GPII 1987 Insegnamenti - Alle famiglie religiose dei "Fatebenefratelli" e dei "Camilliani" - Sala del Concistoro (Roma)


2. I tempi, in cui siamo stati chiamati a vivere, hanno portato alla ribalta molteplici questioni, che devono essere affrontate con serenità e coraggio, senza mai venir meno agli ideali cristiani, che sono fondamento della nostra vita, ed anche ai carismi propri dei vostri ordini. La pastorale negli ospedali si è fatta più difficile ed esige preparazione e qualità specifiche; il volontariato è una realtà certamente positiva, che importa pero capacità di valutazione, di orientamento e di organizzazione; i rapporti con le Chiese locali, con i comitati etici, con il consiglio pastorale all'interno dell'ospedale, con gli operatori sanitari, impongono una attenta e costante volontà di ascolto e di servizio; soprattutto l'impegno di umanizzare i luoghi della sofferenza e di sostenere chi, nella società del benessere e del consumo, e colpito dalla malattia e dal timore della morte, richiede grande carità, pazienza, donazione. In questa luce vi esorto, cari religiosi, ad aprirvi sempre più ai vostri collaboratori laici, suscitando in essi il desiderio di un rapporto che vada al di là del semplice ambito professionale per elevarvi ad una partecipazione alla vostra dimensione apostolica.

Comprendo pienamente le vostre ansie pastorali, e vi sono spiritualmente vicino con la mia stima, il mio incoraggiamento, la mia preghiera, negli ospedali dove prestate servizio, accanto a tanti infermi, specialmente nelle nazioni più povere e bisognose.

Molte cose sono cambiate e, sotto numerosi aspetti sono cambiate decisamente in meglio, dal periodo in cui vissero i vostri santi fondatori; ma il carisma di san Giovanni di Dio e di san Camillo è rimasto e deve rimanere intatto in voi che ne siete i figli spirituali: quel carisma che fa vedere in ogni malato un fratello da amare e servire in Cristo e come Cristo, con quell'affetto - come scriveva san Camillo nelle Regole - che una madre amorevole sente verso il suo unico figlio infermo (Reg. XXVII) e con quell'ardore di carità che si sprigionava dal cuore di san Giovanni di Dio, e che si è concretizzato nel quarto voto della ospitalità.

Per merito dei due ordini sorti a breve distanza di tempo, una crociata di amore verso i sofferenti così concreta e così edificante si è diffusa nel mondo, che il 27 maggio 1886 Leone XIII con il Decreto "Inter Omnigenas Virtutes" dichiaro san Giovanni di Dio e san Camillo de Lellis patroni degli ospedali e degli infermi, ed in seguito, Pio XI con il Breve "Expedit Plane" li designo patroni degli infermieri, delle infermiere e delle loro associazioni.


3. Ora, dopo questo importante Convegno Europeo, dovete riprendere il vostro cammino. Alla luce degli esempi e degli insegnamenti dei vostri fondatori, dovete essere persuasi che, per realizzare la vostra missione, per umanizzare gli ospedali, per servire gli infermi nell'attuale società, per suscitare altre vocazioni nei vostri ordini, è necessaria sempre e soprattutto una profonda e convinta vita interiore. "Senza di me non potete fare nulla!" (Jn 15,5).

L'uomo d'oggi ha bisogno della vostra testimonianza di persone fermamente credenti e consacrate a Dio! Molti oggi tendono a ridurre il Cristianesimo unicamente alla dimensione dell'amore del prossimo, dimenticando Dio, l'adorazione, la preghiera. E' certamente importante essere sensibili alle responsabilità civili e caritative, che impone il Cristianesimo; ma non bisogna dimenticare il primo comandamento. Gesù ha dato la sua vita per la redenzione dell'umanità ed è stato contemporaneamente il primo e vero adoratore del Padre.

L'"uomo tecnologico", che pone ogni sua fiducia ed ogni interesse nella scienza e nella tecnica per ottenere il massimo del benessere, si trova poi deluso ed amareggiato di fronte allo scacco fatale della malattia, della sofferenza morale, della morte inesorabile. L'"uomo tecnologico" diventa perciò l'"uomo solo", perché affranto, minacciato, sconfitto. Il dolore fisico, unito a quello morale, diventa un "dolore esistenziale", e apertamente o nascostamente si fa "dolore religioso", suscitando i supremi interrogativi e la domanda di significato.

La solitudine dell'uomo moderno e la nostalgia di una risposta che dia senso all'esistenza sono per voi stimolo ad uno zelo pastorale sempre più ardente ed incisivo. Apprezzo quanto fate per curare i malati e per umanizzare gli ospedali e lo sforzo che vi anima nell'aiutare gli infermi e gli operatori sanitari ad acquistare o a recuperare con serenità il senso religioso della vicenda umana, che, avvolta com'è nel mistero della Provvidenza, annovera anche i momenti della sofferenza quale richiamo dell'Assoluto ed è necessariamente avviata verso la realtà trascendente ed eterna, al di là del tempo e della storia.

I malati hanno bisogno di esperti, che diano fiducia, speranza, conforto e sostegno. Oggi, insieme alla competenza professionale, il vostro carisma esige in massimo grado sensibilità pastorale.


4. "Non amiamo a parole né con la lingua - scriveva l'apostolo san Giovanni - ma con i fatti e nella verità" (1Jn 3,18). Molti vostri confratelli diedero eroicamente la vita durante la peste ed il colera e nei periodi bellici, mentre infuriavano le battaglie, proprio perché la loro profonda vita interiore li portava a tali impeti di ardente carità. Ora, vicino agli anziani, agli emarginati, ai tossicodipendenti, agli infermi ed ai morenti, c'è bisogno ugualmente di amore illuminato dalla fede cristiana, c'è bisogno di fede con il volto della bontà.

Guardando al Cristo crocifisso e confidando in Maria, con quell'ardore di fede di cui sono esempio san Giovanni di Dio e san Camillo de Lellis, mantenete la pace nei vostri animi, mentre portate salute e conforto ai malati a voi affidati, operando insieme, per servire meglio! E vi accompagni anche la mia benedizione, che ora vi imparto di gran cuore ed estendo ai vostri confratelli ed alle religiose dei vostri istituti.

1987-05-07 Data estesa: Giovedi 7 Maggio 1987




All'assemblea generale delle Pontificie Opere Missionarie - Roma

Titolo: Impegnatevi a infondere nell'intera Chiesa l'anelito di Cristo per tutta l'umanità


Amati fratelli nell'episcopato e nel sacerdozio, Carissimi dirigenti delle Pontificie Opere Missionarie!

1. Siate veramente i benvenuti a questa udienza speciale che ogni anno si rinnova e che è sempre per me motivo di grande conforto! Con viva cordialità porgo il mio saluto a voi tutti, partecipanti all'assemblea generale del Consiglio Superiore delle quattro organizzazioni, che affiancano il lavoro del Dicastero per l'Evangelizzazione dei Popoli, e cioè l'Opera della Propagazione della fede, l'Opera di san Pietro Apostolo, l'Opera dell'Infanzia Missionaria e la Pontificia Unione Missionaria. In particolare desidero salutare con profonda riconoscenza il Cardinale Prefetto, il Presidente, i Segretari Generali, i Consiglieri e, per mezzo dei Direttori Nazionali, estendo il mio pensiero grato e beneaugurante ai Direttori delle attività missionarie delle varie diocesi del mondo, che con tanta dedizione e amore si impegnano nelle singole comunità ecclesiali per mantenere vivo lo spirito missionario nei sacerdoti e nei fedeli e per offrire un contributo concreto ed efficace alle iniziative del centro.

E', questa, anche occasione propizia per esprimere la mia ammirazione e il mio compiacimento per l'intensa attività compiuta lo scorso anno, come appare dalle relazioni pubblicate. "La Chiesa che vive nel tempo - ha detto il Concilio Vaticano II - è per sua natura missionaria" (AGD 2), e voi cercate di realizzare questa verità appassionatamente, inculcando e vivificando tale fervore in tutta la Chiesa, richiedendo con costanza il contributo spirituale e materiale dei fedeli, organizzando sessioni di studio e di riflessione, suscitando vocazioni sacerdotali e religiose. In modo speciale apprezzo il vostro impegno per i progetti di diretta evangelizzazione, di formazione e di sostegno dei catechisti mediante testi dottrinali appropriati e aggiornati.

Le necessità degli istituti di formazione e dei seminari, come pure il costo degli studi di seminaristi, sacerdoti, religiosi e religiose a Roma e all'estero sono aumentati, ma il vostro zelo ha fatto in modo che mediante le offerte dei fedeli si potesse sopperire a tali richieste in modo soddisfacente.

Ringraziamo insieme il Signore, che suscita generosa disponibilità in tanti animi, pur nel silenzio e nell'anonimato, consentendo di aiutare quanti desiderano farlo conoscere ed amare. Molto encomiabile è anche l'"Opus Securitatis", istituito a vantaggio del clero autoctono anziano o invalido.

Questo incontro col Papa, che vi accoglie con profondo affetto, serva a tutti di incoraggiamento a lavorare sempre più e sempre meglio per le Pontificie Opere Missionarie, qui a Roma e nelle vostre nazioni.


2. Il Concilio Vaticano II all'inizio del decreto "Ad Gentes" afferma: "Inviata per mandato divino alle genti per essere "sacramento universale di salvezza", la Chiesa, rispondendo ad un tempo alle esigenze più profonde della sua cattolicità ed all'ordine specifico del suo Fondatore, si sforza di portar l'annuncio del Vangelo a tutti gli uomini" (AGD 1).

Tenete sempre presente questo messaggio conciliare, che sintetizza e ripropone la costante dottrina del magistero, per perseverare e far perseverare anche gli altri con intenso fervore nell'impegno missionario.

Il nostro anelito al Padre deve essere quello stesso del divin Maestro: "Venga il tuo regno! Sia santificato il tuo nome!". Noi conosciamo qual è la volontà di Dio; l'ha manifestata Gesù stesso agli apostoli: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato" (Mt 28,19-20).

Non c'è più nulla da discutere: Dio si è rivelato in Cristo, e vuole che la vera conoscienza della sua natura trinitaria, la autentica adorazione e il giusto comportamento morale passino attraverso la parola e la persona di Cristo.

Fin dai primi giorni dopo la Pentecoste, Pietro non ha timore di proclamare davanti ai capi dei Giudei: "In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati" (Ac 4,12).

La Chiesa perciò ha una responsabilità precisa e formidabile: guai a noi se non evangelizziamo! E' una grande dignità essere un "apostolo" della verità e della grazia, annunziare il Vangelo, far conoscere ed amare Gesù Cristo, portare gli uomini alla vera adorazione del Padre, insegnare loro dove sta la morale giusta, che edifica e salva! Ma è anche una tremenda responsabilità, che faceva tremare san Paolo e i santi, di fronte alla sterminata moltitudine di coloro che non conoscono Gesù Cristo, o addirittura non lo vogliono conoscere e lo combattono! Dobbiamo continuare con coraggio e con fiducia il nostro compito di evangelizzazione, anche se i tempi sono forse più difficili che nel passato.

L'impresa è enorme; addirittura umanamente impossibile! Nasce perciò la necessità di confidare totalmente e radicalmente nella "grazia" di Dio: noi siamo soltanto strumenti, e dobbiamo essere strumenti convinti, convincenti e credibili. La nostra personale santità è l'impegno primo per l'opera missionaria di evangelizzazione e di conversione. Infatti è la grazia divina che chiama, illumina, converte, santifica e salva! 3. Mi piace concludere con una citazione di santa Teresa di Lisieux: "Una domenica - racconta nella "Storia di un'anima" la carmelitana patrona delle missioni - guardando una immagine di nostro Signore in croce, fu colpita dal sangue che colava da una delle sue mani divine; provai una gran pena al pensiero che quel sangue colasse a terra senza che nessuno si desse pena di raccoglierlo e risolsi di restare in spirito ai piedi della croce per ricevere la divina rugiada che ne colava e che - comprendevo - avrei poi dovuto spargere sulle anime... Il grido di Gesù in croce: ''Ho setè", risuonava continuamente nel mio cuore e quelle parole mi accendevano dentro un fuoco incontenibile e vivissimo..." (Man. A, Cap. V).

Ai piedi della croce, sentite anche voi, come santa Teresa, vivissimo l'anelito di Cristo per l'intera umanità ed impegnatevi ad infonderlo nella Chiesa intera! Vi assista Maria santissima, regina delle missioni, alla quale affido il vostro lavoro.

Vi accompagni nei vostri propositi e nelle vostre iniziative la benedizione apostolica, che ora di gran cuore vi imparto.

1987-05-08 Data estesa: Venerdi 8 Maggio 1987




Ai diaconi dell'arcidiocesi di Milano - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Dispensatori della Parola di verità e amministratori dei doni di Dio

Testo:

Cari diaconi dell'arcidiocesi di Milano! 1. Sono lieto di dedicare a voi questo familiare incontro e di rivolgervi il mio saluto ed il mio augurio, giunti come siete ormai alla vigilia del sospirato traguardo del sacerdozio.

Nell'accogliervi, insieme ai vostri superiori, che hanno prodigato per voi tutte le doti di mente e di cuore durante i lunghi anni di formazione spirituale e culturale, mi pare di leggere nei vostri animi il fervore, le aspirazioni, le ansie apostoliche ed i propositi che nel ricevere prima il diaconato e nel prepararvi ora all'ordinazione sacerdotale non avrete certamente mancato di accendere nei vostri cuori. Me ne compiaccio vivamente! 2. Alla luce della grande figura del servo di Dio Andrea Ferrari, che domani avremo la gioia di elevare agli onori degli altari, voi diaconi milanesi, che avete imparato ad ammirarne lo zelo pastorale e la generosa abnegazione per la edificazione delle anime, siete giustamente fieri di appartenere al clero ambrosiano e di essere destinati all'annuncio del Vangelo in una terra di antiche gloriose tradizioni religiose. Siate sempre felici di essere ministri di Cristo: fedeli dispensatori della "Parola di verità" (2Tm 2,15) e "amministratori dei misteri di Dio" (1Co 4,1); siate sempre servitori generosi delle vostre comunità cristiane sull'esempio del Maestro divino "qui venit ministrare, non ministrari" (cfr. Mt 20,28); del diacono e primo martire Stefano che fu eletto dagli apostoli per "ministrare mensis" (cfr. Ac 6,1-2) e del grande Vescovo d'Ippona, Agostino, che ricordiamo quest'anno nel 16° centenario del battesimo, il quale non si stancava di ripetere nei suoi mirabili scritti: "Servi enim sumus Ecclesiae" ("De opere monachorum", XXIX: PL 40, 577).


3. Il mio augurio è quello che voi possiate rimanere sempre fedeli a questa prospettiva ecclesiale a questa diakonia che farà di voi ministri ardenti di carità, lieti e pieni di dedizione, e che vi renderà capaci di portare in voi la mortificazione di Gesù (2Co 4,10), perché le conquiste del regno di Dio non progrediscono senza lo spirito di sacrificio.

Vi assicuro le mie preghiere affinché i vostri santi propositi non vengano mai meno sui campi di apostolato che si apriranno alle vostre giovani energie. Vi benedico di cuore tutti; benedico con speciale affetto i vostri educatori ed i vostri familiari che vi hanno offerto al Signore con spirito di fede e di fiducia nella Provvidenza.

1987-05-09 Data estesa: Sabato 9 Maggio 1987




Ad un gruppo sportivo di Villafranca - Sala Clementina (Roma)

Titolo: Costruttori di pace attraverso lo sport

Testo:

Cari fratelli e sorelle.


1. Sono lieto di accogliervi in occasione del pellegrinaggio, col quale avete inteso porre in evidenza ed arricchire la dimensione etica e religiosa sottesa all'attività della vostra Polisportiva.

Nel rivolgere un cordiale saluto a ciascuno di voi, desidero affidarvi l'incarico di farvi eco del mio affetto con i vostri familiari ed amici, e con tutti coloro che si sono raccomandati al vostro ricordo ed alla vostra preghiera, quando avete intrapreso questo viaggio verso la città degli apostoli Pietro e Paolo.

La meta del 30° anniversario di fondazione è, da una parte, il segno del serio impegno posto nell'educare, mediante lo sport e le varie attività culturali e ricreative, non solamente il corpo, ma anche lo spirito degli aderenti.

Dall'altra, questo traguardo è un invito pressante a fare in modo che la vostra associazione continui a favorire la crescita armonica di personalità non inclini all'incostanza, alla mediocrità, all'incoerenza, ma forti nella lealtà, nella padronanza di sé, nella generosità.


2. Desidero pertanto esortarvi a tutto ciò che fa grande e bella la vita dell'uomo e in particolare ad essere costruttori di pace e di giustizia, testimoni di verità, di carità e di libertà, perché anche voi rechiate il vostro contributo all'opera urgente dell'edificazione di una duratura concordia tra gli uomini e tra i popoli.

Come ben simboleggiano i 30 sportivi, che hanno raggiunto Roma in bicicletta unendosi a voi tutti, l'esistenza è un cammino da percorrere senza il timore della fatica e avendo chiara nell'animo la direzione da seguire per raggiungere lo scopo. Quale sia tale direzione il cristiano lo sa, dal momento che egli conosce la precisa e ferma proclamazione di Gesù: "Io sono la via, la verità e la vita" (Jn 14,6). Cristo è la strada da seguire per essere nella verità e così poter raggiungere la vita vera che non ha termine.

Chi è saggio della sapienza cristiana è ben consapevole che non vanno posti limiti o condizioni alla strada ed alle indicazioni, che Dio ha donato agli uomini nel Figlio suo. E' da persona onesta e giusta aprirsi a questo cammino, compiendo la verità nella carità (cfr. Ep 4,15). L'amore che colma il cuore di Cristo deve diventare il movente del vostro agire e spingervi al quotidiano adempimento del vostro dovere. Realizzerete in tal modo una esistenza redenta quali persone, che - come la Vergine Maria - ospitano in sé senza riserva alcuna il Verbo della vita, e vivono nel desiderio di comunicare, di partecipare agli altri la pienezza ricevuta.


3. Per parte mia, vi auguro che lo Spirito Santo confermi i vostri cuori, li renda tenaci nei buoni propositi, così che possiate compiere la volontà del Padre e vivere così un'esistenza feconda di bene, nella quale siano esaltate la carità di Dio e la fatica dell'uomo.

Mentre invoco la Madonna perché ponga in voi il fervore della carità, così che possiate mostrare a tutti come la fede sia principio e sostanza di vita concreta, volentieri vi imparto la benedizione apostolica.

1987-05-09 Data estesa: Sabato 9 Maggio 1987




Recita del Rosario con i pellegrini milanesi - Cortile di san Damaso (Roma)

Titolo: Il ricordo del Cardinale Ferrari accresca la nostra confidenza in Maria

Testo:

Rivolgo il mio cordiale saluto a tutti i pellegrini venuti a Roma per la cerimonia di beatificazione di domani, che hanno voluto unirsi alla recita del rosario.

In particolare desidero rivolgere un affettuoso benvenuto ai fedeli di Milano, che insieme con l'Arcivescovo, sono venuti numerosi per onorare il Cardinale Andrea Carlo Ferrari.

Cari milanesi! Voi sapete quanto profonda ed illuminata fu sempre la devozione del Cardinal Ferrari alla Madonna, a cominciare dalla sua fanciullezza sotto la guida della piissima madre che lo consacro alla Vergine Maria, fino agli spasimi della malattia che lo porto alla morte e che egli offri per la sua amata arcidiocesi e per la Chiesa.

Il Cardinal Ferrari aveva scelto per lo stemma episcopale l'invocazione a Maria: "Tu, fortitudo mea!", e Maria santissima l'accompagno per tutta la vita di pastore saggio e zelante, che ha lasciato un'impronta indelebile.

Egli durante le visite pastorali nelle parrocchie amava recitare il rosario con i fedeli. così si legge nel "Processo ordinario di Milano": "I suoi rosari più gustati erano quelli che recitava in mezzo alle folle che l'accompagnavano nelle lunghe e festose processioni delle visite pastorali di parrocchia in parrocchia, sulle rive dei laghi, sui sentieri delle valli... Allora spesso tra decina e decina di Ave Maria teneva lunghi commenti ai misteri della vita di Gesù...".

La paterna e amorevole figura del Cardinale Ferrari con la corona del rosario in mano, attorniato dai fedeli in preghiera con lui, stimoli tutti ad una sempre profonda e filiale confidenza in Maria, nostra madre celeste, convinti che - come egli scriveva nella pastorale per l'Anno Santo del 1900 - il tempo "cancella dalla faccia della terra più o meno tutte le opere dell'uomo, e rispetta sulla terra soltanto l'opera di Dio, di Cristo e della sua Chiesa" (lettera pastorale del 15 dicembre 1899).

E sia propizia a tutti anche la mia benedizione, che di gran cuore vi imparto, a chiusura di questo incontro mariano.

1987-05-9 Data estesa: Sabato 9 Maggio 1987




Ai partecipanti alla maratona - Cortile del Belvedere (Roma)

Titolo: Scuola cattolica: sintesi dei valori umani e cristiani

Testo:

Carissimi giovani! Sono felice d'incontrarvi stamane per la partenza della vostra "Maratona di primavera", momento singolare di festa promosso dalla scuola cattolica.

Saluto il signor Ministro Giulio Andreotti, venuto qui per dare il "via" alla vostra simpatica corsa, e saluto tutti gli organizzatori, in particolare l'atleta Pietro Mennea. Ma voglio ricordare anche tutti i vostri amici che in altre città d'Italia si uniscono a voi per una manifestazione analoga e sono collegati a noi mediante la radio. Mi compiaccio per questa serena iniziativa, che vuole essere anche una testimonianza della presenza e del ruolo delle scuole cattoliche nel contesto delle strutture educative della nazione.

Scuola cattolica significa anzitutto comunità educante, che si ispira alla fede per formare delle persone preparate ad affrontare la vita e la professione consapevoli del proprio credo. La scuola coinvolge, quindi, responsabilmente e coscientemente, genitori, insegnanti e studenti nel processo culturale e formativo, che mira a maturare vere personalità mediante l'assimilazione delle ricchezze della cultura e il confronto con l'esperienza della vita.

Esprimo di cuore i miei più fervidi auguri, cari giovani, per una crescita culturale che vi porti a compiere una sintesi vitale dei valori umani e cristiani, grazie alla quale possiate recare un contributo significativo alla soluzione dei problemi della società.

L'odierna manifestazione sia una espressione di questa vostra volontà e del valore che ha il singolare servizio educativo della scuola cattolica. Siate sempre consapevoli di ciò che la società italiana e la Chiesa attendono da voi e coltivate la giusta fierezza di non deludere tale attesa.

Con questi pensieri, che sono anche un cordiale augurio, imparto di cuore a tutti voi, alle vostre scuole, ai familiari ed agli insegnanti la mia benedizione.

1987-05-10 Data estesa: Domenica 10 Maggio 1987




Omelia durante il rito di beatificazione di: Andrea Carlo Ferrari, Louis-Zéphirin Moreau, Pierre-François Jamet e Benedetta Cambiagio Frassinello - Piazza san Pietro (Roma)

Titolo: Cristo è la porta della santità

Testo:

1. "In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore" (Jn 10,7).

Così Cristo dice di se stesso. Nell'odierna domenica, Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni, leggiamo il testo del Vangelo di Giovanni in cui Gesù chiama se stesso "il buon pastore".

Il buon pastore è "la porta delle pecore".

Egli porto sul suo corpo i nostri peccati sul legno della croce, perché, non vivendo più per il peccato, vivessimo per la giustizia; dalle sue piaghe siamo stati guariti (cfr. 1P 2,24-25).

Tale dottrina è proclamata dall'apostolo Pietro con la sua viva voce di testimone, il giorno della Pentecoste, ed è esposta nella sua prima Lettera.

Cristo è "la porta delle pecore", perché, mediante il sacrificio della croce, ci ha introdotti nella vita nuova. E questa nuova vita in Dio è stata confermata dalla Risurrezione.


2. La Chiesa vive della fede nel mistero pasquale di Cristo.

Da questa fede nasce la coscienza della vita nuova, della vita divina, alla quale sono introdotti tutti coloro che appartengono all'ovile del buon Pastore.

Tale coscienza si manifesta in modo particolarmente solenne e gioioso, quando alla Chiesa è dato di rendere testimonianza alla santità dei suoi figli e delle sue figlie. così avviene in questo giorno.

Ecco, Cristo crocifisso e risorto è divenuto "la porta" della santità per questi servi di Dio, che oggi sono elevati alla gloria degli altari come beati.


3. Cristo fu la "porta" della santità per il Cardinale Andrea Carlo Ferrari, il quale, dopo essere stato Vescovo di Guastalla e di Como, resse per ben ventisette anni l'arcidiocesi di Milano, seguendo con appassionato fervore pastorale le orme dei grandi predecessori Ambrogio e Carlo.

Sorretto da fede robusta e zelo illuminato, egli seppe indicare con giudizio sicuro la via da percorrere fra le nuove e difficili realtà emergenti nel contesto religioso e sociale del suo tempo. Seppe vedere i problemi pastorali che le circostanze storiche ponevano, con l'occhio del buon Pastore, indicando i modi per affrontarli e risolverli. Egli è pertanto un esempio di grande attualità.

Consapevole che l'ignoranza dei principi essenziali della fede e della vita morale esponeva i fedeli alla propaganda atea e materialista, organizzo una forma di catechesi moderna ed incisiva. Anche lo stile pastorale fu da lui rinnovato: ispirandosi al "buon Pastore", egli ripeteva con forza che non si doveva attendere passivamente che i fedeli si avvicinassero alla Chiesa, ma che era indispensabile tornare a percorrere, come Gesù, le vie e le piazze per andare loro incontro, parlando il loro linguaggio. Egli visito per quasi quattro volte la vasta arcidiocesi ambrosiana, recandosi nelle località più lontane ed impervie, anche a dorso di mulo ed a piedi, ove da tempo immemorabile non si era veduto un Vescovo. Per questo, di fronte alla sua pastorale infaticabile, alcuni dicevano: "E' tornato san Carlo!" ("Positio super virtutibus", p. 267).

La sollecitudine del pastore ebbe espressione anche nella promozione di forme nuove di assistenza, adeguate al mutare dei tempi. Primi destinatari dell'ammirevole fiorire di iniziative sociali furono i fanciulli ed i giovani abbandonati, i lavoratori, i poveri.

Maturo così nel cuore del Cardinale Ferrari il progetto di una opera, che costituisce oggi una sua eredità preziosa; la Compagnia di san Paolo, chiamata anche Opera Cardinal Ferrari. Dall'idea originaria di una Casa del Popolo, che raccogliesse le organizzazioni di apostolato dei laici e di assistenza dell'arcidiocesi, si sviluppo una serie di attività ispirate al geniale e coraggioso dinamismo pastorale dell'Arcivescovo: il "Segretariato del Popolo", le mense aziendali, le missioni agli operai, la Casa del Fanciullo e quella per la rieducazione degli scarcerati, le grandi iniziative nell'editoria cattolica, l'organizzazione dei pellegrinaggi di massa.

Merito insigne del Cardinale Ferrari fu proprio quello di percepire con felice intuito l'urgenza di coinvolgere i laici nella vita della comunità ecclesiale, organizzandone le forze per una più incisiva presenza cristiana nella società. Fu solerte promotore dell'Azione Cattolica maschile e femminile che, sotto il suo determinante impulso, crebbe e da Milano ebbe un benefico influsso su tutta l'Italia. Si prodigo anche per l'erigenda Università Cattolica ed ebbe la gioia di vederne l'incipiente attuazione.

Ma il segreto dell'instancabile azione apostolica del nuovo beato resta la sua vita interiore, fondata su profonde convinzioni teologiche, soffusa di tenera e filiale devozione alla Madonna, incentrata su Gesù eucaristico e sul crocifisso, espressa in un atteggiamento costante di grande bontà verso tutti, di commossa sollecitudine verso i poveri di eroica pazienza nel dolore. Il 29 settembre 1920, tra i lancinanti dolori del male che lo soffocava, scrisse nel suo diario queste estreme parole: "Sia fatta la volontà di Dio sempre e in tutto!". Il Cardinale Andrea Carlo Ferrari, che ora invochiamo come "beato", aiuti anche noi a compiere sempre la volontà di Dio, in cui sta la nostra santificazione.


4. Al seguito del buon Pastore, Louis-Zèphirin Moreau consacra la sua vita a condurre il gregge che gli è stato affidato a Saint-Hyacinthe, nel Canada. Prete, poi Vescovo di questa giovane diocesi, egli conosceva le sue pecorelle.

Egli lavorava instancabilmente per dar loro il nutrimento, "perché gli uomini abbiano la vita, perché l'abbiano in abbondanza" (Jn 10,10). In lui, i fedeli hanno trovato un uomo interamente donato a Dio e inoltre un autentico intercessore. E' bene che la Chiesa lo onori sempre e lo presenti come un modello pastorale.

Il buon Monsignor Moreau, sapeva quotidianamente accordare la sua attenzione a ogni persona. Egli rispettava ciascuno, praticava la carità più completa per i poveri accolti presso di lui. Amava visitare le parrocchie e le scuole. Egli era vicino ai preti che consultava, che stimolava. nelle loro azioni, nella loro vita spirituale, nell'approfondimento intellettuale, affinché essi apportassero ai cristiani una catechesi illuminata da una fede compresa e vissuta.

Il Vescovo dava prova di un discernimento lucido e ci si poteva affidare alla sua parola chiara e coraggiosa, sia nell'insegnamento indirizzato a tutti come pure nelle risposte date a ciascuno.

Cosciente dei bisogni di una diocesi che si ingrandiva, Monsignor Moreau ha moltiplicato le iniziative per l'educazione religiosa e scolare dei giovani, le cure dei malati, l'organizzazione dell'aiuto reciproco e anche la costituzione di nuove parrocchie, la formazione dei candidati al sacerdozio. In tutti questi campi egli era audace e superava con pazienza gli ostacoli.

Egli ha cercato la cooperazione delle congregazioni religiose per numerosi compiti. Comprendendo tutto il valore della vita consacrata, ha saputo favorire delle fondazioni audaci nella loro povertà. Ha personalmente contribuito in profondità all'animazione spirituale e all'orientamento degli istituti religiosi nascenti o nuovamente stabiliti nella sua diocesi.

Al di là di Saint-Hyacinthe, Monsignor Moreau era conosciuto come un esemplare uomo di Chiesa. Egli analizzava con lucidità i problemi della sua epoca; sicuro e moderato, difendeva i principi e i valori essenziali, lavorava per l'unità fra i cristiani, assicurava utili mediazioni. Interlocutore attento della Santa Sede, egli stava in piena comunione con il successore di Pietro del quale presentava con cura l'insegnamento.

Malgrado la sua fragilità fisica, egli visse in un'austerità esigente.

Non ha potuto far fronte ai suoi enormi impegni se non con la sua forza che poneva nella preghiera. Si descrive egli stesso scrivendo: "Noi non faremo bene le grandi cose di cui siamo carichi se non con un'unione intima con nostro Signore". Si è potuto chiamarlo il Vescovo del Sacro Cuore: di giorno in giorno il pastore dava la sua vita per le sue pecorelle, perché egli le amava dell'amore ardente del Cristo.


5. Ed ora, guardiamo il prete francese Pierre-François Jamet. Egli ha vissuto la stessa carità ardente nelle molteplici forme della sua attività sacerdotale. Ci impressiona per il suo coraggio, per la sua attitudine nell'imprimere alla fede un itinerario di uomo di alta cultura, di prete fedele, di servitore dei poveri.

Appena ordinato prete, è subito nominato confessore e consigliere delle Suore del Buon Salvatore. Egli ne avrà tutti i rischi per esercitare queste cariche durante la Rivoluzione francese. Dà un esempio di attaccamento fermo alla Chiesa e non abbandona i suoi cristiani. Nella clandestinità celebra i sacramenti con gioia.

Egli vede chiaramente le minacce che pesano sulla fede, ma pone tutta la sua fiducia nei doni di Dio. Universitario rispettato, l'abate Jamet esercita una pesante carica accademica. Un'educazione equilibrata, una formazione esigente sul piano intellettuale come sul piano morale e spirituale, tali sono le preoccupazioni che orientano simultaneamente la sua azione. In un ambiente dove si oppongono delle convinzioni e delle fedeltà antagoniste, il Rettore Jamet rispetta le persone, ma assicura con fermezza lo sviluppo delle istituzioni delle quali ha la responsabilità. Disponibile e devoto è un vero servitore dell'uomo tanto che egli può compiere il suo dovere in coscienza.

Pierre-François Jamet non ha trascurato il servizio dei poveri in nessun momento. Stimola le suore del Buon Salvatore e le incoraggia a sviluppare le loro opere, diventando il loro "secondo fondatore". Noi ammiriamo la sua generosità intrepida, la sua attenzione nel non lasciare senza cure i più handicappati dei suoi fratelli. Organizzerà sempre meglio l'accoglienza dei malati mentali: egli li ama al punto di imparare a curarli, spesso a guarirli. Precursore dell'aiuto ai sordomuti, dà loro un mezzo per esprimersi, permette loro di ritrovare un linguaggio, rende loro una dignità. Noi salutiamo in lui un inventore e un creatore della carità.

Per l'ampiezza della sua attività Pierre-François Jamet, testimonia anche lui quello che un uomo può compiere quando la presenza di Dio è in lui. Ho potuto dire: "Mio Dio io sono a voi, come voi siete a me". Pastore, conduce le sue pecore sui sentieri della vita. Trascina particolarmente le suore del Buon Salvatore al seguito del Redentore e nell'intimità della Santa Trinità. Noi lo riconosciamo quando riprende la preghiera di Gesù: "Padre Santo, conservate per la gloria del vostro nome, i fanciulli che mi avete dato, che essi siano sempre uniti".


6. "Porta" della santità, infine, Gesù è stato per Benedetta Cambiagio, fondatrice dell'istituto delle Suore Benedettine della Provvidenza. Donna forte e intraprendente, ella seppe conquistare al suo ideale di donazione totale a Cristo anche lo sposo, Giovanni Battista Frassinello, avviando con lui una famiglia aperta all'accoglienza delle giovani bisognose di sostegno materiale e di guida morale. Ebbe così inizio un'opera che tanto bene avrebbe fatto, soccorrendo fanciulle prive di assistenza ed educandole ad essere buone cristiane e generose madri di famiglia, capaci di onorare se stesse, la società e la Chiesa.

Le fatiche che dovette sostenere per tradurre in atto tale piano apostolico, furono sempre sorrette da una fede intrepida, radicata in una profonda umiltà, che ella alimentava nella quotidiana contemplazione del Crocifisso. Pur nella sua semplicità, ella poggiava la sua azione su basi fortemente teologiche: l'Eucaristia, fonte di coraggio, di luce e di costanza; il pieno abbandono alla "amorosa divina Provvidenza", il fare tutto e solo per amore di Dio e per piacere a lui. Sta qui il segreto della forza interiore che la nuova beata seppe dimostrare in mezzo alle più gravi difficoltà: ebbe ragione delle ostilità suscitate contro di lei, perché s'abbandono totalmente alla potenza di Dio, convinta che "quando Dio vuole una cosa non manca di accordare gli opportuni mezzi".

La beata Benedetta Cambiagio Frassinello si pone quindi a tutti noi come esempio di fede viva e di speranza coraggiosa, tradotte in un infaticabile impegno di carità, che mediante i mezzi più semplici e più umili sa arrivare al cuore e suscitarvi il proposito di una vita autenticamente cristiana.


7. Cari nostri fratelli e sorelle! Andrea! Luigi-Zefirino! Pietro-Francesco! Benedetta! Ecco "Cristo pati per voi, lasciandovi un esempio, perché ne seguiate le orme" (1P 2,21).

Il buon Pastore conosce le sue pecore ed esse conoscono lui.

Ecco, oggi, lo stesso Cristo crocifisso e risorto. Cristo nostra Pasqua, chiama ciascuno di voi per nome: Andrea! Louis-Zéphirin! Pierre-François! Benedetta! Su di voi si è compiuta la chiamata del buon Pastore perché abbiate la vita e l'abbiate in abbondanza (cfr. Jn 10,10).

La Chiesa ascoltando la testimonianza della vostra vita gioisce con una vera gioia pasquale.

"Agnus redemit oves".

La Chiesa adora il suo Redentore e Sposo. E rallegrandosi della vostra elevazione alla gloria dei beati, proclama la potenza dell'amore di colui che di generazione in generazione, di età in età non cessa di essere "porta".

La porta della santità, la porta della vita eterna, "la porta delle pecore"!

1987-05-10 Data estesa: Domenica 10 Maggio 1987





GPII 1987 Insegnamenti - Alle famiglie religiose dei "Fatebenefratelli" e dei "Camilliani" - Sala del Concistoro (Roma)