GP2 Discorsi 1999 67


AI PARTECIPANTI ALLA SETTIMANA DI STUDIO PROMOSSA


DALLA PONTIFICIA ACCADEMIA DELLE SCIENZE


Sala dei Papi - Venerdì, 12 marzo 1999




Signor Presidente,
Eccellenze,
Signore,
Signori,

1. Sono lieto di accogliervi in occasione della settimana di studio sul contributo delle scienze allo sviluppo mondiale, promossa dalla Pontificia Accademia delle Scienze.Ringraziando vivamente il vostro Presidente per le sue cortesi parole, vi porgo i miei cordiali saluti, apprezzando il servizio che rendete alla comunità umana. Avete voluto riflettere sui grandi rischi che gravano su tutto il pianeta e allo stesso tempo prospettare le possibili misure atte a preservare il creato, all'alba del terzo millennio.

2. Nel mondo attuale, sempre più voci si levano per denunciare i danni crescenti provocati dalla civiltà moderna alle persone, all'habitat, alle condizioni climatiche e all'agricoltura. Certo, esistono elementi legati alla natura e alla sua autonomia contro i quali è difficile, se non impossibile, lottare. Si può tuttavia affermare che comportamenti umani sono a volte all'origine di squilibri ecologici gravi, con conseguenze particolarmente nefaste e disastrose nei diversi Paesi e per tutto il pianeta. Basti citare i conflitti armati, la corsa sfrenata alla crescita economica, l'uso smodato delle risorse, l'inquinamento dell'aria e dell'acqua.

3. È responsabilità dell'uomo limitare i rischi per il creato, mediante una particolare attenzione all'ambiente naturale, interventi appropriati e sistemi di protezione ideati innanzitutto nell'ottica del bene comune e non solo della redditività o di profitti personali. Lo sviluppo duraturo dei popoli esige che tutti si mettano «al servizio degli uomini, onde aiutarli a cogliere tutte le dimensioni di tale grave problema e convincerli dell'urgenza di una azione solidale in questa svolta della storia dell'umanità» (Populorum progressio PP 1). Purtroppo considerazioni e ragioni economiche e politiche hanno spesso il sopravvento sul rispetto dell'ambiente, rendendo la vita delle popolazioni impossibile o rischiosa in certe aree del mondo. Affinché il pianeta sia abitabile in futuro e ognuno abbia il suo posto, incoraggio le Autorità pubbliche e tutti gli uomini di buona volontà a interrogarsi sui loro atteggiamenti quotidiani e sulle decisioni da prendere, che non possono essere una ricerca infinita e sfrenata di beni materiali che non tiene conto dell'ambiente nel quale viviamo, ma che devono essere atte a provvedere ai bisogni fondamentali delle generazioni presenti e future. Questa attenzione costituisce un aspetto fondamentale della solidarietà fra le generazioni.

68 4. La comunità internazionale è chiamata a collaborare con i diversi gruppi coinvolti affinché il comportamento delle persone, spesso ispirato dal consumismo esacerbato, non sconvolga le reti economiche e neppure le risorse naturali e il mantenimento dell'equilibrio della natura. «La pura accumulazione di beni e di servizi, anche a favore della maggioranza, non basta a realizzare la felicità umana» (Sollicitudo rei socialis SRS 28).

Allo stesso tempo la concentrazione di potenze economiche e politiche che rispondono a interessi molto particolari crea centri di potere che agiscono spesso a discapito degli interessi della comunità internazionale. Questa situazione apre la via a decisioni arbitrarie contro le quali è spesso difficile reagire, esponendo così interi gruppi umani a gravi pregiudizi. Gli equilibri esigono che le ricerche e le decisioni siano effettuate nella trasparenza, con il desiderio di servire il bene comune e la comunità umana.

È più che mai importante mettere in atto un ordine politico, economico e giuridico mondiale, fondato su regole morali chiare, affinché le relazioni internazionali abbiano come obiettivo la ricerca del bene comune, evitando i fenomeni di corruzione che ledono gravemente gli individui e i popoli, e non tollerando la creazione di privilegi e di vantaggi ingiusti a favore dei Paesi o dei gruppi sociali più ricchi, delle attività economiche sviluppate nel non rispetto dei diritti umani, di paradisi fiscali e di zone di non diritto. Un tale ordine dovrebbe avere sufficiente autorità presso gli organismi nazionali per intervenire a favore delle regioni più bisognose e per attuare programmi sociali che abbiano come unica prospettiva quella di aiutare queste regioni a procedere sulla via dello sviluppo. Solo così l'uomo sarà veramente fratello di ogni uomo e collaboratore di Dio nell'amministrazione del creato.

5. Tutti coloro che hanno una responsabilità nella vita pubblica sono anche chiamati a sviluppare la formazione professionale e tecnologica, così come l'organizzazione di periodi di apprendimento, soprattutto per i giovani, offrendo loro i mezzi per poter prendere attivamente parte alla crescita nazionale. Allo stesso modo, è fondamentale formare quadri per i Paesi in via di sviluppo e operare a favore di quei Paesi trasferimenti di tecnologie. Questa promozione degli equilibri sociali, fondata sul senso della giustizia e realizzata in uno spirito di saggezza, assicurerà il rispetto della dignità delle persone, permetterà loro di vivere in pace e di usufruire dei beni che la loro terra produrrà. Inoltre, una società ben organizzata potrà far fronte in modo più rapido alle catastrofi che potrebbero verificarsi, al fine di venire in aiuto alle popolazioni, in particolare di quelle più povere e quindi più sprovviste di mezzi.

6. I vostri sforzi per elaborare previsioni attendibili costituiscono un contributo prezioso affinché gli uomini, specialmente quelli che hanno il compito di guidare i destini dei popoli, si assumano pienamente le loro responsabilità di fronte alle generazioni future, evitando le minacce che sarebbero la conseguenza di negligenze, di decisioni economiche o politiche profondamente sbagliate o di una mancanza di prospettive a lungo termine.

Le strategie da adottare, così come le misure nazionali e internazionali necessarie, dovranno avere come obiettivo principale il benessere delle persone e dei popoli, affinché tutti i Paesi abbiano «una partecipazione più larga ai frutti della civiltà» (Paolo VI, Populorum progressio PP 1). Per mezzo di un'equa condivisione dei fondi stanziati dalla comunità internazionale e di prestiti a tassi bassi, è importante promuovere iniziative fondate sulla solidarietà disinteressata, capaci di sostenere azioni correttamente mirate, un'applicazione concreta delle tecnologie più adeguate e di ricerche che rispondano ai bisogni delle popolazioni locali, evitando così che i benefici dei progressi tecnologici e scientifici riguardino esclusivamente le grandi società e i Paesi più sviluppati. Invito dunque la comunità scientifica a proseguire le sue ricerche per individuare meglio le cause degli squilibri legati alla natura e all'uomo, al fine di prevenirli e di proporre soluzioni alternative alle situazioni che stanno diventando insostenibili.

Queste iniziative si devono fondare su una concezione del mondo che pone l'uomo al suo centro e che sappia rispettare la varietà delle condizioni storiche e ambientali, permettendo di ottenere uno sviluppo duraturo, capace di provvedere ai bisogni di tutta la popolazione del mondo. Si tratta in primo luogo di avere sempre una prospettiva a lungo termine nell'uso delle risorse naturali, evitando di esaurire, mediante interventi irrazionali e smodati, le risorse attuali.

7. Gli individui hanno a volte l'impressione che le loro singole decisioni siano inefficaci a livello di un Paese, del mondo o del cosmo, il che rischia di generare in essi una certa indifferenza in considerazione del comportamento irresponsabile delle persone. Tuttavia, dobbiamo ricordarci che il Creatore ha posto l'uomo nel creato, ordinandogli di amministrarlo in vista del bene di tutti, grazie alla sua intelligenza e alla sua ragione. Possiamo quindi essere certi che anche minima buona azione di una persona ha un'incidenza misteriosa sulla trasformazione sociale e partecipa alla crescita di tutti. È a partire dall'alleanza con il Creatore, verso il quale l'uomo è chiamato a volgersi incessantemente, che ognuno è invitato a una profonda conversione personale nel suo rapporto con gli altri e con la natura. Ciò permetterà una conversione collettiva e una vita armoniosa con il creato. Gesti profetici anche modesti sono per molti un'occasione per interrogarsi e per impegnarsi su vie nuove. È perciò necessario impartire a tutti, soprattutto ai giovani che aspirano a una vita sociale migliore in seno al creato, un'educazione ai valori umani e morali; è parimenti necessario sviluppare il loro senso civico e la loro attenzione per il prossimo, affinché tutti prendano coscienza dell'importanza dei loro atteggiamenti quotidiani per il futuro del loro Paese e del pianeta.

8. Al termine del nostro incontro, chiedo al Signore di colmarvi delle forze spirituali di cui avete bisogno per proseguire il vostro compito in uno spirito di servizio all'umanità e in vista di un futuro migliore sul nostro pianeta. A tutti imparto di cuore la Benedizione Apostolica, che estendo alle persone che vi sono care.


AI PRESULI DELLA CONFERENZA EPISCOPALE


DELLA CROAZIA IN VISITA


«AD LIMINA APOSTOLORUM»


Martedì, 13 marzo 1999

Venerati Fratelli nell'Episcopato!


69 1. "A Colui che in tutto ha potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare, secondo la potenza che opera in noi, a Lui gloria nella Chiesa e in Cristo Gesù per tutte le generazioni, nei secoli!" (Ep 3,20-21).

Cari Pastori della Chiesa che è in Croazia, sono lieto di salutarvi e di porgervi il mio fraterno benvenuto con le parole dell'Apostolo delle genti. Voi siete venuti in Visita ad limina per riaffermare la vostra comunione con il Successore di Pietro, "perpetuo e visibile principio e fondamento dell'unità sia dei Vescovi sia della moltitudine dei fedeli" (Lumen gentium LG 23).

Incontrarvi in questi giorni a Roma rievoca nel mio animo l’indimenticabile ricordo delle due Visite pastorali che Iddio mi ha dato di compiere nella vostra amata Patria, nel settembre del 1994 e nell'ottobre dell'anno scorso. Sono state occasioni provvidenziali, durante le quali ho avuto la gioia di constatare la fede del popolo croato. Seguendo il mandato affidatomi dal Signore, ho confermato i fratelli e le sorelle nella fede, li ho incoraggiati nella speranza, perché più intensa e viva sia la loro carità. In un certo senso è come se l'incontro odierno completasse quei Viaggi apostolici che ho compiuto come “Pellegrino del Vangelo”.

Ringrazio Mons. Josip Bozanic, Arcivescovo Metropolita di Zagabria, per le cordiali parole che, in qualità di Presidente della vostra Conferenza Episcopale, ha voluto indirizzarmi a nome di tutti, facendosi interprete delle attese e delle speranze che animano le Chiese particolari delle quali voi siete stati costituiti veri e autentici Maestri e Pontefici (cfr Lumen gentium LG 20 Christus Dominus CD 2) e dispensatori della grazia (cfr Lumen gentium LG 26).

Sono particolarmente lieto, poi, di poter salutare i Pastori di Pozega e di Varazdin, le due Diocesi di più recente creazione, come pure l'Ordinario Militare, che vengono per la prima volta in Visita ad limina. E' questo un eloquente segno della crescita della Chiesa in Croazia e della sua vivacità apostolica e missionaria.

In questo momento il mio ricordo va anche al venerato Card. Franjo Kuharic, Arcivescovo emerito di Zagabria, che ringrazio per quanto ha fatto per la Chiesa in Croazia e per quanto continua a fare per illustrare alle nuove generazioni la grande figura del suo Predecessore, il beato Alojzije Stepinac.

2. Negli incontri che in questi giorni ho avuto con ciascuno di voi, ho potuto rendermi conto dei programmi e delle aspettative, delle difficoltà e delle potenzialità, delle gioie e delle preoccupazioni che segnano il vostro quotidiano ministero. Mentre ringrazio il Signore per il bene che state compiendo nelle vostre Diocesi, vorrei assicurarvi della mia costante vicinanza spirituale. Proseguite, carissimi e venerati Fratelli nell'Episcopato, sulla strada intrapresa per edificare il Regno di Dio nella vostra Terra che, dopo periodi particolarmente difficili, conosce ora una nuova e promettente primavera religiosa.

Quando l'anno scorso posi piede nel vostro Paese, nel primo incontro volli ricordare “è di fondamentale importanza che il Popolo croato rimanga fedele alle proprie radici cristiane mantenendosi al tempo stesso aperto alle istanze del momento attuale che, se presenta non facili problemi, lascia anche intravedere confortanti motivi di speranza". In particolare, aggiunsi: "Auspico che i cristiani sappiano dare un decisivo impulso alla nuova evangelizzazione, offrendo generosamente la loro testimonianza a Cristo Signore, Redentore dell'uomo” (L'Osservatore Romano, 4 ottobre 1998, p. 4). Rinnovo oggi questa appassionata esortazione: considerate l'evangelizzazione come una urgente priorità pastorale! Rinnovata nelle forme e adattata alle nuove esigenze, essa deve però continuare a proporre senza compromessi l'autentico ed immutabile messaggio evangelico. Nessun ambito della vita dei singoli, delle famiglie e della società resti escluso dall'annuncio del Vangelo, perché occorre che la "buona novella" raggiunga e permei l'esistenza di ogni persona là dove concretamente vive e lavora, soffre e gioisce.

L'evangelizzazione è impegno di tutti i membri del Popolo di Dio e per questo, come ebbi modo di sottolineare lo scorso anno, a Spalato, “la Chiesa che è in Croazia ha bisogno di rinsaldare la comunione tra le diverse forze che la compongono, per raggiungere gli obiettivi che l'attendono nell'odierno clima di libertà e di democrazia” (L'Osservatore Romano, 5-6 ottobre 1998, p. 7). Solo così essa potrà rendere davanti a tutti una grande testimonianza dell'unità in Cristo ed essere all'altezza delle sfide vecchie e nuove, rispondendo alle aspettative di quanti, mossi dallo Spirito Santo, cercano la verità e desiderano dare un senso pieno alla loro esistenza.

Sia vostra cura prioritaria, venerati Fratelli, aiutare ogni fedele a rispondere all'universale chiamata alla santità. Non stancatevi, per questo, di indicare a quanti sono affidati alle vostre cure apostoliche, le inesauribili e pure sorgenti della grazia, i Sacramenti cioè, ed in particolare l'Eucaristia e la Penitenza. Irrobustita dai doni della grazia, ogni comunità cristiana, in comunione con i propri Pastori, sappia mostrare il suo volto di gioiosa famiglia di Dio, dove i sacerdoti, i consacrati e i fedeli laici crescono insieme nella fedeltà e nell'amore a Cristo ed ai fratelli.

3. C'è un'altra ragione che rende ancor più urgente l'annuncio del Vangelo ai nostri contemporanei: è la preparazione dell'imminente Grande Giubileo del 2000. In tale prospettiva, occorre individuare nuove vie e cercare nuove possibilità di predicazione del messaggio evangelico e di testimonianza cristiana, valorizzando nel modo migliore le grandi risorse religiose e spirituali, umane e culturali del popolo di Dio. Solo così i credenti saranno in grado di offrire alla società un loro specifico contributo per un autentico sviluppo ed un'armonica crescita materiale e spirituale.

70 Varie forme di attività pastorale a livello parrocchiale e diocesano, come pure nell'ambito delle provincie ecclesiastiche e della Conferenza Episcopale, potranno dare un ulteriore impulso alla nuova evangelizzazione. Costituiscono al riguardo un significativo esempio a cui fare riferimento le celebrazioni a ricordo dei tredici secoli di adesione al cristianesimo del popolo croato, iniziate a Solin nel 1975 e conclusesi a Marija Bistrica nel 1984. Come non citare qui la felice iniziativa, nata in quel periodo, della preghiera quotidiana che, nell'ora serale, raduna i cattolici croati in una corale comunione di lode e ringraziamento per il dono della fede e di implorazione per le necessità del presente e del futuro? Lo zelo, la perspicacia, la lungimiranza dei Pastori di quell'epoca indubbiamente non furono senza l'ispirazione e l'impulso dello Spirito Santo. Su questa scia sono certo che anche voi proseguirete a camminare ascoltando quanto lo Spirito dice oggi alle Chiese che il Signore vi ha affidato (cfr Ap 2,7).

4. Non venga mai meno il vostro entusiasmo apostolico e lo stile evangelico di ragionare e di agire. Voi siete chiamati ad essere maestri nella fede, araldi della speranza, testimoni della carità. La cura per le vocazioni sacerdotali, per quelle di speciale consacrazione, e per la formazione religiosa permanente dei fedeli laici sia al centro dei vostri pensieri.

Io stesso, nella mia esperienza di Pastore, ho avuto la riprova di quanto sia importante che il seminario e, in genere, i luoghi di formazione siano la “pupilla dell’occhio” del Vescovo. La cura per le vocazioni è però compito che riguarda tutta la comunità cristiana (cfr Optatam totius OT 2). La vocazione, infatti, nasce all'interno della comunità cristiana e in essa si rinsalda. A suo tempo, sarà la stessa comunità cristiana a godere i frutti di tale impegno vocazionale.

Di fronte alla crisi sociale e spirituale che ha coinvolto anche il vostro Paese, la terapia da adottare è quella di rafforzare anzitutto il senso religioso della vita, aiutando le famiglie cristiane ad essere ambiente e scuola in cui si praticano e si trasmettono i perenni valori umani ed evangelici. I giovani hanno bisogno di esempi eloquenti che li aiutino a non smarrire gli ideali che superano l'immediato e il contingente; hanno bisogno di testimonianza di vite interamente permeate dalla fede, per aprirsi verso orizzonti più vasti ed impegnativi. Quanto è importante la testimonianza dei Vescovi, dei sacerdoti, dei consacrati e delle consacrate generosamente conformati a Cristo Gesù e completamente dediti al disinteressato servizio di Dio e del prossimo!

Aiutate, cari Fratelli, le giovani generazioni a seguire con fedeltà la chiamata che a ciascuno Dio rivolge nella Chiesa e nella società. Assicurate, in particolare, ai candidati al sacerdozio una formazione adatta al ministero che verrà loro affidato. Abbiate cura fraterna dei presbiteri, vostri più stretti collaboratori. Essi non sono funzionari che agiscono a nome della Chiesa, ma servitori e annunciatori del Vangelo, ministri della grazia di Dio. Resi partecipi del sacerdozio di Cristo e congiunti al Vescovo nel ministero, sono inviati alle singole comunità ecclesiali per condividere con il Vescovo la cura per l'intero Popolo di Dio. Perché possano svolgere adeguatamente i loro compiti, occorre che la loro vita sia radicata in Cristo, irreprensibile specchio di santità e di preghiera, permeata di vivo senso ecclesiale. Vigilate dunque, cari Fratelli, affinché essi siano, sempre e dappertutto, insieme a voi modelli del gregge affidato alle vostre cure pastorali (cfr 2Tm 4,12 1P 5,3).

5. La Chiesa ha da sempre nutrito una stima particolare per la vocazione e l'opera dei Consacrati, essendo essi una grande risorsa spirituale che Dio offre al suo popolo. I loro carismi sono dati, oltre che per la santificazione personale, per la crescita e la missione della Chiesa, poiché i doni speciali che lo Spirito elargisce, “direttamente o indirettamente, hanno un’utilità ecclesiale, ordinati come sono all'edificazione della Chiesa, al bene degli uomini e alle necessità del mondo” (CEC 799). Perciò, come ho già avuto modo di ricordare, “compito del Vescovo è anche di sostenere i Consacrati e le Consacrate nella loro totale dedizione al Signore, esortandoli a vivere con generosità il carisma dell'Istituto di appartenenza e ad operare sempre in comunione con la Chiesa particolare e universale” (L'Osservatore Romano, 5-6 ottobre 1998, p. 7).

Se, in primo luogo, spetta al Clero diocesano il governo pastorale delle parrocchie, le persone consacrate hanno però la missione di testimoniare la concreta armonia dei diversi carismi operanti per il bene della Chiesa. I carismi veri edificano il Corpo Mistico di Cristo nella carità, nell'obbedienza, nella sequela incondizionata del Divin Maestro. Venerati Fratelli, sostenete i religiosi e le religiose con la vostra preghiera, con il vostro affetto e con il vostro aiuto, affinché siano sempre fedeli alla loro vocazione. Con i loro doni e in comunione con voi, essi sapranno dare un valido contributo all’opera pastorale ponendo le loro energie al servizio dell'evangelizzazione dell'intera società.

6. La nuova evangelizzazione ha bisogno infatti che si raccolgano tutte le energie. Sono davanti a noi, in questa fine di secolo, le macerie materiali e morali provocate da tante ideologie; abbiamo assistito in quest'ultimo decennio alla caduta di lunghe ed oppressive dittature. Anche il vostro Paese, dopo aver sperimentato il periodo della prova, gode ora un tempo di pace e di libertà. E’ tuttavia necessario vigilare affinché sia percorsa la via della giusta libertà nel rispetto di tutti i diritti umani. Vostro ruolo di Pastori, sempre dediti al vero bene del gregge, è indicare senza posa i principi perenni ed i valori immutabili stabiliti dal Creatore alla base della dignità di ogni persona e di ogni nazione.

Per poter affrontare e risolvere in modo positivo i problemi che stanno di fronte alla società ed alla Chiesa in Croazia, e che hanno una radice profonda nella storia, occorrono spirito di carità, longanime pazienza, accorta lungimiranza. Solo così cresceranno le pianticelle della libertà e della democrazia e diventeranno alberi robusti. Cari Pastori dell'amata Chiesa che è in Croazia, insegnate con i vostri sacerdoti ai fedeli ad essere la luce e il sale della società (cfr Mt 5,13-14). I cristiani potranno a loro volta contribuire a plasmare “un nuovo volto alla loro Patria”, assumendo impegni pubblici, assolvendoli da veri credenti in Cristo e promuovendo il bene comune con giustizia e spirito solidale (cfr Gaudium et spes GS 43 GS 75). Sappiate offrire loro, da parte vostra, una formazione religiosa permanente, che li aiuti a vivere ed operare in sintonia con la fede professata.

Ispirandovi alla parabola del grano e del loglio (cfr Mt 13,24-30), aiutateli a far sì che sulla critica che distrugge prevalgano sempre il dialogo costruttivo e la carità che edifica. E' necessario sempre e ovunque un impegno coerente, perché la fede operi per mezzo della carità (cfr Ga 5,6), ed i suoi benefici vadano a vantaggio di tutti, in particolare dei poveri e degli emarginati.

Il Concilio Vaticano II ricorda che i cristiani, “aderendo fedelmente al Vangelo e usufruendo della sua forza, uniti con tutti coloro che amano e cercano la giustizia, hanno assunto un compito immenso da adempiere su questa terra: di esso dovranno rendere conto a Colui che tutti giudicherà nell'ultimo giorno. Non tutti infatti quelli che dicono: «Signore, Signore», entreranno nel Regno dei cieli, ma quelli che fanno la volontà del Padre e danno valida mano all'opera” (Gaudium et spes GS 93).

71 Chiesa e comunità politica, nei loro rispettivi ambiti, sono indipendenti, ma sono entrambi al servizio dell’unico e medesimo uomo (cfr Gaudium et spes GS 76). Una sana e fruttuosa collaborazione tra la Chiesa e lo Stato per il bene di tutti i cittadini del Paese è certamente favorita dal mutuo rispetto e dalla reciproca intesa, accresciuti anche grazie ai recenti quattro Accordi firmati tra la Santa Sede e la Repubblica di Croazia.

7. “Rimanete saldi nel Signore” (Ph 4,1). “E lo stesso Signore nostro Gesù Cristo e Dio Padre nostro, che ci ha amati e ci ha dato, per sua grazia, una consolazione eterna e una buona speranza, conforti i vostri cuori e li confermi in ogni opera e parola di bene” (2Th 2,16-17). Cari Fratelli, sentite come rivolte a voi queste parole dell'Apostolo e traetene conforto per perseverare nel generoso adempimento della vostra missione.

La Santissima Madre di Dio, tanto amata e venerata nelle vostre regioni, accompagni con la sua potente intercessione il vostro impegno apostolico e ogni vostra iniziativa a servizio della Chiesa ed implori per voi e per le vostre Diocesi abbondanza di grazia e di pace nel Signore nostro Gesù Cristo.

Con tali sentimenti, rinnovo volentieri la Benedizione Apostolica a voi, ai vostri sacerdoti, ai consacrati ed alle consacrate, come pure a tutti i fedeli laici, che sono in Patria e all'estero.




AI PARTECIPANTI AL CORSO


PROMOSSO DALLA PENITENZIERIA APOSTOLICA


Sala Clementina - Martedì, 13 marzo 1999




1. Signor Cardinale Penitenziere, Prelati e Officiali della Penitenzieria Apostolica, Padri Penitenzieri delle Basiliche Patriarcali dell'Urbe, giovani Sacerdoti e candidati al Sacerdozio che avete frequentato il corso sul foro interno organizzato anche quest'anno dalla Penitenzieria Apostolica, vi accolgo con affetto in questa tradizionale Udienza, che mi è particolarmente cara.

Nel ringraziare il Signor Cardinale William Wakefield Baum per i sentimenti espressi nell'indirizzo rivoltomi, desidero sottolineare l'alto significato di questo incontro, nel quale viene riaffermato quasi tangibilmente il nesso tra la missione riconciliatrice del sacerdote come ministro del sacramento della Penitenza e la Sede di Pietro. Non è forse a Pietro ed ai suoi successori che Cristo ha affidato in termini universali la potestà, il dovere, la responsabilità e allo stesso tempo il carisma - che si estende ai Fratelli nell'episcopato e ai presbiteri, loro cooperatori - di liberare le anime dal potere del male, cioè del peccato e del demonio?

In questa vigilia della Pasqua redentrice e dell'Anno giubilare l'incontro assurge al valore di simbolo di vissuta comunione nella quotidiana fatica a servizio degli uomini e della loro eterna salvezza. Data questa significazione universale, mentre parlo a voi qui convenuti nella dimora del Papa, vedo spiritualmente presenti tutti i sacerdoti della Santa Chiesa Cattolica, ovunque vivano e operino, e a tutti indirizzo con affetto questo mio messaggio.

2. L'Anno giubilare, nella varia e armonica molteplicità dei suoi contenuti e dei suoi fini, verte soprattutto sulla conversione del cuore, la metanoia, con la quale si apre la predicazione pubblica di Gesù nel Vangelo (cfr Mc 1,15). A chi si converte, già nell'Antico Testamento, sono promesse la salvezza e la vita: "Forse che io ho piacere della morte del malvagio, dice il Signore Dio, o non piuttosto che desista dalla sua condotta e viva?" (Ez 18,23). L'imminente Grande Giubileo commemora il compiersi del secondo millennio dalla nascita di Gesù, il quale nell'ora dell'iniqua condanna disse a Pilato: "Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità" (Jn 18,37). E la verità attestata da Gesù è che Egli è venuto per salvare il mondo, destinato altrimenti a perdersi: "Il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto" (Lc 19,10).

Nell'economia del Nuovo Testamento il Signore ha voluto che la Chiesa fosse universale sacramentum salutis.Insegna il Concilio Ecumenico Vaticano II che "la Chiesa è in Cristo come un sacramento o segno e strumento dell'intima unione con Dio" (Lumen gentium LG 1). E' infatti volontà di Dio che la remissione dei peccati e il ritorno all'amicizia divina siano mediati dall'opera della Chiesa: "Tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli" (Mt 16,19), ha detto solennemente Gesù a Simon Pietro, e in lui ai Sommi Pontefici suoi successori. Questa stessa consegna Egli ha poi affidato agli Apostoli e, in essi, ai Vescovi loro successori: "Tutto quello che legherete sulla terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo" (Mt 18,18). La sera del giorno stesso della Risurrezione, Gesù renderà effettivo questo potere con l'effusione dello Spirito Santo: "A chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi" (Jn 20,23). Grazie a questo mandato gli Apostoli e i loro continuatori nella carità sacerdotale potranno ormai dire con umiltà e verità: Io ti assolvo dai tuoi peccati.

Ho piena fiducia che l'Anno Santo sarà, come deve essere, un capitolo singolarmente efficace della storia della salvezza. Essa trova in Gesù Cristo il suo punto culminante e il suo significato supremo, poiché in Lui noi tutti riceviamo "grazia su grazia", ottenendo di essere riconciliati con il Padre (cfr Incarnationis Mysterium, n. 1). Per ciò stesso confido e prego che grazie al generoso servizio dei sacerdoti confessori, l'anno giubilare sia per tutti i fedeli, occasione di accostamento pio e soprannaturalmente sereno al sacramento della Riconciliazione.

72 3. Certamente conoscete in proposito il Catechismo della Chiesa Cattolica con la sua approfondita analisi su questo tema fondamentale. In questo incontro vorrei tuttavia ricordare alcuni punti veramente essenziali, che voi non mancherete di proporre ai fedeli affidati alle vostre cure pastorali.

1. Per istituzione di Nostro Signore Gesù Cristo, come risulta esplicitamente dal citato passo del Vangelo secondo Giovanni, la confessione sacramentale è necessaria per ottenere il perdono dei peccati mortali commessi dopo il Battesimo. Tuttavia, se un peccatore, toccato dalla grazia dello Spirito Santo, concepisce il dolore dei suoi peccati per motivo di carità soprannaturale, in quanto cioè essi sono offesa di Dio, Sommo Bene, ottiene subito il perdono dei peccati, anche mortali, purché abbia il proposito di accusarli sacramentalmente quando, in tempo ragionevole, lo potrà.
2. Identico proponimento deve concepire il penitente che, responsabile di peccati gravi, riceve l'assoluzione collettiva, senza la previa accusa individuale dei propri peccati al confessore: tale proposito è talmente necessario che, in difetto di esso, l'assoluzione sarebbe invalida, come è detto nel can. 962 § 1 del Codice di Diritto Canonico e nel can. 721 § 1 del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali.
3. I peccati veniali possono essere rimessi anche al di fuori della confessione sacramentale, ma di certo è sommamente utile confessarli sacramentalmente. Supposte infatti le debite disposizioni, si ottiene così non solo la remissione del peccato, ma anche l'aiuto speciale costituito dalla grazia sacramentale per evitarlo in futuro. Giova qui riconfermare il diritto che i fedeli hanno - e al loro diritto corrisponde l'obbligo del sacerdote confessore - di confessarsi ed ottenere l'assoluzione sacramentale anche dei soli peccati veniali. Non si dimentichi che la cosiddetta confessione devozionale è stata la scuola che ha formato i grandi santi.
4. Per accostarsi all'Eucaristia lecitamente e fruttuosamente è necessario che si premetta la confessione sacramentale, quando s'è consci di un peccato mortale. Infatti l'Eucaristia è sì la sorgente di ogni grazia, in quanto ripresentazione del Sacrificio salvifico del Calvario; come realtà sacramentale, tuttavia, non è ordinata direttamente alla remissione dei peccati mortali: lo insegna chiaramente ed inequivocabilmente il Concilio Tridentino (Sess. 13, cap. 7 e relativo canone,
DS 1647 Denz. 1647 e 1655), dando veste per così dire disciplinare e giuridica alla parola stessa di Dio: "Chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del Corpo e del Sangue del Signore. Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice; perché chi mangia e beve senza riconoscere il Corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna" (1Co 11,27-28).
4. L'Anno Giubilare, grazie al sacramento della penitenza, dev'essere dunque in modo speciale anno del grande perdono e della piena riconciliazione. Ma Dio, al quale siamo grati di averci riconciliati, o con il quale speriamo di riconciliarci, è nostro Padre: Padre mio, Padre di tutti i credenti, Padre di tutti gli uomini. Perciò la riconciliazione con Dio esige e comporta la riconciliazione con i fratelli, mancando la quale il perdono di Dio non si ottiene, come Gesù ci ha insegnato nella perfetta preghiera del Padre Nostro: "Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori". Il sacramento della penitenza suppone e deve alimentare l'amore fraterno generoso, nobile, fattivo.

In questa linea, elevata alla sua maggiore perfezione, l'Anno giubilare invita ad una profonda solidarietà in un "meraviglioso scambio di beni spirituali, in forza del quale la santità dell'uno giova agli altri ben al di là del danno che il peccato di uno ha potuto causare agli altri. Esistono persone che lasciano dietro di sé come un sovrappiù di amore, di sofferenza sopportata, di purezza e di verità che coinvolge e sostiene gli altri. E' la realtà della 'vicarietà', sulla quale si fonda tutto il mistero di Cristo" (Incarnationis Mysterium, n. 10).

Riconciliati mediante il sacramento della penitenza e così assimilati a Cristo Signore e Redentore, dobbiamo "coinvolgerci nella sua opera salvifica e, in particolare, nella sua passione. Lo dice il noto brano della Lettera ai Colossesi: Do compimento a ciò che manca ai patimenti di Cristo nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa (Col 1,24)" (Ibid. n. 10).

5. Nel sacramento della penitenza, eliminate le fratture causate dal peccato, si consolida l'unità della Chiesa che nel Giubileo ha una altissima manifestazione: anche qui dunque si vede il nesso connaturale tra il Giubileo e il Sacramento del Perdono.

Alla remissione sacramentale del peccato la Misericordia di Dio e la mediazione della Chiesa offrono un prezioso corollario col dono della remissione anche della pena temporale di esso mediante l'Indulgenza. L'ho rilevato con riferimento all'Anno Giubilare nella Bolla di Indizione: "L'avvenuta riconciliazione con Dio, infatti, non esclude la permanenza di alcune conseguenze del peccato, dalle quali è necessario purificarsi. E' precisamente in questo ambito che acquista rilievo l'Indulgenza, mediante la quale viene espresso il dono totale della misericordia di Dio" (Incarnationis Mysterium, n. 9).

Gesù è nato, anzi è stato concepito Sacerdote e Vittima nel seno della Madre, come lo Spirito Santo ci insegna nella Lettera agli Ebrei (cfr 10, 5-7), applicando espressamente a Gesù il Salmo 40, 7-9: "Sacrificio e offerta non gradisci, gli orecchi mi hai aperto. Non hai chiesto olocausto e vittima per la colpa. Allora ho detto: 'Ecco, io vengo. Sul rotolo del libro di me è scritto che io faccia il tuo volere. Mio Dio, questo io desidero, la tua legge è nel profondo del mio cuore'". Il Giubileo del 2000 richiama alla nostra fede, alla nostra speranza, al nostro amore che la salvezza deriva dalla natività del Sacerdote Eterno, Vittima del sacrificio a cui Egli s'è liberamente offerto.

73 Maria Santissima, che ha donato al Verbo di Dio l'Umanità sacerdotale e vittimale, ci ottenga di riviverne, pur nella nostra pochezza e miseria, la missione salvifica con la santità personale e nell'esercizio del ministero del Perdono, restituendo, come strumenti di Dio, ai peccatori la grazia, la gioia del cuore, la veste nuziale che permette l'ingresso nella vita eterna.

Tutto ciò che ho ricordato in questo colloquio con voi è enunciato, in breve e stupenda sintesi, nella formula rituale della assoluzione sacramentale: "Dio, Padre di Misericordia, che ha riconciliato a Sé il mondo con la morte e resurrezione del Suo Figlio ed ha effuso lo Spirito Santo per la remissione dei peccati, ti conceda mediante il ministero della Chiesa il perdono e la pace".

Di questa pace sia auspicio efficace per voi, e per quanti il Signore ha affidato o affiderà al vostro ministero, la Benedizione Apostolica che volentieri vi dono.

GP2 Discorsi 1999 67