GPII 1987 Insegnamenti - Alla gente del mare raccolta sul molo di Piazza Kosciuszko - Gdwnia (Polonia)

Alla gente del mare raccolta sul molo di Piazza Kosciuszko - Gdwnia (Polonia)

Titolo: La parola "solidarietà" è stata pronunciata qui sul Baltico in un modo nuovo: il mondo non potrà dimenticarlo

Testo:

1. "Benedicite maria et flumina, Domino". "Benedite mari e fiumi, il Signore.

Benedica la terra il Signore" (cfr. Da 3,78 Da 3,74).

Bisogna che in questo luogo risuoni il cantico di tutta la creazione, che rende gloria a Dio. Bisogna che i fiumi ed il mare parlino con voci di lode.

E, prima di tutto, quel fiume, che non lontano da qui conclude il suo corso, sboccando nel Baltico: la Vistola, il fiume di tutte le terre polacche, il fiume della nostra storia, da secoli. Prima ancora che il nome della Polonia fosse apparso negli annali della storia, esso già spingeva le sue acque dai Carpazi, dai Beskidi della Slesia, dove ha le sue sorgenti, fino a qui.

Il fiume, testimone silenzioso della vita delle generazioni, del loro nascere e del loro morire; dei loro sforzi creativi legati a tutto ciò che costituisce la Polonia; delle loro lotte, a volte per la vita e per la morte, per mantenere ed assicurare ciò che è patrio, ciò che è il patrimonio comune e il comune retaggio.

Vistola...

Sii benedetto, fiume! Insegnaci, con la tua fedeltà alla nostra terra, a benedire il Padre, che è nei cieli.


2. E sii benedetto tu, mare, che sei il destino della Vistola, del nostro fiume:così come il regno di Dio è il destino degli uomini viventi su questa terra.

Il mare...

Parla all'uomo con un linguaggio particolare. E', prima di tutto, il linguaggio di ciò che è sconfinato.

Ecco, dalla foce della Vistola si schiude la distesa segnata dalla lastra del Baltico, una distesa sconfinata, il cui limite non viene raggiunto dall'occhio umano.

L'immensità dell'acqua, quasi più uniforme delle superfici terrestri.

Lo spazio disabitato ed inabitabile, e allo stesso tempo uno spazio ampiamente aperto, che chiama l'uomo. Chiama gli uomini, chiama le nazioni. Coloro che ascoltano questa voce sono conosciuti come uomini di mare. La nostra nazione più volte nella storia si è misurata con questa sfida. L'ha seguita? Ha risposto ad essa in modo soddisfacente? Ha cercato in essa di assicurare la propria esistenza ed i propri diritti tra tutte le nazioni della terra? 3. Ecco, infatti, attraverso questa distesa, che si schiude davanti agli occhi dell'uomo che sta sulla costa, poi davanti agli occhi del navigatore tra gli spazi marittimi, passa la via che conduce verso vari luoghi del mondo, verso paesi e continenti, verso molti popoli e nazioni.

La chiamata da parte del mare coincide con le sorti di tutte le terre abitate. Esso non solo separa le terre e le tiene divise, lontane, ma anche le unisce.

Si. Il mare parla agli uomini del bisogno di cercarsi vicendevolmente, del bisogno dell'incontro e della collaborazione. Del bisogno della solidarietà, interumana ed internazionale.

E' importante il fatto che proprio la parola "solidarietà" sia stata pronunciata qui, davanti al mare polacco. Che sia stata pronunciata in un modo nuovo, il quale allo stesso tempo conferma il suo contenuto eterno.

Il futuro dell'uomo sul nostro pianeta, in ogni continente e per tutti i mari, non parla in favore del bisogno proprio di questo contenuto? può il mondo - questa grande e sempre crescente famiglia umana - perdurare e svilupparsi in mezzo ai molteplici contrasti tra Occidente ed Oriente? Tra Nord e Sud? E proprio così è diviso e differenziato il nostro mondo d'oggi.

può il futuro, un futuro migliore, nascere dal moltiplicarsi delle differenze e dei contrasti sulla via di una reciproca lotta? Della lotta di un sistema contro un altro sistema, di una nazione contro un altra nazione, di un uomo contro un altro uomo? Nel nome del futuro dell'uomo e dell'umanità bisogna pronunciare questa parola "solidarietà".

Oggi essa scorre come un'onda estesa attraverso il mondo, il quale si rende conto che non possiamo vivere secondo il principio "tutti contro tutti", ma solamente secondo l'altro principio "tutti con tutti", "tutti per tutti".


4. Questa parola è stata pronunciata qui, in un modo nuovo ed in un contesto nuovo. E il mondo non può dimenticarlo. Questa parola è il vostro vanto, uomini del mare polacco. Gente di Danzica e di Gdynia, che avete vivi nella memoria gli eventi degli anni settanta ed ottanta. Non possiamo andare avanti, spinti dall'imperativo di vertiginosi armamenti, perché questo segna una prospettiva di guerre e di autodistruzione. Proprio così: non solo della distruzione reciproca, ma dell'autodistruzione collettiva.

E non possiamo andare avanti, e non si potrà parlare di nessun progresso, se nel nome della solidarietà sociale non saranno rispettati fino in fondo i diritti d'ogni uomo.

Se non si troverà nella vita sociale uno spazio sufficiente per i suoi talenti e le sue iniziative, soprattutto per il suo lavoro.

Qui, sulla riva del Baltico, anch'io pronuncio questa parola, questo nome "solidarietà", perché essa appartiene al costante messaggio della dottrina sociale della Chiesa.

In questo spirito parlavano i padri ed i teologi. Da qui sono nate le encicliche sociali dell'ultimo secolo e di recente l'insegnamento del Concilio, dei due pontefici contemporanei Giovanni e Paolo, tra l'altro, l'enciclica sulla pace di Papa Giovanni ("Pacem in Terris").

La solidarietà deve precedere la lotta. Solo allora l'umanità può sopravvivere. può sopravvivere e svilupparsi ciascuna nazione all'interno della grande famiglia umana.

Si, la solidarietà, inoltre, purifica la lotta. Mai lotta contro l'altro; lotta che tratta l'uomo come avversario e nemico, e che tende alla sua distruzione. Ma lotta per l'uomo, per i suoi diritti, per il suo vero progresso: lotta per una forma più matura della vita umana. Infatti la vita umana sulla terra diventa "più umana" quando si governa con la verità, la libertà, la giustizia e l'amore.

Un anno fa, quando ero in India, mi si avvicino il nipote del grande Mahatma Gandhi e disse: "Ti ringraziamo per la tua patria, la Polonia". Perché disse così il nipote dell'instancabile difensore dei diritti dell'uomo e dell'indipendenza della propria nazione? Non ne ho chiesto la spiegazione.

Tuttavia sentiamo il bisogno di condividere quelle parole noi tutti in Polonia. E specialmente voi, uomini di mare, perché forse voi conoscete meglio di tutti la via per l'India.


5. L'eloquenza del mare. Esso parla senza parole, parla con il linguaggio della distesa sconfinata, e parla con il linguaggio della profondità.

Presso il mare sant'Agostino svolgeva le sue meditazioni sul tema dell'inscrutabile mistero quale è Dio, e del mistero che è l'uomo, l'anima umana.

"Ho interrogato il mare, gli abissi, gli animali e mi risposero: "Non siamo noi il tuo Dio: cerca più sopra"" (Sant'Agostino "Confessioni", 10,6).

"Abyssus abyssum invocat", l'abisso chiama gli abissi.

L'uomo della civiltà contemporanea è minacciato dalla malattia della superficialità, dal pericolo dell'appiattimento. Bisogna lavorare per riacquistare la profondità; quella profondità che è propria dell'essere umano; quella profondità che sfida la sua mente ed il suo cuore, così come sfida il mare. E' la profondità della verità e della libertà, della giustizia e dell'amore; la profondità della pace.

Al mare di Galilea (a dir il vero non di grande superficie) ci conduce anche l'odierno Vangelo. Gli apostoli erano dei pescatori, uomini di mare; Cristo stesso soggiornava insieme con loro presso il mare e sul mare.

Il mare, dunque, è diventato un particolare luogo dell'incontro dell'uomo con Dio; il luogo toccato dal piede del Salvatore del mondo; il luogo, su cui è stato scritto un capitolo essenziale della storia della salvezza.


6. In questo contesto desidero ora rivolgere una parola speciale agli uomini di mare. A tutti coloro che vivono lungo le coste del Baltico, nei paesi limitrofi, ma in modo particolare a voi, uomini del mare polacco; ed insieme agli uomini di mare che in tutto il mondo navigano sotto la bandiera polacca.

Ho in mente i pescatori, i marinai, i lavoratori dei cantieri navali, tutti coloro che lavorano nei porti o a bordo dei pescherecci, delle navi passeggeri e commerciali di ogni tipo, che svolgono il loro servizio sulle navi da guerra o sui sottomarini. Avete legato la vostra vita e quella delle vostre famiglie al mare. Esso ha un influsso decisivo sulla realizzazione della vostra vocazione umana e cristiana, sulla formazione della vostra personalità e delle vostre attitudini.

Il vostro lavoro, compensato dal giusto riconoscimento della società, è una dura fatica, che richiede tanti sacrifici e rinunce: una frequente e, a volte, lunga separazione dalla famiglia e dagli amici; che richiede tempra di volontà, coraggio, fortezza, solidale collaborazione di fronte al pericolo ed alle difficoltà. Il mare è in certo senso il banco del vostro lavoro quotidiano. A volte capita che esso sia infido e pericoloso. Ogni anno inghiotte, come sapete, molte vittime. Quante tragedie familiari provoca il mare! Ricordiamo oggi nella nostra preghiera tutti i morti e le famiglie colpite dai lutti.

Il mare permette di comprendere meglio la debolezza umana e la onnipotenza di Dio, di scorgere il valore della terra, il bisogno della presenza di un altro uomo, di apprezzare il legame familiare ed il valore della comunità, anche della comunità parrocchiale e dell'ambiente delle persone care.

A molti di voi la potenza e la vastità incommensurabile del mare facilita il contatto con Dio. E' conosciuto il detto: "Chi non sa pregare, vada sul mare"! Per conservare la propria identità, per mantenere un cordiale legame familiare, per non cedere alla debolezza, dovete essere uomini di preghiera. Nella preghiera trovare forza ed animo nei momenti di solitudine e di nostalgia.

E' bene che gli uomini di mare ogni domenica possano ascoltare la santa Messa trasmessa specialmente per loro da Danzica.

Esiste una specifica pastorale per gli uomini di mare a Gdynia e a Danzica: a Gdynia da quattro anni opera il club "Stella Maris" presso la chiesa dei padri redentoristi. So che i marinai si servono dei centri pastorali seminati su tutto il globo.

Esprimo la mia gioia per la buona opinione della quale ormai godete in questi posti.

Ricordate di essere gli ambasciatori della propria nazione e i portavoce dei valori di cui essa vive. Ciò esige da voi un fermo atteggiamento morale al contatto con influenze atee, con ondate di corruzione e di depravazione.

Mi rivolgo, ora, a tutti coloro che attendono il vostro ritorno, a volte per mesi interi: alle madri ed ai padri, alle spose, alle figlie ed ai figli, agli amici ed ai conoscenti.

Che nelle vostre case regni lo spirito cristiano, la pace di Cristo, l'amore e la reciproca fiducia. Il legame spirituale, tramite la preghiera, attenua la nostalgia della separazione e crea un particolare senso di sicurezza, che facilita il lavoro e il superamento delle difficoltà.


7. Parlando agli uomini di mare, desidero rivolgermi allo stesso tempo a coloro che vivono a Przymorze e in Pomerania.

Gli abitanti della costa di Danzica e della Pomerania costituiscono una comunità compatta, che, in base alle esperienze della storia, alle tradizioni polacche e ai valori portati qui dalle genti venute dalle terre intorno a Vilnius oppure dalla Polonia centrale, forma il suo volto attuale.

Non posso fare a meno di rivolgermi oggi in modo particolare ai discendenti degli antichi Slavi, ai Lechiti della Pomerania, ai Kaszubi cari a noi tutti, che fino ad oggi hanno conservato la loro identità etnica e la loro lingua con la radice slava.

So che i Kaszubi sono stati sempre e rimangono fedeli alla Chiesa. Qui, nel territorio di Kaszuby, nel periodo della Riforma e delle spartizioni, la difesa del Cattolicesimo si era congiunta in modo indissolubile con la difesa dell'identità polacca. Negli anni precedenti alla prima guerra mondiale, i sacerdoti iniziarono un animato lavoro di autoistruzione e quello cooperativo tra i pescatori ed i contadini kaszubi, allo scopo di difesa dalla germanizzazione.

Anche gli attivisti laici di Kaszubi uniscono la difesa dell'identità polacca con la religione. Il famoso Antoni Abraham spesso iniziava la conversazione con le parole: "Se sei un polacco e credi in Dio...". Lo stesso motivo ritorna spesso nelle opere di eminenti poeti kaszubi. Hieronim Jarosz Derdowski ha scritto in una delle sue poesie: "Sentite qui dal profondo del cuore il nostro Credo: Non vi è terra di Kaszubi senza Polonia, e Polonia senza terra di Kaszubi" (O panu Czorlinscim, co do Pucka po sece jachol); egli conclude anche il ritornello dell'Inno dei Kaszubi con le parole ben note: "Noi stiamo con Dio!".

Aleksander Majkowski era solito dire: "Alla Polonia ci uniscono il sangue, la storia e la stessa Chiesa".

Niente di strano, dunque, che quando durante la seconda guerra mondiale entrambi i valori, l'identità polacca e la fede, furono minacciati, i Kaszubi, come del resto il paese, immediatamente organizzarono la difesa: "Gryf Kaszubski", "Gryf Pomorski" - gli scouts delle "Schiere Grige" di Danzica - Quanto ci dicono questi nomi! Cari fratelli e sorelle kaszubi! Custodite questi valori e quest'eredità, che decide della vostra identità.

Depongo voi tutti, le vostre famiglie e tutti i problemi ai piedi della Madre di Cristo, venerata in molti santuari in questa terra e specialmente a Sianow e a Swarzew, dove da quattrocento anni lei vi circonda di premura come "Regina del mare polacco".


8. Sono lieto che mi è stato dato oggi di trovarmi davanti al mare polacco, nella Pomerania di Danzica, nel territorio delle tre città.

Innanzitutto saluto Gdynia. Anche se io crescevo in una terra polacca lontana da qui, posso tuttavia dire che crescevo contemporaneamente a questa città, che in un certo senso era divenuta il simbolo della nostra seconda indipendenza. Insieme con tutta la mia nazione non cesso di nutrire gratitudine per coloro che creavano qui questa città, questo porto sul Baltico, sin dalle sue basi, in un certo senso dal nulla. Ho nella mente in modo particolare il grande polacco, ingegner Eugeniusz Kwiatkowski, ed assieme a lui tutti i suoi collaboratori. Erano i rappresentanti di quella generazione, che dopo secoli aveva capito nuovamente che l'accesso al mare è un elemento costitutivo dell'indipendenza della Polonia. Uno degli elementi molto importanti. Gdynia dunque è divenuta un'espressione della nuova voglia di vivere della nazione.

Un'espressione convincente ed efficace.

Da questa Gdynia che si sviluppa in modo dinamico dopo l'ultima guerra, saluto cordialmente tutta la Chiesa della diocesi di Chelmno, il suo pastore, Vescovo Marian, i Vescovi Ausiliari, i Vescovi ospiti, il Clero, le famiglie religiose maschili e femminili, i pellegrini della diocesi di Warmia, di Koszalin-Kolobrzeg, di Danzica e tutti i rappresentanti della pastorale nazionale degli uomini di mare.

La diocesi di Chelmno ha molto sofferto durante la seconda guerra mondiale ed ha avuto tante vittime. Ha perso oltre trecentocinquanta sacerdoti.

Migliaia di suoi figli e figlie riposano nelle tombe comuni a Piasnica presso Wejherowo, nella foresta di Szpengawa vicino a Starogard, a Mniszek presso Swiecie, nella Dolina Smierci vicino Chojnice. Quanti abitanti di queste terre hanno perso la vita nel campo di morte a Sztutuwo.


9. Camminando sulle acque del mar di Galilea, Gesù dice agli apostoli: "Coraggio, sono io, non abbiate paura"! (Mt 14,27). E, dopo, ordina a Pietro di venir da lui sulla superficie del mare, superando la distanza e la profondità, gli inseparabili attributi del mare.

E quando Pietro s'impauri per il forte vento e comincio ad affondare esclamo: "Signore, salvami!" (Mt 14,30). Cristo gli diede la mano con le parole: "Uomo di poca fede, perché hai dubitato?" (Mt 14,31).

Desidero che questo evento biblico, del mare di Galilea, rimanga con voi, uomini del Baltico, mare polacco, e della Pomerania polacca.

Riflettete su di esso nel contesto della nostra storia, nel contesto degli eventi del nostro secolo, nel contesto degli ultimi anni...

Gesù dice: "Coraggio, sono io, non abbiate paura!" "Perché hai dubitato? Sono io..." "Signore, salva!" "Sono io..." A nome di tutta la nostra storia rispondiamo insieme a Simon Pietro.

Tu sei.

"Tu sei veramente il Figlio di Dio!" (Mt 14,33).

Al termine dell'incontro il Papa ha improvvisato queste parole: Vorrei ringraziare per tutti i doni che mi sono stati offerti. Essi possono essere compresi in una parola: "Dono di Pomerania". Sappiamo che questo è il nome della nave che ha una sua tradizione nella storia del mare polacco. Bel nome, poiché racchiude un enorme significato. Dice tutto ciò che sono la Pomerania e il mare per la nostra patria.

"Dono di Pomerania". Esso parla di tutta la vostra difficile storia, storia - al tempo stesso - inflessibile, della perseveranza nel corso dei secoli e di tutto il millennio. Io, che per grazia di Dio, oggi ho potuto essere qui desidero ringraziarvi per questo dono, in nome della Chiesa - poiché sono venuto come pastore della Chiesa, ma anche in nome della nostra comune patria, sono qui, infatti, come Polacco, tra connazionali. Per tutto ciò che è insito nella parola "Dono di Pomerania" - Dio renda merito! Devo ancora ricordare un'altra cosa: tra i numerosi doni ricevuti ve ne è stato uno particolarmente commovente. Non avevo mai ricevuto un dono del genere: un ostensorio grazie alle caramelle risparmiate. I vostri bambini hanno rinunciato alle caramelle per poter comprare, con i soldi risparmiati, ed offrire un ostensorio per la missione. Un ostensorio invece delle caramelle. Grazie di cuore a questi bambini! E poiché so che ai bambini piacciono le caramelle, dopo l'offerta del "Dono di Pomerania" - dell'ostensorio - mangino pure un po' di caramelle.

Non voglio dilungarmi, ma desidero aggiungere ancora qualcosa. E' per me, personalmente, un motivo in più di gioia, il fatto di esserci potuti incontrare, di essere qui, che volete, io non sono uomo di mare, vengo dalle montagne, dall'altro lato della Polonia. Se i miei passi qualche volta si sono indirizzati verso questa regione, è stato piuttosto verso i laghi e non verso il mare. Oggi, finalmente, sono venuto sul mare, riconosco la mia negligenza e desidero riscattarmi per non essere stato molto in questi posti. Proprio per riparare questa mia trascuratezza, adesso devo andare a Gdansk per mare. così hanno deciso. Sia lodato Gesù Cristo!

1987-06-11 Data estesa: Giovedi 11 Giugno 1987




Celebrazione della Parola con i giovani - Penisola di Westerplatte di Danzica (Polonia)

Titolo: L'eroismo odierno di un giovane è il coraggio di persistere in una testimonianza di fede

Testo:

1. A voi, che oggi siete riuniti qui a Westerplatte, a voi, nuova generazione di uomini del mare polacco e della Pomerania, e a voi, giovani di tutta la terra patria, trasmetto il saluto della Chiesa di Cristo e il bacio della pace.

Vi trasmetto questo saluto a nome di tutte le vostre coetanee e i vostri coetanei, dei diversi paesi e continenti, che mi è stato dato di visitare, adempiendo il servizio di Pietro, che è unito nella Chiesa alla sede vescovile romana.

In modo particolare vi porto il saluto della gioventù riunita la Domenica delle Palme di quest'anno a Buenos Aires per celebrare la "Giornata della Gioventù" insieme a Cristo crocifisso e risorto.

Questa "Giornata"è il frutto di molti pellegrinaggi che i giovani sono soliti compiere per incontrarsi proprio in tale giorno, con il Papa, in piazza san Pietro a Roma. E in particolare è il frutto della nostra partecipazione all'"Anno Internazionale della Gioventù" proclamato nel 1985 dall'Organizzazione delle Nazioni Unite.

Oggi ci incontriamo qui, nella vostra comunità giovanile di Danzica, Gdynia e Sopot - delle tre città e della Pomerania, a questo incontro prendono parte anche i rappresentati della gioventù di tutta la Polonia, specialmente degli ambienti universitari. Ci incontriamo sentendoci uniti a tutti i giovani del mondo, in cammino verso il futuro - e in cerca di vie verso quel futuro tra timori, ma anche tra speranze - come dice la costituzione conciliare sulla Chiesa nel mondo contemporaneo.

Tutti desideriamo un mondo più umano, in cui ognuno possa trovare il posto rispondente alla propria vocazione. In cui ciascuno possa essere il soggetto della propria sorte e allo stesso tempo compartecipe della comune soggettività di tutti i membri della propria società. Coartefici della casa del futuro, che tutti debbono costruire insieme, consapevoli dei propri doveri ma anche dei propri inalienabili diritti umani.


2. Durante l'"Anno Mondiale della Gioventù" ci siamo chinati, insieme ai giovani di tutta la Chiesa, proprio su questo testo del Vangelo che è stato letto oggi qui. Tutta la "Lettera ai giovani e alle giovani del mondo", che in quello stesso anno ho indirizzato a tutti - ovviamente anche alla gioventù polacca - vuole essere infatti un'ampia analisi dell'incontro e del colloquio di Cristo con il giovane.

E anche oggi ricorro a quella lettera. E allo stesso tempo, prendendo in considerazione le particolari circostanze del nostro incontro a Wasterplatte, riprendo - insieme a voi - ancora una volta l'analisi di quell'incontro e di quel colloquio. Il giovane domanda a Cristo: "Che cosa devo fare per avere la vita eterna?" (Mc 10,17). In risposta, colui che il giovane ha chiamato "Maestro buono" (cfr. Mc 10,17) gli indica i comandamenti divini. "Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, (cioè: sii sincero), non ingannare, onora il padre e la madre" (Mt 10,19).

I comandamenti di Dio. Il Decalogo. Li conosciamo bene. Li sappiamo a memoria - e spesso li ripetiamo. Essi convincono ogni uomo con la diretta ovvietà della verità in essi contenuta. Dio ha dato questi comandamenti al popolo dell'antica alleanza, tramite Mosè, ma contemporaneamente essi sono, anche senza questa consegna, già inscritti "nel cuore dell'uomo". La consegna di questi comandamenti da parte di Dio è in un certo senso la conferma della loro presenza nella coscienza morale dell'uomo. Ed insieme il rafforzamento del loro obbligo nella coscienza di ciascuno.


3. In questo modo ci troviamo il centro stesso del problema, che si chiama: uomo.

L'uomo: ognuno e ognuna di voi. L'uomo è se stesso in virtù della verità interiore. Questa è la verità della coscienza, che si riflette nelle opere. In questa verità ogni uomo è affidato a se stesso. Ognuno di questi comandamenti, elencati con convinzione dal giovane interlocutore di Cristo, ogni principio della morale, è un punto particolare da cui partono le vie di comportamento e prima di tutto le vie delle coscienze. L'uomo agisce secondo la verità ivi espressa, la quale allo stesso tempo gli viene dettata dalla coscienza, oppure agisce contro questa verità. In questo punto inizia il dramma essenziale antico quanto l'uomo.

Nel momento in cui viene mostrato il comandamento divino, l'uomo sceglie tra il bene e il male. Nel primo caso - cresce come uomo, diventa sempre più quello che deve essere. Nel secondo caso - l'uomo si degrada.

Il peccato sminuisce l'uomo.

Non è così? Guardatevi intorno! Guardate gli ambienti più vicini e più lontani! Non è così? 4. Si parla giustamente dei diritti dell'uomo. Si sottolinea, specialmente nella nostra epoca, la loro importanza.

Non si può tuttavia dimenticare, che i diritti dell'uomo esistono affinché ognuno abbia lo spazio necessario l'adempimento dei propri compiti e obblighi. Perché possa in questo modo svilupparsi. Perché possa diventare più uomo.

I diritti dell'uomo devono essere la frase di quella forza morale, che l'uomo raggiunge mediante là fedeltà alla verità e al dovere. Mediante la fedelta alla retta coscienza. Si, mediante la fedeltà ai comandamenti di Dio, così come si parla nel colloquio di Cristo con il giovane.

Si tratta infatti di valori duraturi ed immutabili. Il giovane del Vangelo è consapevole, che l'osservanza dei comandamenti divini è la via per "la vita eterna". Si. L'uomo vive in questa prospettiva. E questa prospettiva di vita eterna, dell'incontro con Dio, che è il mio Creatore, Padre, e Giudice - costituisce la sorgente della forza morale dell'uomo.

Che cosa posso augurare a voi, giovani in terra patria, e in condizioni materiali a volte difficili, a volte addirittura privi in qualche modo della stessa speranza? Che cosa? Penso che a questo punto certamente non sbagliamo leggendo il testo evangelico. Questa prospettiva, consolidata in noi dalle parole di Cristo, è per l'uomo, sin dalla giovinezza, sorgente di forza morale. Un ragazzo, una ragazza che impareranno ad aver contatto con Dio in base all'intima verità della propria coscienza, sono forti. Possono far fronte a svariate situazioni, persino molto difficili.


5. Una minaccia è il clima di relativismo. Una minaccia è il vacillare di principi e di verità sulle quali si edificano la dignità e lo sviluppo dell'uomo. Una minaccia è l'infiltrarsi di opinioni e di idee, che servono a questo vacillare.

Qui sono attuali le parole del Cardinale Newman, che vi è bisogno "di uomini che conoscono la propria religione e l'approfondiscono; che sanno precisamente quale è la loro posizione, che sono consapevoli di ciò in cui credono e in che cosa non credono; che conoscono così bene il loro "Credo" da essere capaci di renderne conto; che hanno talmente conosciuto la storia da saperla difendere" (J. H. Newman, "On Consulting the Faithful in Matters of Doctrine", London, 1986, p. 76).

Il giovane del Vangelo aveva una idea molto chiara dei principi secondo i quali si dovrebbe costruire la vita umana. E tuttavia anche lui, in un certo momento non ce l'ha fatta a superare la soglia dei propri condizionamenti. Quando Cristo, disse fissandolo con amore: "vieni e seguimi" (cfr. Mc 10,21) - lui non ci ando. Non ci ando perché "aveva molti beni" (Mc 10,22). Il desiderio di conservare tutto quello che possedeva glielo impedi. Il desiderio di "avere", di "avere di più" gli impedi di "essere di più".

Infatti la via indicata da Cristo portava ad "essere di più"! Sempre concludono a questo le indicazioni del Vangelo. In ogni professione o vocazione, senza alcuna eccezione - la chiamata di Cristo porta a questo.

La vostra vocazione e le vostre mansioni sono varie. Dovete ben riflettere - su ciascuna di queste vie - quale è il rapporto tra l'"essere di più" e l'"avere di più". Mai pero deve vincere solo l'"avere di più". Poiché allora l'uomo può perdere la cosa più preziosa: la sua umanità, la sua coscienza, la sua dignità, tutto ciò che costituisce anche la prospettiva "della vita eterna".

"La vita eterna" - è il regno di Dio. I comandamenti di Dio sono la via ad esso. Pero... Non è forse vero che allo stesso tempo dipende da essi ciò che qui sulla terra si può chiamare il "regno dell'uomo"? può la vita in qualunque luogo della terra essere il "regno dell'uomo" se si respingono questi comandamenti: non uccidere, non commettere adulterio, non dire falsa testimonianza, onora il padre e la madre? 6. Il giovane interlocutore di Cristo "se ne ando" e "se ne ando afflitto" (Mc 10,22). Perché afflitto? può darsi che egli si rendesse conto di quanto perdeva.

Davvero. Perdeva moltissimo. Se fosse rimasto con Cristo come gli apostoli, sarebbe arrivato al giorno della Pasqua di Gerusalemme. Sarebbe arrivato alla croce sul Golgota ma poi anche alla risurrezione. E alla discesa dello Spirito Santo. Sarebbe arrivato alla trasformazione mirabile concessa agli apostoli il giorno di Pentecoste. Divennero uomini nuovi. Raggiunsero la forza interiore della verità e dell'amore.

Se fosse rimasto con Cristo, quel giovane si sarebbe convinto che egli - il Maestro - "dopo aver amato i suoi... li amo sino alla fine" (Jn 13,1).

E proprio per mezzo di questo amore "sino alla fine", ha dato loro "il potere di diventare figli di Dio" (cfr. Jn 1,12). Essi - uomini comuni, uomini deboli.

Proprio per questo la Chiesa in Polonia nel corso di questi giorni del Congresso Eucaristico si concentra su questo amore di Cristo "sino alla fine", per scoprire la sorgente della stessa forza spirituale davanti a tutti i figli e le figlie di questa terra polacca tanto provata.

Per scoprire questa forza davanti a voi: giovani.


7. Scoprire questa forza dello spirito, la forza delle coscienze, la potenza della grazia e del carattere è particolarmente indispensabile proprio in questa generazione.

Questa forza è necessaria per non cadere nella tentazione della rassegnazione, dell'indifferenza, del dubbio, oppure dell'emigrazione interiore; nella tentazione di una multiforme fuga dal mondo, dalla società, dalla vita.

Anche nella tentazione di fuga nel senso letterale della parola - di abbandonare la patria; nella tentazione dell'assenza di speranza, che porta all'autodistruzione della propria personalità, della propria umanità mediante l'alcoolismo, la droga, gli abusi sessuali, la ricerca di sensazioni e il rifugio nelle sette o associazioni così estranee alla cultura, alla tradizione e allo spirito della nostra nazione.

Questa forza è necessaria, per saper da soli raggiungere le fonti della conoscenza del vero insegnamento di Cristo e della Chiesa, specialmente quando in diversi modi si cerca di convincervi, che ciò che è "scientifico" e "progressista" contraddice il Vangelo, quando vi si offre la liberazione e la salvezza senza Dio, o persino contro Dio.

Vi è bisogno di questa forza per vivere autenticamente nella comunità della Chiesa, per partecipare alla formazione di ambienti che si basano sull'accettazione di Cristo.

Verità, per condividere con la comunità la propria ricchezza ed anche le proprie ricerche.

Vi è bisogno di questa forza per vivere eroicamente ogni giorno, anche in una realtà oggettivamente difficile, per mantenere la fedeltà alla coscienza nel lavoro professionale, per non soccombere al conformismo, oggi di moda, per non rimanere muti mentre l'altro subisce un torto, ma avere il coraggio di esprimere una giusta opposizione ed assumere la difesa. L'eroismo odierno di un giovane è il coraggio pieno di iniziativa, di una palpitante persistenza in una testimonianza di fede e di speranza. Non la fuga da una situazione difficile.

Vi è bisogno di questa forza per vivere un'autentica vita di fede, vita sacramentale, rinnovata specialmente nel sacramento della penitenza e dell'Eucaristia.

Vi è bisogno di questa forza per svolgere l'apostolato nel proprio ambiente per mezzo della gioia e della speranza, per donarsi agli altri nel lavoro, nella famiglia, nella scuola o nell'università, nella comunità parrocchiale e dovunque a misura delle proprie possibilità.

Vi è bisogno di questa forza, per esigere da se stessi. Affinché la vostra condotta non venga guidata dalla voglia di soddisfare ad ogni costo i propri desideri, ma il senso di dover compiere ciò che è giusto, ciò che è doveroso. Accogliete le parole che ho detto una volta ai giovani a Jasna Gora: "... dovete esigere da voi stessi, anche se gli altri non esigessero da voi" (Giovanni Paolo II, Discorso tenuto ai giovani a Jasna Gora 5, 18 giugno 1983: "" VI, 1 [1983] 1565).

Il futuro della nazione dipende da voi, da come formerete il vostro carattere, il vostro modo di vedere il mondo, la vostra volontà di impegno nella trasformazione della realtà. Ogni generazione di Polacchi si trova davanti al problema di lavoro su di sé, e nessuno deve rifuggire dal dare la risposta alla sfida dei propri tempi. Per un cristiano la situazione mai è priva di speranza. La forza scaturisce dalla preghiera e dal sacrificio che è l'espressione dell'amore.


8. Qui, in questo luogo, a Westerplatte, nel settembre del 1939, un gruppo di giovani polacchi, soldati sotto il comando del maggiore Henryk Sucharski, resisteva con una nobile ostinazione, impegnandosi in una lotta ineguale contro l'invasore. Una lotta eroica. Sono rimasti nel ricordo della nazione come un simbolo eloquente.

Bisogna che questo simbolo continui a parlare, che esso costituisca una sfida per gli uomini sempre nuovi e per le generazioni sempre nuove di Polacchi.

Anche ognuno di voi, giovani amici, trova nella vita una sua "Westerplatte". Una dimensione dei compiti che deve assumere ed adempiere. Una causa giusta, per la quale non si può non combattere. Qualche dovere, qualche obbligo, da cui uno non si può sottrarre. Da cui non è possibile disertare.

Infine - un certo ordine di verità e di valori che bisogna "mantenere" e "difendere": dentro di sé e intorno a sé. Si: difendere per sé e per gli altri.

Disse il servo di Dio, Vescovo Kozal: "Di una sconfitta da arma fa inorridire di più l'abbattimento dello spirito degli uomini. Il dubbioso diventa involontariamente alleato del nemico" (Ks. W. Fratczak, "Biskup Michal Kozal", in "Chrzescijanie", vol. 12, Warszawa 1982, p. 85).

Proprio allora, in un tale momento (e simili momenti sono molti, non costituiscono solamente qualche eccezione), allora dunque, in un momento così, ricordatevi: ecco, nella tua vita sta passando il Cristo e dice: "seguimi".

Non abbandonarlo. Non andare via. Accogli questa chiamata. Altrimenti - può darsi che tu conservi "molti beni" - pero "andrai via afflitto". Rimarrai con la tristezza della coscienza.


9. Cari amici! Desidero dire alle vostre coetanee e ai vostri coetanei che ho incontrato nei diversi luoghi della terra, come oggi mi incontro con voi, che: - vi sono in Polonia giovani, i quali desiderano un mondo migliore; più umano. Un mondo di verità, di libertà, di giustizia e di amore; - che questo desiderio - nonostante tutte le difficoltà - essi tentano di metterlo in atto e di renderlo una realtà nei loro ambienti, nella loro nazione e società; - che essi persistono nel colloquio con Cristo: ascoltano la sua chiamata "seguimi", e cercano di applicarla alle diverse vocazioni e ai diversi "doni", ai quali partecipano nella Chiesa e nella società; - che essi non vogliono separarsi dal nostro Maestro e Redentore tra l'afflizione della coscienza, ma con perseveranza cercano presso di lui la forza e la gioia, una forza e una gioia che "il mondo non può dare" (cfr. Jn 14,27). Che dà solo lui: il Cristo - e la sua Eucaristia.

1987-06-12 Data estesa: Venerdi 12 Giugno 1987





GPII 1987 Insegnamenti - Alla gente del mare raccolta sul molo di Piazza Kosciuszko - Gdwnia (Polonia)