GPII 1987 Insegnamenti - Omelia della Messa celebrata nella spianata di Stettino - Polonia

Omelia della Messa celebrata nella spianata di Stettino - Polonia

Titolo: Rimane sempre compito polacco il "lavoro sul lavoro" in riferimento ai fondamentali diritti della vita familiare

Testo:

1. "..prometto di esserti fedele sempre".

Cari fratelli e sorelle! Figli e figlie della Chiesa in terra stettinense! Ringrazio il vostro Vescovo, di avermi invitato qui, di essersi cordialmente adoperato, affinché la odierna visita a Stettino di Giovanni Paolo II potesse realizzarsi.

Ringrazio e saluto tutti i presenti. Saluto in modo particolare tutte le coppie di sposi e le famiglie, e coloro che si stanno preparando a fondare una famiglia. Saluto le madri, che portano sotto il loro cuore una nuova vita.

Saluto i membri della commissione dell'episcopato per i problemi della famiglia e il suo Presidente, il Vescovo Marian Przykucki; gli uomini della scienza, dediti allo studio della famiglia; gli operatori della pastorale della famiglia. Saluto tutti i movimenti che operano in favore della famiglia, ed anche i gruppi parrocchiali dei "Misericordiosi verso i più piccoli".

Il Vescovo Kazimierz Majdanski porta nella sua "tessera" di pastore questo grande tema, questa grande causa: la famiglia. La causa del matrimonio e della famiglia. Egli l'ha servita e la serve non solo in Polonia, ma anche a Roma.

Non cesso di essergli grato per ciò che egli ha fatto per il pontificio "Consiglio per la famiglia", specialmente in occasione del Sinodo nel 1980.

Desidero perciò, seguendo il vostro invito, incontrarmi in questo sacrificio eucaristico con ogni coppia di sposi e con ogni famiglia, non solo con quelli qui presenti, ma anche con quelli che ho visto e che vedro lungo tutto il percorso del Congresso Eucaristico in Polonia. Invito tutti a partecipare a questa solenne liturgia, e anche al rinnovamento del giuramento matrimoniale.


2. In questi giorni del congresso, tutti ci concentriamo intorno alle parole pronunciate da Giovanni evangelista, discepolo prediletto di Cristo, in occasione dell'Ultima Cena: "dopo aver amato i suoi.. li amo sino alla fine" (Jn 13,1). Esse spiegano, allo stesso tempo il mistero della Pasqua di Cristo e la realtà sacramentale dell'Eucaristia: "li amo sino alla fine".

Gli sposi, inginocchiati davanti all'altare il giorno delle nozze, dicono: "prometto di esserti fedele sempre". così dice lo sposo alla sposa e la sposa allo sposo. così dicono insieme davanti alla maestà del Dio vivo. Davanti a Cristo. Non sono queste parole in profonda sintonia con quelle del Vangelo: "li amo sino alla fine"? Certamente qui avviene una profonda convergenza e omogeneità. Il sacramento del matrimonio spunta dalla sorgente eucaristica. Spunta dall'Eucaristia. E ad essa conduce. L'amore umano "sino alla morte" deve fissare profondamente lo sguardo in quell'amore con cui Cristo ci ha amati sino alla fine.

In un certo senso deve renderlo suo, quest'amore di Cristo, per far fronte ai contenuti del giuramento sponsale: "prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita".


3. Da questo giuramento viene edificata una particolare unità.. una comunione di persone. "Communio personarum". Questa è l'unità - l'unione dei cuori e dei corpi.

L'unità - l'unione a servizio dell'amore che dà la vita. L'unione delle persone, di un uomo e di una donna ed insieme l'unione con Dio, che è Creatore e Padre.

L'unione di tutti e due in Cristo, nell'orbita di quell'amore sponsale che lui - il Redentore del mondo - elargisce alla Chiesa e in essa ad ogni uomo.

Tutti infatti siamo redenti a prezzo del suo sangue.

Cari fratelli e sorelle. C'è bisogno di una preparazione molto approfondita al matrimonio, che è un grande sacramento. Bisogna, in seguito, spesso ritornare a questi sacri testi della liturgia del matrimonio, della Messa per gli sposi novelli, della santa Messa per il giubileo del matrimonio, rileggerli, meditarli... Queste sono parole di vita.


4. Oggi, vi invito a questo, a meditare tutte le letture della solennità della Sacra Famiglia, che insieme celebriamo qui, a Stettino.

Dunque, la prima lettura: dal Libro del Siracide, il salmo responsoriale, che si ripete anche nella liturgia del sacramento del matrimonio.

La seconda lettura: san Paolo ha trasmesso nella Lettera agli Efesini le più importanti verità sul tema del mistero divino del matrimonio. Tuttavia la lettura odierna viene presa dalla Lettera ai Colossesi.

Si può dire, vi troviamo un insegnamento conciso e allo stesso tempo molto essenziale su: come edificare la comunione matrimoniale e familiare. Come costruirla nella dimensione di tutta la vita, ed insieme - per ogni giorno.

Insegna dunque l'Apostolo che l' amore è "il vincolo" (cfr. Col 3,14), che costituisce quasi un epicentro che dà la vita che tuttavia bisogna sistematicamente e con perseveranza "rivestire" con tutto il modo di agire. Questo testo dell'Apostolo indica diverse virtù da cui dipende la solidità, anzi, lo sviluppo dell'amore tra gli sposi. Egli scrive: "Rivestitevi dunque... di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza, sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente, se qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi degli altri. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi" (Col 3,12-13).

Quanto è concreto questo! L'Apostolo ha davanti agli occhi la vita matrimoniale dei suoi tempi, ma gli uomini del nostro secolo possono ritrovarvisi.

Il matrimonio - è la comunione di vita. E' la casa. E' il lavoro. E' la sollecitudine per i figli. E' anche gioia comune e svago. Non raccomanda l'Apostolo di "ammonirci" anche "cantando a Dio di cuore e con gratitudine salmi, inni e cantici spirituali" (cfr. Col 3,16)? 5. Bisogna leggere queste parole appartenenti al patrimonio apostolico della Chiesa nel loro timbro originale con tutti i particolari e allo stesso tempo - bisogna costantemente tradurle nel linguaggio dei nostri tempi, delle nostre condizioni, a volte tanto difficili, dei nostri problemi e delle nostre situazioni.

Anche per ciò che riguarda il rapporto: genitori-figli, l'Apostolo scrive: "Voi, figli, obbedite ai genitori in tutto" (Col 3,20), ma scrive anche: "Voi, padri, non esasperate i vostri figli, perché non si scoraggino" (Col 3,21).

Un nesso molto eloquente. Che cosa possono significare queste parole oggi, nelle condizioni della Polonia di oggi? Sembra che sia indispensabile un grande lavoro per la formazione di una spiritualità matrimoniale. Il sacramento contiene in sé un esplicito impegno: fedeltà, amore, onestà. Questi sono impegni di natura morale. Il matrimonio e la famiglia si edificano sulla loro base. In questo modo esso diventa una comunione degna di uomini, una vera comunione di vita e di amore. L'arca dell'alleanza con Dio in Cristo.

Il servizio della Chiesa di Cristo nei riguardi della famiglia ha formato, iniziando dagli albori nella nostra storia e lungo i secoli, un eccellente modello di famiglia. Ha formato anche una morale che si distingue per un grande rispetto per la dignità della donna. La beatificazione di Carolina Kozka, figlia del mondo rurale polacco, ne è un'eloquente espressione.

E questo servizio continua incessantemente nelle sue nuove manifestazioni rispondenti ai nuovi bisogni. La Chiesa in Polonia ha meriti rilevanti per la difesa dei diritti della famiglia.

La famiglia secondo l'intento di Dio, è un luogo sacro e santificante.

La Chiesa sempre e dovunque ha vegliato su questa santità, ma essa desidera in modo particolare essere vicino alla famiglia, quando questa comunione di vita e d'amore, questa arca dell'alleanza con Dio, vengono minacciate dall'interno, oppure - come spesso oggi avviene - dall'esterno. E la Chiesa nella nostra terra sta fedelmente dalla parte della famiglia, dalla parte del suo vero bene, persino quando, a volte, non trova una dovuta comprensione presso la famiglia stessa. Non solo annuncia con amore, ma anche con fermezza, la dottrina rivelata riguardante il matrimonio e la famiglia, non solo ricorda i suoi doveri e i suoi diritti, come pure i doveri altrui, specie quelli della società e dello Stato nei suoi riguardi, ma anche costantemente cerca di sviluppare le necessarie strutture della pastorale che mirano a portare l'aiuto morale alla famiglia cristiana. E può darsi che a questa presenza e a questa sensibilità, dobbiamo principalmente il fatto che il male che minaccia la famiglia continua ad essere chiamato tale, che il peccato continua ad essere chiamato peccato, lo snaturamento - snaturamento; che non vi è qui l'uso di costruire delle teorie per giustificare il male.

Anzi, cresce continuamente il numero delle persone, che in diversi campi, desiderano portare aiuto alla famiglia nella realizzazione della sua vocazione. E continuano anche ad aumentare le file delle giovani coppie e delle famiglie, che in modo estremamente vitale realizzano pienamente nella loro vita la totalità dell'insegnamento cristiano sul matrimonio e sulla famiglia e ciò frequentemente in forma di apostolato di gruppi di famiglie, unite tra loro, collegati strettamente con la pastorale delle famiglie svolta dalla Chiesa in Polonia.


6. L'odierno Vangelo ci conduce, insieme a Maria e Giuseppe, al tempio di Gerusalemme: la presentazione del Figlio primogenito il quarantesimo giorno dopo la nascita.

Ed ecco, in mezzo al rito, previsto dalla legge di Mosè risuona all'improvviso la voce di un anziano, che dà la piena dimensione profetica dell'evento nel tempio di Gerusalemme.

Simeone parla di Gesù: "Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione" (Lc 2,34). E aggiunge rivolgendosi alla madre: "...perché siano svelati i pensieri di molti cuori... anche a te una spada trafiggerà l'anima" (Lc 2,35).

Cristo - segno di contraddizione.

Cari fratelli e sorelle, questa "contraddizione" non passa forse anche attraverso questo grande, ed insieme fondamentale settore di vita umana, di vita sociale, quali sono proprio il matrimonio e la famiglia? Non proviamo qui allo stesso tempo in misura particolare quella minaccia? Quella sconfitta morale riportata dall'uomo: la donna, l'uomo, i figli (!), ed insieme la società e la nazione. Ed anche lo Stato.

Non si può "far traballare" questa "piccola" comunità, la quale sta alla radice di ogni comunità, senza che tutta la vita sociale e nazionale non riporti perdite e danni irrecuperabili.


7. Non vi è una vita più efficace per la rinascita delle società di quella di una rinascita per mezzo di famiglie sane.

E la famiglia, che è "la prima scuola alle virtù sociali, di cui appunto han bisogno tutte le società" ("Gravissum Educationis"), oggi è molto minacciata.

Tutti lo sappiamo. E' minacciata dall'esterno e dall'interno. E bisogna, che di questa minaccia della propria sorte parlino, scrivano, si pronuncino tramite films oppure altri mezzi di comunicazione sociale non solo coloro che - come affermano - "hanno diritto alla vita, alla felicità e all'autorealizzazione", ma anche le vittime di questo egoismo fortificato dalle leggi. Bisogna che parlino di questo le spose tradite, lasciate e abbandonate, che ne parlino i mariti abbandonati.

Bisogna che ne parlino i figli, privati di un vero affetto, feriti nella loro personalità e condannati alla mutilazione spirituale, i figli affidati per legge ad istituzioni sostitutive - ma... quale istituzione può sostituire una vera famiglia? Bisogna far sentire la voce delle vittime - vittime dell'egoismo e della "moda", del permissivismo e del relativismo morale; delle vittime delle difficoltà materiali, esistenziali e quelle dell'abitazione. "Per questo la Chiesa - usando le parole dell'esortazione "Familiaris Consortio" - difende apertamente e fortemente i diritti della famiglia dalle intollerabili usurpazioni della società e dello Stato" (FC 46).

Se non erro, abbiamo la più alta percentuale di madri che lavorano professionalmente, che svolgono questo lavoro a discapito della loro vita familiare. Tutto questo fa si che - in collegamento con i particolari condizionamenti economici - la famiglia polacca venga invasa da una specifica assenza di sensibilità ai valori extra-materiali del lavoro umano, della scomparsa della fiducia nel senso del lavoro onesto, dell'impossibilità di vedere i suoi fini a lungo andare, si nota invece il fenomeno di provvisorietà, di immediatezza e di vita di giorno in giorno, e a volte anche la voglia di cercare il guadagno e il benessere all'estero - a spese della vita familiare.

Ciò di cui parlo in termini generali è oggetto di numerose discussioni, di sapienti analisi e di adeguate pubblicazioni, e prima di tutto è un realistico postulato della famiglia, specialmente giovane, cosiddetta "con prospettive di sviluppo"; è il postulato della famiglia con molta prole, è il postulato - semplicemente della famiglia.

Che non manchi la buona volontà.

Preghiamo con fervore perché a nessuno manchi la buona volontà, l'iniziativa, la realizzazione. Affinché la famiglia sia forte di Dio, e il paese sia forte della famiglia sana fisicamente e moralmente. Il fondamento della stabilità della famiglia è la consapevolezza del senso cristiano del matrimonio, approfondita e sviluppata nella Chiesa e nel suo programma, nei suoi sacramenti, la consapevolezza, il cui frutto sarà la stabilità "nonostante tutto".


8. Fissando lo sguardo sull'evento che ebbe luogo nel tempio di Gerusalemme, confessiamo insieme a Simeone che Cristo è "la luce dell'umana salvezza", che egli è la "gloria" del Popolo di Dio (cfr. Lc 20,30 Lc 20,32).

perciò ci troviamo davanti a un grande compito. Durante la grande novena in preparazione del millennio del battesimo della Polonia l'episcopato preciso questo compito in una fase concisa: la "famiglia forte di Dio".

La famiglia forte di Dio è insieme la famiglia come forza dell'uomo: una famiglia di nobili persone.

Una famiglia di persone che si danno reciprocamente amore e fiducia. Una famiglia che è "felice" e che rende felici. L'arca dell'alleanza.

Al punto di partenza di una famiglia si trova la trasmissione della vita. La Chiesa insegna: la trasmissione responsabile della vita. E dedica a questo problema molta attenzione - e molta fatica. Responsabile - vuol dire: degna della persona umana creata "a immagine e somiglianza di Dio" (cfr. Gn 1,26).

Responsabile dell'amore. Si l'amore, cari sposi, viene misurato proprio da questa responsabilità di genitori. E dunque famiglie responsabili della vita, dell'educazione. Non parlano proprio di questo le parole del giuramento degli sposi?.

La responsabilità reciproca: dello sposo per la sposa, della sposa per lo sposo, dei genitori per i figli.

La responsabilità paterna: "Il Signore vuole che il padre sia onorato dai figli" - dice il Libro del Siracide (3,2). E la responsabilità materna. Non si può tuttavia dimenticare che l'uomo deve essere il primo nell'assumersi questa responsabilità. Se l'Apostolo dice: "Voi mogli, siate sottomesse ai mariti" (Col 3,18), dice allo stesso tempo: mariti, siate responsabili! Siate veramente meritevoli della fiducia delle vostre spose! E dei vostri figli.


9. Negli anni ottanta, Stettino è stato luogo di importanti eventi - e di importanti patti tra le autorità dello Stato e i rappresentanti del mondo del lavoro.

Quale era il senso di quei patti? Non si trovava di tutto ciò che corrisponde alla dignità del lavoro umano - alla dignità del lavoratore? Dell'uomo e della donna? Il lavoro umano: non è forse allo stesso tempo un punto fisso di riferimento all'intera società, e in essa - di ogni famiglia? Giustamente dunque qualcuno in Polonia ha detto: "Ci è stato dato come compito il lavoro sul lavoro". Si. Gli avvenimenti degli anni ottanta hanno lasciato a noi tutti proprio questo compito: lavoro sul lavoro. In diverse dimensioni. Perché il lavoro umano ha molte dimensioni e molti aspetti per sé essenziali.

Il lavoro sul lavoro in riferimento ai fondamentali diritti e alle fondamentali esigenze della vita familiare rimane sempre il nostro compito polacco. Bisogna assumersi questo compito instancabilmente.


10. Bisogna tenere presente che la natura e la missione della famiglia costituiscono il più responsabile servizio sociale, e dunque le famiglie hanno diritto a tali condizioni di esistenza, che garantiscono loro il livello di vita e un adeguato sviluppo, rispondenti alla loro dignità. Si tratta qui di una giusta retribuzione del lavoro. Si tratta di un tetto sopra la testa, dell'abitazione, iniziando dalle giovani coppie e delle famiglie che si stanno appena formando.

"Infatti, la famiglia è, al tempo stesso, una comunità resa possibile dal lavoro e la prima intensa scuola di lavoro per ogni uomo" (LE 10). Si tratta dunque - ripeto - di un costante miglioramento di condizioni di vita, e in questo ambito di un giusto trattamento della donna-madre, che non può essere costretta economicamente ad intraprendere un lavoro retributivo fuori casa, a spese dei suoi insostituibili obblighi familiari.

Allo stesso tempo pero bisogna porre la domanda se non sia stato smarrito il giusto senso del lavoro. E se alle basi di questo "smarrimento" non si trovi la dimenticanza di quel principio fondamentale che guidava la laboriosità e la capacità dei Polacchi di una buona amministrazione: "prega e lavora".

Poiché il lavoro, come insegnava l'indimenticabile Cardinale Stefan Wyszynski, ha due scopi: "il perfezionamento delle cose e il perfezionamento dell'uomo che lavora... deve essere eseguito affinché come effetto di esso l'uomo diventi migliore" ("Duch pracy ludzkiej", Poznan 1957, p. 32).

Succede così quando viene messo in pratica il consiglio dell'Apostolo delle genti: "Qualunque cosa facciate, fatelo di cuore come per il Signore e non per gli uomini, sapendo che quale ricompensa riceverete dal Signore l'eredità" (Col 3,23-24).


11. Invito ora tutte le coppie di sposi qui riunite - e indirettamente, da qui, da Stettino, tutte le coppie di sposi in terra polacca - a rinnovare il loro giuramento di sposi davanti alla Madre di Dio nella sua effige di Fatima.

Cari fratelli e sorelle! "La parola di Cristo dimori in voi abbondantemente" (Col 3,16).

Essa è divenuta la vostra parte. E' divenuta in un certo senso la parola vostra sin dal giorno in cui avete pronunciato sui gradini dell'altare: "prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita".

In questo giuramento degli sposi la parola di Cristo, in tutta la ricchezza del suo contenuto salvifico, santificante, è divenuta la parola del sacramento del matrimonio. E voi siete stati i ministri di questo grande sacramento. Questa è la vostra partecipazione "sacerdotale" al mistero di Cristo e della Chiesa. Questo è il sacramento di tutta la vostra vita.

Ripetete dunque le parole, che vi seguiranno per tutti i giorni di questa vita, sino alla morte! Ripetetele, per rinnovare la grazia del sacramento, che vi è stata data il giorno delle nozze - e che vi viene costantemente, se voi la cercate. Se voi collaborate con essa.

Ripetete...

E che "nei vostri cuori regni la pace di Cristo" (cfr. Col 3,15) che "il mondo non può dare" (cfr. Jn 14,27).

Cristo stesso dà questa pace, la dà a coloro che la cercano con tutto il cuore.

Rinnovando le vostre promesse matrimoniali mettete tutta la vostra vita familiare, i vostri figli, le vostre preoccupazioni di genitori nelle materne mani di Maria.

Deponete tutto questo sotto il cuore di questa Madre che ci precede "nella peregrinazione della fede".

Proprio nello spirito di questo affidamento delle famiglie polacche, le chiediamo di accettare le "corone pontificie" segno di venerazione e d'amore di tutto il Popolo di Dio in questa terra.

1987-06-11 Data estesa: Giovedi 11 Giugno 1987




Incontro con i seminaristi, clero e religiosi - Cattedrale san Giacomo di Stettino (Polonia)

Titolo: Apritevi alla verità, che è Cristo per portare al mondo la speranza

Testo:

1. "Ecco io pongo in Sion una pietra angolare" (1P 2,6). Ecco, oggi abbiamo posato una pietra angolare per la costruzione del seminario della diocesi di Stettino-Kamien. Per questo, invito tutti i presenti, a riflettere insieme a me sull'eloquenza delle parole di san Pietro riguardo alle "pietre vive" (cfr. 1P 2,5).

L'Apostolo condivide con noi la grande visione del mistero di Dio, che penetra la storia dell'umanità. Il mistero che trovo la sua realizzazione nel popolo eletto e che perdura nella Chiesa. Anzi: del mistero che di questa Chiesa decide.

Ecco, Dio, che è il Dio dell'alleanza, cerca sin dall'inizio e attraverso le generazioni, la sua dimora. Cerca lo spazio in cui potrebbe dimorare insieme con gli uomini, essere in intimità con loro. Desidera infatti essere l'Emmanuele. Il suo nome nella storia dell'uomo suona proprio così l'Emmanuele, il Dio con noi.

Il dimorare di Dio con gli uomini ha prima di tutto una dimensione spirituale. E' lo spazio in cui opera lo Spirito Santo. E' lo spazio in cui Dio è in comunione con gli uomini "in spirito e verità" (Jn 4,23).


2. Cristo è la pietra angolare di questa costruzione. Lo spazio dello Spirito Santo, Spirito di verità, Paraclito, si è aperto nei cuori degli uomini, si è aperto nella storia dell'uomo - mediante la sua croce e risurrezione. Proprio mediante il fatto che questa "pietra angolare" è stata rigettata dagli uomini.

Proprio mediante il fatto che - in questo rigetto - essa è divenuta la prima "pietra viva"; "scelta e preziosa davanti a Dio" (1P 2,4). E' diventata inizio di vita e di verità per tutti i veri "adoratori di Dio" (cfr. Jn 4,23).

Così anche cresce da lui, da Cristo, tutto questo "edificio spirituale" (cfr. 1P 2,5) che si realizza nella storia della Chiesa del Dio vivo. Dalla sua morte in croce nascono le "pietre vive" di questa costruzione. Questa infatti è la morte che dà la vita, confermata il giorno della risurrezione - e poi in quello di Pentecoste - come sorgente di una vita nuova: della vita degli uomini in Dio.


3. perciò l'Apostolo scrive: "anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale" (1P 2,5). E' proprio questo lo spazio dell'alleanza, lo spazio dell'Emmanuele, dove la comunione di Dio con gli uomini si esprime nell'"offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo" (1P 2,5).

"Pietre vive".

Questa mattina in una grande assemblea del Popolo di Dio della vostra Chiesa, ho parlato agli sposi, alle famiglie. Essi sono tutti chiamati ad offrire sacrifici spirituali a Dio in base al sacerdozio comune dei credenti, che essi portano in sé sin dal momento del santo battesimo. E il loro sacrificio è "gradito a Dio" per opera di Gesù Cristo: per opera di quell'amore con cui egli amo tutti gli uomini, dando per loro la vita sul legno della croce: "amo sino alla fine" (cfr. Jn 13,1).


4. Proprio in considerazione di questo sacrificio spirituale di tutti i battezzati, per legarlo quotidianamente con il sacrificio di Cristo nell'Eucaristia. Dio chiama voi: voi tutti che un giorno dovrete popolare questo seminario, in esso maturare verso gli ordini sacri e da esso uscire per celebrare il sacerdozio ministeriale tra gli uomini "...scelti fra gli uomini - costituiti per il bene degli uomini" (cfr. He 5,1).

Proprio qui, nell'edificio che crescerà sulla pietra angolare che è stata benedetta - qui deve compiersi quel particolare "passaggio": quella "pasqua", che si chiama vocazione sacerdotale. "Scelti tra gli uomini - costituiti per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio" (cfr. He 5,1).

Posiamo dunque questa pietra angolare, affinché essa sia il simbolico legame e sostegno per tutte le pietre che verranno usate nella costruzione del vostro seminario. E questo edificio fatto di pietre senza vita deve accogliere nel suo interno una comunità di "pietre vive". Deve essere in futuro il quotidiano, indispensabile testimone di un sistematico processo mediante il quale si prepara lo spazio interiore per l'azione dello Spirito di Cristo nelle giovani anime umane: lo spazio della maturazione delle vocazioni sacerdotali. Che le parole del Vescovo Kozal siano l'espressione di una tale maturità sacerdotale. Non volendo tornare indietro dalla strada prescelta che lo porto al martirio, dal campo di Lad, il 9 maggio 1940 scrisse: "Nelle mani di Dio ho deposto le sorti della mia vita - e con questo mi sento molto bene" (Ks. W. Fratczak, "Biskup Michal Kozal", in "Chrzescijanie", vol. 12, Warszawa 1982, p. 69).


5. Desidero esprimere la gioia perché sorgerà l'edificio del Seminario Maggiore a Stettino, il quale deve creare le condizioni esterne per quel processo tanto importante nella vita della Chiesa.

Il Concilio Vaticano II ha confermato in questa materia la posizione della Chiesa antecedentemente espressa al Concilio di Trento.

Il Cardinale Stefan Wyszynski, parlando al Concilio dei compiti dei seminari nel tempo presente, ricordo pure le storiche esperienze polacche in quel campo. Diceva tra l'altro: "Mi serviro di un esempio poco conosciuto, dalle terre all'estremo nord della Chiesa cattolica di allora, sul lontano Baltico e sulla Vistola. Perché fin là era giunto il pensiero del Concilio di Trento e ciò in modo estremamente veloce. Il seme del Concilio di Trento si è trasformato in un altro" (Discorso del 4.11.1963, in "Duszpasterz Polski Ragranica", XV [1964], n. 1 [58], 88-89).

Nel decreto del Concilio Vaticano II dedicato alla formazione sacerdotale leggiamo che il seminario è il cuore della diocesi e tutti i sacerdoti dovrebbero aiutarlo volentieri (cfr. OT 5). In esso, infatti, tutta la formazione dei seminaristi dovrebbe tendere allo scopo di preparare i veri pastori di anime, sul modello di Cristo, maestro, sacerdote e pastore.

Per il ministero della Parola: perché sempre meglio comprendano la parola di Dio rivelata, la assimilino per mezzo della meditazione e la esprimano con la parola e con la vita.

Per il ministero del culto divino e della santificazione delle anime: perché tramite la preghiera e la celebrazione delle sante funzioni liturgiche esercitino l'opera della salvezza mediante il sacrificio eucaristico e i sacramenti.

Al ministero pastorale: affinché sappiano mostrare agli uomini il Cristo che "non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti" (Mc 10,45 cfr. Jn 13,12-17) e guadagnare molti, facendosi servo di tutti (cfr. 1Co 9,19 cfr. OT 4).


6. Desidero rivolgermi a Dio con un profondissimo ringraziamento per l'eccezionale grazia delle vocazioni sacerdotali e religiose che egli in questi tempi concede alla Chiesa nella nostra patria.

Con una parola di saluto, di gratitudine e di incoraggiamento mi rivolgo all'intera famiglia dei seminari, degli atenei teologici, delle case di formazione e di studi delle congregazioni religiose maschili e femminili, agli istituti, a tutti. Ai superiori, ai professori ed agli educatori, e agli alunni, chierici e novizi in tutta la patria.

Bisogna che aggiunga qui i numerosi studenti e studentesse laici di teologia e di filosofia cristiana. Questo è il particolare segno dei tempi nella vita della Chiesa universale e della Chiesa nella nostra terra.

La vita del seminario, gli studi, il lavoro su di sé, l'esercitarsi alla vita comunitaria e alla solidarietà deve incessantemente attingere dall'unità della Chiesa, da questa forza spirituale e soprannaturale, che scaturisce dalla verità e dall'amore.

perciò il Cardinale Wyszynski - nel discorso già menzionato - sottolineava, che su questa pietra, sull'unità della Chiesa, si basano "le quattro colonne della formazione della giovane generazione: l'unione con la Santissima Trinità, l'unione con la Chiesa, l'unione con il Vescovo e l'unione con il Popolo di Dio".


7. La teologia deve servire alla missione, e proprio alla missione pastorale della Chiesa. Questo è insieme il servizio in favore della cultura cristiana polacca, come per il bene fondamentale della propria nazione. Il pensiero cattolico dovrebbe assumersi ed adempiere il proprio compito a seconda delle esigenze intellettuali e morali della società polacca, ed esse, come si sa, sono cresciute di molto e continuano a crescere.

Anche per questo ècosi importante per la Chiesa e per i cattolici il consolidamento del carattere accademico degli studi nei seminari maggiori in tutta la Polonia. La funzione didattica infatti - cioè l'insegnamento - si unisce con l'"esercizio della scienza", con il lavoro (spesso) faticoso di ricerca, che è essenziale per l'opera scientifica.

Una buona formazione filosofica e teologica deve rendere capaci i futuri sacerdoti di mostrare la visione cristiana di Dio, dell'uomo e del mondo e le sue implicazioni intellettuali, sociali ed etiche, in spirito di dialogo con il mondo di oggi.

Conformemente alle indicazioni del Concilio Vaticano II i professori dovrebbero compiere la loro missione nella Chiesa, in questo importante campo, convinti che questo compito è il primo e fondamentale compito, indispensabile per il "domani" dell'evangelizzazione, svolta dalla Chiesa nella nostra patria. Il compito sia dei professori che degli educatori è di aiutare i seminaristi nell'approfondimento della coscienza della Chiesa come comunità, sollecita per il livello della vita cristiana di tutti i fedeli. Che la vita interiore sia "l'anima" dell'apostolato, e l'apostolato da parte sua esiga uno studio impegnato ed una approfondita vita spirituale.

Anche se in breve, è opportuno menzionare il ruolo dei teologi in collegamento con i pastori delle diocesi, nel campo della formazione permanente dei sacerdoti impegnati nella pastorale. Inoltre, nei loro compiti vi è quello di una adeguata formazione cristiana del laicato, si tratta di preparare i collaboratori laici dell'opera di evangelizzazione. La prospettiva del Sinodo dei Vescovi che si avvicina, rende questo postulato particolarmente attuale. Dovreste assicurare l'aiuto competente ai centri della pastorale per l'intelligentia, per gli operatori culturali, per gli uomini di scienza a collaborare anche nello svolgimento dello studio della dottrina sociale cattolica e dell'approfondito studio cristiano per la pastorale per gli operai, gli agricoltori, per tutto il mondo del lavoro nel senso più ampio del termine.


8. Cari seminaristi diocesani e religiosi. Il documento del Concilio precisa i vostri compiti nella fase della formazione che è la preparazione al sacramento del sacerdozio. Per adempiere ad essi è necessario prendersi a cuore la propria vocazione, questo invito a prendere - per gli inscrutabili disegni della Provvidenza - la via della vita sacerdotale. Questa vocazione presuppone un cuore indiviso. Andando verso il sacerdozio, rispondete all'invito di Cristo, un invito accompagnato dalla grazia. Una grazia grande, una grazia a misura delle rinunce e a misura della missione. Lasciate tutto per seguirlo. In questo sincero dono di sé il sacerdote può ritrovare la propria identita come persona ed, allo stesso tempo, il proprio posto nella Chiesa e nella società. La chiamata a seguire Cristo nel modo più perfetto si esprime anche nel rapporto del sacerdozio con il celibato, cioè nella rinuncia al matrimonio "per il regno di Dio". Si tratta insieme di rendersi simili a Cristo e di unirsi a lui mediante l'obbedienza e la povertà in modo conforme alla vostra vocazione.

Ogni generazione porta in sé gli specifici valori, ma anche incontra molteplici difficoltà. La vostra, spesso, prova la paura di "affidarsi". Si chiude in sé. Dovete cercare di superare questo per essere capaci, con la forza della fede e del dinamismo della chiamata, a seguire totalmente la vocazione, senza cercarvi le "proprie sicurezze", a servire Cristo nella sua Chiesa... La vostra generazione sente - forse più delle altre - la fame della verità e allo stesso tempo la difficoltà di aprirsi pienamente alla verità, di aprirsi "in verità", la difficoltà "di fidarsi della forza della verità". Come se a volte mancasse la fede sufficiente nella potenza del bene, che è in voi stessi, nell'uomo, nell'ambiente umano, nella potenza del bene presente nel concreto ambiente del seminario e in quello sacerdotale e sostenuta dalla grazia efficace della vocazione e del sacramento. Apritevi alla verità, che è Cristo, per portare al mondo la sua verità e la speranza cristiana. Per raccogliere in questo modo e formare i collaboratori laici dell'evangelizzazione che si svolge nelle famiglie, nelle parrocchie, negli ambienti di lavoro. Preparatevi e siate aperti al servizio della comunità: all'apostolato dei laici. Che esso trovi un posto adeguato nel vostro servizio.

Create per esso le condizioni adatte. Semplicemente liberatelo, ispiratelo, aiutatelo a svilupparsi, con la sensibilità e delicatezza del pastore.


9. Approfittate delle possibilità fornite dall'ambiente del seminario per approfondire la vostra fede e la vita spirituale. Che esse formino la vostra personalità, orientino la vostra maturità spirituale, intellettuale ed apostolica.

Tutto questo vi permetterà, con tutta la fiducia e libertà interiori, di dedicarvi in modo irrevocabile al servizio sacerdotale nella dimensione di tutta la vita.

Oggi manca così tanto agli uomini questo atteggiamento di essere fedeli "per sempre". Dobbiamo noi stessi perseverare fedelmente accanto al dono, datoci dal Signore, per poter "confortare i fratelli".

Vi esorto anche ad interessarvi della storia e della letteratura, sia di quella polacca che di quella mondiale, specialmente delle sue dimensioni religiose ed etiche, che esprimono la profondità delle ricerche umane. Dovete saper trasmettere la buona novella agli uomini, indicare le radici cristiane della cultura patria e i suoi legami con la crescita del Cristianesimo nel tessuto spirituale dell'Europa e del mondo. Dopo l'ordinazione dovete essere capaci, proprio in collaborazione con i laici, di consolidare in modo convincente le basi dell'ordine etico che è indispensabile ed insostituibile nella soluzione dei problemi che travagliano la società.

La vostra strada è difficile, esigente. Anche se in un certo senso può darsi che essa sia più facile di quella dei vostri compagni di scuola che hanno scelto vocazioni laicali diverse. Vi è più facile sperimentare di non essere "una generazione senza prospettive" e "senza possibilità". I bisogni apostolici sono grandi. Non mancherà il lavoro. La premura della comunità dei credenti vi assicura anche le condizioni materiali dell'esistenza.

Cristo era povero. Non si può annunciare in modo autentico il Vangelo dei poveri senza osservare la povertà adatta alla propria vocazione. Oggi si parla molto delle categorie dell'"essere" e dell'"avere". Da noi tutti, sacerdoti di Gesù Cristo, si attende, che siamo fedeli all'esempio da lui lasciato. Quindi che siamo "per gli altri". E se "abbiamo" - affinché abbiamo anche "per gli altri".

Tanto più perché se abbiamo - abbiamo "dagli altri". Oggi più che mai tutta la Chiesa vive "di elemosina", dalle poverissime missioni dell'Africa sino ai grandi atenei moderni e alle curie, compresa la sede apostolica. Ricordate dunque di essere: "scelti fra gli uomini e per gli uomini costituiti" (cfr. He 5,1). Questo comporta un enorme impegno. Impegno nei riguardi di Dio stesso, della Chiesa, che ha sviluppato questo credito di fiducia verso il sacerdote polacco, con un servizio pieno di spirito di sacrificio, più volte pagato persino con il martirio. L'impegno verso il popolo, specialmente verso i più poveri. Dovete essere fedeli. Dovete essere solidali con la nazione. Con uno stile di vita vicino a quello di una famiglia media, anzi piuttosto a quello di una famiglia più povera. Donatevi totalmente al nostro Signore Gesù Cristo e alla sua Chiesa, al lavoro pastorale, in unione con il vostro Vescovo e con i superiori. Di questo vi giudicherà Dio e la vostra coscienza. Solo questa fedeltà vi assicurerà la tranquillità della coscienza e un senso di felicità. Questa è anche - e prima di tutto - la via per realizzare se stessi nella vita sacerdotale e la via all'eterna salvezza.


10. così dunque benedicendo la pietra angolare, ci avviciniamo a colui, che è la prima pietra viva della Chiesa. Ci accostiamo pieni di adorazione e di gratitudine a lui. Desideriamo "proclamare le opere della sua potenza" (cfr. 1P 2,9) - della potenza crocifissa, nella quale si rivela sino alla fine la potenza dell'amore.

Dell'amore salvifico. Dell'amore redentivo. Della potenza risorta. In lui - in Cristo - abbiamo sperimentato quest'amore che è misericordioso, che si china su ogni figlio prodigo, su ogni caduta e sconfitta dell'uomo: che le viene incontro.

In lui - in Cristo - ci accostiamo al Padre, a Dio, che è "ricco di misericordia" (Ep 2,4).

In questa potenza dell'amore siamo infatti costantemente chiamati "dalle tenebre alla... luce ammirabile" (1P 2,9), per diventare il Popolo di Dio: la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione in mezzo alla quale dimora l'Emmanuele, il Popolo, che in Cristo è divenuto nuovamente "proprietà" del suo Creatore e Dio, partecipe dei suoi eterni destini - "la nazione chiamata alla santità" (cfr. 1P 2,9).

Presso questa pietra angolare guardiamo al futuro - non solo quello terreno, temporale - guardiamo al futuro definitivo dell'uomo in Dio.

E diciamo: "Gloria a te, Re dei secoli" (cfr. 1Tm 1,17).

Ai seminaristi di Stettino Giovanni Paolo II ha rivolto ancora queste parole: Ancora un dono per la Cattedrale di Stettino e prima un breve commento sull'andamento del nostro incontro. C'erano alcuni punti non previsti nel programma liturgico, ma ho cercato di spiegarli uno dopo l'altro li per li.

Innanzitutto, quando è esploso quel "Plurimos annos" mi sono detto: loro qui vicino hanno anche i fratelli della Chiesa orientale, e presso di loro "molti anni" appartiene alla liturgia - dunque, passi! Poi ho pensato come sarebbe stato contento sant'Otto, che era di un'altra nazione, lo sappiamo bene, ma venne da noi come fratello, come apostolo, e parlava la nostra lingua. Sicuramente si sarebbe rallegrato se avesse sentito risuonare in questa Cattedrale, antica di otto secoli, quella parlata, o almeno simile a quella in cui egli annuncio il Vangelo agli abitanti di queste terre ai tempi del re Krzywousty. Siano le sue reliquie, in questa cattedrale, circondate della più profonda venerazione, poiché la Chiesa polacca nutre profonda venerazione per tutti coloro che le hanno annunciato il Vangelo, qualunque sia stata la loro terra di provenienza, sia i paesi slavi, sia l'Irlanda, sia la Germania. Vennero in nome di Cristo, come nostri fratelli, come inviati di Cristo. Questa è la seconda riflessione che è stata suscitata dall'incontro di oggi.

La terza - è legata al grido "resta con noi!". Miei cari, che lo vogliate o no, il Papa resta. Non sarà questo, sarà un altro, ma resta. Ogni giorno nella santa Messa lo nominate, e dunque è presente al centro della vita della Chiesa. Un suo privilegio, ma anche la sua missione. E per esprimere maggiormente il fatto che restero con voi, così come vi auspicate, desidero donare al vescovo Monsignor Kazimierz un calice, a ricordo della mia visita a Stettino, e in particolare di questa Cattedrale. Ricordi, questo calice, che oggi abbiamo celebrato insieme l'Eucaristia e inoltre la presenza fisica del Papa. Dio vi renda merito. Padre Stanislaw mi ha rammentato che oltre al calice sono stati lasciati anche i rosari per i chierici, che oggi sono eccezionalmente privilegiati, tutto per loro! Anche il discorso è stato per loro, sebbene non solamente per loro, poiché parlando di loro e a loro nel contenuto vediamo noi stessi. Tutti noi, infatti, proveniamo da un seminario, senz'altro diverso da quello dal quale vengono loro o usciranno. Noi tutti proveniamo da un seminario, tutti sentiamo continuamente il bisogno di tornare ad esso. E' la casa del nostro sacerdozio l'ambiente in cui si è sviluppato. Anche per questo, parlando di seminario non ho avuto scrupoli che mi ascoltassero sacerdoti coi capelli bianchi, preti giovani, come pure le suore, laici e laiche - la questione è proprio al centro della Chiesa. Per altro la migliore dimostrazione sono le vostre sollecitudini per la costruzione di un seminario per la diocesi di Stettino, un impegno costante, si potrebbe dire ostinato, che hanno dimostrato alto grado di identità conquistato dalla diocesi, poiché quando una diocesi raggiunge l'identità, desidera esprimere la propria individualità innanzi tutto nel seminario. Si dice "la pupilla del Vescovo" - ma l'occhio del Vescovo qui non è che simbolo supplente, esso è infatti pupilla dell'occhio di tutta la Chiesa, dell'intera comunità del Popolo di Dio, con cui guardiamo, guardiamo al futuro e nel contempo al nostro passato, che ha avuto inizio in seminario ed è stato, una volta, futuro. E lo prolunga, continuamente, tende incessantemente verso di esso, diventa esso stesso futuro, sempre più.

Queste le aggiunte, la conclusione del discorso che già è stato di per sé lungo. Non voglio innervosire gli organizzatori del mio viaggio che continuamente mi dicono: "siamo in ritardo". Per questo finisco. Sia lodato Gesù Cristo!.

1987-06-11 Data estesa: Giovedi 11 Giugno 1987





GPII 1987 Insegnamenti - Omelia della Messa celebrata nella spianata di Stettino - Polonia