla roccia della parola di Dio! Infatti voi avete un posto privilegiato nel disegno salvifico della Provvidenza e quindi nella stessa struttura della Chiesa, corpo mistico di Cristo. Voi avete un'importanza e un influsso reale, anche se invisibile e misterioso, nello sviluppo della storia e nello svolgimento della missione della Chiesa. A voi, che soffrite, e a coloro che vi amano e vi assistono, giungano i sentimenti della più viva gratitudine da parte dell'intera comunità ecclesiale.


2. La prima lettura ha proposto alla nostra considerazione le parole del profeta Isaia, che durante l'esilio confortava il popolo di Israele con la prospettiva del ritorno a Gerusalemme, la Santa Città, e con la certezza che, nonostante tutte le dolorose vicende avvenute, Dio non aveva abbandonato il popolo dell'alleanza e rimaneva sempre la sua gioia e il suo conforto: "Come una madre consola un figlio, così io vi consolero; in Gerusalemme sarete consolati. Voi lo vedrete e gioirà il vostro cuore!" (Is 66,13-14).

Ricordando le apparizioni della Madonna a Lourdes, possiamo applicare anche a noi e alla nostra storia le parole dell'antico profeta: Dio ha voluto che Maria santissima apparisse per diciotto volte alla piccola Bernardetta, dall'1 febbraio al 16 luglio 1858, per lasciare un messaggio di consolazione e di amore alla Chiesa e a tutta l'umanità. Infatti, in queste apparizioni c'è un significato che rimane sempre valido, e che dobbiamo custodire e meditare come prezioso retaggio. A metà del secolo scorso, mentre si estendevano insidiosi il razionalismo e lo scetticismo, Maria, colei che ha creduto alla parola del Signore, veniva per aiutare e confermare nell'autentica e genuina fede cristiana la famiglia dei credenti.

A Lourdes Maria ha ricordato al mondo che il senso della vita sulla terra è il suo orientamento verso il cielo. Come il popolo di Israele, anche l'umanità è in cammino e la sua meta è la Gerusalemme celeste. Le parole del profeta Isaia valgono per gli uomini di ogni tempo, valgono anche per noi: "In Gerusalemme sarete consolati". La perenne tentazione dell'uomo, una tentazione che il progresso odierno rende particolarmente sottile e allettante, è di circoscrivere alla terra ogni prospettiva, concentrando tutti gli sforzi nella costruzione di una dimora terrena sempre più confortevole e sicura. La fede non condanna certo l'impegno per il miglioramento delle condizioni di vita sulla terra. Essa insegna anzi che tale impegno deve essere visto e interpretato nella prospettiva del compito di dominare la terra, affidato da Dio all'uomo fin dagli inizi della sua storia. Ciò che la fede non ammette è che il momento terreno sia inteso dall'uomo come la fase definitiva della sua vicenda, mentre non ne è che una fase provvisoria, da viversi in funzione del vero punto d'arrivo, situato al di là del tempo, nell'ambito dell'eterno. La Madonna, a Lourdes, è venuta a parlare all'uomo di "paradiso", perché egli, pur impegnandosi attivamente nell'edificazione di un mondo più accogliente e più giusto, non dimentichi di sollevare i suoi occhi al cielo per attingervi orientamento e speranza.

La Vergine santissima è venuta, inoltre, per ricordare il valore della conversione e della penitenza, riproponendo al mondo il nucleo del messaggio evangelico. Ella diceva a Bernardetta, nell'apparizione del 18 febbraio: "Io ti prometto di farti felice, non in questo mondo, ma nell'altro". In seguito la invito a pregare per i peccatori e il 24 febbraio per tre volte ripeté: "Penitenza, penitenza, penitenza!". A Lourdes Maria indica e sottolinea la realtà della redenzione dell'umanità dal peccato mediante la croce, e cioè mediante la sofferenza. Dio stesso, fattosi uomo, ha voluto morire innocente inchiodato a una croce! A Lourdes la Madonna insegna il valore redentivo del dolore; dona coraggio, pazienza, rassegnazione; illumina sul mistero della nostra partecipazione alla passione di Cristo; eleva lo sguardo interiore alla vera e totale felicità, che Gesù stesso ci ha assicurato e preparato al di là della vita e della storia.

Bernardetta, che aveva perfettamente compreso il messaggio di Maria, diventata suora a Nevers e gravemente ammalata, a chi la invitava a recarsi alla grotta di Massabielle per chiedere la guarigione, rispondeva: "Lourdes non è per me!". In preda a forti crisi di asma, alla novizia infermiera che le chiedeva: "Soffrite molto?", rispondeva con semplicità: "E' necessario!".

Infine, il messaggio di Lourdes si completa con l'invito alla preghiera: Maria appare in atteggiamento di preghiera, vuole che Bernardetta reciti il rosario con la propria personale corona, chiede che si costruisca in quel luogo una cappella e che si venga in processione. Anche questo è un ammonimento valido per sempre. La Madonna a Lourdes è venuta a dirci, con l'autorità e con la bontà di una madre, che se si vuole veramente mantenere, rafforzare, dilatare la fede cristiana, è necessaria la preghiera umile e fiduciosa.


3. Carissimi! Si legge nella biografia di santa Bernardetta che essa, il giovedi 3 giugno 1858, ricevette la prima comunione. Le fu domandato se le era piaciuto di più vedere la Madonna o ricevere la prima comunione. Essa con prontezza e intelligenza rispose: "Non si possono fare paragoni; io so pero che tutte e due i fatti mi hanno resa completamente felice!".

Auguro anche a voi, fratelli e sorelle, di essere sereni, anzi felici come Bernardetta, perché sorretti dalla forza della fede e uniti a Gesù eucaristico e a Maria santissima! E' l'augurio che vi porgo di cuore mentre vi assicuro il ricordo costante nelle mie preghiere e nella santa Messa; e vi chiedo di far vostre tutte le grandi necessità della Chiesa, e specialmente il prossimo Anno Mariano e il Sinodo dei vescovi sulla vocazione e missione dei laici.

Maria, aiuto dei cristiani, vi sia accanto in ogni circostanza della vostra vita, per sostenervi nel cammino che la Provvidenza vi traccia dinanzi, giorno dopo giorno, in un disegno d'amore, la cui rivelazione finale sarà motivo di gioia per tutta l'eternità.

1987-02-11 Data estesa: Mercoledi 11 Febbraio 1987





GPII 1987 Insegnamenti - Visita pastorale alla parrocchia di Santa Maria in Aquiro - Roma