GPII 1987 Insegnamenti - Celebrazione dei Vespri con i religiosi - Santiago (Cile)

Celebrazione dei Vespri con i religiosi - Santiago (Cile)

Titolo: La Chiesa ha bisogno della vostra testimonianza

Testo:

1. "Considerate la vostra chiamata, fratelli" (1Co 1,26). Con queste parole l'apostolo Paolo invitava i cristiani di Corinto ad una riflessione sul significato della propria vocazione. Desidero cominciare oggi con queste parole, cari sacerdoti, religiosi, diaconi e seminaristi, invitandovi a meditare sul dono che ognuno di voi ha ricevuto essendo stati chiamati da Dio, affinché riconosciate ancora una volta la grandezza della vostra vocazione, e vi riempiate di gratitudine verso Colui che ha fatto in voi grandi cose (cfr. Lc 1,49).

"Non ci sono tra voi molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili" (1Co 1,26). Vedete fratelli miei, il punto di partenza che l'Apostolo intende mettere in rilievo: l'insufficienza delle nostre risorse umane, lo scarso valore delle nostre capacità, per la missione che Cristo ha affidato ai ministri della sua Chiesa. Senza dubbio questa stessa realtà - la chiara conoscenza della indegnità personale - ci colloca, con atteggiamento evangelico, "più vicini" alla elezione divina, e sottolinea ulteriormente l'aspetto soprannaturale e gratuito della chiamata della quale siamo stati oggetto. Si; carissimi fratelli, Dio ci ha scelti non per i vostri meriti, ma in virtù della sua misericordia.

In effetti, "è per Lui che voi siete in Cristo Gesù il quale per opera di Dio è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione, perché come sta scritto: chi si vanta, si vanti nel Signore" (1Co 1,30-31). Il dono soprannaturale che abbiamo ricevuto ci deve portare, pertanto, a gloriarci solo ed esclusivamente in Cristo. Colui che ha la coscienza di non essere nulla, può scoprire che Cristo è tutto per lui (cfr. Jn 20,28); che Cristo è l'unica fonte della sua vera esistenza; e questa glorificazione in Cristo costituisce il tratto caratteristico che rivela la vera umiltà personale, e il conseguente abbandono, senza riserve, di sé stesso a Dio e ai fratelli. Se, al contrario, credessimo di essere saggi, autosufficienti, superiori, saremmo in errore e la nostra opera sarebbe sterile, perché Egli si serve di "ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio" (1Co 1,28-29).


2. Cari fratelli, è ancora recente il momento in cui, con profonda emozione, ho baciato per la prima volta questa terra cilena benedetta. Ora mi trovo riunito con voi nella Chiesa Cattedrale di Santiago, per rendere grazie a Dio nostro Signore che ha guidato i miei passi fino a qui, e anche per chiedere insieme a voi, invocando la Beatissima Trinità, per intercessione di Santa Maria - patrona di questo tempio - che siano molti i frutti di rinnovamento e di santità in tutti e in ognuno dei membri di questa Chiesa di Dio pellegrina in Cile, della quale voi rappresentate solo una parte scelta. Pensate che siete stati chiamati da Dio in un momento particolarmente importante. La Chiesa, infatti, sta per iniziare il terzo millennio del suo pellegrinaggio verso la Casa del Padre dei Cieli, verso la Gerusalemme Celeste. L'America Latina si prepara inoltre a commemorare i 500 anni dell'inizio dell'evangelizzazione degli uomini del Nuovo Mondo. Tutto questo sarà un'occasione affinché, con l'aiuto dello Spirito, si rinnovi il vostro impegno e la vostra fedeltà alla missione evangelizzatrice che la Chiesa inizio qui quasi cinque secoli fa.


3. Ringraziamo "con gioia il Padre che ci ha messi in grado di partecipare alla sorte dei santi nella luce" (Col 1,12).

Con questo ringraziamento al Padre, e con l'atteggiamento umile e sottomesso che ci ricordava San Paolo poco fa, contemplate ora la vostra idoneità.

Essa è conseguenza dell'essere stati riscattati da Cristo dal Potere delle tenebre e dell'essere stati trasferiti nel Regno del Figlio del suo amore, ottenendo così "la redenzione, la remissione dei peccati" (cfr. Col 1,13-14), "perché piacque a Dio di fare abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce, cioè per mezzo di lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli" (Col 1,19-20).

In Cristo il male è già stato vinto, la morte è stata sconfitta nella sua stessa radice che è il peccato. Cristo è sceso fino nel profondo del cuore uomo con l'arma più potente; l'amore, che è più forte della morte (cfr. Ct 8,6).

In questo modo, noi cristiani - e ancor più noi, i ministri di Dio - non procediamo nella storia con passo incerto. Non possiamo farlo perché siamo stati riscattati dal "potere delle tenebre" (Co 1,13), procediamo nel giusto cammino "nella sorte dei santi nella luce" (Col 1,12).

Pertanto, qualsiasi incertezza che ci possa insidiare, qualsiasi tentazione di carattere personale o riguardo l'efficacia della nostra missione e ministero, può essere superata in questa stupenda prospettiva di unione a Cristo, nel quale possiamo tutto, perché egli è la nostra vittoria definitiva. In lui sono il principio e la radice della nostra vittoria personale- in lui troviamo la forza necessaria per superare qualsiasi difficoltà, poiché il Signore è per noi "sapienza, giustizia, santificazione e redenzione" (1Co 1,30).


4. Miei carissimi, Cristo vive! Vive oggi ed opera attivamente nella Chiesa e nel mondo. E noi siamo stati chiamati ad operare in suo nome e a rappresentarlo: in nomine et in persona Christi (PO 2,13). Annunciamo agli uomini la sua salvezza, celebriamo con i sacramenti il suo culto salvifico, insegnamo ad osservar i suoi comandamenti. Cristo vive oggi e continua incessantemente la sua opera salvifica nella Chiesa.

Molto eloquenti sono, in questo senso, le parole del salmista che abbiamo pronunciato pochi istanti fa: "Tu sei sacerdote per sempre" (Ps 110 [109],4).

Oh, Signore! Tu sei l'unico, eterno e sommo sacerdote. Tu sei l'unico sacerdote dell'unico sacrificio, del quale sei anche Vittima (cfr. He 5 He 7 He 8 He 9).

Tu sei l'unica fonte del sacerdozio ministeriale nella Chiesa.


5. La risposta giusta a questo dono non può essere che la donazione totale: un atto d'amore senza riserve. L'accettazione volontaria della chiamata divina al sacerdozio fu, senza dubbio, un atto di amore che ha fatto di ognuno di noi un innamorato. La perseveranza e la fedeltà alla vocazione ricevuta consiste, non solo nell'impedire che questo amore si indebolisca o si spenga (cfr. Ap 2,4), ma principalmente nel ravvivarlo, nel far si che cresca ogni giorno di più.

Cristo immolato sulla Croce ci dà la misura di questa donazione, poiché ci parla di amore obbediente al Padre per la salvezza di tutti (cfr. Ph 2,6ss).

Il sacerdote, cercando di identificarsi totalmente con Cristo, sacerdote eterno, deve manifestare sull'altare e nella vita questo amore e questa obbedienza. Come ho già detto in altra occasione, "un sacerdote vale quanto vale la sua vita eucaristica soprattutto la sua Messa. Messa senza amore, sacerdote sterile; Messa fervorosa, sacerdote conquistatore di anime. Devozione eucaristica non curata e poco amata, sacerdozio debole e in pericolo" (Al clero italiano, 16 febbraio 1984).

Dobbiamo considerare anche che il nostro ministero è diretto a riscattare gli uomini dal "potere delle tenebre" e a trasferirli nel "Regno del suo Figlio diletto", per mezzo della "redenzione, la remissione dei peccati" (Col 1,13-14).


6. Comprenderete che vi sto invitando a realizzare una pastorale, che potremmo chiamare del primato di Cristo su tutto. Dobbiamo condurre gli uomini verso Cristo, Redentore dell'uomo. In lui è tutto, in lui abita la pienezza, in lui già è stato vinto il male. Per questo il nostro annuncio, è sempre di speranza, di pace, di fiducia e di serenità. Con il ministero della parola di Dio ci rivolgiamo alla coscienza di ognuno, affinché si apra a Cristo, e la illuminiamo con la dottrina del Maestro: la stessa che studiamo, meditiamo e applichiamo nella nostra stessa vita.

Nelle nostre mani sacerdotali, cari fratelli, Cristo ha voluto depositare l'immenso tesoro della redenzione, della remissione dei peccati.

Desidero esortarvi affinché non trascuriate questa realtà salvifica. Mostrate sempre un apprezzamento particolare per il sacramento della riconciliazione, nel quale i cristiani ricevono la remissione dei loro peccati. Dovete dare impulso ad una azione pastorale che spinga i fedeli alla conversione personale, per cui dovete dedicare al ministero del perdono tutto il tempo necessario, con generosità, con la pazienza di autentici "pescatori di uomini".

D'altra parte, se il sacerdote deve condurre le anime in questo cammino di conversione, dovrà percorrerlo esso stesso; convertendosi a Dio, rivolgendosi a Lui, quante volte sia necessario. Dovete essere costantemente aperti a Cristo, fonte di questa redenzione, della quale siete strumenti nelle mani di Dio.


7. "Chi si vanta, si vanti nel Signore" (1Co 1,31). La Chiesa intera rende gloria a Dio. E una delle manifestazioni più importanti di questa lode è certamente la testimonianza dei religiosi, religiose, e membri degli Istituti di Vita Consacrata.

La Chiesa, cari fratelli, ha bisogno della vostra testimonianza e del vostro servizio. Considerate che per portare a termine la missione che Dio ci ha affidato, è necessario che la vostra vita sia segno dello spirito dei fondatori delle vostre rispettive famiglie religiose. Rifuggite quindi da qualsiasi tentazione che vi possa condurre a ignorare le esigenze dei consigli evangelici che avete professato. Amate la vita in comunità; procedete per il cammino soave dell'obbedienza a vostri Superiori, cooperando, così, nel dare alla vita comunitaria un'unità tangibile e reale; tenete in grande considerazione il segno esterno che deve distinguere inconfondibilmente la vostra consacrazione a Dio.

Meditate frequentemente la trascendenza ecclesiale della vostra consacrazione, nella prospettiva escatologica del Regno. così si intensificherà la vostra comunione con tutta la Chiesa, manifesterete il valore assoluto della donazione a Cristo e sarete portatori di abbondanti frutti.

E anche voi, che vi siete consacrati a Dio appartenendo ad Istituti Secolari, darete una testimonianza edificante mediante la vostra opera apostolica che vuole portare a Dio ogni realtà temporale.


8. Mi rivolgo ora in modo speciale a voi, diaconi permanenti e seminaristi.

Insieme con tutti i miei fratelli del Collegio episcopale, vi dico che la Chiesa in Cile ripone in voi una particolare speranza. Vorrei che in questa fiducia vedeste anche un richiamo alla responsabilità. E' Cristo che vi ha chiamato! Il Papa e i Vescovi ringraziano Dio, insieme a voi, per il dono della vostra vocazione che egli fa alla sua Chiesa e cercheremo di aiutarvi, affinché il vostro si a Cristo sia pieno.

Non trascurate in nessun momento, la vostra preparazione spirituale; sviluppatela armonicamente insieme agli altri aspetti della vostra formazione.

Amate lo studio che è uno strumento imprescindibile per il ministero pastorale e fate che esso sia, cari seminaristi, alimento per la meditazione personale- praticate una pietà solida e forte- siate docili e sinceri nella direzione spirituale, invocate la Vergine Maria, Madre del sommo ed eterno Sacerdote, perché guidi, come Madre, i vostri passi verso il sacerdozio.


9. Vorrei ricordare ora a tutti, con parole di San Luca, che "un giorno Gesù si trovava in un luogo a pregare e quando ebbe finito uno dei discepoli gli disse: "Signore insegnaci a pregare"" (Lc 11,1). Avevano visto Gesù raccolto in preghiera e sentirono il profondo desiderio di imitarlo. L'esempio del Maestro risveglio nei discepoli la necessità di parlare con il Padre.

Così io, da questa cattedrale di Santiago, desidero rivolgere la mia supplica, a nome di tutti: "Signore, insegnaci a pregare! Mostraci l'efficacia della preghiera! Anche noi desideriamo seguire il tuo esempio!" Si, carissimi fratelli, è necessario che sappiamo trovare ogni giorno uno spazio di tempo per raccoglierci in dialogo personale con Dio. Questo dialogo è imprescindibile per il nostro ministero, perché i presbiteri, come dice il Decreto Presbyterorum Ordinis, "pensando a come possono trasmettere meglio agli altri ciò che hanno contemplato, assaporeranno più intimamente le insondabili ricchezze di Cristo e la multiforme sapienza di Dio" (PO 13). Effettivamente come possiamo farle conoscere se non le conosciamo? Come potremo suscitare nei fedeli un amore ardente per Dio se noi non siamo uniti a lui con un rapporto continuo, vitale? Nella lettera che indirizzai a tutti i sacerdoti l'anno scorso, nella solennità del Giovedi santo, proponevo l'esempio del Santo Curato d'Ars, invitandoli a meditare sul nostro sacerdozio alla luce della vita di questo modello di pastore. Desidero ora ricordarvi ciò che scrissi in quella occasione: "La preghiera era l'anima della sua vita preghiera silenziosa, contemplativa, generalmente nella sua chiesa, ai piedi del tabernacolo. Attraverso il Cristo, la sua anima si apriva alle tre Persone divine, alle quali egli nel testamento consegnerà "la sua povera anima". Egli conservo una unione costante con Dio nel mezzo della sua vita estremamente occupata. E non trascuro né l'ufficio divino né il rosario. Si volgeva spontaneamente verso la Vergine" (n. 11).


10. All'inizio vi ho parlato del dono meraviglioso che abbiamo ricevuto, della chiamata divina. Non voglio concludere questo incontro senza aggiungere qualche parola sulla responsabilità di promuovere nuove vocazioni sacerdotali. Questa deve essere una preoccupazione prioritaria che deve manifestarsi nella nostra preghiera e nel nostro apostolato. Chiedo alla Vergine del Carmine - che il Cile venera come Patrona - che con il vostro zelo e con il vostro esempio siano molte le anime che si donano a Cristo nel sacerdozio e nella vita consacrata. La Chiesa in Cile ne ha bisogno per continuare, in questa nuova tappa, l'immenso compito di evangelizzazione. Santa Maria, Regina del Cile, Regina dell'America, intercedi per noi presso tuo Figlio, e ascoltaci! Con grande affetto per tutti e per ciascuno di voi vi imparto la Benedizione Apostolica.

1987-04-01 Data estesa: Mercoledi 1 Aprile 1987




Saluto alla città di Santiago, ai piedi dell'Immacolata, sul Cerro San Cristobal (Cile)

Titolo: Visito come amico il cuore di ogni cileno

Testo:

"L'anima mia magnifica il Signore" (Lc 1,46) 1. Da questo bel Cerro San Cristobal, desidero rivolgere il mio saluto a Santiago e a tutto il Cile con le parole di Maria nel canto del Magnificat.

Si, la mia anima magnifica il Signore nel contemplare lo spettacolo della città che si estende ai piedi della Cordigliera. La mia preghiera e il mio affetto vanno a tutti voi che vi unite a questa celebrazione vespertina personalmente o attraverso la radio e la televisione. Desidero che il saluto affettuoso del Papa giunga in tutti gli angoli di questo nobile Paese: dal deserto di Atacama alla Terra del Fuoco, percorrendo le Ande spina dorsale dell'America; facendosi eco nei vulcani, riflettendosi nei laghi e risuonando nei boschi- visitando come amico il cuore di ogni cileno per dargli speranza, gioia, volontà di superare le difficoltà e di continuare a costruire la nuova società della grande famiglia cilena.

Ho assai gradito le affettuose parole di benvenuto che Mons. Bernardino Piniera, Presidente della Conferenza Episcopale, mi ha rivolto a nome dei Vescovi e di tutta la Chiesa del Cile.

In questo Cerro coronato dall'immagine di Maria Immacolata e pensando al suo canto del Magnificat, non posso fare a meno di sentire come l'Onnipotente continui a compiere opere grandi e meravigliose in tutti voi che, come pietre vive (cfr. 1P 2,5) costituite la realtà di questa Chiesa.


2. Innalzo il mio canto di lode al Signore per i sacerdoti, che con la loro generosa dedizione riuniscono la famiglia di Dio in una comunità di fratelli e la conducono a Dio Padre per mezzo di Cristo nello Spirito (cfr. LG 28).

Lodo il Signore per i diaconi nel cui ministero tanto apprezzabile si riflettono in modo speciale, le parole di Gesù che afferma che egli viene a servire e non ad essere servito (cfr. Mt 20,28) perché la loro opera è un ausilio efficace per l'azione pastorale dei Vescovi e dei presbiteri. Lodo il Signore per i Religiosi e le Religiose che con la loro consacrazione e il loro servizio al prossimo sono segno e anticipazione delle promesse del Regno dei cieli.

Rendo grazie a Dio per i giovani e le giovani che hanno accolto la chiamata di Gesù e si preparano nei Seminari e nelle Case di Formazione per il ministero sacerdotale e la vita religiosa. Per i tanti laici impegnati come catechisti, animatori di Comunità ecclesiali di base e in tante altre forme di apostolato.

L'incontro con voi in questa serata autunnale, fa palpitare il mio cuore come quello di Elisabetta nel ricevere il saluto di Maria. E, come Elisabetta, voglio proclamarvi beati per aver creduto, per aver accolto nei vostri cuori la Parola di Vita e perché manifestate questa fede nel vostro impegno di servizio alla comunità dei fratelli per amore di Dio.

Rendo grazie a Dio, infine, per tutta questa Chiesa che, cercando di seguire le orme del suo maestro professa un amore preferenziale per i poveri.

Anche oggi, come agli inizi, la Chiesa vuole imitare il suo Fondatore che si manifesto come Messia annunciando la Buona Novella ai poveri (cfr. Mt 11,5). In questo modo si fanno realtà le parole di Maria che nel suo cantico ci ricorda come nei piani di Dio gli ultimi saranno i primi, gli umili innalzati e i poveri colmati dei beni del Regno.


3. Per questo oggi, da questo luogo ai piedi di Maria, che è stato per più di mezzo secolo un faro di speranza, saluto e benedico tutti gli abitanti del Paese, da Arica a Cabo de Hornos fino all'Isola di Pasqua- ma in modo particolare tutti coloro che soffrono nel corpo e nello spirito; gli uomini, le donne e i bambini delle popolazioni emarginate; le comunità indigene; i lavoratori e i dirigenti, coloro che hanno subito le conseguenze della violenza; i giovani, i malati, gli anziani. Trovano un posto nel mio cuore di Pastore anche tutti i cileni che da tante parti del mondo guardano con nostalgia alla Patria lontana. Come Sacerdote e Pastore penso con amore a tutti coloro che, cedendo alle forze del male hanno offeso Dio e i loro fratelli: in nome del Signore Gesù li invito alla conversione perché abbiano la pace.

Nel dare inizio al mio pellegrinaggio in mezzo a voi, come segno della mia presenza nella vostra terra e del mio desiderio di condividere il messaggio di pace e di vita con tutti, imparto la mia Benedizione ai quattro punti cardinali di questa amata terra cilena. Voglio andare al di là dei confini della città per visitare con la Benedizione di Dio l'asprezza del deserto minerario, la fertilità delle terre dalle quali col sudore traete il quotidiano sostentamento; le nevi eterne della Cordigliera e gli abissi marini dove nel silenzio delle acque fiorisce la vita. La mia benedizione per tutto il Cile, la mia parola per ogni cileno e il mio affetto più grande per i più piccoli e bisognosi.

1987-04-01 Data estesa: Mercoledi 1 Aprile 1987




L'incontro con gli abitanti delle borgate di Santiago (Cile)

Titolo: Cristo ci invita a portare la sua Croce

Testo:

Amatissimi fratelli e sorelle in Cristo Gesù! 1. Vedendomi oggi tra voi, cari abitanti delle borgate e dei quartieri più poveri di Santiago, non posso nascondervi che una immensa gioia invade il mio cuore, meditando su queste parole del Vangelo: "Nessuno conosce il Figlio se non il Padre"; il Padre "lo ha rivelato alla gente semplice"; il Padre ha voluto rivelare a voi e a suo figlio "perché così è piaciuto a lui" (Mt 11,25-sg).

Come gli Apostoli Pietro e Giovanni quando salivano al Tempio per pregare, anch'io devo dirvi che non posseggo "né argento né oro" (Ac 3 Ac 6), ma vengo in nome di Gesù Cristo ad annunciarvi l'amore di predilezione del Padre, che ha voluto rivelare la speranza del Regno ai poveri, ai semplici di cuore, a coloro che aprono le loro porte al Signore e non disdegnano la sua mano misericordiosa.

Conosco le vostre sofferenze, e il vostro grido di speranza è giunto alle mie orecchie. Per questo, come messaggero del Vangelo vi incoraggio a cercare in Gesù Cristo la pace anelata. Gesù stesso ci invita ad imparare da lui la bontà e la umiltà di cuore, e a riporre in lui la nostra speranza. Quella speranza tipica di questo meraviglioso popolo e di tutta l'America Latina, che vi permette di conservare la gioia, la pace interiore, e celebrare gli avvenimenti della vita anche in mezzo a tali gravi difficoltà. Ma anche qui, come in molti altri luoghi, ho potuto vedere con dolore la povertà di molti in contrasto con la opulenza di alcuni.


2. Sono venuto in mezzo a voi per proclamare la nostra fede comune nel figlio di Dio e nei suoi insegnamenti. Mi trovo qui per enunciare, ancora una volta, le beatitudini del Signore: "Beati i poveri in spirito, perché di essi e il regno dei cieli" (Mt 5,3). Beati voi se avete un cuore libero da legami terreni, in quel modo il Padre vi rivelerà i suoi misteri e vi aiuterà a prendere su di voi la croce di Gesù, a portarla come lui fino a trovare la vostra pace.

In Cristo l'uomo trova ciò che non potrebbero procurargli tutti i beni di questo mondo. Come il Buon Pastore ci dice: "Venite a me... io vi ristorero... troverete ristoro" (Mt 11,28-29) e ci invita a portare la sua croce, questa è la legge dell'amore, una legge che libera e che è sollievo per l'anima. Qualunque peso è leggero quando siamo uniti Cristo, quando è lui che ci dà energia e respiro per continuare a camminare. Al contrario, com'è pesante il fardello quando lo si porta senza Cristo. così è il fardello dell'egoismo, dell'odio, della violenza, della durezza di cuore che non di rado si sommano rendendo amara e quasi impossibile la convivenza umana. Siamo dinanzi all'opposto della legge dell'amore quando non si vede nel prossimo un figlio di Dio e fratello di Cristo, ma lo si considera soltanto uno strumento, unicamente utile a soddisfare i propri desideri.

Questo individualismo egoista che è un disordine frutto del peccato impedisce la creazione di legami di umanità e fraternità che facciano sentire l'uomo membro di una comunità, parte solidale di un popolo unito.


3. Ho voluto essere presente tra di voi anche se per poco per mostrarvi palesemente la mia sollecitudine per quanto state facendo per formare comunità di vita e di lavoro nelle quali solidarmente vi impegnate a vivere la vostra fede, la vostra speranza e la vostra carità cristiana.

Tutta la storia della Rivelazione è una testimonianza del ruolo che esplica la comunità nell'opera di salvezza. Dio stesso, per mezzo di Gesù Cristo, si è rivelato come un'autentica comunità: la Santa Trinità, una comunione meravigliosa che è il fondamento e il modello per ogni relazione basata sull'amore. La Chiesa universale ed anche la Chiesa del Cile sono manifestazione di quello spirito comunitario, che unisce gli uomini per renderli partecipi della vita divina.

E espressioni di quella vita sono anche alcune forme comunitarie, che conferiscono stabilità alla vostra popolazione. Innanzi tutto, la famiglia, che il Concilio Vaticano Il defini come la "scuola di umanità più ricca" (GS 52). Essa è la cellula fondamentale di tutte le società, prima e insostituibile catechista dei figli. Le verità, i valori, i comportamenti, i modi di pensare, di comunicare con le altre persone e col mondo, si apprendono nella famiglia ed è questa una missione e un diritto che bisogna esercitare amorevolmente, e che bisogna difendere dinanzi ai pericoli di un mondo materialista che propone l'accumulazione delle cose terrene quale sommo bene dell'uomo e della società. "L'uomo vale più per quello che "è" che per quello che "ha"" (GS 35).

Coloro che hanno respirato nel seno delle loro famiglie un'atmosfera di autentica comunità, si sentiranno più portati a impegnarsi con i loro fratelli nel compito di costruire una società rinnovata, più umana e accogliente. Ciò suppone di dare vita a forme di associazione che contribuiscono, ciascuna a suo modo al raggiungimento del bene comune e che aiutano a soddisfare meglio "molteplici diritti della persona specialmente quelli detti economico-sociali, quali sono ad esempio, il diritto ai mezzi indispensabili per un sostentamento umano" (MM 61).


4. Ovviamente, si deve far si che vivano in ogni famiglia le virtù sociali che promuovono il pieno sviluppo di ciascuno dei suoi membri: il dialogo, la comunicazione, la corresponsabilità e la partecipazione, la capacità di sacrificio, la fedeltà.

Tutte devono essere espressione e frutto d'amore. Prendete a modello la Sacra Famiglia di Nazaret; ad essa dovrà ispirarsi ogni programma di rinnovamento cristiano e sociale nella famiglia e dalla famiglia.

Sono anche manifestazioni della vita e del senso comunitario quelle forme di organizzazione popolare che cercano di migliorare il livello di vita degli abitanti delle borgate: le associazioni comunali, le officine di lavoro, le associazioni per la ricerca degli alloggi, e quelli che si interessano dell'assistenza sanitaria e scolastica, i gruppi familiari, i refettori, i circoli giovanili e sportivi, i gruppi di folklore e infine, tante manifestazioni di quella solidarietà che deve caratterizzare "il nobile impegno per la giustizia".

Queste iniziative potranno essere a loro volta fonte di nuove forme di organizzazione sociale che aprono il cammino ad una autentica ed effettiva partecipazione di tutti i cittadini nelle decisioni che riguardano la loro vita e il loro futuro. In questo modo i gruppi vanno trasformandosi poco a poco in autentiche comunità solidali e di partecipazione. Sebbene, è altrettanto necessario che quei gruppi non pretendono monopolizzare l'intero campo d'azione senza soffocare l'iniziativa e giusta autonomia e libertà degli individui.


5. La Chiesa vi accompagna nei vostri sforzi e nelle vostre legittime aspirazioni, consapevole che - come già sottolineo il mio venerato predecessore Papa Paolo Vl - tra evangelizzazione e promozione umana ci sono infatti dei legami profondi (cfr. EN 31).

E' questa una parte importante dell'opera apostolica che molti operatori pastorali svolgono tra i più bisognosi. A voi, sacerdoti, religiosi, religiose, diaconi, catechisti laici impegnati, voglio rivolgere la mia parola di incoraggiamento affinché continuiate con gioia la vostra opera di costruzione del Regno di Dio, mediante la parola annunciata nella sua integrità, mediante i Sacramenti celebrati nella fede, con la testimonianza delle vostre vite, prendendo a modello Cristo povero e umile di cuore, che: "da ricco che era si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà" (2Co 8,9).

In perfetta sintonia col magistero autentico della Chiesa e in intima comunione con i Pastori, siate fedeli alla vostra vocazione e alla missione che avete ricevuto, e non permettete che gli interessi ideologici o politici, estranei al Vangelo disturbino la purezza della vostra opera di assistenza e santificazione. Avete tra voi esimi esempi di apostoli che malgrado le difficoltà e incomprensioni, seppero svolgere il loro ministero pastorale a costo dei maggiori sacrifici.


6. La Chiesa cari fratelli e sorelle, ha ricevuto dallo stesso Gesù Cristo la missione di fare del suo comandamento centrale una realtà.

"Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri" (Jn 15,17). La Chiesa ha, pertanto, la missione di accogliere tutti gli uomini nel suo amore e di aprire a tutti il cammino della salvezza, senza escludere nessuno. Essa fornisce a tutti le ricchezze spirituali delle quali è depositaria; nutre tutti con il corpo del Signore, amministra loro i Sacramenti e comunica loro la vita divina. Grazie a questa sua preoccupazione di generare la vita e conservarla, i fedeli sentono l'impulso interiore di chiamarla "Madre": la Chiesa è madre di tutti; dona il suo amore a tutti gli uomini, senza distinzione, e a tutti concede la sua misericordia. Ma è giusto che come una madre, abbia particolare sollecitudine per quei suoi figli che soffrono, per gli infermi, i bisognosi i poveri, i peccatori.

La Chiesa deve realizzare l'azione di Dio stesso, che "solleva l'indigente dalla polvere, dall'immondizia rialza il povero" (Ps 113,7-8).

Pertanto, vi dico: contate sempre su questa sollecitudine materna della Chiesa che si commuove, dinanzi alle vostre necessità, per la vostra povertà, per la mancanza di lavoro, per la mancanza di educazione, salute, alloggio, per il disinteresse di coloro che, potendo aiutarvi, non lo fanno, essa è solidale con voi quando vi vede soffrire fame, freddo, abbandono. Quale madre non si commuove nel veder soffrire i propri figli, soprattutto quando la causa è l'ingiustizia? Chi potrebbe criticare questo atteggiamento? Chi potrebbe interpretarlo male? 7. Ho saputo che tra voi, così come in altri luoghi e diocesi del paese, sorgono comunità Ecclesiali di Base, che "devono essere destinatarie speciali di evangelizzazione e, nello stesso tempo, evangelizzatrici" (cfr. EN 58). Tali comunità, per corrispondere alla loro vera identità, devono essere un luogo d'incontro e fraternità e devono nascere dal desiderio di vivere intensamente la vita stessa della Chiesa in un contesto di relazione più umana, più familiare. Questi debbono accogliere in loro la Parola di Dio come viene trasmessa dalla Chiesa e debbono inoltre collocare in una prospettiva di fede, gli avvenimenti che seguono la peregrinazione verso la casa del Padre.

Queste comunità sono sorte, spesso, come frutto di una Missione di un gruppo di catechesi familiare, della celebrazione del Mese di Maria - bella e feconda tradizione della religiosità popolare cilena -, di circoli biblici, della ricerca di soluzioni ai problemi della vita quotidiana nelle borgate, e di tante altre manifestazioni dell'autentica vitalità propria della Chiesa.

Come impegno ecclesiale concreto, esorto tutti a un maggiore approfondimento della vita cristiana, a una conoscenza più profonda della fede cattolica, a una vita personale e familiare più coerente con la fede che si professa, alla partecipazione frequente e attiva nella vita liturgica della Chiesa, a uno stile di vita maggiormente caratterizzato dalla fraternità e dal senso comunitario.

Perché il sorgere delle Comunità Ecclesiali di Base sia una forza rivitalizzante dell'autentico dinamismo della Chiesa in Cile, è necessario che mantenga sempre una chiara identità ecclesiale. Questo implica innanzi tutto, un'intima unione con il vescovo diocesano e i suoi collaboratori; lo sviluppo e l'apprendimento degli insegnamenti del magistero autentico della Chiesa, del Papa, dei vescovi; e presuppone il vincere qualunque tentazione di chiudersi in se stessa, che la porterebbe a rinunciare a qualcosa di molto essenziale come la proiezione universalista e missionaria che deve caratterizzare qualunque iniziativa che si vanti di essere cattolica. Questa identità ecclesiale richiede, infine, che le Comunità Ecclesiali di Base evitino la tentazione di identificarsi con partiti o posizioni politiche, che pur essendo molto rispettabili, non possono pretendere di essere l'unica espressione valida della proiezione evangelica sulla vita e opzioni politiche del paese.

Al contrario, è opinione attendibile che dette comunità sono autenticamente ecclesiali, quando la Parola di Dio è quella che raduna i fedeli e li spinge a riflettere su di essa per concretizzarla, quando la maturazione della fede si fa partendo da una catechesi seria e vissuta; quando l'Eucaristia è al centro della vita e della comunione dei suoi membri quando le relazioni interpersonali sono fondati sulla fede, la speranza e l'amore; quando la comunione con i pastori è indissolubile; quando l'impegno per la giustizia è presente nella realtà dei suoi ambienti; quando i suoi membri sono sensibili all'azione dello Spirito che suscita permanentemente carismi e servizi all'interno della comunità e per la Chiesa universale. (cfr. EN 58, Puebla, 640 642).


8. Alla vista di tali manifestazioni di vitalità della vostra comunità, desidero ugualmente esortarvi a rinforzare i vincoli della vostra solidarietà, una solidarietà che abbia il fondamento ultimo nei principi della vostra fede cristiana. Mi vengono in mente le parole dei vescovi latinoamericani riuniti a Puebla de Los Angeles: "E' commovente sentire nell'anima del popolo la ricchezza spirituale straboccante di fede, speranza e amore. In questo senso l'America Latina è un esempio per gli altri continenti e domani potrà estendere la sua sublime vocazione missionaria, oltre le sue frontiere" (Messaggio, 3). Sono sicuro che è impossibile che nei vostri cuori si estingua la speranza.

Infatti, la visione ottimista della vita che vi rende, anche in mezzo alla povertà, capaci di celebrare, ridere, godere delle gioie semplici di ogni giorno, non deriva dalla irresponsabilità o dalla ignoranza.

No! Ha una sola spiegazione: la vostra profonda fede cristiana. Nasce dal vostro amore per Cristo e dal rispetto dei suoi insegnamenti. E' la gioia che Cristo ha comunicato ai suoi discepoli nel dire loro: "Questo vi ho detto, perché la mia gioia sia in voi, e la vostra gioia sia piena" (Jn 15,11).


9. Pochi giorni fa si è celebrato il ventesimo anniversario della pubblicazione dell'Enciclica del Papa Paolo VI sullo sviluppo dei popoli, la "Populorum progressio". Non senza dolore dobbiamo riconoscere che quella voce profetica continua a risuonare nel mondo senza aver trovato una risposta adeguata. Per questo oggi, qui in questo continente della speranza, tra voi, abitanti delle borgate di Santiago, voglio ripetere a tutti gli uomini e donne di buona volontà della America Latina e del mondo, le parole di Paolo VI, con lo stesso spirito con cui egli le aveva proposte: "Possano le persone, i gruppi sociali e le nazioni darsi fraternamente la mano, il forte aiutando il debole a crescere, mettendo in questo tutta la sua competenza, il suo entusiasmo e il suo amore disinteressato.

Più che chiunque altro, colui che è animato da una vera carità è ingegnoso nello scoprire le cause della miseria, nel trovare i mezzi per combatterla nel vincerla risolutamente" (PP 75).

La Chiesa, consapevole che tutti formiamo una famiglia, la grande famiglia dei figli di Dio, rinnova il suo appello affinché ciascuno dalla sua posizione sociale, dal suo ambiente, utilizzando i mezzi che sono alla sua portata, grandi o piccoli si impegni a estirpare dalla vostra terra le radici della povertà ingiusta. Collaborate per la costruzione di un mondo più giusto e fraterno che si fonda "sulla verità, costruito secondo giustizia vivificato e integrato dalla carità, e posto in atto nella libertà" (PT 167).


10. Per concludere questo discorso che mi ha permesso di dividere con voi la gioia di sentire che Dio manifesta i suoi misteri ai semplici di cuore, e in ciò che abbiamo meditato sulla sollecitudine materna della Chiesa verso tutti i suoi figli, è giusto rilevare che, tra i suoi membri nessuno ispira quell'amore con maggiore intensità della madre di Dio, la Santissima Vergine Maria. Voi lo sapete, poiché l'amore per la Vergine fa parte della vostra anima e nessuno potrà portarvi via questo patrimonio. Che la Madonna del Carmine, Regina del Cile, vi faccia sentire ora e sempre il suo amore materno! Che Ella rivolga a voi i suoi occhi misericordiosi e vi dia a Gesù! Benedico tutti voi di cuore e in particolare, i bambini, gli anziani, i malati e coloro che soffrono.

1987-04-02 Data estesa: Giovedi 2 Aprile 1987





GPII 1987 Insegnamenti - Celebrazione dei Vespri con i religiosi - Santiago (Cile)