GPII 1987 Insegnamenti - Ai fedeli della Patagonia - Aereoporto "Gobernador Edgardo Castelo" di Viedma (Argentina)

Ai fedeli della Patagonia - Aereoporto "Gobernador Edgardo Castelo" di Viedma (Argentina)

Titolo: La Chiesa di Dio che è in Patagonia deve continuare ad essere missionaria

Testo:

1. "Lo Spirito del Signore è sopra di me; / per questo mi ha consacrato con l'unzione, / e mi ha mandato per annunziare ai poveri, / un lieto messaggio, / per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; / per rimettere in libertà gli oppressi, / e predicare un anno di grazia del Signore" (Lc 4,18).

Carissimi fratelli e sorelle.

Con queste parole del profeta Isaia, lette nella sinagoga di Nazaret, Gesù proclama gli obiettivi contenuti nella missione ricevuta dal Padre. "Mi ha mandato per evangelizzare i poveri" (cfr. Lc 4,18). Queste stesse parole vorrei che risuonassero oggi anche dentro di voi che, attraverso il battesimo, siete stati fatti partecipi della missione evangelizzatrice di Cristo.

Provo una grande gioia per essere potuto venire fino a Viedma, centro di irradiazione evangelica nella vasta regione della Patagonia, per manifestare l'amore del Papa a tutti e a ciascuno di voi. Desidero rivolgere il mio deferente saluto alle autorità della nazione qui presenti. Il mio saluto, insieme al mio fraterno affetto, va anche al Pastore di questa diocesi di Viedma, e agli altri cari fratelli nell'episcopato, che partecipate a questo incontro, in essi desidero salutare anche tutti gli altri fedeli della Patagonia: sacerdoti, religiosi e religiose, diaconi, catechisti e laici.

Questa visita pastorale vuole raggiungere spiritualmente, e attraverso i mezzi di comunicazione, tutti gli abitanti di Rio Negro, di Neuquen, di Chubut, di Santa Cruz e della Terra del Fuoco. Il mio messaggio di pace e di speranza in Cristo, il mio sincero affetto e le mie preghiere sono per tutti! Mi rivolgo in particolare al nobile popolo araucano e a tutti gli antichi abitanti di questo vasto altipiano: il Papa vi porta con sé nel più profondo del suo cuore.

La Chiesa si accinge a celebrare il V centenario dell'evangelizzazione dell'America Latina. E' senza dubbio, l'anniversario di un avvenimento di grande rilievo: l'arrivo della fede in questo continente. Lo Spirito Santo ci esorta a continuare la missione evangelizzatrice con nuovo slancio nelle condizioni del tempo presente. Per la Chiesa intera in America Latina si inaugura una nuova tappa nell'opera di evangelizzazione. Per questo, come pastore della Chiesa universale, esorto oggi tutti i membri della Chiesa che è al sud dell'Argentina affinché, sotto la guida dei suoi pastori, assumano con responsabilità la loro parte in questa grande missione: cioè far si che in tutti i figli e le figlie di questa terra risplenda la luce di Cristo, con sempre maggiore intensità.

Lo Spirito scenderà su ciascuno e renderà possibile questa grande opera, per la quale potete contare sull'aiuto materno di Maria Ausiliatrice, patrona della Patagonia.


2. Voi, amatissimi fratelli, siete i continuatori di una magnifica tradizione evangelizzatrice e missionaria, che da poco più di un secolo, è andata sviluppandosi mirabilmente in queste terre, grazie al costante zelo apostolico dei salesiani, unito a quello delle figlie di Maria Ausiliatrice. L'insediamento della Chiesa in Patagonia è legato all'attività infaticabile e all'abnegazione di quei missionari, uomini e donne, che lasciarono la loro patria per venire a predicare il Vangelo e dar vita a numerose opere di educazione, di assistenza sociale, di promozione umana e cristiana.

Tra questi, non posso fare a meno di ricordare Mons. Giovanni Cagliero, primo Vicario Apostolico della Patagonia settentrionale, e Mons. Giuseppe Fagnano, primo Prefetto Apostolico della Patagonia meridionale, la Terra del Fuoco e le Isole Malvine. Rendo grazie al Signore, con molta emozione, per la generosità e la dedizione di quegli uomini e donne, che furono i collaboratori di Dio che realizzarono la visione profetica di san Giovanni Bosco: l'evangelizzazione della Patagonia.

Viedma fu uno dei centri da cui si irradio quella prima azione missionaria. Da questa stessa città vi esorto a continuare ad adempiere al mandato missionario proprio della Chiesa, di diffondere la fede e la salvezza di Cristo (cfr. AGD 5) con lo sguardo rivolto - in primo luogo - a tutti gli abitanti di queste terre, senza tuttavia trascurare il resto dei vostri fratelli argentini e anche il mondo intero, tanto bisognoso della buona novella.

La Chiesa di Dio che è in Patagonia, erede di una così ricca tradizione evangelizzatrice, deve continuare ad essere sempre missionaria! 3. Cari fratelli e sorelle: non potete restare indifferenti di fronte alla salvezza degli uomini.

- Se credete in Cristo, dovrete credere anche al programma di vita che egli ci propone.

- Se amate Cristo, dovrete amare come egli ama e come egli li ama.

- Se siete uniti a Cristo, siete inviati da lui e come lui ad annunciare il Vangelo ad ogni creatura.

Nel Vangelo che abbiamo appena ascoltato, abbiamo udito come Gesù si fece conoscere come il Messia attraverso l'evangelizzazione dei poveri, attraverso l'annuncio redentore agli schiavi, ai ciechi e agli oppressi; cioè attraverso il suo amore preferenziale per i più bisognosi. Anche la Chiesa, malgrado le debolezze e gli errori in cui sono caduti alcuni dei suoi figli, ha manifestato sempre questa predilezione per i poveri.

L'evangelizzazione non sarebbe autentica se non seguisse le orme di Cristo che fu inviato a evangelizzare i poveri. Dovete fare vostra la compassione di Gesù per gli uomini e le donne bisognosi. Il vero discepolo di Cristo si sente sempre solidale con il fratello che soffre, cerca di alleviare le sue pene - nella misura delle sue possibilità ma con generosità lotta perché sia rispettata sempre la dignità della persona umana, dal momento del concepimento fino alla morte.

Mai dimentica che la "missione evangelizzatrice ha come parte indispensabile l'impegno per la giustizia l'opera della promozione dell'uomo" (Discorso a Puebla, 28 gennaio 1979, III, 2).

Tuttavia il vero zelo evangelizzatore si preoccupa soprattutto della situazione di necessità spirituale - talvolta estrema - in cui si dibattono tanti uomini e donne. Pensate a quanti ancora non conoscono Cristo, o hanno di lui un'immagine distorta, o hanno smesso di seguirlo, alla ricerca del proprio benessere nelle seduzioni della società secolarizzata o attraverso l'odioso scontro delle lotte ideologiche. Di fronte a questa povertà dello spirito, il cristiano non può restare passivo: deve pregare, dare testimonianza della sua fede in ogni momento, e parlare di Cristo, del suo grande amore, con coraggio e carità! E deve fare in modo che questi fratelli si stringano attorno al Signore o ritornino a lui e al suo corpo mistico, che è la Chiesa, mediante una profonda e gioiosa conversione della loro vita, che dia senso e valore di eternità a tutto il loro pellegrinaggio terreno.

Il primato di questa attenzione alle forme spirituali della povertà umana, impedirà che l'amore preferenziale di Cristo per i poveri - del quale la Chiesa è partecipe - sia interpretato esclusivamente da categorie socio-economiche, e allontanerà ogni pericolo di ingiusta discriminazione nell'azione pastorale.


4. In modo particolare desidero rivolgere in questo giorno, il mio saluto ai cari fratelli e sorelle araucani e a tutti i discendenti dei primitivi abitanti della Patagonia. Rendete grazie al Signore per i valori e le tradizioni della vostra cultura e sforzatevi di promuoverla, mentre vi impegnate ad avanzare in tutti gli aspetti della vostra esistenza.

Di fronte ai problemi che vi affliggono, voglio farvi, a nome della Chiesa, un fermo appello alla speranza: nostro Signore - che, essendo ricco, si fece povero per arricchire gli uomini - è giusto nei suoi disegni, e se è grande la sofferenza che talvolta ci dà ancora maggiore è l'aiuto che ci concede perché le lacrime si trasformino in grazia redentrice ed evangelizzatrice! Il mio appello alla speranza si estende a tutti, in particolare a quanti sono responsabili della vita economica e politica affinché, con impegno e senso della giustizia, sfruttiate tutte le ricchezze naturali di questa regione e concentriate efficacemente tutte le energie nel bene comune della Patagonia, in modo da ottenere condizioni di vita sempre più umane e, malgrado i rigori del vostro clima, si popolino sempre più queste vaste estensioni. Allo stesso tempo, vi esorto a promuovere generose ed efficaci iniziative di solidarietà con i più bisognosi.

Che nessuno si senta tranquillo finché vi sarà nella vostra patria un uomo, una donna, un bambino, un anziano, un malato, un figlio di Dio!, la cui dignità umana e cristiana non sia rispettata e amata.

A tutti coloro che sono nell'indigenza - Araucani, emigranti, e tanti altri nei campi e nella città -desidero manifestare il mio particolare affetto e ricordare che siete voi stessi i primi responsabili della vostra promozione umana.

Non vi abbandonate allo sconforto e alla passività! Lavorate con impegno e costanza per ottenere le condizioni di legittimo benessere per voi e per le vostre famiglie e per partecipare sempre più ai beni dell'educazione e della cultura. Ma non usate, per raggiungere questi obiettivi, le armi dell'odio e della violenza, bensi quelle dell'amore e del lavoro solidale, le uniche che conducono a mete di vera giustizia e rinnovamento.

Non dimenticate che più insidiosa della povertà materiale o delle oppressioni, è la mancanza di dignità umana nell'agire: e nessuno può togliervi questa dignità! Dignità significa magnanimità, apertura del cuore, amare tutti senza discriminazioni di alcun genere, perdonare coloro che vi hanno offeso.

Cari Argentini, in occasione di questa visita pastorale, vi chiedo una profonda riconciliazione fraterna che affonda le sue radici nella riconciliazione di ciascuno con Dio, nostro Padre, affinché estirpi per sempre gli odi e i rancori da questa bella e ospitale terra argentina, in modo che trionfi in tutti i cuori la giustizia e la pace di Cristo.


5. Perché risulti davvero efficace la nuova tappa dell'evangelizzazione che il Signore si attende da voi, dovete formare autentiche comunità cristiane, come quelle dei nostri primi fratelli nella fede (cfr. Ac 2,42-47 Ac 4,32-36). Si giungerà in questo modo ad un profondo rinnovamento di tutte le comunità parrocchiali, come quello che intendete attuare. E se nell'adempimento della loro missione sono impregnate dell'amore a Dio, saranno veramente comunità missionarie e servitrici degli uomini..

Per continuare a crescere nello stile di vita evangelica come i primi cristiani, è necessario che, come loro; perseveriate nell'unione tra di voi e con i vostri pastori; nelle verità della nostra fede meditandole nel vostro cuore; nella vita sacramentale e liturgica.

Dovete portare avanti la vostra missione evangelizzatrice sentendovi membri vivi di una Chiesa che è comunione. Il recente Sinodo straordinario dei Vescovi si è soffermato a lungo sul fatto che "l'ecclesiologia di comunione è l'idea centrale e fondamentale dei documenti del Concilio" (Relazione finale II, C, 1). Solo dall'interno di una Chiesa-comunione si può intendere la vocazione e la missione del cristiano. Cercate di riprodurre la bellissima testimonianza della Chiesa delle origini: "La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuore solo e un'anima sola" (Ac 4,32).

E' necessario e urgente offrire al mondo di oggi la testimonianza di una Chiesa-comunione, animata dallo Spirito Santo, tutta impegnata in una nuova evangelizzazione.

Ciò presuppone un rapporto molto stretto con i pastori, i quali, come primi collaboratori dello Spirito Santo, sono il principio visibile della comunione ecclesiale; ed esige anche unità, collaborazione fraterna e comunione fra i sacerdoti, i religiosi e i laici che cercano - ognuno secondo il proprio carisma - di costruire il regno di Dio.


6. In questo momento in cui lo Spirito Santo invita alla corresponsabilità e alla partecipazione attiva di tutti i cristiani alla missione evangelizzatrice della Chiesa, si avverte sempre più la necessità di approfondire la formazione e la spiritualità adeguate alla propria vocazione. Ogni cristiano deve ascoltare e meditare assiduamente la parola di Dio e sforzarsi di scoprire la presenza del Signore negli avvenimenti quotidiani della loro vita personale e di tutta la società. Manca una formazione permanente che porti tutti i fedeli ad una continua conversione, fino a riprodurre nella loro vita l'immagine di Cristo. Ogni persona ha bisogno di una formazione integrale e integrante - culturale, professionale, dottrinale, spirituale e apostolica - che la disponga a vivere in una coerente unità interiore, e le permetta sempre di dare ragione della sua speranza a chiunque gliela chieda (cfr. 1P 3,15).

L'identità cristiana esige lo sforzo costante di formarsi sempre meglio, poiché l'ignoranza è il peggiore nemico della nostra fede. Chi potrà dire che ama davvero Cristo, se non si impegna a conoscerlo meglio? Amati fratelli, non abbandonate la lettura assidua della sacra Scrittura, approfondite costantemente le verità della nostra fede, ricorrete con speranza alla catechesi che, se è imprescindibile per i più giovani, non è meno necessaria per gli adulti. Come potrete trasmettere la parola di Dio se voi stessi non la conoscete in modo vivo e profondo? Formazione e spiritualità! Un binomio inseparabile per chi aspira a condurre una vita cristiana veramente impegnata nell'edificazione e nella costruzione di una società più giusta e fraterna. Se desiderate essere fedeli nella vostra vita quotidiana alle esigenze di Dio e alle aspettative degli uomini e della storia, dovete nutrirvi costantemente della parola di Dio e dei sacramenti: perché "la parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente" (Col 3,16); vivete le esigenze e la grazia sacramentale del vostro battesimo e della vostra cresima, del sacramento della riconciliazione e dell'Eucaristia, del sacramento del matrimonio per quanti siete stati chiamati a questo stato di vita che manifesta e realizza il mistero dell'alleanza di Gesù con la Chiesa.

Siate uomini e donne di preghiera. Preparate, nell'intimità con il Signore, l'incontro salvifico con gli uomini! Nella preghiera filiale, il cristiano ha la possibilità di instaurare un dialogo con Dio Uno e Trino, che dimora nell'anima di colui che vive nella grazia (cfr. Jn 14,23), per poterlo poi annunciare ai fratelli. Questa è la dignità filiale dei cristiani: invocare Dio come Padre, e lasciarsi guidare dallo Spirito per identificarsi nella pienezza con il Figlio. Per mezzo della preghiera, cerchiamo, troviamo e rivolgiamoci al nostro Dio, come ad un amico intimo (cfr. Jn 15,15) al quale confidiamo le nostre pene e le nostre gioie, le nostre debolezze e i nostri problemi, i nostri desideri di essere migliori e di fare in modo che anche gli altri lo siano.

Il Vangelo ricorda "la necessità di pregare sempre, senza stancarsi" (Lc 18,1). Dedicate, dunque, tutti i giorni un po di tempo della vostra giornata a conversare con Dio, come prova sincera del fatto che lo amate, poiché l'amore cerca sempre la vicinanza di colui che si ama. Pertanto, la preghiera deve venire prima di tutto; chi non la pensa così, chi non la mette in pratica, non può giustificarsi con la mancanza di tempo: ciò che manca è l'amore.


7. Gli apostoli: "erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con (...) Maria, la Madre di Gesù" (Ac 1,14).

Prima di impartirvi con affetto la mia benedizione apostolica, chiedo a Maria Ausiliatrice, regina degli apostoli, che interceda per tutti voi affinché il vostro zelo apostolico e missionario aumenti ogni giorno di più e, con la vostra testimonianza cristiana, la luce di Dio che risplende sul volto di Cristo Gesù, per tutti gli uomini nello Spirito Santo! Amen.

E ora voglio rivolgere un saluto speciale ai nostri fratelli araucani nella loro lingua: "Stimati fratelli e sorelle: cari amici. Con gioia ricordo che sono già trascorsi cento anni dalla nascita del vostro giovane fratello Ceferino Namuncura.

Vorrei che la mia presenza qui oggi avesse per voi questo senso: il Papa sarà sempre al vostro fianco; voglia il nostro Padre celeste concedere a voi tutti un benessere permanente, in particolare ai vostri bambini. Felicitazioni, amici".

1987-04-07 Data estesa: Martedi 7 Aprile 1987




Ai fedeli di Mendoza - Argentina

Titolo: Il Vangelo della pace arriva alle istituzioni passando per il cuore

Testo:

"Ringrazio continuamente il mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù" (1Co 1,4).


1. Cari fratelli e sorelle: Sia lodato Gesù Cristo per il gran dono della pace che vi ha ottenuto da Dio Padre, in virtù dello Spirito Santo! Se tutti i miei viaggi apostolici hanno come finalità il richiamo all'impegno per la pace, questo che sto realizzando nei paesi fratelli, del Cile e dell'Argentina, vuole essere un servizio pastorale di ringraziamento al Principe della pace (cfr. Is 9,6), che vi ha protetto contro la forza distruttrice delle armi, e vi ha illuminato per proseguire il cammino del negoziato e del dialogo, di modo che, superando le tensioni e secondo criteri di equità, la pace fosse garantita. Aver ottenuto questo obiettivo è motivo di nobile orgoglio per entrambi i popoli, e dimostra dinanzi al mondo come i conflitti e le controversie fra gli uomini possono essere risolti mediante l'intesa e il dialogo, senza che si debba ricorrere alla violenza.

In questo giorno sento una grande gioia per essere giunto in questa regione cuyana, ai piedi del Cristo redentore, e poter contemplare la bellezza dei vostri paesaggi, le alte vette innevate che elevano l'animo alla contemplazione, i meravigliosi vigneti e uliveti, i bei mandorli e gli alberi da frutta; e soprattutto i vostri animi gioviali, illuminati dalla luce della fede e della devozione mariana.

Saluto con affetto fraterno i miei fratelli nell'episcopato, in particolare il Pastore di quest'arcidiocesi, tutti i suoi collaboratori nel lavoro apostolico, e tutti voi, uomini e donne di Mendoza e della regione Cuyo, amanti della pace e della libertà, in special modo le autorità civili qui presenti.


2. Il monumento a Cristo redentore, inaugurato più di 80 anni fa, come simbolo di pace tra argentini e cileni, è posto sulla sommità della Cordigliera, da dove vigila e diffonde la sua provvidenza protettrice su entrambi i popoli fratelli. E' stato lui, abbiatelo per certo, che ha vegliato sempre, e in modo particolare in questi ultimi tempi, perché si compisse la bella scritta che vi è incisa: "Cadranno queste montagne prima che Argentini e Cileni rompano la pace giurata ai piedi del Cristo redentore".

Carissimi fratelli, il Papa invita tutti gli uomini e le donne di Argentina e Cile, - e in voi quelli del continente americano e del mondo intero - a far proprio questo giuramento di pace, nel profondo del cuore: che mai rompiamo la concordia con nessun fratello nostro. Questo è il costante richiamo che, in quanto successore di Pietro, vado ripetendo in tutte i miei pellegrinaggi apostolici, e che in questo voglio ripetere con particolare vigore. Questo richiamo si situa sulla linea dei "Messaggi per la Giornata della Pace" che, da vent'anni, il Papa rivolge a tutta la Chiesa universale e agli uomini di buona volontà; e del quale anche gli episcopati si sono fatti eco nei loro rispettivi paesi. Assecondando l'impegno della Chiesa a favore della pace, mi è gradito elogiare l'eccezionale lavoro svolto dai Vescovi di Cile e Argentina per rafforzare i legami tra i due paesi fratelli, cosa che ha avuto riflessi, tra l'altro, in importanti documenti episcopali emanati - a volte congiuntamente - in relazione alle controversie sulla zona australe.

Quanta strada è stata percorsa in questi ultimi anni! Quanti conflitti e sofferenze evitati! perciò eleviamo ancora una volta, il nostro ringraziamento al Padre delle misericordie per l'aiuto dispensato, e al tempo stesso ricordiamo le persone che hanno collaborato efficacemente per giungere al felice risultato della mediazione, e tra queste non posso dimenticare l'egregia figura del Cardinale Antonio Samorè e il suo infaticabile lavoro in questa missione di pace.

Ma, al tempo stesso, miei cari fratelli, quanto cammino resta ancora da percorrere! Di più, non lasciatevi trascinare dallo scoraggiamento o dal fatalismo, perché in mezzo all'oscuritàdelle difficoltà. appare una nuova aurora, che prende forza dalla vittoria già conseguita da Gesù Cristo (cfr. Jn 14,27). E' Gesù, infatti, chi ha distrutto la radice di tutti gli scontri tra gli uomini - cioè il peccato -, riconciliando con Dio tutte le cose, "riappacificando con il sangue della sua croce le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli" (Col 1,20). Il Cristo redentore è il Cristo riconciliatore con il Padre e con i fratelli, e per questo è anche il Cristo pacificatore: il Principe della pace.


3. "Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui" (Jn 14,23). Per ottenere la vera pace, la pace di Cristo, è necessario che lui abiti dentro di noi, che abbiano dimora nella nostra anima il Padre e il Figlio nell'unità dello Spirito Santo.

"La pace terrena, che nasce dall'amore del prossimo, è immagine ed effetto della pace di Cristo, che promana da Dio Padre (...), che per mezzo della sua croce ha riconciliato tutti in un solo popolo e in un solo corpo, ha ucciso nella sua carne l'odio e, nella gloria della sua resurrezione, ha diffuso lo Spirito di amore nel cuore degli uomini" (GS 78).

La pace, di conseguenza, è dono della Santissima Trinità. E perché Dio ce la doni, per godere della sua vita e della sua pace, ci richiede di amarlo, di custodire la sua parola, di essere fedeli ai suoi comandamenti e ai suoi insegnamenti (cfr. Jn 14,23-24). Per questo, per raggiungere la concordia tra fratelli, vi esorto alla conversione interiore, perché possiate accogliere con frutto questo dono della pace, che Cristo ci ha ottenuto dal Padre, e che lo Spirito Santo infonde nei cuori ben disposti.

La concordia è conseguenza dell'atteggiamento responsabile che ogni persona deve adottare rispetto alla vita nella società. Ciò esige una chiara opzione per l'uomo e per i suoi diritti inalienabili. Per questo il Papa vi incoraggia a prendere una posizione chiara e senza ambiguità, di fronte alle situazioni che mortificano la dignità dell'uomo: l'ingiustizia, la menzogna, la demagogia, che deformano il volto della vera pace. Dovete rifiutare anche tutto ciò che degrada e disumanizza: la droga, l'aborto, la tortura, il terrorismo, il divorzio, le condizioni infraumane di vita, i lavori degradanti (cfr. GS 27).

Ancora, l'atteggiamento del cristiano di fronte alle realtà che minacciano la pace, non deve esaurirsi in semplice critica o in una ribellione sterile; la promozione della pace non deve limitarsi a deplorare gli effetti negativi delle situazioni di crisi, di conflitti, di ingiustizie, ma dev'essere anche proposta di vie di soluzione, fattore di proiezione di nuove mete e ideali per la società, fermento attivo nella costruzione di un mondo più umano e cristiano.

Sapete molto bene, carissimi fratelli, come la situazione conflittuale in certe zone dell'America Latina, si presta alla demagogia, alla protesta sterile, alla recriminazione reciproca, e ad altri atteggiamenti che non sempre portano a soluzioni positive. E' urgente trovare la via di queste soluzioni che operino la riconciliazione tra le parti contrapposte, per mezzo della tolleranza, dello spirito di dialogo e di intesa, nel quadro di un sano pluralismo. Con questi stessi propositi dovete promuovere in voi e in quanti vi circondano una vera volontà di autentica pace, ispirata ai principi cristiani, che non transigono sugli abusi o le ingiustizie, senza mai optare per lo scontro o la violenza come via di soluzione dei conflitti.

Assumete un atteggiamento positivo di fronte alla pace, che è un dono di Dio che l'uomo deve meritare e conquistare ogni giorno, promuovendolo in ogni momento dal proprio cuore come positivo artefice di pace.


4. Nella proclamazione della Parola, così ci esortava san Paolo: "Non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti; e la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù" (Ph 4,6-7). Questo è il senso che ha avuto la Giornata di Preghiera celebrata lo scorso ottobre nella città di Assisi: ricordare che, essendo la pace un dono di Dio, il cammino della pace deve poggiare soprattutto sulla preghiera. Mi ha fatto molto piacere sapere che la riunione di Assisi ha avuto particolare risonanza in questa arcidiocesi; il Papa vi incoraggia a perseverare nella richiesta umile e fiduciosa per la pace.

Oltre alla preghiera, san Paolo ricordava che "tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri. Ciò che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, è quello che dovete fare. E il Dio della pace sarà con voi!" (Ph 4,8-9). La Chiesa ha ricordato incessantemente che il Vangelo della pace arriverà alle istituzioni passando per il cuore delle persone, e non pacificherà la società se prima non ha pacificato le coscienze, liberandole dal peccato e dalle sue conseguenze sociali. Quando si raggiungerà questa trasformazione interiore nell'animo di ciascuno, nasceranno, con la forza stessa della vita, nuove forme di relazioni sociali e culturali, e si farà strada nel mondo la "civiltà della pace". Non vi meravigli, di conseguenza, che il Papa insista sul fatto che ciascuno deve sforzarsi per vincere in se stesso i propri difetti, nel lottare contro l'egoismo, superare le antipatie, non creare abissi di separazione con gli altri, evitare le polemiche aggressive. Non dimenticate, amati fratelli, che la qualità dei frutti dipende da ciò che personalmente abbiamo seminato (cfr. Ga 6,8-10).

Questo primato del cambiamento personale sul cambiamento strutturale (cfr. Congregazione per la Dottrina della Fede "Libertatis Conscientia", 75), non è una dottrina orientata solo a tranquillizzare le coscienze al contrario, è un richiamo esigente all'"unità di vita" cristiana, perché la proiezione della vita personale sul miglioramento strutturale non è qualcosa di automatico, come non lo è nulla di propriamente umano.

L'incessante rinnovamento interiore al quale è chiamato il cristiano, corre parallelo allo sforzo che egli deve mettere, secondo le proprie circostanze, alla trasformazione della società: "la nostra condotta sociale è parte integrante della nostra sequela di Cristo" ("Puebla", 476).

Vorrei ricordarvi, inoltre, che in questa trasformazione della società, la famiglia ha un ruolo di prim'ordine. Come potrebbe esistere pace in una nazione dove le famiglie fossero divise, e non fossero capaci di superare i conflitti in questa cellula basilare di ogni convivenza, dove si accettasse la disintegrazione del matrimonio? 5. Se dunque volete essere coerenti, dovete esigere da voi stessi quei valori che sono il supporto della vita sociale. Mi riferisco specificamente alle virtù che sono punto d'appoggio importante ed essenziale per una civiltà dell'amore e della pace.

- In primo luogo l'ordine, giacché, secondo la definizione di S.

Agostino, la pace è "la tranquillità nell'ordine" (sant'Agostino "De Civitate Dei", 19, 13). Non solo un ordine esteriore, ma una gerarchia interiore di valori, riflesso della volontà divina, perché la pace "è frutto dell'ordine impresso nella umana società dal suo fondatore, che deve essere attuato dagli uomini che aspirano ardentemente ad una giustizia sempre più perfetta" (GS 78). Un ordine che vi farà tener conto del valore di ogni persona o gruppo, dalle superiori esigenze del bene comune, la salvaguardia in ogni circostanza dei diritti umani fondamentali, della priorità dell'essere sull'avere.

- Giustizia; cos'è come "la pace è opera della giustizia" (Is 32,17), i conflitti hanno origine nell'ingiustizia. Infatti, "può esistere una vera pace quando uomini, donne e bambini non possono vivere la loro piena dignità umana? può esserci una pace duratura in un mondo regolato da relazioni - sociali economiche o politiche - che favoriscono un gruppo o una nazione a spese di un'altra? può stabilirsi una pace genuina senza il riconoscimento effettivo di quelle stupende verità, secondo cui noi siamo tutti eguali in dignità, eguali perché siamo stati formati ad immagine di Dio, che è nostro Padre" (Giovanni Paolo II "Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace per l'Anno del Signore 1987", 1, 8 dicembre 1986: "", IX, 2 [1986] 1886).

- L'amore per la libertà, perché tutto ciò che la impedisce soggioga anche l'autentica pace delle persone, delle istituzioni e della società intera. La forzata dipendenza di alcuni gruppi sociali ad altri è inaccettabile, e contraddice la nozione del vero ordine e dell'autentica concordia. Situazioni di questo tipo, sia all'interno di una nazione o anche nel campo internazionale, potrebbero dare l'apparenza di una certa calma esterna, ma presto si manifesterebbero come causa di ulteriori repressioni e di crescente violenza. La libertà, che persone e nazioni devono avere perché sia assicurato il loro pieno sviluppo come membri di pari dignità nella famiglia umana, dipende dal reciproco rispetto nell'armonia nazionale e nell'ordine internazionale.

- Fortezza; la pace non può essere confusa con un falso irenismo; richiede autentica fortezza per superare conflitti e ostacoli, che esisteranno sempre: "La pace non è stata mai stabilmente raggiunta, ma è da costruirsi continuamente. Poiché inoltre la volontà umana è labile e ferita per di più dal peccato, la conquista della pace esige il costante dominio delle passioni di ognuno e la vigilanza della legittima autorità" (GS 78). Cari mendoziani e cuyani, questa fortezza umana che avete dimostrato tante volte per trasformare il deserto in un'oasi, e per risollevare le vostre campagne di fronte all'avversità di calamità, gelate e terremoti, dimostratela anche nel far crescere il frutto saporito della pace e della concordia nazionale e universale.

- Carità; un atteggiamento che - in certo modo - riassume i precedenti è la solidarietà universale, basata sulla dignità di ogni persona e sul comandamento dell'amore. Vedete sempre gli altri come fratelli - figli dello stesso Padre Celeste - e amateli come sono, comprendendo e accettando le diversità di ciascuno.

La carità vi porterà a superare rancori, differenze, discordie; a guardare non a ciò che divide gli animi, ma a ciò che può unire in mutua comprensione e reciproca stima. E tutto ciò deve manifestarsi in maniera preferenziale a favore dei più bisognosi e indifesi.


6. Abbiamo appena celebrato il ventennale dell'enciclica "Populorum Progressio", nella quale Paolo VI ci fece comprendere come "lo sviluppo è il nuovo nome della pace". Per questo ho voluto proporre per quest'anno la solidarietà e lo sviluppo come chiavi imprescindibili per la sua costruzione (cfr. Giovanni Paolo II "Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, per l'Anno del Signore 1987", 7, 8 dicembre 1986: "Insegnamenti di GIovanni Paolo II", IX, 2 [1986] 1893)! Ma non potete dimenticare che questo sviluppo sarà fondamento di pace, se non si limita a un semplice mezzo di guadagno o di produzione economica, nè a un mero cammino verso una lodevole giustizia sociale. E' molto più che tutto questo: è ordinato a promuovere lo sviluppo e il bene integrale, completo, dell'uomo, che abbraccia non solo l'attività materiale, economica o sociale, ma soprattutto il progresso della sua vita spirituale, fuori del quale l'uomo resterebbe sempre incompleto e monco.

E' necessario insistere sul fatto che la persona umana è il centro di ogni progresso sociale, qualunque uomo o donna, indipendentemente dalle sue circostanze, ha una importanza prioritaria sulle cose; tale preminenza si fonda sulla sua dignità di persona umana, creata a immagine di Dio e chiamata a partecipare della redenzione di Cristo.

E possiamo domandarci: è possibile, attualmente, far valere questa preminenza della persona, come fondamento di una pace genuina? O, in termini generali, è possibile dare efficacia storica, economica, e politica alla dottrina sociale della Chiesa come base di concordia universale? A tale domanda già rispondeva Paolo VI: "E' possibile, si, perché la dottrina sociale cristiana possiede l'interiore carisma della verità, conosce e interpreta la natura dell'uomo e del mondo, possiede energie operative di genialità, di bontà, di sacrificio capace di raggiungere i migliori risultati. Si, è possibile, se uomini intelligenti e volenterosi, cattolici forti e liberi, pastori illuminati e coraggiosi, figli del popolo, bravi, coerenti e fedeli, si impegnano alla grande impresa della edificazione di una società giusta, libera e cristiana. Si, è possibile, se quanti a tale impresa si consacrano e sanno attingere alle sorgenti della fede e della grazia quel misterioso e indispensabile supplemento di luce e di forza che è appunto l'apporto originale del cristianesimo per la salvezza del mondo". (Paolo VI "Discorso", 15 maggio 1965: "Insegnamenti di Paolo VI", III [1965] 286).

Si, cari figli, è possibile raggiungere la pace, ma "non come la dà il mondo" (Jn 14,27); come ci ricorda il Vangelo, la nostra pace è la pace di Cristo; ed egli la dona sempre a quelli che ama (cfr. Lc 2,14).

La potente intercessione della santissima Vergine, Regina della pace, della Vergine del Santissimo Rosario che voi venerate qui a Mendoza; l'intercessione di Maria, tanto amata e venerata da tutti i cuyani, sia garanzia per ottenere da suo figlio questo dono di Dio, che noi dobbiamo conquistare ogni giorno.

1987-04-07 Data estesa: Martedi 7 Aprile 1987





GPII 1987 Insegnamenti - Ai fedeli della Patagonia - Aereoporto "Gobernador Edgardo Castelo" di Viedma (Argentina)