GPII 1987 Insegnamenti - Discorso a fedeli di lingua tedesca - Città del Vaticano (Roma)

Discorso a fedeli di lingua tedesca - Città del Vaticano (Roma)

Testo:

Cari fratelli e sorelle! Siate particolarmente benvenuti a questa udienza presso la tomba di san Pietro, oggi, nel cuore della Settimana Santa.

Saluto tutti voi nell'unione della medesima fede: i gruppi nominati, le famiglie e i singoli pellegrini; saluto soprattutto i sacerdoti e i religiosi che sono fra di voi. Come voi nel vostro pellegrinaggio, anch'io sono appena giunto a roma di ritorno dal mio lungo viaggio pastorale in America latina. Come all'inizio di tale viaggio mi sono raccomandato alle preghiere dei fedeli, così ora desidero che alla sua conclusione essi siano partecipi del mio ringraziamento e della mia gioia per i molteplici avvenimenti e per le ricche esperienze spirituali compiute. La mia visita si è rivolta soprattutto ai due paesi confinanti: Cile e Argentina. E' noto che all'inizio del mio pontificato, grazie alla mediazione della Santa Sede potè essere impedito lo scoppio di una guerra minacciosa. Le lunghe e laboriose trattative poterono alla fine essere concluse dalla firma di un trattato di pace e di amicizia tra entrambe le parti. Uno degli scopi di questo mio viaggio pastorale in America Latina era quello di rendere grazie per questo alla Provvidenza divina e ai due popoli interessati ed esortarli alla comprensione e alla riconciliazione nelle attuali difficoltà verificatesi al loro interno. A Montevideo, la capitale dell'Uruguay, dove gli sforzi per la mediazione avevano avuto il loro esito positivo, commemorammo con riconoscenza questa felice iniziativa coronata dal successo.

Dopo di ciò ho visitato entrambi i paesi, il Cile e l'Argentina, dedicando a ciascuno un'intera settimana. La loro grande estensione geografica ha richiesto numerosi viaggi all'interno dei singoli paesi, per poter permettere al più grande numero di persone possibile la partecipazione alla gioia e alle celebrazioni delle chiese locali con il successore di Pietro. Oltre agli incontri e alle celebrazioni eucaristiche con i diversi gruppi e associazioni ecclesiali, il punto culminante della mia visita in Cile fu costituito dalla beatificazione della suora carmelitana Teresa de los Andes. E' la prima figlia di quel popolo innalzata all'onore degli altari. Ringrazio particolarmente i fedeli che hanno partecipato a questa celebrazione, perché non si sono lasciati provocare dalle agitazioni inscenate in quella occasione. Veramente l'amore è più forte di ogni divsione e odio. Spero che la mia visita serva a rafforzare la solidarietà cristiana di tutta la Chiesa con i nostri fratelli e sorelle del Cile.

La mia visita in Argentina duro dal 6 fino al 12 aprile. Anche qui, oltre alla capitale Buenos Aires, furono visitate parecchie altre grandi città all'interno del paese; in particolare anche i "campesinos" a Bahia Blanca e dintorni.

Nei miei discorsi ho affrontato i diversi problemi delle rispettive Chiese locali, della catechesi e della pastorale, come pure le urgenti questioni della vita pubblica e della società. Indimenticabile conclusione del mio viaggio fu la grande festa della Giornata mondiale della gioventù, celebrata a Buenos Aires la domenica delle Palme. Aveva per tema il motto: "Noi abbiamo riconosciuto e creduto all'amore che Dio ha per noi" (1Jn 4,16). Che questi avvenimenti ricchi di stimoli e queste celebrazioni religiose durante la mia visita pastorale, possano produrre ricchi frutti spirituali per la Chiesa e per i popoli nei paesi interessati e li guidi ad una duratura riconciliazione nella libertà e nella giustizia. Affido volentieri alle vostre preghiere questa importante intenzione.

Cari fratelli e sorelle! Vi auguro cordialmente di poter celebrare degnamente una Settimana Santa ricca di grazia, specialmente nella suggestiva liturgia con cui accompagniamo Cristo lungo il cammino della sua Passione fino alla sua Risurrezione il mattino di Pasqua. Imploro per voi e per i vostri cari in patria la pace del Signore crocifisso e risorto, insieme con la mia particolare benedizione apostolica.

[Traduzione dal tedesco] [Segue un saluto a fedeli di lingua fiamminga e olandese:] Volentieri saluto i pellegrini delle Fiandre e dell'Olanda, guidati dall'organizzazione turistica di Gand, e i pellegrini di Grotenberg in Belgio, insieme con gli insegnanti e gli alunni del Liceo "Serviam" di Sittard, unitamente ai pellegrini di Berg e di Dal in Olanda. Auguro loro di vivere con grande devozione questa Settimana Santa e di cuore impartisco a tutti la mia apostolica benedizione".

[Traduzione dal fiammingo]

1987-04-15 Data estesa: Mercoledi 15 Aprile 1987









Celebrazione della Messa crismale - Basilica di san Pietro (Roma)

Titolo: Colui che ci ama, viene. La sua "ora" è vicina

Testo:

1. "Il Signore mi ha mandato a fasciare le piaghe dei cuori spezzati" (Is 61,1).

La liturgia mattutina del Giovedi Santo è un'introduzione al "Triduum Sacrum", che inizia oggi con la Messa "in Cena Domini". La parola di Dio della liturgia mattutina, legata alla benedizione degli oli, contiene in sé una sorta di sintesi concisa del mistero pasquale come anche delle prospettive, che si aprono insieme con esso nella storia della salvezza.

Le letture si concentrano su Cristo. L'Apocalisse parla di lui come del "testimone fedele" e insieme come del "primogenito dei morti" e del "principe dei re della terra" (cfr. Ap 1,5).

Questo è Cristo: colui, che è stato trafitto. Colui per il quale tutte le nazioni della terra si batteranno il petto (cfr. Ap 1,7).

Cristo che "ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue" (Ap 1,5). Cristo, redentore dell'uomo. Cristo, redentore del mondo.


2. La sua venuta è nella potenza dello Spirito Santo. E la sua dipartita, nel mistero pasquale, deve operare la discesi del Paraclito, del Consolatore.

E le letture dell'odierna liturgia sono concentrate sullo Spirito Santo.

Dimostrano lo stretto legame tra la potenza dello Spirito e la missione del Figlio.

Cristo, che oggi va incontro al Nuovo Testamento nel suo proprio sangue, fa adempiere le parole del profeta Isaia. Esse parlano del Messia, del Consacrato con l'unzione, dell'Unto la cui intera missione è permeata dallo Spirito Santo.

"Lo spirito del Signore Dio è su di me perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione; mi ha mandato a portare il lieto annunzio... a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà... a promulgare l'anno di misericordia del Signore" (Is 61,1-2).

Tutto questo è operato da Cristo.

E tutto questo è operato, insieme, dallo Spirito Santo. Prima, da questo Spirito che "eleva" il Messia in mezzo al popolo, questo stesso Spirito che, poi, Cristo "porta" nella potenza del suo mistero pasquale.

Quale "primogenito dei morti" lo porta come testimonianza della sua propria Pasqua. Il "giorno dopo il sabato", la Pasqua del Crocifisso diventerà la prima testimonianza della potenza vivificante dello Spirito.

Veramente vedranno colui che hanno trafitto (cfr. Jn 19,37).


3. Le letture dell'odierna liturgia, e tutto il contenuto della medesima, ci portano oltre.

Il Redentore è mandato a trasferire, con il proprio sangue (sangue della nuova ed eterna alleanza) la potenza dello Spirito Santo a tutti i "cuori spezzati".

Un simbolo di questa potenza è l'"unzione". La liturgia mattutina del Giovedi Santo si concentra intorno a questo simbolo.

Per opera di Cristo, della sua morte e risurrezione, l'"unzione" diventa un segno della partecipazione alla potenza santificante dello Spirito. Questa potenza è molteplice, e molteplice è anche la partecipazione ad essa per mezzo dei segni sacramentali. E perciò nella liturgia mattutina del Giovedi Santo si attua la benedizione del crisma, dell'olio dei catecumeni e di quello degli infermi.

Insieme a tutti questi segni della potenza dello Spirito Santo si svela, nella prospettiva pasquale, la Chiesa come "sacramento" della salvezza nel Cristo crocifisso e risorto.

Veramente: vedranno colui che hanno trafitto. E anno dopo anno, mediante il "Triduum Sacrum", guarderanno intensamente alla Chiesa che nasce dal costato dello Sposo, trafitto sulla croce.


4. Si, dello Sposo. Il Redentore è sposo. Egli ci ama e con il suo sangue "ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il suo Dio e Padre" (cfr. Ap 1,5-6).

L'unzione serviva nell'Antico Testamento per la consacrazione dei sacerdoti, dei profeti e dei re, come per esempio di Davide.

Nella nuova alleanza essa è un segno dello Spirito che opera nella potenza della redenzione di Cristo. Colui, che ci ama, ci ha dato l'amore come dono, perché possiamo attingere ad esso, divenendo una "nuova creazione": uomini nuovi e nuovo popolo.


5. In favore di questo popolo della nuova alleanza siamo unti anche noi, cari fratelli nell'episcopato e nel sacerdozio, che state celebrando insieme con me l'odierna Eucaristia.

Siamo unti in modo particolare. Le nostre mani sono state unte durante l'ordinazione presbiterale, affinché, nella potenza dello Spirito di Cristo, possiamo celebrare il suo sacrificio. In persona Christi. "Sancta sancte!" Sono unte, durante la consacrazione episcopale, le nostre teste, affinché possiamo partecipare alla missione di colui che è il capo del suo corpo.

Redentore e sposo. Pastore. Il buon Pastore. "Sancta sancte!" Rinnoviamo oggi nei nostri cuori il ricordo della nostra ordinazione! Rinnoviamo la grazia del sacramento! Rinnoviamo le promesse e gli impegni, affinché possiamo, insieme con Cristo "portare il lieto annunzio", "fasciare le piaghe dei cuori spezzati", "promulgare il tempo della grazia" e della salvezza! Ecco, colui che ci ama, viene.

Si è avvicinata la "sua ora".

1987-04-16 Data estesa: Giovedi 16 Aprile 1987




Omelia durante la Messa "in Cena Domini" - Basilica di san Giovanni in Laterano (Roma)

Titolo: "Che cosa rendero al Signore per quanto mi ha dato?". In questa domanda è il mistero dell'Eucaristia

Testo:

1. "Che cosa rendero al Signore / per quanto mi ha dato?" (Ps 115/116,12).

Questa è la sera dell'istituzione dell'Eucaristia. Eucaristia vuol dire rendimento di grazie. La gratitudine nasce dalla consapevolezza del dono. E il dono manifesta l'amore.

"Che cosa rendero al Signore / per quanto mi ha dato?".


2. "Prima della festa di Pasqua" (Jn 13,1). In questa sera i figli di Israele commemoravano con gratitudine tutto ciò che aveva fatto loro Jahvè, il Dio dell'alleanza.

Soprattutto commemoravano e meditavano nel cuore quella notte, che aveva portato loro la liberazione dall'Egitto. La lettura del Libro dell'Esodo rievoca tutti gli avvenimenti di quella notte.

Dio li libero dall'Egitto, da dove uscirono sotto il comando di Mosè.

Dio li libero per mezzo dell'agnello pasquale. L'agnello sgozzato per essere mangiato quella sera, divenne segno dell'elezione di Israele. Il suo sangue, posto sugli stipiti e sull'architrave delle case, fece si che non subissero il "flagello dello sterminio", che, quella notte, colpi l'intero Egitto.

In questo modo furono salvati tutti i figli primogeniti di Israele, mentre "ogni primogenito nel paese d'Egitto, uomo e bestia", è colpito, quella notte, dalla morte.

Di fronte a questo duro segno gli Egiziani cedettero. Israele usci dalla casa di schiavitù.

L'antica alleanza si collega strettamente a questo segno, che il popolo ricevette quella notte. Questa è stata la notte dell'esodo, cioè la Pasqua. Il sangue dell'agnello che, quella notte, ha salvato i figli di Israele, ricordava loro, di generazione in generazione, che erano il popolo eletto. Dio li amo con un amore speciale e li scelse tra tutti i popoli.


3. "Che cosa rendero al Signore / per quanto mi ha dato?".

I figli d'Israele, di generazione in generazione, commemorano questa notte con la preghiera e con la cena pasquale. E lodano nel nome del Signore.

Esultano nei sacrifici di lode, in adempimento delle promesse e dei voti fatti al Dio dell'alleanza.


4. Nello stesso spirito si sono riuniti insieme con Gesù quei figli di Israele, che egli aveva fatto suoi apostoli.

"Gesù, sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi... Li amo sino alla fine" (Jn 13,1).

Ed ecco, durante la cena pasquale, che è stata l'ultima, prima della sua dipartita verso il Padre, si svela un segno nuovo: il segno della nuova alleanza.

"Alzero il calice della salvezza / e invochero il nome del Signore" (Ps 115/116,13).

Gesù prende il calice; "dopo aver cenato, prese... il calice, dicendo: ''Questo calice è la nuova alleanza nel mio sanguè"" (1Co 11,25).

Perché questo sangue? Gesù precedentemente "prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzo e disse: ''Questo è il mio corpo, che è per voi"" (1Co 11,23-24). Il sangue conferma il dono del corpo nella passione e nella morte di croce. Gesù parla del futuro, parla del domani e l'insieme di questo suo "domani" pasquale costituisce l'"oggi" sacramentale.

Ecco la nuova alleanza nel suo sangue.

Ecco, il compimento della figura dell'agnello pasquale.

Il segno della redenzione, della liberazione dalla schiavitù del peccato e della morte. Il segno escatologico.

Invero Gesù dice: "Fate questo in memoria di me" (1Co 11,24). E san Paolo commenta: "Ogni volta... che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga" (1Co 11,26).


5. Proprio questo significano le parole: "li amo sino alla fine".

"Sino alla fine" vuol dire: sino a dare se stesso per loro. Per noi. Per tutti.

"Sino alla fine", vuol dire: sino alla fine dei tempi. Fino a quando egli stesso verrà un'altra volta.

La sera pasquale i figli di Israele hanno ricordato la liberazione dalla schiavitù d'Egitto mediante il sangue dell'agnello. E così rinasceva la gratitudine verso Iahvè: "Che cosa rendero al Signore per quanto mi ha dato?".

Da quella sera dell'Ultima Cena noi tutti, figli e figlie della nuova alleanza nel sangue di Cristo, ricordiamo la sua Pasqua, la sua dipartita mediante la morte di croce. Ma non soltanto ricordiamo.

Il sacramento del corpo e del sangue rende presente il suo sacrificio.

Ce ne rende, sempre di nuovo, partecipi. In questo sacramento Cristo crocifisso e risorto è costantemente con noi, costantemente ritorna a noi sotto le specie del pane e del vino - fino a quando verrà di nuovo, affinché il segno faccia posto alla realtà ultima e definitiva.


6. "Che cosa rendero al Signore per quanto mi ha dato?".

La domanda del salmo esprime, in un certo senso, il mistero di questo sacramento. In questa domanda vi è l'Eucaristia.

Che cosa rendero per il dono della nuova alleanza nel sangue del Redentore? Che cosa rendero per la comunione del suo corpo e sangue sotto le specie del pane e del vino nel cenacolo? Che cosa rendero per tutta questa realtà salvifica e liberatrice il cui nome è: il mistero della redenzione? Che cosa rendero per l'amore "sino alla fine?".

"Dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amo sino alla fine".

Che cosa rendero?

1987-04-16 Data estesa: Giovedi 16 Aprile 1987




A giovani studenti belgi - Città del Vaticano (Roma)

Titolo: Accogliete Cristo nella vostra vita

Testo:

E' per me davvero una grande gioia poter salutare anche quest'anno i partecipanti al tradizionale pellegrinaggio pasquale del collegio sant'Uberto di Neerpelt, con i professori e gli studenti di istituti scolastici del Belgio fiammingo.

Adesso che io vedo voi, giovani, qui davanti a me, i miei pensieri ritornano spontaneamente alla Domenica delle Palme, alla Giornata Mondiale della Gioventù nella Chiesa, che ho potuto celebrare con innumerevoli giovani a Buenos Aires. Abbiamo commemorato insieme che Gesù è stato accolto come Re e Signore in Gerusalemme dai "pueri Hebraeorum", dai giovani del popolo ebraico, pieni di entusiasmo. Con fervore voglio esortare anche voi ad accogliere con grande entusiasmo Cristo, come Re e Signore, nel vostro cuore, in tutta la vostra vita.

Ma chi è questo Re e Signore, Cristo, che è entrato a Gerusalemme seduto su un puledro d'asina? Possiamo trovare, nella Lettera di san Paolo ai Filippesi, una risposta a questa domanda, che è come un riassunto di tutto ciò che la Chiesa ricorda e celebra in questa Settimana Santa e a Pasqua: colui, "il quale, pur essendo di natura divina... spoglio se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini... facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce" (Ph 2,6-8). Il Cristo è il Figlio di Dio, della stessa sostanza del Padre. Per noi e per la nostra salvezza discese dal cielo e fu crocifisso per noi.

"Noi abbiamo riconosciuto l'amore che Dio ha per noi" (1Jn 4,16). Il motivo dell'incarnazione del Figlio di Dio, della sua umiliazione fino alla morte di croce, è l'amore, l'amore di Dio per tutti gli uomini, per ogni uomo. Se noi crediamo a questo, allora l'amore diventa il senso più profondo e lo scopo più alto della nostra vita. L'amore costa lotta, umiliazione, sofferenza, croce. La vita di Gesù l'ha dimostrato. L'ultima parola, pero, non tocca alla lotta, alla croce, ma all'esaltazione, alla gloria.

La Lettera ai Filippesi continua: "Per questo Dio l'ha esaltato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni altro nome... perché ogni lingua proclami che Gesù Cristo è il Signore" (Ph 2,9-11).

Alla Settimana Santa segue la Pasqua, all'umiliazione l'esaltazione, alla morte la risurrezione.

Giovani amici e amiche, accogliete Cristo nel vostro cuore e nella vostra vita come Re e Signore e siate uomini che irradiano l'amore, a casa, nella scuola, in tutti gli ambienti, dove state e vivete. Collaborate alla costruzione di una società fondata sull'amore. Anche se questo costa fatica e sofferenza sentirete nel vostro cuore pace e gioia la pace e la gioia di Pasqua, che sono una pregustazione della pace e della gioia imperiture nella gloria del Signore risorto. Ve lo auguro di tutto cuore e per questo vi imparto volentieri la benedizione apostolica.

1987-04-17 Data estesa: Venerdi 17 Aprile 1987




Ad un miliardo di persone in mondovisione per la pia pratica della "Via Crucis" - Colosseo (Roma)

Titolo: "Davvero costui era Figlio di Dio". Una testimonianza e un'anti-testimonianza

Testo:

1. "Davvero costui era Figlio di Dio!" (Mt 27,54).

Quando Gesù mori sulla croce, il centurione romano pronuncio queste parole: "Egli era Figlio di Dio". Prima, alcuni dei presenti ai piedi della croce avevano gridato: "Se tu sei Figlio di Dio, scendi dalla croce!" (cfr. Mt 27,42-43).

Gesù non discese dalla croce. Non accolse questa sfida degli uomini. Non adeguo la sua testimonianza alle misure con cui lo avevano voluto misurare gli uomini. Unica misura per lui era la volontà del Padre. In quest'ultima ora si è affidato alla testimonianza che gli avrebbe dato il Padre. Agli occhi dei nemici, la morte di Gesù sulla croce confermava che egli non era chi aveva affermato di essere: non era Figlio di Dio.


2. Ed ecco, mentre sembrava loro di avere da quella morte una prova definitiva che confermava che Gesù non era Figlio di Dio, proprio in quel momento, uno straniero, il centurione romano, testimone oculare degli ultimi momenti del Crocifisso, vedendo il terremoto e tutto ciò che succedeva, diventa il primo portavoce della "testimonianza" che Cristo attendeva esclusivamente dal Padre: "Davvero costui era Figlio di Dio".

Una testimonianza e un'anti-testimonianza.


3. Come fu possibile un simile fatto? Non era forse questo il primo segno della venuta dello Spirito Santo, di cui Gesù parlava ancora il giorno prima agli apostoli? "Quando me ne saro andato, ve lo mandero" (Jn 16,7). "Quando verrà... Io Spirito di verità... egli mi renderà testimonianza; e anche voi mi renderete testimonianza" (Jn 15,26-27).

Voi, gli apostoli.

Ma ecco qui, un uomo estraneo al loro gruppo, il centurione romano, diventa voce di questa testimonianza resa dallo Spirito di verità.

Infatti egli dice: "Davvero costui era Figlio di Dio".

Ma Cristo non ha forse detto anche: "Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce" (Jn 3,8)? La testimonianza dello Spirito di verità molte volte e in diversi modi si farà strada tra le varie forme dell'anti-testimonianza.


4. Qui, sotto la croce, il centurione. Ed anche "quelli che con lui facevano la guardia a Gesù" (Mt 27,54).

Non appartengono forse essi a coloro che "verranno dall'oriente e dall'occidente e sederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli" (Mt 8,11)? 5. All'ultimo respiro Cristo, "gridando a gran voce, disse: ''Padre nelle tue mani consegno il mio spirito". Detto questo, spiro" (Lc 23,46).

Il Padre non ha forse accolto lo spirito del suo Figlio, di colui che si è fatto obbediente fino alla morte (cfr. Ph 2,8) perché, come aveva promesso, lo Spirito Santo fosse finalmente dato agli uomini? E fosse perciò dato anche a questo uomo ai piedi della croce? La voce del centurione diventa, infatti, la testimonianza che, nel momento della morte infamante, viene resa a Cristo dallo Spirito di verita: "Davvero costui era Figlio di Dio!" E' Figlio di Dio - e proprio per questo non è sceso dalla croce. Proprio per questo si è fatto obbediente fino alla morte di croce. Perché ama il Padre e fa quello che il Padre gli ha comandato (cfr. Jn 14,31).


6. Ai piedi della croce si trova la Madre di Cristo.

Sente ella ciò che dice il centurione? E, se sente, deve in questo grido ritrovare la stessa testimonianza che lei, la Vergine di Nazaret, aveva accolto fin dal giorno dell'annunciazione.

"Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato figlio di Dio" (Lc 1,35).

Ed ecco, è "chiamato"! E' chiamato nel momento in cui cresce, per così dire, fino in fondo, la potenza dell'anti-testimonianza, la quale pensa: non scende dalla croce - dunque non è Figlio di Dio.

E invece, ecco che cosa dice la vera testimonianza: "Davvero costui è figlio di Dio!" "E' beata colei che ha creduto" (Lc 1,45).


7. Ai piedi della croce vi è oggi tutta la Chiesa; con Maria, con Giovanni, con Maddalena, con le donne che verranno più tardi ad imbalsamare il corpo di Cristo, deposto nella tomba. L'intera Chiesa, riunita oggi ai piedi della croce, medita sul più grande mistero di Dio. Il mistero del Figlio unigenito che il Padre "ha dato" (cfr. Jn 3,16) e che "tratto da peccato in nostro favore" (2Co 5,21), perché l'uomo, nella potenza di quest'amore che supera ogni cosa, che è Dio stesso, "non muoia, ma abbia la vita eterna" (Jn 3,16).

La Chiesa è oggi riunita intorno al mistero della croce. Non celebra neppure l'Eucaristia, il sacrificio incruento, per lasciarsi compenetrare totalmente dalla realtà del sacrificio cruento che il Figlio dell'uomo ha offerto al Padre sul Calvario.


8. Quando dunque il celebrante, durante la liturgia deI Venerdi Santo, alza la croce dicendo: "Ecco il legno della croce", tutti i presenti si mettono in ginocchio, meditando l'invocazione: "Ecco il legno della croce, / a cui fu appeso il Cristo, / Salvatore del mondo".

"Venite adoremus".

E in queste parole, in questo silenzio di tutta l'assemblea inginocchiata - in questo silenzio del Venerdi Santo nella Chiesa - si può ancora udire un'eco lontana delle parole pronunciate sul Calvario ai piedi della croce: "Davvero costui era Figlio di Dio!".

1987-04-17 Data estesa: Venerdi 17 Aprile 1987




L'omelia durante la veglia pasquale - Basilica Vaticana (Roma)

Titolo: La notte si sposta verso l'alba: è l'ora di camminare in una vita nuova, come Cristo

Testo:

1. "Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre" (Rm 6,4).

Non è presto proclamare la risurrezione di colui che ancora riposa nel sepolcro? All'alba le donne verranno qui e allora udranno: "E' risuscitato dai morti" (Mt 28,7).

Adesso rimane ancora l'attesa. Tutta la Chiesa è riunita presso la tomba del suo Maestro e nello stesso tempo compenetrata dal mistero della sua ora, che si avvicina alla fine.

La veglia pasquale.


2. A questa veglia non ci ha chiamato forse Cristo stesso? Non ha detto ancora nel Getsemani: non siete stati capaci di vegliare con me? Non siete stati capaci di vegliare un'ora sola? Allora gli apostoli, come sembra, non avevano capito che cosa fosse quest'ora, e il perché di questa chiamata.

Ma ora tutta la Chiesa è con te, o Cristo! Lo esprime in maniera così splendida san Paolo: siamo stati sepolti insieme con te... Non soltanto vegliamo alla tua tomba, ma siamo immersi nella tua morte (cfr. Rm 6,3-4).

Immersi mediante il battesimo. Questo battesimo, questo sacramento significa l'inizio della nuova vita. Siamo sepolti insieme con te per poter camminare in una vita nuova (cfr. Rm 6,3-4).

Proprio questa è la "tua Ora", che nel corso di questa notte s'avvicina al suo culmine.


3. Vegliamo. Siamo crocifissi insieme con te: il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con te, perché noi non fossimo più schiavi del peccato (cfr. Rm 6,6).

"Infatti chi è morto" con te "è ormai libero dal peccato" (Rm 6,7).

E' libero così come, un tempo, furono liberi i figli e le figlie di Israele nella notte della prima Pasqua, quando vegliarono e le porte erano chiuse e segnate col sangue dell'agnello.

Così anche noi vegliamo alle porte chiuse del tuo sepolcro, alla pietra tombale che è interamente permeata dalla morte dell'Agnello di Dio. Egli toglie i peccati del mondo. Chi "è stato battezzato nella sua morte", diventa libero dal peccato, dall'eredità originaria del primo Adamo, e può "camminare in una vita nuova" come Cristo.


4. Per questo vegliamo. Abbiamo capito quale potenza ha la tua Ora. La nostra veglia non è soltanto una presenza. Non è soltanto una meditazione. E' la pienezza della liturgia: Siamo quindi "completamente uniti" a te "con una morte simile alla tua" (cfr. Rm 6,5).

Infatti nel corso di questa notte, alla fine della tua ora, tu farai morire la morte! "O mors, ero mors tua!".

Saremo quindi completamente uniti a te, mediante la risurrezione, alla gloria del Padre...


5. Tale è il messaggio della nostra veglia pasquale.

La Chiesa lo proclama, questa notte, al mondo intero. Lo proclama qui sulle orme degli apostoli. E lo proclama in tanti luoghi della terra.

Vi annunziamo una grande gioia che è l'"alleluia".

L'"alleluia" della nostra vigilia pasquale. Prima dell'alba le donne che verranno alla tomba troveranno la pietra rotolata via dal sepolcro e sentiranno le parole: "è risuscitato" (cfr. Lc 24,2 Lc 24,6).


6. Quanto ci rallegriamo, perché a questa veglia pasquale prendete parte anche voi, cari fratelli e sorelle, catecumeni, che in questa notte riceverete il battesimo! Vi salutiamo cordialmente e vi accogliamo nella comunità della Chiesa di Cristo. Voi provenite da diverse nazioni e popoli che sono sulla terra: Capoverde, Corea, Costa d'Avorio, Ecuador, Francia, Germania, Giappone, Inghilterra, Italia, Jugoslavia, Portogallo, Singapore, Siria, Stati Uniti d'America, Svizzera, Ungheria e URSS. Siete stati radunati dalla fede, che con la potenza dello Spirito dà la vita.

Quanto ci rallegra la vostra presenza alle sorgenti del Salvatore! Questa notte la Chiesa prepara il fonte battesimale per tutti coloro che devono rinascere "dall'acqua e dallo Spirito" (cfr. Jn 3,5); per tutti coloro che desiderano morire al peccato e vivere "per Dio in Cristo Gesù" (cfr. Rm 6,11).


7. Accostatevi, cari fratelli e sorelle! La Chiesa gioisce che siete venuti. La Chiesa canta insieme a voi il salmo dei viaggiatori che si avvicinano alle sorgenti d'acqua.

"Come la cerva anela ai corsi d'acqua, / così l'anima mia anela, a te, o Dio /...ha sete di Dio, del Dio vivente".

E chiede: "quando... vedro il volto di Dio"? (Ps 41/42,2-3).

Cari fratelli e sorelle! Sarete battezzati nella morte di Cristo.

La notte si sposta verso l'alba. L'ora del Redentore giunge al suo termine. Riceverete il battesimo per poter camminare in una vita nuova, come Cristo.

Egli ci rivelerà il volto del Dio vivente. Risorgerà per mezzo della gloria del Padre. Rivelerà la gloria che Dio ha preparato per coloro che lo amano (cfr. 1Co 2,9).

"Celebriamo il Signore, perché è buono" (cfr. Ps 105/106,1).

1987-04-18 Data estesa: Sabato 18 Aprile 1987




Messaggio "alla Città e al mondo" nella domenica di Pasqua 1987 - Piazza san Pietro (Roma)

Titolo: L'amore è più potente della morte

Testo:

1. "Victimae paschali laudes immolent christiani".

Alla vittima pasquale la lode e la gloria! Cristiani, uniamoci in questo inno! Cristiani di Roma e del mondo! Uniamoci nell'adorazione della Vittima pasquale, nell'adorazione dell'Agnello immolato, nell'adorazione del Signore risorto! 2. "Agnus redemit oves": "L'agnello ha redento il suo gregge, l'innocente ha riconciliato noi peccatori col Padre".

Ecco Cristo! Ecco il nostro Redentore! Il Redentore del mondo! Ha donato la sua vita per le pecore.

Uniamoci nell'adorazione di questa morte che ci porta la vita, perché l'amore è più potente della morte: ecco, la morte accettata per amore vince la morte! Ecco, la morte accettata per amore rivela Dio, che è l'amante della vita, il quale vuole che noi abbiamo la vita e l'abbiamo in abbondanza (cfr. Jn 10,10) - che abbiamo la vita stessa che è in lui.

Alla Vittima pasquale la massima gloria e la lode più alta! Nella sua morte è la riconciliazione col Padre.

Questa è la riconciliazione dei peccatori con Dio la riconciliazione dell'uomo, il quale a causa del peccato muore a Dio e non ha più in sé la vita che è in Dio e solo in Dio.

Soltanto in Dio.

La morte di Cristo è un nuovo inizio.

L'inizio della vita che non ha fine.

Non ha fine, perché è da Dio e in Dio.

Mentre la creatura muore, Dio vive! Quando muore Cristo, tutto il creato rinasce.

Sii benedetta, morte vivificante! Benedetto il giorno che ci è stato dato dal Signore.


3. Sii benedetto Cristo, Figlio del Dio vivente! Sii benedetto Figlio dell'uomo, Figlio di Maria, benedetto, perché sei entrato nella storia dell'uomo e del mondo, fino ai confini della morte: "Mors et vita duello conflixere mirando": "Morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello.

Il Signore della vita era morto, ma ora, vivo, trionfa".

Si. La storia dell'uomo e del mondo è segnata dal mistero della morte, segnata col marchio del morire - da un capo all'altro.

Hai preso questo marchio su di te, Figlio eternamente generato, Figlio consustanziale al Padre: vita da vita, e l'hai portato attraverso i confini della morte, che grava sulla creazione, attraverso i confini della nostra morte umana, per rivelare in essa lo Spirito che dà la vita.


4. Noi tutti che veniamo nel mondo portando la morte con noi, noi che nasciamo dalle nostre madri terrene segnati dalla ineluttabilita del morire, viviamo della potenza dello Spirito.

E nella potenza di questo Spirito, che ci è dato dal Padre, per opera della tua morte, o Cristo, attraversiamo i confini della morte che è in noi e ci innalziamo dal peccato alla vita rivelata nella tua risurrezione! Tu sei il Signore della vita, tu, consustanziale al Padre, che è la stessa vita, insieme con te, nello Spirito Santo che è l'amore stesso - e proprio l'amore è vita! Nella tua morte, o Cristo, la morte è apparsa inerme di fronte all'amore. E la vita ha vinto.

"Mors et vita duello conflixere mirando.

Dux vitae mortuus, regnat vivus".


5. Tu, che sei il Risorto e "regni vivo" per sempre, resta accanto all'uomo, all'uomo di oggi che la morte col suo fascino tenebroso in mille modi tenta ed insidia.

Concedi che egli riscopra la vita come dono che in ogni sua manifestazione rivela l'amore del Padre: quando si riversa nei rinati dal fonte battesimale, o zampilla in ogni fibra del corpo che si muove, respira, gioisce; quando si dispiega nella multiforme varietà degli animali, o riveste la terra di alberi, di erbe, di fiori.

Ogni forma di vita ha nel Padre tuo l'inesauribile sorgente.

Da lui fluisce senza sosta e a lui infallibilmente ritorna: a lui, munifico datore di ogni dono perfetto (cfr. Jc 1,17).


6. In Dio ha origine in modo singolare la vita dell'essere umano, che egli stesso modella a sua immagine quando sboccia nel seno materno.

Non s'estingua nell'uomo contemporaneo la meraviglia riverente per il mistero d'amore che ne avvolge l'ingresso nel mondo! Ti preghiamo, Signore dei vivi! Fa' che l'uomo dell'era tecnologica non riduca se stesso ad oggetto, ma rispetti, già nel primo suo inizio, l'irrinunciabile dignità che gli è propria.

Fa' che viva, in sintonia col piano divino, l'unica logica che gli si addice, quella del dono da persona a persona in un contesto di amore espresso attraverso la carne nel gesto che fin dalle origini Dio volle a suggello del dono.


7. Fa', o Signore, che l'uomo sempre rispetti la trascendente dignità di ogni suo simile, povero o affamato che sia, prigioniero, malato, moribondo, ferito nel corpo o nel cuore, in preda al dubbio o tentato dalla disperazione.

Sempre egli resta Figlio di Dio, perché il dono di Dio non conosce pentimenti.

A tutti è offerto il perdono e la risurrezione.

Ciascuno merita rispetto e sostegno.

Merita amore.


8. "Dic nobis Maria, quid vidisti in via": "Raccontaci, Maria: che hai visto sulla via?" visitando, all'alba del terzo giorno, la tomba, il luogo dove era stato sepolto.

Raccontaci, Maria di Magdala, tu che hai tanto amato.

Ecco, hai trovato la tomba vuota: "Sepulcrum Christi viventis, et gloriam vidi Resurgentis".

Il Signore vive! Ho visto il Risorto.

"Angelicos testes, sudarium et vestes".

Chi ha potuto renderne testimonianza? quale lingua umana? Soltanto gli angeli potevano spiegare che cosa significasse quella tomba vuota e il sudario abbandonato.

Il Signore vive! Ho visto la gloria di lui, pieno di grazia e di verità (cfr. Jn 1,14).

Ho visto la gloria "Surrexit Christus spes mea": "Cristo, mia speranza, è risorto, e vi precede in Galilea".


9. Si. Prima li, nella terra che l'ha dato come Figlio dell'uomo.

Nella terra della sua infanzia e della giovinezza.

Nella terra della vita nascosta.

Prima li, in Galilea per incontrare gli apostoli.

E poi...

E poi, mediante la testimonianza degli apostoli, in tanti luoghi, a tante nazioni, popoli e razze! Oggi la voce di questo messaggio pasquale risonato in Gerusalemme, presso la tomba vuota, desidera raggiungere tutti: "Scimus Christum surrexisse a mortuis vere", si, ne siamo certi: Cristo è davvero risorto.

"Tu, Re vittorioso, portaci la tua salvezza".

Amen, alleluia! Prima di impartire la Benedizione " Urbi et Orbi" il papa ha rivolto il suo augurio pasquale ai popoli della Terra.

Con la gioia e la speranza che infonde nei cuori la risurrezione di Cristo, rivolgo a tutti il mio augurio pasquale.

[Omissis. Seguono messaggi augurali in varie lingue.]

1987-04-19 Data estesa: Domenica 19 Aprile 1987





GPII 1987 Insegnamenti - Discorso a fedeli di lingua tedesca - Città del Vaticano (Roma)