GPII 1987 Insegnamenti - Celebrazione eucaristica per il V centenario dell'evangelizzazione - Puerto Montt (Cile)

Celebrazione eucaristica per il V centenario dell'evangelizzazione - Puerto Montt (Cile)

Titolo: Oggi allo stesso modo di cinquecento anni fa la salvezza si costruisce nella vita di ogni giorno

Testo:

1. "Tutti i confini della terra hanno veduto la salvezza del nostro Dio" (Ps 97/98,3).

Qui, in questa regione del sud del continente americano, fra le cime delle Ande e le innumerevoli isole del litorale del Pacifico, risuoni oggi questo verso del salmo in tutta la sua eloquenza.

Ringrazio Dio nostro Signore perché, nel mio pellegrinaggio nella vostra patria, mi ha concesso di venire a Puerto Montt, da cui la mia voce vuole farsi eco della vittoria divina ottenuta per sempre dalla redenzione di Cristo. Saluto con particolare affetto il pastore di questa arcidiocesi e gli altri fratelli nell'episcopato qui presenti, saluto i sacerdoti, i religiosi e le religiose, tutti gli amatissimi fedeli, e tutti gli abitanti di questa terra così bella del sud del Cile, dove sono fuse le caratteristiche delle diverse razze e culture. Un saluto del tutto particolare rivolgo in questa occasione agli uomini del mare qui presenti, e a tutte le persone che lavorano lungo le coste del litorale cileno.

Con la lettura biblica della pesca miracolosa, anche io, come successore di Pietro, l'apostolo pescatore, mi accingo a gettare ancora una volta la rete del Vangelo! Sono vicino con il mio affetto e con il mio cuore di pastore a tutti i diocesani di Aysén, anche a coloro a cui le difficoltà nelle comunicazioni non hanno consentito di partecipare a questo incontro. Il Signore mi ha inviato a predicare il suo messaggio perché tutti gli uomini lo lodino.

"Acclami al Signore tutta la terra, gridate, esultate con canti di gioia" (Ps 97/98,4), abbiamo cantato nel salmo responsoriale. La Chiesa in Cile, la Chiesa in tutta l'America Latina vuole continuare ad ascoltare e a fare proprio l'invito del salmista. così mi espressi, in occasione del mio viaggio apostolico a Santo Domingo nel 1984, quando diedi inizio alla novena di preparazione alla commemorazione - con rinnovato spirito evangelizzatore - del primo annuncio del messaggio cristiano nelle terre americane.

L'inizio di tale epopea si ricollega a quel fortunato giorno del 12 ottobre 1492, quando davanti agli occhi dei naviganti spagnoli si svelarono "i confini della terra" a loro ignoti. E nel cuore della Chiesa missionaria nacque un fervente desiderio, che tali "confini della terra" appena scoperti, "contemplassero la vittoria del nostro Dio": la salvezza offerta dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo a tutti gli uomini e a tutti i popoli, in Cristo Gesù.

Non fu lo stesso Gesù Cristo colui che alla fine della sua missione messianica sulla terra, disse agli apostoli: "Andate in tutto il mondo (Mc 16,15), andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni" (Mt 28,19)? 2. Ora che si sta avvicinando il giubileo dell'evangelizzazione dell'America - con il pensiero volto all'attuale condizione del vostro paese - torniamo con la memoria ai diversi momenti in cui si è andata preparando la missione universale affidata da Cristo ai suoi apostoli.

Il brano del Vangelo secondo san Luca, che abbiamo proclamato nella liturgia del nostro incontro di oggi a Puerto Montt, contiene il preannuncio di questa missione. Gli apostoli avevano trascorso tutta la notte faticando, nel lago di Genezaret, senza riuscire a pescare nulla. Erano stanchi e in preda allo scoraggiamento. Il Signore dice loro di gettare le reti, e si verifico il grande miracolo: presero una enorme quantità di pesci.

Dinanzi al segno insolito, dinanzi al miracolo, si comprende lo stupore di quegli uomini. Simon Pietro si getto ai piedi di Gesù, ed esclamo: "Signore, allontana da me che sono un peccatore"(Lc 5,8) con tali parole egli confessa umilmente la sua umana indegnità, ed insieme, la potenza divina dimostrata dalla persona del Maestro, che contro ogni speranza gli aveva ordinato di gettare le reti.

E proprio allora Gesù si rivolge a Pietro e gli dice: "Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini" (Lc 5,10).


3. Da quel momento alcuni semplici pescatori della Galilea saranno trasformati in discepoli e collaboratori del Maestro. Ricordiarlo anche che, fra il Getsemani ed il Golgota, le loro speranze furono messe adura prova; ma il terzo giorno Cristo resuscito e apparve loro di persona; e così, quando nel giorno di Pentecoste ricevettero il potere dello Spirito Santo, quei pescatori della Galilea furono mandati in tutto il mondo per proclamare a tutti i popoli Cristo crocifisso.

"Noi - scriverà san Paolo più tardi - predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani" (1Co 1,23). Ma per noi lui è la forza e la sapienza di Dio.

E lo è per tutti: "Per coloro che sono chiamati" (alla fede), "sia Giudei sia Greci" (1Co 1,24)! Si, anche noi predichiamo Cristo. "Non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati" (Ac 4,12).


4. Miei fratelli cileni, in questi anni di preparazione al V centenario dell'evangelizzazione dell'America, il Signore ripete a ciascuno la chiamata che fece a Pietro a Genezaret: Gesù desidera che siate tutti pescatori di uomini, suoi apostoli.

Nell'antifona del salmo responsoriale abbiamo cantato: O Cristo! Tu regnerai; o croce! tu ci salverai. La croce è il segno della vittoria di Cristo sul peccato: "Tutti i confini della terra hanno veduto la salvezza del nostro Dio" (Ps 97/98,3). Per tale motivo i rappresentanti degli episcopati latinoamericani, riuniti nell'ottobre del 1984 a Santo Domingo, hanno ricevuto dalle mie mani una croce, quale segno dell'evangelizzazione. E non solo di quella iniziata in America circa 500 anni fa, ma anche di quella che si sta compiendo attualmente.


5. L'evangelizzazione, come afferma il documento di Puebla, "è all'origine di questo Nuovo Mondo che è l'America Latina! La Chiesa è presente nelle radici è nell'attualità del continente" (4). Prova di ciò è proprio l'evangelizzazione del Cile. Guardando alla sua storia, rivolgiamo al Signore un fervente ringraziamento per le meraviglie che "il messaggio della croce" (1Co 1,18) ha operato in questa terra benedetta; perché il potere di Dio risplende, e supera le inevitabili limitazioni degli uomini; perché la sua luce disperde le tenebre.

Il seme della fede cristiana fu portato nel Cile dalla spedizione di Magellano, e più tardi da quella di Almagro; mise radici in questi territori del nuovo mondo grazie all'impegno costante di Pedro de Valdivia e dei missionari che lo accompagnavano. Ringraziamo il Signore per questa eredità di fede, che con la Provvidenza divina, inizio a dare frutto in queste terre, grazie al grande impulso evangelizzatore dei figli di Spagna.

E' emozionante leggere i racconti e le testimonianze di quelle eroiche gesta. In esse - al di là delle umane debolezze e del comprensibile desiderio di conquista - prevalse certamente ed in modo ammirevole la volontà di trasmettere al Nuovo Mondo la buona novella del messaggio cristiano, e di amalgamare la cultura europea, in particolare ispanica, con le culture dei primi abitanti di questa terra. Don Pedro de Valdivia, in una lettera all'Imperatore Carlo V, dichiarava la sua sincera volontà di "non essere di peso a nessuno" e di poter contare su quattro sacerdoti che sono "esperti nella conversione degli indios, ci amministrano i sacramenti e compiono molto bene il loro compito sacerdotale" (Lettera da La Serena, 4 settembre 1545).

Quei quattro sacerdoti missionari furono i primi di una interminabile schiera di sacerdoti, religiosi e religiose, che attraverso i secoli verranno successivamente nella vostra patria offrendo la loro vita per l'edificazione della Chiesa.

Non mancheranno inoltre zelanti missionari che, in nome del Vangelo, prenderanno energicamente la difesa degli indigeni contro gli abusi che spesso questi erano costretti a subire. Poco a poco arriveranno i mercedari, i domenicani, i francescani, i gesuiti, gli agostiniani e le altre famiglie religiose maschili e femminili. Dagli albori dell'evangelizzazione vi furono anche religiose di clausura per ricordare a tutti che, insieme al sacrificio, è indispensabile la forza della preghiera costante per convertire i cuori a Cristo.

Desidero ricordare anche che i missionari seppero coinvolgere molti laici nel compito di evangelizzazione, proprio per assicurare la vita cristiana in quei luoghi che non potevano seguire con l'assiduità necessaria. Una valida testimonianza di tale collaborazione dei laici fu l'istituzione dei fiscales ("procuratori"), ancora in vigore nelle isole di Chiloé.

La progressiva maturazione della società cilena, durante il periodo coloniale, avvenne in un ambiente in cui le istituzioni educative e di beneficienza, la religiosità e tutte le manifestazioni culturali furono impregnate - e rese feconde di generazione in generazione - dai valori evangelici. Con l'erezione delle due prime diocesi di Santiago e di Imperiale - in seguito trasferita a Concepcion -, la stessa Chiesa, guidata da illustri prelati zelanti e generosi, mediante i sinodi diocesani e le attività catechetiche, andava progressivamente consolidandosi.

Con il crescente impulso evangelizzatore, sorsero di quando in quando diversi problemi e si verificarono, anche situazioni difficili, specialmente a sud di Concepcion, che posero gravi interrogativi alla coscienza cristiana. Le missioni francescane e gesuite fra gli "Araucanos" scrissero invece una pagina gloriosa nella storia della cristianizzazione del Cile.

Il cammino di evangelizzazione prosegui con lo stesso slancio quando il Cile raggiunse la sua autonomia nazionale. Testimonianza di ciò è la presenza di altre famiglie religiose nel lavoro di evangelizzazione del secolo scorso.

Ricordiamo in particolare i cappuccini per la loro zelante opera in Araucania ed i salesiani nell'estremo australe cileno.


6. Questa breve panoramica sull'evangelizzazione del Cile, è sufficiente per ringraziare il Signore, perché il suo potere di amore si è effuso su questo popolo cristiano e perché la santissima Vergine del Carmine, sua patrona, non ha mai cessato di confermare le speranze che ella ha riposto nei suoi figli cileni.

Le glorie trascorse, devono essere quindi per noi motivo di stimolo per nuove imprese. Non possiamo pertanto dimenticare che la salvezza si deve costruire giorno per giorno e che, oggi come ieri, dobbiamo superare ostacoli e difficoltà per proseguire nel Cile la missione redentrice di Cristo e della sua Chiesa. I mezzi di cui disponiamo per assolvere tale compito sono gli stessi di Pietro e degli altri apostoli: la parola di Dio ed i sacramenti.

Per questo, di fronte alle difficoltà che la nuova evangelizzazione attualmente trova, desidero rivolgere alla vostra patria lo stesso messaggio che rivolsi a tutta l'America Latina da Santo Domingo, all'apertura del novenario. A te, amatissimo Cile, rivolgo il mio messaggio di speranza nonostante ci sia chi pretende di toglierti la speranza; un messaggio di pace e di amore che ti confermi quale nazione segnata dalla fede cattolica! O Cile, sempre più consapevole delle esigenze della tua fedeltà a Cristo, non dubitare mai, nel resistere: - alla "tentazione di coloro che vogliono dimenticare la tua innegabile vocazione cristiana ed i valori che la plasmano, per ricercare modelli sociali che prescindono da essa o la contraddicono; - alla tentazione di ciò che può indebolire la comunione nella Chiesa come sacramento di unità e di salvezza; sia da parte di coloro che ideologizzano la fede o pretendono di costruire una ''Chiesa popolare" che non è quella di Cristo, sia da parte di coloro che promuovono la diffusione di sette religiose che hanno poco a che vedere con gli autentici contenuti della fede; - alla tentazione anticristiana dei violenti che disperano nel dialogo e nella riconciliazione, e sostituiscono le soluzioni politiche con il potere delle armi, o con l'oppressione ideologica; - alla seduzione delle ideologie che pretendono di sostituire la visione cristiana con gli idoli del potere e della violenza, della ricchezza e del piacere; - alla corruzione della vita pubblica o dei mercanti di droga e di pornografia, che minano la fibra morale, la resistenza e la speranza dei popoli; - all'azione degli agenti del neomalthusianesimo che vogliono imporre un nuovo colonialismo ai popoli latinoamericani; soffocando la loro potenza vitale con pratiche contraccettive, con la sterilizzazione, la liberalizzazione dell'aborto e disgregando l'unità, la stabilità e la fecondità della famiglia; - all'egoismo dei "soddisfatti" che costituiscono attualmente una minoranza opulenta privilegiata, mentre vasti settori del popolo soffrono condizioni di vita difficili e perfino drammatiche, in situazioni di miseria, di emarginazione e di oppressione; - alle interferenze di potenze straniere, che perseguono i propri interessi economici, interessi di parte o ideologici, e riducono i popoli un campo di manovra al servizio delle proprie strategie" (Omelia a Santo Domingo, 12 ottobre 1984).


7. Pieno di speranza e di fiducia in Gesù, benedico con tutto il cuore questa nuova evangelizzazione del Cile, destinata a dare, con la grazia di Dio, molti frutti nella vostra patria, nell'America Latina e nel mondo.

In questi nove anni tutta la Chiesa latinoamericana eleva a Maria, Madre di Dio e Regina dell'America, Madre e Regina del Cile, questa filiale preghiera: "Madre nostra santissima, / in quest'ora di nuova evangelizzazione, / prega per noi il Redentore dell'uomo; / che egli ci riscatti dal peccato / e da ciò che ci rende schiavi; / che ci unisca con il vincolo della fedeltà / alla Chiesa e ai pastori che la guidano. / Mostra il tuo amore di Madre ai poveri / a coloro che soffrono e a quanti cercano il regno di tuo Figlio. / Anima i nostri sforzi per costruire / un continente di speranza solidale / nella verità, nella giustizia e nell'amore".


8. "Prendi il largo - dice Gesù a Simon Pietro - e calate le reti per la pesca" (Lc 5,4).

Allora, per Pietro "il largo" si riferiva soltanto alle acque del lago di Genezaret. Più tardi, poco a poco, si offre allo sguardo dei pescatori-apostoli un orizzonte molto più ampio che abbraccia i confini del mondo, che giunge a questo oceano infinito dei misteri divini e a questo mare di anime che sperano nella salvezza di Dio: sono gli uomini e le donne con il cuore semplice che ripongono la fiducia nel Signore, che navigano a volte per i pericolosi mari della vita cercando un faro che li guidi, una speranza che dia significato al loro cammino.

Cristo, che ringraziava il Padre per aver rivelato i misteri del Regno "alla gente semplice" (Mt 11,25) ci invita ad aprire il nostro cuore al suo messaggio, poiché "ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini" (1Co 1,25).

Alla stessa imperscrutabile sapienza e alla stessa forza divina, si rivolgono, di generazione in generazione, i successori dei pescatori-apostoli, coloro che per primi portarono la luce del Vangelo nella vostra terra, e coloro che la portano oggi. E la portano nella comunità di tutto il Popolo di Dio, che nella croce e nella Resurrezione trova la sapienza e la fortezza.

Oggi che Dio ha concesso al successore di Pietro di poterlo ringraziare nella terra cilena insieme a voi, per il 500° anniversario dell'inizio dell'evangelizzazione dell'America, desidero con la mia preghiera abbracciare nel mio cuore tutti coloro che parteciparono a questa opera salvifica. Che il seme da essi piantato nella terra fertile dell'anima cilena, continui a produrre il cento per uno in frutti di amore, di verità, di libertà e di giustizia, perché in questa terra benedetta regni la pace.

Carissimi fratelli e sorelle! Benediciamo il Signore che con la sua croce ha mostrato la salvezza! Benediciamo il Signore perché "i confini della terra hanno contemplato la vittoria del nostro Dio".

Così sia.

1987-04-04 Data estesa: Sabato 4 Aprile 1987




Saluto e benedizione alla città di Concepcion - Cile

Titolo: Momento culminante di comunione ecclesiale

Testo:

Cari fratelli e sorelle, Sia lodato Gesù Cristo! 1. Guidato dalla divina Provvidenza giungo oggi nella vostra accogliente città, alla quale i suoi fondatori e i primi missionari dettero il nome della santissima Concezione, unendo in questo modo per sempre il suo nome al ricordo della Vergine Maria e ponendola sotto la sua materna protezione. Ed è una felice coincidenza che io giunga a voi di sabato, giorno che la Chiesa dedica alla memoria della Vergine.

In questa tappa del mio viaggio apostolico in terra cilena, desidero che tutto il popolo, con voce unanime, possa dire alla Vergine Maria, come le dico io: "Totus tuus": Tutto tuo sono, o Maria! La Vergine di Nazaret, la piena di grazia che si consacro interamente alla volontà del Padre, ci esorta a vivere in unione con lei e a iniettare le sue virtù e la sua fedeltà a Cristo in piena sintonia con il Vangelo, seguendo i suoi passi e meditando le sue parole, per renderle carne e vita nel mondo di oggi. In tal modo Dio continuerà a penetrare profondamente nella storia degli uomini come fece mediante l'incarnazione del Verbo, per opera dello Spirito Santo, con la cooperazione di Maria.


2. Saluto Monsignor Arcivescovo, il suo Vescovo Ausiliare, così come le autorità, i sacerdoti, i religiosi, le religiose, e tutto il Popolo di Dio di questa arcidiocesi di Concepcion. Vi ringrazio vivamente per la vostra cordiale accoglienza, e per la preparazione spirituale con cui avete voluto che questa visita del Papa fosse un momento culminante di comunione ecclesiale nella fede, nella preghiera e nell'amore! Vorrei poter entrare nelle vostre case, salutarvi personalmente, visitare e consolare i vostri ammalati; desidero farvi sentire la presenza amorosa di Dio, nostro Padre, nella rinnovata esperienza del fatto che la Chiesa è la famiglia di coloro che sono salvati in Cristo.

Soprattutto, in questo santuario domestico che è il focolare, nel quale si coltivano la fede e l'amore, di cui si nutrono le altre virtù e tutta la vita cristiana. Vorrei riunirmi con voi per pregare insieme Dio, Padre di misericordia e di ogni consolazione, che è nei cieli.

Nell'attesa di poter celebrare domani, domenica, giorno del Signore, l'incontro con Cristo l'Eucarestia, dedicato in maniera speciale ai do del lavoro, vi rinnovo il mio saluto e vi esprimo la gioia di poter stare in mezzo a voi e condividere i vostri sentimenti.


3. E' Cristo che ci unisce e ci convoca nel suo nome e con la sua presenza, quando insieme preghiamo il Padre, come faremo adesso, al termine della giornata, qui e dinanzi all'altare familiare delle vostre case.

Quando il giorno declina e arriva la notte, sembra che sgorghi spontanea sulle nostre labbra la preghiera dei discepoli di Emmaus "resta con noi perché si fa sera" (Lc 24,29). In questa giornata che termina e che vede nella vostra città di Concepcion il successore di san Pietro, insieme sentiamo la gioia di vedere compiuta la promessa di Gesù che è per sempre l'Emmanuele, il Dio con noi: "dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt 18,20).

Con la fede in questa presenza, rivolgiamo al Signore la nostra preghiera e affidiamo alla Vergine Maria, ricordando la sua santissima concezione, il frutto spirituale di questo pellegrinaggio apostolico in Cile proclamando che Cristo è la resurrezione e la vita.

1987-04-04 Data estesa: Sabato 4 Aprile 1987




Omelia alla Messa per i fedeli della regione e in particolare per il mondo del lavoro - Concepcion (Cile)

Titolo: "Amici miei lavoratori, il Papa fa sue le aspirazioni di giustizia che portate nel cuore"

Testo:

1. "Io sono la resurrezione e la vita" (Jn 11,25) Cari fratelli e sorelle, Sono felice di trovarmi in questa terra, che porta il nome di Maria nella sua concezione santissima e immacolata, dove mi è stata fatta un'accoglienza calorosa, che contraccambio con pari affetto e gratitudine. Il mio saluto di pace si rivolge al mio caro fratello, l'Arcivescovo, agli altri fratelli nel collegio episcopale qui presenti, a tutti i sacerdoti collaboratori nel ministero pastorale, ai religiosi, religiose, fedeli e, in una parola, a tutti gli abitanti di questa regione del paese, in particolare a coloro che sono venuti a partecipare a questa Eucaristia.

Saluto in questo giorno con affetto speciale il mondo del lavoro, che è sempre tanto vicino al mio cuore e alla mia esperienza. Se fosse possibile desidererei poter stringere la mano ad ognuno di voi, per manifestarvi il mio affetto e il mio apprezzamento per la vostra vocazione di lavoratori al servizio della società.

Tramite voi desidero salutare allo stesso modo tutti i lavoratori del Cile: coloro che si dedicano all'agricoltura, al lavoro in miniera, nelle industrie, alla pesca; coloro che esercitano il proprio lavoro nei villaggi, nelle città, negli uffici, nel commercio; gli imprenditori, tutti i lavoratori di concetto e gli operai che formano la grande comunità cilena del lavoro.

Celebriamo oggi la quinta domenica di Quaresima. Il Signore ha voluto che nel mio cammino pastorale, peregrinando in questa terra cilena, vivessimo insieme questa domenica già vicina al mistero pasquale nella sua presenza liturgica. Le parole di Cristo: "Io sono la risurrezione e la vita" suonano come un annuncio definitivo di questo mistero. Oggi desidero meditarle insieme a voi.


2. Il Signore ha voluto dire a tutti che egli è il principio di una nuova vita.

"Io sono la resurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà" (Jn 11,25).

Gesù pronuncio queste parole in Betania, dove ando immediatamente dopo aver rivelato ai suoi discepoli la notizia della morte di Lazzaro. Marta, sorella dell'amico defunto, ando incontro a Gesù e gli disse con dolore: "Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto. Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, egli te la concederà" (Jn 11,21-22).

Marta chiede, in questa maniera fiduciosa, un miracolo; chiede a Gesù che risusciti suo fratello Lazzaro, che lo riporti alla vita, tra coloro che più lo amano qui su questa terra.

Gesù risponde con parole che si riferiscono alla vita eterna: "chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo?" (Jn 11,26).

Non si tratta solo di restituire un morto alla vita sulla terra. Si tratta della vita "eterna"; della vita in Dio. La fede in Gesù è l'inizio di questa vita soprannaturale, che è partecipazione alla vita di Dio; e Dio è eternità. Vivere in Dio equivale a dire vivere eternamente (cfr. Jn 1,2 Jn 3,4 Jn 5,11ss).


3. Si potrebbe dire che, quando Gesù di Nazaret, alcuni giorni prima di morire sulla croce, giunge davanti al sepolcro del suo amico e lo resuscita, sta pensando ad ogni uomo, a noi stessi! Ha davanti a sé questo grande enigma dell'esistenza umana sulla terra, che è la morte. Gesù davanti al mistero della morte, ci ricorda (cfr. Jn 10,7) che egli è un amico e si manifesta a noi come porta che dà accesso alla vita.

Prima di rispondere a questo problema cruciale della vita dell'uomo sulla terra, con la sua propria morte e resurrezione, Gesù opera un segno.

Resuscita Lazzaro. Gli ordina di uscire fuori dal sepolcro, mostrando ai presenti il potere di Dio sulla morte: la resurrezione di Betania è un preavviso definitivo del mistero pasquale, della resurrezione di Gesù, del passaggio, attraverso la morte, verso la vita che non termina: "chiunque crede in me, anche se muore vivrà".


4. Davanti al sepolcro dell'amico Lazzaro, Cristo sta quasi toccando la radice stessa della morte dell'uomo, essendo questa, fin dal principio, una realtà legata al peccato.

La liturgia di questa domenica, calandosi in pieno in questa condizione dell'esistenza umana, ci invita a proclamare con le parole del salmo, "dal profondo del cuore": "Se consideri le colpe, Signore / Signore, chi potrà sussistere?".

La risposta a questa domanda ce la dà ancora il salmista: "presso il Signore è la misericordia / e grande presso di lui la redenzione. /Egli redimerà Israele / da tutte le sue colpe" (Ps 129/130,7-8).

Cristo, che si presenta in Betania davanti al sepolcro di Lazzaro, sa che la sua "ora" è vicina.

Precisamente questa è "l'ora" - l'ora della Pasqua che si avvicina - quando solo e senza altro appoggio che la fiducia nella potenza dello stesso Dio, si vedrà obbligato da dare una risposta personale alla domanda del salmista. Ma non a parole, bensi con il sacrificio redentore della propria morte sulla croce: la morte che dà la vita.

Egli è certamente colui di cui parla il salmista.

"Egli redimerà Israele". Egli dimostrerà, infatti, che in Dio "è grande la redenzione". Egli farà si che il peso dei peccati dell'uomo sia superato mediante la potenza salvifica della grazia. La morte, con la potenza della vita.

"Credi tu questo?" domanda Gesù a Marta. E con questa domanda interrogando i discepoli di tutti i tempi; lo domanda ad ognuno di noi in questa domenica di Quaresima, quando siamo già così vicini al giorno di Pasqua.


5. La fede nella vittoria della grazia sul peccato, nella vittoria della vita sulla morte del corpo e dell'anima, è spiegata da san Paolo nella sua Lettera ai Romani che abbiamo ascoltato in questa liturgia. Gesù, infatti, disse in Betania: "Io sono la resurrezione e la vita, chi crede in me non morrà in eterno".

E l'Apostolo lo spiega così: "E se Cristo è in voi, il vostro corpo è morto a causa del peccato, ma lo spirito è vita a causa della giustificazione" (Rm 8,10).

Cristo abita in noi mediante la fede e la grazia. Abita! Quindi in noi è anche presente il suo Spirito, lo Spirito Santo. perciò l'Apostolo aggiunge: "E se lo Spirito di colui che ha risuscitato Gesù dai morti abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voi" (Rm 8,11).

Non si tratta qui solo di risuscitare, di dare la vita in questa terra.

Si tratta, innanzitutto, della resurrezione alla vita eterna con Dio. Si tratta della partecipazione reale alla resurrezione di Cristo, mediante il dono dello Spirito Santo! 6. Quando Cristo domanda: "Credi tu questo?", la Chiesa, sua sposa, il suo corpo mistico, risponde di generazione in generazione con le parole del Simbolo apostolico: "Credo nella resurrezione della carne e nella vita eterna".

Crediamo, pertanto, che questa vita eterna, questa vita divina - della quale è segno la resurrezione di Lazzaro -, è già operante in noi, grazie alla resurrezione di Cristo. Questa prospettiva soteriologica e escatologica, difficile da accettare dai "sapienti" di questo mondo, è pero accolta con gioia dai "poveri e semplici" (cfr. Mt 11,25), è quella che rende possibile scoprire il valore soprannaturale che si può racchiudere in ogni situazione umana.

Il Concilio Vaticano II infatti insegna: "Con la sua resurrezione costituito Signore, egli, il Cristo cui è stato dato ogni potere in cielo e in terra, tuttora opera nel cuore degli uomini con la virtù del suo spirito, non solo suscitando il desiderio del mondo futuro, ma per ciò stesso anche ispirando, purificando e fortificando quei generosi propositi con i quali la famiglia degli uomini cerca di rendere più umana la propria vita e di sottomettere a questo fine tutta la terra" (GS 38). E facendomi portavoce di questo insegnamento, ho affermato nell'enciclica "Laborem Exercens": "Nel lavoro grazie alla luce che dalla resurrezione di Cristo penetra dentro di noi, troviamo sempre un barlume della vita nuova" (LE 27).

Questo barlume, continua ad irradiarsi per mezzo della resurrezione di Cristo e diffonde la sua luce sopra tutto il nostro lavoro per farci scoprire la meraviglia di una vita comune, come fu la vita di lavoro di Gesù a Nazaret. Il Signore volle assumere tutto ciò che era umano, e lo santifico, affinché potessimo percorrere in un nuovo modo, divino, tutti i sentieri di questo mondo; affinché potessimo santificare tutte le occupazioni oneste degli uomini. Ed è una realtà carica di conseguenze per l'intera famiglia umana.

In effetti "l'esistenza di Gesù di Nazaret, vero - Vangelo del lavoro - ci offre l'esempio vivente e il principio della radicale trasformazione culturale che è indispensabile per risolvere i gravi problemi che la nostra epoca deve affrontare" (Congregazione per la Dottrina della Fede "Libertatis Conscientia", 82).


7. La formazione di una "cultura del lavoro" costituisce una grande provocazione per la vita di ogni cristiano, e per tutta l'opera di evangelizzazione. Questa cultura deve essere caratterizzata da una grande responsabilità e amore per il lavoro, così come dal pieno riconoscimento della sua dignità. Il lavoro umano si presenta, infatti, "in tutta la sua nobiltà e fecondità alla luce dei misteri della creazione e della redenzione" (Congregazione per la Dottrina della Fede "Libertatis Coscientia"; cfr. Giovanni Paolo II LE 25).

In conformità con la propria dignità umana e cristiana, ogni onesto lavoro, intellettuale o manuale, deve essere effettuato in onore a Dio, e con la maggior perfezione possibile. così facendo, per umile e insignificante che possa sembrare, esso contribuirà al bene dell'uomo, ad ordinare cristianamente le realtà temporali e a manifestare la sua dimensione divina.

Cari fratelli, ricordo con un ringraziamento al Signore quegli anni di lavoro, spesso monotono e duro, passati insieme a tanti compagni con i quali trascorrevo la giornata, gomito a gomito. Si condivideva a volte il silenzio, la fatica e il sudore; parlavamo delle nostre gioie e delle nostre pene, in confidenza tra amici che sapevano comprendere, aiutare, scusare, perdonare.

Attraverso la mia esperienza di lavoro ho potuto dire che il Vangelo mi si presento sotto una nuova luce (cfr. Omelia per gli operai presso "Nova Huta", 2, 9 giugno 1979: "", II [1979] 1507).

Un Vangelo, che è buona novella, che è piena di fede e di speranza: "Io spero nel Signore, l'anima mia spera nella sua parola" (Ps 129/130,5).

Senza dubbio, molte volte non ascoltiamo ciò che il Signore ci sta dicendo e, forse, perdiamo la speranza, perché non speriarlo nella sua parola.

Cari uomini e donne di queste terre tra l'Oceano Pacifico e la Cordigliera delle Ande: il successore di san Pietro è venuto a stare con voi per confermare la vostra fede, e rafforzare la vostra speranza.

I cristiani amano il mondo, e tante cose buone che sono nel mondo, perché sono venute dalle mani di Dio; ma non pongono la loro speranza finale in questo mondo. La nostra speranza è Gesù Cristo, il Verbo di Dio che si è fatto uomo e che, dopo la morte, è resuscitato. La nostra speranza non è vana e non rimarrà delusa.


8. La vita di Gesù di Nazaret ci offre la base per una visione del mondo del lavoro, che deve dare al lavoro quel significato che esso ha agli occhi di Dio (cfr. Giovanni Paolo II LE 24).

La sfida che pone oggi il lavoro umano non è solo la sua organizzazione esterna, perché sia esercitato in condizioni veramente umane, ma soprattutto la sua trasformazione interiore, perché sia effettuato con un impegno giornaliero, con pienezza di significato, in accordo con il suo significato ultimo all'interno del disegno divino di salvezza dell'uomo e dell'universo.

Ed è proprio in questo vostro compito, reso gradito agli occhi di Dio, che dovete esercitare le virtù umane e cristiane: la vostra fede, si confermerà se vedrete sempre la mano del Padre nostro anche negli eventi di minore importanza; rafforzerete la speranza, considerando il lavoro redentore di Cristo; svilupperete la carità nella misura in cui corrisponderete l'amore che il Signore vi dimostra in ogni momento. Le relazioni umane e professionali, che il vostro lavoro implica, devono alimentare continuamente la vostra conversazione con Dio nella preghiera, come figli con il Padre; i problemi e i fallimenti ai quali è esposto colui che esercita un attivita umana, vi renderanno più umili e comprensivi verso gli altri.

I successi e le gioie vi inviteranno a rendere grazie, e a pensare che non vivete solo per voi stessi, ma per il servizio di Dio e del prossimo.


9. Tutto questo, cari fratelli, sembra molto difficile da ottenere. Pero non si deve giudicare come una utopia la solidarietà tra tutti i lavoratori, in tutto l'ordine economico, bisogna impegnarsi con rinnovata speranza in questo urgente compito cristiano che vi aspetta: costruire la civiltà del lavoro, che è civiltà della giustizia ma, innanzitutto, "civiltà dell'amore"! Permettetemi di insistere su questo aspetto, forse alcuni tra di voi, sentendo parlare della "civiltà dell'amore", penseranno che il Papa non conosce nè si identifica con i problemi che sono la vera preoccupazione e inquietudine di tanti lavoratori, molti dei quali padri e madri di famiglia, di questo amatissimo Cile.

Non è così! Conosco molto bene le preoccupazioni che rendono inquieti i vostri animi, molte di esse sono collegate ai problemi di giustizia sociale, che esigono da parte di tutti un intervento deciso per cercare di risolverli. Penso alla prolungata situazione di disoccupazione e sospensione dal lavoro di tanti lavoratori, - qui e in molti altri luoghi del mondo - la quale, quando raggiunge determinati livelli, "costituisce un problema etico, spirituale, perché è sintomo della presenza di un disordine morale esistente nella società, quando si infrange la gerarchia dei valori" (Discorsi a Barcellona, 7 novembre 1982).

Non trascuro nemmeno il problema delle retribuzioni del lavoro che deve tenere conto delle responsabilità familiari di ogni lavoratore; e nemmeno la questione del trattamento specifico del lavoro delle donne, in modo da permettere loro di svolgere il lavoro della casa e di compiere i propri doveri di madri e spose (cfr. LE 19).

L'accesso di tutti ai beni necessari per una vita umana, personale, familiare, degna di questo nome, è una esigenza della giustizia sociale (Congregazione per la Dottrina della Fede "Libertatis Conscientia", 86).

Conosco le vostre legittime rivendicazioni sindacali, per ciò che riguarda la difesa dei vostri diritti. Ma non bisogna dimenticare che ai diritti corrispondono anche dei doveri da compiere.

Si, amici miei, tengo molto presenti tutti questi desideri; potete stare sicuri che il Papa fa sue le aspirazioni legittime di giustizia che portate nel cuore, perché sa che è in gioco la vostra dignità di uomini e di cristiani! Ancor più, alla luce della resurrezione di Gesù Cristo, desidero dirvi che solo l'amore, con l'esempio di Cristo, è capace di dare una soluzione autentica e duratura ai vostri problemi.

Nell'enciclica "Dives in Misericordia" ho scritto: "l'esperienza del passato e del nostro tempo dimostra che la giustizia da sola non basta e che, anzi, può condurre alla negazione e all'annientamento di se stessa, se non si consente a quella forza più profonda che è l'amore, di plasmare la vita umana nelle sue varie dimensioni" (DM 12). Ed è così perché: "l'amore cristiano anima la giustizia, la ispira, la scopre, la perfeziona, la rende possibile, la rispetta, la innalza, la supera; ma non la esclude, non la ingloba, non la sostituisce, ma la presuppone e la esige, perché non esiste vero amore, vera carità, senza giustizia. Non è infatti la giustizia la misura della carità?" (Discorso agli operai nell' officina "Solvay" presso Livorno, 10, 19 marzo 1982: "Insegnamenti di Giovanni Paolo II", V, 1 [1982] ). Una vera cultura del lavoro deve essere cultura della giustizia, per giungere ad essere anche una civiltà dell'amore. Questa è la visione integrale della dottrina sociale della Chiesa che in tempi tanto difficili per molti popoli, non cessa di proporre e di ripetere per essere fedele al messaggio di Cristo lavoratore.

Per tutto questo, conoscendo i vostri problemi e, insieme, il valore umano e spirituale del popolo cileno, popolo che ha la sua carità, la sua tradizione e la sua dignità, ho desiderato ricordarvi la necessità di vivere, in mezzo agli avvenimenti di ogni giorno, una vita ispirata ai valori spirituali e soprannaturali, della quale è segno la resurrezione di Lazzaro.

La resurrezione è segno di questo contenuto profondissimo che si ritrova nel lavoro umano; la resurrezione si ottiene attraverso il lavoro. Non è lavoro che porta alla morte, è lavoro che porta alla resurrezione. E' una coincidenza straordinaria quella che ci viene offerta dalla liturgia di questa quinta domenica di Quaresima: la resurrezione di Lazzaro. E una coincidenza provvidenziale! Nel contesto di questo avvenimento, Gesù parla al mondo del lavoro, ai lavoratori cileni. Non esistono divergenze, al contrario, convergenze perché il lavoro umano si vede profondamente nelle sue intime implicazioni umane e cristiane attraverso la resurrezione di Cristo. E' attraverso la partecipazione alla croce di Cristo che si giunge alla resurrezione. E' questo il mistero del lavoro umano che il Papa viene ad annunciare a tutti voi, lavoratori, fratelli e sorelle di questo grandissimo paese.

Il Signore desidera toglierci dal nostro sepolcro, da una vita senza altro orizzonte che la materia, senza importanza, che si preoccupa solo dei problemi di questa terra e che molte volte è soggetta alla catena dell'odio, dello scontro, o dell'egoismo di ogni tipo. "Quelli che vivono secondo la carne non possono piacere a Dio" (Rm 8,8), e aggiunge: "Voi pero non siete sotto il dominio della carne, ma dello Spirito, dal momento che lo Spirito di Dio abita in voi" (Rm 8,9).

Il Signore desidera che la vita terrena si impregni di questa vita eterna, e divina, secondo lo Spirito, che è la vita della carità, che è la vita della resurrezione. Coloro che vivono secondo la carne non possono piacere a Dio.

Voi vivete secondo lo Spirito, si, lo Spirito dimora in voi. Ogni giorno di più si rende necessario che i cristiani proclamino sempre più forte - soprattutto con l'esempio della nostra vita - che la massima dignità del lavoro consiste nell'amore con il quale viene compiuto. E in questa prospettiva sociale, autentica, ma sempre nella prospettiva della civiltàell'amore. E' questa la civiltà annunciata da Cristo crocifisso e resuscitato.


10. Dopo i cinquanta giorni del tempo pasquale, con la prossima festa di Pentecoste, inizierà per tutta la Chiesa il preannunciato Anno Mariano, in preparazione del terzo millennio dall'incarnazione del Verbo nel seno della Vergine santissima.

Maria, "Memoria della Chiesa" (Giovanni Paolo II "Omelia per la solennità di Maria santissima Madre di Dio", 7, 1° gennaio 1987, p.7), ci prenderà per mano per apprendere ciò che lei ci insegna con la propria vita. Più di una volta ho ricordato come, da tanti secoli, i cristiani si sono uniti a Maria durante il loro lavoro, tramite la recita dell'Angelus o l'espressione di gioia pasquale del Regina coeli. La generosità nell'offrire spazi del tempo comune alla pietà mariana farà si che il Signore, per intercessione di sua Madre, vi conceda tutto ciò di cui avete bisogno per i vostri compiti spirituali e temporali. E lo chiedo di cuore a Dio nostro Padre nel cui nome benedico tutti i presenti e le vostre case.

Ricordate durante il vostro lavoro, questo mistero primario della nostra fede, l'Incarnazione: "E il Verbo si è fatto carne". Ricordate questo mistero che conduce alla morte e alla resurrezione, per lavorare meglio, per non dimenticare mai questa dimensione umana con tutte le sue implicazioni, che ha inoltre una dimensione divina. Il Creatore ci ha dato l'esempio quando creo il mondo: siamo suoi collaboratori, cari fratelli e sorelle, siamo suoi collaboratori! E' Dio creatore, è Gesù Cristo lavoratore, è Gesù Cristo crocifisso e resuscitato. Amen.

1987-04-05 Data estesa: Domenica 5 Aprile 1987





GPII 1987 Insegnamenti - Celebrazione eucaristica per il V centenario dell'evangelizzazione - Puerto Montt (Cile)