GPII 1987 Insegnamenti - All'aereoporto di Buenos Aires - Argentina


1. Provo una gioia profonda ed una grande emozione, nel posare il piede per la seconda volta nel mio pontificato, su questa terra benedetta dell'Argentina.

Venni qui, la prima volta, nel giugno del 1982, in momenti particolarmente difficili per la vostra nazione, come messaggero della pace di Cristo. Ritorno ora di nuovo in visita pastorale per continuare il compimento della missione, che il Signore mi ha affidato, di evangelizzare e di essere maestro della fede, esercitando allo stesso tempo, come successore di Pietro, il ministero di confermare i miei fratelli. Chiedo a Cristo Gesù che durante i giorni che avro la gioia di vivere con voi, il seme del Vangelo penetri più profondamente in tutti gli ambienti di questa nobile e feconda terra argentina.

Questo viaggio nel cono sud del continente americano assume inoltre, un significato di particolare gratitudine verso il Signore per il dono della pace tra due popoli fratelli da uno e dall'altro lato delle Ande. Durante questi anni ho seguito da vicino la controversia, felicemente conclusasi, con la soluzione delle divergenze relative alla zona australe tra Argentina e Cile. E' per me ora motivo di grande soddisfazione poter celebrare uniti nel Signore la pace ristabilita, testimonianza eloquente delle radici profondamente cristiane che affratellano queste amate nazioni. Che Cristo, principe della pace, illumini e protegga sempre tutta l'America, conducendola lungo sentieri di solidarietà e di vera pace.


2. Vi ringrazio vivamente per la vostra accoglienza entusiasta e cordiale. Non mi è stato difficile accettare gli insistenti e amabili inviti che sia il Presidente della Repubblica come anche i Vescovi mi hanno rivolto per venire qui in Argentina.

La ringrazio, signor Presidente, e le porgo i miei saluti deferenti, manifestandole anche la mia profonda riconoscenza per le sue espressive parole di benvenuto. Estendo il mio saluto a tutte le autorità civili e militari qui presenti.

Ugualmente rivolgo il mio saluto più cordiale e fraterno ai signori Cardinali e a tutti gli altri fratelli Vescovi che sono venuti a ricevermi in nome di questa amata Chiesa argentina.

Il mio saluto affettuoso va anche ai sacerdoti, religiosi e religiose e a tutti i fedeli di questo nobile e caro paese. Avro occasione di incontrarmi con voi lungo il mio itinerario evangelizzatore che, partendo da questa capitale, mi condurrà ai Bahia Blanca, Viedma, Mendoza, Cordoba, Tucuman, Salta, Corrientes, Parana, e Rosario! Avrei voluto aggiungere a queste, altre località, dove anche ero stato invitato, per soffermarmi più a lungo nei tanti e diversi luoghi dove vivono e lavorano gli Argentini: i colli e le valli del nordest, la pianura del Chaco e il litorale, la Selva delle Missioni, la vastità della Pampa, l'altipiano Patagonico, e arrivare fino alla Terra del Fuoco, che è già terra di pace. Mi piacerebbe salutare personalmente tutti gli Argentini e sentirli parlare con i differenti accenti delle varie regioni. Poiché il tempo, necessariamente limitato, non me lo permette, sappiano gli Argentini che abitano dalla Quebrada del Humahuaca fino a Ushuaia, dal Aconcagua fino alle cateratte del Iguazù, che porto tutti, in questi giorni, nel mio cuore, che prego per tutti e che, dovunque mi trovi, il mio messaggio e la mia parola, che sono luce per le coscienze e coraggio per camminare sul sentiero della speranza, si rivolgono a tutti.

Ho particolarmente presenti i giovani argentini e coloro che verranno da altri paesi per celebrare insieme a me, la Domenica delle Palme, la Giornata Mondiale della Gioventù, nel segno dell'amore e della fraternità.


3. In questa visita pastorale, vengo ad annunciarvi il messaggio del Vangelo, lo stesso messaggio che predicarono in queste terre quasi cinquecento anni fa i primi missionari arrivati dalla Spagna; lo stesso che hanno continuato a diffondere nel corso di questi cinque secoli tanti evangelizzatori venuti in seguito; il messaggio che avete meditato intensamente durante i mesi precedenti il mio arrivo, con una missione preparatoria, che è stata sviluppata in accordo con gli orientamenti indicati per questa nuova e programmata tappa di evangelizzazione alla quale è ora prossima tutta l'America Latina.

Ho notato che qui avete scelto, come simbolo di questa nuova evangelizzazione, la croce piantata nella prima diocesi dell'America Latina nel 1511: è un gesto eloquente che, ricordando l'apostolo Paolo, invita a glorificarsi solo in Cristo, e "questi crocifisso" (1Co 2,2).

Oggi, incontrandoci quasi all'inizio del terzo millennio dell'era cristiana, e l'Argentina sta iniziando un nuovo periodo della sua storia, il successore di Pietro viene a visitarvi in nome di Cristo, e a lui raccomanda il suo pellegrinaggio apostolico in questa amata nazione. Chiedo all'Altissimo che le giornate che stiamo per vivere uniti nella fede e nella carità, producano abbondanti frutti di rinnovamento cristiano, di pace, solidarietà e concordia.

Vi invito quindi a pregare con me affinché tutti sappiano far fronte, con decisione e senza paura, alle grandi sfide dell'ora presente, e avanzare nel cammino del vero progresso integrale della vostra patria. In modo particolare chiedo ai malati, ai poveri e a tutti coloro che soffrono, che preghino Dio per le intenzioni pastorali del mio viaggio. Come prediletti dal Signore, voi siete sempre presenti nel mio affetto e nel mio cuore.


4. Trovandomi in Argentina, levo spiritualmente lo sguardo verso nostra Signora di Lujan, patrona di tutti gli Argentini. A lei desidero consacrare la vostra vita presente e il futuro dei figli di questa nazione. Sotto la sua protezione materna, e nel nome della Santissima Trinità, inizio questa visita di gratitudine al Principe della pace, in questa terra argentina benedetta.

Argentina, che Dio ti benedica!

1987-04-06 Data estesa: Lunedi 6 Aprile 1987




Al clero e ai fedeli - Cattedrale di Buenos Aires (Argentina)

Titolo: Siate veri cristiani in ogni momento della vita

Testo:

1. Nel mio primo saluto alla Chiesa in Argentina desidero esprimere quello stesso desiderio con il quale Gesù Cristo rincuorava gli animi dei suoi discepoli durante l'Ultima Cena, dicendo loro: "Vi lascio la pace, vi do la mia pace" (Jn 14,27).

Allo stesso modo si presento a loro il giorno della sua vittoria sulla morte: "Pace a voi!" (Jn 20,19).

Davanti al Popolo di Dio presente ora nella Cattedrale metropolitana di Buenos Aires, ai rappresentanti di questa arcidiocesi e di tutta la provincia ecclesiastica, così come alle numerose autorità, rinnovo con affetto e gioia il saluto che pochi minuti fa all'aeroporto, ho rivolto a tutto il paese. Pace a voi tutti! Ai vostri Vescovi, ai sacerdoti e religiose, a tutti i laici. Pace agli amatissimi fedeli argentini! Vi ringrazio profondamente per essere venuti fin qui. Nella mia visita pastorale in Argentina sarebbe mio desiderio potermi intrattenere con tutti ed ognuno per parlare con voi, ascoltare le vostre confidenze come un padre, come un amico. Ma siate certi che il mio affetto e la mia sollecitudine pastorale vi accompagnano, e che, in Cristo, siamo intimamente uniti nella fede. Quando tornerete nelle vostre diocesi, portate a tutti questo saluto del Papa, e manifestate la mia gioia per gli incontri che, con l'aiuto di Dio, vivremo durante queste giornate.


2. Ci troviamo in questa Cattedrale, la cui prima costruzione fu commissionata nel 1620 dal primo Vescovo di Buenos Aires, fra' Pedro de Carranza, e che - come tutti i templi cristiani - è la casa del Signore, luogo di preghiera e di incontro con Dio. Nel tabernacolo è realmente e veramente presente nostro Signore Gesù Cristo, nascosto sotto le specie sacramentali; e, come scrisse il mio venerato predecessore il Papa Paolo VI, da li "restaura i costumi, alimenta le virtù, consola gli afflitti, fortifica i deboli, e sollecita alla sua imitazione tutti coloro che si accostano a lui" ("Mysterium Fidei", 3 settembre 1965).

La Chiesa desidera inoltre che noi vediamo, nel tempio materiale, il simbolo che ci spinge alla edificazione spirituale della famiglia cristiana. così ci ricorda il Concilio Vaticano II: "Più spesso ancora la Chiesa è detta l'edificio di Dio (1Co 3,9)! Il Signore stesso si è paragonato alla pietra rigettata dai costruttori e divenuta pietra angolare (cfr. Mt 21,42 Ac 4,11 1P 2,7 Ps 117,22). Sopra quel fondamento la Chiesa è stata costruita dagli apostoli (cfr. 1Co 3,11) e da esso riceve stabilità e coesione. Questa costruzione viene chiamata in varie maniere: casa di Dio (cfr. Tim 3,15), nella quale abita la sua famiglia, la dimora di Dio nello Spirito (cfr. Ep 2,19-22), "la dimora di Dio con gli uomini" (Ap 21,3) e soprattutto tempio santo..." (LG 6).

In questa edificazione, noi cristiani siamo "come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo" (1P 2,4). Pietre vive della Chiesa! Quanto è bella questa espressione di san Pietro! "Pietre vive, formate nella fede, irrobustite dalla speranza e unite per mezzo della carità" come ha scritto sant'Agostino (sant'Agostino, Sermo 337, 1). Questo è ciò che il Signore vuole che siamo: pietre vive, poggiate saldamente in Cristo, pietra angolare dell'edificio della Chiesa. Soltanto in Cristo è la salvezza, come ha proclamato l'apostolo Pietro davanti al sinedrio: "In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati" (Ac 4,12).

Affinché ognuno di noi sia pietra viva resistente, dobbiamo appoggiarci alla solida base della pietà - che è amore sincero per Gesù Cristo - e della fede cristiana, della dottrina salvifica trasmessa fin dai tempi degli apostoli di generazione in generazione, che ha sostenuto il Popolo di Dio in questi venti secoli e lo seguirà mantenendosi ferma fino alla fine dei tempi.


3. Sulla strada per venire fino qui ho potuto constatare il fervore e l'entusiasmo che questo grande popolo argentino riserva alla persona del successore di san Pietro. Il Signore disse al principe degli apostoli: "E io ti dico: tu sei Pietro e su questa pietra edifichero la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa" (Mt 16,18). Di nuovo appare qui il fondamento, la pietra viva. Certamente, se manifestate un tale affetto per il Papa, non è tanto per la mia persona, quanto per nostro Signore Gesù Cristo che, nei suoi disegni divini, mi ha scelto come pastore universale della Chiesa, pastore indegno.

Lo stesso san Pietro ascolto queste parole dal Signore: "Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli" (Lc 22,31-32). Spinto da questo mandato di Gesù vengo in Argentina in questa visita pastorale come vostro servitore, come maestro della fede, per rafforzare la vostra fedeltà alla dottrina di Gesù, pregando e meditando insieme la parola di Dio.

Mi aspetto molti frutti da questo pellegrinaggio apostolico, frutti di rinnovamento spirituale, di fedeltà alla Chiesa, di servizio ai fratelli.

Già fin da ora vi esorto, cari fedeli di tutta l'Argentina, a ravvivare in voi "la fede che opera per mezzo della carità" (Ga 5,6), affinché in questo modo diate testimonianza della vostra condizione di cristiani in ogni momento della vostra vita. Conto sull'appoggio delle vostre preghiere ferventi, perché questi desideri diventino realtà.


4. Lo chiedo ora a Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, ricordando che questa storica Cattedrale è dedicata alla Trinità, e che Juan de Garay e i suoi compagni arrivando in questa città l'11 giugno del 1580, domenica della Santissima Trinità, decisero di chiamarla Città della Trinità.

La santissima Vergine, invocata come santa Maria di Buenos Aires e nostra Signora di Lujan, guidi i nostri passi durante questo pellegrinaggio apostolico in terra argentina. così sia.

1987-04-06 Data estesa: Lunedi 6 Aprile 1987




Incontro con i dirigenti politici argentini nella "Casa Rosada" - Buenos Aires (Argentina)

Titolo: Senza il rispetto di norme etiche è impossibile una degna convivenza

Testo:

Eccellentissimo signor Presidente, Autorità della Repubblica Federale Argentina, Eccellenze, Signore e Signori.


1. Sono molto felice di poter avere, all'inizio della mia seconda visita pastorale in questa amata nazione argentina, questo incontro tanto significativo nella Casa Rosada. Rivolgo il mio saluto, con rispetto e stima, a Sua Eccellenza il signor Presidente della Repubblica - a cui va la mia gratitudine per le sue parole di benvenuto -, ai membri della Corte Suprema di Giustizia, ai signori Ministri e ai Segretari di Stato, ai membri del Congresso, ai rappresentanti dei partiti politici e alle altre persone qui presenti che svolgono il proprio lavoro al servizio dei loro concittadini! Voglio inoltre rinnovare la mia gratitudine al Governo per il gentile invito a tornare in Argentina, così come per il suo diligente e puntuale contributo a tutte le fasi di preparazione e di sviluppo di questo viaggio. Il mio riconoscimento si estende all'intera nazione, che ha voluto ancora una volta accogliere il Papa con la sua ormai tradizionale e ben nota ospitalità.


2. Questa visita, come quella di cinque anni fa, e in sintonia con tutte le mie peregrinazioni apostoliche, si inscrive nell'ambito del ministero apostolico, o meglio, del dovere imposto dallo stesso Cristo a Pietro e ai suoi successori nel corso dei secoli: confermare i suoi fratelli nella fede (cfr. Lc 22,32)! A questa costante motivazione pastorale, si aggiunge in questo viaggio una circostanza di non comune rilievo: vengo questa volta in tempo di pace, con il desiderio di commemorare la felice conclusione della mediazione papale tra i popoli fratelli dell'Argentina e del Cile nella controversia sulla zona australe.

Entrambi i paesi hanno dimostrato al mondo che, sulla base delle loro comuni radici storiche, culturali e cristiane, e grazie alla volontà, di concordia dei loro governanti e delle loro istituzioni, è possibile costruire una pace decorosa, solida e giusta. La mia presenza, ora, nel cono sud del continente americano mira inoltre a consolidare ulteriormente i vincoli di fraternità tra i popoli che compongono la grande famiglia latinoamericana.


3. In presenza di coloro che guidano i destini del paese e si dedicano totalmente all'attività politica, giuridica e amministrativa, vorrei oggi attestare che la Chiesa ha una grande stima per un compito così importante. Il Concilio Vaticano II afferma che la politica è un'arte "così difficile ma insieme così nobile" (GS 75). Questa dignità dell'attività politica è di per sé degna di rilievo; basta considerare la sua propria finalità, cioè, essere al servizio dell'uomo e della comunità, e promuovere incessantemente i loro diritti e le loro legittime aspirazioni. Da ciò consegue la preminenza dei valori morali e della dimensione etica, che deve essere salvaguardata, nonostante le contingenze dell'agire umano o degli interessi contrapposti.

Il potere politico, che costituisce il vincolo naturale e necessario per assicurare la coesione del corpo sociale, deve porsi come finalità la realizzazione del bene comune.

E' vero che non tutti gli ambiti della vita personale e sociale sono soggetti alla competenza diretta della politica; ma non è meno vero che uno dei doveri imprescindibili di quest'attività specifica, oltre ad osservare il dovuto rispetto per le legittime libertà degli individui, delle famiglie e dei gruppi sussidiari, è quello di creare e potenziare il progresso di tutte le condizioni sociali che favoriscono il bene autentico e completo della persona, sola o associata, evitando al tempo stesso quanto si oppone o ostacola l'espressione delle sue dimensioni autentiche o l'esercizio dei suoi diritti legittimi (cfr. MM 65).

All'interno di questa vasta gamma di condizioni che configurano il bene comune della società civile, è certamente compito dello Stato porre una particolare attenzione alla moralità pubblica, attraverso disposizioni legislative, amministrative e giuridiche opportune, che assicurino un ambiente sociale in cui viga il rispetto delle norme etiche, senza le quali una degna convivenza umana si rende impossibile. E' questo un compito particolarmente urgente nella società contemporanea, dal momento che si vede colpita al vivo da una grave crisi di valori che si ripercuote negativamente in vasti settori della vita personale e della stessa società. L'esigenza immediata di valori morali, che a loro volta debbono permeare la gestione dei poteri pubblici, è una scelta decisa a favore della verità e della giustizia nella libertà, la quale deve riflettersi negli strumenti istituzionali e legali che regolano la vita della comunità civile.

perciò, sarà sempre dovere imprescindibile della autorità pubblica la tutela e la promozione dei diritti umani, anche in situazioni di estrema conflittualità, rifuggendo dalla frequente tentazione di rispondere alla violenza con la violenza.

D'altra parte, la tutela costante della moralità pubblica è inseparabile dalle altre funzioni dello Stato. Infatti, sappiamo bene che una degenerazione progressiva della moralità pubblica crea pericoli più o meno latenti contro i diritti e le libertà dell'uomo, e anche contro la sicurezza della comunità; inoltre mette in discussione importanti valori dell'educazione e della cultura comune e, in definitiva, pregiudica gli ideali che danno coesione e significato alla vita nazionale. La piena ristabilizzazione delle istituzioni democratiche costituisce un momento privilegiato perché gli Argentini siano sempre più coscienti del fatto di essere tutti chiamati a partecipare responsabilmente alla vita pubblica, ciascuno al proprio posto. Esercitando i loro diritti e adempiendo ai loro doveri civili, contribuiranno decisamente al bene comune del paese.

Speriamo si raggiunga in questo modo un senso rinnovato della fraternità sociale come spetta ai membri vivi di questa grande comunità che è la patria argentina! 4. La Chiesa riconosce, rispetta e incoraggia la legittima autonomia delle realtà temporali, e in modo specifico di quella politica. La sua missione si colloca su un piano diverso: essa è "il segno e la salvaguardia del carattere trascendente della persona umana" (GS 76).

Ciò nonostante, il messaggio cristiano è portatore di una buona novella per tutti; anche per il mondo politico, economico e giuridico. Quando l'autorità della Chiesa, nell'ambito della propria missione, proclama la dottrina cristiana o esprime giudizi di carattere morale sulle realtà di ordine politico, e quando favorisce la promozione della dignità e dei diritti inalienabili dell'uomo, cerca soprattutto il bene integrale della comunità politica, e, infine il bene integrale della persona. Allo stesso tempo, la Chiesa riconosce che spetta ai laici cattolici, nel vasto campo delle questioni politiche, trovare, di fronte a questioni che possono dar luogo a diverse soluzioni quelle compatibili con i valori evangelici. Unitamente a tutti gli uomini che desiderano promuovere il bene della comunità, essi hanno la grande responsabilità di ricercare e applicare soluzioni veramente umane alle sfide poste dai nuovi tempi e dalla convivenza sociale. La Chiesa prende parte alle migliori aspirazioni degli uomini e propone loro ciò che le è proprio: "Una visione globale dell'uomo e dell'umanità" (PP 13).

Sia lo Stato che la Chiesa, ciascuno nel suo proprio campo e con i propri mezzi, sono al servizio della vocazione personale e sociale dell'uomo. Si apre così un ampio spazio per il dialogo e per diverse forme di cooperazione, partendo sempre dal reciproco rispetto alla propria identità e alle funzioni proprie di ciascuna delle due istituzioni.

L'ormai lunga storia della vostra patria, legata da molteplici vincoli all'eredità cristiana che ha ricevuto, lo dimostra con notevole eloquenza. In questa traiettoria sono andate strutturandosi le condizioni propizie affinché la collaborazione tra la Chiesa e la comunità politica sia particolarmente feconda.

Spero che nel futuro, con creatività e dinamismo, si incrementi l'aiuto reciproco, la comprensione e il rispetto, manifestati in forme adeguate di cooperazione, e questo a beneficio sia dell'attività politica sia della Chiesa, "esperta in umanità", che mostrerà la forza integratrice dell'azione - sempre con un fine trascendente -, secondo la felice espressione del mio predecessore Papa Paolo VI.

L'incessante perseguimento di questi obiettivi porterà risultati estremamente positivi a tutti i figli di questa terra e, in virtù dell'apertura al resto del mondo che vi distingue, costituirà una valida testimonianza, oltre che un notevole stimolo, nel nobile disegno di costruire una civiltà della verità e della giustizia, dell'amore e della libertà.


5. In questi momenti di particolare importanza per il futuro del paese, avete motivi sufficienti che vi inducono a guardare con speranza al futuro: avete il vigore di una nazione giovane, che ha accumulato esperienze storiche ricche e molteplici.

Raccomando a Dio onnipotente, per l'intercessione materna di nostra Signora di Lujan, questa nuova tappa della vostra vita nazionale, affinché l'Argentina si avvicini al quinto centenario dell'inizio dell'evangelizzazione dell'America, e al terzo millennio della era cristiana con una maturità e una saggezza rinnovate, con un ottimismo e un vigore crescenti. Sono sicuro che in tal modo questa nazione, che occupa un posto importante nell'ambito della comunità internazionale, continuerà a dare molti risultati per quanto riguarda la convivenza umana e cristiana, qui e in tutto il mondo.

Che la benedizione dell'Altissimo discenda su di voi, sulle vostre famiglie, sulle vostre nobili attività, e su tutti gli Argentini e le Argentine ai quali desiderate prestare il vostro servizio.

1987-04-06 Data estesa: Lunedi 6 Aprile 1987




Al Corpo Diplomatico accreditato a Buenos Aires - Argentina

Titolo: La visita in America Latina è un servizio alla solidarietà fra le nazioni

Testo:

Eccellenze, Signore, Signori.


1. Mi è sommamente gradito poter incontrare gi voi, membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Repubblica Argentina, a distanza di poche ore dal mio arrivo in questa capitale. Nei miei viaggi apostolici, questo appuntamento costituisce ormai una tradizione che mi consente, in ogni paese, di incontrare i rappresentanti delle nazioni di tutto il mondo, che, con questa nobile e delicata missione, servite.

Ringrazio cordialmente il signor Nunzio Apostolico, Decano del Corpo Diplomatico, che si è fatto portavoce del vostro saluto di benvenuto oltre che qualificato interprete dei vostri sentimenti e desideri di contribuire all'armonia e alla concordia tra i popoli.


2. Questa visita ai paesi più meridionali del continente americano vuole essere, per quanto mi riguarda, quale pastore della Chiesa cattolica, che è universale, un servizio alla convivenza pacifica e solidale tra le nazioni.

In effetti, questo viaggio, nel quadro della missione pastorale, obbedisce tra gli altri ad un motivo di ordine internazionale, legato alla grande causa della pace: sono venuto per ringraziare Dio e per congratularmi con il popolo argentino e cileno, e con i governanti, per il felice esito della lunga controversia australe, che stava per provocare un conflitto armato. Animato unicamente dal desiderio di cooperare per la pace tra le nazioni, decisi di impegnare la Santa Sede in una azione di mediazione. Con questo stesso spirito sono venuto oggi per ringraziarvi e congratularmi con entrambi i paesi.

Argentina e Cile hanno dimostrato, in un momento difficile e complesso, che è possibile trovare una soluzione giusta e pacifica ai conflitti internazionali, quando esiste un'autentica volontà di pace e di reciproca comprensione. Questa volontà garantisce che vi siano le condizioni per un dialogo franco e costruttivo, in cui ogni parte, salvaguardando i propri diritti, interessi ed aspirazioni legittime, mostra comprensione ed apertura verso le posizioni dell'altra, per giungere così ad una soluzione negoziata. In questo modo i governanti si fanno interpreti dei profondi desideri di pace, che sono radicati nei cuori di tutti gli uomini di buona volontà, e aprono la strada alla necessaria cooperazione tra i loro paesi. Il Trattato di Pace e di Amicizia firmato dall'Argentina e dal Cile è una prova evidente di tutto ciò.


3. Il clima di autentica pace tra le nazioni non consiste nella semplice assenza di scontri armati, ma nella volontà cosciente e reale di cercare il bene di tutti i popoli, in modo che ogni Stato, nel definire la sua politica estera pensi soprattutto a dare un contributo specifico al bene comune internazionale. Per questo motivo, in occasione della Giornata Mondiale della Pace di quest'anno, ho proposto il tema: "Sviluppo e solidarietà: due chiavi per la pace".

Gli antichi egoismi nazionali o regionali e il sottosviluppo economico o culturale, rappresentano in realtà due gravi minacce per la pace, tra loro interdipendenti. Entrambe solo possono essere combattute e superate simultaneamente, in modo che lo sviluppo si trasformi in un'offerta di solidarietà fraterna (cfr. Annuncio per la Giornata Mondiale della Pace 1987, 7, 8 dicembre 1986: "", IX, 2 [1986] 1893).

La commissione pontificia "Iustitia et Pax", in un recente documento, ha richiamato l'attenzione della comunità internazionale su un problema che riflette l'urgenza e, allo stesso tempo, la radicalità di queste minacce alla pace: il debito con l'estero di molti paesi in via di sviluppo. E' necessario sottoporre a giudizio etico l'indebitamento internazionale in modo da evidenziare le responsabilità di tutte le parti e la profonda interdipendenza mondiale del progresso dell'umanità. Se non si raggiunge uno sviluppo armonico ed adeguato per tutte le nazioni, solidalmente condiviso, non si potranno gettare le basi di una pace stabile e duratura.


4. Nel rivolgermi a voi, che rappresentate i legittimi interessi delle vostre rispettive nazioni, desidero ricordare nuovamente la necessità che la vostra missione si muova sempre nell'orizzonte di questi grandi ideali di pace, di giustizia e di solidarietà tra tutti i popoli.

Nell'esercizio delle vostre funzioni come diplomatici, potrete contribuire a rafforzare i legami di comprensione e di concordia tra gli individui, i gruppi e le nazioni.

Questo è l'invito che oggi vi formulo in nome della Chiesa, che desidera continuare a diffondere dovunque il messaggio di Cristo, che è messaggio di pace e di amore. Argentina e Cile, unite da più di quattro secoli nella loro fede cristiana, hanno dimostrato che il Vangelo di Gesù Cristo è destinato a dare frutti di pace per il bene di tutta la famiglia umana.

Rinnovando la mia soddisfazione per questo incontro e il mio ringraziamento per la vostra presenza, chiedo all'Altissimo che benedica voi, le vostre famiglie e tutte le nazioni che voi rappresentate.

1987-04-06 Data estesa: Lunedi 6 Aprile 1987




Omelia alla Messa per l'evangelizzazione del mondo rurale - Bahia Blanca (Argentina)

Titolo: Consolidare le basi dell'umanesimo cristiano

Testo:

1. "Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra" (Mc 4,26).

Illuminati dalla parola di Dio, proclamata nella liturgia di oggi, desideriamo celebrare - per Cristo, con Cristo e in Cristo - questo santissimo sacrificio eucaristico di tutta la Chiesa.

Come pastore della Chiesa universale, è per me motivo di grande gioia esercitare - in questo sacrificio - il ministero sacerdotale in terra argentina, qui a Bahia Blanca, unito ai miei fratelli nell'episcopato e nel sacerdozio. La mia gioia è completa per la vostra presenza e partecipazione, vedendo che siete qui convenuti da diversi luoghi della Pampa argentina.

Non sapete quanto ho desiderato questo incontro! Saluto tutti con immenso affetto, specialmente coloro che in questa celebrazione rappresentano il mondo rurale. 1 testi biblici della liturgia di oggi sono veramente molto appropriati, poiché la maggioranza di voi, cari fratelli e sorelle, unisce la vocazione cristiana alla coltivazione della terra. Ma le mie parole vogliono arrivare al cuore di tutti, perché l'Apostolo dice che tutti siamo "il campo di Dio" (1Co 3,9).


2. Condividendo gli stessi sentimenti del salmista benediciamo il Signore: "Signore, mio Dio, quanto sei grande!... / Fai crescere il fieno per gli armenti / e l'erba al servizio dell'uomo, / perché tragga alimento dalla terra: / il vino che allieta il cuore dell'uomo; / l'olio che fa brillare il suo volto / e il pane che sostiene il suo vigore" (Ps 103/104,2.14-15).

Benediciamo Dio creatore che, fin dal principio, ha dotato la terra di così diverse e incalcolabili ricchezze.

L'uomo "getta il seme nella terra" (Mc 4,26), e subito "la terra produce spontaneamente, prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga" (Mc 4,28).

"Quando il frutto è pronto, subito si mette mano alla falce, perché è venuta la mietitura" (Mc 4,29).

Queste parole sono pronunciate dallo stesso Cristo, il quale nel suo Vangelo, si riferisce frequentemente al lavoro degli agricoltori.

Quando "è venuta la mietitura" si compie anche ciò che proclama il salmista: "Tutti da te aspettano che tu dia loro il cibo in tempo opportuno. Tu lo provvedi, essi lo raccolgono, tu apri la mano, si saziano di beni" (Ps 103/104,27-28). Il dono di Dio - la terra - e il lavoro dell'agricoltore si fondono intimamente. E' difficile trovare una attività nella quale l'uomo si senta così fortemente unito all'opera divina del Creatore.


3. Le letture della liturgia della santa Messa ce lo ricordano, facendo riferimento, prima di tutto, alla storia del popolo di Israele nella antica alleanza. Infatti, questo popolo peregrino nel deserto, per quaranta anni camminando verso la terra che Dio aveva promesso, "paese di frumento, di orzo, di viti, di fichi e di melograni; paese di ulivi, di olio e di miele; paese - continua il Deuteronomio - dove non mangerai con scarsità il pane, dove non ti mancherà nulla; paese dove le pietre sono ferro e dai cui monti scaverai il rame" (Dt 8,8-9).

Li, - ci dice il libro sacro - ti costruirai case confortevoli dove poter vivere, si moltiplicheranno le vacche e le pecore, avrai oro e argento in abbondanza (cfr. Dt 8,12-13).

Non sembra questa una descrizione della vostra terra? Cari figli di Bahia Blanca: so che avete meritatamente fama di lavoratori. E' sufficiente vedere come il lavoro della terra, realizzato con abnegazione e sacrificio, si armonizza nello stesso tempo con le altre fonti della produzione: pesca, commercio e industria.

perciò è importante che, proprio perché sfruttate questa generosa fecondità della terra, non vi dimentichiate mai l'esortazione biblica: quando cresceranno le tue ricchezze "il tuo cuore non si inorgoglisca in modo da dimenticare il Signore tuo Dio..! Guardati bene dal dimenticare il Signore tuo Dio così da non osservare i suoi comandamenti, le sue norme e le sue leggi" ().


4. Come vedete nelle letture della liturgia di questo giorno, risplende la verità sul Creatore e la verità sull'uomo. E' Dio che dà vita a tutte le creature, le mantiene continuamente in vita, e le mette costantemente in condizione di operare.

L'uomo, fin dal principio, è stato chiamato da Dio per "soggiogare la terra e dominarla" (Gn 1,28). Ha ricevuto dal Signore questa terra, come dono e come impegno.

Creato a sua immagine e somiglianza, l'uomo ha una speciale dignità.

E' padrone e signore dei beni depositati dal Creatore nelle sue creature. E' collaboratore del suo Creatore.

Per questo fatto non dovrà dimenticare, l'uomo, che tutti i beni, dei quali è pieno il mondo creato, sono dono del Creatore. così raccomanda la sacra Scrittura: "Guardati dunque dal pensare: la mia forza e la potenza della mia mano mi hanno acquistato queste ricchezze. Ricordati invece del Signore tuo Dio perché egli ti dà la forza per acquistare ricchezze, al fine di mantenere, come fa oggi, l'alleanza che ha giurata ai tuoi padri" (Dt 8,17-18).

Quanto è stata opportuna questa raccomandazione nel corso della storia umana! Quanto è opportuna specialmente nell'epoca attuale di fronte al progresso della scienza e della tecnica! L'uomo, infatti, contemplando le opere del suo ingegno, della sua mente e delle sue mani, sembra dimenticarsi ogni volta di più di colui che è il principio di tutte queste opere e di tutti i beni che racchiude la terra e il mondo creato.

Quanto più sottomette la terra e la domina, tanto più sembra dimenticarsi di colui che gli ha dato la terra e tutti i beni che essa contiene.

Unendo la mia voce a quella del salmista, desidero ricordare in questo felice giorno per Bahia Blanca, che la creatura senza il Creatore perde il suo significato, che quando l'uomo tenta di elevarsi prescindendo da Dio, cade nei più grandi abissi di inumanità. Al contrario, la fedeltà a Dio, la fede, la carità... sono il tesoro che permette di raggiungere la vera vita (cfr. 1Tm 6,11-19): mai l'uomo è così grande come quando riconosce la piena sovranità di Dio e lavora la terra cooperando con il Creatore.

Per questo, se desiderate che le vostre opere e i vostri impegni, acquistino una dimensione autenticamente umana e trascendente, dovrete realizzarle con lo sguardo rivolto a Dio e vedendo in esse un contributo all'opera creatrice, un atto di adorazione e di rendimento di grazie verso l'Onnipotente! Non è significativo che il pane e il vino, "frutti della terra e del lavoro dell'uomo" che offriamo nell'Eucaristia, diventino corpo e sangue del Signore? Sarebbe molto bello se tutte le vostre opere potessero diventare per mezzo di Cristo "ostie vive", in un lavoro redentore e santificante. In questo modo, anche voi, uomini della campagna, dareste una mano a consolidare le basi di un autentico umanesimo cristiano e di una teologia liberatrice del lavoro.

In questo senso, ricordate l'avvertimento di Gesù: "Che giova all'uomo guadagnare il mondo se poi si perde?" (Lc 9,25). State attenti perciò a non lasciare che i vostri affanni vi portino a "dimenticare il Signore". Pensate anche alla dignità che, come uomini e come cristiani merita il vostro lavoro e che deve caratterizzare tutti i vostri progressi.

Non permettete che pur di riuscire, questo stesso lavoro vi sminuisca. Cercate, piuttosto, di viverlo con pienezza cristiana, secondo la parola di Dio e gli insegnamenti della Chiesa.

Allontanate, perciò, ogni tipo di materialismo che è fonte di schiavitù: schiavitù rispetto ai beni materiali, che impediscono all'uomo la vera libertà di sentirsi figlio di Dio e fratello del nostro prossimo.


5. L'uomo sarà sempre più importante del proprio lavoro; la sua dignità va al di là delle sue opere, che sono solo frutto della sua attività. Comprenderete, perciò, che diventa sempre più urgente il fatto che nel mondo dell'agricoltura e dell'allevamento del bestiame, il primato dei valori spirituali prevalga come fermento di salvezza e di autentico progresso umano. A tal fine sarebbe bene imprimere nel profondo della coscienza il fermo proposito di impegnarsi affinché il peso della materia non spenga la fiamma dello spirito.

Di conseguenza, non lasciatevi affascinare da questa immagine moderna dell'avarizia che è il consumismo, che vi porterà a perdere le vostre sane abitudini umane e famigliari, e questa bellissima virtù degli uomini della campagna che è la solidarietà. Penso alle difficoltà, a volte imprevedibili, che colpiscono la gente delle campagne; penso, soprattutto alle gravi inondazioni che si sono abbattute sulle vostre coltivazioni e sulle vostre case, particolarmente in questa provincia. Queste circostanze sono state senza dubbio una occasione propizia per testimoniare la vostra solidarietà ai più bisognosi, per mostrare la vostra generosità e la vostra volontà di condivisione! 6. Cari fratelli e sorelle del mondo agricolo argentino, voi che con dedizione e onestà coltivate la terra, dovete coltivare con la stessa intensità la vita spirituale. L'anima, come la buona terra, ha bisogno di una cura attenta. Prima di tutto bisogna accogliere in essa il seme della parola di Dio e poi ascoltarla e seguirla perché produca un raccolto di vita eterna. Per questo desidero ricordarvi oggi che, proprio perché siete immagine di Dio, siete anche capaci di amarlo.

L'apertura al Creatore, la relazione con lui, è inscritta nel più intimo del vostro essere; che tutti coloro che lavorano nella campagna possano essere coscienti di questa speciale vocazione, che li porta ad essere collaboratori strettissimi dell'opera creatrice. Non lasciate che si perda questo tradizionale sentimento religioso e cristiano, che è legato intimamente alle radici della vostra cultura.

La Chiesa ha bisogno, oggi più che mai, di fedeli che sperimentino personalmente e trasmettano a tutta la comunità, questo messaggio luminoso della vita di Gesù: il lavoro quotidiano deve inserirsi nel piano divino di salvezza, il lavoro è una benedizione di Dio e fa parte della vocazione iniziale dell'uomo.

Con lo sguardo rivolto a Dio - ripeto - potete e dovete santificarvi senza allontanarvi dalle vostre occupazioni quotidiane, nella campagna, nella famiglia, con gli amici negli svaghi, nel riposo.

Ma, perché il lavoro umano sia realmente cooperazione con Dio, è necessario anche, cari uomini e donne di questa nobile terra, che nella vostra vita ci sia un rapporto assiduo con Dio, che osserviate le sue leggi e i suoi precetti. Di conseguenza dovete concedere uno spazio di tempo al culto divino, partecipando alla santa Messa la domenica e i giorni di festa, come espressione della vostra vita cristiana e del sentimento religioso che vi contraddistingue.

Avvicinatevi al sacramento della riconciliazione, che vi aiuterà a mantenere limpida e trasparente la vostra condotta morale e ricevete frequentemente il Signore Gesù realmente presente nell'Eucaristia. Ascoltate la parola di Dio e avvaletevi dei sacramenti istituiti da Cristo, come mezzo indispensabile per tutti: uomini e donne, giovani e adulti.

Non potete limitarvi al fatto di aver ricevuto il battesimo e la prima comunione e frequentare, solo ogni tanto, la chiesa! Sapete molto bene che affinché la campagna dia i suoi frutti, non è sufficiente un lavoro trascurato e stanco; bisogna lavorare la terra con vigore, bisogna concimarla e curarla perché dia un raccolto abbondante. Nello stesso modo, coltivate la fertile terra della vostra anima: leggete e meditate assiduamente la sacra Scrittura, rivolgetevi come figli a Maria santissima, impegnatevi attivamente nella vita della Chiesa, assecondate le direttive dei vostri pastori, dedicate tempo e mettete impegno nel formarvi come cristiani.

Dalla vita agricola e dalla pastorizia scaturiscono, come da una fonte inesauribile, costumi di grande valore umano: la amicizia generosa, la prontezza nel condividere, la solidarietà con i bisognosi, l'amore per la famiglia e la pace, il senso trascendente della vita. Sono virtù umane e cristiane che dovete mantenere e far crescere, perché sono i pilastri della vita famigliare e sociale nel presente e nel futuro dell'Argentina.


7. Infine desidero mettere in risalto alcune esigenze di quella solidarietà di cui abbiamo parlato, che è fondamento della convivenza pacifica, condizione, a sua volta, indispensabile di ogni vero progresso.

Certamente, bisogna eliminare una volta per tutte le condizioni di inferiorità in cui si trovano alcuni settori del mondo rurale, portati per questo a sentirsi socialmente emarginati. Allo stesso tempo devono scomparire la discriminazione e gli squilibri tra la città e la campagna, causa frequente di disinteresse per il lavoro della terra, e che produce fughe di massa verso la città dove, molte volte, le condizioni di vita sono anche peggiori. E, certamente, è urgente che lo sviluppo dell'industria e del commercio non gravino ingiustamente sul mondo agricolo. Urge, soprattutto, educare la gioventù rurale, con una adeguata preparazione in campo professionale, umano e cristiano affinché si possa dare valida risposta alle esigenze della moderna società argentina.

Raccogliete la sfida del nostro tempo, per organizzare nella campagna un'assistenza tecnica e culturale efficace: che la professionalità dell'agricoltore gli restituisca il suo amore per la terra, che possa contare su di una autentica tutela legale, lui e la sua famiglia, in caso di malattia, vecchiaia o disoccupazione; che i salari siano legati alla dignità dell'uomo che lavora e alle sue necessità personali e famigliari, e non alla fredda e, a volte, disumana legge di mercato. In una parola: che le condizioni di vita rurale siano autenticamente umane, degne dei cittadini di questo paese e degne dei figli di Dio.

La terra è un dono del Creatore a tutti gli uomini. Le sue ricchezze - agricole, di allevamenti, minerarie, ecc. - non possono essere ripartite tra un limitato numero di settori o categorie di persone, mentre altri rimangono esclusi dai loro benefici.

Mi vengono in mente, cari Argentini, tanti uomini e donne che pur essendo nati in altre nazioni, in tempi piuttosto recenti, sono venuti a lavorare tra di voi, considerandosi figli di questa nobile nazione. Come ho segnalato nella mia enciclica "Laborem Exercens": "L'emigrazione per lavoro non può in nessun modo diventare un'occasione di sfruttamento finanziario o sociale. Per quanto riguarda il rapporto di lavoro con il lavoratore immigrato, devono valere gli stessi criteri che valgono per ogni altro lavoratore in quella società" (LE 23).

Certamente, in determinate circostanze, questo modo di comportarsi può supporre uno sforzo eroico, ma non dimentichiamoci le parole dell'Apostolo: "Ai ricchi di questo mondo, raccomanda... di fare del bene, di arricchirsi di opere buone, di essere pronti a dare, di essere generosi" (1Tm 6,17-18).

Cari uomini e donne che lavorate nella campagna: avete diritto ad essere trattati come merita la vostra dignità di persone e figli di Dio! Ma allo stesso tempo, avete il dovere di trattare gli altri allo stesso modo! 8. "Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra" (Mc 4,26).

E se il regno di Dio, in Gesù Cristo, è dato come dono e come impegno a tutti gli uomini, a voi viene dato in modo particolare: a voi, figli e figlie di questa terra che coltivate "con il sudore della fronte" e con molte fatiche.

Siate coscienti di questa verità sul regno di Dio! Siate coscienti della vostra vocazione, insieme umana e cristiana! Siete chiamati in modo particolare a realizzare questa alleanza che Dio - Creatore e Padre - ha stabilito con l'uomo, fin dal principio, inviandolo a sottomettere e dominare la terra.

Figli e figlie di questa terra argentina: "al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno" (Lc 12,32).

Non dimenticatelo mai! così sia.

1987-04-07 Data estesa: Martedi 7 Aprile 1987





GPII 1987 Insegnamenti - All'aereoporto di Buenos Aires - Argentina