GPII 1987 Insegnamenti - Ai diplomatici - Montevideo (Uruguay)

Ai diplomatici - Montevideo (Uruguay)

Titolo: "Nessuno si scoraggi nella ricerca tenace di vie pacifiche per la soluzione dei conflitti"

Testo:

Signor Presidente della Repubblica e membri del Governo; signori Ministri degli Affari Esteri di Argentina, Cile e Uruguay; Eccellenze, Signore e Signori.


1. In questo momento provo dentro di me una grande gioia, nel vedermi riunito con tante illustri personalità in questo luogo, che è stato testimone di un memorabile avvenimento. Un avvenimento storico, che è culminato anni dopo con il trionfo della buona volontà e dell'intesa tra uomini e popoli, e che, per questa ragione, sarà una pagina indimenticabile della storia dell'America Latina.

Come tutti sanno, tra due paesi, fratelli per la loro origine e per le loro radici storiche, per la loro fede, la loro lingua e la loro geografia, esistevano antichi contrasti, che li portarono, nel 1978, al limite di un conflitto armato.

Oggi ringraziamo con fervore Dio, e ci rallegriamo tutti, perché, invece di ricorrere alla forza distruttrice delle armi, i responsabili di quei due popoli hanno avuto la grandezza d'animo di scegliere il dialogo e il negoziato, decisi a superare le tensioni secondo criteri di equità e, al di sopra di tutto, a garantire la pace.

E' giusto in questa occasione manifestare pubblica gratitudine all'Uruguay, che con atteggiamento solidale e costruttivo offri generosamente il suo territorio perché vi si potesse compiere, con la firma dei due Accordi di Montevideo, in questo Palazzo Taranco, il primo passo in quel cammino che avrebbe richiesto, fino a giungere alla mèta, grandi dosi di buona volontà, prudenza, sapienza e tenacia da parte di tutti.


2. E' stata quella una scelta aperta e decisa, volta a ricercare soluzioni non violente ai conflitti internazionali, e che onora coloro che ne furono protagonisti. E' stata una lezione pratica e convincente che gli uomini e le nazioni, se davvero lo vogliono, possono convivere in pace, facendo prevalere la forza della ragione sulle ragioni della forza. E' stata la conferma che la storia non è retta da impulsi ciechi, ma che dipende piuttosto, nel suo divenire, dalle decisioni giuste e responsabili adottate liberamente dagli uomini. Di conseguenza, la guerra non è qualcosa di fatale e inevitabile.

Oggi ci siamo dati appuntamento in questo Palazzo Taranco proprio per commemorare ciò che avvenne quell'8 gennaio 1979, cioè la riaffermazione dei mezzi pacifici per la soluzione delle controversie tra due paesi e la rinuncia esplicita all'uso della forza.

Prima di visitare il Cile e l'Argentina, come avevo promesso di fare al termine della mediazione, che entrambi i paesi mi richiesero, ho creduto che fosse giusto commemorare quel gesto di buona volontà, prima tappa del cammino verso la pace.

Desidero anche in questa circostanza rendere pubblico omaggio alla memoria del Cardinale Antonio Samoré, mio inviato speciale in quell'occasione che, con grande diplomazia e senso di responsabilità ha saputo far intravedere e poi consolidare negli animi la convinzione e la necessità di superare le barriere che erano andate sorgendo tra le due nazioni. In questo palazzo, nel quale, grazie ai suoi sforzi, si riuni con i rispettivi Ministri degli Esteri, si gettarono le fondamenta della pace desiderata.


3. Su questi fondamenti, per l'azione congiunta di entrambi i paesi e della Santa Sede, si è andata costruendo successivamente, grazie al lavoro quotidiano di delegazioni competenti nella presentazione e difesa dei legittimi interessi nazionali (e alla fedele competenza di quanti sono stati miei collaboratori nella mediazione), una realtà di pace consolidata e di collaborazione ricca di promesse.

Realtà che è stata definitivamente sancita nel Trattato di Pace e Amicizia firmato il 29 novembre 1984. Questo trattato, che è entrato in vigore il 2 maggio seguente mediante lo scambio degli strumenti di ratifica, giustifica ancora di più la nostra commemorazione di oggi, costituendo in se stesso una prova evidente che quella scommessa per il dialogo e il negoziato che Argentina e Cile dessero in questo palazzo, è stata la via giusta da percorrere.

Senza limitarsi alla soluzione della controversia iniziale - che di per sé sarebbe stata già un risultato positivo - il trattato consacra inoltre lo stesso cammino di dialogo, di negoziato per la soluzione di nuove possibili controversie. Il suo testo include un impegno solenne di preservare, rinforzare e sviluppare i vincoli di pace e di amicizia, così come una serie di clausole concrete volte, innanzitutto, a evitare che sorgano controversie e nello stesso tempo volte al mantenimento e al consolidamento delle buone relazioni tra le due nazioni. Inoltre, l'Argentina e il Cile, consapevoli che, nonostante la migliore buona volontà, potrebbero presentarsi nel futuro alcune situazioni di conflitto, confermano l'esclusione totale del ricorso alla forza e l'obbligo di risolvere unicamente attraverso mezzi pacifici: questo solenne impegno è assicurato e facilitato da un complesso di norme precise per la soluzione pacifica delle controversie.

In questo Palazzo Taranco, dove si è gettato il seme che avrebbe prodotto frutti maturi di pace e di collaborazione, oggi mi compiaccio dei sottolineare, davanti a una rappresentanza così illustre della comunità internazionale, il valore doppiamente esemplare di quel trattato, con cui le parti hanno saputo risolvere una difficile e centenaria controversia e stabilire inoltre prospettive di soluzione per quelle che in un futuro potrebbero manifestarsi. In questa circostanza, desidero rinnovare un pressante appello perché nessuno si scoraggi nella ricerca tenace di vie pacifiche per la soluzione effettiva e onorevole dei conflitti - aperti o latenti, nazionali o internazionali - che attualmente esistono nel nostro mondo. Di fronte a coloro i quali pretendono di risolverli volgendo le spalle al dialogo e alla ragione o mediante l'uso della forza, ribadisco ora il voto fervido che ho fatto il giorno dell'entrata in vigore del trattato che commemoriamo: che il cammino del dialogo e del negoziato sia la "via da percorrere per i paesi che, su diverse controversie, si vedono ora avversari".

Coloro che sono tentati di servirsi della forza per fini che possono sembrare legittimi, non dubitino mai che ci sono sempre possibilità di negoziato con la prospettiva dei autentiche soluzioni, onorevoli e accettabili per tutti.

Il ricorso alla forza, alla violenza, per tentare dei risolvere situazioni di conflitto o di ingiustizia a livello internazionale e perfino nazionale, porta normalmente con sé - oltre ad altri gravi inconvenienti - un costo elevato dei vite umane, che lo squalificano come via di soluzione. La strada che porta veramente alla pace implica, d'altra parte, una sincera volontà di ottenerla, e insieme l'accettazione dell'interlocutore come portatore di aspirazioni e proposte da considerare, e non come un nemico da soggiogare o sopprimere.

Al Signore, ricco di misericordia, che noi cristiani invochiamo come "principe della pace" (Is 9,6), elevo la mia preghiera piena di speranza perché nel cuore di tutti noi uomini possa regnare la pace.

1987-03-31 Data estesa: Martedi 31 Marzo 1987




Omelia Santa Messa - Montevideo

Titolo: L'Uruguay troverà la vera riconciliazione se non allontanerà lo sguardo da Cristo

Testo:

1. "Il Signore è il mio pastore" (Ps 22/23,1).

Queste parole che la Chiesa proclama nella liturgia odierna voglio ripeterle di nuovo per salutare cordialmente, nel nome del Signore pastore delle nostre anime, tutti coloro che sono qui riuniti nella capitale dell'Uruguay.

Quando nel dicembre del 1978 ai addensava sull'America del Sud la minaccia di una guerra, un mio inviato, il Cardinale Antonio Samorè, è venuto qui, nella vostra capitale, dove grazie all'aiuto divino e alla buona volontà degli uomini è stato possibile avviare la mediazione. Con la firma di quell'Accordo di Montevideo, i due paesi, Argentina e Cile, si decisero a camminare insieme sul sentiero della soluzione pacifica di una questione così controversa.

Con la mia presenza nella vostra città, durante questa visita pastorale nel cono sud americano ho anche voluto commemorare la felice conclusione della controversia sulla zona australe, e ringraziare, insieme a voi, Dio nostro Signore. Lui è il buon Pastore dei popoli e delle nazioni; lui è il buon Pastore di ogni uomo.


2. Nel suo nome, nel nome di Gesù Cristo, saluto tutta la chiesa che è in Uruguay e l'intera società di questa nazione. Innanzi tutto, il signor Presidente della Repubblica e le autorità civili del paese che sono qui presenti. Nello stesso modo saluto i venerabili e cari confratelli nell'episcopato, l'Arcivescovo di Montevideo e i suoi Vescovi Ausiliari, e i Vescovi diocesani di Canelones, Florida, Maldonado-Punta del Este, Melo, Mercedes, Minas, Salto, San Josè de Mayo e Tacuarembo. Saluto tutti voi, amatissimi fratelli e sorelle che, dar quattro punti cardinali dell'Uruguay, siete venuti questa mattina numerosi in questa spianata chiamata "Tres Cruces", scenario di importanti avvenimenti nella storia della vostra patria. So che molti di voi hanno dovuto fare un grande sacrificio per essere presenti a questo appuntamento. Per questo vi dico di cuore: grazie, molte grazie per la vostra presenza! Qui, all'ombra dell'imponente croce che sovrasta questo altare, sul quale stiamo per rinnovare in forma sacramentale il Sacrificio redentore di Gesù Cristo sul Calvario, voglio rivolgere a tutti i presenti, e a tutti gli uruguaiani, a nord e a sud del Rio Negro, in ognuno dei suoi diciannove Dipartimenti, il mio affettuoso saluto nel Signore: grazia e pace alla Chiesa di Dio che è in Uruguay! 3. Stiamo vivendo il tempo liturgico della Quaresima. La parola di Dio guida oggi i nostri pensieri e i nostri cuori verso il Figlio dell'uomo che personalmente annuncia, alla presenza degli apostoli, la sua passione, morte e resurrezione.

Dice Gesù che il figlio dell'uomo avrebbe dovuto soffrire molto, essere respinto dagli anziani, dai principi dei sacerdoti e dagli scribi, morire e resuscitare dopo tre giorni (cfr. Mc 8,31).

Nel dire queste parole, Gesù assume coscientemente i tratti dell'uomo dei dolori annunciato dal profeta Isaia (cfr. Is 53,2-3). Sa con certezza assoluta che le parole del profeta si riferiscono al Messia, a lui stesso.


4. Oggi, nella lettura del Vangelo abbiamo ascoltato Gesù che domanda ai suoi discepoli: "Chi dice la gente che io sia?". Gli danno diverse risposte, e per questo Gesù li interroga di nuovo: "E voi chi dite che io sia?". Rispondendo Pietro gli dice: "Tu sei il Cristo" (Mc 8,27-29).

Quindi Gesù insegna agli apostoli che il Messia è proprio colui nel quale si adempirà la profezia di Isaia sull'uomo dei dolori.

E quando lo stesso Pietro, che poco prima aveva reso una splendida testimonianza sul Messia, non vuole accettare tutto quello che Gesù dice sulla sua umiliazione e sulla sua passione, il Maestro lo rimprovera con grande severità: "Lungi da me, satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini" (Mc 8,33).

In effetti, in quei momenti per Pietro il Messia doveva essere re, un'autorità di questo mondo.Doveva sedersi sul trono di Davide e liberare la nazione dai suoi oppressori. Pietro parlava secondo categorie umane; ma i piani di Dio andavano in un'altra direzione. In effetti, questo Messia, annunciato dal profeta Isaia, doveva divenire uomo dei dolori, doveva divenire uno "disprezzato e abbandonato dagli uomini." Il Messia - Cristo - Redentore dell'uomo doveva assumersi le nostre sofferenze; essere trafitto per i nostri delitti e schiacciato per le nostre iniquità (cfr. Is 53,3-5).

Cari fratelli e sorelle, Popolo di Dio che vive in Uruguay: meditate con attenzione le parole della liturgia di oggi. Accogliete la verità divina sul figlio dell'uomo. Essa ha un potere salvifico; in essa è contenuta la piena verità sulla liberazione dell'uomo.


5. "Il Signore è il mio pastore". così canta oggi la Chiesa nella liturgia qui a Montevideo, in Uruguay, in tutto il mondo... Il Signore è il nostro pastore: proprio lui, Cristo crocifisso e resuscitato, redentore dell'uomo e del mondo.

E la Chiesa, fondata dallo stesso Cristo, continua attraverso la storia la sua opera di redenzione.

Per questo, non può guardare il cammino dell'umanità o il divenire storico di ogni uomini con indifferenza. così insegna il Concilio Vaticano II, nelle parole iniziali della sua costituzione sulla Chiesa nel mondo contemporaneo: "Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore" (GS 1).

Questo non comporta tuttavia che la Chiesa abbia alcuna ambizione terrena, dato che l'unica cosa cui aspira è continuare la stessa opera salvifica di Cristo, che è venuto nel mondo per testimoniare la verità, per salvare e non per condannare (cfr. Jn 18,37), per servire e non per essere servito (cfr. Mt 20,28) (cfr. GS 3).

Fedele alla sua missione, la Chiesa deve proiettare, sui problemi che assillano l'umanità in ogni momento della sua storia, la luce limpida e pura che scaturisce dal Vangelo, sempre attuale perché è parola di Dio. Ed è questo quello che fa e quello che vuole continuare a fare per adempiere al mandato ricevuto dallo stesso Cristo. A questo fine chiede soltanto libertà, perché la sua voce possa giungere senza ostacoli a chiunque voglia ascoltarla.


6. Cari uruguaiani: la vostra patria è nata cattolica. I suoi padri si valsero del consiglio di illustri sacerdoti che incoraggiarono i primi passi della nazione uruguaiana con l'insegnamento di Cristo e della sua Chiesa e l'affidarono alla protezione della Madonna che, con il nome di Vergine dei Trentatrè, è oggi in questa celebrazione accanto alla croce. L'Uruguay contemporaneo troverà le strade della vera riconciliazione e dello sviluppo integrale a cui tanto anela se non allontanerà il suo sguardo da Cristo, principe della pace e re dell'universo.

E perché questa nazione - la grande famiglia dell'Uruguay - sia sempre fedele al messaggio di salvezza di Cristo è necessario che la comunità familiare - cellula fondamentale della vostra società non volga le spalle a Cristo, ma sia invece come ricordavo a Roma ai vostri Vescovi nella loro ultima visita "ad limina" - costituita da "famiglie unite, moralmente sane, che educhino nella fede, che siano rispettose dei diritti di ogni persona, a iniziare dal rispetto per la vita di ogni creatura, fin dal momento del suo concepimento" (Discorso ai Vescovi uruguaiani in occasione della loro visita "ad limina", 6, 14 gennaio 1985: "", VIII, 1 [1985] 95s).

Oggi purtroppo non mancano coloro che pretendono di offrire alle coppie e alle famiglie una supposta felicità a basso prezzo. Io vi chiedo di non lasciarvi ingannare. Lasciatevi piuttosto illuminare dalla parola di Dio, interpretata autenticamente dal magistero della Chiesa, che ha garanzia di veracità, basata sull'assistenza dello Spirito Santo che Cristo le promise fino alla fine dei tempi. La Chiesa non vi propone una via facile: il cristiano, se vuole giungere alla resurrezione, non può deviare dal cammino percorso dal Maestro, ma in cambio vi garantisce la sicurezza di percorrere il cammino giusto perché nostra guida è il Signore e lui infonde nei nostri cuori ha pace e ha gioia che in mondo non può dare.

Di fronte alle difficoltà che possono sorgere nella vita coniugale, non lasciatevi disorientare dal facile espediente del divorzio che offre soltanto soluzioni apparenti, poiché in realtà si limita a trasferire i problemi, aggravandoli, verso altri ambiti. I cristiani sanno che il matrimonio, indissolubile per natura, è stato santificato da Cristo che lo ha reso partecipe dell'amore fedele e indistruttibile tra lui e la sua Chiesa (cfr. Ep 5,32). Di fronte alle tensioni e ai conflitti che possono sorgere, soprattutto quando la famiglia è avvolta da un clima impegnato di permissività ed edonismo, ricordi che "è sempre chiamata dal Dio della pace a fare l'esperienza gioiosa e rinnovatrice della ''riconciliazionè", cioè della comunione ricostruita, dell'unità ritrovata" (FC 21). In modo speciale, mediante la partecipazione al sacramento della riconciliazione e nella comunione del corpo di Cristo, le famiglie cristiane troveranno la forza e la grazia necessarie per superare gli ostacoli che attentano alla sua unità (cfr. FC 21), non dimenticando inoltre che il vero amore si purifica nella sofferenza.


7. In questo giorno la mia parola d'incoraggiamemto e di speranza vada anche a voi, carissimi giovani uruguaiani. E' noto a tutti l'affetto e la stima che nutro dentro di me per la gioventù. Mi spiace che durante questa visita non mi sia stato possibile avere un incontro speciale con voi, che siete la speranza del vostro paese e anche della Chiesa.

Vi è toccato vivere un tempo difficile, è vero, ma è anche non meno vero che siamo di fronte a uno dei momenti più appassionanti della storia, nel quale sarete testimoni e protagonisti di profonde trasformazioni. Voi, i giovani, avete una sensibilità unica per intuire il mondo nuovo che si avvicina e che avrà bisogno delle vostre braccia giovani e generose.

Per la costruzione di questo mondo dovrete intraprendere grandi compiti.

Se volete essere coerenti con i vostri legittimi ideali e non vacillare, non potete fare a meno di essere già fin d'ora audaci, pazienti e sinceri con voi stessi, e avere una fede incrollabile.

Sappiate che l'uomo ha ricevuto da Dio questa vocazione che è unica: quella dell'amore, che può essere realizzata nel matrimonio o nella donazione totale di se stessi per il regno dei cieli. In entrambi i casi, la fedeltà è la virtù che rende nobile l'amore.

Avrei ancora molte cose da dirvi... e, soprattutto, mi piacerebbe molto ascoltarvi; ascoltare dalle vostre labbra quali sono le vostre speranze e le vostre inquietudini, i vostri problemi e le vostre difficoltà. In ogni modo spero di vedere molti di voi la Domenica delle Palme, a Buenos Aires. Li celebreremo la Giornata Mondiale della Gioventù con giovani venuti dai cinque continenti, e in particolare da questo grande "continente della speranza", che è l'America Latina.


8. Cari fratelli e sorelle, in questa prima tappa del mio viaggio apostolico nel cono sud americano, desidero anch'io, come san Paolo, piegare "le mie ginocchia davanti al Padre, dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome" (Ep 3,14-15), poiché il mio pellegrinaggio ha - in questo caso - un particolare significato di ringraziamento a Dio perché è stato possibile evitare la guerra e assicurare la pace nella controversia sulla zona australe tra Cile e Argentina.

Ricordo quegli ultimi giorni dell'anno 1978 e gli inizi del 1979, così carichi di tensione per i cittadini di queste due nazioni e, in certo modo, per tutti gli abitanti dell'America Latina. Sono state giornate di grande preoccupazione. E' stato allora quando, con la fiducia riposta in Dio, ho sentito l'impulso di compiere quel gesto di pace, rischioso e nello stesso tempo carico di speranza.


9. In questo giorno fortunato ringrazio l'Altissimo, in intima unione con i pastori e i fedeli di questa cara Chiesa particolare, e nello stesso tempo vi chiedo che preghiate intensamente per la pace di tutta l'America. Preghiamo per la giustizia sociale e internazionale, che sono condizioni per una pace vera.

Chiediamo a Dio che si rispettino i diritti dell'uomo, dei popoli e delle nazioni di tutto il mondo. Ciascun paese e ciascun continente di questo nostro mondo che deve essere veramente un mondo sempre più umano.

E a voi, cari abitanti di questa capitale e di questa terra, che oggi mi accogliete come successore di Pietro, auguro, con le parole dell'Apostolo, che Cristo abiti, mediante la fede, nei vostri cuori; che possiate conoscere sempre meglio l'amore di Cristo che supera ogni conoscenza; che vi riempiate di ogni pienezza di Dio (cfr. Ep 3,17-19).

E a colui che contempliamo, mediante le parole della liturgia quaresimale, come Uomo dei dolori, nostro Redentore, Principe della pace, crocifisso e risuscitato; a colui che, secondo il potere che già opera in noi, può fare molto di più di quanto possiamo chiedere e pensare, a lui la gloria nella Chiesa e nei cuori degli uomini di buona volontà, per tutte le generazioni (cfr. Ep 3,20-21). Amen.

Al termine della celebrazione della santa Messa il Papa si è accostato ai microfoni e ha detto: Carissimi fratelli e sorelle, prima di concludere la celebrazione con la benedizione conclusiva, desidero ringraziare a la divina Provvidenza per il bel tempo che ci ha concesso. Voglio ringraziare per la pioggia di ieri e ringraziare per il sole di oggi.

Non si deve perdere la speranza che ritorni.

Ringrazio i miei fratelli Vescovi e sacerdoti che hanno concelebrato questa santissima Eucaristia con me; ringrazio tutti coloro che hanno partecipato con un contributo molto diverso alla preparazione del nostro incontro di ieri e di oggi. Ringrazio per il bellissimo accompagnamento musicale.

Mi siano ora concesse alcune parole nella mia lingua materna per la presenza di un gruppo di Polacchi che vivono a Montevideo, Uruguay.

Saluto cordialmente tutti coloro che sono presenti qui e tutti gli abitanti di Montevideo e di tutto cuore benedico ciascuno e ciascuna, le vostre famiglie e le vostre comunità. In modo particolare saluto e benedico i marinai polacchi che approdano qui spesso, approfittando dell'ospitalità del litorale uruguaiano. Dio vi benedica nel vostro cammino, e vi permetta di persistere nell'amore per Nostra Signora di Jasna Gora, come pure nell'unità e nella pace.

Ritorno adesso una volta di più a sottolineare la partecipazione spirituale di alcune persone e di alcuni gruppi, specie di coloro che non potevano partecipare fisicamente, ma che si sono uniti a noi. A tutti coloro che soffrono, la presenza di chi soffre nel sacrificio eucaristico è molto intensa.

Desidero sottolineare questo aspetto molto spirituale della nostra comunione, che è più lunga di ciò che si può vedere. Si vede la dimensione della nostra comunione eucaristica, ecclesiale con gli occhi della fede.

1987-04-01 Data estesa: Mercoledi 1 Aprile 1987




All'aereoporto di Montevideo - Uruguay

Titolo: La Chiesa fattore di speranza e di rinnovamento della società

Testo:

Signor Presidente, Cari fratelli nell'episcopato, Autorità, Cari fratelli e amici dell'Uruguay.


1. Nel concludere la mia breve e intensa visita apostolica alla vostra patria devo riconoscere che il Papa e gli uruguaiani hanno saputo capirsi perfettamente. Porto nel cuore il buon ricordo di una calorosa accoglienza e di un gradevole soggiorno tra di voi, costellato da squisite dimostrazioni di amore e devozione al successore di san Pietro.

Grazie di tutto. Grazie per la vostra ospitalità che è già un invito a tornare a visitarvi con più tempo.

Insieme abbiamo celebrato la nostra fede ascoltando la parola del Vangelo, in presenza di Cristo, e abbiamo unito la nostra preghiera alla preghiera unanime della Chiesa. Per tutto questo ringrazio il Signore. Voglio sottolineare la mia gioia per l'incontro con i sacerdoti, i religiosi e le religiose nella Cattedrale di Montevideo; è stato un momento forte di comunione ecclesiale con cui ho voluto rinnovare in tutti coloro che da vicino seguono e servono Gesù la gioia di essere consacrati alla diffusione del suo regno. Voglia Dio che questo incontro del Papa con il clero e le persone consacrate sia anche fecondo per l'aumento delle vocazioni sacerdotali e religiose nella Chiesa dell'Uruguay! La celebrazione eucaristica, entusiasta e numerosa, sulla spianata "Tres Cruces" ha riunito idealmente insieme al Papa e ai Vescovi dell'Uruguay tutta la Chiesa di questa nazione, con le sue rispettive diocesi, con i suoi rappresentanti. Nell' Eucaristia, mistero di comunione, vincolo d'unità, la Chiesa cresce e si rinnova perché partecipa della vita di Cristo.

E' stata per me una grande gioia poter commemorare a Montevideo la felice conclusione della controversia tra Cile e Argentina; in questo modo ho anche voluto rendere onore all'atteggiamento dell'Uruguay che ha voluto offrire il suo appoggio e la sua collaborazione alla mediazione papale nel superamento delle tensioni, dando così prova della sua vocazione pacifica e pacificatrice.


2. So che la Chiesa in Uruguay è impegnata in un'intensa opera di evangelizzazione e che è dedita al servizio incondizionato dei suoi figli e della società. La comunità ecclesiale, con la forza ispiratrice che le viene dal Vangelo, è a sua volta garanzia di un autentico progresso umano di fronte al futuro della nazione.

Per questo nel congedarmi voglio esortare i pastori della Chiesa in Uruguay e tutti i cattolici a perseverare in quest'opera di evangelizzazione, anche in mezzo alle difficoltà che possano manifestarsi. In tutte le epoche, e particolarmente nella nostra, è compito fondamentale della Chiesa orientare la coscienza e il cammino dell'umanità verso Cristo, avvicinare l'uomo al mistero della redenzione. In questo modo i figli della Chiesa acquistano la convinzione di stare realizzando un'autentica attività di rinnovamento che dalla sfera più profonda della persona umana si converte in una nuova forma di essere e di agire.

La Chiesa è anche oggi in Uruguay un fattore di speranza e di rinnovamento della società nelle sue più profonde aspirazioni morali.

Mentre sta per compiersi il V centenario dell'inizio dell'evangelizzazione del Nuovo Mondo, vi incoraggio a essere fedeli alla vostra storia e alla vostra cultura nell'ambito della grande famiglia latino-americana, segnata dalla grazia del Vangelo, dalla forza della fede, dalla sua unità con la sede apostolica e dalla sua comunione con tutta la Chiesa universale.

Siate fedeli a Cristo, redentore dell'uomo e speranza di tutta l'umanità. Che il suo messaggio penetri nella vita delle persone e delle istituzioni, come garanzia di un autentico umanesimo, fondato sui più alti valori della coscienza umana, illuminata dalla luce del Vangelo, germe di libertà e di elevazione morale degli individui e della società.


3. Grazie, signor Presidente, per avermi invitato a venire nel suo paese. In questo modo ho avuto occasione di conoscere meglio i cari "orientali" e me ne vado con la convinzione che l'Uruguay continuerà a offrire il suo appoggio a iniziative che promuovano l'armonia e l'intesa tra i popoli latinoamericani.

Nel momento del mio congedo, voglio anche esprimere il mio più profondo ringraziamento alle altre autorità civili e militari, così come ai diversi organismi pubblici che, in stretta collaborazione con i rappresentanti della Chiesa, hanno offerto ogni tipo di facilitazioni perché questa visita pastorale raggiungesse i suoi obiettivi.

I più calorosi ringraziamenti a tutti i miei fratelli nell'episcopato, ai sacerdoti, religiosi, religiose, fedeli e in generale a tutte e ad ognuna delle istituzioni cattoliche, che con tanta generosità ed entusiasmo hanno lavorato alla preparazione di questo incontro con il successore di san Pietro.

Grazie anche a tutti coloro che con la loro preghiera e la sofferenza nel silenzio hanno contribuito a far si che questa giornata ecclesiale sia feconda con l'aiuto divino per la vita della vostra nazione. Restate fedeli alla vostra vocazione cristiana! Siate testimoni di Cristo e del suo Vangelo! Soprattutto voi, giovani cattolici dell'Uruguay, che siete la speranza della Chiesa e della società. Cristo confida in voi! Con lo sguardo rivolto alla Vergine Maria, che voi uruguaiani invocate con il titolo di Vergine dei Trentatrè, vi affido alla sua materna intercessione perché il seme del messaggio proclamato porti frutto nella fertile e nobile anima uruguaiana.

Grazie, Uruguay, per la tua ospitalità! Mi congedo con il proposito di tornare un'altra volta.

Che la pace di Cristo porti in te frutti abbondanti di giustizia e di amore nella libertà!

1987-04-01 Data estesa: Mercoledi 1 Aprile 1987




All'aeroporto di Benitez di Santiago - Cile

Titolo: "Come araldo di Cristo vengo a proclamare l'inalienabile dignità della persona umana"

Testo:

Eccellentissimo signor Presidente della Repubblica, Signori membri della Giunta del Governo, Amati fratelli nell'episcopato, Autorità civili e militari, Miei cari fratelli e sorelle.


1. Sia lodato Gesù Cristo! Siano queste le prime parole che pronunciano le mie labbra in questa amata terra del Cile. Intendo, con esse, esprimere il mio saluto, la mia preghiera e il carattere del mio ministero apostolico, poiché, in quanto pastore universale, la mia preoccupazione, così come quella di tutta la Chiesa, non è altro che quella di lodare e celebrare Gesù Cristo, annunciando a tutti i popoli il suo nome benedetto, perché non c'è altro nome in cui possiamo trovare la salvezza (cfr. Ac 9,12).

Proseguendo il mio già lungo itinerario di evangelizzazione attraverso le più varie latitudini del globo, arrivo ora nella vostra cara nazione. Con immensa gioia e profonda gratitudine a Dio e alla sua dolce Madre, la Vergine del Carmine, ho baciato, pieno di emozione, il suolo di questa nobile terra; ho voluto abbracciare così, con particolare simpatia speciale e affetto, tutti i Cileni senza distinzione, uomini e donne, famiglie, anziani, giovani e bambini.

Vengo a voi come servo dei servi di Dio, Vescovo di Roma, impugnando il pastorale di pellegrino, la croce di Cristo salvatore, che si fa araldo del Vangelo, messaggero di nuova vita in Cristo e di vera pace: "Pace - quindi - a voi tutti che siete in Cristo" vi dico con le parole di san Pietro (1P 5,14).

Questo saluto riassume il desiderio più profondo che nasce nel mio cuore come vostro fratello e pastore delle vostre anime.


2. Dio mi concede oggi di vedere realizzata l'aspirazione, che ho a lungo accarezzato, di venire a visitarvi. Per questo, la mia gioia è così grande. Vi ringrazio per il vostro cordiale benvenuto con il quale avete manifestato la generosa ospitalità che è una delle caratteristiche di questo popolo cileno, nobile e accogliente. So che da tempo aspettavate questo incontro, che desideravate ardentemente ricevere il Papa per esprimergli il vostro amore e rinforzare il vincolo di fedeltà che vi unisce al successore di Pietro.

In questa visita nella vostra terra benedico e lodo il Creatore, che le ha dato una prodigiosa ricchezza di bellezze naturali, concentrando qui, come dicono le vostre leggende, tutto quello che gli rimase dopo avere terminato la creazione del mondo: montagne, laghi e mari, climi diversi, vegetazione splendida e aridi deserti, colori e panorami affascinanti.

Ammiro la meravigliosa natura delle vostre terre, ma ammiro soprattutto, la vostra fede, che desidero confermare e stimolare. Siete un popolo cristiano, e questa è la vostra maggior ricchezza. Avete ricevuto la luce del Vangelo da quasi cinque secoli e ora il successore di Pietro viene a suscitare tra di voi un nuovo impegno evangelizzatore.


3. perciò, il mio pellegrinaggio attraverso le vostre città: Santiago, Valparaiso, Punta Arenas, Puerto Montt, Concepcion, Temuco, La Serena e Antofagasta, sarà un itinerario di evangelizzazione.

Il mio messaggio è destinato, in egual misura, a tutti i figli del Cile; è un messaggio pasquale e, pertanto, è un messaggio di vita: della vita in Cristo, presente nella sua Chiesa; ed anche nella Chiesa che è in Cile, per promuovere nel mondo la vittoria del bene sul male, dell'amore sull'odio, dell'unità sulle rivalità, della generosità sull'egoismo, della pace sulla violenza, della convivenza, sulla lotta, della giustizia sull'iniquità, della verità sulla menzogna: in una parola, la vittoria del perdono, della misericordia e della riconciliazione. Questa vita in Cristo e per Cristo è quella che dà pienezza all'esistenza umana qui sulla terra, ed è allo stesso tempo pegno di vita eterna nei cieli.


4. Con il Vangelo in mano, desidero sentirmi pellegrino nel cuore di ogni uomo e donna cileni, nel cuore di questo popolo che vive la sua concreta esperienza storica, con la sfida dei problemi del presente. Vengo per condividere la vostra fede, i vostri affanni, gioie e sofferenze. Sono qui per animare la vostra speranza e confermarvi nell'amore fraterno.

Come araldo di Cristo, portavoce del suo messaggio al servizio dell'uomo, insieme a tutti i pastori della Chiesa, proclamo la inalienabile dignità della persona umana creata da Dio a sua immagine e somiglianza e destinata alla salvezza eterna. Animato da questo spirito, esclusivamente religioso e pastorale, desidero celebrare con voi il mistero pasquale di Gesù Cristo, per inserirlo più profondamente nella vita e nella storia della vostra patria tanto amata.

Mediteremo in comune gli insegnamenti del Signore, pregheremo uniti, e comunitariamente cercheremo di far si che il messaggio del divino Redentore penetri nelle nostre vite e nelle strutture della società, per trasformarle secondo il piano di Dio, convertendo i cuori e costruendo un paese riconciliato.


5. Ho accettato con gioia il gentile e ripetuto invito a visitarvi che mi hanno rivolto tanto il signor Presidente della Repubblica come i vostri Vescovi.

Voglia gradire, signor Presidente, il mio deferente saluto così come l'espressione della mia gratitudine per le sue cordiali parole di benvenuto. Un saluto e un ringraziamento che estendo alle altre personalità qui presenti: membri della Giunta di Governo, Ministri di Stato, Magistrati della Corte Suprema di Giustizia e altre autorità civili e militari.

I miei sentimenti di gratitudine si esprimono con un affettuoso abbraccio di pace ai miei fratelli nell'episcopato, che sono qui presenti per ricevermi in nome di tutta la amata Chiesa che è in Cile. Saluto ugualmente, con affetto, sacerdoti, diaconi, religiosi, religiose, catechisti e laici che, con la loro attività apostolica e la loro testimonianza cristiana, edificano il regno di Cristo nella fedeltà a Dio e alla Chiesa.

Saluto infine tutti gli abitanti del paese di qualsiasi classe o condizione; ma il mio saluto ed affetto sono rivolti, in modo speciale, ai poveri, agli infermi, agli emarginati, a quanti soffrono nel corpo o nello spirito.

Sappiano che la Chiesa è loro molto vicina, che li ama, che ne condivide le pene, e le difficoltà, che desidera aiutarli a superare le prove e che li incoraggia a confidare nella Provvidenza divina e nella ricompensa promessa per il sacrificio.


6. Con questo spirito evangelico di amicizia e di fraternità desidero iniziare la mia visita.

All'inizio del mio pellegrinaggio con la pace di Cristo, rivolgo con fiducia il mio sguardo al santuario nazionale di Maipu per chiedere alla vostra patrona, la Vergine santissima del Carmine, che illumini e guidi i miei passi per le strade del Cile. "Maria, è la memoria della Chiesa. La Chiesa impara da te, Maria, che essere madre vuol dire essere una viva memoria, vuol dire serbare e meditare nel cuore le vicende degli uomini e dei popoli: le vicende gioiose e quelle dolorose" (Omelia per la solennità di Maria santissima Madre di Dio, 7, 1 gennaio 1987, p. 7).

Che per la potente intercessione della beata Maria, madre del Cile, Vergine del Nord e del Sud, Signora del Mare e della Cordigliera, Dio benedica il Cile.

Miei cari Cileni, tutti: Dio benedica questo popolo con la pace, suscitando nei vostri cuori la gioia della fede, dell'amore e della speranza, che io desidero di cuore condividere con voi in questi giorni! Sia lodato Gesù Cristo!

1987-04-01 Data estesa: Mercoledi 1 Aprile 1987





GPII 1987 Insegnamenti - Ai diplomatici - Montevideo (Uruguay)